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corso verso il dramma musicale moderno (Brahms, che non ha con il mondo
antico un rapporto tanto privilegiato, ma che comunque si appoggia par
zialmente su idiomi popolari, adotta una lettura diversa della storia, basata
soprattutto sulla filiazione della propria musica da quella dell'epoca baroc
ca). Una concezione simile è espressa da Webern [1 960] che, nelle sue Con
ferenze del I 92 5 , definisce il « metodo di composizione con dodici suoni» co
me la conseguenza logica dell'evoluzione storica dal Medioevo in poi, e co
me una sintesi tra il pensiero polifonico dei Franco-fiamminghi e il pensiero
axmonico dell'epoca classica: una visione teleologica che s'inserisce in « si
stemi» in modo quasi hegeliano, e che si ritroverà piu tardi in Boulez, sia
per legittimare il serialismo integrale degli anni Cinquanta, sia per giustifi
care, negli anni Settanta, la ricerca di un'estensione strumentale attraverso
i mezzi forniti dall'informatica.
Se la modernità propone una lettura critica del passato in nome di una
particolare visione del futuro - i musicisti riuniti intorno a Wagner e Liszt
si schiereranno sotto il vessillo della Zukun/tsmusik - essa si definisce an
che in rapporto all'interpretazione tradizionalista della storia, e prende for
ma, sul piano sociale, nell'insegnamento e nella progressiva diffusione del
la musica. Le riflessioni sarcastiche di Debussy a proposito dello « stretto
collare della tradizione» (bisogna «scuotere - fa dire a Monsieur Croche -
la vecchia polvere delle tradizioni »), della necessità di «liberare al piu pre
sto la musica dai piccoli sofismi con cui i Conservatori cercano di ingab
biarla » [197 1 , trad. it. p. 1 4], rinviano tutti quanti all'idea di una rottura
con le convenzioni nelle quali la tradizione è sprofondata. Nietzsche aveva
già segnalato il pericolo di un sapere storico che blocca la « forza trasfor
matrice orientata verso l'esterno », e che diventa semplicemente un « sape
re sulla cultura », una « scienza da castori», secondo Debussy, che ha per
esito la dissociazione tra forma e contenuto. Il peso dell' atteggiamento tra
dizionalista nel corso dei secoli XIX e xx costituisce la reazione contraria a
una sete di conoscenza che mette a disposizione del sapere l'insieme del pa
trimonio musicale dell'umanità: insieme variegato di stili, di sistemi di pen
siero, di funzioni sociali della musica, che non si lascia ridurre a un con
cetto unico, e che dovrebbe, in fondo, portare ad una visione di tipo rela
tivista, si trova ricondotta al dominio di una forma falsamente canonica che
le istituzioni musicali impongono nella società. Il confronto con le forme
della tradizione consolidata, svuotate della loro sostanza, alimenta l'idea di
una rottura. I compositori della modernità non rifiutano il passato in quan
to tale, ma si limitano a considerare, in esso, ciò che può essere un fermento
per il presente. Nella sua definizione di modernità, Baudelaire esprime l'esi
genza di «distillare dalla moda ciò che essa può contenere di poetico nella
trama del quotidiano, di estrarre l'eterno dall ' effimero » [1980, trad. it. p .
I 285]. l movimenti d i avanguardia, tuttavia, rivendicheranno questa rot
tura radicalizzando le posizioni della modernità e inscrivendo l' arte all'in-
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con Schopenhauer, che verrà poi citato d a Schonberg); secondo Nietzsche, co
me un'« illusione necessaria» che permette di affrontare la violenza del rea
le. Se la dimensione etica della composizione si esprimeva in altri tempi nei
contenuti morali e religiosi e si appoggiava su competenze rispettosamente
ereditate dalla tradizione - che permetteva un'adesione generale alle forme
artistiche attraverso l'idea del bello - la reinterpretazione dei significati re
ligiosi, spirituali e morali che ricopre un ruolo fondamentale in epoca ro
mantica porta a un'estetica del vero che polverizza le vecchie convenzioni.
