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Corso Storia Della Musica Moderna e Contemporanea - Parte III Liszt e L'italia
Corso Storia Della Musica Moderna e Contemporanea - Parte III Liszt e L'italia
Parte terza
1. Franz Liszt
2. Liszt e l’idea della fusione delle arti
3. Liszt e l’arte italiana
4. Années de pèlerinage: Deuxième année, Italie
5. Pezzi tardi
1. Franz Liszt
Studi a Vienna con Salieri e Czerny, poi a Parigi (1823) con Reicha e Paer. 1824-27: viaggi per
concerti in Inghilterra. Morte di Adam Liszt (1827).
1830-35: entusiasmo per la Rivoluzione e per il sansimonismo (socialismo utopico basato sulla
mescolanza di socialismo e cristianesimo) e per la lezione dell’abate Lamennais. Il milieu
romantico: Berlioz, Chopin, Alkan, Hiller, entusiasmo per Paganini. Saint-Beuve, Hugo, Balzac,
George Sand, Delacroix, Mickiewicz: sviluppo delle idee sulla musica e sulle relazioni tra la musica
e le altre arti. Conosce Marie d’Agoult (1832), da cui avrà 3 figli e con la quale convivrà per 12
anni.
1835-38: années de pèlerinage, in Svizzera, Italia.
1839-47: carriera concertistica ineguagliata nella storia dell’esecuzione musicale per intensità,
numero di concerti e di paesi visitati in tutta Europa fino alla Russia e alla Turchia, successi. Heine:
«Lisztomania». Conosce Carolyne von Sayn-Wittgenstein (1847).
1848-61: a Weimar, Kapellmeister straordinario del granduca di Weimar, Karl Alexander.
Possibilità di comporre, dirigere, organizzare stagioni di opera e di concerto. Utopia di creare una
nuova capitale delle arti («un’Atene del Nord») nella città già di Goethe e Schiller.
Contrapposizione di concezioni della musica, specie in rapporto alla tradizione e ai classici:
Lipsia Weimar
Mendelssohn, Schumann, Liszt, Berlioz, Wagner
Brahms
Fedeltà alle forme dei classici Modifica e sviluppo dei modelli classici
Gli anni di Weimar: sogni e disillusioni, sino alle dimissioni a seguito delle dimostrazioni contro
Der Barbier von Bagdad di Peter Cornelius (1859).
Dal 1861 a Roma: mancato matrimonio con Carolyne von Sayn-Wittgenstein, occupazione nello
studio della musica sacra, ingresso negli ordini minori (1865)
Dal 1871, la «vita triforcuta», come la definì lo stesso compositore, lo porterà a dividersi nel corso
dell’anno tra Weimar (primavera), Roma (estate e inizio autunno) e Pest (tardo autunno e inverno).
Il problema critico del tardo stile (dal punto di vista espressivo cupo, meditativo anti-brillante, anti-
virtuosistico, sperimentale dal punto di vista del linguaggio) decisamente diverso e perfino
contrapposto rispetto all’esuberante stile giovanile, al punto che appare molto difficile porre in
relazione l’uno e l’altro. Il tardo stile, che mancò di fatto di un pubblico (molti pezzi rimasero
inediti), può considerarsi un’evoluzione dello stile giovanile e maturo di Liszt almeno sotto
l’aspetto dello sperimentalismo armonico e formale e della componente autobiografica.
Nei pezzi tardi ricerca sui limiti e oltre i limiti della tonalità e prefigurazione del modernismo
(accordi per quarte, cromatismo strutturale pervasivo, pan tonalità e bitonalità) in pezzi dal
contenuto cupo e dolente («pezzi mortuari»): elegie, marce funebri, musica della memoria.
Se Liszt considerava l’artista investito di un ruolo messianico (la «grande missione religiosa e
sociale» dell’artista), la musica dev’essere vista come parte costitutiva integrante della cultura e
della società. Nuova figura, dunque, di artista: profeta, sacerdote dell’arte (figura cui Wagner deve
molto).
Nel rapporto con la storia: equilibrio tra innovazione e tradizione. Liszt immerso nelle categorie di
pensiero e culturali del tempo da cui deriva, per traslato, elementi del pensiero e del processo
compositivo: per esempio affidamento alla citazione (non come semplice evocazione ma come via
d’accesso a un certo mondo), convinzione che il canto popolare sia autentica espressione delle
condizioni locali e mentali di una certa regione, idea che nelle parafrasi un’opera teatrale possa
essere reinterpretata o compressa intorno a un’unica scena chiave.
Musica poetica. Le idee sulla musica di Liszt sono determinate da un pensiero che è estetico, ma
anche etico e religioso in cui s’intrecciano indissolubilmente radici spirituali e sollecitazioni
sensuali. Visione di una «nuova musica», legata all’idea che la musica – in quanto linguaggio sui
generis – ha raggiunto la massima capacità espressiva nella storia e ha sviluppato tecniche e
procedimenti compositivi che le permettono di assimilare soggetti della grande arte e della
Weltliteratur come poesia dei suoni. I nuovi generi della musica poetica si pongono dunque in
tensione dialettica con quelli delle altre arti: la musica assimila, trascende e sublima le altre arti.
La categoria del poetico, essenziale peraltro in tutto l’Ottocento, è fondamentale al riguardo. Per
Liszt, musica come poesia se:
1) non è intesa come puro intrattenimento;
2) possiede un’eloquenza, una precisione parlante, comparabile a quella della letteratura;
3) mira, come le altre arti, alla rappresentazione di grandi temi (è la sostanza poetica a
distinguere l’arte da ciò che non lo è).
