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ECONOMIA E GESTIONE DELLE IMPRESE

Cap. 1 - INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE IMPRESE: SCENARI E TENDENZE


Le determinanti della globalizzazione. Globalizzazione: riduzione dello spazio e del
tempo. Estensione dei confini economici e una maggiore interconnessione delle imprese.
Globalizzazione dei sistemi economici produttivi. Spinta alla globalizzazione è sostenuta
da:
• crescita economica dei Paesi in passato marginali dal punto di vista economico-
industriale: Cina, India, Brasile etc. Diventano interessanti tanto da allargare il contesto
a cui l'impresa pensa quando gestisce le sue attività;
• Secondo elemento da considerare è l’evoluzione delle tecnologie soprattutto relative
a trasporti e comunicazione: hanno fatto si che fosse più semplice per un'impresa
lavorare con l'estero;
• Terzo fattore sono gli assetti geopolitici e istituzionali: le integrazioni si sono create
dalla formazione di vari aggregazioni come la UE, NAFTA,ASEAN etc. che riguardano
principalmente aspetti economici, tra cui facilitazione scambi commerciali, libera
circolazione delle risorse, abbattimento di barriere protezionistiche dei mercati
nazionali, omogeneizzazione normativa e liberalizzazione dei flussi finanziari;
• Un altro elemento è la convergenza di modelli culturali e comportamentali delle
persone nelle principali aree commerciali: le persone sono sottoposte a simili stimoli e
tendono ad avere esigenze analoghe, questo fa si che i modelli di consumo tendano a
convergere a livello internazionale (tutti indossiamo il jeans, compriamo il cellulare ecc.
La globalizzazione si esprime nella progressiva estensione a livelli geografici più ampi
rispetto ai confini economici e produttivi del mercato nazionale; il paese di origine non
rappresenta più quindi il riferimento essenziale dell’evoluzione in generale, poiché
l’impresa ha opportunità/necessità di assumere una configurazione internazionale a
causa della natura internazionale dei fattori che la influenzano direttamente o
indirettamente.
1.1 La Globalizzazione nella prospettiva dell’impresa. Impresa industriale: imprese che
acquistano materie prime e le lavorano per fare un prodotto finito. Svolgono attività di
produzione.
La globalizzazione influenza il comportamento strategico dell'impresa in cinque ambiti:
1. mercato; 2. concorrenza; 3. produzione; 4. risorse; 5. persone e valori.
1.1.1 I Mercati
Per mercato s'intende la domanda di consumo, ovvero i consumatori (potenziali clienti
dell'azienda).
Con la globalizzazione si amplia il mercato di riferimento per un azienda (es. posso
vendere il mio prodotto più facilmente in America che in Italia)
Per l’impresa locale l’apertura internazionale rappresenta sia una minaccia, poiché la
espone a una più intensa concorrenza, sia una possibilità di estensione del volume
d’affari in modo più rapido e di acquisizione di una significativa posizione estera
sfruttando in ambito internazionale le proprie competenze specialistiche. In questo
senso, la globalizzazione penalizza le imprese locali e al contempo favorisce quelle che
sono pronte a replicare all'estero i propri fattori di successo.
Una chiave di lettura della globalizzazione è l’omogeneizzazione della domanda, poiché
l’obiettivo dell’impresa è diventato quello di trovare un determinato equilibrio tra
situazioni sostanzialmente omogenee in taluni mercati e fortemente differenziate in
altri; è importante osservare che le tendenze socio culturali prevalenti in questi anni
stanno riducendo l'omologazione: in uno stesso luogo coesistono identità diverse,
nessuna particolarmente predominante, e il locale tende a non avere più un identità
unica.
Ha conseguenze anche sulle dinamiche competitive: infatti determina una crescente
interdipendenza tra i mercati geografici di paesi diversi e pone le condizioni per
sviluppare su scala internazionale un prodotto (e il relativo marchio) che
originariamente è progettato per il solo mercato del paese d’origine.
1.1.2. La concorrenza: l’emergere di nuovi sfidanti globali. Offerta = Imprese che
producono La globalizzazione ha intensificato la concorrenza nei singoli paesi: le aziende
in tutti i settori produttivi si trovano infatti a competere con aziende di matrice
straniera spesso insediate direttamente nel paese stesso. Questo ha agevolato un
aumento sia dei gruppi transnazionali che delle economie emergenti. Il rapido successo
di questi nuovi sfidanti globali è dovuto: in primis, alla rapida crescita di domanda
interna, che ha offerto alle aziende locali l'opportunità di raggiungere dimensioni grandi;
successivamente, il basso costo degli input produttivi ed in particolare del lavoro è
diventato un altro beneficio a livello ambientale di questa tipologia di imprese. A livello
di mercato locale, la sfida era migliorare alcune situazioni aziendali: la logistica spesso
era inefficiente o inesistente, il sistema amministrativo offuscato e il consumatore con
limitata capacità di spesa. Infine l’aver affrontato nel proprio contesto geografico le
grandi imprese occidentali, ha spinto queste imprese locali a cercare la via dello
sviluppo internazionale poiché hanno imparato le logiche della competizione
internazionale e si sono poste nei mercati allo stesso livello dei leader occidentali;
hanno quindi maturato molto più rapidamente una visione globale del business. Gli
approcci strategici dei nuovi sfidanti globali per competere al di fuori dei propri mercati
sono: 1. sviluppo a livello globale dei prodotti e del marchio consolidati nel mercato
locale : grazie ai bassi costi di produzione e alle tecnologie ormai adeguate, i nuovi
sfidanti globali riescono a offrire nei mercati occidentali prodotti ad un costo basso in
rapporto alla qualità offerta. 2. Svilluppo della R&S (ricerca e sviluppo) per garantire
continua innovazione dell'offerta in relazione alle esigenze nei diversi mercati
geografici; 3. sfruttare la grande disponibilità di risorse naturali nel proprio Paese e
produrre anche per i mercati esteri 4. adattare alle esigenze dei diversi mercati
geografici il proprio modello di business già sperimentato con successo
1.1.3. L’organizzazione della produzione. La globalizzazione si manifesta nell’enorme
volume di investimenti di tipo produttivo realizzati in Paesi diversi da quello d’origine.
Questo è guidato dalla volontà delle imprese di sfruttare le differenze tra i contesti
geografici in termini di costi, risorse, logistica e mercato.
Per misurare il rilievo di quest’impostazione in una determinata impresa si usa l’indice
di transnazionalità, che esprime il peso che le attività produttive estere hanno rispetto
al totale delle attività d’impresa. It= a*K + b*X + c*Y
Con 0< It <1
K= rapporto tra immobilizzazioni investite nei paesi esteri rispetto al totale.
X= rapporto tra gli occupati delle sedi estere rispetto al totale.
Y= rapporto tra valore aggiunto realizzato nei paesi esteri e totale.
A,b,c, = parametri delle 3 variabili con valori tra 0 e 1
Un altro indicatore utile per descrivere il livello di globalizzazione è il network spread
index determinato dal rapporto tra il numero di paesi in cui un’impresa ha società
controllate e il numero di Paesi dove essa potrebbe essere presente attraverso il
controllo di società estere. Esso misura il grado di concentrazione geografica della
presenza produttiva internazionale.
La localizzazione estera delle attività produttive è mossa da 2 obiettivi strategici:
1. la volontà dell’impresa di avere un maggiore radicamento nei mercati geografici più
rilevanti;
2. la ricerca di condizioni di produzione più vantaggiose dal punto di vista dei costi,
della produttività e della disponibilità di input produttivi.
La globalizzazione si manifesta anche nel passaggio di produrre nel paese dove si
rilevano le condizioni più vantaggiose rispetto alla collocazione dei mercati geografici e
alla qualità dei fattori di attrattività. Assume importanza la definizione dei meccanismi
di fissazione del prezzo a cui sono regolate le transazioni interne e della gestione dei
flussi finanziari.
Nel contesto della globalizzazione l’impresa deve affrontare 3 questioni
organizzativo/strategiche:
• Dove realizzare ciascuna attività della catena del valore • Come dimensionare ciascun
sito produttivo, in quale misura concentrare in alcuni stabilimenti le attività produttive
più rilevanti
• In quale misura replicare le attività della catena del valore in ciascun mercato
geografico. Queste scelte tengono conto della capacità di garantire i collegamenti tra le
unità operative nei diversi paesi cui viene affidato il compito di realizzare specifiche
attività della catena del valore. Diventano cruciali le relazioni che legano le controllate
estere con la casa-madre e anche le connessioni tra le singole controllate nei vari paesi.
