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Lingue in Europa e altre lingue indoeuropee

Parentele
1) Si osservano parentele “genealogiche” fra lingue.

p.es. in Europa vi sono


una famiglia indeuropea
e una famiglia ugro-finnica.
Vi rientrano quasi tutte le lingue che oggi formano lo “spazio linguistico” europeo,
detto anche ‘‘territorio’’. I CONFINI DEGLI STATI NON SONO I CONFINI DELLE LINGUE.
2) Lingue – anche molto diverse per genealogia – possono entrare in contatto. In questo
modo lingue anche molto lontane assumono alcuni aspetti simili.

«Lingue» indo-europee – divise in gruppi


• «Spazio» o «area» è un territorio storico di insediamento di un gruppo.
• Spazi linguistici maggiori nell’Europa odierna:
• romanzo: derivazione dal latino parlato ed evoluto in modo diverso in vari territori con
l’influenza del Sacro Romano Impero, generando così le differenti lingue cosiddette
neolatine) > romanice: nella lingua di Roma
• germanico
• slavo
• baltico
• celtico
• greco
• albanese
• Nel Caucaso e in Medio Oriente:
• armeno
• iranico (Medio Oriente, Iran, Afganistan)
• indiano
• osseto: lingua parlata da Stalin, nato nel Caucaso, cresciuto in Georgia e trasferitosi in
Russia

Spazio romanzo
• portoghese (Portogallo, Brasile, Angola, Giambico, Guinea Bissau)
• galego (Galizia, a nord del Portogallo e della Spagna)
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• spagnolo (Spagna, paesi dell’America Latina)
• catalano (Catalogna, Baleari, Comunità Autonoma Valenziana, Alghero, Andorra)
• francese (Francia, Vallonia [Belgio], Svizzera Romanda, Québec, Africa francofona)
• provenzale (o occitano), franco-provenzale > derivante dalla lingua d’Oc
• italiano (Italia, Canton Ticino ecc.)
• sardo (lingua regionale ufficialmente riconosciuta)
• reto-romanzo [romancio del Canton Grigioni, ladino dolomitico [valli di Fassa, Gardena,
Badia ecc.], friulano
• romeno (Romania, Moldavia [moldavo])

L’area linguistica italiana


• Il termine “italiano” indica un’area di parlate situate storicamente:
nella Penisola italiana, in Svizzera (Ticino e zone dei Grigioni), in Corsica, nei centri –
soprattutto urbani - dell’Istria (oggi in forte minoranza).

Altre varietà romanze


• Il termine varietà è usato in linguistica per indicare lingue, modi diversi di usare una lingua
(p.es. varietà regionali come le varietà di italiano settentrionale; varietà gergali, e altro
ancora), «dialetti» intesi come lingue locali dai confini sfumati.

Altri gruppi di lingue indeuropee


Le lingue germaniche settentrionali
• Attualmente parlate sono:
• Islandese
• Svedese
• Danese (Danimarca, Germania settentrionale)
• Feringio (Isole Fœr)
• Norvegese (lingua pluricentrica -> due varietà standard riconosciute: bokmål [=
‘lingua letteraria’: bok = book; mål = lingua] > derivante dal danese/ nynorsk [ny =
new; norsk = norvegese] > derivante dal dialetto
• Le più antiche attestazioni sono in antico nordico (anche: antico islandese) > es. poema
‘‘Edda’’

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Le lingue germaniche orientali
• Sono lingue non più parlate né scritte (si dice «estinte», pensando a una lingua come a un
organismo vivente).
• Di questo gruppo fa parte il gotico, la lingua germanica di più antica attestazione (IV secolo
d.C.).
• In gotico restano pochi documenti; in particolare vi sono parti del Nuovo Testamento, nella
traduzione della Bibbia dal greco fatta dal vescovo Wulfila (IV secolo d.C.).

Le lingue germaniche occidentali


• Sono l’inglese, il tedesco e il neerlandese.
• Sono tre lingue pluricentriche
• ciascuna ha più di una varietà standard
• (per il neerlandese: olandese – Dutch – e fiammingo - Flemish)

Varietà Standard
• Una lingua può avere una o più varietà standard.
• Può essere vista come la verità assunta a «norma». Ad esempio, l’italiano ha una varietà
standard in Italia.
• La varietà standard è modello di riferimento per i parlanti (in genere, per i parlanti con un
grado di istruzione adeguato alle esigenze dello scrivere, del leggere, oltre che del parlare e
del comprendere).
• A volte una lingua ha più di una varietà standard.
• È una lingua pluricentrica. Si è visto il caso delle lingue germaniche occidentali.
• Lingua pluricentrica è anche il serbo-croato.
• Le varietà possono essere standard e non standard.

Varietà standard della lingua inglese e tedesco


• In alcuni di questi stati sono diffuse altre lingue oltre all’inglese, come negli USA che
vengono scelte le lingue in base allo stato e non a livello federale, per cui ad esempio in
Florida e California si parla anche spagnolo.
• Varietà standard del tedesco: germanico, austriaco, svizzero, ecc...

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Le lingue baltiche
• Antico prussiano (estinto nel XVII secolo)
• Lituano (4 milioni di parlanti)
• Lettone (ca. 2,5 milioni di parlanti)

Le lingue slave occidentali


• Le lingue slave occidentali sono:
• il polacco
• il ceco
• lo slovacco
• il serbo-lusaziano (minoranza linguistica nella zona orientale della Germania)
• e altre lingue minori
• Tutte lingue di territori interni all’Unione Europea

Le lingue slave orientali


• Russo (alfabeto cirillico)
• Bielorusso (alfabeto cirillico)
• Ucraino (alfabeto cirillico)
• (lingua minore: il carpato-ruteno (o “rossino”) tra la Slovacchia e l’Ucraina) >
esempio di rossino: Andy Warhol

Le lingue slave meridionali


• Le lingue slave meridionali (iugoslave) sono:
• il bulgaro
• lo sloveno (Slovenia, parti in Italia, parti in Austria)
• il croato-serbo/ serbo-croato > varietà standard: croata (alfabeto latino), serba
(alfabeto cirillico), bosniaca (alfabeto cirillico/latino), montenegrina (alfabeto
cirillico/latino)
• il macedone
• Vi è poi lo slavo ecclesiastico – la lingua della liturgia bizantino-slava. Ha una matrice
prevalentemente antico-bulgara.

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Lingue celtiche insulari
• Gruppo delle lingue gaeliche o gruppo goidelico (a.irl. goidelc):
• Irlandese > Gaeltacht > zona in Irlanda in cui si parla gaelico
• Scozzese > Isole Ebridi > gaelico portato da parlati Celti dell’Irlanda
• Mannese (o manx, estinto nel XX sec.) > Isola di Mann
• Gruppo brittonico:
• Gallese > ancora esistente in Galles
• Bretone > portato dalla Britannia nel XIV secolo alla Bretagna (Francia)
• Cornico (estinto nel XVIII sec.)

L’albanese > varietà: ghego-tosco


• Albania
• Kosovo
• Macedonia
• Grecia
• Italia meridionale (Calabria e Sicilia in seguito alla fuga del XV secolo degli albanesi dagli
Ottomani)

Il greco
• Ha grande rilievo nella storia della cultura e delle scienze in Europa. Una parte
considerevole del lessico ha matrici greche (soprattutto nelle scienze.)
• È attestato in modo continuo da circa 3500 anni.
• Oggi è lingua ufficiale in Grecia e a Cipro.
• Greco: significa casa

L’armeno
• è attestato a partire dal V secolo d.C., nell’Anatolia (parte centro-orientale del territorio
turco), con le traduzioni dei testi sacri della Cristianità.
• Metz Yeghern ‘il grande male’ – genocidio degli armeni (milioni di morti) > non
riconosciuto dalla Turchia (maggior responsabile), mentre la Germania e il Kurdistan
ammettono la loro responsabilità
• Da allora, gli armeni di Turchia sopravvissuti al genocidio vivono sparsi per l'Europa
occidentale - soprattutto in Francia; molti vivono anche in Italia - e per le Americhe.
Peraltro, antiche isole linguistiche armene sono tuttora vive nel Medio Oriente (importanti,
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dal punto di vista religioso e culturale, quelle della Siria e dello Stato di Israele), ma anche
in Polonia e in Romania.
• Nell’odierno Azerbaigian è presente una zona chiamata Nagorno-Karabakh che è un
territorio di lingua armena > perennemente sotto attacco dai turchi ma difesi dai russi e in
parte dagli iraniani

Lingue indo-iraniche
Lingue indiane
- urdu > alfabeto e cultura islamici (Pakistan)
- hindi > alfabeto e cultura indù (India)
- bengalese > Golfo del Bengala e Bangladesh
….. varietà standard della stessa lingua

Lingue iraniche: Alfabeto arabo > musulmani sciiti


- farsi > Persia (Iran)

- dari, pashto > Afganistan

- curdo > Kurdistan, Turchia

- tagico > Tagikistan (al confine con la Cina)

- osseto > Caucaso, Georgia, Russia meridionale > Regione dell’Ossezia > Stalin

Lingue ugro-finniche
• Gruppo finnico:
• balto-finnico (finnico, estone, carelio ecc.)
• saami (endonimo) > esonimo: “lappone” > c. p. artico
• finnico-permiano (lingue minori nella Russia europea, come il mari, il komi, le lingue
dei mordvini e altre) > Perm è una città della Russia
• Gruppo ugro:
• magiaro (ungerese) > Ungheria e Romania (Transilvania e Banato)
• mansi, chanti (<ch> = [x]) > zona degli Urali

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Basco
- Lingua di cui ancora non è nota la provenienza > non ha parentele con nessuna lingua
- Non presenta le caratteristiche di nessuna lingua a noi conosciuta
- Viene parlata nella Comunità Autonoma dei Paesi Baschi nella Spagna settentrionale e in
una zona dei Pirenei al confine tra Francia e Spagna
- È riconosciuta dallo Stato come lingua coufficiale della Spagna, pertanto giova di diritti
come il castigliano stesso ma solamente nella regione basca (ad esempio richiedere di
essere ricevuti o giudicati in lingua basca)
- Il basco è chiamato anche euskera e viene parlato in modo differente a seconda della zona
all’interno del territorio regionale > si è cercato di introdurre l’euskara batua, una lingua
uguale per tutti, ma non ha riscosso molto successo

Maltese (lingua semitica, dall’arabo siculo del IX-X sec.)


Maltese: derivato dalla parlata dell’arabo in Sicilia nel periodo della dominazione dei Mori
NB
• lingue semitiche principali: (viene dal nome Sem)
– arabo (arabo classico e varietà arabe dell’uso comune), amarico e tigrino (lingue
principali dell’Etiopia) > Il ge'ez è lingua liturgica di varie Chiese cristiane in Etiopia
ed Eritrea > meridionale
– ebraico (biblico e ivrit [ufficiale dal 1948]), aramaico (lingua dei profughi rifugiati in
Europa scappati da Iraq e Siria) > settentrionale

Le lingue camitiche
• Questa famiglia camitica comprendeva
• l’egiziano (la lingua delle iscrizioni geroglifiche) e il copto (estinto nel XII secolo); da esso
viene la lingua liturgica della Chiesa copta (in Egitto).
• le lingue berbere (tamazight), diffuse nella regione dell’Atlante (una delle lingue ufficiali in
Marocco e in Algeria; riconosciuta come lingua regionale nella Libia occidentale; anche in
Niger).
• le lingue del gruppo cuscitico, diffuso in Etiopia (lingua oromo) e nel Corno d’Africa (lingua
somala).

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La famiglia delle lingue altaiche
• Comprende:
• lingue turciche. Le principali sono
• il turco e l’azero;
• l’uzbeko, il kazako, il kirghiso e il turkmeno: sono lingue ufficiali di altrettanti stati
(Turchia, Azerbajdžan, Uzbekistan, Kazachstan, Kirgizistan).
• Altre lingue turciche sono il tatáro (Russia, Ucraina e Romania) e il calmucco (in
Russia) e il gagauzo (in Moldavia).
• Il gruppo turco è ben rappresentato in Asia: kazako, kirghizo, turkmeno, uzbeko e
uiguro (qs ultima in Cina), e altre.
Altri rami della famiglia altaica:
• le lingue mongole (nella Mongolia, in Cina e in Siberia),
• le lingue tunguse (nella Siberia orientale e nella Manciuria)

Caratteristiche della lingua


«Lingua»
• A che cosa ci riferiamo quando parliamo di «lingue»?
• Come distinguo tra loro le lingue?
• L’insieme delle «lingue», p.es. quelle romanze, si esaurisce nelle solite cinque-sei lingue –
individuate guardando ai paesi che le dichiarano lingue ufficiali?
• Nella realtà, vi è molto d’altro.
• Consideriamo, per gli aspetti generali, questo tema.
• Cominciamo a parlare di «distanziazione» (differenziazione).

Gradi di distanziazione
• Una comunità di persone dispone di insiemi organizzati di strumenti verbali, da usare per
comunicare.
• Le lingue si distinguono per la fonologia, la grammatica, il lessico…
• Se guardiamo alla situazione dialettale su un territorio, le differenze sono a volte minime;
invece, il confine tra le lingue nazionali è più chiaro.