La «poesia» intesa dall’estetica romantica – cui Liszt aderisce – come sostanza comune a tutte le
arti, come capacità di trattare i grandi temi artistici, etici, politici, sociali. «Non è ‘poetica’ l’
‘assimilazione letteraria’ in quanto tale, quanto piuttosto la sostanza, che a un’opera musicale
quando riesce il tentativo di reinterpretare la grande letteratura» (Dahlhaus).
Nell’ambito della musica per pianoforte: raccolte e cicli che aprono una nuova via, in cui la
concezione d’insieme è riferita più a categorie letterarie che propriamente musicali (come si colgie
fin dati titoli: l’album di ricordi, il diario, la raccolta di ‘poesie’ musicali eccetera). L’idea della
musica poetica sposta l’interesse dalla ricerca di un nuovo tipo di grande forma (cui Liszt si
dimostrerà peraltro sensibile nella Sonata in si minore e nei Concerti) all’allineamento di pezzi
caratteristici organizzati sulla base di un’idea poetica para-letteraria e al contempo di strategie di
integrazione musicale alternative a quelle tradizionali.
Definizione di «idea poetica» (Liszt, 1855): la relazione che si viene a stabilire tra un’idea da
esprimere e la specifica struttura e configurazione formale concretamente impiegata per
rappresentarla.
L’ideale romantico della fusione delle arti si realizza innanzi tutto nella musica a programma, intesa
come superamento del classicismo e sintesi tra diverse tendenze come quelle rappresentate da
Beethoven e la sua concezione della musica come espressione di contenuti ideali e come messaggio
e da Berlioz con il suo teatro ideale (in cui la musica strumentale diviene arte descrittiva e
narrativa).
Correlati tecnico-compositivi delle idee estetiche di Liszt:
1) concezione organicistica (di ascendenza beethoveniana) per cui tutti i motivi e i temi di una
composizione derivano da nuclei generativi elementari;
2) trasformazione (metamorfosi caratteriale) di temi e motivi secondo procedimenti di variante,
parafrasi, trasfigurazione e così via.
Nella cosiddetta musica classica la ripetizione e lo sviluppo dei temi vengono determinati da regole formali considerate
incontestabili, nonostante i compositori non abbiano a disposizione null’altro che la loro fantasia e abbiano adottato
delle forme che ora si vogliono formulare come vere e proprie leggi. Invece, nella musica a programma, la ripetizione,
la variazione e la modulazione dei motivi sono costrette, dalla relazione che tra esse intercorre, a dar vita a un pensiero
poetico [zu einem poetischen Gedanken]. Qui un tema non richiama l’altro secondo una legge formale, i motivi non
sono la conseguenza di accostamenti o di contrasti stereotipati di timbri, e il colorito, in quanto tale, non condiziona il
raggruppamento delle idee. Anche se non affatto tralasciate, tutte le considerazioni esclusivamente musicali sono
Tuttavia, il compositore si premura di sottolineare che «programma o titolo hanno una loro
giustificazione soltanto quando rappresentano una necessità poetica, un’insostituibile parte
dell’insieme e quando sono indispensabili per la sua comprensione»;2 il programma indica in modo
chiaro il contenuto poetico della composizione che l’autore intende comunicare e condividere con il
pubblico, per evitare fraintendimenti ma al contempo per fornire soltanto il segnavia di un percorso
che poi tocca compiere a ciascuno di noi: «il compositore squisitamente sinfonico porta con sé i
suoi ascoltatori in regioni ideali che lascia immaginare e completare dalla fantasia di ciascuno». 3
Per riuscire a realizzare il suo progetto estetico, Liszt iniziò a dar vita intorno al 1850 al «poema
sinfonico» (termine che denota da una parte l’aspirazione del nuovo genere di porsi sul piano
estetico della sinfonia, adottandone benché in un unico movimento, la logica formale e dall’altra il
salto di qualità nelle relazioni tra «poesia» e musica) e alle sinfonie a programma; ai requisiti e alle
prerogative della grande forma corrispondono, dal punto di vista della tecnica compositiva, uno
svolgimento musicale riconducibile a un nucleo circoscritto di idee musicali, che si basa sul
principio della trasformazione di temi e motivi (attraverso cambiamenti ritmici, metrici e di tempo)
e sull’avvicendarsi di diversi toni e caratteri espressivi.
1
Franz Liszt, Berlioz e la sua sinfonia «Harold en Italie», in «Un continuo progresso». Scritti sulla musica, scelta e
prefazione di György Króo, Milano, Ricordi-Unicopli, 1987, pp. 373-374.
2
Ibidem, p. 340.
3
Ibidem, p. 359.
Il poema sinfonico
Genere dalla storia piuttosto breve (1850 circa - 1920 circa), tipico di un periodo storico e culturale,
caratteristico di un’epoca come non potevano esserlo altri generi (l’opera, la sinfonia), soddisfa tre
aspirazioni dell’Ottocento:
1) la musica posta in relazione con le altre arti e, in genere, la realtà extramusicale;
2) integrare forme articolate in più movimenti in un’unica arcata formale;
3) elevare la musica a programma e descrittiva a un livello ‘poetico’, più alto di quello dello
stesso teatro musicale e della sinfonia e d’altra parte sublimare la letteratura nella forma più
alta e quintessenziale di poesia, la musica strumentale (metafisica romantica della musica
strumentale).
Origini e prototipi: sinfonie e ouvertures di Beethoven, Berlioz, ouvertures a programma di
Mendelssohn (queste ultime rappresentano il più importante tentativo per una nuova concezione
sinfonica post-beethoveniana), il dibattito critico intorno alla sinfonia e all’ouverture.
«Symphonische Dichtung» (1854): Liszt compone 13 poemi sinfonici, 12 negli anni di Weimar, 1
in epoca tarda. Assistenti alla pratica dell’orchestrazione August Conradi e Joachim Raff.