L’impresa diventa una rete internazionale, costituita da un attore perno che è la casa
madre, una serie di nodi costituiti dalle unità estere a cui sono affidate le funzioni
differenziate e infine le relazioni che legano i vari nodi, caratterizzate da vari livelli di
densità. Il mandato globale assegnato a una determinata sussidiaria si manifesta nel
fatto che questa assume una responsabilità a livello internazionale per la realizzazione e
lo sviluppo competitivo di una certa linea di prodotti. Esso non implica che la sussidiaria
cui viene riconosciuto abbia completa autonomia rispetto al gruppo: essa ha un ruolo
dominante nella gestione di determinate risorse e conoscenze, proprio in quanto parte
di una rete di relazioni con altri soggetti. La diffusione di queste reti è conseguenza da
un lato della globalizzazione dei mercati dove la competizione è sempre più tra sistemi
produttivi coordinati da un gruppo, dall’altro dalla crescente scelta delle aziende di fare
largo ricorso alla politica di esternalizzazione per una parte sempre più ampia di
attività, potendo cosi focalizzarsi su quelle ritenute chiave per competere. Un sistema
produttivo internazionale si caratterizza per la presenza di più soggetti, distribuiti in
diverse aree del mondo ma appartenenti allo stesso gruppo, che interagiscono nel
processo di produzione.
I grandi gruppi tendono a focalizzarsi su attività knowledge intensive della catena del
valore, come ricerca e sviluppo, mktg, comunicazione etc. L’impresa quindi cerca
individuare aree geografiche per sfruttare: i differenti costi di produzione, la
disponibilità delle risorse, le le diverse competenze e infrastrutture.
1.1.4 Lo sviluppo delle risorse La globalizzazione ha degli impatti anche sulle risorse
delle imprese:
1. Le risorse finanziarie (i capitali): ha creato le condizioni per collaborazioni tra grandi
istituzioni finanziare e gruppi industriali di paesi diversi. Se mi trovo in un contesto
globale, posso ottenere le risorse per operare anche dall'estero. Quindi la
globalizzazione porta un incremento delle fonti di finanziamento. I vertici internazionali
dell'impresa cliente e del fornitore concludono l'accordo fissando le condizioni
economiche generali e le modalità di erogazione dei prodotti e dei servizi. Il global
sourcing non escluda che l'impresa cliente sviluppi relazioni con fornitori locali, a
condizione che questi abbiano la capacità produttiva tale da estendere la loro
collaborazione a livello internazionale. Può succedere che sia la stessa grande impresa-
cliente a stimolare l'internazionalizzazione di un determinato fornitore.
2. Le risorse di approviggionamento: ha intensificato la competizione per l'acquisizione
delle materie prime.
1.1.5 I valori e le persone
La globalizzazione si manifesta anche nella gestione del capitale umano. La presenza
dell'impresa in molti paesi implica che le risorse umane che ne fanno parte siano
fortemente eterogenee dal punto di vista della nazionalità. Il disporre di un capitale
umano eccellente implica l'opportunità di ricercare le risorse umane anche al di fuori del
paese di origine dell'impresa; la diversità, intesa come presenza all'interno di
un'organizzazione di persone portatrici di competenze e esperienze diverse, va
considerata come un elemento basilare per il successo di tale organizzazione ed è
chiamata diversity management.
1.2 La dinamica del commercio estero
Collasso commercio internazionale derivato dalla riduzione della domanda globale,
connessa alla crisi USA. La globalizzazione della produzione lievita gli scambi
internazionali e ne aumenta la varianza rispetto alla variazione della domanda finale. In
una prospettiva temporale più ampia il commercio mondiale risulta comunque in
crescita. Per quanto riguarda le quote di mercato, l’Europa rimane l’area leader nel
commercio mondiale per merci e servizi; le esportazioni europee nel 2009 hanno
rappresentato oltre il 40% del totale mondiale, e la maggior parte di questi scambi
avviene direttamente tra gli stessi paesi europei. Nel settore dei servizi le esportazioni
europee rappresentano il 50% del totale mondiale e le importazioni poco meno, anche se
pure in questo caso è più uno scambio intraeuropeo.
1.3 INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI (IDE)
1.3.1 Definizione e dimensioni del fenomeno IDE.
L’investimento diretto estero è definito come un investimento da parte di un entità
residente in un paese in un’impresa residente in un altro paese, finalizzato ad acquisirne
il controllo, in modo da gestire le attività di quest’ultima. I flussi di IDE sono
determinati dai flussi di capitale impiegato dall’investitore (direttamente o
indirettamente attraverso una sua controllata) per acquisire il controllo di una struttura
estera e dalle risorse finanziarie fornite a quest’ultima dall’investitore.
Hanno una duplice natura: sono investimenti in entrata, dal punto di vista del paese
verso cui sono realizzati; in uscita quando sono nel Paese in cui ha sede l’impresa che li
realizza => sono investimenti che escono da un determinato territorio per essere
realizzati nell’area dove l’impresa vuole raggiungere una posizione internazionale.
Teoria del ciclo di vita internazionale degli IDE: i flussi di IDE in uscita e in entrata di un
paese tendono a essere correlati al suo sviluppo economico; in uscita si manifestano solo
nei paesi che hanno raggiunto un certo grado di maturazione economica e dispongono di
un sistema di imprese sufficientemente competitive a livello internazionale. Nelle prime
fasi, il Paese non è ne investitore internazionale ne è in grado di attirare IDE dall’estero.
Nelle fasi di transizione verso il consolidamento tendono a prevalere gli IDE in entrata
perché il paese inizia a offrire buone opportunità di insediamento produttivo agli
operatori internazionali. Nella fase di piena crescita industriale il flusso di IDE tende a
essere positivo perché prevale l’effetto dell’internazionalizzazione attiva delle imprese
locali. Nella fase di ulteriore crescita il saldo tra IDE in entrata e in uscita tende a
tornare in pareggio poiché la capacità di attrazione diventa analoga alla capacità di
andare all’estero. La capacità di attrazione è anche legata alle specificità della
struttura industriale e imprenditoriale del Paese, alla qualità delle politiche per il
rafforzamento della sua attrattività e alle specificità logistiche.
1.3.2. Modalità di realizzazione di un IDE
Un IDE può essere effettuato secondo 2 modalità: • Insediamento di nuove strutture
produttive che implicano l’incremento di capacità produttiva del territorio ospitante. •
Acquisizione della proprietà di un azienda gia esistente nel paese estero. Nuova
struttura produttiva : può essere creata in un sito non utilizzato ( investimento
greenfield) o già utilizzato in passato e nuovamente disponibile dopo interventi di
bonifica (investimento brownfield). Una parte di IDE è finalizzata alla creazione delle
special pourpouse entitie (SPES)s, ovvero società estere che servono per beneficiare dei
vantaggi fiscali e finanziari garantiti da alcuni paesi alle società estere (es. Hong Kong e
Lussemburgo). Negli ultimi anni si è preferito effettuare investimenti attraverso M&A
(acquisizione e fusione) rispetto ai greenfield, poiché sono considerati più rapidi sia in
termini di entrata nel mercato estero sia di predisposizione di risorse per competere; il
greenfield pecca di mancanza di meccanismi di valutazione consolidati, che crea quindi
asimmetria informativa rispetto al potenziale dell’investimento di questo tipo
1.3.3. Evoluzione quantitativa degli IDE
Origine e destinazione geografica I paesi sviluppati ad oggi rappresentano la principale
origine e destinazione degli IDE: la tendenza di questi anni mostra però un aumento
delle economie emergenti che hanno quasi raggiunto il livello degli altri, in particolare
come destinazione. L’Europa è scesa dal 44% di attrazione al 32,5% e dal 57% di origine
al 35%. Per le origini degli investimenti greenfield il peso dei paesi avanzati è ancora
prevalente, rappresentando l’82% del totale. L’Italia è staccata dai paesi influenti
europei ma davanti a Spagna e paesi dell’Europa centro- orientale.
Andamento IDE per macrosettore produttivo. Il 50% degli IDE nel 2009 di tipo greenfield
ha riguardato i settori manifatturieri, il 44% i servizi e il restante il primario. Tra i
manifatturieri le industrie più coinvolte sono tessile, alimentare, meccanica, automotive
e farmaceutico; nei servizi la finanza è il comparto più rilevante.
Rispetto a IDE M&A i settori hanno rilevanza diversa rispetto a che si consideri il numero
di operazioni o il loro valore complessivo; rispetto alla numerosità il 62% dei casi ha
riguardato servizi, in termini di valore il 30% è nel settore manifatturiero, il 50% nei
servizi e poco meno del 20% il primario.