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Esempio:
• (1) Non so
• (2) Je ne sais pas
• (3) Ich weiß es nicht
• Tra (1) e (2) vi è una certa distanza. La distanza è molto maggiore tra (1), (2) da una parte e
(3) dall’altra.
Esempi con minore distanza, diffusi dall’area veneta alle Alpi occidentali:
• (Mi) no so (veneto)
• So mia (bresciano, bergamasco, cremasco)
• Mi so (pron. [su]) minga (milanese)
• Mi so no (a nord e a ovest del milanese)
• Mi so nen (torinese)
• Mi so pa (variante in aree piemontesi)
• Moi, je sais pas (variante francese colloquiale)

Variazione ulteriore
• Nella stessa area vi sono varie formulazioni, p.es.:
• (veneto)
• mi no so / mi no so mia / no so mia / no so mia, mi / mi no so mia, mi.
• Verso occidente cambia la posizione della negazione:
• è prima del verbo nell’area veneta, è dopo il verbo nelle aree lombarde e piemontesi.
• Forma veneta: no… mia (mia rafforza della negazione, cfr. fr. ne… pas). A occidente di
quest’area, la negazione posposta ricorda la posizione di nicht tedesco. E molte altre
osservazioni sono possibili.

Confini sfumati, parlate «intermedie»


• L’area veneta si distingue da quelle lombarde per molte caratteristiche che si distribuiscono
sul territorio in modo vario: il confine è sfumato, non è netto.
• Ma se teniamo in conto le parlate meno vicine ai confini e collocate negli spazi interni alle
aree così delimitate, è probabile che le differenze emergano più facilmente.
• Le parlate di confine tendono a essere «intermedie» fra quelle al centro della rispettiva
area.
• Distanza strutturale: differenze che caratterizzano una determinata lingua

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Senso di appartenenza
• Riconoscersi all’interno di un gruppo di parlanti la stessa lingua
• Appartenenza a uno Stato-nazione  sentimento di appartenenza alla lingua nazionale,
che influisce sui “dialetti” (o lingue locali).
• Conseguenza:  dialetti di confine, tra loro simili, possono differenziarsi per influsso delle
lingue «nazionali».
• Inoltre, il senso di appartenenza a comunità nazionali differenti incide nella percezione
della lingua altrui.
• Parlate vicine per struttura sono “sentite” come distanti, perché sono viste come «lingue
degli altri».

Lingua e costruzione dell’identità


• Una lingua è più di uno strumento organizzato per fonologia, grammatica e lessico.
• È anche simbolo di identità: in una lingua è reso disponibile un filtro di lettura
dell’esperienza, elaborato all’interno di una comunità nel corso della storia.
• Per questo, una comunità si riconosce nella propria lingua, e così una lingua può diventare
fattore di coesione sociale (cfr. termini come «unità nazionale») e di appartenenze culturali
(cfr. termini come «cultura italiana»).
• Identità plurale: espressioni importate da altre lingue, appartenenza sia allo stato che alla
regione (lingua e dialetto).

Elaborazione
• L’elaborazione è legata:
- all’uso (può svolgere tutte le funzioni sociali di prestigio)
- alla diffusione e al riconoscimento da parte delle istituzioni.
• Una lingua per elaborazione è tendenzialmente una lingua codificata (cioè ha grammatiche
e vocabolari, validati da sedi autorevoli) ed è riconosciuta dalle istituzioni.
• Le più importanti lingue per elaborazione hanno carattere di lingua «nazionale».
• Una lingua «nazionale» è varietà standard di una lingua: è «standard» cioè è la varietà
riconosciuta come norma di riferimento.
• Sostanzialmente la differenza tra lingua e dialetto si trova nell’elaborazione.

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Lingua «tetto»
• Una «lingua per elaborazione» ha anche le carte in regola per dominare altre lingue
presenti in un medesimo spazio territoriale.
• In Italia vi sono molte lingue locali.
• L’italiano rappresenta la “lingua tetto”, che domina le altre lingue, e non è dominata da
alcuna.
• Più precisamente, la varietà standard domina tutte le altre varietà dell’italiano e domina
anche le altre lingue «minori»
• (sulle lingue in Italia v. in seguito).
• Criterio unitario di riferimento per poi poter avere accesso a tutti gli altri usi di una lingua.

Standard e variazione
• Una varietà standard è il modello di riferimento all’interno di una società e nelle istituzioni.
• Varietà: l’insieme organizzato di una determinata realizzazione linguistica tipica di una
zona territoriale specifica > uno strumento di comunicazione verbale (lingua o dialetto) >
nella sociolinguistica bisogna prestare molta attenzione alle variazioni per comprenderne
gli aspetti e gli usi (prestigiosi o umili)
• Negli atti concreti di comunicazione verbale si realizzano espressioni che possono
allontanarsi dallo standard in misura più o meno grande, a seconda di vari fattori, come il
grado d’istruzione, l’ambiente sociale ecc. (su questo, v. in seguito).
• Nella realtà quotidiana, la lingua si manifesta nella variazione.
• Lo standard viene pronunciato da poche persone nelle conversazioni di tutti i giorni > la
varietà standard viene insegnata nei corsi di dizione (attori di teatro)

«Varietà» e variazione: punti di vista diversi


• La lingua si manifesta nella variazione, a seconda dei fattori considerati (luogo, ambiente
sociale, rapporto interpersonale ecc.)
• Dai dati rilevati posso fare astrazione e considerare le caratteristiche comuni ai dati (ciò che
vi è di comune in una gran quantità di espressioni osservate e raccolte nella ricerca sul
campo).
• Queste caratteristiche comuni permettono di delineare una «varietà» di lingua, che è
legata ai dati raccolti in un dato ambito (territorio, gruppo sociale ecc.)
• La «varietà» è un insieme organizzato di caratteristiche generali di una lingua
relativamente a un ambito considerato (p.es. un ambito regionale; un gruppo sociale).

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• La variazione è il modo in cui si manifesta una varietà di lingua in un ambito considerato
(p.es. la variazione regionale, la variazione sociale ecc.). Anche i tratti generici della varietà
possono manifestarsi diversamente, a seconda delle microvariazioni…
• La varietà guarda ai tratti generici; la variazione guarda al continuum dei fenomeni sul
territorio.
• In seguito, terremo conto soprattutto delle caratteristiche generiche di una varietà – lo
studio della (micro)variazione non è considerato oltre. Richiederebbe molte ulteriori
indagini di sociolinguistica empirica.

Varietà, repertorio
• Una lingua si svolge nella storia ed è attrezzata alle mutevoli circostanze in cui è usata.
• Repertorio linguistico: inteso come il complesso delle risorse linguistiche accessibili a una
comunità. (insieme delle varietà)
• Le lingue meno “fortunate”, prive di norma o a bassa intensità normativa, si manifestano in
modo molto vario, sul territorio e nella società. I dialetti d’Italia sono lingue a bassa
intensità normativa, lingue poco standardizzate. Si manifestano nella variazione, senza che
ci sia una norma condivisa e riconosciuta.
• Fino a metà XX secolo in Italia veniva usato il latino per funzioni di un certo prestigio come
quella eucaristica o, nel secolo precedente per le lezioni universitarie > lingua molto
elaborata e ad alta intensità > attualmente sta accadendo qualcosa di simile in alcuni stati
con la lingua inglese, che quindi ottiene ambiti di prestigio in più (soprattutto sulle lingue
germaniche)

Assi di variazione
• Nell’uso comune, quotidiano, soprattutto orale, lo standard deve fare i conti con la
propensione a variare le strutture espressive a seconda di come varia l’assetto
sociocomunicativo.
• La variazione della lingua può essere correlata alla variazione dei fattori della
comunicazione.
• A ciascun fattore (elemento che caratterizza una determinata situazione, ad esempio la
provenienza territoriale del parlante) corrisponde un asse di variazione.
• Lungo questo asse si possono, ad esempio, collocare due espressioni con il medesimo
significato ma varietà differenti caratteristiche di specifiche zone territoriali.

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Asse diamesico
• L’asse diamesico è legato alla variazione del mezzo impiegato:
• mezzo fonico (nel parlato)
• mezzo grafico (nello scritto)
• In generale, un testo orale ha a disposizione strutture assenti nello scritto: le pause, il
ritmo, l’intonazione.
• Lo scritto è fatto per la comunicazione a distanza e per rimanere nel tempo come
documento > «verba volant scripta manent»
• Il testo scritto ha a disposizione una tempistica di produzione altamente superiore a quella
utilizzata della comunicazione orale.
• Nel testo orale spesso non si segue una sintassi corretta e permette espressioni di
autocorrezione di errori commessi, mentre nello scritto semplicemente si cancella
correggendo l’errore in modo immediato e la sintassi svolge un ruolo molto più
importante.
• Il parlato è non pianificato (unplanned)
• Nel parlato è presente l’interlocutore. Il parlato per lo più è «in presenza».
• Lo scritto è fatto per la comunicazione «a distanza».

Asse diatopico
• Il fattore della variazione (diá ‘attraverso’) è il luogo (greco tópos).
• Può riguardare la variazione delle lingue locali (o “dialetti” d’Italia), oppure la variazione
della lingua italiana.
• A) Lingue locali d’Italia:
• In diatopía possono essere riconosciute differenze tra espressioni di luoghi diversi, per
esempio, Tradate e Varese.
• caratteristiche simili: koiné (‘comune’), insieme generico di tratti condivisi dalle varietà
locali di un’area, p.es. il varesotto (territorio tra Gallarate e Varese e Cislago).
• B) Anche l’italiano è interessato dalla variazione diatopica.
• In diatopia è possibile distinguere varietà di italiano regionale. Più genericamente, è
possibile distinguere una varietà di italiano settentrionale da altre varietà di italiano (la
varietà «mediana» dell’Italia centrale, le varietà italiane meridionali, l’italiano di Sicilia, di
Sardegna ecc.). L’italiano settentrionale è poi una varietà generica – vi sono diverse
caratteristiche marcate regionalmente (p.es. la pronuncia dell’italiano del Veneto differisce
da quella dell’italiano di Lombardia ecc.)
• Non è toccato dalla variazione diatopica l’italiano di varietà standard.
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Asse diastratico
• Sull’asse diastratico (dal greco strátos, ‘popolo’) si rilevano differenze di espressione
dovute alla variazione dell’ambiente sociale.
• P.es. si parla di «italiano popolare» (usi tipici di individui semi-colti):
• *persuádere – *venghino – *vadi pure…
• In diastratía è possibile anche riconoscere forme gergali che connotano appartenenza a
gruppi sociali o professionali più o meno delimitati.

Asse diafasico
• Sull’asse diafasico (cfr. gr. phásis come ‘modo di esprimersi’) operano, come fattori della
variazione dello stile e del registro:
• le circostanze sociali che determinano il rapporto fra gli interlocutori:
• Vi sono p.es. differenze tra espressioni a seconda se il rapporto è:
• formale – informale – familiare – intimo …
• In generale, gli stili comunicativi dell’ambiente familiare e informale non si impiegano nelle
situazioni formali.

L’italiano: uso medio o neostandard


Varietà semplificata e più o meno caratterizzata regionalmente dell'italiano standard.
P.es. l’uso di forme come
• e quant’altro (per “e altro ancora”)
• piuttosto che… (per «e», «o anche»)
• assolutamente (cfr. ingl. absolutely) come booster di affermazione (‘sì, certo’).
• L’italiano medio non va confuso con l’italiano popolare (o lingua dei gruppi semi-
colti). Ma non è sempre facile stabilire questo confine.

Altri esempi di neo-standard


• L’auto io la uso poco. (dislocazione a sinistra)
• L’ho mangiata tutta la torta. (dislocazione a destra)
• C’è un cane che è entrato in giardino. (ci “presentativo”: introduce un contenuto rematico
diviso in due fasi X, Y in successione: c’è X che Y
• Andiamo a casa che è tardi. (= ché, ‘dato che’: scelta escluse dalla norma)

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• Erano anni che non andavo più in bicicletta! (semplificazione del relativo)
• A loro / A Maria, non dimenticarti di dargli le chiavi. (gli = m., f., pl.) (ma il toscano usa gli
anche per il femm.sing. e per il pl…)
• (verso l’italiano popolare: A lei gli avevo detto di muoversi.
• (con caratteri ancora più forti di italiano popolare: A lei ci avevo detto di muoversi)

Intersecarsi di variazioni
• Un’espressione può essere posta su più assi di variazione.
• P.es. un’espressione orale (rispetto a una scritta) è più suscettibile di
caratterizzarsi anche sull’asse diatopico. Sai mica se sono già le diéci? - /
[assenza di negazione, pronuncia di dieci con [e] chiusa: tratti della varietà
italiana settentrionale.
• Le varietà si intersecano e a volte si sovrappongono.
• P.es, il dialetto è spesso avvertito come una varietà diafasica “bassa”.
• Può tuttavia avere anche usi informali meno connotati verso il basso – p.es.
l’uso del veneziano in ambienti sociali cittadini «elevati»  ma questo
mostra che…
• un dialetto può avere valenza diastratica: connota l’appartenenza a un gruppo o a
un ambiente sociale più o meno prestigioso.
• A volte, in presenza di uno o più estranei, avviene che gli individui usino la
parlata che li “connota” come appartenenti ad una comunità ristretta (in-
groupness, dinamica che accresce la coesione verso l’interno e l’esclusione
verso l’esterno del gruppo).