«Symphonische Dichtung»: nuovo termine e concetto che si pone tra tradizione e innovazione,
sottolineando da un lato il nuovo legame tra poesia e musica («celle […] renouvellement de la
Musique par son alliance plus intimeavec la Poésie») con il duplice accento sulla dimensione
sinfonica («symphonische») e sulla poesia («Dichtung»). Il nuovo termine evidenzia in primo luoo
l’emancipazione del nuovo genere dal nesso funzionale dell’ouverture e dall’ouverture a
programma (da cui peraltro discende), in secondo luogo l’intento di elevare il genere stesso al rango
della sinfonia e in terzo luogo la nuova qualità della relazione tra musica e letteratura :
- aspirazione alla continuità storica (riferimento alla tradizione della sinfonia e dell’ouverture)
- forte accento di innovazione (il nuovo genere come prodotto del postulato estetico di una
nuova arte, sintesi di poesia e musica)
- problema formale e compositivo (necessità di configurare una nuova forma sinfonica per
rappresentare adeguatamente e singolarmente una certa idea poetica).
Liszt vede la strada verso il poema sinfonico già tracciata da Beethoven, la cui musica considera già
espressione di un «intento poetico» [dichterische Absicht], mentre Wagner, legittimando la musica a
programma di Liszt, parla a proposito dello sviluppo dei mezzi espressivi della musica dopo
Beethoven, della necessità di un «motivo formale» [Formmotiv] al di fuori della musica stessa
(1857): questo «motivo formale» che nel dramma musicale è il testo ovvero l’azione, nel poema
sinfonico è l’idea poetica, il soggetto cioè il programma. Nelle idee di Liszt si riflettono gli interessi
letterari della cultura borghese ottocentesca, che finiscono per condizionare il pensiero musicale: il
nuovo concetto della musica strumentale come poesia sonora si orienta in senso enfatico
all’orizzonte e alle aspettative d’ascolto nonché agli interessi letterari delle «masse» nonché degli
«uomini di pensiero e azione».
Con l’idea di equiparare la musica sinfonica alla poesia e che essa si appropri dei soggetti letterari e
artistici, Liszt trapianta alcune idee centrali del pensiero musicale romantico in un concetto di
genere che si fonda sull’assunto che il linguaggio della musica sia la forma espressiva suprema del
poetico. La tendenza ad assimilare celebri soggetti letterari o figurativi non significa che la musica
si limiti a illustrarli musicalmente, bensì risponde all’intento di sottolineare il ruolo della musica
nella cultura borghese dell’epoca e punta alla rappresentazione musicale di ciò che non è
rappresentabile dalla letteratura e della pittura (anzitutto la componente religiosa o metafisica) e alla
narrazione di processi interiori («une espèce de récit des sentiments») e all’espressione di un
concreto contenuto sentimentale («konkreten Gefühlsgehalt», Wagner). Il programma è da
intendersi come «segnavia» per l’ascoltatore, che svolge una funzione chiave nel dischiudere l’idea
poetica in un processo estetico che comporta l’interazione di ragione e sentimento.
Idea del sinfonico e premesse tecnico-compositive della musica a programma in Liszt (Dahlhaus):
1) La grande forma (elevatezza stilistica, compiutezza, articolazione)
2) Il trattamento tematico (derivazione e sviluppo del discorso musicale da un’originaria
sostanza tematica circoscritta attraverso processi di variante: trasformazione di temi e motivi
e generazione di nuove configurazioni attraverso le variabili dei cambiamenti ritmici,
metrici e di tempo ma mantenendo il profilo intervallare come ossatura costante)
3) Mutamento dei toni e dei caratteri espressivi (acquisizione di elementi della molteplicità di
movimenti della sonata?
La musica diviene medium della ‘narrazione’ di avvenimenti interiori, la cui logica formale prende
le mosse dalle tecniche sinfoniche del trattamento dei temi ma si precisa, di volta in volta in
funzione dei singoli contenuti: conversione dell’idea poetica in una concreta idea formale musicale.
Presupposti della tecnica compositiva: dissolvenza incrociata dei principi formali della forma sonata
([Introduzione] - esposizione-sviluppo-ripresa - [coda]) e del ciclo di sonata (Allegro-Adagio-
Scherzo-Finale) + tecnica della trasformazione tematica.
Per Liszt, la differenza tra poemi sinfonici e sinfonie a programma (i primi come una sorta di
introduzione e preparazione alle seconde, dedicate ai due capolavori supremi, eccezionali, quali
Faust e la Commedia), pur considerando entrambi i generi come legittimi discendenti del
sinfonismo beethoveniano
Negli ultimi tempi ho conosciuto molti nuovi paesi, nuove e diverse regioni, molti luoghi trasfigurati dalla storia e della
poesia; ho avvertito che i molteplici aspetti della natura e gli accadimenti che vi si riferivano non passavano davanti ai
miei occhi come immagini vane ma evocavano nella mia anima profonde emozioni e che si stabiliva tra questi e me
relazioni vaghe eppure immediate, un rapporto indefinito ma reale, un collegamento inspiegabile ma esistente. Ho
cercato quindi di rendere in musica qualcuna delle mie sensazioni più forti, delle mie più vive impressioni. Iniziato
questo lavoro, i ricordi si addensarono via via sempre più, le immagini e le idee collegarono e ordinarono in modo
naturale. Così continuai a scrivere […]4
Se il primo volume, dedicato alla Svizzera, si incentra sulla natura e sul paesaggio (seppure
attraverso la mediazione letteraria di Schiller, Byron e Senancour), il secondo volume, quello
italiano, con relativo supplemento, è imperniato sulle arti: pittura, scultura, poesia, musica. È
opportuno ricordare che a Liszt l’Italia appare sotto una duplice luce, che rispecchia le categorie di
pensiero e di percezione nonché le consuetudini di lettura del tempo. Nelle Lettere di un dottore in
musica [Lettres d’un bachelier ès musique] scritte nel 1839, alla critica severa nei confronti della
contemporanea vita musicale dell’Italia fa riscontro una rappresentazione idealizzata del paese
come terra dell’arte e della poesia, come «repubblica dell’immaginazione» 5 in cui Liszt dialoga, alla
pari e liberamente, con una comunità di artisti del presente e del passato. Questa è l’Italia che per
Liszt sarà «sempre la patria elettiva di quegli uomini che non hanno fratelli fra gli uomini, di quei
figli di Dio, di quegli esiliati dal cielo che soffrono e cantano, e che il mondo chiama poeti» 6.
