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Storia della musica moderna e contemporanea (A-D)

Parte terza

1. Franz Liszt
2. Liszt e l’idea della fusione delle arti
3. Liszt e l’arte italiana
4. Années de pèlerinage: Deuxième année, Italie
5. Pezzi tardi

1. Franz Liszt

Franz Liszt (Raiding/Doborján 1811 – Bayreuth 1886)

- compositore, pianista, direttore d’orchestra, didatta, scrittore e saggista


- uno dei capofila del Romanticismo musicale (partito dei Neotedeschi)
- mediazione culturale come vocazione
- sviluppo di un nuovo pensiero, nuove tecniche (trasformazione dei temi), nuovi generi (poema
sinfonico) e forme (double function form) nell’ambito compositivo
- sperimentazione linguistica, specie in campo armonico con intuizioni pre-novecentesche
- virtuosismo pianistico trascendentale: reinvenzione del suono e del trattamento del pianoforte con
l’introduzione di un nuovo universo di risorse tecniche, espressive, coloristiche (correlata
all’evoluzione costruttiva dello strumento)
- diffusione della musica di altri compositori: Berlioz e Wagner, per il passato Bach, Händel,
Beethoven, Schubert, Weber, anche grazie a «parafrasi» (libera rielaborazione dell’originale) e
«trascrizioni» (fedele ri-creazione dell’originale)
- forte impulso religioso e spiritualità vs amore per la sensualità in tutte le sue forme.

Studi a Vienna con Salieri e Czerny, poi a Parigi (1823) con Reicha e Paer. 1824-27: viaggi per
concerti in Inghilterra. Morte di Adam Liszt (1827).
1830-35: entusiasmo per la Rivoluzione e per il sansimonismo (socialismo utopico basato sulla
mescolanza di socialismo e cristianesimo) e per la lezione dell’abate Lamennais. Il milieu
romantico: Berlioz, Chopin, Alkan, Hiller, entusiasmo per Paganini. Saint-Beuve, Hugo, Balzac,
George Sand, Delacroix, Mickiewicz: sviluppo delle idee sulla musica e sulle relazioni tra la musica
e le altre arti. Conosce Marie d’Agoult (1832), da cui avrà 3 figli e con la quale convivrà per 12
anni.
1835-38: années de pèlerinage, in Svizzera, Italia.
1839-47: carriera concertistica ineguagliata nella storia dell’esecuzione musicale per intensità,
numero di concerti e di paesi visitati in tutta Europa fino alla Russia e alla Turchia, successi. Heine:
«Lisztomania». Conosce Carolyne von Sayn-Wittgenstein (1847).
1848-61: a Weimar, Kapellmeister straordinario del granduca di Weimar, Karl Alexander.
Possibilità di comporre, dirigere, organizzare stagioni di opera e di concerto. Utopia di creare una
nuova capitale delle arti («un’Atene del Nord») nella città già di Goethe e Schiller.
Contrapposizione di concezioni della musica, specie in rapporto alla tradizione e ai classici:
Lipsia  Weimar
Mendelssohn, Schumann, Liszt, Berlioz, Wagner
Brahms

Fedeltà alle forme dei classici Modifica e sviluppo dei modelli classici

Modifica e sviluppo dei modelli classici


1) Evoluzione del ciclo di sonata nella sintesi di un’unica forma (double function form, poema
sinfonico come alternativa alla sinfonia)
2) Tecnica della trasformazione tematica come evoluzione dell’elaborazione motivico-tematica
dei classici (sviluppo delle idee musicali a partire da pochi nuclei generativi così da produrre temi e
varianti che offrono via via contrasti di tempo, carattere, espressione)
3) Convinzione che il linguaggio musicale possa essere fecondato dal rapporto con le altri arti

Gli anni di Weimar: sogni e disillusioni, sino alle dimissioni a seguito delle dimostrazioni contro
Der Barbier von Bagdad di Peter Cornelius (1859).
Dal 1861 a Roma: mancato matrimonio con Carolyne von Sayn-Wittgenstein, occupazione nello
studio della musica sacra, ingresso negli ordini minori (1865)
Dal 1871, la «vita triforcuta», come la definì lo stesso compositore, lo porterà a dividersi nel corso
dell’anno tra Weimar (primavera), Roma (estate e inizio autunno) e Pest (tardo autunno e inverno).
Il problema critico del tardo stile (dal punto di vista espressivo cupo, meditativo anti-brillante, anti-
virtuosistico, sperimentale dal punto di vista del linguaggio) decisamente diverso e perfino
contrapposto rispetto all’esuberante stile giovanile, al punto che appare molto difficile porre in
relazione l’uno e l’altro. Il tardo stile, che mancò di fatto di un pubblico (molti pezzi rimasero
inediti), può considerarsi un’evoluzione dello stile giovanile e maturo di Liszt almeno sotto
l’aspetto dello sperimentalismo armonico e formale e della componente autobiografica.
Nei pezzi tardi ricerca sui limiti e oltre i limiti della tonalità e prefigurazione del modernismo
(accordi per quarte, cromatismo strutturale pervasivo, pan tonalità e bitonalità) in pezzi dal
contenuto cupo e dolente («pezzi mortuari»): elegie, marce funebri, musica della memoria.

2. Liszt e l’idea della fusione delle arti

Tradizione e innovazione, musica poetica


Liszt: innovatore, visionario, mediatore culturale. Da un lato, nuova consapevolezza storica della
musica e del suo corso (la musica dell’avvenire). Dall’altro, la sollecitazione del processo creativo
proviene da altra musica e dalle altre arti (letteratura, pittura, teatro) oppure dalla vita vissuta
(paesaggi, esperienze personali eccetera). Essenziali e fecondi sono i rapporti tra la musica e il
mondo (artistico, culturale, ma anche politico, sociale, religioso) che la circonda e la comprende.
Nell’epoca dell’estetica del genio, opera “originale” e “rielaborazione” sono per Liszt categorie non
esclusive bensì contigue (nel campo delle trascrizioni e rielaborazioni:
- «partition de piano», partitura di studio e di supporto sonoro di opere sinfoniche e non
soltanto una semplice riduzione dall’orchestra; ri-creazione dell’originale orchestrale alla
tastiera («come si se trattasse della traduzione di un testo sacro»), che valorizza al massimo
grado il mondo sovrano del pianoforte in grado di ri-creare le sonorità di un’orchestra;
- trascrizioni liederistiche, come re-interpretazione del testo e dello stesso Lied;
- parafrasi e «réminiscences» operistiche: concentrazione su poche scene cruciali e ri-
configurazione del materiale originale (che è cosa diversa dalla semplice riduzione
pianistica virtuosistica del potpourri).

Se Liszt considerava l’artista investito di un ruolo messianico (la «grande missione religiosa e
sociale» dell’artista), la musica dev’essere vista come parte costitutiva integrante della cultura e
della società. Nuova figura, dunque, di artista: profeta, sacerdote dell’arte (figura cui Wagner deve
molto).
Nel rapporto con la storia: equilibrio tra innovazione e tradizione. Liszt immerso nelle categorie di
pensiero e culturali del tempo da cui deriva, per traslato, elementi del pensiero e del processo
compositivo: per esempio affidamento alla citazione (non come semplice evocazione ma come via
d’accesso a un certo mondo), convinzione che il canto popolare sia autentica espressione delle
condizioni locali e mentali di una certa regione, idea che nelle parafrasi un’opera teatrale possa
essere reinterpretata o compressa intorno a un’unica scena chiave.
Musica poetica. Le idee sulla musica di Liszt sono determinate da un pensiero che è estetico, ma
anche etico e religioso in cui s’intrecciano indissolubilmente radici spirituali e sollecitazioni
sensuali. Visione di una «nuova musica», legata all’idea che la musica – in quanto linguaggio sui
generis – ha raggiunto la massima capacità espressiva nella storia e ha sviluppato tecniche e
procedimenti compositivi che le permettono di assimilare soggetti della grande arte e della
Weltliteratur come poesia dei suoni. I nuovi generi della musica poetica si pongono dunque in
tensione dialettica con quelli delle altre arti: la musica assimila, trascende e sublima le altre arti.
La categoria del poetico, essenziale peraltro in tutto l’Ottocento, è fondamentale al riguardo. Per
Liszt, musica come poesia se:
1) non è intesa come puro intrattenimento;
2) possiede un’eloquenza, una precisione parlante, comparabile a quella della letteratura;
3) mira, come le altre arti, alla rappresentazione di grandi temi (è la sostanza poetica a
distinguere l’arte da ciò che non lo è).
La «poesia» intesa dall’estetica romantica – cui Liszt aderisce – come sostanza comune a tutte le
arti, come capacità di trattare i grandi temi artistici, etici, politici, sociali. «Non è ‘poetica’ l’
‘assimilazione letteraria’ in quanto tale, quanto piuttosto la sostanza, che a un’opera musicale
quando riesce il tentativo di reinterpretare la grande letteratura» (Dahlhaus).
Nell’ambito della musica per pianoforte: raccolte e cicli che aprono una nuova via, in cui la
concezione d’insieme è riferita più a categorie letterarie che propriamente musicali (come si colgie
fin dati titoli: l’album di ricordi, il diario, la raccolta di ‘poesie’ musicali eccetera). L’idea della
musica poetica sposta l’interesse dalla ricerca di un nuovo tipo di grande forma (cui Liszt si
dimostrerà peraltro sensibile nella Sonata in si minore e nei Concerti) all’allineamento di pezzi
caratteristici organizzati sulla base di un’idea poetica para-letteraria e al contempo di strategie di
integrazione musicale alternative a quelle tradizionali.
Definizione di «idea poetica» (Liszt, 1855): la relazione che si viene a stabilire tra un’idea da
esprimere e la specifica struttura e configurazione formale concretamente impiegata per
rappresentarla.
L’ideale romantico della fusione delle arti si realizza innanzi tutto nella musica a programma, intesa
come superamento del classicismo e sintesi tra diverse tendenze come quelle rappresentate da
Beethoven e la sua concezione della musica come espressione di contenuti ideali e come messaggio
e da Berlioz con il suo teatro ideale (in cui la musica strumentale diviene arte descrittiva e
narrativa).
Correlati tecnico-compositivi delle idee estetiche di Liszt:
1) concezione organicistica (di ascendenza beethoveniana) per cui tutti i motivi e i temi di una
composizione derivano da nuclei generativi elementari;
2) trasformazione (metamorfosi caratteriale) di temi e motivi secondo procedimenti di variante,
parafrasi, trasfigurazione e così via.