Andamento IDE per tipologia. La rilevanza di IDE M&A è maggiore nelle economie
avanzate, anche se in declino negli ultimi anni a favore dei paesi emergenti, soprattutto
asiatici. La distribuzione geografica del greenfield invece è più equilibrata, anche se
pur’essa mostra un certo aumento del peso delle economie emergenti asiatiche. Le
operazioni di M&A non generano necessariamente un aumento dello stock di capitale
investito nel paese dove viene effettuata l’acquisizione, implicando solo il cambiamento
del controllo proprietario delle attività dell’impresa acquisita. Nei casi in cui
l’acquisizione di un’azienda estera sia finalizzata a ottenere la quota di mercato che
questa detiene nella sua area geografica risulta possibile che la casa madre proceda ad
un ridimensionamento delle attività produttive fino ad allora svolte nell’impresa
acquisita trasferendole in altri stabilimenti produttivi del gruppo, magari più efficienti e
collocati in altri paesi. Può verificarsi anche che l’impresa locale acquisita da un gruppo
estero si riveli in grado di svolgere determinate funzioni produttive in maniera
eccellente: questo spinge quindi la casa madre a attribuire a tale impresa nuovi compiti
e quindi nuove risorse. L’impatto che un IDE, quindi, realizzato attraverso l’acquisizione
di un operatore locale ha sui paesi ospitanti in termini si a di capitale investito sia di
valore aggiunto creato e nuova occupazione è piuttosto incerto; dipende essenzialmente
dagli obiettivi a monte dell’operazione di acquisizione e dalle risorse distintive che
l’impresa locale è in grado di sviluppare a beneficio del gruppo internazionale di cui è
entrata a far parte.
1.3.4. Politica per l’attrazione degli IDE
Relazione tra governi locali e investitori internazionali. Con in progredire del proprio
processo di internazionalizzazione anche l’impresa ha modificato il suo atteggiamento di
fondo verso le aree geografiche ospitanti, viste come ambienti dove poter stabilire
relazioni rilevanti per la creazione del proprio vantaggio competitivo a livello globale.
Questo mutamento di prospettiva ha portato governi locali e imprese a cercare di
sviluppare un rapporto di concreta collaborazione, utile per il raggiungimento degli
obiettivi di entrambi. Sia nei paesi esteri che in quelli consolidati hanno assunto grande
importanza le collaborazioni tra imprese estere e organismi pubblici (private public
partnership) per la realizzazione di grandi progetti infrastrutturali e altre iniziative di
interesse generale. Le aree di confronto dove si determina in concreto l’equilibrio tra
obiettivi dell’impresa estera e quelli dell’impresa locale sono: • Valore aggiunto
prodotto dall’impresa nel Paese estero (determinata da quantità e qualità delle attività
produttive svolte nel paese che si riflettono nell’occupazione creata e nel valore degli
acquisti degli attori locali) • Localizzazione delle attività di ricerca e sviluppo • Buona
cittadinanza (finalizzata a raggiungere una favorevole accettazione da parte degli
stakeholders del territorio) • Bilancia commerciale della sussidiaria estera (è importante
che si verifichi un equilibrio tra valore erogato al territorio e quello drenato dal mercato
geografico) • Occupazione e sviluppo risorse umane (Effetti valutati alla luce delle
conseguenze prodotte dalla nuova entrata sulla posizione competitiva dei concorrenti e
quindi sull’offerta di lavoro delle imprese locali; rispetto al punto di vista dell’impresa
estera è rilevante verificare la qualità della forza lavoro esistente nell’area geografica
di interesse e le condizioni di utilizzo del fattore) • Trasferimento fondi finanziari
(l’influenza della corporate nella misura in cui le risorse prodotte dalla gestione
economica di una determinata consociata vengono reinvestite all’interno della stessa)
In sintesi, è essenziale trovare l’equilibrio tra benefici ottenuti dall’impresa estera nel
localizzarsi in un contesto geografico e quelli a favore della comunità ospitante. I
governi nazionali hanno attuato anche numerosi interventi legislativi concernenti gli IDE;
le misure più frequenti riguardano la libertà di entrate di imprese estere in determinati
settori produttivi; incentivi e aiuti agli investitori esteri; misure di facilitazione delle
operazioni acquisite di asset da parte di investitori esteri; semplificazione procedure
amministrative.
Strategie di rafforzamento dell’attrattività del territorio per le imprese estere.
Migrazioni territoriali rispetto ai vantaggi competitivi sono spiegate dallo spostamento
geografico che caratterizza nel tempo sia i fattori di vantaggio competitivo che i mercati
di maggiori dimensioni per una determinata produzione. Il fatto che le imprese
investano altrove è positivo rispetto alla loro capacità produttiva internazionale e può
essere anche conseguenza naturale dello spostamento geografico delle aree dove è più
conveniente realizzare determinate attività economiche e in mercati con più alte
prospettive di crescita. La questione fondamentale riguarda la capacità del territorio di
sviluppare le condizioni di contesto che favoriscono nascita e sviluppo di nuove attività o
filiere economiche attraverso l’apporto di investimenti sia di origine interna che
esterna. E’ dunque fondamentale per il territorio identificare una strategia per
rafforzare la propria attrattività come sede di attività produttive. In questa prospettiva
la strategia di un territorio mira a sviluppare fattori che lo rendano sede ideale per
attività e funzioni economiche con logica di IDE. Questa strategia implica anche una
precisa riflessione circa le tipologie di investimento verso cui orientare gli sforzi
competitivi.
Valutazione dei fattori di attrattività da parte dell’impresa internazionale. I fattori
considerati nella valutazione dell’attrattività di un territorio possono essere raggruppati
in 8 insiemi: • Mercato (dimensione e tasso di crescita domanda, prossimità ad altri
mercati, caratteristiche qualitative domanda) • Risorse umane (dimensione forza lavoro,
qualità risorse umane, costo del lavoro, flessibilità) • Infrastrutture materiali (trasporti,
telecomunicazioni, infrastrutture logistiche) • Tessuto economico (accesso e
disponibilità materie prime, qualità dei fornitori locali, sistema distributivo e
finanziario, struttura sistema industriale e risorse country specific) • Istituzioni e
politiche pubbliche (pubblica amministrazione, politiche economiche locali) • Sistema
normativo (leggi e regolamenti, normativa fiscale) • Qualità sociale e ambientale
(coesione sociale, sicurezza) • Immagine e reputazione del territorio( reputazione
generale del luogo, politiche di immagine)
Da recenti analisi emerge che una forza lavoro con elevate competenze costituisce una
costante tra i principali fattori di attrattività. E' ulteriormente aumentata la rilevanza
dell'essere vicini ai mercati finali e del trovarsi in contesti dove è migliore la
disponibilità delle competenze per costruire il vantaggio competitivo. Le imprese nei
settori a medio ed elevato valore aggiunto privilegiano sempre di più il near shoring,
ovvero la localizzazione in contesti geografici vicini. Solo nelle produzioni a bassa
tecnologia e a impiego di lavoro poco qualificato le imprese scelgono territori che
offrono bassi costi del lavoro, anche se molto lontane dai mercati.
Il comportamento insediativo dell’impresa dipende da come si presentano i fattori di
attrattività del territorio e dall’orientamento dell’impresa relativo a: • La scelta
relativa alla configurazione sovralocale della catena del valore • Le modalità di
acquisizione dei fattori di vantaggio competitivo attraverso le relazioni con gli
interlocutori nel nuovo contesto insediativo • La dinamica attraverso cui si attua la
valorizzazione all’interno di tutta l’impresa delle competenze acquisite in una
determinata area geografica
Viene cosi a modificarsi la considerazione dell’offerta territoriale, vista come insieme di
condizioni che incidono sulle opportunità competitive. Il grado di attrattività di una
regione geografica è funzione della qualità delle relazioni che l’impresa può attivare con
gli attori che costituiscono il sistema territoriale. La capacità di attrazione di un’area
geografica non può essere valutata in senso assoluto, ma va riferita alle specifiche
attività o funzioni economiche; i fattori di attrattività devono essere ponderati in
funzione del rilievo che ciascuno assume nel determinare le condizioni di svolgimento di
tali attività economiche e nel favorire il raggiungimento di un vantaggio competitivo. La
valutazione dei fattori dipende anche dalla percezione sviluppata nel potenziale
investitore conseguente dalla reputazione e dalla qualità delle comunicazioni poste in
essere dagli organismi nel territorio impegnati nell’azione di attrazione degli IDE.