Note sulla variazione – usi di italiano settentrionale


• Assenza di uso del passato remoto: italiano regionale settentrionale. È sostituito dal
passato prossimo (Sono arrivato ieri sera) o dal trapassato prossimo (Due anni fa
ero stato in Svezia).
Altri caratteri dell’italiano del Nord:
• Questa cosa qui/qua, quella roba là – questo e quello sono rafforzati da qui/qua,
lì/là.
• Il nome proprio ha l’articolo: la Gina, la Teresina;
• Mica l’ho detto io! / (Non) mi piace niente quello che ha detto … / Hai mica visto
Luigi? / [mica senza la negazione; uso avverbiale di niente],

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• Uso esteso di forme verbali sintagmatiche (verbo + avverbio): metti su il golf. / tira
giù la serranda / far su qualcuno ‘abbindolare’ ecc.

Fonetica
• L’italiano del Nord distingue più nettamente i confini di parole, rispetto all’italiano del
centro. Non c’è raddoppiamento sintattico:
• l’ha detto a me / a te / a lui
• vs.
• l’haddétto ammé / atté / allui).
• Le vocali medio-alte e medio-basse non sempre sono tenute distinte:
• va bène / cento e vènti / piède, viène - uòva ecc.
• A Trento [nz] per [ns]: questa cosa non ha senso ['sènzo].
• il zindaco / il conzenzo / l’inzalata: non sett. (non sett.)
• Sono in quindici [kwuindiʃi]. Che gioia ['ʒoia] (non sett.).

Ordine delle parole e varietà dell’italiano


1a) A Roma andai / ArRoma andai
1b) Andai a Roma
2a) Sono andato arRoma.
2b) Sono andato a Roma
3a) Il libro di fisica tieni?
3b) Hai il libro di fisica?
3c) Il libro di fisica, ce l’hai?
2a) e 3b sono tendenzialmente di uso sett.; 1a) e 3a) di uso merid. 3c) è di uso medio (comune,
non marcato in diatopia).

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Bilinguismo e plurilinguismo in Italia
Lingue minori e regionali
 Lingue minoritarie e regionali si trovano in quasi tutti i Paesi europei.
 Oltre ai dialetti o lingue «locali», in Italia vi sono numerose lingue chiamate «minoritarie» –
 LINGUA MINORITARIA -> lingua parlata da una minoranza
 Lingue minoritarie (ufficiali non dialetti) d’Italia con una varietà standard di riferimento:
 p.es. il tedesco (austriaco) in Tirolo / Alto Adige, il francese in Valle d’Aosta, lo sloveno nella
Venezia Giulia (Trieste); con varietà standard meno stabile (poco accettata): il ladino
dolomitico e il friulano; il sardo.
 Le altre lingue minoritarie riconosciute dalla legge italiana non hanno una varietà standard
di riferimento: catalano (Alghero), occitano (Cuneo), franco-provenzale (Valle d’Aosta);
varietà germaniche (Gressoney, aree in Veneto e Friuli con dialetti bavaresi); sloveno
friulano (valli ai confini con la Slovenia), slavo molisano (piccola comunità in Molise
parlante una lingua simile al croato); albanese (Calabria e Sicilia); grecanico (dialetto greco
in Calabria e Sicilia, origine dovuta alla Magna Grecia, ).
 La «lingua – tetto» per queste è l’italiano.

Bilinguismo o plurilinguismo
• Le lingue minoritarie sono patrimonio di comunità insediate storicamente in un territorio
ridotto all’interno di uno Stato.
• Queste comunità non usano soltanto la rispettiva lingua minoritaria.
• Dispongono di un repertorio (insieme degli elementi linguistici accessibili ad una comunità)
bilingue o plurilingue.
– P.es. le comunità albanesi di Sicilia usano varietà di albanese, varietà «dialettali»
siciliane, varietà di italiano regionale, italiano standard;
– la comunità dei Walser di Gressoney usa varietà dialettali alemanne (dialetto
svizzero e dell’Alsazia), varietà di italiano regionale, tedesco standard, italiano
standard, ma anche franco-provenzale (poco usato perché parlato in altre zone
della Valle d’Aosta) e francese standard

Elaborazione
• Che cosa manca a un «dialetto d’Italia» come il milanese, o il bergamasco o altri? O al
napoletano, al palermitano?
• Manca l’elaborazione (in alcuni casi vi è elaborazione, ma in ogni caso è minore
all’elaborazione dell’italiano – p.es. nel veneziano, o nel napoletano; anche nel milanese)
• L’elaborazione peraltro non è necessaria a una lingua locale (= a un «dialetto» nel senso
abituale), perché i «dialetti d’Italia» esistono nella variazione. Le loro «forme di esistenza»
non richiedono una varietà standard.
17
• Anzi, la varietà standard può essere percepita come estraneo alla comunità, come imposto
dall’alto.
– Cfr. il caso del reto-romanzo, o del friulano, o del sardo: lo standard non è usato, se
non raramente.

«Minoranze» linguistiche  minoranze nazionali


MINORANZA LINGUISTICA -> sul territorio c’è una minoranza, una parte di persone che parlano
una lingua che non è quella ufficiale
MINORANZA NAZIONALE -> gruppo di persone che differiscono in qualsiasi aspetto del luogo/
della nazione non solo dal punto di vista linguistico
• Può esserci tendenza all’elaborazione  può produrre una varietà standard.
• Dalla dilalia si passerebbe al bilinguismo.
• Con effetti politici ( una minoranza nazionale); cfr. il caso del catalano (che è stato
elaborato compiutamente nel secondo ‘900).
• Ma la tutela e promozione della lingua locale non va confusa con la costituzione di una
minoranza nazionale (es. rivolte in Catalogna).
• Altro è una «minoranza» linguistica, altro è una minoranza nazionale.
• La tutela e promozione della lingua locale è un diritto umano; non è un fattore di
rivendicazione politica: ma può diventarlo.

Comunità di lingue minoritarie in Italia


Cinque gruppi indo-europei:
• romanzo: patois, occitano, ladino, francese (Valle d’Aosta [solo franco-provenzale]
e territori del Piemonte); Trentino, Alto Adige, Friuli, Veneto
• germanico: dialetti alemanni (Valle d’Aosta, Piemonte nord-occidentale, Trentino, Veneto,
Alto Adige, Friuli)
• slavo: parlate slave (varietà slovene in Friuli; sloveno in Venezia Giulia; croato in Molise)
• albanese (Sicilia e Calabria)
• greco (Reggio Calabria, Crotone, Messina, Salento)
– Alcune lingue hanno uno standard di riferimento
– Altre sono prive di standard e per questo non sono spesso riconosciute come
lingue.
– Tutte, in qualche misura, sperimentano l’influsso dell’italiano, nelle sue varietà.

18
NB: il tabarchino è una sorta di genovese importato dai genovesi che si erano insediati a Tabarqa
nel medioevo

Bilinguismo sociale
• Questa è una nozione utile, ma forse superata, perché è imprecisa: non tiene conto della
variazione di una lingua.
• B. monocomunitario: più lingue possono essere usate da una comunità senza differenze di
funzione (Lussemburgo)
• B. bicomunitario – vi sono due comunità, e ciascuna usa la rispettiva lingua. Gli individui di
comunità diverse possono commutare la lingua (code switching) quando entrano in
contatto (Provincia Autonoma di Bolzano / Südtirol: italiano - tedesco).

Bilinguismo – diglossia
• Bilinguismo: due o più lingue possono avere tutte le funzioni sociali (tutti gli usi).
• Diglossia: l’uso dell’una o dell’altra lingua è legato agli usi; una lingua è riservata a una serie
di funzioni, un’altra lingua è riservata ad altre funzioni.
Tipici casi in cui vi è diglossia:
• Lingua «alta» (per le funzioni di prestigio, come gli usi pubblici scritti, la comunicazione
istituzionale, l’uso liturgico)  p.es. l’arabo classico; il tedesco scritto nella Svizzera
tedesca…;
• Lingua «bassa» (per gli usi informali, familiari, popolari)  p.es. le varietà locali dell’arabo;
le varietà alemanne in Svizzera) …

«Dilalia» (Berruto 1995)


• È simile alla diglossia.
• È il risultato dell’estensione della lingua «alta» agli usi informali, familiari, popolari.
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• Conseguenza: una lingua ha tutte le funzioni sociali (sia alte sia basse); un’altra lingua ha
funzioni sociali non prestigiose (lingua «bassa»).
• È la situazione tipicamente rappresentata – dal secondo Novecento – dal rapporto fra
italiano e «dialetti d’Italia».
• Scuola, mass media, servizio militare, immigrazione interna  fattori di sviluppo
dell’italiano come lingua «bassa», che si pone in concorrenza con i «dialetti d’Italia».

Distanza strutturale -> caratteristiche che determinano una lingua; differenza tra due
lingue o tra una lingua e dialetto
• 1a (io) non so - Facciamo così
• 1b (mi) so minga – fasemm inscì.
• È possibile attribuire a lingue diverse le strutture impiegate in 1a e in 1b.
Tra il milanese e l’italiano vi è distanza strutturale. Cfr.
Moi je ne sais pas – mi so pà – mi so minga – mi so no – mi no so mia – mi no so…
vi è una distanza strutturale anche tra il francese, il torinese, il milanese, altre varietà lombarde, il
veneto…

Un tratto comune
La distanza strutturale è un tratto comune alle varietà che si trovano in situazioni di:
• bilinguismo (distanza strutturale + sovrapposizione funzionale completa) > lingue usate in
tutti i contesti indistintamente
• diglossia (distanza strutturale + assenza di sovrapposizione funzionale) > lingue usate in
contesti separati (funzioni di prestigio e funzioni comunicative)
• dilalia (distanza strutturale + sovrapposizione funzionale parziale) > lingue usate in tutti i
contesti in alcuni casi (dialetti e lingua italiana)

Dialettia sociale
• Non vi è distanza strutturale tra l’italiano usato nell’area toscana e i dialetti di quest’area,
dovuto al fatto che la varietà standard dell’italiano deriva dal dialetto fiorentino.
– P.es. codesto (distanza corrisponde al dimostrativo intermedio ese in spagnolo) –
olio franto – pane sciocco possono essere italiano o toscano
– Interpetrare (per interpretare), spengere (per spegnere) -> espressioni dialettali
toscane che vengono considerate in italiano come toscanismi
• Si dice che vi sia dialettia sociale quando tra due lingue usate entro una comunità non vi è
distanza strutturale. La lingua bassa non è avvertita diversa da quella alta.

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• A volte la distanza è minima, e non è sufficiente per parlare di dilalia – siamo
ai confini della dialettia sociale: p.es tangentaro (chi è involucrato in affari di
corruzione) -> forme in –aro, con suffisso romanesco; il toscano è in –aio;
così l’italiano
• Sono entrate nell’italiano dell’uso; -aro può sembrare quasi una variante di
–aio nell’italiano informale.

Dialetti d’Italia come lingue minori e l’elaborazione


• I dialetti italiani – o d’Italia – NON sono dialetti dell’italiano.
• Sono lingue locali, lingue minori, lingue legate a comunità territoriali.
• MA non hanno uno standard di riferimento: non hanno un’elaborazione.
• Vuol dire che non sono lingue elaborate a sufficienza per svolgere funzioni sociali di
prestigio: esistono indipendentemente dall’italiano, ma come lingua ufficiale si è imposta
quest’ultima, assumendo una funzione di prestigio a livello letterario e burocratico.
• Peraltro, alcune lingue minori hanno alcune funzioni sociali di prestigio -> il veneziano è
stata (ed è) lingua letteraria, lingua dell’uso burocratico e amministrativo.
• Varie altre lingue minori italiane sono nella posizione del veneziano.

Bilinguismo e plurilinguismo in Europa


Tra i fattori di mantenimento e sviluppo di una lingua sono:
• 1) la coscienza della diversità rispetto alle altre realtà linguistiche territoriali;
• 2) un senso diffuso di appartenenza a una comunità che si riconosce in una base anche
linguistica e culturale
• 3) la volontà di conservare e continuare il patrimonio di lingua e tradizioni, adattandolo ai
cambiamenti

Le lingue regionali di Francia


• Francese ufficiale: lingua della Repubblica (langue de la Répuplique)
• Basco (al confine con la Spagna, verso l’Atlantico)
• Catalano (al confine con la Spagna, verso il Mediterraneo)
• Bretone (Bretagna) > lingua celtica imparentata con il gallese (importata dall’Inghilterra nel
VI secolo d.C.)