E così si esprime ancora Liszt in un tono di entusiasmo un po’ ingenuo che tradisce il duplice
stereotipo – abituale nella letteratura di viaggio del tempo – del disprezzo per il presente
contrapposto al fulgore del passato culturale italiano:
4
Franz Liszt, Prefazione a Album d’un voyageur. Première année, Suisse, Wien, Haslinger, 1842, in Franz Liszts
Musikalische Werke, hrsg. von der Franz-Liszt Stiftung, II/4, Leipzig, Breitkopf und Härtel, 1916.
5
Anna Harwell Celenza, Liszt, Italy, and the republic of imagination, in Christopher H. Gibbs and Dana Gooley (eds.),
Franz Liszt and his world, Princeton NJ, Princeton University Press, 2006, pp. 3-38.
6
Franz Liszt, Lettera di un dottore in musica a un poeta viaggiatore [George Sand], in «Un continuo progresso». Scritti
sulla musica, scelta e prefazione di György Króo, Milano, Ricordi-Unicopli, 1987, p. 109.
Poiché non avevo niente da cercare nel presente dell’Italia, mi sono messo a sfogliare il suo passato: avendo assai poco
da chiedere ai vivi, ho interrogato i morti […] Il bello, in questa paese privilegiato, mi appariva nelle sue forme più pure
e più sublimi. L’are si mostrava ai miei occhi in tutti i suoi splendori; mi si rivelava nella sua universalità e nella sua
unità. La sensibilità e la riflessione mi convincevano ogni giorno di più della relazione nascosta che unisce le opere di
genio. Raffaello e Michelangelo mi facevano capire meglio Mozart e Beethoven; Giovanni Pisano, Fra Beato
[Angelico], [Francesco] Francia mi spiegavano Allegri, Marcello, Palestrina; Tiziano e Rossini mi sembravano due astri
che avevano raggi simili. Il Colosseo e il Camposanto [di Pisa] sono meno estranei di quanto si creda alla Sinfonia
Eroica e al Requiem. Dante ha trovato la sua espressione pittorica in Orcagna e Michelangelo; troverà forse un giorno la
sua espressione musicale nel Beethoven del futuro.7
Il nucleo delle composizioni ispirate all’arte italiana si trova dunque raccolto nel secondo volume
delle Années de pèlerinage e nel relativo supplemento, Venezia e Napoli.
Années de pèlerinage
Deuxième année, Italie
Mainz, Schott, 1858
* La numerazione dei componimenti petrarcheschi non segue l’ordine che essi hanno nel Rerum
vulgarium fragmenta ma quello all’interno dei raggruppamenti dei singoli generi metrici (in questo
caso, il raggruppamento dei sonetti).
Supplément,Venezia e Napoli
Mainz, Schott, 1861
Ma, considerati anche gli stretti rapporti che Liszt manterrà con l’Italia sino alla fine della sua vita,
sono molte altre le composizioni riferibili in via più o meno diretta all’ambiente e alla cultura
italiana. Per restare alle Années de pélerinage, nella Troisième année compaiono alcuni pezzi
ispirati dal soggiorno romano: Angelus! Prière aux anges gardiens e il trittico sulla Villa d’Este di
Tivoli, con le trenodie Aux cyprès de la Villa d’Este I e II e Les jeux d’eau à la Villa d’Este.
L’impressione suscitata dal ciclo di affreschi trecenteschi del Trionfo della morte nel Camposanto
di Pisa, attribuiti da Vasari ad Andrea Orcagna e oggi piuttosto a Buonamico di Martino detto
Buffalmacco è tradizionalmente ritenuta all’origine di una delle composizioni più spettacolari per
pianoforte e orchestra, Totentanz. Paraphrase über Dies irae (1847-1862?). Après un lecture du
Dante trova un corrispettivo sinfonico-corale nella «Dante-Symphonie» (1855-1856), mentre anche
il dittico orchestrale delle Deux légendes (1863), formato da St. François de Paule marchant sur le
flots e St. François d’Assise: la prédication aux oiseaux. Al personaggio eroico e tormentato di
Torquato Tasso, seppure visto attraverso Goethe e Byron, è dedicato il poema sinfonico Tasso:
lamento e trionfo (1847-1854). Anche nei pezzi più tardi l’ispirazione italiana non viene meno con
un paio di memorabili pezzi brevi, R[ichard] W[agner] - Venezia (1883) e La lugubre gondola (Die
Trauergondel) I e II (1884-1885). E così via.