Attrazione di nuove imprese estere e rafforzamento della presenza delle esistenti. La
strategia di attrazione IDE si articola su 2 piani: l’acquisizione nel territorio di iniziative
economiche da parte di investitori di origine esterna e l’estensione della presenza di
investitori esterni ma già operanti nel territorio. In termini di marketing , la prima
strategia equivale all’allargamento del portafoglio clienti, la seconda alla fidelizzazione
di clienti già acquisiti. I vantaggi della customer retention può manifestarsi anche nel
caso del territorio: in primis un’impresa estera può diventare un fattore trainante del
sistema produttivo locale e generare esternalità positive per il territorio nel medio-
lungo periodo; in più l’espansione degli investimenti di un operatore già insediato tende
ad essere più facilmente collocata in un quadro coerente con gli indirizzi di sviluppo
sostenibile del territorio. Le 2 manifestazioni di strategia non si escludono tra loro.
L’estensione è il risultato di uno sviluppo di relazioni positive con l’impresa
internazionale, finalizzate a creare nel tempo una partnership tra questa e il sistema
territoriale ospitante, cercando di prolungare il rapporto e portarlo verso la
fidelizzazione. Contenuti su cui è utile sviluppare relazioni: • Miglioramento condizioni
ambientali che incidono sull’efficienza e sulla produttività delle attività produttive
svolte nel territorio. • Miglioramento interventi sull’offerta territoriale per risolvere
problematiche. • Collaborazione su progetti di sviluppo territoriale di interesse comune.
• Sviluppo forme di integrazione tra impresa estera e determinate categorie di attori
economici locali. Per favorire il radicamento nel territorio è essenziale attivare modalità
di monitoraggio della percezione che questa ha della sua condizione localizzativa e sulla
qualità delle relazione con gli attori locali. La partnership tra impresa e territorio può
anche prevedere un’intesa volta a attuare adeguamenti dell’offerta territoriale
esistente per rendere quest’ultima particolarmente attrattiva per gli specifici
investimenti che l’impresa deve effettuare. Nella strategia volta a nuovi investimenti, il
nodo è l’individuazione dei potenziali clienti e l’attivazione di meccanismi efficaci per
intercettarli e avvicinarli alle offerte territoriali disponibili. Il sostegno diretto è una
leva molto efficace anche se non esaustiva e non adeguata nel lungo termine; la
concessione di incentivi dà un vantaggio competitivo scarsamente difendibile, poiché
attuabile da qualunque governo. Competere con altre aree geografiche sulla base di
incentivi rischia di instaurare un meccanismo dannoso per il territorio, in primo luogo
per l’aumento del costo implicito nell’acquisizione dell’investimento estero, in secondo
luogo aggiunge ulteriore stimolo alla già elevata mobilità geografica degli investimenti
produttivi. Infine i vantaggi economici riconosciuti agli investitori esteri possono creare
distorsione competitiva agli occhi degli operatori locali.
1.3.5. Impatto IDE sul territorio ospitante.
Gli effetti prodotti da un IDE sul sistema territoriale ospitante sono correlati alla
condizioni in cui questo si trova e sono indotti dall’azione degli attori appartenenti al
territorio.
Le valutazioni degli IDE sull’evoluzione fisiologica del sistema territoriale ospitante
richiede tre passaggi logici: • Identificazione delle esternalità positive e negative
potenzialmente generate da un IDE sul territorio ospitante. • Valutazione dell’effettivo
impatto delle esternalità individuate, in relazione alle condizioni del territorio
ospitante. • Comprensione dei fattori da cui dipende il manifestarsi delle esternalità
individuate.
Il trasferimento della conoscenza. Le corporate agevolano la diffusione delle nuove
conoscenze e tecnologie nei paesi dove sono collocate. In primis le imprese domestiche
beneficiano dell’effetto learning by observing che consente loro di imitare le innovazioni
tecnologiche o organizzative e manageriali introdotte positivamente dalle multinazionali
nel contesto di riferimento. I legami contrattuali verticali tra imprese estere e fornitori
locali rappresentano una seconda modalità di trasferimento di competenze, poiché le
imprese estere possono rafforzare i fornitori locali fornendo assistenza negli standard
qualitativi e quantitativi. L’effettiva rilevanza di questi effetti è correlata ad un gap
tecnologico esistente tra territorio di destinazione dell’IDE e il suo paese di origine. Lo
spillover effettivo dipende dalla capacità di apprendimento e investimento delle imprese
locali e dalla loro dimensione e struttura societaria.
Aumento esportazioni e valorizzazione prodotti locali. L’arricchimento delle attività
economico-produttive può portare ad un incremento della produzione locale e ad un
aumento delle esportazioni; gli IDE in entrata connettono il territorio con le reti
internazionali di produzione e di scambio. I livelli di esportazioni sono crescenti rispetto
a 4 meccanismi: • L’impresa produce nel territorio determinati semilavorati o
componenti che sono inviati alla casa madre, dove sono svolte le fasi essenziali del
processo produttivo. • L’impresa svolge nel territorio produzioni per soddisfare il
fabbisogno di unità operative a valle, collocate in altri paesi, alle quali le produzioni
sono vendute. • L’impresa colloca nel territorio strutture di produzione che operano per
il mercato locale ed eventualmente anche per mercati convenientemente raggiungibili
dal paese in questione. • L’impresa sviluppa nel territorio un’offerta fortemente
caratterizzata per immagine e competenze del paese stesso poi commercializzata nei
mercati internazionali, che porta l’investitore ad avere un impatto positivo su prodotti e
marche locali, il che porta anche ad aumentare il valore reputazionale del paese
rispetto a determinate produzioni.
Valorizzazione capitale umano. L’attrazione IDE in una determinata area geografica
stimola l’arrivo di persone con elevata qualificazione. La tendenza a delocalizzare in
paesi con minore costo del lavoro può portare però a riduzione di domanda interna di
forza lavoro nel paese d’origine e l’instaurarsi di fenomeni di dumping sociale. La
presenza di imprese estere può stimolare anche il tasso di imprenditorialità locale,
creando fenomeni di spin off con obiettivi di acquistare in outsourcing un’attività che
risulterebbe non conveniente svolgere all’interno.
Agglomerazione produttiva. Gli IDE possono funzionare da importanti attivatori delle
dinamiche di agglomerazione nel tessuto economico di destinazione, il che costituisce un
fattore di attrazione.
Intensità della concorrenza nel mercato locale. L’insediamento di imprese estere in un
contesto geografico quasi sempre aumenta la concorrenza nel mercato interno; questo
aumenta gli effetti positivi per i consumatori, per il settore nel suo insieme attraverso la
scrematura di aziende inefficienti, e per le stesse imprese locali con maggiore
potenziale.
Nell’IDE M&A c’è differenza tra acquisizione di impresa leadership o meno, poiché la
concorrenza cresce solo con l’acquisizione di un impresa non leader di mercato. Gli IDE
possono avere effetti negativi in 3 casi: se l’investitore internazionale raggiunge una
posizione di dominio, provocando una crisi degli operatori locali; se l’IDE ha un peso
economico molto più elevato nel sistema economico estero di insediamento,
influenzando le scelte dei decisori pubblici per maggiorare il proprio valore economico a
discapito delle aziende nel territorio; a causa del potere di attrazione ampio le imprese
estere possono creare fenomeni di spiazzamento a danno di quelle locali.
Cap.2 - Il processo di espansione estera dell'impresa 2.1 Le cause
dell'internazionalizzazione dell'impresa 2.1.1 I principali contributi teorici.
L’impresa cerca espansione internazionale per effetto di spinte interne e/o esterne.
L’internazionalizzazione in molti casi è quasi un effetto naturale della crescita
dell’impresa; il conseguimento di una buona posizione competitiva e di fatturato pone
l’opportunità/necessità di individuare nuove alternative di sviluppo in nuove aree
geografiche. Si può quindi spiegare il processo di espansione estera dell’impresa
attraverso un insieme di motivazioni che intervengono in diversi momenti temporali e
con valenza differente, di cui ciascuna è alla base di un certo passaggio del processo che
ha condotto al raggiungimento di una dimensione internazionale dell’impresa. Il
paradigma eclettico di Dunning individua 3 condizioni specifiche che muovono l’impresa
a investire all’estero: • Ownership advantage: l’impresa va all’estero perché dispone di
particolari risorse e competenze che le permettono di avere un vantaggio competitivo
rilevante anche nei mercati esteri o perché proprio attraverso l’organizzazione delle
attività a livello internazionale riesce a ridurre i costi di transazione. • Location
advantage: l’impresa trova in una determinata area estera delle condizioni favorevoli
per le proprie attività che le permettono di valorizzare ulteriormente le risorse e le
competenze che essa ha a sua disposizione. • International advantage: l’impresa è in
grado di sfruttare meglio la valenza competitiva internazionale di particolari risorse di
cui dispone all’interno della propria struttura organizzativa piuttosto che concedendone
l’utilizzazione a terzi.