La celebre discussione sul Laokoon alla fine del xvm secolo, basata sul pro
blema di definire a partire da quale momento la rappresentazione della sof
ferenza oltrepassa, per la sua bruttezza, i limiti dell'estetica, è ormai am
piamente superata cinquant'anni piu tardi. L'estetica della verità, indis
sociabile dal desiderio di un'espressione autentica che non dev'essere
trasfigurata (quindi tradita) dalla mediazione dell' arte ma pienamente rea
lizzata attraverso di essa, annulla l'estetica del bello. Come Nietzsche [1 964]
commenta nella Nascita della tragedia (opera di cui è bene ricordare la de
dica a Richard Wagner), l'estetica della verità è una porta aperta all'impat
to diretto di sofferenza e contraddizione, le due forme originali « nel cuore
della realtà»; un varco che conduce alla rappresentazione di un grido che si
ascolta la prima volta in Wagner e piu tardi in Schonberg, e che porta all'im
piego di elementi triviali, di materiale corrotto, fino ad allora rifiutato per
il suo aspetto antiestetico e prosaico. Se l'estetica del bello supponeva l'unità
della forma, il controllo dell'espressione e l'equilibrio del tutto con le sue
parti, l'estetica del vero si basa sulla contraddizione, sull'ambivalenza, la
frammentazione, la molteplicità; tutte categorie che la filosofia e la scien
za da una parte, la psicoanalisi dall'altra, metteranno in gioco nel corso del
xx secolo. Ciò che si costituiva nelle opere della modernità come senso all'in
terno del movimento stesso della produzione è riportato, nell'estetica neo
classica, agli immobili schemi formali del passato, seppur deformati. Da una
parte, il senso si costruisce nello svolgersi dell'opera stessa, come fosse un
organismo vivente (e in questo caso la sua forma resta fondamentalmente
aperta a evoluzioni successive); dall' altra, il senso è fissato a priori, sia che
l'opera nel suo sviluppo vi si conformi, sia che lo reinterpreti e lo mostri da
prospettive diverse .
su ciò che è stato tralasciato, su tradizioni musicali non integrate nel « sen
so della storia» e, proprio per questo, trascura limitazioni e regole anche re
centi. Per loro, l'evoluzione intrinseca del materiale musicale, nella sua li
nearità, porta ad un vicolo cieco. Debussy parlerà di W agner come di un
<( tramonto che abbiamo preso per un'aurora» [ 1 97 1 , p. 64]. La modernità
si rinnova allora per mezzo di un'apparente mossa di regressione, ricorren
do a materiali storicizzati e ispirandosi ad arti connesse, ad altre forme di
pensiero, ad altre culture e pratiche artistiche. L'opera va incontro al suo
altro, che nella sua forma sacra originaria e nella sua dimensione religiosa
aveva sempre promesso. Lo stesso vale sul piano puramente sociale. Nella
società borghese, caratterizzata dal confronto-scontro di classe, l'opera mu
sicale "colta" cerca la sua ispirazione nelle tradizioni popolari ancestrali del
le campagne o in quelle piu recenti delle città: forme rifiutate dall' " alta cul
tura" - che si è eretta contro di esse - o integrate nel linguaggio " nobile"
a scapito del loro carattere originario. Questa rottura mette in evidenza le
forme latenti di un passato che l'evoluzione aveva lasciato nell'ombra, apre
un'altra via all'espressione musicale. Le forme arcaiche, gli oggetti ritrova
ti, i materiali realistici, fortemente storicizzati e socializzati, portano in sé
da una parte il movimento del loro emergere, il loro significato e funzione
iniziale, dall'altra la loro inadeguatezza al tempo presente. La tendenza ti
pica del cromatismo, al contrario, è legata all'introspezione espressiva; si rifà
al caos delle pulsioni iqteriori e dà forma, per riprendere l'espressione di
Rimbaud, all'informe . E una musica che tende al contempo verso le origini
e verso il superamento metafisica (di cui troviamo in Webern la migliore rea
lizzazione) . Se il cromatismo si rivolge all'avvenire, pur dando forma a ciò
che sta alle origini, l'impiego di materiale storico include quella parte di me
moria che spezza la compiutezza del presente, esprime i possibili che hanno
mancato la loro realizzazione nella storia.
Comunque si consideri l'eredità del romanticismo musicale, essa appa
re sempre come una forma di non-riconciliazione rispondente all'idea he
geliana secondo cui <do spirito trova la sua verità unicamente nella totale
lacerazione �> [ 1 99 1 , p . 48]. Le citazioni stilistiche in Beethoven (nel movi
mento lento del Quartetto, op. 1 3 2 , o nelle Variazioni Diabelli, ad esempio)
erano già all' epoca significative; se ne ritrova l'eco in Berg, che lavora sem
pre con elementi storicizzati (da cui deriva il suo impiego, all 'interno dello
stesso dodecafonismo, di strutture tonali). Ma l'utilizzo di materiale tri
viale, come certe immagini di un realismo a volte sordido nella poesia di
Baudelaire, rompono le stesse convenzioni dell'espressione musicale stiliz
zata. Esse modificano radicalmente il senso della forma, senso che non è
piu fondato su materiale omogeneo, ma su elementi eterogenei che neces
sitano di altri modi di articolazione e di un legame interno capace di unifi
care il non-unitario. In Mahler e in lves, questo legame può essere costi
tuito sia dalla figura del soggetto, che fugge l'espressione delle forze origi-
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viltà progredita non c'è altro che imitazione) » [1 974, trad. it. p. 66]. Un'in
tera generazione evade il reale, si sposta al di fuori delle convenzioni arti
stiche erose dal decorativismo e dall'accademismo. Segalen comincia nel
1 904 a prendere appunti in vista di un saggio sull'esotismo e lo definisce
un'« estetica e una percezione del Diverso »: il suo potere, dice, « non è al
tro che il potere di concepire altrimenti»: « stabilisco di chiamare " Diver
so" tutto ciò che fino ad ora è stato definito estraneo, inatteso, sorpren
dente, misterioso, amoroso, sovrumano, eroico e perfino divino, tutto ciò
che è Altro » [ I 995, trad. it. pp. 3}, 99].