Fusione delle arti nella musica a programma


Uno dei tratti che rende unica la figura di Franz Liszt nel panorama non soltanto musicale ma
culturale dell’Ottocento è l’interesse nei confronti delle altre arti. Al di là del fatto che, al pari di
Berlioz, Schumann e Wagner, Liszt era un musicista letterato, autore di saggi e scritti critici (un
intellettuale, insomma), l’interesse organico e profondo per le altre arti si manifesta direttamente
nella poetica, nell’attività creativa e nella stessa concezione della musica. L’interesse per le altre arti
nasce anzitutto dall’idea che la musica è parte costitutiva e integrante della cultura e della sua storia
complessiva. A tale convinzione è correlata la visione di una musica che, proprio dal confronto
dialettico con il passato e dalla necessità di trovare un equilibrio tra tradizione e innovazione, trae
l’energia utopica e progressiva per definire nuove forme espressive o addirittura nuovi generi come
la musica «poetica» per pianoforte, la partition de piano (ricreazione alla tastiera di un pezzo
orchestrale) e naturalmente il «poema sinfonico» [poème symphonique o symphonische Dichtung].
A interpretare e a condurre una simile tensione ideale dev’essere una nuova figura di compositore,
inteso romanticamente come profeta e sacerdote dell’arte, investito di una vera e propria missione
religiosa, morale e sociale. Del resto, l’idea romantica della fusione o meglio della comunione (nel
senso letterale, di reciproca partecipazione) delle arti sostanzia tutta l’attività compositiva di Liszt,
il cui nome è legato alla musica a programma: cioè a una musica strumentale che si propone di
rappresentare un soggetto extramusicale (letterario, figurativo, biografico, paesaggistico e così via)
definibile concettualmente e dichiarato appunto nel programma, che può assumere diverse
configurazioni (testo anteposto alla partitura, apparato di didascalie, semplice titolo generale del
pezzo).
La compiuta formulazione teorica della musica a programma che si legge nel saggio Berlioz e la
sua sinfonia «Harold en Italie» [Berlioz und seine «Harold-Symphonie»] (1855), risalente al
periodo di Weimar in cui il compositore incominciò a scrivere i suoi poemi sinfonici, affonda le
radici nelle riflessioni sulla musica come «poesia» (che vedono Liszt impegnato accanto a
Schumann) e nella correlata produzione pianistica avviata dalla seconda metà anni Trenta. La
categoria del «poetico», essenziale per comprendere l’Ottocento dopo Beethoven, si precisa in Liszt
come la capacità della musica strumentale – dunque della musica in quanto tale – di rappresentare e
reinterpretare, con il linguaggio che le è proprio, i grandi temi trattati dalle altre arti. La «poesia» è
quindi la proprietà, che la musica condivide con le altre arti, di esprimere e comunicare in modo
pregnante contenuti estetici, ideali, morali. Non c’è dubbio che nella cultura borghese
dell’Ottocento, alla quale Liszt appartiene, la dominante letteraria condizionò in misura decisiva
anche il pensiero musicale.
D’altro canto, in questo proiettarsi verso una dimensione concettuale e semantica che sembrerebbe
estranea alla logica autoreferenziale del linguaggio dei suoni la musica non arretra affatto di fronte
alle proprie prerogative di arte in grado come nessun’altra di accedere all’ineffabile e all’intuizione
dell’infinito proprio per la sua facoltà di costituire un mondo separato da quello dei concetti e della
quotidianità. Al contrario, l’idea lisztiana della «poesia» è piuttosto un’ulteriore estensione della
metafisica della musica strumentale, teorizzata dall’estetica romantica di Wackenroder, Tieck e
Hoffmann. Per una sorta di paradosso, proprio il processo di interpretazione e assimilazione sonora
dei soggetti rappresentati nella forma compositiva è ciò che rende la musica il linguaggio artistico
in assoluto più «poetico», più elevato della poesia stessa: se l’espressione concettuale della musica è
intensificata e resa più eloquente e arricchita dal contenuto del programma, il soggetto concettuale
da questo indicato è poetizzato dalla forma strumentale, capace di elevarlo sino alla sfera di ciò che
è ineffabile e indicibile con le parole o con le immagini. Oltre che dai testi della Weltliteratur per
usare un termine di Goethe (ovvero della letteratura che è patrimonio comune dell’umanità) e dai
capolavori delle arti figurative, la musica «poetica» di Liszt attinge i suoi soggetti da ambiti come
quelli della religione e della filosofia nell’ambizione di incorporare anche ciò che è difficilmente
rappresentabile dalla letteratura e dalle arti figurative. I grandi temi dell’arte e del pensiero
dell’uomo si inverano e si sublimano nella forma di più alta «poesia»: la musica. Con un duplice
effetto: per un verso, la musica che per così dire si apre alla cultura e alla società nella quale è
inserita si rende più accessibile e comprensibile a un vasto pubblico; per l’altro, proprio da questa
apertura essa trae l’impulso al proprio continuo rinnovamento linguistico e formale.
La sollecitazione del processo creativo può così provenire dalla letteratura, dalle arti figurative,
dalla mitologia, dalla religione, dalla filosofia, dalla natura, dalla storia oppure anche da altra
musica, in un’apertura di orizzonte a tutto campo che trascende confini spaziali e temporali. Ma il
concreto realizzarsi di tale processo creativo avviene in termini che sono quelli propri e tipici della
musica: l’«idea poetica», cioè il «contenuto sentimentale», che ispira la composizione deve
convertirsi in un’adeguata forma musicale. Con Liszt, che non a caso distingue il «poeta dei suoni»
[Tondichter] dal «semplice musicista» [Musiker], si assiste a una sorta di rivoluzione copernicana:
per la prima volta nella storia della musica, che pure all’epoca conosce già una lunga tradizione
descrittiva, la forma intesa come modello e architettura astratta cessa di essere una condizione
preesistente per diventare una funzione, di volta in volta modulabile, del contenuto. La musica
diviene perciò il medium di una ‘narrazione’ di avvenimenti e di processi la cui logica si sviluppa
dall’interazione tra il programma, i codici formali e stilistici dei generi e l’esperienza d’ascolto del
pubblico con le sue facoltà percettive e aspettative.
Sempre nel saggio su Harold en Italie di Berlioz, Liszt parla con estrema chiarezza di questo
elemento di forte innovazione:

Nella cosiddetta musica classica la ripetizione e lo sviluppo dei temi vengono determinati da regole formali considerate
incontestabili, nonostante i compositori non abbiano a disposizione null’altro che la loro fantasia e abbiano adottato
delle forme che ora si vogliono formulare come vere e proprie leggi. Invece, nella musica a programma, la ripetizione,
la variazione e la modulazione dei motivi sono costrette, dalla relazione che tra esse intercorre, a dar vita a un pensiero
poetico [zu einem poetischen Gedanken]. Qui un tema non richiama l’altro secondo una legge formale, i motivi non
sono la conseguenza di accostamenti o di contrasti stereotipati di timbri, e il colorito, in quanto tale, non condiziona il
raggruppamento delle idee. Anche se non affatto tralasciate, tutte le considerazioni esclusivamente musicali sono

subordinate alle considerazioni relative all’azione del soggetto dato. 1

Tuttavia, il compositore si premura di sottolineare che «programma o titolo hanno una loro
giustificazione soltanto quando rappresentano una necessità poetica, un’insostituibile parte
dell’insieme e quando sono indispensabili per la sua comprensione»;2 il programma indica in modo
chiaro il contenuto poetico della composizione che l’autore intende comunicare e condividere con il
pubblico, per evitare fraintendimenti ma al contempo per fornire soltanto il segnavia di un percorso
che poi tocca compiere a ciascuno di noi: «il compositore squisitamente sinfonico porta con sé i
suoi ascoltatori in regioni ideali che lascia immaginare e completare dalla fantasia di ciascuno». 3
Per riuscire a realizzare il suo progetto estetico, Liszt iniziò a dar vita intorno al 1850 al «poema
sinfonico» (termine che denota da una parte l’aspirazione del nuovo genere di porsi sul piano
estetico della sinfonia, adottandone benché in un unico movimento, la logica formale e dall’altra il
salto di qualità nelle relazioni tra «poesia» e musica) e alle sinfonie a programma; ai requisiti e alle
prerogative della grande forma corrispondono, dal punto di vista della tecnica compositiva, uno
svolgimento musicale riconducibile a un nucleo circoscritto di idee musicali, che si basa sul
principio della trasformazione di temi e motivi (attraverso cambiamenti ritmici, metrici e di tempo)
e sull’avvicendarsi di diversi toni e caratteri espressivi.

1
Franz Liszt, Berlioz e la sua sinfonia «Harold en Italie», in «Un continuo progresso». Scritti sulla musica, scelta e
prefazione di György Króo, Milano, Ricordi-Unicopli, 1987, pp. 373-374.
2
Ibidem, p. 340.
3
Ibidem, p. 359.
Il poema sinfonico
Genere dalla storia piuttosto breve (1850 circa - 1920 circa), tipico di un periodo storico e culturale,
caratteristico di un’epoca come non potevano esserlo altri generi (l’opera, la sinfonia), soddisfa tre
aspirazioni dell’Ottocento:
1) la musica posta in relazione con le altre arti e, in genere, la realtà extramusicale;
2) integrare forme articolate in più movimenti in un’unica arcata formale;
3) elevare la musica a programma e descrittiva a un livello ‘poetico’, più alto di quello dello
stesso teatro musicale e della sinfonia e d’altra parte sublimare la letteratura nella forma più
alta e quintessenziale di poesia, la musica strumentale (metafisica romantica della musica
strumentale).
Origini e prototipi: sinfonie e ouvertures di Beethoven, Berlioz, ouvertures a programma di
Mendelssohn (queste ultime rappresentano il più importante tentativo per una nuova concezione
sinfonica post-beethoveniana), il dibattito critico intorno alla sinfonia e all’ouverture.
«Symphonische Dichtung» (1854): Liszt compone 13 poemi sinfonici, 12 negli anni di Weimar, 1
in epoca tarda. Assistenti alla pratica dell’orchestrazione August Conradi e Joachim Raff.
«Symphonische Dichtung»: nuovo termine e concetto che si pone tra tradizione e innovazione,
sottolineando da un lato il nuovo legame tra poesia e musica («celle […] renouvellement de la
Musique par son alliance plus intimeavec la Poésie») con il duplice accento sulla dimensione
sinfonica («symphonische») e sulla poesia («Dichtung»). Il nuovo termine evidenzia in primo luoo
l’emancipazione del nuovo genere dal nesso funzionale dell’ouverture e dall’ouverture a
programma (da cui peraltro discende), in secondo luogo l’intento di elevare il genere stesso al rango
della sinfonia e in terzo luogo la nuova qualità della relazione tra musica e letteratura :
- aspirazione alla continuità storica (riferimento alla tradizione della sinfonia e dell’ouverture)
- forte accento di innovazione (il nuovo genere come prodotto del postulato estetico di una
nuova arte, sintesi di poesia e musica)
- problema formale e compositivo (necessità di configurare una nuova forma sinfonica per
rappresentare adeguatamente e singolarmente una certa idea poetica).