Lo sfruttamento in nuove aree geografiche degli elementi di forza del mercato
originario non è automatico, dipende dal modo in cui si manifesta l’effetto prisma:
questo è causa di una deformazione del giudizio e delle percezioni maturate dai
potenziali consumatori a causa delle diverse caratteristiche ambientali che influiscono
sul posizionamento competitivo dell’impresa. Un approccio opposto interpreta
l’internazionalizzazione come la via per acquisire e sviluppare risorse distintive su cui
basare il proprio vantaggio competitivo; questo individua come drivers principali il
resource linkage, leverage and learning (LLL) : • Linkage: indica la spinta ad andare
all’estero per sviluppare collegamenti con altri soggetti grazie ai quali accedere a
risorse e competenze distintive non disponibili nel Paese di origine o attraverso la
collaborazione con attori locali. • Leverage: indica l’opportunità di “far leva” su proprie
risorse per entrare in relazione con soggetti di livello internazionale, e sviluppare nuove
competenze in maniera più rapida ed efficace di quanto sarebbe stato possibile
attraverso un’evoluzione interna di quelle originariamente disponibili. • Learning:
sottolinea come l’espansione estera sia perseguita per aumentare le opportunità di
apprendimento sia delle caratteristiche dei mercati internazionali che delle tecniche e
degli strumenti di gestione.
Un altro filone di pensiero ha approfondito il modo in cui si sviluppa il processo di
espansione estera dell'impresa, proponendo l'idea di un evoluzione incrmentae: l'impresa
avvia le sue attività
estere inizialmente con un modesto impegno di risorse; nel tempo estende le sue
attività sulla base dei risultati raggiunti. Nella prospettiva di questo filone, il processo di
internazionalizzazione procede sempre in senso espansivo. Per quanto riguarda gli IDE,
Dunning li distingue in tre categorie in base alla motivazione strategica che ne è
all'origine: a. market seeking: finalizzati a entrare in mercati che hanno elevati tassi di
sviluppo e nei quali l'impresa può sfruttare vantaggi competitivi rispetto agli operatori
locali; b. natural resource seeking, volti ad assicurare all'impresa un accesso privilegiato
agli input produttivi cruciali per il processo produttivo e acquisibili in maniera
difficoltosa in altre aree; c. low cost seeking, caratterizzati dall'insediamento di
determinate attività della catena del valore in aree dove la realizzazione di tali attività
risulta meno costosa.
2.1.2 Le cause di natura interna dell’impresa Nella loro fase iniziale le esportazioni sono
spiegate da 2 ragioni: la ricerca di nuovi mercati e la volotà di sfruttare in nuove aree
geografiche il potenziale di un prodotto o di capacità produttive che sono risultate un
successo nel mercato d’origine. La ricerca di nuovi sbocchi commerciali può essere
stimolata dall'assenza di mercato interno (il prodotto non è adatto al mercato locale ma
può esserlo per quello estero) o dall’intensificarsi della concorrenza (accade più alle
piccole imprese, poichè il mercato locale è occupato dai grandi marchi), oppure dalle
nuove potenzialità commerciali nei mercati esteri. Una terza ragione per l’esportazione
è la volontà di maturare conoscenze nuove sulle caratteristiche di un determinato
contesto geografico, senza dover sostenere investimenti eccessivamente onerosi e non
convenienti. Successivamente, il focus si concentra sulla volontà di esplorare le
potenzialità di nuovi mercati e sull’opportunità di allargare il più possibile la propria
presenza commerciale in determinate macroaree geografiche. Le esportazioni possono
essere anche legate a motivi normativi: il prodotto non può essere venduto nel mercato
locale e quindi lo si esporta all'estero.
2.1.3 Le cause di natura esterna dell’impresa. Si identificano 5 condizioni esterne
all’impresa che possono attivarne il processo di internazionalizzazione: •
L’internazionalizzazione del mercato e della filiera produttiva. • L’espansione
internazionale dei principali clienti. • La reazione a strategie attuate dai concorrenti di
riferimento. • L’azione di soggetti pubblici o privati a favore dell’internazionalizzazione
delle imprese • Il presentarsi di significative opportunità commerciali. La prima
condizione si manifesta in 2 maniere: il mercato geografico di origine risulta più esposto
alle forze competitive internazionali, in più le diverse aree di business tendono ad
assumere dimensione sovralocale. Può anche derivare dallo stadio di maturità o declino
del mercato nazionale locale, si tratta quindi di sopravvivenza dell'impresa . La
decisione dell’estero è anche conseguenza di una riorganizzazione produttiva su scala
internazionale dei propri clienti, soprattutto per aziende di fornitori specializzati o sub-
fornitori di grandi clienti, che non possono non adeguare la propria offerta alle esigenze
di questi ultimi: Il processo di espansione estera dell’impresa è trainato dal cliente, sulla
base di una relazione che tende a divenire cooperativa. Lo sviluppo della presenza
estera può essere una reazione competitiva nei confronti di un rivale che minaccia la
propria posizione competitiva e alterare a suo vantaggio gli equilibri originari a fronte di
internazionalizzazione. Esistono diversi comportamenti relativi all’espansione estera dei
concorrenti: • Ipotesi imitativa: impresa entra in mercato estero dove sono già presenti i
competitori per timore di subire un peggioramento della propria posizione di mercato,
anche chiamato bandwagon effect (effetto di trascinamento) in cui l’investimento di un
soggetto all’estero è percepito come minaccia per gli altri attori, i quali temono che il
first mover possa acquisire vantaggi competitivi; per questo i follower decidono di
operare all’estero per non lasciare il controllo al leader.
• Exchange of threat (scambio di minaccia) : deriva dalla necessità di reagire ad un
attacco di un concorrente estero nel proprio mercato locale; L'impresa A cera di entrare
in un'area estera per minacciare un rivale B, che a sua volta è entrato nel mercato
geografico dell'impresa A. Può attuarsi attraverso una limitazione della capacità
produttiva della nuova impresa oppure attraverso accordi di mutuo riconoscimento della
leadership competitiva nelle diverse aree geografiche. Esiste stimolazione anche grazie
al supporto di istituzioni pubbliche o di organizzazioni private; questi servizi riguardano
la fornitura di info dettagliate sulle opportunità estere, consulenze legali e supporto di
piani finanziari. Per ultimo il presentarsi di significative opportunità commerciali:
l’impresa decide di internazionalizzare perché un cliente estero o un intermediario
stimola in tale direzione presentando una domanda relativamente consistente anche se
non stabile nel tempo; non è quindi cercata dall’impresa e può favorire un successivo
sviluppo.
2.2 L’internazionalizzazione come processo evolutivo.
2.2.1. Le fasi tipiche del processo di internazionalizzazione. Abbiamo 3 definizioni del
processo di internazionalizzazione: “the process of increasing involvment in the
international operations” ; “process of adapting firm’s operations to international
environments” ; “process of the firm’s becoming integrated in international economic
activities”. La prima ipotesi vede l’espansione estera come un progredire ordinato verso
un sempre maggiore coinvolgimento in Paesi diversi da quello d’origine. La seconda
sottolinea l’idea di adattamento: il processo di internazionalizzazione implica il
configurare l’attività aziendale in relazione ai vincoli e alle opportunità di natura
sovralocale. La terza parla di integrazione, evolvendo le connessioni dell’impresa con il
contesto internazionale ma anche con fattori di diversa natura con cui sviluppare il
vantaggio competitivo. Si individuano 4 passaggi che l’impresa compie nell’evoluzione
internazionale: • L’entrata nel mercato estero • L’assestamento della presenza nel
mercato estero • Lo sviluppo della posizione competitiva nel mercato estero • La
razionalizzazione della posizione internazionale.
• Entrata nel mercato estero. Nel primo stadio l’impresa definisce l’area geografica in
cui intende collocarsi; esplicita gli obiettivi che vuole raggiungere e compie le scelte di
base per realizzare concretamente il proprio intento. Queste scelte riguardano le
modalità operative di entrata, la tempistica, risorse disponibili e la verifica delle
compatibilità con la strategia che intende adottare.
b) Assestamento della presenza sul mercato estero. Consiste nella gestione dell’impatto
economico, strategico e organizzativo della nuova dimensione geografica delle proprie
attività. Qui l’impresa matura le routine adatte a stabilizzare gli impulsi che l’hanno
spinta a entrare in un Paese diverso e a maturare competenze necessarie per gestire al
meglio la nuova dimensione operativa.
c)Sviluppo della posizione competitiva nel mercato estero. Le relazioni in questo stadio
tra impresa e attori esteri raggiungono una notevole intensità a livello di conoscenza,
della rilevanza della strategia e della significatività economica e finanziaria. Questo
fenomeno dà inizio ad un radicamento dell’impresa nel contesto ambientale estero che
si accompagna alla definitiva maturazione della sua cultura internazionale.
d) La configurazione della posizione internazionale. Qui l’impresa procede alla
razionalizzazione della sua posizione produttiva e commerciale nelle diverse aree
geografiche dove è presente. Le relazioni tra casa madre e sussidiarie aumentano a
livello di complessità; diviene quindi importante identificare una struttura dei rapporti
interni più coerenti con la complessità strategica e operativa.