C’è poi la fonte costituita dalla musica italiana. Oltre alle melodie comprese supplemento alla
secondo volume delle Années de pélerinage, che rendono omaggio a Venezia e Napoli, le due città
dall’identità musicale più vivida nell’immaginario culturale europeo, sono innumerevoli i lavori che
si rifanno alla musica italiana di rilievo internazionale: dalle rielaborazioni di Paganini, con in
prima linea le Études d’exécution transcendante d’après Paganini (1838-1840), alle fantasie e
parafrasi operistiche da Donizetti, Bellini e Verdi: Fantaisie sur des motifs favoris de «Lucrezia
Borgia» (1840-1848) e Réminescences de «Lucia di Lammermoor» (1835-1836), Fantaisie sur des
motifs favoris de l’opéra «La sonnambula» (1839?-1842) e Réminiscences de «Norma» (1841),
Rigoletto. Paraphrase de concert (1855?) e Réminiscences de «Boccanegra» (1882).
Il pezzo d’apertura, Sposalizio, è ispirato a Lo sposalizio della Vergine (1504) di Raffaello, che
Liszt ebbe modo di ammirare alla Pinacoteca di Brera di Milano [IMMAGINE DIPINTO] e che
poi volle riprodotto prima della sua composizione nell’edizione a stampa del 1858 [IMMAGINE
EDIZIONE 1858]. La mediazione culturale è data dalla conoscenza di Liszt della mistica cristiana
(le fonti tradizionali dell’iconografia del tema sono i Vangeli apocrifi e la Legenda aurea di Jacopo
da Varagine). Sul pezzo, Liszt ritornerà molti anni dopo con una versione per organo o harmonium
e coro femminile ad libitum intitolata Ave Maria III / Sposalizio - Trauung (1883). La realizzazione
compositiva di Liszt ha l’obiettivo di ripercorrere l’esperienza percettiva ed emozionale dello
spettatore davanti al dipinto: la metafora sonora della dinamica visiva conduce l’ascoltatore-
spettatore dallo sfondo-ambiente del quadro (costruzione architettonica: rintocchi di campane,
motivo pentatonico come arcaismo) al primo piano (il rito nuziale: struttura domanda-risposta, poi
tema processionale dell’Ave Maria) sino a uno sguardo d’insieme (ricapitolazione con
sovrapposizione di tutti i motivi precedenti). L’integrazione delle singole sezioni è assicurato dalla
struttura melodica-armonica-ritmica generativa dell’introduzione da cui deriva tutto il materiale del
pezzo e dal ritorno di alcuni motivi (in particolare quello della sezione B).
Il penseroso
Lazar Berman
https://www.youtube.com/watch?v=1-L9hIxE4a0
Il penseroso è il nome informale per la statua funebre di Lorenzo de’ Medici, duca di Urbino, nella
Sagrestia Nuova di S. Lorenzo a Firenze (1524-1534) [IMMAGINE STATUA]. Anche in questo
caso l’edizione del 1858 fa precedere il testo musicale da una riproduzione della statua, sotto alla
quale sono riportati anche i versi dell’epigramma (Rime, 247) con cui Michelangelo rispose a quello
scritto da Giovanni Strozzi in lode della Notte, una delle statue della tomba di Giuliano de’ Medici,
duca di Nemours, che si trova di fronte a quella di Lorenzo [IMMAGINE EDIZIONE 1858]. Del
resto Liszt ritornerà sul tema con la nuova versione per orchestra de Il penseroso, intitolata appunto
La notte (1860-1864), seconda delle Trois odes funèbres che reca in testa lo stesso epigramma. Qui
tutto contribuisce all’immagine sonora di una meditazione fissata nel marmo e resa eterna dalla
morte: l’andamento di marcia funebre scandito dallo stentoreo o ostinato ritmo puntato, la forma
bloccata su se stessa (enunciazione e ricapitolazione variata di un unico blocco tematico), il
linguaggio musicale (cromatismo, accordi eccedenti). Forma: AA’ Coda; nella Coda urto do
diesis/re (emblema del rovello insolubile)
La Canzonetta del Salvator Rosa è la trascrizione di un antico brano vocale in cui il testo poetico è
riportato sopra la linea melodica; la forma è quella strofica variata (AA’A), tipica di tanta lirica per
voce e pianoforte. Se i versi potrebbero essere di Salvator Rosa [IMMAGINI DI SALVATOR
ROSA], la musica è invece di Giovanni Bononcini (peraltro, l’attribuzione al poliedrico artista
napoletano s’incontra ancora nelle Arie antiche pubblicate a fine Ottocento da Alessandro Parisotti).
Le versioni vocali per tenore (vedi Giani): non sono Lieder, il modello non è Schubert (che Liszt
peraltro ben conosceva), ma piuttosto l’opera italiana. Caratteri:
- presenza abnorme del pianoforte
- manipolazioni dei testi (varianti testuali, ripensamento e riorganizzazione della struttura del
sonetto specie nel Sonetto 47 e nel Sonetto 104 grazie a ripetizioni di versi o emistichi,
smembramento e ricomposizione di versi)
- dilatazione della forma musicale rispetto a quella poetica
- tessitura vocale molto acuta per tenore, pensata per un cantante d’opera e un virtuoso
Petrarca letto da Liszt:
1) drammatizzazione e introduzione di movimento, concitazione (sonetto petrarchesco come
organismo lirico statico, immobile)
8
Lettera a Marie d’Agoult, da Dáka, 18 ottobre 1846: «Tra le mie prossime pubblicazioni, se hai tempo, potresti dare
un’occhiata (dopo cena) ai 3 Sonetti da Petrarca (Benedetto, etc., Pace non trovo e I’ vidi in terra) per voce, e anche
trascritti molto liberamente per pianoforte alla maniera di Notturni! Penso che siano riusciti eccezionalmente bene e per
ciò che riguarda la forma sono più perfetti di ogni altra cosa che ho pubblicato sinora», in Franz Liszt - Marie d’Agoult,
Correspondance, nuovelle édition revue, augmentée et annotée par Serge Gut et Jacqueline Bellas, Paris, Fayard, 2001,
p. 1148.