Liszt vede la strada verso il poema sinfonico già tracciata da Beethoven, la cui musica considera già
espressione di un «intento poetico» [dichterische Absicht], mentre Wagner, legittimando la musica a
programma di Liszt, parla a proposito dello sviluppo dei mezzi espressivi della musica dopo
Beethoven, della necessità di un «motivo formale» [Formmotiv] al di fuori della musica stessa
(1857): questo «motivo formale» che nel dramma musicale è il testo ovvero l’azione, nel poema
sinfonico è l’idea poetica, il soggetto cioè il programma. Nelle idee di Liszt si riflettono gli interessi
letterari della cultura borghese ottocentesca, che finiscono per condizionare il pensiero musicale: il
nuovo concetto della musica strumentale come poesia sonora si orienta in senso enfatico
all’orizzonte e alle aspettative d’ascolto nonché agli interessi letterari delle «masse» nonché degli
«uomini di pensiero e azione».
Con l’idea di equiparare la musica sinfonica alla poesia e che essa si appropri dei soggetti letterari e
artistici, Liszt trapianta alcune idee centrali del pensiero musicale romantico in un concetto di
genere che si fonda sull’assunto che il linguaggio della musica sia la forma espressiva suprema del
poetico. La tendenza ad assimilare celebri soggetti letterari o figurativi non significa che la musica
si limiti a illustrarli musicalmente, bensì risponde all’intento di sottolineare il ruolo della musica
nella cultura borghese dell’epoca e punta alla rappresentazione musicale di ciò che non è
rappresentabile dalla letteratura e della pittura (anzitutto la componente religiosa o metafisica) e alla
narrazione di processi interiori («une espèce de récit des sentiments») e all’espressione di un
concreto contenuto sentimentale («konkreten Gefühlsgehalt», Wagner). Il programma è da
intendersi come «segnavia» per l’ascoltatore, che svolge una funzione chiave nel dischiudere l’idea
poetica in un processo estetico che comporta l’interazione di ragione e sentimento.
Idea del sinfonico e premesse tecnico-compositive della musica a programma in Liszt (Dahlhaus):
1) La grande forma (elevatezza stilistica, compiutezza, articolazione)
2) Il trattamento tematico (derivazione e sviluppo del discorso musicale da un’originaria
sostanza tematica circoscritta attraverso processi di variante: trasformazione di temi e motivi
e generazione di nuove configurazioni attraverso le variabili dei cambiamenti ritmici,
metrici e di tempo ma mantenendo il profilo intervallare come ossatura costante)
3) Mutamento dei toni e dei caratteri espressivi (acquisizione di elementi della molteplicità di
movimenti della sonata?

La musica diviene medium della ‘narrazione’ di avvenimenti interiori, la cui logica formale prende
le mosse dalle tecniche sinfoniche del trattamento dei temi ma si precisa, di volta in volta in
funzione dei singoli contenuti: conversione dell’idea poetica in una concreta idea formale musicale.
Presupposti della tecnica compositiva: dissolvenza incrociata dei principi formali della forma sonata
([Introduzione] - esposizione-sviluppo-ripresa - [coda]) e del ciclo di sonata (Allegro-Adagio-
Scherzo-Finale) + tecnica della trasformazione tematica.

Per Liszt, la differenza tra poemi sinfonici e sinfonie a programma (i primi come una sorta di
introduzione e preparazione alle seconde, dedicate ai due capolavori supremi, eccezionali, quali
Faust e la Commedia), pur considerando entrambi i generi come legittimi discendenti del
sinfonismo beethoveniano

Poema sinfonico [Lirica: ode, ditirambo, elegia]  Sinfonia a programma [Epopea]


Movimento unico Più movimenti

Poemi sinfonici, forma in un unico movimento:

Titolo Soggetto Anno


Tasso. Lamento e Trionfo* Goethe, Byron 1840-54
Les préludes* Lamartine 1844-54
Orpheus* Vaso etrusco, Louvre 1853-54
Prometheus* Herder 1850-55
Mazeppa Hugo 1851-54
Festklänge* --- 1853
Héroïde funèbre Rivoluzione del 1830 1849-54
Hungaria --- 1840-54
Ce qu’on entend sur la montagne Hugo 1847-57
Die Ideale Schiller 1853-57
Hamlet* Shakespeare 1858
Hunnenschlacht Quadro, Kaulbach 1857
Von der Wiege bis zum Grabe Quadro, Zichy 1881

* Concepiti in origine come ouvertures a composizioni sinfonico-corali, opere o lavori teatrali

1) In primo luogo, condizione fondante della musica a programma è appunto l’esistenza di un


programma, ovvero di un soggetto definibile concettualmente e che sia stato reso pubblico e
manifesto dall’autore (problematicità dei cosiddetti “programmi segreti” o “programmi nascosti”:
una specie di contraddizione in termini). Il programma, che può assumere diverse configurazioni
(dal testo letterario anteposto alla partitura al semplice titolo), svolge un ruolo di mediazione tra il
compositore e il pubblico: esso identifica il soggetto della composizione e ne indica il corso ideale.
Il programma determina inoltre la forma musicale e il processo compositivo in quanto fattore
predominante e appartiene perciò alla sostanza estetica della composizione. Soprattutto nel poema
sinfonico, la forma musicale si modella in funzione del contenuto da esprimere rispondendo a una
duplice esigenza: il soggetto espresso concettualmente dal programma è poetizzato dalla musica
strumentale, capace di elevarlo sino alla sfera ineffabile dell’aconcettualità, mentre l’espressione
aconcettuale della musica è intensificata, resa più eloquente e arricchita dal contenuto concettuale
del programma.
2) In secondo luogo, essendo nella musica a programma esplicita e dichiarata sin dal titolo la
corrispondenza tra soggetto e musica il processo che associa la forma e lo svolgimento della
composizione a un contenuto da esprimere è immediatamente attivato nel pubblico come naturale
conseguenza di tale premessa: ancor prima che l’esperienza cognitiva abbia inizio, il pubblico è
predisposto a interpretare la musica come espressione, rappresentazione e narrazione di un
contenuto.
3) In terzo luogo, la presenza di un programma manifesto tende a restringere il ruolo e il campo
dell’interazione interpretativa che il soggetto rappresentato sollecita nel pubblico. Per Liszt il
programma ha la funzione di concentrare l’attenzione del pubblico sul contenuto ideale e poetico
del lavoro strumentale mettendolo così in guardia da interpretazioni fuorvianti e sbagliate; sia pure
con modalità molto diverse e variamente accentuate secondo la natura del programma (testo
letterario, iscrizioni e didascalie nella partitura, semplice titolo), l’autore impone le coordinate e
determina le linee di svolgimento del programma stesso. Il programma tende in linea di principio a
improntare la concezione e lo svolgimento complessivo di un’opera.

3. Liszt e l’arte italiana


Nell’ambito di questa estetica l’esperienza dei poemi sinfonici, che occupa la seconda metà della
vita di Liszt, è preceduta e quindi affiancata dalle raccolte di musiche per pianoforte la cui
concezione appare riconducibile a categorie più letterarie che non musicali: l’Album d’un voyageur
(1835-1838; edizione a stampa 1842), le Harmonies poétiques et réligieuses (1840-1853; edizione a
stampa 1853) e soprattutto i tre straordinari volumi, più uno di supplemento, delle Années de
pèlerinage (1838-1882; edizioni a stampa 1855, 1858, 1861, 1883). L’ideale riferimento letterario si
coglie fin dai titoli: Album d’un voyageur parafrasa Lettres d’un voyageur (1837) dell’amica
George Sand, Harmonies poétiques et religieuses proviene dall’omonima raccolta poetica (1830) di
Lamartine, Années de pèlerinage richiama il romanzo Wilhelm Meisters Wanderjahre (1829) di
Goethe.
I viaggi e soggiorni in Svizzera e poi specialmente in Italia, in compagnia di Marie d’Agoult tra il
1835 e il 1839, segnano per Liszt un momento decisivo nella costruzione della consapevolezza e
dell’immagine di sé come compositore. Un’immagine riflessa nei pezzi per pianoforte che Liszt
inizia a scrivere appunto in questo periodo e che confluiranno poi nelle Années de pèlerinage.
Attraverso un lungo processo di rielaborazioni, ripensamenti e integrazioni, il grande ciclo
impegnerà Liszt per quasi mezzo secolo: la Première année, Suisse (1835-1838, 1848-1855) fu
pubblicata nel 1855, la Deuxième année, Italie (1838-1857) nel 1858 seguita dal relativo
Supplément, Venezia e Napoli (1838-1840, 1859) nel 1861. Infine verrà la Troisième année (1877-
1882), edita nel 1883. Della poetica del ricordo e del costituirsi di un diario di pèlerinage Liszt
parla nella prefazione alla prima edizione completa dell’Album d’un voyageur (1842):

Negli ultimi tempi ho conosciuto molti nuovi paesi, nuove e diverse regioni, molti luoghi trasfigurati dalla storia e della
poesia; ho avvertito che i molteplici aspetti della natura e gli accadimenti che vi si riferivano non passavano davanti ai
miei occhi come immagini vane ma evocavano nella mia anima profonde emozioni e che si stabiliva tra questi e me
relazioni vaghe eppure immediate, un rapporto indefinito ma reale, un collegamento inspiegabile ma esistente. Ho
cercato quindi di rendere in musica qualcuna delle mie sensazioni più forti, delle mie più vive impressioni. Iniziato
questo lavoro, i ricordi si addensarono via via sempre più, le immagini e le idee collegarono e ordinarono in modo
naturale. Così continuai a scrivere […]4

Se il primo volume, dedicato alla Svizzera, si incentra sulla natura e sul paesaggio (seppure
attraverso la mediazione letteraria di Schiller, Byron e Senancour), il secondo volume, quello
italiano, con relativo supplemento, è imperniato sulle arti: pittura, scultura, poesia, musica. È
opportuno ricordare che a Liszt l’Italia appare sotto una duplice luce, che rispecchia le categorie di
pensiero e di percezione nonché le consuetudini di lettura del tempo. Nelle Lettere di un dottore in
musica [Lettres d’un bachelier ès musique] scritte nel 1839, alla critica severa nei confronti della
contemporanea vita musicale dell’Italia fa riscontro una rappresentazione idealizzata del paese
come terra dell’arte e della poesia, come «repubblica dell’immaginazione» 5 in cui Liszt dialoga, alla
pari e liberamente, con una comunità di artisti del presente e del passato. Questa è l’Italia che per
Liszt sarà «sempre la patria elettiva di quegli uomini che non hanno fratelli fra gli uomini, di quei
figli di Dio, di quegli esiliati dal cielo che soffrono e cantano, e che il mondo chiama poeti» 6.
E così si esprime ancora Liszt in un tono di entusiasmo un po’ ingenuo che tradisce il duplice
stereotipo – abituale nella letteratura di viaggio del tempo – del disprezzo per il presente
contrapposto al fulgore del passato culturale italiano:

4
Franz Liszt, Prefazione a Album d’un voyageur. Première année, Suisse, Wien, Haslinger, 1842, in Franz Liszts
Musikalische Werke, hrsg. von der Franz-Liszt Stiftung, II/4, Leipzig, Breitkopf und Härtel, 1916.
5
Anna Harwell Celenza, Liszt, Italy, and the republic of imagination, in Christopher H. Gibbs and Dana Gooley (eds.),
Franz Liszt and his world, Princeton NJ, Princeton University Press, 2006, pp. 3-38.
6
Franz Liszt, Lettera di un dottore in musica a un poeta viaggiatore [George Sand], in «Un continuo progresso». Scritti
sulla musica, scelta e prefazione di György Króo, Milano, Ricordi-Unicopli, 1987, p. 109.
Poiché non avevo niente da cercare nel presente dell’Italia, mi sono messo a sfogliare il suo passato: avendo assai poco
da chiedere ai vivi, ho interrogato i morti […] Il bello, in questa paese privilegiato, mi appariva nelle sue forme più pure
e più sublimi. L’are si mostrava ai miei occhi in tutti i suoi splendori; mi si rivelava nella sua universalità e nella sua
unità. La sensibilità e la riflessione mi convincevano ogni giorno di più della relazione nascosta che unisce le opere di
genio. Raffaello e Michelangelo mi facevano capire meglio Mozart e Beethoven; Giovanni Pisano, Fra Beato
[Angelico], [Francesco] Francia mi spiegavano Allegri, Marcello, Palestrina; Tiziano e Rossini mi sembravano due astri
che avevano raggi simili. Il Colosseo e il Camposanto [di Pisa] sono meno estranei di quanto si creda alla Sinfonia
Eroica e al Requiem. Dante ha trovato la sua espressione pittorica in Orcagna e Michelangelo; troverà forse un giorno la
sua espressione musicale nel Beethoven del futuro.7

Il nucleo delle composizioni ispirate all’arte italiana si trova dunque raccolto nel secondo volume
delle Années de pèlerinage e nel relativo supplemento, Venezia e Napoli.

Années de pèlerinage
Deuxième année, Italie
Mainz, Schott, 1858

N Titolo Soggetto o fonte di riferimento


1 Sposalizio Raffaello, Lo sposalizio della vergine
2 Il penseroso Michelangelo, Il penseroso
3 Canzonetta del Salvator Rosa Salvator Rosa (testo)? Giovanni Bononcini (musica)?
4 Sonetto 47 del Petrarca Petrarca, Sonetto 47* [61] Benedetto sia ‘l giorno, e ‘l
mese e l’anno
5 Sonetto 104 del Petrarca Petrarca, Sonetto 104* [134] Pace non trovo, e non ho
da far guerra
6 Sonetto123 del Petrarca Petrarca, Sonetto 123* [156] I’ vidi in terra angelici
costumi
7 Après une lecture du Dante. Fantasia Dante, Divina commedia; Victor Hugo, Après une
quasi sonata lecture de Dante; Beethoven, Sonate op. 27

* La numerazione dei componimenti petrarcheschi non segue l’ordine che essi hanno nel Rerum
vulgarium fragmenta ma quello all’interno dei raggruppamenti dei singoli generi metrici (in questo
caso, il raggruppamento dei sonetti).

Supplément,Venezia e Napoli
Mainz, Schott, 1861

N Titolo Soggetto o fonte di riferimento


1 Gondoliera, canzone del Cavaliere Peruchini Anton Maria Lamberti e Giovanni Simone
(La biondina in gondoletta) Mayr, La biondina in gondoleta
7
Franz Liszt, Lettera di un dottore in musica a Hector Berlioz, in «Un continuo progresso». Scritti sulla musica, cit., p.
220.
2 Canzone (Nessun maggior dolore, canzone Rossini, Otello: Nessun maggior dolore (atto
del Gondoliere nell’«Otello» di Rossini) III)
3 Tarantella da Guillaume Louis Cottrau Guillaume Louis Cottrau, Tarantella

Ma, considerati anche gli stretti rapporti che Liszt manterrà con l’Italia sino alla fine della sua vita,
sono molte altre le composizioni riferibili in via più o meno diretta all’ambiente e alla cultura
italiana. Per restare alle Années de pélerinage, nella Troisième année compaiono alcuni pezzi
ispirati dal soggiorno romano: Angelus! Prière aux anges gardiens e il trittico sulla Villa d’Este di
Tivoli, con le trenodie Aux cyprès de la Villa d’Este I e II e Les jeux d’eau à la Villa d’Este.
L’impressione suscitata dal ciclo di affreschi trecenteschi del Trionfo della morte nel Camposanto
di Pisa, attribuiti da Vasari ad Andrea Orcagna e oggi piuttosto a Buonamico di Martino detto
Buffalmacco è tradizionalmente ritenuta all’origine di una delle composizioni più spettacolari per
pianoforte e orchestra, Totentanz. Paraphrase über Dies irae (1847-1862?). Après un lecture du
Dante trova un corrispettivo sinfonico-corale nella «Dante-Symphonie» (1855-1856), mentre anche
il dittico orchestrale delle Deux légendes (1863), formato da St. François de Paule marchant sur le
flots e St. François d’Assise: la prédication aux oiseaux. Al personaggio eroico e tormentato di
Torquato Tasso, seppure visto attraverso Goethe e Byron, è dedicato il poema sinfonico Tasso:
lamento e trionfo (1847-1854). Anche nei pezzi più tardi l’ispirazione italiana non viene meno con
un paio di memorabili pezzi brevi, R[ichard] W[agner] - Venezia (1883) e La lugubre gondola (Die
Trauergondel) I e II (1884-1885). E così via.
C’è poi la fonte costituita dalla musica italiana. Oltre alle melodie comprese supplemento alla
secondo volume delle Années de pélerinage, che rendono omaggio a Venezia e Napoli, le due città
dall’identità musicale più vivida nell’immaginario culturale europeo, sono innumerevoli i lavori che
si rifanno alla musica italiana di rilievo internazionale: dalle rielaborazioni di Paganini, con in
prima linea le Études d’exécution transcendante d’après Paganini (1838-1840), alle fantasie e
parafrasi operistiche da Donizetti, Bellini e Verdi: Fantaisie sur des motifs favoris de «Lucrezia
Borgia» (1840-1848) e Réminescences de «Lucia di Lammermoor» (1835-1836), Fantaisie sur des
motifs favoris de l’opéra «La sonnambula» (1839?-1842) e Réminiscences de «Norma» (1841),
Rigoletto. Paraphrase de concert (1855?) e Réminiscences de «Boccanegra» (1882).

4. Années de pèlerinage: Deuxième année, Italie


Come si diceva, il nucleo delle composizioni pianistiche ispirate all’arte italiana si trova tuttavia nel
secondo volume delle Années de pélerinage, dunque omogeneo dal punto di vista del contenuto.
Qui Liszt interagisce con la pittura di Raffaello Sanzio, la scultura di Michelangelo Buonarroti, la
figura romanzesca e ‘maledetta’ del pittore e poeta seicentesco Salvator Rosa (divenuto non a caso
protagonista nel 1819 di un racconto di E.T.A: Hoffmann, Signor Formica), la poesia di Francesco
Petrarca e quella di Dante Alighieri.
Sin dallo scorcio degli anni Trenta, alcuni aspetti caratterizzano il rapporto di Liszt con i soggetti
artistici e letterari delle sue composizioni. In primo luogo, la rappresentazione musicale è realizzata
con una varietà di soluzioni formali ed espressive che si rinnova di volta in volta in funzione dei
tratti peculiari del soggetto trattato. In secondo luogo, il rapporto con un certo soggetto tende a non
esaurirsi una tantum, in un singolo episodio, ma a dispiegarsi nel tempo, con ritorni ripetuti e
diverse versioni dello stesso tema anche a molti anni di distanza. In terzo luogo, appare rilevante già
nella scelta e poi nell’assimilazione compositiva che Liszt compie dei suoi soggetti, il ruolo di
significative mediazioni culturali. Questi aspetti vanno tenuti in considerazione in un approccio
storico e critico che ambisca a essere se non adeguato almeno pertinente ai lavori musicali in
questione.
Il secondo volume delle Années de pèlerinage si presta in modo esemplare a una lettura che prenda
spunto appunto da questi aspetti.
Sposalizio
Lazar Berman
https://www.youtube.com/watch?v=ilVV645cF4U

Il pezzo d’apertura, Sposalizio, è ispirato a Lo sposalizio della Vergine (1504) di Raffaello, che
Liszt ebbe modo di ammirare alla Pinacoteca di Brera di Milano [IMMAGINE DIPINTO] e che
poi volle riprodotto prima della sua composizione nell’edizione a stampa del 1858 [IMMAGINE
EDIZIONE 1858]. La mediazione culturale è data dalla conoscenza di Liszt della mistica cristiana
(le fonti tradizionali dell’iconografia del tema sono i Vangeli apocrifi e la Legenda aurea di Jacopo
da Varagine). Sul pezzo, Liszt ritornerà molti anni dopo con una versione per organo o harmonium
e coro femminile ad libitum intitolata Ave Maria III / Sposalizio - Trauung (1883). La realizzazione
compositiva di Liszt ha l’obiettivo di ripercorrere l’esperienza percettiva ed emozionale dello
spettatore davanti al dipinto: la metafora sonora della dinamica visiva conduce l’ascoltatore-
spettatore dallo sfondo-ambiente del quadro (costruzione architettonica: rintocchi di campane,
motivo pentatonico come arcaismo) al primo piano (il rito nuziale: struttura domanda-risposta, poi
tema processionale dell’Ave Maria) sino a uno sguardo d’insieme (ricapitolazione con
sovrapposizione di tutti i motivi precedenti). L’integrazione delle singole sezioni è assicurato dalla
struttura melodica-armonica-ritmica generativa dell’introduzione da cui deriva tutto il materiale del
pezzo e dal ritorno di alcuni motivi (in particolare quello della sezione B).