Si pone il problema di configurare una rete interna i cui nodi sono costituiti dalla
corporate e dalle diverse sussidiarie. In questa rete devono essere svolte tutte le attività
necessarie per gestire la posizione dell’impresa nelle aree geografiche di suo interesse,
intervenendo in 4 ambiti: l’organizzazione del portafoglio dei mercati esteri, la
determinazione del ruolo che ciascun mercato ha nella strategia globale dell’impresa, la
riorganizzazione delle attività della catena del valore di ogni business sfruttando
sinergie e vantaggi derivanti dalle diverse opportunità localizzative, l’organizzazione di
una rete interna nel cui ambito si consolidano le relazioni tra le diverse sussidiarie e tra
queste e la corporate. La razionalizzazione della posizione internazionale determina una
differenziazione della presenza dell’impresa nelle diverse aree geografiche.
2.2.3 L’evoluzione internazionale e lo sviluppo di impegno, conoscenza e relazioni.
Durante il processo di internazionalizzazione, l’impresa matura gradualmente 3
specifiche condizioni: • L’impegno nei contesti geografici • Le conoscenze per
competere • Le relazioni con attori rilevanti all’estero. Impegno e conoscenza sono
interpretati come risultati dell’evoluzione dell’impresa estera. L’impegno verso una
determinata area estera si manifesta nel livello di risorse tangibili e intangibili
impiegate per attuare le operazioni nell’area in questione e nel rilievo che tali
operazioni hanno nella complessità strategica di crescita dell’impresa. Essa cerca di
rendere le risorse più mobili e fungibili, superando il commitment verso singoli contesti
geografici a favore di un contesto più ampio. La conoscenza consta di 3 aspetti
essenziali: le condizioni competitive dei mercati esteri e le linee di sviluppo della
competizione internazionale; le modalità organizzative e strategiche per raggiungere
una valida posizione competitiva internazionale; le modalità di acquisizione e
valorizzazione delle competenze necessarie per operare con successo all’estero. Lo
sviluppo del sistema di relazioni influenza il modo in cui l’impresa evolve tra uno stadio
e l’altro; ricerca controllo e sviluppo di interdipendenze efficaci costituiscono un
riferimento prioritario nella gestione strategica dello sviluppo estero; l’obiettivo di tale
espansione è il relationship seeking. Il livello di impegno dell’impresa in una
determinata area è direttamente proporzionale all’intensità con cui è inserita nella rete
locale e al rilievo dei rapporti stabiliti nella rete stessa sulla performance economica e
strategica. L’impegno è mediato dall’ottimizzazione della presenza globale dell’impresa
attraverso il sistema delle relazioni interne tra sussidiarie e tra queste e la corporate.
Anche la maturazione di conoscenza è legata alle relazioni sviluppate a livello
internazionale. Le opportunità di acquisire risorse è legata al modo in cui la sussidiaria
della zona stabilisce legami con i diversi soggetti locali, quindi dal modo in cui è
articolata la rete di legami tra i soggetti che costituiscono il sistema stesso.
2.2.4 Indicatori dell’intensità del processo di espansione estera dell’impresa. L’intensità
è misurabile attraverso grandezze quantitative e qualitative. A livello quantitativo le
grandezze sono: • Fatturato realizzato all’estero. • Valore aggiunto o margine operativo
ottenuto all’estero • Numero di dipendenti operanti all’estero. • Investimenti produttivi
realizzati all’estero. Aspetti qualitativi sono: • Rilievo delle operazioni estere nel piano
strategico e nel modello di business. • Articolazione organizzativa delle attività estere.
• Misura in cui i processi produttivi sono organizzati e attuati su scala internazionale. •
Qualità delle conoscenze disponibili relativamente alle caratteristiche dei mercati
esteri. • Importanza delle relazioni esterne ed interne a livello internazionale nello
sviluppo delle risorse e delle competenze dell’impresa.
2.3 Il processo di internazionalizzazione e il vantaggio competitivo.
2.3.1 L’espansione estera come modalità di sviluppo del vantaggio competitivo.
L’espansione estera può favorire il raggiungimento di condizioni di vantaggio
competitivo perché determina opportunità di arbitraggio derivanti dalla diversa
condizione economica, competitiva e di mercato delle varie aree geografiche, e fornisce
all’impresa leve rilevanti nel confronto concorrenziale con gli operatori locali. Occasioni
di arbitraggio: operando in aree geografiche caratterizzate da diverso tasso di sviluppo
della domanda, l’azienda può sfruttare le differenze di valore che la domanda nei vari
paesi attribuisce al prodotto offerto, allungandone il ciclo di vita. Il vantaggio
competitivo deriva dalla possibilità di svolgere in modo più efficiente una determinata
attività in quell’area rispetto a quanto sarebbe possibile nel paese d’origine. La
strategia di espansione estera può essere valutata secondo la diversificazione del
portafoglio. Una determinata area geografica può essere considerata in funzione delle
sue caratteristiche di potenziale rischiosità e rendimento ; di conseguenza il processo di
internazionalizzazione è finalizzato alla diversificazione del rischio complessivo e alla
costituzione di un portafoglio di aree geografiche di business ottimale. Un secondo
effetto leva riguarda lo sviluppo delle risorse: operando in vari contesti geografici,
l’azienda dispone di una base da cui maturare conoscenze, sviluppare reputazione e
promuovere relazioni. Il fatto di essere presenti in più mercati garantisce vantaggi anche
nella strategia di mktg, data da una maggiore riconoscibilità del prodotto. Un altro
vantaggio riguarda lo sfruttamento dell’effetto made in : si manifesta nel fatto che
l’area geografica in cui il prodotto viene realizzato ne influenza in modo rilevante le
caratteristiche (reali o percepite). La tradizione e la reputazione positiva costituiscono
un elemento di differenziazione del prodotto di grande importanza, ed esse riguardano 4
aree principali: la capacità di innovazione tecnica e produttiva delle imprese nell’area
geografica; l’affidabilità dei materiali e il grado di controllo sulla loro provenienza;
l’inventiva e l’estro artistico; il prestigio acquisito nel tempo. L’impresa può sfruttare
l’effetto made in collocando la propria attività di ricerca o di produzione nell’area
geografica che gode della migliore immagine per quanto riguarda le componenti critiche
del prodotto. L’accrescimento economico e extraeconomico dell’impresa costituisce la
terza leva che può derivare dalla presenza internazionale dell’impresa e influenzare il
confronto competitivo sui mercati nazionali. Questo ultimo effetto può però provocare
effetti negativi sul benessere generale.
2.3.2. Globalizzazione, localizzazione e vantaggio competitivo. La possibilità di
acquisire in diversi contesti territoriali competenze specifiche costituisce la condizione
necessaria affinchè la configurazione globale della struttura produttiva dell’impresa
determini una posizione di vantaggio competitivo. Per la manifestazione del vantaggio è
necessario che le conoscenze locali siano trasferite e condivise all’interno del gruppo; a
tal fine l’impresa deve attivare strategie di coordinamento delle unità operative locali.
Il vantaggio dell’organizzazione globale consiste nella possibilità di valorizzare a livello
sovralocale risorse e competenze prodotte all’interno delle controllate estere,
attraverso la condivisione in tutte le sussidiarie e la loro simultanea utilizzazione in
diversi contesti territoriali. La dimensione locale costituisce la fonte primaria di risorse
e competenze che costituiscono il connotato distintivo della sua strategia competitiva
nei mercati internazionali. Il vantaggio competitivo dell’impresa internazionalizzata è in
parte spiegato dai guadagni della standardizzazione globale dell’offerta e dei processi
operativi, poiché non sono elementi distintivi. L’aspetto fondamentale è la possibilità di
generare risorse e competenze di origine diversa le quali, attraverso un processo interno
di circolazione, arricchiscono in modo sinergico il patrimonio conoscitivo di tutte le
componenti dell’impresa internazionale. Il vantaggio è quindi un vantaggio di sintesi,
che consiste nella possibilità di moltiplicare le fonti da cui trarre conoscenze distintive
ed elementi di forza.