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• Alsaziano (Alsazia) > gruppo germanico alemanno
• Fràncone della Lorena (Lorena) > gruppo linguistico presente nel Be-Ne-Lux (Fiandre e
Olanda)
• Fiammingo occidentale (a Dunkirk, fr. Dunquerque) > gruppo germanico
• Còrso (Corsica) > vicino ai dialetti dell’Italia centrale (toscano, laziale e a tratti sardo)
• Franco-provenzale (in Savoia) > confine con la Valle d’Aosta in cui viene parlato il patois
• Occitano (o «provenzale», a sud) > diffuso nei centri rurali nelle regioni dell’Occitania e
della Provenza, con presenze anche in Italia nella zona di confine con il Piemonte (Cuneo)
• Brigasco (Briga e Tenda, Valle del fiume Roya) > al confine con il Piemonte, zona di alta
montagna > culturalmente e architetturalmente genovese (città italiane fino al 1945) >
lingua riconosciuta dallo stato (nella liturgia eucaristica si utilizza)
 Questa divisione delle lingue e minoranze regionali è stata redatta nel 1993, anno in cui il
francese è stato ufficialmente dichiarato lingua della Repubblica

Paesi Bassi
I Paesi Bassi già nel 1998 hanno ratificato la Carta sui diritti delle lingue minoritarie e regionali –
sulla Carta, vedi il cap. 3. Nei Paesi Bassi – oltre al neerlandese – sono riconosciuti:
• Frisone occidentale (westfrysk), nei territori nord-occidentali, soprattutto in Frisia, ha
anche tradizione letteraria.
• Basso-sassone (nedersaksisch), nei territori contigui al confine con la Germania.

Lussemburgo
• Lussemburghese (comunicazione)
• Francese (burocrazia)
• Tedesco (politica)

Belgio
• Francese (in Vallonia)
• Neerlandese/fiammingo (nelle Fiandre)
• Tedesco (in Belgio orientale) > territorio tedesco annesso al Belgio dopo la Prima guerra
mondiale, pertanto ha mantenuto la lingua
• Qui il tedesco standard domina dialetti germanici del gruppo fràncone.
• Be-Ne-Lux, Francia e Germania centrale hanno uno spazio linguistico francone, che
valica i confini degli Stati e costituisce una realtà “transnazionale” anche per culture
e tradizioni. È uno spazio che continua nel territorio francese.

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Il confine tedesco – danese
• Nei territori di confine tra Germania e Danimarca vi sono tre comunità plurilingui:
A seconda della varietà prevalente in ciascuna, sono di solito indicate come:
• Tedesca (in Danimarca meridionale, al confine con la Germania)
• Danese (nella Germania settentrionale, al confine con la Danimarca – qui è riconosciuta
una varietà standard di danese che è in parte diversa da quella della Danimarca) >
riconosciuta dal punto di vista politico, tanto che vi sono dei rappresentanti della
minoranza in Parlamento (situazione simile ai germanofoni della provincia di Bolzano)
• Frisone (nelle isole e lungo le coste settentrionali tedesche sul Mare del Nord) >
riconosciuta dallo stato tedesco > grande attenzione delle realtà composite

Serbo-lusaziano
• In Germania è riconosciuta anche una lingua slava occidentale (usata nel territorio
chiamato storicamente Lusazia):
• il serbo-lusaziano o sórabo.
• (La Lusazia è collocata fra Berlino e Dresda e arriva alla frontiera con la Polonia).
• Il serbo-lusaziano è una lingua pluricentrica, con due varietà standard (in totale, i parlanti
sono tra i 20 e i 40mila circa).
• Presenza linguistica slava nel territorio tedesco > esempi di città con nomi slavi: Pomerania
(litorale), Lipsia (tigli)
• Cottbus e Bautzen > città con forte presenza di serbo-lusaziano
• Religione di riferimento > cristianesimo cattolico

La Finlandia
• Per secoli è stata sotto il dominio svedese, poi (dall’Ottocento) russo e romani.
• A nord vi è una minoranza di lingua saami.
• Lo svedese è tuttora parlato da un 5% di finlandesi, che per lo più sono bilingui.
• Nei territori costieri sul Golfo di Botnia (p.es. nella città di Tampere, in svedese Åbo) è
diffusa un’altra varietà, detta “svedese di Finlandia” (finnlandssvenska).
• I parlanti che vivono nella regione di Helsinki fanno riferimento allo standard che vige in
Svezia.

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• Un caso particolare è poi rappresentato dalle isole Åland (in finnico Ahvenanmaa) – dove
solo lo svedese è riconosciuto come lingua ufficiale (preso come esempio di obiettivo per il
tedesco della provincia di Bolzano)
• Religione di riferimento > cristianesimo luterano

Lingue slave in Estonia, Lettonia, Lituania


• Nuova lega anseatica: alleanza economica e culturale tra questi tre stati, Paesi Bassi,
Danimarca, Finlandia, Svezia e Irlanda, che è una ripresa della lega anseatica medievale che
formava un monopolio commerciale sul Baltico e spiega gli influssi germanici in questi
paesi scandinavi e baltici.
• Fino al 1919 erano sotto il dominio dell’Impero Russo dello Zar.
• Indipendenza solo dal 1919 al 1939, dopo vennero occupate dall’Unione Sovietica, con
forte resistenza (soprattutto in Lituania).
• Fino al 1991, in Estonia e Lettonia la popolazione era tra il 30 al 40 per cento di lingua slava,
a causa delle immigrazioni in epoca sovietica.
• Dopo la riacquistata indipendenza, nel 1991, le autorità politiche hanno stabilito che la
conoscenza della rispettiva lingua nazionale è un requisito per acquistare la cittadinanza.
• I russofoni privi competenze linguistiche richieste non hanno avuto la cittadinanza del
Paese (estone o lettone). In Estonia, la lingua russa è tuttora discriminata.
• Minori difficoltà in Lituania (ma la popolazione di sola lingua russa è solo circa il sei per
cento) che ha dato la cittadinanza a chi risiedesse nel Paese da almeno due anni (a partire
dal 1991).
• Vi è in Lituania anche una comunità di lingua polacca (ca. il sei per cento della
popolazione), per lo più nella regione di Vilnius.

Il ruteno tra Bielorussia, Polonia e Ucraina


• Costituisce lo spazio occidentale dell’area slavo-orientale. In epoca moderna, il ruteno (o
«russo-occidentale») aveva uso pubblico come lingua delle cancellerie nel Granducato di
Lituania fino alla fine del XVI secolo, quando fu soppiantato dal polacco.
• Dallo spazio ruteno sono emerse in epoca moderna gli standard bielorusso e ucraino.
• Negli usi informali, soprattutto nei contesti rurali, vi è poi la tendenza ad amalgamare le
lingue slave disponibili: il prodotto è chiamato trasjanka se vi si riconoscono espressioni
russe e bielorusse; è detto suržik se interagiscono forme russe e ucraine.

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Il rossino e il lemco
• Altra varietà dell’area rutena è il rossino (alfabeto cirillico), la cui sede è nella regione
carpatica divisa tra le odierne Ucraína, Slovacchia e Polonia.
• Insediamenti rossini (di epoca austro-ungarica) ci sono in Vojvodina (Serbia del
nord), dove si trovano, come lingue minoritarie, pure il magiaro e lo slovacco. E
tutte sono riconosciute come lingue locali.
• Vicino al rossino è il lemco, la cui sede storica è nei territori dei Carpazi agli attuali confini
tra Polonia e Slovacchia.
• Il rossino e il lemco sono, come l’ucraino e il bielorusso, sviluppi del continuum linguistico
ruteno, che è frapposto agli spazi polacco – a ovest – e russo a oriente.
• Della comunità di lingua rossina, molti sono emigrati in America, tra cui il padre di Andy
Warhol, massimo esponente della pop art

Le minoranze nella Polonia


• In Polonia sono riconosciute come «minoranze nazionali» le comunità (sul territorio da
almeno un secolo) che hanno lingua, cultura e tradizioni in comune con una nazionalità di
uno Stato sovrano fuori della Polonia.

• Sono circa il tre per cento della popolazione: circa 150 mila tedeschi (Slesia, Pomerania,
Prussia orientale), 50 mila bielorussi (regione di Byałystok – in bielorusso e russo Belastók),
30 mila ucraini e alcune migliaia di russi, lituani, slovacchi, ebrei, armeni e cechi.

• Sono riconosciute come «minoranze etniche» i Rom e Sinti,


come pure i Lemchi e i Tatari.

• È poi riconosciuta la minoranza regionale


dei Casciubi (v. cartina sopra).

Lingua non comporta «nazionalità»


• La diffusione di queste lingue sembra essere molto maggiore rispetto ai numeri del
censimento; per esempio:
• si stima che il casciubo sia parlato da oltre 200 mila persone, ma solo cinquemila hanno
dichiarato di appartenere alla minoranza casciuba.
• Questo significa che gran parte è bilingue e privilegia l’appartenenza alla nazione polacca.

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L’Austria: tracce di ungherese, croato, sloveno
• Nel Burgenland, che confina con l’Ungheria, vi è una comunità di lingua magiara.
• Vi si trova anche un nucleo di gradisćano,
o “croato del Burgenland”.
• In Carinzia, ai confini con il Friuli, vi è una presenza secolare di parlate slovene.

Radici ebraiche nello spazio europeo


1. il «ladino» sefardita («giudeo-spagnolo»):
• È il nome della lingua degli Ebrei Sefarditi (esuli da Spagna dalla fine del Quattrocento; nel
Cinquecento anche dal Portogallo);
• Mantiene caratteristiche dello spagnolo e del portoghese di secoli fa. Era diffuso in molti
Paesi del Mediterraneo – soprattutto nell’impero Ottomano (coste dell’Africa, Egitto,
Turchia, Grecia, Bulgaria…), ma anche in Italia (soprattutto a Livorno, e a Venezia).
• Per lo più in disuso da metà del Novecento.

2. lo yiddish degli Ebrei ashkenaziti:


• Si formò nel medio evo nelle comunità ebraiche insediate lungo il fiume Reno (tra la Lorena
e la Germania).
• Gli ebrei ashkenaziti usarono, nella vita quotidiana, parlate dell’area tedesca renana.
Furono usate per secoli, all’interno delle comunità ebraiche nell’Europa a oriente della
Germania (soprattutto in Polonia, Lituania, Russia, Ungheria).
• Per lo più in disuso da metà del Novecento.

Contatti linguistici
Interferenza
• Vi è interferenza quando i parlanti – o gli scriventi – inseriscono nel testo un’espressione di
un’altra lingua. P. es

• Se questa espressione entra nell’uso, quell’interferenza produce un fenomeno di contatto.


• P.es. rating ; outlook
• Nel linguaggio dell’economia è diffuso.

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Contatto
• Un contatto è il risultato di un’interferenza: una lingua A dà il modello per una replica in
una lingua B.
• La replica è una «imitazione», è il modo in cui nella lingua B si «riproduce» il modello che si
trova nella lingua A.
• L’uso di rating o di outlook da parte di chi parla / scrive italiano come prima lingua
(«madrelingua») ha certe caratteristiche – p.es. il genere grammaticale maschile (in
inglese sarebbe senza genere e si userebbe il pronome it),

• la pronuncia «italianizzata» (p.es. [‘rétingə]) riproduce il modello inglese


riorganizzandola secondo i canoni che la lingua di arrivo prevede

Tipi principali di contatti


La ripresa del modello può avvenire come
• un prestito (i casi precedenti sono prestiti: vi è imitazione del suono e del senso del
modello inglese)
nel modello a) vi è l’imitazione del suono o della grafia (o entrambe) e b) vi è un uso
particolare di un’espressione di altra lingua: in it.: chat, shampoo…
• un calco che può essere:
• calco strutturale - è imitata la costruzione del modello:
• skyscraper : grattacielo; imitazione ben nascosta, nella replica la costruzione è
trasposta e «integrata» con il lessico della lingua d’arrivo), in linguistica questo
processo è anche definito loan translation
• calco semantico - si riprende un senso del modello:
• scaricare (file) su modello dell’inglese (to) download (data files). Una parola già
esistente nella lingua d’arrivo amplia la base semantica per influsso del modello
della lingua di partenza, in linguistica questo processo è anche definito semantic
loan
• altri esempi:
- attitudine > in italiano ha il significato di predisposizione, ma dall’influsso
inglese attitude, ha preso anche il senso di atteggiamento
- realizzare > in italiano ha il significato di creare, ma dall’influsso inglese
realise, ha preso anche il senso di rendersi conto
- souris (fr) / ratón (es) > in francese e spagnolo ha il significato di topo, ma
dall’influsso inglese mouse, ha preso anche il senso di mouse (del computer)

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in italiano invece per questa parola è stato adottato un prestito linguistico
riprendendola direttamente in lingua inglese

Prestiti
Contatto o distanza
• Prestito a contatto (in presenza del parlante della lingua A): è imitata la pronuncia, ma non
la grafia. I prestiti di epoche anteriori all’Otto e Novecento sono per lo più prestiti a
contatto.
• Poi nella lingua di arrivo (lingua B) la parola è scritta riproducendo nella grafia la pronuncia
della replica nella lingua B. – p.es. lanzichenecco dal ted. Landsknecht –. Per questo, il
prestito è spesso irriconoscibile.
• Prestito a distanza: si basa sulla lingua scritta. È imitata la grafia, ma non sempre è imitata
la pronuncia: bus, shampoo (cfr. <oo> come [o:]), sport (solo senso di attività fisica, non
divertimento o passatempo, tranne quando si dice “fare qualcosa per sport”), water, wafer
ecc.
• Di solito i prestiti odierni sono sia a contatto sia a distanza.