Tempo Tonalità Battute Sezioni


Andante (MI) 1-29 A: introduzione, sfondo. Struttura melodica-
armonica-ritmica generativa, motivo di B, effetto
campane, scala pentatonica, arcaismo
Andante quieto MI 30-37 B: il rito, primo piano. Domanda-risposta
Più lento SOL 38-77 C: Ave Maria (cfr. Sposalizio-Trauung, 1883), tema
MI processionale e climax
Quasi allegretto MI  77-120 C e climax, poi combinazione di elementi da A, B e
mosso C
… Adagio MI 120-133 Coda: combinazione di elementi da A e C

Il penseroso
Lazar Berman
https://www.youtube.com/watch?v=1-L9hIxE4a0

Il penseroso è il nome informale per la statua funebre di Lorenzo de’ Medici, duca di Urbino, nella
Sagrestia Nuova di S. Lorenzo a Firenze (1524-1534) [IMMAGINE STATUA]. Anche in questo
caso l’edizione del 1858 fa precedere il testo musicale da una riproduzione della statua, sotto alla
quale sono riportati anche i versi dell’epigramma (Rime, 247) con cui Michelangelo rispose a quello
scritto da Giovanni Strozzi in lode della Notte, una delle statue della tomba di Giuliano de’ Medici,
duca di Nemours, che si trova di fronte a quella di Lorenzo [IMMAGINE EDIZIONE 1858]. Del
resto Liszt ritornerà sul tema con la nuova versione per orchestra de Il penseroso, intitolata appunto
La notte (1860-1864), seconda delle Trois odes funèbres che reca in testa lo stesso epigramma. Qui
tutto contribuisce all’immagine sonora di una meditazione fissata nel marmo e resa eterna dalla
morte: l’andamento di marcia funebre scandito dallo stentoreo o ostinato ritmo puntato, la forma
bloccata su se stessa (enunciazione e ricapitolazione variata di un unico blocco tematico), il
linguaggio musicale (cromatismo, accordi eccedenti). Forma: AA’ Coda; nella Coda urto do
diesis/re (emblema del rovello insolubile)

Canzonetta del Salvator Rosa


Lazar Berman
https://www.youtube.com/watch?v=i5jOp1oAA6I

La Canzonetta del Salvator Rosa è la trascrizione di un antico brano vocale in cui il testo poetico è
riportato sopra la linea melodica; la forma è quella strofica variata (AA’A), tipica di tanta lirica per
voce e pianoforte. Se i versi potrebbero essere di Salvator Rosa [IMMAGINI DI SALVATOR
ROSA], la musica è invece di Giovanni Bononcini (peraltro, l’attribuzione al poliedrico artista
napoletano s’incontra ancora nelle Arie antiche pubblicate a fine Ottocento da Alessandro Parisotti).

Tre Sonetti di Petrarca


La storia complessa dei Sonetti di Petrarca illustra uno dei casi più celebri di ritorno a più riprese su
uno stesso tema da parte di Liszt. Delle composizioni esistono quattro versioni, due per voce e
pianoforte e due per pianoforte solo. A quanto sembra, all’origine si pone una versione vocale, oggi
perduta, risalente al periodo del viaggio in Italia nel 1838-1839, dopodiché si succedono (in un
totale di 12 brani):
- una trascrizione per pianoforte solo, pubblicata nel 1846 [Sonetti 104, 47, 123]; 8
- una versione per tenore e pianoforte, pubblicata sempre nel 1846 (o nel 1847) [Sonetti 104,
47, 123];
- una nuova trascrizione per pianoforte solo, pubblicata nel secondo volume delle Années de
pèlerinage nel 1858 [Sonetti 47, 104, 123];
- una nuova versione vocale, per baritono e pianoforte con il testo tradotto in tedesco da Peter
Cornelius (1861), pubblicata nel 1883 [Sonetti 47, 104, 123].

Le versioni vocali per tenore (vedi Giani): non sono Lieder, il modello non è Schubert (che Liszt
peraltro ben conosceva), ma piuttosto l’opera italiana. Caratteri:
- presenza abnorme del pianoforte
- manipolazioni dei testi (varianti testuali, ripensamento e riorganizzazione della struttura del
sonetto specie nel Sonetto 47 e nel Sonetto 104 grazie a ripetizioni di versi o emistichi,
smembramento e ricomposizione di versi)
- dilatazione della forma musicale rispetto a quella poetica
- tessitura vocale molto acuta per tenore, pensata per un cantante d’opera e un virtuoso
Petrarca letto da Liszt:
1) drammatizzazione e introduzione di movimento, concitazione (sonetto petrarchesco come
organismo lirico statico, immobile)

8
Lettera a Marie d’Agoult, da Dáka, 18 ottobre 1846: «Tra le mie prossime pubblicazioni, se hai tempo, potresti dare
un’occhiata (dopo cena) ai 3 Sonetti da Petrarca (Benedetto, etc., Pace non trovo e I’ vidi in terra) per voce, e anche
trascritti molto liberamente per pianoforte alla maniera di Notturni! Penso che siano riusciti eccezionalmente bene e per
ciò che riguarda la forma sono più perfetti di ogni altra cosa che ho pubblicato sinora», in Franz Liszt - Marie d’Agoult,
Correspondance, nuovelle édition revue, augmentée et annotée par Serge Gut et Jacqueline Bellas, Paris, Fayard, 2001,
p. 1148.
2) soluzione del problema posto dall’asimmetria del sonetto e dialettica irrisolta tra due
esigenze divergenti: né forma durchkomponiert radicale né forma strofica.
Da qui derivano due conseguenze:
a. adozione di strutture e formule tipiche dell’opera (J.A.P. Schulz, 1785: «parvenza del noto»)
b. presenza di un episodio in climax seguito da una fase distensiva nella seconda parte di ogni
sonetto.
In particolare, adozione della lyric form [a4 a’4 b4 a’’4 + Coda oppure a4 a’4 b4 c4 + Coda] 9 per la
prima parte o comunque per la sezione melodica principale (nel Sonetto 104).
I 3 Sonetti nella prima versione vocale sono accomunati dalla stessa tonalità (LAb) e dal comune
riferimento all’opera italiana contemporanea: stesso canovaccio o schema costruttivo in due parti
collegate dall’interrelazione di motivi (motivo dell’introduzione che ritorna dopo la lyric form del
cantabile come elemento di connessione tra la prima e la seconda parte; motivi del cantabile che
ritornano nella seconda parte:

Prima parte Seconda parte


Preludio [Scena]*  Cantabile (lyric form)  Condotta più libera, con tensione crescente e
climax  Distensione e chiusa, calma e
retrospettiva

* con motivo (x) che ritorna dopo la lyric …con effetto di ripresa di motivi della lyric
form… form

Le versioni per baritono del 1861: riscrittura radicale, su testo tedesco. Tono più intimistico e
liederistico, semplificazione dei dettagli di superficie, concentrazione («seconda versione originale
(molto modificata e sottilizzata) per canto», afferma Liszt in una lettera del maggio 1880 a
Giuseppe Ferrazzi).

Proprio in questo rapporto vitale e circolare tra vocale e strumentale e, in particolare, nella
conversione pianistica di un modello concepito per la voce si coglie l’aspirazione di Liszt a rendere
9
La lyric form è un modello melodico in auge nell’opera italiana dell’Ottocento: nel suo formato standard, che tollera
ampie manipolazioni, è composto di sedici battute articolate in quattro frasi di quattro battute, secondo lo schema aa'ba''
o aa'bc, spesso arricchito di una coda. A ciascuna frase musicale corrisponde di norma una coppia di versi, dunque a
ciascun verso due battute. Il nome inglese di questa formula melodica tipicamente italiana è stato coniato da Joseph
Kerman (1982).
l’espressione strumentale eloquente e parlante come i versi della grande poesia. Se pur in una
varietà di strutture formali l’ossatura dei tre pezzi è costituita dalla riscrittura della melodia vocale,
la rielaborazione non si limita affatto a una pura e semplice trasposizione per articolarsi – rispetto al
modello implicito e latente della vocalità – in amplificazione, parafrasi, commentario,
rimemorazione e reminescenza allusiva.
Confronto tra le versioni vocali per tenore e le versioni pianistiche del 1858 (in generale la versione
pianistica del 1846 è più virtuosistica).
Tratti comuni: mantenimento dello schema costruttivo delle liriche: introduzione, cantabile ecc. ma
con
- riscrittura dell’introduzione;
- processo di concentrazione intorno alla melodia vocale della lyric form, all’occasione anche
disarticolata («notturni»);
- anticipazione del climax

Sonetto 47
Luciano Pavarotti, John Wustman
https://www.youtube.com/watch?v=9QJ6rVV7rbw

Lazar Berman
https://www.youtube.com/watch?v=1Rc38t1_380

Sonetto 47 (da LA bemolle a RE bemolle)


Sonetto 47 Tenore e pianoforte Sonetto 47 Pianoforte 1858
LA bemolle C RE bemolle C
Preludio, pianoforte – bb. 1-11 Introduzione – bb. 1-11
x bb. 5-6 x bb. 6-7

Lyric form, voce Melodia vocale


a a’b c (vv. 1-8) – LAb  RE bb. 12-38 a a’ b c – REb  SOL bb.14-36
a’’ e coda (vv. 9-11) –  SI bb. 38-64 a a’’ episodio in climax-anticlimax  MI bb.
38-62
Episodio in climax
a’’’ (vv. 12-14) – SI  MI bb. 64-86 a, a’ – MI  bb.63-84

Distensione conclusiva Coda, distensione conclusiva


x, a – MI  LAb bb. 86-96 x, a – REb bb. 85-95
Sonetto 104
Luciano Pavarotti, John Wustman
https://www.youtube.com/watch?v=iXFRO8FRyic

Lazar Berman
https://www.youtube.com/watch?v=MjU4sMnMpw8

Il Sonetto 104 («Pace non trovo e non ò da far guerra», interamente fondato sulla figura retorica
dell’antitesi), disegna un’arcata di intenso crescendo emotivo attraverso un ampio giro di
modulazioni. Rispetto alla versione vocale pubblicata nel 1846, per esempio, la versione contenuta
nelle Années de pèlerinage comprime il recitativo iniziale a un semplice motto (vv. 1-4), poi
presenta per due volte la bipartita melodia vocale dell’inizio (aa’b: vv. 5-6 e 7-8; aa’b’: vv. 9-10 e
11) ma prima di giungere alla conclusione (vv. 12-13; Recitativo: v. 14) inserisce, come
interpolazione, una terza parafrasi della melodia vocale dell’inizio (a var., a’ var., poi di nuovo a
var. e a’ var: entrambe le sezioni concluse da passaggi indicati come «quasi cadenza»), che coincide
con l’esteso climax virtuosistico ed espressivo del pezzo.