Devono essere soddisfatte 2 condizioni per il vantaggio competitivo: capacità di gestire
la presenza in una certa area geografica anche nello sviluppo di relazioni locali e la
capacità di trasferire le conoscenze specifiche nella rete interna che costituisce il
gruppo internazionale.
Cap.3 L'INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE PICCOLE IMPRESE
3.1 La presenza internazionale delle imprese di dimensione minore. Anche le PI
partecpiano ai processi di internazionalizzazione, favorite dall'estensione geografica
internazionale delle nicchie di mercato. Nella maggior parte dei casi,
l'internazionalizzazione avviene in forma di esportazioni; limitati sono i casi di PI che
realizzano all'estero attività produttive. E' importante sottolineare che la tendenza alle
esportazioni è fortemente correlata alla dimensione dell'impresa: in Italia solo il 3%
delle micro imprese (fino a 9 dipendenti) esporta; il 29% nel caso delle piccole aziende
( da 10 a 49 dipendenti) e al 49% per le medie (da 50 a 249 dipendenti); al 54% per
quelle grandi. Se per le grandi imprese la presenza all'estero è ormai un aspetto
ineluttabile, per le azziende minori essa rimane una particolare scelta strategica,
conseguente al tipo di business in cui l'impresa opera. Il processo di
internazionalizzazione della PI non può quindi essere assimilato a quello delle aziende
più grandi. E' necessario distinguere nel concetto di Piccola Impresa, l'aspetto
dimensionale da quello realtivo all'età dell'azienda: vi sono piccole imprese in generale e
imprese giovani e in quanto tali piccole. Questa distinzione assume significato perchè
l'impresa giovane può diventare relativamente grande anche dopo pochi anni di attività,
sfruttando le opportunità espansive a livello sovralocale.
3.2 Processo di internazionalizzazione delle imprese di dimensione minore (PI)
3.2.1 Le spinte La proiezione della PMI al di fuori del suo contesto geografico di origine
è determinata dall’effetto composto di 4 fattori di spinta: • L’ambiente competitivo. •
Le condizioni di contesto • Il patrimonio genetico. • Il progetto strategico. Questi fattori
sono sia esterni che interni al sistema impresa; l’evoluzione va quindi interpretata come
fenomeno di micro-macro per cui l’evoluzione si inserisce in una macroevoluzione del
sistema di produzione. Al tempo stesso questa evoluzione si attua in un percorso con
caratteristiche legate all’ambiente micro dell’impresa. Gli elementi micro sono
essenziali nel determinare il modo in cui i fattori macro condizionano il processo di
internazionalizzazione e nell’attivare gli elementi attraverso i quali l’impresa
progredisce da fase iniziale a successive nello sviluppo estero. I fenomeni macro non
determinano di per se il comportamento dell’impresa, cioè le forze esterne non incidono
in maniera univoca sul modo in cui la pi entra nei mercati esteri.
L’ambiente competitivo. Comprende i vari aspetti che caratterizzano in maniera
strutturale il settore e l’area di business dove opera l’impresa. Gli elementi importanti
che portano all’internazionalizzazione sono: • Grado di apertura internazionale del
mercato. • Tasso di crescita della domanda nel mercato geografico di origine e in quelli
esteri. • Intensità della concorrenza nei vari mercati e provenienza geografica. • Grado
di complessità tecnologica. • Rilievo che la presenza internazionale ha sulla creazione
dei fattori di vantaggio competitivo. • Struttura dei costi e disponibilità degli input
produttivi.
I dati confermano come la ricerca di mercati più grandi o meno regolamentati
costituisca la motivazione più frequente. Altrettanto rilevanti sono le spinte legate ai
fattori di produzione, in particolare la ricerca di aree dove sia meno costoso produrre.
Nei settori dove le PI italiane hanno tradizionalmente una consolidata presenza nei
mercati internazionali la spinta che ha prevalso in passato è stata la ricerca di
produzione a più basso costo.
Le condizioni di contesto. Riguardano le specificità del territorio dove è localizzata la PI
che hanno maggiore valenza sulle sue capacità di pensare in chiave internazionale e
quindi di organizzarsi e di risultare competitiva in ambiti sovranazionali. Queste sono
determinate dall’insieme di fattori di attrattività territoriale che influenzano la
produttività dell’impresa rispetto ai concorrenti internazionali e che differenziano
l’offerta per i clienti esteri. Per le PI assumono importanza le politiche poste in essere
dalle istituzioni pubbliche locali, come il sostegno finanziario e l’offerta di servizi
specialistici a supporto della pi in mercati stranieri. Questi servizi sono finalizzati a
sollecitare l’attenzione delle imprese minori verso le opportunità internazionali,
facilitando il superamento dei principali ostacoli che impediscono il concreto
sfruttamento delle opportunità stesse. In linea generale le imprese che accedono a
questi servizi tende a essere limitato e comunque focalizzato sul supporto finanziario.
Un terzo aspetto è costituito dalle caratteristiche del tessuto produttivo in cui la pi è
collocata in termini di intensità di relazioni con le altre imprese e gli attori istituzionali;
la qualità di queste relazioni è determinante della capacità delle pi ad accedere a
risorse essenziali per competere all’estero. L’appartenenza a un contesto di questo tipo
facilità l’evoluzione internazionale riducendo gli elementi di incertezza strategica e
organizzativa.
Il patrimonio genetico. E’ composto dalla spinta imprenditoriale, dalle risorse tangibili e
intangibili disponibili e dal sistema di relazioni che l’impresa è in grado di attivare al suo
interno e con gli attori esterni; caratterizza l’impresa alla sua nascita e influenza la sua
evoluzione. L’orientamento verso l’estero e le specifiche capacità personali
dell’imprenditore assumono primaria importanza, poiché solo chi ha la funzione di
imprenditore può decidere sull’internazionalizzazione e cercare il modo di esercitarla.
Il progetto strategico. E’ articolato nella visione che guida l’evoluzione dell’impresa,
nella strategia competitiva e di crescita e nel modello organizzativo. E’ la base delle
scelte dell’impresa anche per quanto riguarda l’estensione geografica. Determina inoltre
i fattori su cui essa cerca di costruire una posizione di vantaggio sostenibile rispetto ai
concorrenti; quindi in esso si possono trovare le finalità che spiegano l’espansione estera
e le modalità per attuarla. La gran parte delle pi è consapevole dell’importanza del
progetto in particolare per quanto riguarda l’analisi dei mercati esteri e le attività di
forza vendita.
3.2.2 Gli ostacoli. La piccola dimensione risulta un ostacolo forte gia nella fase di
progettazione determinando due limiti cruciali: la mancanza di informazioni adeguate e
la scarsa capacità finanziara. Proprio queste due problematiche spiegano il fatto per cui
le imprese inizino ad esportare in seguito a contatti occasionali con compratori esteri,
con modalità che non richiedono impegnative analisi dei mercati o investimenti onerosi.
Molta parte degli ostacoli si manifestano nell'ambito organizzativo e del capitale umano;
nella PI i soggetti che hanno potere decisionale all'interno dell'impresa sono fortemente
assorbiti dalla gestione ordinaria, mancano quindi del tempo per impostare una strategia
come quella dell'espansione estera. Per quanto riguarda il capitale umano, va
considerato che il livello medio delle competenze è spesso basso per la gestione di
operazioni con l'estero; l'impresa dovrebbe quindi effettuare un
investimento nel rafforzamento del proprio capitale umano, il che è un rischio e
richiede una disponibilità finanziara che la PI non è in grado di sostenere. Il sistema
organizzativo determina anche come il processo di espansione estera della PI si evolve;
il fenomeno delle PI che risultano rimanere ad un livello basso nonostante siano presenti
sul mercato estero da tempo, è spiegato dalla staticità degli assetti organizativi. Non è
raro quindi che l'imprenditore sia avverso ai mutamenti organizzativi. Le aziende di
dimensioni minori soffrono poi i costi poco comprimibili richiesti per avviare le
operazioni internazionali e per gestire le transazioni (esportazioni. trasporto e logistica,
assicurazione).
3.2.3 Caratteristiche del processo di internazionalizzazione Il processo di
internazionalizzazione di una PI può essere descritto in relazione a: • La fase del ciclo
evolutivo dell’impresa. • L’estensione geografica. • Il grado di diversificazione. • Le
modalità di entrata.