I prestiti in inglese
• sky, take (dall’antico nordico) ecc. > il suono [sk] è stato introdotto dalle civiltà nordiche >
anticamnte vi era la parola germanica “himil” (“himmel” in tedesco), ma con l’arrivo dei
vichinghi è stata sostituita con “sky”
• change, joy (dal francese medievale) > <ch> in francese è fricativa (chérie), mentre in
inglese è affricata (chance)
• slogan (antico slogorn, dal gaelico di Scozia sluagh-ghairm, ‘battaglia-grido’)
• potato, tomato (da lingue caraibiche),
• sherry (dallo spagnolo, la città Jerez);
• ratio (dal latino) – cfr. price-performance ratio > significa ragione, ma anche si usa con
l’accezione di logica o calcolo
• pasta (dall’italiano)
• coffee (dall’it. caffè, che è dal turco kahve, che è dall’arabo qahwa)
• budget < francese antico bougette, ‘sacchetto’
• nelle varietà di francese antico <g> era ancora affricata (prima della metà del XIII
secolo); bougette è legato all’italiano bolgia, bolgetta.
• tennis < afr. tenes (con [s], un termine della pallacorda);
• pedigree < pe de gru (piede della gru, immagine dell’albero genealogico)
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• clan < gaelico scozzese clánn < latino planta (senso di ramificazione)
• cheap < antico inglese ċeap < lat. caupo
Esempi di prestiti a contatto in epoche antiche (alto Medio Evo)
• (via) strata “strada pavimentata”  antico ingl. strēt > street
(strata > neerl.mod. straat ; strata > a.a.ted.strazza > Straße).
• lat. caupo ‘oste’ (cauponari ‘mercanteggiare’, oste di un negozio/osteria con cui gli
avventori devono negoziare il prezzo)
> a.a.ted. koufo > Kauf;
> antico ingl. ċeap > cheap;
> russo kupit’.
• gr. diskos > lat. discus
> a.a.ted. tisc > ted. Tisch
> a.ingl. disċ > dish

“chiesa”
• gr. kyriaké
> a.ingl. ċiriċe > church ;
anche: ted.Kirche, russo cerkov’
• gr. (kyriaké) ekklesía > lat. ecclesia (domini)
> it. chiesa, fr. église, sp. Iglesia
• gr. basiliké > lat./it. basilica
> rumeno biserica, lituano bažnyčia, lett. Baznīca

“assets”
• 1530s, “patrimonio sufficiente” (per soddisfare un debito), da forme anglo-francesi (lingua
dei Normanni) assetz, asetz ‘quanto basta’, dal francese assez ‘sufficienza, compensazione
(dei debiti)’, uso particolare dell’avverbio che significava ‘abbastanza’ – dal latino parlato
*ad satis “a sufficienza"
• "sufficient estate" (to satisfy debts and legacies)  "property" especially "any property
that theoretically can be converted to ready money" (1580)

“liable”

• mid-15c., "bound or obliged by law," probably from Anglo-French *liable, from Old French
lier "to bind, tie up, fasten, tether; bind by obligation" (12c.).

• liability

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• 1790, originally a term in law; "condition of being legally liable" (the sense in limited
liability). General sense is from 1809; meaning "thing for which one is liable" is first
attested 1842.

Differenza tra “liability” e “responsibility”

• liability è un termine usato nell’inglese legale. È un’obbligazione legale, p.es. in He denied


any liability for the damage (Ha negato ogni responsabilità per il danno).

• To be liable for something: to be legally responsible for something, e.g.: He


lost his case and was found liable for damages (‘ha perso la causa ed è stato
ritenuto responsabile per i danni’.)

• Cfr. LLP Limited Liability Partnership (società di persone a responsabilità limitata – non
equivale a Srl)

“The plural liabilities is used in the balance sheet of an enterprise with a meaning that is different
from, but is related with that considered above” (= passività)

Integrazione e acclimatamento
• “acclimatamento” (fattore sociale: accettazione e diffusione nella comunità dei parlanti) >
senza l’accettazione di un numero elevato di parlanti, il prestito non si diffonde

• “integrazione” (fattore strutturale: adattamento alle tendenze organizzative della lingua


d’arrivo) > la lingua di arrivo impone le proprie condizioni nell’organizzazione
dell’integrazione di questo prestito

• Quanto maggiore è il grado di acclimatamento, tanto maggiore è la stabilità del prestito nel
vocabolario della lingua di arrivo.

Gradi di integrazione dei prestiti (fonetica e grafia)

• A volte è riconoscibile la matrice – e l’integrazione non è elevata: p.es. garage, beige (dal
francese); ticket, download ecc.; rus. galstuk (< ted.sett. Halsstuk); ceco žiletka (< Gilette).

• L’integrazione può essere elevata e la matrice del prestito può non essere più riconoscibile:

• p.es. bishop, in antico inglese biscop, è dal lat. episcopu(m) (da cui vescovo), che è
dal greco epískopos ‘colui che veglia (sulla comunità)’;

• gr. kyriaké ‘del Signore’ > a.ingl. cirice > church (cfr. anche ted. Kirche, neerl. kerk;
russo cerkov’ ecc.)

• gr. (kyriaké) ekklesía > lat. ecclesia (domini) > it. chiesa, fr. église, sp. iglesia.

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In russo vokzal ‘stazione’ (da Vauxhall), karandaš (da Caran d’Ache) derivano da nomi propri >
antonomasia > in italiano ad esempio: biro (Biro è l’inventore della penna con inchiostro integrato,
quindi opposta al calamaio)

Integrazione: nota sull’italiano

• Le forme recepite come verbi dall’inglese ricevono in italiano le desinenze della


coniugazione in -are, che è quella più produttiva: basti l’esempio di chattare da [to] chat o
di taggare da [to] tag.

• Gli aggettivi invece possono non avere né genere né numero, li prendono dal nome a cui
sono riferiti: soft («una decisione soft» in www.tuttojuve.com, 16.12.2009) light (un pranzo
light, una cena light)

• I nomi invece devono avere genere e numero. La scelta può essere basata

• sulla morfologia dell’italiano (p.es. ingl. -tion > it. femm.: la stock option) >
femminile perché si associa alla parola opzione.

• sulla presenza in italiano di una parola vicina per il senso; p.es. budget è maschile
per via di bilancio; holding è femminile per società.

• It. la star (cfr la stella), lo show (cfr. lo spettacolo), ma ted. der Star (cfr. der Stern),
die Show (cfr. die Schau).

Calchi strutturali
Nella storia delle lingue europee

• Parole molto «difficili» sono in realtà semplici calchi strutturali dal latino o dal greco.
Questo è importante soprattutto per il tedesco e il russo. Molti calchi strutturali hanno la
forma «prefisso + radice»:

• Prima lingua a fare calchi strutturali è stata il latino, nata per un popolo di contadini, si è
ispirata alla lingua della classicità per raffinarsi

• Gr. peristasis (peri + stasis) > lat. circumstantia (circum + stantia)

 in francese vi è un calco strutturale diventando circumstance, che


successivamente è diventato un prestito per l’inglese (con pronuncia
anglicizzata)

• cfr. anche ted.mod. Umstand (sul latino); russo obstojatel’stvo (sul greco)

• gr. ekdidonai (ek + didonai) > lat. edere (da ē + dare) ‘pubblicare’, ‘curare la pubblicazione’
> termine nato con l’invenzione della stampa di Gutenberg

• cfr.ingl.mod. editor (da cui il derivato to edit – con retroformazione)

• editore (publisher) ≠ editor (curatore) > falsi amici

31
• ted. ausgeben / Ausgabe (< editio); russo izdavat’ / izdat’ / izdanie

• gr.sympátheia > lat.compassio > ant.franc. compassioun > ingl. compassion*


cfr. ted Mitleid (sul latino compassio), russo sostradanie (sul greco).

*sympathy = calco strutturale dal greco / compassion = prestito dal francese

Calchi strutturali recenti in italiano

• fuorilegge < ingl. outlaw;

• altoparlante < loudspeaker;

• tavola rotonda < round-table;

• lavaggio del cervello < brainwashing

• fuoco amico < friendly fire

• (muovere in) territorio positivo / negativo < (to push into) positive / negative territory

Calchi semantici recenti


• corner > angolo

• (ma anche calco strutturale: corner kick > calcio d’angolo)

• summit > vertice

• (ma anche calco strutturale: summit conference / meeting > conferenza al vertice o
alla vetta / incontro al vertice)

• goal > rete/obiettivo

• star > stella

• class > classe “eleganza” (avere classe)

• toro, orso (in Borsa < bull, bear market)

Interazioni di culture
• Una cultura è un complesso di elementi filtrati e rielaborati all’interno di pratiche
comunicative organizzate linguisticamente.
• Nelle lingue d’Europa si riconoscono esiti di contatti tra lingue e varietà di lingue anche
molto diverse per struttura e genealogia.
• Consideriamo, a titolo d’esempio, l’influsso arabo sulle lingue romanze e, in particolare,
sulle varietà d’italiano.

32
Influssi dell’arabo – alcuni esempi
• zero: dal latino medievale zephirum, che viene dall’arabo sifr, che discendeva dal sanscrito
sunya ‘vuoto, deserto, nulla’.
• Quest’ultimo senso si trova anche in it. nulla da cui è uscito il prestito Null del
tedesco.
• sifr  cifra .
• Dapprima nel senso di ‘zero’, poi di ‘qualsiasi cifra’.
• Nell’it. e nel franc. indica anche un modo di scrittura segreto (codice, messaggio cifrato).
“alcol”
• “alcol”: dall’arabo di Spagna al kúhul –
indicava una polvere finissima, usata in cosmetica, poi elemento essenziale per gli
esperimenti degli alchimisti.
• Paracelso (inizi del Cinquecento – usava il latino, come lingua erudita) chiama alcohol vini
lo “spirito” di vino. Entra poi in francese ed è ripreso in italiano – nelle forme alcol o alcool.
• La sillaba iniziale al è la traccia dell’antico articolo arabo. Si trova in molti altri arabismi (che
in parte ci sono arrivati attraverso lo spagnolo).
“alchimia, chimica”
• alchimia: risale ad al kimija, che indicava la pietra filosofale.
• Da questa espressione deriva it. alchemico
• La versione francese sviluppa la forma chimique.
• La forma francese è ripresa nelle voci italiane chimico e chimica.
“albicocca” – esito di molti contatti
Albicocca: viene da al-birquq.
• Ma la voce araba viene dalla forma greca medievale berikokkia
• La forma greca medievale viene dal latino praecoquum ‘precoce’.
• In italiano vi sono le parole percoca e percoco (da praecoquum!). In italiano indica una
varietà di pesco che produce frutti precoci.
• La radice di praecoquum è quella di praecox, che in italiano è diventato l’aggettivo precoce.
• Il senso originario di albicocca è ‘frutto precoce’ (ma non è una percoca!).
“alcali”
• Alcali rimanda ad al-qali, che significa “potassa”
• Un derivato importante è alcalino, che è il contrario di acido.
33
• potassa s. f. – In chimica, denominazione comune del carbonato di potassio, polvere bianca
largamente usata nell’industria vetraria, in saponeria, nella preparazione di smalti ceramici
e di agenti tannati. P. caustica (o semplicem. potassa), idrato o idrossido di potassio, massa
bianca deliquescente, base forte, caustico energico, usata in saponeria, nell’industria
tessile, in galvanoplastica.
“algebra, algoritmo”
• algebra: introdotta da Leonardo Fibonacci, nel “Liber abbaci” (1202). La parola risale
all’arabo ilm al giabr, cioè ‘scienza delle riduzioni’
• algoritmo ‘calcolo’:
• variante definitiva della voce algorismo, erede del latino medievale alchorismus. Da
ricollegare al nome del matematico arabo Al-Huwarizmi, «cioè nativo di Huwarizm regione
dell’Asia» (Giovanni Battista Pellegrini).

“Il re è morto” – shah mat


• di scacchi gli arabi erano esperti: lo avevano imparato dagli antichi Persiani  scacco
contiene infatti la stessa radice di Shah, che in persiano equivale a ‘imperatore’.
• Shah mat ‘il re è morto’  it. scacco matto.
• Shah mat  in russo šachmaty ‚scacchi‘.
• Uno dei pezzi del gioco regale si chiamava, in arabo, al fil, cioè ‘l’elefante’. In epoca
moderna, tra spagnolo e italiano, fu confuso con la voce araba al faris, che vuol dire “il
cavaliere”, ‘l’alfiere’. In spagnolo diventò alferez. In italiano, la voce entra dallo spagnolo e
diventa alfiere.
L’arabo come lingua mediatrice
• Gli esempi citati mostrano che molti prestiti sono indiretti, cioè attraversano più lingue
prima di giungere nella lingua considerata.
• Le lingue mediatrici sono centri di elaborazione di culture.
• L’arabo è un esempio di lingua mediatrice. È il tramite per il contatto linguistico fra le
lingue del mondo indiano e persiano e le lingue d’Europa.