Sonetto 104 (da LA bemolle a MI)

Sonetto 104 Tenore e pianoforte Sonetto 104 Pianoforte 1858


LA bemolle C MI C
Preludio, pianoforte – bb. 1-5 Introduzione-recitativo – bb. 1-6
x b. 5 x b. 5

Scena, voce (vv. 1-4) – bb. 6-36


x b. 33

Lyric form Melodia vocale


a a’ pianoforte – LAb bb. 37-44 a a’ b – MI bb. 7-20
a a’b b’ (vv. 5-8) – LAb  do bb. 45-61 a var. a’ var b’ e climax – MI  sol# bb. 21-37
a var. a’ var. e coda (vv. 9-11) – LAb  SI bb. a var. a’ var. a var. a’ var. – MI  SOL bb. 38-
62-79 53

Episodio in climax
Indipendente poi a, x’ (vv. 12-13) –  LAb bb. Episodio
80-97 Indipendente poi a var., x -  MI bb. 54-68

Distensione conclusiva
a –LAb bb. 97-110 Coda, distensione conclusiva
a –MI bb. 68-79
Sonetto 123
Luciano Pavarotti, John Wustman
https://www.youtube.com/watch?v=mb2YGcrJu54

Lazar Berman
https://www.youtube.com/watch?v=YIK_ULWIIKU

Sonetto 123 (LA bemolle)


Sonetto 123 Tenore e pianoforte Sonetto 123 Pianoforte 1858
LA bemolle C LA bemolle C
Preludio, pianoforte – bb. 1-13 Introduzione – bb. 1-14
x bb. 1-2 x bb. 1-2

Lyric form, voce Melodia vocale


a a’b c (vv. 1-8) – LAb  MI (DO) bb. 14-40 a a’ b c – LAb  MI bb.16-40
a - DO bb. 41-44
Episodio in climax Episodio in climax
Indipendente (vv. 9-11) – DO bb. 41-54 Indipendente – DO  bb. 45-60

Distensione conclusiva, piano poi voce Distensione conclusiva, coda


a (vv. 12-13), poi x (v. 14) – LAb bb. 57-77 a var. – LAb bb.61-67
x, da a – LAb bb. 68-84

Après une lecture de Dante


Lazar Berman
https://www.youtube.com/watch?v=3sYWZnkcy5Y

Après une lecture de Dante è, infine, la composizione più vasta e ambiziosa della raccolta che ebbe
una gestazione piuttosto travagliata. Dall’abbozzo del Fragment dantesque (1837 ca.) e dalla prima
versione in due movimenti, intitolata Paralipoménes e poi Prolégomènes à la Divina commedia
(1839-1840) fino alla revisione del 1849, la composizione si trasforma profondamente mostrando
inoltre, nel corso degli anni, i riflessi di una lettura della Commedia che recano il segno di due
illustri mediazioni culturali: il titolo stesso, Après une lecture de Dante riprende quello di una
poesia di Victor Hugo della raccolta Les voix intérieures (1837), a sua volta una rilettura
dell’Inferno dantesco, mentre il sottotitolo Fantasia quasi sonata è una scoperto richiamo alle due
Sonate op. 27 (1800-1801) di Beethoven (ciascuna delle quali è definita Sonata quasi una fantasia).
Se il contenuto poetico è senz’altro dato dall’Inferno, l’individuazione degli episodi specifici ha
sollecitato molteplici interpretazioni (nessuna delle quali può peraltro considerarsi decisiva ed
esclusiva a scapito delle altre). In ogni caso, in una dimensione di virtuosismo spettacolare ed
estremo che proietta la tastiera in una dimensione orchestrale-sinfonica che anticipa la Dante-
Symphonie (1855-1857), Aprés une lecture de Dante anticipa la Sonata in si minore (1853) per la
sovrapposizione di movimento di sonata e ciclo sonatistico che dà seguito alle sperimentazioni di
Beethoven e Schubert in questo ambito. L’idea consiste nel convertire quattro movimenti (Allegro,
Adagio, Scherzo, Finale) in caratteri espressivi inscritti in un’unica arcata, la cui forma è
riconducibile allo schema Esposizione - Sviluppo - Ripresa e i cui temi (rispettivamente battute 35 e
103) derivano da un unico e comune nucleo generativo basato sulla scala cromatica discendente.

Tempi Battute Movimento di sonata Ciclo di sonata


Andante maestoso 1 Introduzione Allegro
Presto, agitato assai 35 Esposizione
Tempo I (Andante), poi Andante (quasi 115 Sviluppo: inizio Adagio
improvvisato), Andante, Adagio
Allegro moderato 181 Sviluppo: prosecuzione Scherzo
Tempo rubato e molto ritenuto, poi 273 Ripresa Finale
Andante, Allegro, Allegro vivace
Presto 339 Coda

L’introduzione [Allegro] funge anche come sezione cornice e di articolazione, ritornando all’inizio
di ciascuna delle due arcate in cui può essere suddiviso lo sviluppo (bb. 115 e 181); a connotarla è il
tritono (diabolus in musica); d’altro canto, oltre a dare il tono complessivo dell’opera,
l’introduzione contiene anche un’anticipazione del primo tema.
Nell’esposizione si delineano due temi: il primo in re minore (b. 35), basato sulla scala cromatica
discendente e dal profilo ritmico concitato e frammentato; dopo la transizione (b. 77) il secondo in
fa diesis maggiore (b. 103), che di fatto è una variante o trasformazione del primo tema (stesso
profilo melodico) in senso eroico e magniloquente.
Lo sviluppo [Adagio], dal carattere quasi improvvisato come sottolineano alcune indicazioni di
Liszt, è articolato in due parti. Quella iniziale ripropone il materiale dell’introduzione (b. 115), del
primo tema (ora liricizzato, b.124) quindi anche del secondo tema (anch’esso liricizzato, b. 136),
infine compare un’ulteriore variante del primo tema (b. 157), condotta in climax sino al punto
culminante costituito da una quasi cadenza (b. 178). La prosecuzione dello sviluppo [Scherzo] offre
un ritorno della musica dell’introduzione (b. 181), motivi del primo tema (b. 199) e poi del secondo
(b. 250), delineando un climax -anticlimax (punto culminante: b. 235) in ritransizione alla ripresa.
La ripresa [Finale] si apre con il primo tema (b. 273), poi prosegue con una trasformazione-
trasfigurazione del secondo tema, in re maggiore (b. 290), che poi raggiunge una vera e propria
apoteosi (b. 306), prima della coda conclusiva (b. 339).

Il secondo volume delle Années de pèlerinage è dunque esemplare per la varietà delle soluzioni
compositive con cui Liszt reinterpreta i soggetti artistici e letterari nella scrittura pianistica del
pezzo di carattere (Sposalizio, Il penseroso, Canzonetta del Salvator Rosa, Tre Sonetti di Petrarca)
e della grande forma (Aprés une lecture du Dante). Lo sposalizio cerca di ricostruire in termini
evocativi la complessa esperienza dello spettatore davanti al quadro attraverso la metafora sonora di
una dinamica visiva che conduce dallo sfondo al primo piano e infine a uno sguardo d’insieme. Nel
Penseroso invece è come se l’ascoltatore-spettatore fosse interamente annichilito di fronte alla
fissità impietrita della statua, immagine di una meditazione resa eterna dalla morte. La Canzonetta
del Salvator Rosa è un interludio che alleggerisce il tono dei due brani precedenti, proponendo la
trascrizione-rivisitazione strumentale di un antico, baldanzoso brano vocale. Nei Tre Sonetti di
Petrarca la rielaborazione del modello vocale avviene nel segno di una trasfigurazione e di
un’amplificazione che, lungi dall’esaurirsi in una trasposizione strumentale dell’intonazione dei
versi come in un Lied ohne Worte, ricorre a tutte le risorse della ricchissima eloquenza, espressione
e timbrica pianistica di Liszt nel segno di una nuova «poesia» lirica, sensualissima, appassionata ed
elegiaca che mira a rendere la sfaccettata realtà dell’esperienza amorosa oscillando tra l’esaltazione,
la desolazione e la contemplazione mistica. Infine Après un lecture du Dante è il tentativo di
racchiudere nell’unica arcata di una tesa e sperimentale forma di sonata le vivide, indelebili
impressioni suscitate dalla lettura dell’Inferno.

Supplément. Venezia e Napoli


La poetica della memoria di Liszt nel Supplemento prende in oggetto non l’arte figurativa, né la
letteratura ma piuttosto la musica italiana. Il supplemento è infatti costituito da tre pezzi, due
dedicati a Venezia e uno a Napoli, che rielaborano musiche preesistenti.

Gondoliera, canzone del Cavaliere Peruchini (La biondina in gondoletta)


Lazar Berman
https://www.youtube.com/watch?v=BwBq_A83a98

Gondoliera, canzone del Cavaliere Peruchini (La biondina in gondoletta)


Attribuita da Liszt a Giovanni Battista Peruchini, in realtà la canzonetta è di Anton Maria Lamberti
per il testo, mentre la musica è (forse) di Giovanni Simone Mayr. La biondina in gondoleta è la più
celebre canzone da batelo veneziana, un genere concepito per intrattenere i partecipanti a giri in
barca ed eseguito generalmente di notte. Composta nel 1786 per Marina Querini Benzon, nota per la
sua vivace vita amorosa, la maliziosa canzonetta è stata poi musicata anche da Beethoven (1816).
Liszt compose una prima versione nel 1840 (a Venezia nel 1838 era rimasto affascinato dalle
canzoni da batelo ascoltate di notte sulla laguna) e poi una seconda nel 1859. Dopo l’introduzione,
il pezzo è costituito da una serie di tre variazioni-parafrasi virtuosistiche e da una coda conclusiva.

Canzone (Nessun maggior dolore, canzone del Gondoliere nell’«Otello» di Rossini)


Canzone (Nessun maggior dolore, canzone del Gondoliere nell’«Otello» di Rossini)
La Canzone del gondoliere è tratta da Otello (1816) di Gioachino Rossini su libretto di Francesco
Maria Berio di Salsa (inizio del III atto, n. 10 Recitativo, Aria, Duetto e Finale). Desdemona, in
compagnia di Emilia, sente il canto notturno del Gondoliere (tenore), che le ricorda il suo stato
infelice: «Nessun maggior dolore / Che ricordarsi del tempo felice / Nella miseria».

Lawrence Brownlee
https://www.youtube.com/watch?v=KIPdWdzzgU8

Lazar Berman
https://www.youtube.com/watch?v=LuiwjTiGHdE

Il pezzo di Liszt sfrutta il registro più grave e cupo del pianoforte, come se l’originale rossiniano per
voce di tenore fosse trascritto per una parte di basso: un mesto lamento in ottave accompagnato da
lugubri tremoli. La Canzone, nell’impaginazione del Supplemento, funge di fatto anche da
introduzione lenta alla successiva Tarantella.