2) soluzione del problema posto dall’asimmetria del sonetto e dialettica irrisolta tra due
esigenze divergenti: né forma durchkomponiert radicale né forma strofica.
Da qui derivano due conseguenze:
a. adozione di strutture e formule tipiche dell’opera (J.A.P. Schulz, 1785: «parvenza del noto»)
b. presenza di un episodio in climax seguito da una fase distensiva nella seconda parte di ogni
sonetto.
In particolare, adozione della lyric form [a4 a’4 b4 a’’4 + Coda oppure a4 a’4 b4 c4 + Coda] 9 per la
prima parte o comunque per la sezione melodica principale (nel Sonetto 104).
I 3 Sonetti nella prima versione vocale sono accomunati dalla stessa tonalità (LAb) e dal comune
riferimento all’opera italiana contemporanea: stesso canovaccio o schema costruttivo in due parti
collegate dall’interrelazione di motivi (motivo dell’introduzione che ritorna dopo la lyric form del
cantabile come elemento di connessione tra la prima e la seconda parte; motivi del cantabile che
ritornano nella seconda parte:
* con motivo (x) che ritorna dopo la lyric …con effetto di ripresa di motivi della lyric
form… form
Le versioni per baritono del 1861: riscrittura radicale, su testo tedesco. Tono più intimistico e
liederistico, semplificazione dei dettagli di superficie, concentrazione («seconda versione originale
(molto modificata e sottilizzata) per canto», afferma Liszt in una lettera del maggio 1880 a
Giuseppe Ferrazzi).
Proprio in questo rapporto vitale e circolare tra vocale e strumentale e, in particolare, nella
conversione pianistica di un modello concepito per la voce si coglie l’aspirazione di Liszt a rendere
9
La lyric form è un modello melodico in auge nell’opera italiana dell’Ottocento: nel suo formato standard, che tollera
ampie manipolazioni, è composto di sedici battute articolate in quattro frasi di quattro battute, secondo lo schema aa'ba''
o aa'bc, spesso arricchito di una coda. A ciascuna frase musicale corrisponde di norma una coppia di versi, dunque a
ciascun verso due battute. Il nome inglese di questa formula melodica tipicamente italiana è stato coniato da Joseph
Kerman (1982).
l’espressione strumentale eloquente e parlante come i versi della grande poesia. Se pur in una
varietà di strutture formali l’ossatura dei tre pezzi è costituita dalla riscrittura della melodia vocale,
la rielaborazione non si limita affatto a una pura e semplice trasposizione per articolarsi – rispetto al
modello implicito e latente della vocalità – in amplificazione, parafrasi, commentario,
rimemorazione e reminescenza allusiva.
Confronto tra le versioni vocali per tenore e le versioni pianistiche del 1858 (in generale la versione
pianistica del 1846 è più virtuosistica).
Tratti comuni: mantenimento dello schema costruttivo delle liriche: introduzione, cantabile ecc. ma
con
- riscrittura dell’introduzione;
- processo di concentrazione intorno alla melodia vocale della lyric form, all’occasione anche
disarticolata («notturni»);
- anticipazione del climax
Sonetto 47
Luciano Pavarotti, John Wustman
https://www.youtube.com/watch?v=9QJ6rVV7rbw
Lazar Berman
https://www.youtube.com/watch?v=1Rc38t1_380
Lazar Berman
https://www.youtube.com/watch?v=MjU4sMnMpw8
Il Sonetto 104 («Pace non trovo e non ò da far guerra», interamente fondato sulla figura retorica
dell’antitesi), disegna un’arcata di intenso crescendo emotivo attraverso un ampio giro di
modulazioni. Rispetto alla versione vocale pubblicata nel 1846, per esempio, la versione contenuta
nelle Années de pèlerinage comprime il recitativo iniziale a un semplice motto (vv. 1-4), poi
presenta per due volte la bipartita melodia vocale dell’inizio (aa’b: vv. 5-6 e 7-8; aa’b’: vv. 9-10 e
11) ma prima di giungere alla conclusione (vv. 12-13; Recitativo: v. 14) inserisce, come
interpolazione, una terza parafrasi della melodia vocale dell’inizio (a var., a’ var., poi di nuovo a
var. e a’ var: entrambe le sezioni concluse da passaggi indicati come «quasi cadenza»), che coincide
con l’esteso climax virtuosistico ed espressivo del pezzo.
Episodio in climax
Indipendente poi a, x’ (vv. 12-13) – LAb bb. Episodio
80-97 Indipendente poi a var., x - MI bb. 54-68
Distensione conclusiva
a –LAb bb. 97-110 Coda, distensione conclusiva
a –MI bb. 68-79
Sonetto 123
Luciano Pavarotti, John Wustman
https://www.youtube.com/watch?v=mb2YGcrJu54
Lazar Berman
https://www.youtube.com/watch?v=YIK_ULWIIKU
Après une lecture de Dante è, infine, la composizione più vasta e ambiziosa della raccolta che ebbe
una gestazione piuttosto travagliata. Dall’abbozzo del Fragment dantesque (1837 ca.) e dalla prima
versione in due movimenti, intitolata Paralipoménes e poi Prolégomènes à la Divina commedia
(1839-1840) fino alla revisione del 1849, la composizione si trasforma profondamente mostrando
inoltre, nel corso degli anni, i riflessi di una lettura della Commedia che recano il segno di due
illustri mediazioni culturali: il titolo stesso, Après une lecture de Dante riprende quello di una
poesia di Victor Hugo della raccolta Les voix intérieures (1837), a sua volta una rilettura
dell’Inferno dantesco, mentre il sottotitolo Fantasia quasi sonata è una scoperto richiamo alle due
Sonate op. 27 (1800-1801) di Beethoven (ciascuna delle quali è definita Sonata quasi una fantasia).