34
Lingue e categorizzazione
Categorizzazione
 “classificare secondo categorie” -> “categoria” denota un modo di essere, una qualità di
un oggetto o individuo
 Significa riconoscere una caratteristica di oggetti, eventi, ecc.
 Una lingua (varietà di lingua) è anche strumento per categorizzare l’esperienza.
 Due aspetti della lingua rivelati dalla categorizzazione:
- Differenze obbligatorie
- Motivazione

DIFFERENZE OBBLIGATORIE (pertinenza semiotica)


 Sensi differenti possono manifestarsi due espressioni diverse
Esempio:
 “Sicurezza” può avere più sensi:
- “condizione di incolumità fisica e di protezione della salute”: in cinture di sicurezza
la parola cintura disambigua sicurezza > eng. SAFETY
- “condizione in cui c’è tutela dell’ordine pubblico, degli edifici. Delle infrastrutture”:
sicurezza aeroportuale (l’aggettivo aiuta a togliere l’ambiguità) > eng. SECURITY
 A volte il senso usato non è subito chiaro.
- Misure di sicurezza, l’espressione non toglie ambiguità dell’espressione
 È possibile giudicare “tollerabile” un rischio stimato elevato, è per il quale si
mettono in atto misure di sicurezza di particolare rilievo

Contrapposizione italiano – inglese


 Sicurezza: safety (fisica) & security (tutela)
 Tempo: time (dimensione temporale) & weather (meteo)
 Sentire: feel (sentimento) & hear (udito)
 Nipote: grand-son/daughter (di nonni) & nephew/niece (degli zii)

Differenza semantica e semiotica


 Se uso espressioni diverse per sensi diversi, la differenza semantica è anche «semiotica»:
cioè non vi è solo differenza di senso, ma anche differenza di espressione.

 Si può dire che la differenza semantica è pertinente per una data lingua, perché questa
lingua tiene distinti sensi diversi con espressioni diverse.

 La differenza è pertinente per una data lingua, perché è registrata nel repertorio dei mezzi
espressivi, è «obbligatoria» (non posso usare safety al posto di security in inglese).

35
 Quando a sensi diversi (differenza semantica) corrispondono espressioni diverse si dice che
vi è «pertinenza semiotica» (in cui sensi diversi sono indicati da espressioni diverse).

 A volte, se non c’è differenza semiotica (= di espressioni) può essere difficile comprendere
una differenza semantica: la differenza tra i due sensi di sicurezza per un parlante italiano
non è facile da cogliere.
- Esempio:
 “Non ho tempo” (periodo cronologico)
 “Il tempo è brutto” (condizioni metereologiche)
ES: El tiempo > non c’è differenza
FR: Le temps > non c’è differenza
 LE LINGUE ROMANZE HANNO QUESTA PAROLA PASSEPARTOUT
In altre lingue, questa differenza è obbligatoria
Time – Weather / Zeit - Wetter
- Esempio:
 emettere un assegno, to issue a check, émettre un chéque, emitir un cheque
 emettere un’obbligazione, to issue aa obbligation, émettre un obbligation,
emitir un cheque obligación
In altre lingue, questa differenza è obbligatoria

 Attenzione: spesso una differenza semiotica è solo apparentemente simile a quella di


un’altra lingua
- Esempio:
 Opposizione “Presente: Passato Prossimo” e “Present: Present Perfect”
 Es. “è la prima volta che” > presente
 Es. “it’s the first time” > present perfect

- Esempio:
 MOLTO
Lavora molto (avv. su verbo) > fr. beaucoup, en. a lot, es. mucho
Molto bene (avv. su avv.) > fr. très, en. very, es. muy
Molto rari (avv. su agg.) > fr. très, en. very, es. muy
Molto più ricco (compar.) > fr. beaucoup plus riche que, en. much
richer than, es. mucho más rico
Molti libri (agg. su sost.) > fr. beaucoup de, en. a lot of, es. Muchos
 AVERE
In georgiano si distingue l’avere una relazione dal possedere un
oggetto

36
 Nota conclusiva:
- Nell’apprendimento dell’altra lingua, emerge un duplice compito: si devono
riconoscere e comprendere le differenze semantiche, ma, allo stesso tempo,
bisogna anche apprendere le differenze semiotiche.
- Le differenze semiotiche sono obbligatorie, cioè sono imposte dal sistema. Invece,
le differenze che non hanno pertinenza semiotica non sono obbligatorie, cioè
possono emergere nei testi se vi sono parlanti che fanno uso in modo consapevole.
- La familiarità con un’altra lingua può mostrare differenze nella realtà che la propria
lingua non ritiene pertinenti e non distingue “a parole”.

MOTIVAZIONE -> dare luogo a espressioni dalla struttura “trasparente”, ossia motivata da
un aspetto dell’esperienza

“Trasparenza” della forma linguistica


 Molte espressioni sono “trasparenti”: se ne riconoscono le parti e si comprende il legame
tra queste. Es. “cacciavite” è un oggetto per “cacciare” (spingere, infilare) la vite

 Da una lingua all’altra può cambiare la motivazione, cioè il modo in cui si «legge» un
aspetto della realtà. Per es.:

 It. ferro di cavallo

 inglese horse shoe ‘scarpa per cavalli’

 tedesco Hufeisen ‘ferro [Eisen] dello zoccolo [Huf]’

 Russo podkova (da pod ‘sotto’ e kovat’ ‘forgiare’)

 I numeri:
- Le strutture dei sistemi di numerazione sono costituite culturalmente:
- nelle lingue europee la base è solitamente un criterio decimale (ottanta <
octoginta ‘otto volte dieci’).
- Ma è noto il caso di forme come fr. quatre-vingt ‘quattro volte venti’: è un’eredità
della numerazione secondo il sistema celtico, che era vigesimale (basata sul numero
20).
- Analogo sistema è presente in modo stabile e completo in georgiano:
oc'i ‘venti’
ormoc'i ‘due volte venti’ = ‘quaranta’, cioè ‘quattro volte dieci’;
otxmoc’i è simile a quatre-vingt …
 La rata voloira:
- A volte, lingue lontane e prive di contatti presentano strutture omologhe, ossia
dotate di una motivazione simile.
- ted. Fledermaus
piemontese rata voloira:
‘topo’ che svolazza.
- Cfr. fr. chauve-souris.

37
- it. pipistrello < lat. vespertilio ‘(animale) notturno’;
it.ant. vispistrello > it. pipistrello
sorta dopo che la motivazione si era perduta.

“Trasparenza” in diacronia
 Rendere trasparente la parola analizzando la sua storia e il suo passato, vedendo così le sue
modifiche nel corso del tempo.
 L’assenza di trasparenza in sincronia non comporta la totale arbitrarietà in diacronia.
 Patata: parola opaca poiché non si vede la propria motivazione
- In altre lingue: fr. pomme de terre, ted. Erdapfel (“mela della terra”)
- it. tarfufolo > ted. Kartoffel (“frutto della terra”, come il tartufo)
 P.es. whisky è dal gaelico scozzese uisge beatha (da < aqua vitae latino).
Ma da aqua vitae viene anche il polacco wódka (diminutivo di woda ‘acqua’) (in origine era
una acquavite) che poi è ripreso in russo da водка [trasl. <vodka>] (diminutivo di водá
<vodá>).

Metonimie nascoste
• Metonimia: una parola «passa» da un elemento a un altro nello stesso ambito (p.es. dal
contenitore al contenuto: bere un bicchiere…; dall’autore che scrive all’opera scritta:
leggere Dante; ecc.)
• A volte, un confronto etimologico tra lingue imparentate fa emergere nessi culturali ormai
opachi all’interno di lessemi semplici. P.es.
• ingl. town ‘città’, neerl. tuin ‘giardino’ e ted. Zaun ‘recinto, siepe’. > stessa radice
germanica, medesima origine semantica, concetto «dell’interno di qualcosa»
• rus. górod ‘fortezza, città fortificata’ (Burg tedesca) e quindi ‘città’, ma in origine ‘recinto’;
cfr. gorodít’ ‘cingere’, ogorodít’ ‘recingere’, ogoród ‘orto’ e ogoródnik è ‘ortolano’

Trasparenza dei toponimi -> nome geografico di un luogo


• La relazione fra Burg ‘fortezza, città fortificata’ e gorod è culturale: si tratta, probabilmente,
di un calco semantico dalle lingue germaniche in quelle slave. Si imita il senso della parola e
si riprende l’elemento della cultura «altra».
• Vi è trasparenza in molti toponimi e la loro traduzione è facile perché gli equivalenti si
trovano in molte lingue: per es. Novgorod ‘Borgonuovo’, Nižnij Novgorod ‘Borgonuovo
Inferiore’.
• I toponimi rivelano elementi culturali condivisi: l’esperienza comune rende permeabili i
confini linguistici.

38
 Lessico cristiano:
- Il lessico cristiano offre numerosi esempi di come lingue diverse accolgano e
condividano i medesimi istituti culturali, dando loro nomi in parte simili, in parte
diversi, a seconda della motivazione del modello di partenza.
- chiesa, iglesia, église < ecclesia (Domini).
- church, ol. kerk, ted. Kirche < kyriaké (ecclesia Domini = kyriaké ekklesía).
- Rus. cerkov' , ma kostël < pol. kośćiół < lat. castellum (la chiesa ‘occidentale’ era
dapprima un edificio all’interno del castello fortificato)
- Rum. biserica ; lituano bažničia ; lat. basilica < gr. basiliké ‘palazzo’;
- cfr. l’equazione basiliké (‘palazzo’) > basilica: domus (‘palazzo’) > duomo.

Sintesi: «Cultura» come «the way of the world»


• «Cultura» è un patrimonio tramandato non geneticamente da una generazione all’altra. La
cultura è un modo di «vedere» il «mondo» (ciò che c’è e si sperimenta nella vita).
• «The fact of the matter is that the "real world" is to a large extent unconsciously built up
on the language habits of the group»
• (Eduard Sapir, E. 1929. "The status of linguistics as a science".
Language 5. 207-14. Reprinted in The selected writings of Edward
Sapir in language, culture, and personality, ed. by D. G.
Mandelbaum, 160-6. Berkeley: University of California Press, 1958, p.
162).
• Sapir non sta dicendo che la realtà è determinata dalla lingua. Dice che le abitudini offrono
una possibile lettura della realtà, accanto ad altre letture.
• La storia delle lingue documenta che queste letture cambiano nel tempo, nello spazio, nel
gruppo sociale, e forse anche nella stessa persona a seconda delle sue posizioni nella realtà
concreta (i «ruoli» sociali).

Quasi una conclusione


• Nessun sistema linguistico è identico a un altro: tra lingue vi è anisomorfismo
• Per meglio cogliere la motivazione e la pertinenza semiotica si può ricorrere al confronto
fra diversi sistemi: le peculiarità di una lingua si rilevano più facilmente quando si adotta la
prospettiva semiotica di un’altra lingua. A volte in una lingua “altra” si colgono elementi
sorprendenti, che permettono di “vedere meglio” l’esperienza e comprendere i limiti della
lingua “propria”.

39
Aspetti comuni a tutte le lingue: elementi di
linguistica teorica
Aspetti comuni a tutte le lingue
Si è visto che:

 una lingua può essere poco (dialetti) o molto elaborata (italiano, francese, spagnolo).

 una varietà standard può anche non esservi o può essere poco stabile (standard aperto a
ridefinizioni e ulteriori elaborazioni).

 Sono lingue anche le lingue «locali», che spesso sono considerate «dialetti» e non
meritevoli di essere considerati «lingue» (a dire questo non sono i linguisti, ma sociologi,
politici, di sicuro non i ricercatori del campo linguistico).

 E tutte le lingue cioè sono organizzate in base a principii simili.

 I principii generali sono simili, ma il modo in cui sono realizzati sono diversi da lingua a
lingua.

Gli aspetti generali e la «linguistica generale»


 Generale: è un’indagine su elementi comuni, p.es.:
opposto al particolare: prende in considerazione tutte le lingue
- le caratteristiche comuni a molte lingue: p.es.:
 la distinzione di nomi e verbi

- le caratteristiche comuni a tutte le lingue: p.es.


 il suono (esistono codici che non si avvalgono di suoni ma di gesti, come il
linguaggio per sordomuti, ma essi non vengono studiati dalla linguistica
generale poiché la caratteristica sonora è fondamentale nello studio delle
lingue);
 la combinazione di forme (il modo in cui vengono combinate dipende da
ogni lingua);
- il funzionamento delle lingue nei testi, semplici o complessi
 requisiti dei testi: coerenza, organizzazione, nessuna contradizione;
- la variazione sociale e geografica
 spazio e società determinano le differenti varietà all’interno di tutte le lingue
presenti nel mondo (contesto, stile, territorio, formalità o familiarità);

40
- le relazioni tra lingue diverse, p. es:
 parentela fra lingue (famiglie romanze, germaniche, ugro-finniche, slave,
celtiche)
 contatti di lingue (prestiti linguistici, calchi semantici, calchi strutturali)
 Molti altri temi rientrano nella linguistica generale, che si propone di studiare aspetti
teorici che riguardano le diverse lingue e li studia a partire dai dati delle lingue concrete.