Tarantella da Guillaume Louis Cottrau


Tarantella da Guillaume Louis Cottrau

Lazar Berman
https://www.youtube.com/watch?v=LuiwjTiGHdE

Guillaume Louis Cottrau (1797-1847) era un musicista francese che aveva pubblicato alcune
canzoni napoletane (alcune di sua propria composizione). La Tarantella ha forma ternaria; la parte
centrale contrastante è intitolata Canzona Napolitana. Si tratta dell brano più esteso e ambizioso del
trittico del Supplemento: al virtuosismo richiesto dalla scrittura pianistica fa riscontro un autentico
virtuosismo compositivo, considerato che tutti i temi utilizzati da Liszt, incluso quello della
Canzona Napolitana sono derivati per trasformazione da quello iniziale di Cottrau.

Pezzi tardi
Il problema critico del tardo stile di Liszt (dal punto di vista espressivo cupo, meditativo anti-
brillante, anti-virtuosistico, sperimentale dal punto di vista del linguaggio) decisamente diverso e
perfino contrapposto rispetto all’esuberante stile giovanile, al punto che appare molto difficile porre
in relazione l’uno e l’altro. Il tardo stile, che mancò di fatto di un pubblico (molti pezzi rimasero
inediti), può considerarsi un’evoluzione dello stile giovanile e maturo di Liszt almeno sotto
l’aspetto dello sperimentalismo armonico e formale e della componente autobiografica.
Nei pezzi tardi ricerca sui limiti e oltre i limiti della tonalità e prefigurazione del modernismo
(accordi per quarte, cromatismo strutturale pervasivo, pan tonalità e bitonalità) in pezzi dal
contenuto cupo e dolente («pezzi mortuari»): elegie, marce funebri, musica della memoria e forte
componente autobiografica depressiva. Nuovo, estremo diario musicale dopo quelli della gioventù e
della maturità, come le Années de pèlerinage: diario intimo, composizione come trascrizione di un
flusso di coscienza.
Pezzi tardi: dissoluzione della forma e del linguaggio tonale, portata ai limiti estremi. Musica
“espressionista” ante litteram?
Cromatismo, intervalli eccedenti e diminuiti, triadi eccedenti, accordi per quarte: ruolo pervasivo
sino alla negazione o alla sospensione della tonalità (Bagatelle sans tonalité). Ruolo strutturale del
silenzio, ripetizione e progressione come tecnica (minimalista) di elaborazione e costruzione,
insieme alla variazione continua. E impiego strutturale delle dinamiche, anche per contrasti violenti.

Unstern! /Sinistre! /Disastro! (1880)


Il titolo si può tradurre con “Disastro” ovvero “Cattiva stella”. Come la maggior parte degli ultimi
pezzi di Liszt è una pagina scabra e cupa, caratterizzata dall’impiego di armonie dissonanti, di
accordi aumentati e dalla scala a toni interi. Il pezzo si può suddividere in tre parti.
Prima parte: introduzione con ottave spoglie e tritono discendente (diabolus in musica), che ricorda
una specie di recitativo o di canto.
Seconda parte: ripercussioni di ottave (mano destra) e motivi costruiti sulla scala per toni interi
(mano sinistra), climax condotto attraverso un’intensificazione del cromatismo e della condotta per
toni interi sino a un raggiungere, in accelerando, un accordo estremamente dissonante.
Terza parte: la tensione irrisolta della parte sembra risolversi in un corale, che invece però non trova
risoluzione per il protrarsi del cromatismo sino a una sorta di dissoluzione.
Nella prima e nella seconda parte si delinea una sospensione della tonalità, che ritorna ad affermarsi
seppure in modo piuttosto vago nella conclusione. Il corale sembra promettere un lieto fine che,
tuttavia, la conclusione di prostrazione senza speranza smentisce.
Prima parte, introduzione 1-20 ?
Seconda parte, climax apocalittica 21-83 ?
Conclusione, corale 84-145 SI (ma conclusione sospesa: mi)

Nuages gris / Trübe Wolken (1881)


Liszt scrive due bemolli in chiave, ma qual è la tonalità? Accordo finale dall’interpretazione
problematica: la – mi bemolle – sol – si.
Elementi costitutivi:
- triadi aumentate
- figure di ostinato e pedali
- cromatismo (melodico e armonico)
- tritono
- scomparsa di ogni struttura cadenzale nel senso dell’armonia funzionale

Ripetizioni variate e corrispondenze: presenti ma occultate (rispettivamente bb. 1-8 e 23-32, 9-20 e
33-44).

La lugubre gondola (Die Trauergondel) I e II (1882)


Lavoro che esiste in diverse versioni: piano, piano e violino (o violoncello), poi ulteriore versione
per piano. Esempio, anche negli ultimi anni, di pezzo concepito e ripensato più volte che genera di
fatto due pezzi tra loro molto diversi, pur condividendo un materiale comune. La prima versione è
più concentrata e radicale; la seconda più teatrale e “retorica” in senso tradizionale. Il pezzo risale al
soggiorno di Lizt a Venezia a palazzo Vendramin, con Wagner, nell’inverno 1882-83, poco prima
della morte di Wagner («a Venezia, sei settimane prima della morte di Wagner, come per un
presentimento»). Sorta di premonizione della morte di Wagner, ispirata dai cortei funebri a Venezia
(la gondola, peraltro, simbolo di morte di per sé, per la forma simile a una bara, il colore nero
eccetera come si troverà poi in Morte a Venezia di Mann).

La lugubre gondola I
Barcarola lugubre e spettrale. Ruolo strutturale dell’intervallo fortemente patetico di sesta minore,
presente nella triade eccedente la bemolle – do – mi, e del cromatismo discendente (topos del
lamento).
Prima parte bb. 1-76: fa? poi si? con trasposizione un tono sotto da b. 39 di bb. 1-38
Seconda parte bb. 77-120: tonalità? Ricapitolazione variata della prima parte. Scompare il ritmo di
Barcarola ridotto a ricordo fantasmatico, su tremoli sinistri nel registro grave.

La lugubre gondola II
Settima diminuita, cromatismo, sospensione della tonalità. Forma per sezioni giustapposte e
trasposizione con varianti di sezioni o frasi come tecnica costruttiva fondamentale. Riferimento alla
recitazione e al canto nelle indicazioni espressive.

A Andante mesto, non troppo lento


a 1-9
a’ 10-18 (variante ½ t sotto rispetto ad a)
a’’ 19-34 (variante ½ t rispetto ad a’)

B 35-68: cfr. La lugubre gondola I


b 35-51
b 52-68 (½ t sotto)

C Un poco meno lento 69-108


c 69-88
c 89-108 (1 t sotto)

b 109-131 cfr. 35-49, climax


a 131-139 cfr. 1 ss. e 23-27

Chiusa 140-168

R. W. – Venezia [Richard Wagner – Venezia] (1883)


Pezzo ispirato dalla morte di Wagner a Venezia, il 13 febbraio 1883. Triadi eccedenti, accordi per
quarte, cromatismo in questo pezzo che richiama, nella prima parte, La lugubre gondola I con il suo
movimento (se non il ritmo) di Barcarola basato sulla triade eccedente (fa – la – do diesis).

Prima parte bb. 1-30: tonalità sospesa, modulo di triade eccedente poi via via ampliato negli
intervalli in senso cromatico, cromatismo, accordi per quarte
Seconda parte bb. 31-42: da SI bemolle a RE bemolle a MI maggiore, accostamento di tonalità, per
una marcia funebre con motivi di fanfara. Apparizione o rimemorazione della tonalità. Gesto
wagneriano che ha il sapore di una reminescenza. Grande climax…..
Chiusa bb. 43-49: quasi ripresa o meglio epitome della prima parte. Sul punto culminante del
climax, accordo eccedente (fa – la – do diesis) cui viene poi aggiunto, nella disposizione
orizzontale, melodica anche il si bemolle.

Appendice

Années de pèlerinage
Deuxième année, Italie
Mainz, Schott, 1858

N Titolo Soggetto o fonte di riferimento


1 Sposalizio Raffaello, Lo sposalizio della vergine
2 Il penseroso Michelangelo, Il penseroso
3 Canzonetta del Salvator Rosa Salvator Rosa (testo)? Giovanni Bononcini (musica)?
4 Sonetto 47 del Petrarca Petrarca, Sonetto 47* [61]
5 Sonetto 104 del Petrarca Petrarca, Sonetto 104* [134]
6 Sonetto123 del Petrarca Petrarca, Sonetto 123* [156]
7 Après une lecture du Dante. Fantasia Dante, Divina commedia; Victor Hugo, Après une
quasi sonata lecture de Dante; Beethoven, Sonate op. 27
* La numerazione dei componimenti petrarcheschi non segue l’ordine che essi hanno nel Rerum
vulgarium fragmenta ma quello all’interno dei raggruppamenti dei singoli generi metrici (in questo
caso, il raggruppamento dei sonetti).

Supplément, Venezia e Napoli


Mainz, Schott, 1861

N Titolo Soggetto o fonte di riferimento


1 Gondoliera, canzone del Cavaliere Peruchini Anton Maria Lamberti e Giovanni Simone
(La biondina in gondoletta) Mayr, La biondina in gondoleta
2 Canzone (Nessun maggior dolore, canzone Rossini, Otello: Nessun maggior dolore (atto
del Gondoliere nell’«Otello» di Rossini) III)
3 Tarantella da Guillaume Louis Cottrau Guillaume Louis Cottrau, Tarantella

Sposalizio
Tempo Tonalità Battute Sezioni
Andante (MI) 1-29 A: introduzione, sfondo. Struttura melodica-
armonica-ritmica generativa, motivo di B, effetto
campane, scala pentatonica, arcaismo
Andante quieto MI 30-37 B: il rito, primo piano. Domanda-risposta
Più lento SOL 38-77 C: Ave Maria (cfr. Sposalizio-Trauung, 1883), tema
MI processionale e climax
Quasi allegretto MI  77-120 C e climax, poi combinazione di elementi da A, B e
mosso C
… Adagio MI 120-133 Coda: combinazione di elementi da A e C

Il penseroso
Michelangelo Rime 247
Epigramma in risposta a quello scritto in lode della statua della Notte da Giovanni Strozzi.

Grato [Caro] m’è il sonno, e più l’esser di sasso,


mentre che ’l danno e la vergogna dura;
non veder, non sentir m’è gran ventura;
però non mi destar, deh, parla basso.