«Concepire altro » è esattamente ciò che ossessionerà Debussy per tut
ta la vita. Inserendo il diverso e l'esotismo nel cuore del suo pensiero mu
sicale (e nel termine 'esotismo' è da includere la musica spagnoleggiante),
Debussy dà origine a una vera rivoluzione musicale. Il compositore france
se ha ben precisato la sua estetica parlando della musica « senza procedi
menti e senza formule che la inaridiscono » di Musorgskij; un'« arte di un
curioso selvaggio che scopra la musica scopre a ogni passo tracciato dalla
sua emozione; non vi sono in essa», aggiunge,
questioni di forma o, se si vuole, è la molteplicità stessa della forma che impedisce di
stabilire una qualsiasi parentela con le forme stabilite -per cosi dire amministrative.
Un armonioso equilibrio è ott�nuto con brevi ritocchi successivi, collegati da un filo
misterioso e da una lucida chiaroveggenza [ 1 97 1 , p. 3 1].
sica tra le fonti sonore, sia che s i tratti d i un mondo immaginario, d a ciò
che viene dal profondo dell'infanzia, come in Mahler, sia ancora che si trat
ti di una musica che si ispira direttamente a modelli lontani (musiche ara
bo-andaluse o estremo-orientali, Medioevo e Antichità), legata agli spazi
interiori del sogno e dell'immaginario, come avviene in Debussy. Queste
diverse prospettive si realizzano all'interno della scrittura grazie all'artico
lazione di strutture e di forme musicali diverse: gli elementi della tonalità
coabitano con strutture modali, pentatoniche, scale per toni interi o con al
tri elementi estranei ad ogni "sistema" . Le opere si costruiscono nel tempo
dell'ascolto: i temi non formano p!u unità indivisibili, ma si inventano pro
gressivamente sovrapponendosi. E questa l'origine della mania della ripe
tizione letterale di brevi frammenti, rilevata nella musica di Debussy ed
egualmente presente in quella di M ahler. L a forma rinuncia allo sviluppo
tradizionale, a una direzionalità fondata sulle relazioni di causa ed effetto.
Al contrario, essa si struttura attraverso relazioni imprevedibili, come re
spiri o sospensioni che costituiscono momenti di grande intensità espressi
va. Non è il linguaggio musicale che determina le relazioni in modo mec
canico, ma il soggetto stesso, attento alle proprietà intrinseche del mate
riale impiegato. In Debussy, i legami si realizzano tramite respiri, silenzi,
risonanze, opposizioni. In M ahler, i blocchi formali sembrano autonomi, ri
mandano alla forma epica che proviene in parte dal Lied, iscrivendosi nel
lo spirito della Durchfuhrung: essi appaiono spesso come momenti separati
o gradi di una ricerca. In Ives, infine, vi è simultaneità degli elementi in
uno spazio musicale che non è regolato sulla base dell'unità metrica e rit
mica e che mira all'epifania, nel senso joyciano, di una pienezza espressiva
e spirituale attraverso la quale si stabiliscono necessari legami tra elementi
separati o di diversa natura.
Ricorrendo ai modelli forniti dalla natura o da musiche popolari, rurali
o urbane, questi tre compositori privilegiano ciò che è prodotto in modo
istintivo, ciò che proviene da una forza primordiale non ancora dominata a
scapito delle forme rigide e strutturate della tradizione colta. Essi inseguo
no spazi in cui la cultura non ha ancora imposto le sue norme, ma salvano
anche forme espressive destinate a scomparire, elementi non ancora r�zio
nalizzati che sono, secondo Adorno [1 960], «le vittime del progresso ». E at
traverso l'esperienza del negativo che l'espressione coglie l'essenza del rea
le, laddove invece le forme concilianti si fermano al livello della sola appa
renza. Dietro lo spirito della modernità vi è dunque il tentativo di mantenere
una significanza artistica che è anche significanza etica, spirituale e umana,
e che il controllo razionale dell'espressione, attraverso l'accademismo, il tra
dizionalismo e l'industria culturale tende ad eliminare. La posta in gioco in
questa situazione va ben oltre le sole questioni di carattere musicale .
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