Sincronia e diacronia
 Studio delle lingue dal punto di vista diacronico :
come cambiano le lingue nel tempo?
- /diacronia ‘attraverso (dia) il tempo’/
- indagine nel corso del tempo del cambiamento le diverse lingue, ad esempio,
l’inglese del periodo di Shakespeare (XVI-XVII secolo) e quello parlato al giorno
d’oggi (XXI secolo);
- aspetto privilegiato dagli studiosi di linguistica storica;

 Studio delle lingue dal punto di vista sincronico:


come è organizzata una lingua? come funziona? Come varia nello spazio e nella società?
- /sincronia ‘nello stesso tempo’, cioè si prescinde dal cambiamento nel tempo/
- osservazione della lingua e studio della sua organizzazione in un certo momento
specifico, “un tempo ideale”
- indagine sulla lingua italiana, ad esempio, degli anni 2000, senza considerare la
variazione di essa nel corso dei secoli precedenti
- è presente un’organizzazione della nostra lingua madre della quale tutti noi
abbiamo una competenza generale più o meno fine, una sorta di meccanismo
automatico di cui siamo inconsapevolmente dotati

«Scienza»: descrizione e «spiegazione»


 Descrivere = osservare i fenomeni

 «Spiegare» (explain) = fare ipotesi su come sia la realtà che si manifesta nei fenomeni
osservati.
= distinguo la realtà dalla manifestazione fisica della realtà.

 Caratteristica fondamentale è la classificazione (tassonomia), come ad esempio la


distinzione tra nome, aggettivo, verbo, ecc.

 Nonostante ci sia una forte parte pratica, essa presuppone la teoria per poterla
comprendere, ovvero individuazione di alcuni principii organizzativi.

41
 Le regole teoriche non sono altro che ipotesi sull’organizzazione della lingua, ossia
creazione di categorie accettate da tutti per poterla gestire e studiare in modo semplice ed
efficace.

  non tutta la realtà si lascia osservare. Non tutto è dato all’osservazione.


- Si mostra dai fenomeni fisici come il suono, ma non è esaurita da esso, infatti ciò
che non si lascia osservare è l’organizzazione e la rete di relazioni tra gli elementi.

Astrazione
 Per “spiegare” è necessario introdurre nella scienza i processi di astrazione
- aspetti intuibili ma non osservabili, spesso rappresentati da modelli:

 astrarre < ab(s) + traho ‘togliere, staccare’ si “toglie” = lo studioso dirige l’attenzione su di
una caratteristica comune a più fenomeni concreti.
- prendere un tratto astratto da un elemento concreto (verde = naturale), quindi fare
un’astrazione

 (N.B. concreto < latino concretus “coagulato”, part.pass di concresco).


Esempio:
 Dolce, usato come nome, indica un prodotto di pasticceria, che tra gli ingredienti principali
ha zucchero (di qualche tipo) o miele. Questa è la caratteristica comune degli alimenti che
vedete nelle foto. Per raggrupparli sotto il nome dolci ho fatto un’astrazione…

Tipi (o livelli) di astrazione


 1. Generalizzare (quel che vale per “molti” è fatto ipoteticamente valere per “tutti”)
- induzione se alcuni A sono B allora tutti quelli come A sono B] > esperienza e
osservazione: ipotesi generale

 2. Ipotesi su proprietà non osservabili di un fenomeno osservabile (p.es. “relazione


semiotica”, “funzione distintiva”
- osservazione di una parte di qualcosa, consapevole che non sia il tutto (es. punta
dell’iceberg)

 3. Ipotesi su un elemento non osservabile (p.es. «lingua», «grammatica»)


- si sa come funziona, ma non come sia fatto > modelli scientifici e fisici (particelle,
geni, etc.)

Generalizzazione
 L’osservazione non è ancora sufficiente per condurre a un’ipotesi. Posso continuare a
individuare un certo aspetto in un gran numero di fenomeni – p.es. in italiano osservo un
gran numero di parole.

42
 A questo punto faccio una generalizzazione = astraggo un aspetto che è comune a una
serie di fenomeni osservati.
- P.es. noto che quasi tutte finiscono per vocale; ne trovo alcune che finiscono per n
(con, in), l (il) e r (per). Ma non trovo parole che finiscano per altri suoni.
- Generalizzo: in italiano le parole finiscono quasi tutte per vocale e in alcuni casi
finiscono per l, r o n. Non ci sono altri suoni in fine di parola.
- Oltre all’osservazione, si notano gli aspetti comuni di un gruppo particolare.
- La generalizzazione è sempre una «scommessa».
- Un’ipotesi è valida fino a prova contraria, ma non è mai vera in modo definitivo.
- Non si potrà mai avere «incontrato» tutti i dati che interessano, ma seguendo una
tendenza, possono venir attribuite determinate caratteristiche, per ipotesi, a tutte.
- Magari i dati continuano a confermare l’ipotesi.
 I bambini acquisiscono la lingua madre (lingua 1) grazie a queste generalizzazione continua,
mentre l’apprendimento è relativo alle lingue straniere (lingua 2,3…) soprattutto quando si
tratta di sintassi e regole grammaticali (tramite esercizi ripetuti) sia nella lingua acquisita
che in quella appresa.
Esempio:

 Alto, alta, alti, alte

 Nuovo, nuova, nuovi, nuove

 Grasso, grassa, grassi, grasse

 Magro, magra, magri, magre

 Ecc. ecc. 

 Gli aggettivi in italiano hanno quattro forme diverse.


Ma poi con altre verifiche si scopre che l’ipotesi di generalizzazione non era corretta, infatti:

 Grande, grandi

 Celebre, celebri

 Ecc.

 Questi dati mettono in crisi l’ipotesi di partenza. La verifica impone di rivedere l’ipotesi:

 «Non tutti gli aggettivi hanno quattro forme. Una serie di aggettivi ha solo due forme».
Esempio:

 Lei canta  cantare

 Lei vede  vedere


Generalizzazione: «la vocale dell’infinito è quella della terza persona singolare dell’indicativo
presente»
MA: lei sente  *sentere
43
Rettifica: se la vocale è –a, l’infinito ha la stessa vocale. Se è –e, la vocale può essere diversa.

Esempio:

 “Tutti i nomi inglesi formano il plurale aggiungendo –s alla forma del singolare”.
- Con le note diverse realizzazioni: books, boys, boxes, wolves

 Ma: oxen, brethren, fish , foot , schemata , formulae ecc. 


- “Non tutti i nomi inglesi formano il plurale aggiungendo –s alla forma del singolare
…”

Ipotesi una proprietà non osservabile


Esempio 1 – il legame «sintattico»;

 Pietro canta. Vi è concordanza tra Pietro e canta.

 La concordanza è il dato che osservo (il soggetto è singolare e la forma verbale è al


singolare).

 Ma voglio spiegare perché ci sia.

 Perché vi è concordanza? Perché sarebbe inaccettabile *Pietro cantano?

 Un’ipotesi: tra le forme di parola c’è una relazione.

 Così posso dire che in Pietro canta ci sono 4 elementi:


Pietro, cant-, -a e il legame tra Pietro e canta.
Ipotesi: vi è un legame sintattico che non è osservabile

 Il “legame” non è una proprietà accessibile all’osservazione.

 Ma spiega come è organizzato il dato che osservo.

 Altro caso:

 *questi quaderni non è mio

 In italiano non è accettabile. Tra le forme quaderni e mio deve esserci concordanza.

 Perché in italiano questa è usata per mostrare la relazione sintattica.


- (in altre lingue l’equivalente di *questi quaderni non è mio è accettabile)

44
Esempio 2 – il suono che ha una «carica semiotica»

 Eventi sonori come gatto, cane

(lascia entrare il gatto in casa, ma non il cane)

hanno una caratteristica in comune: la capacità di riferirsi ad entità del mondo animale.

 Questa “carica” semiotica (la capacità di rinviare ad altro) non appartiene al piano del
fenomeno fisico, non si può registrare con degli strumenti di rilevazione sonora.

 È un’ipotesi fatta dallo studioso per spiegare il funzionamento dei fenomeni osservati.
Segni o eventi semiotici

 Suoni o caratteri scritti rinviano ad altro da sé : ‘qualcosa sta per qualcos’altro’

 «essere segno di…» è una proprietà fondamentale nel «suono» che in una lingua è
interpretabile come «significato».
- Essa è una proprietà dentro al suono che però non è suono, non è osservabile, ma è
la capacità che costituisce la parola in sé dandone senso.
- Capacità semiotica: indicare qualcosa, anche se non osservabile ed astratto, infatti
si tratta di una proprietà nascosta.
- Ipotizzare l’esistenza di questa proprietà nascosta è necessario per poter
comprendere la lingua in sé.
 L’astrazione è un processo delicato di conoscenza della realtà attraverso un metodo
ipotetico e, dunque, teorico…una sorta di “scommessa”.
 Funzione distintiva dei suoni: es. /pare/ e /dare/ > diversi per suono e significato >
differenza del fonema /p/ e del fonema /d/
- La capacità di distinguere parole non è misurabile, ma è intrinseca al modo in cui i
suoni vengono organizzati, ossia in modo da opporsi per permettere la distinzione
tra i vari termini.
- Proprietà non fatta di suoni, ma dentro ai suoni.
- Si può cogliere per ipotesi in un buon numero di differenze tra suoni.

Elementi non osservabili


 Non più soltanto proprietà (aspetti) di elementi osservabili, ma oggetti nascosti
all’osservazione (come, ad esempio, la fisica teorica che trattava Albert Einstein).

 P.es. una organizzazione complessa che si chiama «grammatica»: prende in input forme di
parola senza legami e dà in output combinazioni di elementi legati. È come l’apparato che
«produce» relazioni sintattiche – che non si osservano (sono proprietà «nascoste»), ma
sono l’elemento più importante in una combinazione di forme (per creare le parole e di
conseguenza le frasi).

45
 Metafora: la grammatica è come un frullatore che crea un insieme di relazioni tra elementi
che generano la sintassi e che si apprende sin da piccoli.
Ipotesi sulla grammatica

 Un tipo di ipotesi dice: La grammatica è un fatto sociale (competenza che si acquisisce per
«imitazione»)
 Un altro tipo di ipotesi dice: La grammatica è un fatto mentale (competenza che è innata).
 Una ipotesi più semplice è: la grammatica è il modo in cui i dati sono organizzati
(competenza che si ha senza che io debba impegnarmi verso A o verso B). È la struttura del
dato linguistico. Ogni «cosa» nel mondo ha una struttura… (p.es. i sassi, le foglie, i gatti, gli
orologi…). Sono i caratteri necessari per essere sasso, foglia, gatto, orologio… Così anche i
dati di una lingua. Hanno bisogno di una grammatica.
 Analogo funzionale: ciò che viene costruito funziona in modo analogo a qualcos’altro (es.
lavatrice e lavandaia) > la grammatica è, dunque, un analogo funzionale, in quanto simula il
funzionamento di una realtà non osservabile (organizzazione complessa spiegata dalle 3
ipotesi sopraindicate)
Un’osservazione e un’ipotesi

 ipotesi sulle somiglianze e sulle differenze tra le lingue del mondo


- Ingl. boys love girls
- Lat. Pueri puellas amant.
- Sembra che una costruzione grammaticale simile (soggetto – predicato – oggetto) si
manifesti con strategie diverse.
- Vi è un livello interlinguistico della grammatica? È un’ipotesi. Molti dati la
avvalorano.
- Non stupisce: tutte le lingue hanno aspetti comuni nella loro struttura. Ma questi
aspetti comuni si mostrano in modo diverso.
Questo è uno dei campi di indagine più importanti della linguistica.

46
La lingua e le strutture della lingua –
caratteristiche fondamentali
Caratteristiche generali
Le strutture della lingua: unità e processi
 «Come sono fatti gli elementi di una lingua?»,
 «Strutture»: sono risultati dell’attività verbale dei parlanti.
- La lingua che parliamo è stata costruita tramite degli elementi che sono stati
acquisiti nel corso dei secoli, attraverso una tradizione di comunicazione di una
comunità;
 «unità e processi»: ci sono forme e anche procedimenti per costruire forme (più o meno
complesse): elementi e “istruzioni” per combinarli tra loro

«Procedimenti per costruire forme»


 foot  feet (processo per costruire il plurale in inglese: non si «aggiunge» una forma, come
in book  books)
- molte parole sono dotate di molteplici forme, ad esempio quelle per indicare
genere e numero;
- alcune, dette invariabili, non possiedono le forme sopracitate;

 noia  noioso (processo per formare un aggettivo da un nome: noi-+-os-+-o/-a…)


- nel caso precedente si avevano differenti forme per la medesima parola, in questa
situazione, invece, si viene a formare un termine nuovo derivato dal primitivo;

 leggono libri (processo di costruzione = struttura di una frase)


- procedimento conosciuto con il nome di “sintassi”;
- combinazione delle unità e ottenimento di una determinata costruzione con una
struttura propria più ampia (frase);

Sistema segnico
La lingua è un sistema «segnico» che serve per la comunicazione verbale, pertanto si parla di
organizzazione complessiva di questa.

 È sistema cioè è un insieme organizzato di elementi con determinati legami e rapporti.