Se il contenuto poetico è senz’altro dato dall’Inferno, l’individuazione degli episodi specifici ha
sollecitato molteplici interpretazioni (nessuna delle quali può peraltro considerarsi decisiva ed
esclusiva a scapito delle altre). In ogni caso, in una dimensione di virtuosismo spettacolare ed
estremo che proietta la tastiera in una dimensione orchestrale-sinfonica che anticipa la Dante-
Symphonie (1855-1857), Aprés une lecture de Dante anticipa la Sonata in si minore (1853) per la
sovrapposizione di movimento di sonata e ciclo sonatistico che dà seguito alle sperimentazioni di
Beethoven e Schubert in questo ambito. L’idea consiste nel convertire quattro movimenti (Allegro,
Adagio, Scherzo, Finale) in caratteri espressivi inscritti in un’unica arcata, la cui forma è
riconducibile allo schema Esposizione - Sviluppo - Ripresa e i cui temi (rispettivamente battute 35 e
103) derivano da un unico e comune nucleo generativo basato sulla scala cromatica discendente.
L’introduzione [Allegro] funge anche come sezione cornice e di articolazione, ritornando all’inizio
di ciascuna delle due arcate in cui può essere suddiviso lo sviluppo (bb. 115 e 181); a connotarla è il
tritono (diabolus in musica); d’altro canto, oltre a dare il tono complessivo dell’opera,
l’introduzione contiene anche un’anticipazione del primo tema.
Nell’esposizione si delineano due temi: il primo in re minore (b. 35), basato sulla scala cromatica
discendente e dal profilo ritmico concitato e frammentato; dopo la transizione (b. 77) il secondo in
fa diesis maggiore (b. 103), che di fatto è una variante o trasformazione del primo tema (stesso
profilo melodico) in senso eroico e magniloquente.
Lo sviluppo [Adagio], dal carattere quasi improvvisato come sottolineano alcune indicazioni di
Liszt, è articolato in due parti. Quella iniziale ripropone il materiale dell’introduzione (b. 115), del
primo tema (ora liricizzato, b.124) quindi anche del secondo tema (anch’esso liricizzato, b. 136),
infine compare un’ulteriore variante del primo tema (b. 157), condotta in climax sino al punto
culminante costituito da una quasi cadenza (b. 178). La prosecuzione dello sviluppo [Scherzo] offre
un ritorno della musica dell’introduzione (b. 181), motivi del primo tema (b. 199) e poi del secondo
(b. 250), delineando un climax -anticlimax (punto culminante: b. 235) in ritransizione alla ripresa.
La ripresa [Finale] si apre con il primo tema (b. 273), poi prosegue con una trasformazione-
trasfigurazione del secondo tema, in re maggiore (b. 290), che poi raggiunge una vera e propria
apoteosi (b. 306), prima della coda conclusiva (b. 339).
Il secondo volume delle Années de pèlerinage è dunque esemplare per la varietà delle soluzioni
compositive con cui Liszt reinterpreta i soggetti artistici e letterari nella scrittura pianistica del
pezzo di carattere (Sposalizio, Il penseroso, Canzonetta del Salvator Rosa, Tre Sonetti di Petrarca)
e della grande forma (Aprés une lecture du Dante). Lo sposalizio cerca di ricostruire in termini
evocativi la complessa esperienza dello spettatore davanti al quadro attraverso la metafora sonora di
una dinamica visiva che conduce dallo sfondo al primo piano e infine a uno sguardo d’insieme. Nel
Penseroso invece è come se l’ascoltatore-spettatore fosse interamente annichilito di fronte alla
fissità impietrita della statua, immagine di una meditazione resa eterna dalla morte. La Canzonetta
del Salvator Rosa è un interludio che alleggerisce il tono dei due brani precedenti, proponendo la
trascrizione-rivisitazione strumentale di un antico, baldanzoso brano vocale. Nei Tre Sonetti di
Petrarca la rielaborazione del modello vocale avviene nel segno di una trasfigurazione e di
un’amplificazione che, lungi dall’esaurirsi in una trasposizione strumentale dell’intonazione dei
versi come in un Lied ohne Worte, ricorre a tutte le risorse della ricchissima eloquenza, espressione
e timbrica pianistica di Liszt nel segno di una nuova «poesia» lirica, sensualissima, appassionata ed
elegiaca che mira a rendere la sfaccettata realtà dell’esperienza amorosa oscillando tra l’esaltazione,
la desolazione e la contemplazione mistica. Infine Après un lecture du Dante è il tentativo di
racchiudere nell’unica arcata di una tesa e sperimentale forma di sonata le vivide, indelebili
impressioni suscitate dalla lettura dell’Inferno.
Lawrence Brownlee
https://www.youtube.com/watch?v=KIPdWdzzgU8
Lazar Berman
https://www.youtube.com/watch?v=LuiwjTiGHdE
Il pezzo di Liszt sfrutta il registro più grave e cupo del pianoforte, come se l’originale rossiniano per
voce di tenore fosse trascritto per una parte di basso: un mesto lamento in ottave accompagnato da
lugubri tremoli. La Canzone, nell’impaginazione del Supplemento, funge di fatto anche da
introduzione lenta alla successiva Tarantella.