Canzonetta del Salvator Rosa

Vado ben spesso cangiando loco


ma non so mai cangiar desio;
sempre l’istesso sarà il mio fuoco
e sarò sempre l’istesso anch’io.
Tre Sonetti del Petrarca
Schema costruttivo comune
Prima parte Seconda parte
Preludio [Scena]*  Cantabile (lyric form)  Condotta più libera, con tensione crescente e
climax  Distensione e chiusa, calma e
retrospettiva

* con motivo (x) che ritorna dopo la lyric …con effetto di ripresa di motivi della lyric
form… form

Petrarca Sonetto 47 [ RVF 61]

Benedetto sia ’l giorno, e ’l mese e l’anno,


e la stagione, e ’l tempo e l’ora, e ’l punto,
e ’l bel paese, e ’l loco, ov’io fui giunto
da’ duo begli occhi, che legato m’hanno;

E benedetto il primo dolce affanno,


ch’i’ ebbi ad esser con amor congiunto,
e l’arco e le saette ond’io fui punto,
et le piaghe, che infino al cor mi vanno.

Benedette le voci tante ch’io,


chiamando il nome di mia Laura [Petrarca: donna] ho sparte,
e i sospiri e le lagrime e ’l desio;

e benedette sian tutte le carte


ov’io fama le acquisto, e ’l pensier mio,
ch’è sol di lei, si ch’altro non v’ha parte.

Sonetto 47 (da LA bemolle a RE bemolle)


Sonetto 47 Tenore e pianoforte Sonetto 47 Pianoforte 1858
LA bemolle C RE bemolle C
Preludio, pianoforte – bb. 1-11 Introduzione – bb. 1-11
x bb. 5-6 x bb. 6-7

Lyric form, voce Melodia vocale


a a’b c (vv. 1-8) – LAb  RE bb. 12-38 a a’ b c – REb  SOL bb.14-36
a’’ e coda (vv. 9-11) –  SI bb. 38-64 a a’’ episodio in climax-anticlimax  MI bb.
38-62
Episodio in climax
a’’’ (vv. 12-14) – SI  MI bb. 64-86 a, a’ – MI  bb.63-84
Distensione conclusiva Coda, distensione conclusiva
x, a – MI  LAb bb. 86-96 x, a – REb bb. 85-95

Petrarca Sonetto 104 [RVF 134]

Pace non trovo, e non ho da far guerra;


e temo e spero, ed ardo e son un ghiaccio:
e volo sopra ’l cielo, e giaccio in terra;
e nulla stringo, e tutto ’l mondo abbraccio.

Tal m’ha in priggion, che non m’apre né serra;


né per suo mi riten, né scioglie il laccio;
e non m’ancide Amor e non mi sferra,
né mi vuol vivo, né mi trae d’impaccio.

Veggio senz’occhi, e non ho lingua e grido,


e bramo di perir, e cheggio aita;
ed ho in odio me stesso ed amo altrui.

Pascomi di dolor, piangendo rido;


egualmente mi spiace morte e vita:
in questo stato son, donna [variante Liszt: o Laura], per voi.

Sonetto 104 (da LA bemolle a MI)

Sonetto 104 Tenore e pianoforte Sonetto 104 Pianoforte 1858


LA bemolle C MI C
Preludio, pianoforte – bb. 1-5 Introduzione-recitativo – bb. 1-6
x b. 5 x b. 5

Scena, voce (vv. 1-4) – bb. 6-36


x b. 33

Lyric form, Melodia vocale


a a’ pianoforte – LAb bb. 37-44 a a’ b – MI bb.7-20
a a’b b’ (vv. 5-8) – LAb  do bb. 45-61 a var. a’ var b’ e climax – MI  sol# bb. 21-37
a var. a’ var. e coda (vv. 9-11) – LAb  SI bb. a var. a’ var. a var. a’ var. – MI  SOL bb. 38-
62-79 53

Episodio in climax
Indipendente poi a, x’ (vv. 12-13) –  LAb bb. Episodio
80-97 Indipendente poi a var., x -  MI bb. 54-68

Distensione conclusiva
a –LAb bb. 97-110 Coda, distensione conclusiva
a –MI bb. 68-79
Petrarca Sonetto 123 [RVF 156]

I vidi in terra angelici costumi


e celesti bellezze al mondo sole,
tal che di mi rimembrar mi giova e dole,
che quant’io miro par sogni, ombre e fumi.

E vidi lagrimar quei duo bei lumi,


ch’han fatto mille volte invidia al sole;
ed udì sospirando dir parole,
che farian gir i monti e stare i fiumi.

Amor, senno, valor, pietate e doglia,


facean piangendo un più dolce concento
d’ogni altro che nel mondo udir si soglia;

ed era il cielo all’armonia s’intento,


che non si vedea in ramo mover foglia,
tanta dolcezza aveva pien l’aere e ’l vento.

Sonetto 123 (LA bemolle)


Sonetto 123 Tenore e pianoforte Sonetto 123 Pianoforte 1858
LA bemolle C LA bemolle C
Preludio, pianoforte – bb. 1-13 Introduzione – bb. 1-14
x bb. 1-2 x bb. 1-2

Lyric form, voce Melodia vocale


a a’b c (vv. 1-8) – LAb  MI (DO) bb. 14-40 a a’ b c – LAb  MI bb.16-40
a - DO bb. 41-44
Episodio in climax Episodio in climax
Indipendente (vv. 9-11) – DO bb. 41-54 Indipendente – DO  bb. 45-60

Distensione conclusiva, piano poi voce Distensione conclusiva, coda


a (vv. 12-13), poi x (v. 14) – LAb bb. 57-77 a var. – LAb bb.61-67
x, da a – LAb bb. 68-84

Après une lecture du Dante. Fantasia quasi sonata

Victor Hugo: Après une lecture de Dante, da Les voix intérieures (1837), XXVII

Quand le poète peint l’enfer, il peint sa vie:


Sa vie, ombre qui fuit de spectres poursuivie;
Forêt mystérieuse où ses pas effrayés
S’égarent à tâtons hors des chemins frayés;
Noir voyage obstrué de rencontres difformes;
Spirale aux bords douteux, aux profondeurs énormes,
Dont les cercles hideux vont toujours plus avant
Dans une ombre où se meut l'enfer vague et vivant!
Cette rampe se perd dans la bruime indécise;
Au bas de chaque marche une plainte est assise,
Et l’on y voit passer avec un faible bruit
Des grincements de dents blancs dans la sombre nuit.
Là sont les visions, les rêves, les chimères;
Les yeux que la douleur change en sources amères,
L’amour, couple enlacé, triste, et toujours brûlant,
Qui dans un tourbillon passe une plaie au flanc;
Dans un coin la vengeance et la faim, soeurs impies,
Sur un crâne rongé côte à côte accroupies;
Puis la pâle misère au sourire appauvri;
L’ambition, l’orgueil, de soi-même nourri,
Et la luxure immonde, et l’avarice infâme,
Tous les manteaux de plomb dont peut se charger l’âme!
Plus loin, la lâcheté, la peur, la trahison
Offrant des clefs à vendre et goûtant du poison;
Et puis, plus bas encore, et tout au fond du gouffre,
Le masque grimaçant de la Haine qui souffre!

Oui, c’est bien là la vie, ô poète inspiré,


Et son chemin brumeux d’obstacles encombré.
Mais, pour que rien n’y manque, en cette route étroite
Vous nous montrez toujours debout à votre droite
Le génie au front calme, aux yeux pleins de rayons,
Le Virgile serein qui dit: Continuons!

6 août 1836

Struttura formale

Tempi Battute Movimento di sonata Ciclo di sonata


Andante maestoso 1 Introduzione Allegro
Presto, agitato assai 35 Esposizione
Tempo I (Andante), poi Andante (quasi 115 Sviluppo: inizio Adagio
improvvisato), Andante, Adagio
Allegro moderato 181 Sviluppo: prosecuzione Scherzo
Tempo rubato e molto ritenuto, poi 273 Ripresa Finale
Andante, Allegro, Allegro vivace
Presto 339 Coda

Antonio Lamberti e Giovanni Simone Mayr (?): La biondina in gondoleta


La biondina in gondoleta La biondina in gondoletta
L’altra sera gh’ho menà: L’altra sera ho accompagnata,
Dal piaser la povareta, Dal piacere, la poveretta
La s’ha in bota indormenzà. S’è di botto addormentata.

La dormiva su sto brazzo, Lei dormiva su ’sto braccio


Mi ogni tanto la svegiava, Ma ogni tanto io la svegliava
Ma la barca che ninava Ma la barca che cullava
La tornava a indormenzar. La tornava a addormentare.

G’era in cielo mezza sconta C’era in ciel mezzo scoperta


Fra le nuvole la luna, Fra le nuvole la Luna,
G’era in calma la laguna, Era in calma la laguna,
G’era il vento bonazzà. Cera il vento a bonazzar.

Una solo bavesela Solo un dolce fil di vento


Sventolava i so’ caveli, Sventolava i suoi capelli,
E faceva che dai veli E faceva che dei veli
Sconto el sen non fusse più. ’Scosto il sen non fosse più.

Contemplando fisso fisso Contemplando fisso, fisso,


Le fatezze del mio ben, Le fattezze del mio bene,
Quel viseto cussi slisso, Quel visetto così liscio,
Quela boca e quel bel sen; Quella bocca e quel bel sen.

Me sentiva drento in petto Io sentivo dentro al petto


Una smania, un missiamento, Una smania, un mancamento,
Una spezie de contento Una specie di contento
Che no so come spiegar! Che non so come spiegar!

So’ sta’ un pezzo respettando, Per un pezzo rispettando


Quel bel sonno ho sopportà, Quel bel sonno ho sopportato,
Benché amor di quando in Benché amor di quando in
quando, quando.
Ei m’avesse assai tentà Mi volesse assai tentar

M’ho provà buttarme zoso A buttarmi giù ho provato


Là con ella pian pianino; Là con ella pian pianino;
Ma col foco da vicino Ma col fuoco lì vicino;
Non potevo riposar. Non potevo riposar.

M’ho stufà po’ finalmente, Poi stancato finalmente,


De ’sto tanto so’ dormir, di ’sto tanto sol dormire,
E gh’ho fato da insolente, Io le ho fatto da insolente,
No m’ho avuto da pentir; Non m’ho avuto da pentire.

Perchè, oh Dio, che bele cosse Perché, oh Dio, che belle cose
Che gh’ho dito, e che gh’ho fato! che le ho detto e che le ho fatto!
No, mai più tanto beato No, mai più tanto beato
Ai mii zorni no son sta. Ai miei giorni non so star.
Francesco Maria Berio di Salsa: Canzone del Gondoliere, da Otello (atto III)

Nessun maggior dolore


Che ricordarsi del tempo felice
Nella miseria.

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