 È segnico/semiotico = le strutture sono predisposte a funzionare come segni nell’uso


concreto

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(un testo è un segno, cioè ha espressioni che significano = rinviano alla realtà [ad altro
rispetto all’espressione]).
- Nella lingua non esistono elementi concreti che spiegano ciò, bensì strutture e
modelli a cui si fa riferimento per poterli usare: carica semiotica degli elementi;
- Segno: concreto
- Elemento: potenzialmente concreto, rispetto alla sua carica semiotica
- Segno: organizzazione di elementi con una carica semiotica

Caratteristiche di un sistema linguistico


1. l’intersezione degli assi paradigmatico e sintagmatico;
2. la linearità;
3. la doppia articolazione;
4. la ridondanza;
5. la categorizzazione (pertinenza semiotica e motivazione);
6. l’arbitrarietà.

1. Due assi
 L’asse sintagmatico è l’asse delle combinazioni (orizzontale)
- sintagma: combinazione organizzata secondo regole precise (radice greca che
indica “con-ordine” > “sin-tagma”)

 L’asse paradigmatico è l’asse delle scelte/alternative (verticale)


- paradigma: classe di elementi che indicano un determinato ambito (es. mezzi di
trasporto) > la scelta corrisponde nel decidere che elemento utilizzare a seconda
della situazione

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Osservazione
 I paradigmi non sono già bell’e fatti e depositati nella lingua, ma sono costruiti dai parlanti
e dipendono da vari fattori a volta a volta diversamente combinati.

 P.es. Sono arrivato in Università in [ … ]


- Per il posto indicato da [ … ] si sceglie dal paradigma dei mezzi di trasporto
(disponibili, tenuto conto della situazione, di chi parla ecc.)
- P.es. è probabile un paradigma come il seguente: {bicicletta, autobus,
metropolitana, auto; ? ? moto… [uno studente, ma, di solito, non un docente…],
*elicottero [la disposizione dell’edificio non lo consente…] , *aereo [poiché la
Cattolica è in centro città, non vi è spazio per una pista di atterraggio], *carro
armato [in una situazione normale, sarebbe stato fermato prima dell’ingresso…]}.

 L’asse paradigmatico varia a seconda della varietà di lingua.

 Nella stesura di un testo più formale, l’organizzazione deve tenere presente i fattori della
comunicazione, pertanto si tratta di un processo molto dinamico.

 Conoscere un’altra lingua significa essere capaci di organizzare in modo dinamico le


espressioni a disposizione.

2. Linearità
 Nell’oralità, i messaggi si manifestano come un flusso sonoro continuo («suono», non
«suoni»…) nel tempo.

 I fenomeni visivi (es. film) possono avere più dimensioni (lunghezza, altezza, profondità…).

 Invece i fenomeni verbali si combinano uno dopo l’altro: è una successione individuale
(uno dopo l’altro); vi è una sola dimensione (il prima e il poi).

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- Nella comunicazione verbale si devono compiere delle scelte, che sono determinate
dall’uso automatico dei due assi;
- Nel caso di narrazione di un evento vissuto in più dimensioni, linearizzarlo risulta
alquanto complesso poiché si tende a perdere la vera essenza iniziale (ad esempio
quando si descrive un film o un’immagine senza poter contare sulla dimensione
visiva, ma solo quella sonora);
- Decidere gli elementi da usare e le combinazioni con cui usarli è un’azione lineare;
 La linearità è legata allo scorrere del tempo, in quanto dotata di una sola dimensione
trattabile alla volta.
- Dal punto di vista sonoro, il prima e il poi sono molto evidenti poiché ciò che si è
sentito anteriormente tende ad essere rimosso dopo poco;
- Gli altri elementi non entrano nel discorso, sono assenti ovvero non espressi;
- Nel discorso sono nascosti rapporti con elementi non presenti ma collegati, sono le
cosiddette associazioni;

 La linearità esclude le associazioni di una parola con altre nella mente del parlante (e
dell’ascoltatore) > asse paradigmatico > rapporti tra le parole

3. Due articolazioni
 Ipotesi: articolazione come segmentabilità del dato linguistico (come il flusso sonoro).
- Combinazione diversa dei vari suoni porta alle infinite possibili espressioni di una
lingua
- Un numero molto ristretto di elementi sonori, dunque, conduce a un numero
pressoché infinito di unità linguistiche

 Unità della prima articolazione: segmentando, si individuano unità che significano (in
giardino c’è un gatto!).
- Questa esclamazione è un flusso sonoro che si riesce automaticamente ad
articolare, riconoscendo contenuti ed unità;
- Giardino-gatto= automaticamente la mente va a senso, lo fa in maniera spontanea
quando si ascolta.
- Quando si deve formulare, invece, il processo non è immediato, bensì
l’articolazione e la scelta basata sulla combinazione degli elementi vanno
premeditate (in pochi secondi o, nel caso di discorsi preparati, anche in tempi più
estesi);

 Unità della seconda articolazione: servono per distinguere tra loro le unità della prima
articolazione.
- Pochi elementi aiutano nella distinzione tra espressione, in modo da opporne una
dall’altra > suoni con funzione distintiva

 Le unità della prima articolazione si possono articolare in unità con funzione distintiva
(gatto : ratto  g : r )
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- /g/ mi permette di opporre “gatto” a qualcos’altro, sapendo automaticamente che
non si tratta di un ratto.

3b. Seconda articolazione e coppie minime


 Molte unità significative sono simili per il suono, eccetto che in una posizione, dove vi è la
differenza.

 P.es. thin – thing l’ultimo suono di thin e l’ultimo suono di thing sono diversi.

 La differenza tra questi due suoni è funzionale. Cioè distingue le due unità thin e thing

 Thin e thing sono un esempio di coppia minima (una coppia di elementi che si distinguono
solo per un suono nella stessa posizione).

 Altri esempi la stessa differenza: sin e sing, win e wing.

 Ad esempio, in italiano la pronuncia della lettera “r” può essere forte o debole, ma non
cambia dal punto di vista funzionale, mentre in altre lingue l’utilizzo delle diverse forme
determina due significati differenti e pertanto sono dotate di differenza funzionale.

4. Ridondanza
 La ridondanza è fondamentale per garantire la ricezione e la comprensione di un
messaggio, quindi serve al destinatario che deve capire, non il mittente che deve
comunicare. P.es.
- Partirò domani – il tratto ‘futuro’ è indicato sia da partirò sia da domani.
- Parto domani non è ridondante.
Qui agisce un principio di economia (=minimizzare per ottenere il miglior risultato
funzionale con il minimo sforzo possibile), che riduce la ridondanza
 In inglese è stato ricavato da verbi presenti (p. continous), perifrasi verbali
(be going to) e verbi modali supplementari (will)
- Libri nuovi – la concordanza è ridondante; per esprimere un contenuto non è
necessaria per esprimere i contenuti, ma in italiano è ritenuta importante dal punto
di vista sintattico la lingua italiana non è molto economica rispetto ad altre che
semplificano questo aspetto

 in inglese è assente; cfr. new books, senza concordanza

5. Categorizzazione (vedi pp. 33-37 del documento)


 Come si è visto, categorizzare significa riconoscere una caratteristica (di oggetti, eventi
ecc.). Il sistema linguistico è uno strumento per categorizzare l’esperienza.

 La categorizzazione è responsabile di due aspetti della lingua:


- la pertinenza semiotica;

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- la motivazione.

6. Arbitrarietà -> inverso della motivazione che caratterizza il legame tra suono e
significato entro un segno: non c’è ragione per cui un dato suono sia legato a un dato signif.
• Molte espressioni non sono «trasparenti»: sono «così», non c’è una «spiegazione» per il
fatto che in ingl. «si dica» ox , in it. bue e in fr. Boeuf, questo significa incontrare difficoltà
ad associare determinate parole al loro significato
- Senza motivazione, l’espressione può cambiare nel tempo, ma come unità segnica è
stabile (antico inglese iċ oggi è I ed è pronunciato come dittongo; resta tuttavia
pronome di I persona).
- Oppure, l’espressione è stabile, anche se cambia l’uso – p.es. ristoro ‘compenso,
risarcimento’ ha preso poi il senso di ‘conforto, sollievo’; al cambio semantico non è
corrisposto un cambio fonetico.
- Oggi in Italia è tornato in auge il senso arcaico di ‘compenso, risarcimento’; sono
frequenti, nella comunicazione politica, le espressioni desuete, esistenti ancora nel
lessico burocratico (lingua di legno, dal francese langue de bois). Cfr. il Decreto Ristori
Quater.

N.B. le onomatopee
• In alcuni casi, il suono è «filtrato» dalla lingua.
- Un suono che è prodotto in natura è interpretato in un certo modo ed esprime
un’attività legata a quel suono.
- Generalmente le parole che indicano dei rumori sono onomatopeiche (es.
rimbombo, tonfo, scrocio)
- Si parla di onomatopea (‘il suono crea [poiei] il nome’ [onoma]).
- A seconda della lingua, l’imitazione può essere diversa:
• p.es. miao, meow; bau bau, bow wow/arf; chicchirichì cock a doodle
doo

Caratteristiche generali delle strutture (unità e processi) di una lingua


Proprietà fondamentali delle strutture
Le strutture della lingua si caratterizzano per:

 polivalenza (più funzioni per struttura)

 varianza (più strategie di manifestazione)

 preferenzialità (una struttura tende ad avere un uso preferenziale)

 endolinguisticità (relatività).

Polivalenza - più usi


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 Una struttura può avere più funzioni (= più usi)
 cfr. «Indicativo presente» in italiano:
- tempo presente
- passato (presente «storico») > descrizione nel passato usando il presente indicativo
- presente «assoluto» (cfr. nel discorso scientifico soprattutto in leggi e teoremi) >
liberato dalle caratteristiche momentanee, vale sempre
- futuro
- imperativo, dato indirettamente (adesso Luigi suona Per Elisa) – v. anche l’uso del
tempo futuro come «imperativo»
 Non bisogna associare una forma a una funzione soltanto, bensì essere flessibili in base al
contesto

Varianza
 Pluralità di strategie di manifestazione

 P.es. –are / -ere / -ire – manifestano «Infinito presente»


- Varianti legate (selezionate in base alla radice) > concetto base della linguistica
- A parità di funzione o significato, sono presenti molteplici varianti
- Es. tedesco: parole che nel tempo hanno acquisito più varianti di plurale poiché
venivano spesso pronunciate in modo errato
- Es. russo: parole che al singolare e al plurale cambiano (окно/окна [acnò /ocna] =
finestra/finestre)

 -a-bil-(e) / -i-bil-(e) – «può essere …» (cantabile, leggibile)

 Le varianti spesso non sono motivate da una ragione ben precisa, semplicemente vi sono
delle regole grammaticali da rispettare per la loro formazione e vanno rispettate così come
sono

Preferenziale (= uso prevalente)


 Una struttura può avere diversi usi. Di solito, vi sono usi tipici, più frequenti di altri.
organizzazione in gerarchia di utilizzo (nei dizionari è riportata con i vari usi numerato in
base all’ordine gerarchico)
- Esempio: tempo futuro in italiano che esprime anche probabilità, invece del
condizionale o del congiuntivo > futuro epistemico
- Esempio: usare il presente indicativo per il passato e il futuro > uso gerarchico che
preferisce il presente, ma la forma ha più funzioni, l’ordine gerarchico dipende solo
dalla frequenza di utilizzo

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- P.es. sciocco – nella valenza preferenziale è equivalente di poco intelligente,
stupido. In una valenza non preferenziale equivale a insipido.
- Preferenzialità delle funzioni del passivo:
 È stato ricevuto dal Ministro (il passivo mette in evidenza l’agente – in
questo è diverso dalla forma attiva).
 MA: Luigi è stato licenziato. Con licenziare la forma passiva di solito non
compare con l’agente (di solito non è un’informazione interessante o è data
per scontata dal verbo in sé).

 Ordine gerarchico: per ipotesi o raccolta di informazioni (es. libro = da leggere o parte
interna dell’albero) / (es. disco = disco rigido o da lanciare o musicale), la preferienzalità
cambia anche in base agli usi nel tempo;

Endolinguistico (= intralinguistico)
 È il contrario di «interlinguistico», ossia universale

 Endolinguistico significa che ogni lingua si organizza a modo proprio, ad esempio


apprendendo la lingua senza associare le caratteristiche di quella nativa;
- Es: (inglese : italiano) ing form ≠ gerundio

 le strutture sono endolinguistiche ; p.es. il genere grammaticale è relativo alla lingua


considerata;

 in italiano ( maschile : femminile );

 in tedesco (maschile : femminile : neutro);

 vi sono lingue senza il genere grammaticale come il cinese, l’ungherese, il finnico, il


georgiano (e l’inglese…).

I deittici (‘indicatori’- ‘indexical’)


 Non tutti i segni “dicono” com’è la realtà comunicata.

 I deittici (io, ora, qui) sono segni che non “dicono”, ma “in-dicano”: essi significano
indicando elementi della realtà comunicata.

 Caratteristiche strutture deittiche sono i pronomi personali e dimostrativi, gli avverbi di


tempo e luogo.

 Il parlante indica oggetti o situazioni entro un campo deittico che ha per coordinata ‘IO’.

 I pronomi personali, gli avverbi di luogo, gli avverbi di tempo, gli aggettivi dimostrativi e gli
aggettivi possessivi sono tutti esempi di indicatori che servono a contestualizzare il
discorso.

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