Lazar Berman
https://www.youtube.com/watch?v=LuiwjTiGHdE
Guillaume Louis Cottrau (1797-1847) era un musicista francese che aveva pubblicato alcune
canzoni napoletane (alcune di sua propria composizione). La Tarantella ha forma ternaria; la parte
centrale contrastante è intitolata Canzona Napolitana. Si tratta dell brano più esteso e ambizioso del
trittico del Supplemento: al virtuosismo richiesto dalla scrittura pianistica fa riscontro un autentico
virtuosismo compositivo, considerato che tutti i temi utilizzati da Liszt, incluso quello della
Canzona Napolitana sono derivati per trasformazione da quello iniziale di Cottrau.
Pezzi tardi
Il problema critico del tardo stile di Liszt (dal punto di vista espressivo cupo, meditativo anti-
brillante, anti-virtuosistico, sperimentale dal punto di vista del linguaggio) decisamente diverso e
perfino contrapposto rispetto all’esuberante stile giovanile, al punto che appare molto difficile porre
in relazione l’uno e l’altro. Il tardo stile, che mancò di fatto di un pubblico (molti pezzi rimasero
inediti), può considerarsi un’evoluzione dello stile giovanile e maturo di Liszt almeno sotto
l’aspetto dello sperimentalismo armonico e formale e della componente autobiografica.
Nei pezzi tardi ricerca sui limiti e oltre i limiti della tonalità e prefigurazione del modernismo
(accordi per quarte, cromatismo strutturale pervasivo, pan tonalità e bitonalità) in pezzi dal
contenuto cupo e dolente («pezzi mortuari»): elegie, marce funebri, musica della memoria e forte
componente autobiografica depressiva. Nuovo, estremo diario musicale dopo quelli della gioventù e
della maturità, come le Années de pèlerinage: diario intimo, composizione come trascrizione di un
flusso di coscienza.
Pezzi tardi: dissoluzione della forma e del linguaggio tonale, portata ai limiti estremi. Musica
“espressionista” ante litteram?
Cromatismo, intervalli eccedenti e diminuiti, triadi eccedenti, accordi per quarte: ruolo pervasivo
sino alla negazione o alla sospensione della tonalità (Bagatelle sans tonalité). Ruolo strutturale del
silenzio, ripetizione e progressione come tecnica (minimalista) di elaborazione e costruzione,
insieme alla variazione continua. E impiego strutturale delle dinamiche, anche per contrasti violenti.
Ripetizioni variate e corrispondenze: presenti ma occultate (rispettivamente bb. 1-8 e 23-32, 9-20 e
33-44).
La lugubre gondola I
Barcarola lugubre e spettrale. Ruolo strutturale dell’intervallo fortemente patetico di sesta minore,
presente nella triade eccedente la bemolle – do – mi, e del cromatismo discendente (topos del
lamento).
Prima parte bb. 1-76: fa? poi si? con trasposizione un tono sotto da b. 39 di bb. 1-38
Seconda parte bb. 77-120: tonalità? Ricapitolazione variata della prima parte. Scompare il ritmo di
Barcarola ridotto a ricordo fantasmatico, su tremoli sinistri nel registro grave.
La lugubre gondola II
Settima diminuita, cromatismo, sospensione della tonalità. Forma per sezioni giustapposte e
trasposizione con varianti di sezioni o frasi come tecnica costruttiva fondamentale. Riferimento alla
recitazione e al canto nelle indicazioni espressive.
Chiusa 140-168
Prima parte bb. 1-30: tonalità sospesa, modulo di triade eccedente poi via via ampliato negli
intervalli in senso cromatico, cromatismo, accordi per quarte
Seconda parte bb. 31-42: da SI bemolle a RE bemolle a MI maggiore, accostamento di tonalità, per
una marcia funebre con motivi di fanfara. Apparizione o rimemorazione della tonalità. Gesto
wagneriano che ha il sapore di una reminescenza. Grande climax…..
Chiusa bb. 43-49: quasi ripresa o meglio epitome della prima parte. Sul punto culminante del
climax, accordo eccedente (fa – la – do diesis) cui viene poi aggiunto, nella disposizione
orizzontale, melodica anche il si bemolle.
Appendice
Années de pèlerinage
Deuxième année, Italie
Mainz, Schott, 1858
Sposalizio
Tempo Tonalità Battute Sezioni
Andante (MI) 1-29 A: introduzione, sfondo. Struttura melodica-
armonica-ritmica generativa, motivo di B, effetto
campane, scala pentatonica, arcaismo
Andante quieto MI 30-37 B: il rito, primo piano. Domanda-risposta
Più lento SOL 38-77 C: Ave Maria (cfr. Sposalizio-Trauung, 1883), tema
MI processionale e climax
Quasi allegretto MI 77-120 C e climax, poi combinazione di elementi da A, B e
mosso C
… Adagio MI 120-133 Coda: combinazione di elementi da A e C
Il penseroso
Michelangelo Rime 247
Epigramma in risposta a quello scritto in lode della statua della Notte da Giovanni Strozzi.
* con motivo (x) che ritorna dopo la lyric …con effetto di ripresa di motivi della lyric
form… form
Episodio in climax
Indipendente poi a, x’ (vv. 12-13) – LAb bb. Episodio
80-97 Indipendente poi a var., x - MI bb. 54-68
Distensione conclusiva
a –LAb bb. 97-110 Coda, distensione conclusiva
a –MI bb. 68-79
Petrarca Sonetto 123 [RVF 156]
Victor Hugo: Après une lecture de Dante, da Les voix intérieures (1837), XXVII
6 août 1836
Struttura formale
Perchè, oh Dio, che bele cosse Perché, oh Dio, che belle cose
Che gh’ho dito, e che gh’ho fato! che le ho detto e che le ho fatto!
No, mai più tanto beato No, mai più tanto beato
Ai mii zorni no son sta. Ai miei giorni non so star.
Francesco Maria Berio di Salsa: Canzone del Gondoliere, da Otello (atto III)