A – La fase del ciclo evolutivo. Individua il momento nella storia dell’azienda in cui
questa inizia ad operare anche all’estero. Non esistono passaggi standard, vi sono
imprese che entrano in un mercato estero dopo un lunghissimo periodo di attività e altre
che nascono per essere internazionali. La fase in cui avviene tale passaggio influenza il
tipo di presenza estera che la PI assumerà. B – Estensione geografica. Caratterizza
notevolmente la presenza internazionale delle PI. Sono privilegiati i paesi
geograficamente e culturalmente vicini a quello di origine; questo tanto più quanto è
minore la dimensione dell'azienda e il suo livello di esperienza sovralocale. Si osservano
inoltre piccole imprese che sono fin da subito avviate con una visione globale, il che le
porta a scegliere aree geografiche non vicine ma strategiche per lo sviluppo del proprio
business. C – Grado di diversificazione. Nelle fasi iniziali di espansione la pi rimane
ancorata alla propria area di business originario, evitando di diversificare la propria
offerta. Il consolidamento della posizione estera produce effetti sulle condizioni di
portafoglio prodotto-mercato e può stimolare una strategia di diversificazione: quindi
essa diviene segnale importante della maturazione strategica e organizzativa. D –
Modalità di presenza all’estero. La modalità di apertura più diffusa tra le PI consiste
nell’avere relazioni con i fornitori esteri: gli approvvigionamenti esteri possono essere
gestiti sulla base di una chiara strategia di miglioramento del costo di determinate fasi
della catena del valore. Rispetto all’internazionalizzazione come ENTRATA nei mercati è
più diffusa l’export, anche se si sono sviluppati gli accordi strategici e creazione di
controllate estere. Tra le modalità di presenza all’estero per le PI c’è anche la
partecipazioni a network internazionali di generazione conoscenze e innovazioni. Le
modalità di presenza estera costituiscono un indicatore del consolidamento raggiunto
dall’internazionalizzazione della PI; l’aspetto più rilevante riguarda la coerenza che la
modalità di entrata adottata ha con le condizioni dell’impresa e con il target di mercato
verso il quale essa focalizza la sua attenzione.
3.2.4 Processo di internazionalizzazione tra fasi di impulso e di stabilizzazione. Il
percorso di espansione mostra in generale l’alternarsi di fasi di impulso delle operazioni
estere e di stabilizzazione delle posizioni raggiunte; il successo delle PI sta nella
capacità di gestire questa alternanza. L’impulso descrive la fase in cui l’imprenditore,
modifica lo status quo dell’impresa e il suo modo di collocarsi nel contesto competitivo;
attiva una serie di forze interne ed esterne che generano cambiamenti nel contesto
aziendale; in condizioni fisiologiche la fase d’impulso è seguita da quella
di stabilizzazione in cui le nuove modalità di operare sono consolidate per raggiungere
adeguati livelli di efficienza e aumenta la coesione del sistema organizzativo. Rispetto
alle pi, l’avvio dell’espansione parte da un impulso prodotto dall’organo di governo; i
cambiamenti organizzativi conseguenti incidono sulla compatibilità dell’impresa con il
nuovo contesto ambientale in cui essa si trova ad operare. L’insieme di questi elementi
influenza l’organo di governo, che viene spinto a produrre nuovi impulsi di
internazionalizzazione. Importante quindi è la coerenza fra fasi di impulso e
stabilizzazione, che si esprime nei tempi in cui tali fasi si manifestano e si alternano,
nella loro intensità e negli effetti che producono. Questo implica che l’impresa deve
disporre di fattori materiali e immateriali alla base di un adeguato alternarsi di fasi.
3.2.5 Effetto dell’espansione estera sul processo evolutivo dell’impresa.
L’internazionalizzazione è all’origine di impulsi rilevanti per l’evoluzione in 4 ambiti:
acquisizione nuove risorse, sviluppo patrimonio di conoscenze, sviluppo quali-
quantitativo del capitale sociale disponibile e rafforzamento della propria reputazione e
della percezione goduta presso l’esterno. Questi impulsi sono significativi per le pi: i
segnali verso l’esterno di questo tipo sono importanti per le pi poiché esse non hanno
molti strumenti per comunicare le proprie caratteristiche positive all’esterno; quindi
una valida presenza estera accresce la reputazione e la visibilità delle pi e migliora la
fiducia in essa da parte di attori esterni ed interni. L’internazionalizzazione Costituisce
un fattore di impulso importante poiché incide il modo con cui l’impresa si pone
nell’ambiente competitivo e sviluppa il proprio patrimonio di risorse. Importante è la
tendenza ad innovare che deriva dalla necessità di migliorare l’offerta rispetto alle
condizioni competitive dei mercati esteri.
3.3 Le modalità di internazionalizzazione delle piccole imprese 3 sono i modelli di
rilievo: • Internazionalizzazione congiunturale; • Internazionalizzazione progettata •
Internazionalizzazione trainata. Ciascuno di questi modelli ha alcune caratteristiche
tipiche in termini di spinte originarie, di criticità organizzative e strategiche e di
modalità evolutive possibili.
3.1.1 Internazionalizzazione congiunturale Fattori di spinta: Natura del business;
imprenditore; contesto localizzativo. Criticità organizzative e strategiche: Capitale
intangibile; struttura finanziaria. La natura del business è una determinante essenziale
del fenomeno dell’internazionalizzazione; lo sviluppo di nicchie, l’evoluzione delle
tecnologie e la rivoluzione dei sistemi di comunicazione sono le forze di contesto che
favoriscono le imprese born global. Il fattore determinante che spinge alla costituzione
di un business globale è l’imprenditore, soprattutto la sua specifica attitudine, le
competenze tecniche ,il sistema di relazioni e la visione imprenditoriale. Questi
elementi generano la spinta e le condizioni iniziali adatte per avviare un’iniziativa
internazionale. Figure imprenditoriali si manifestano con maggiore frequenza in contesti
in cui alcuni attori cardine sono già proiettati nel contesto internazionale. La reale
consistenza del capitale intangibile rispetto alle esigenze connesse al raggiungimento di
una posizione internazionale è la prima capacità da cui dipende la capacità di un
impresa born global di superare la fase d’avvio e evolvere fisiologicamente. 3
componenti intangibili sono decisive: • La conoscenza del mercato internazionale in cui
l’impresa intende entrare, con riferimento alle caratteristiche della domanda, del
sistema distributivo, alle condizioni della concorrenza e al sistema normativo. • Le
relazioni con gli attori che nel contesto sovranazionale sono decisivi per la realizzazione
delle attività della catena del valore e l’acquisizione delle risorse necessarie. • Le
competenze organizzative per gestire in modo efficiente ed efficace l’insieme di attività
dislocate in diversi paesi.
L’operare in scala internazionale dall’inizio rende + incerto il decollo dell’impresa: al
veloce aumento di fatturato e quota di mercato corrisponde un rapido incremento degli
investimenti e del fabbisogno finanziario; la componente finanziaria quindi rappresenta
la seconda grande criticità nelle fasi iniziali del percorso internazionale. Le pi tendono a
finanziare gli impegni dell’espansione con risorse proprie: autofinanziamento e nuovi
apporti di capitale di rischio. Queste fonti non sono sufficienti nelle born global: ne
deriva il rischio di rapida crisi finanziaria e riduzione della portata delle attività. Assume
grande importanza quindi un sistema finanziario in grado di offrire strumenti e servizi in
grado di accompagnare adeguatamente il processo di internazionalizzazione; questo
richiede una realtà produttiva avviata con una dotazione di capitale proprio adeguata
rispetto alle prospettive di sviluppo del business e all’orizzonte temporale necessario
per raggiungere condizioni di redditività. A riguardo interviene l’imprenditore sia
rispetto alla sua disponibilità al finanziamento dell’attività sia rispetto alla capacità di
interagire positivamente con il sistema finanziario. Nelle fasi iniziali l’impresa born
global vive impulsi in un periodo breve; se essi non portano ad una crisi l’impresa tende
a maturare velocemente il proprio posizionamento internazionale sul piano di presenza
nel mercato e organizzazione della produzione. La rapidità e l’intensità che
caratterizzano l’evoluzione delle pi born global implicano che queste attuino un
rafforzamento organizzativo: cambiamento che può però causare crisi. Questo
rafforzamento riguarda il capitale umano, con riferimento al coinvolgimento di figure
esterne a cui sono delegate funzioni manageriali e professionals con elevate competenze
tecniche. Questo crea problemi di integrazione figure con imprenditore, gestione
carriera delle risorse umane, capacità di sostenere costi relativi al rafforzamento.
3.3.2 L’internazionalizzazione trainata. Fattori di spinta: Evoluzione del business,
relazioni con i clienti. Criticità strategiche ed organizzative: Capacità produttiva,
competenze organizzative. In questo modello rientrano i casi in cui l’avvio
dell’espansione estera è conseguenza di alcune forze che per la loro consistenza rispetto
al business della pi la orientano fortemente o la costringono a cercare un
posizionamento a livello internazionale. Questo riguarda le imprese che operano come
fornitori di imprese medie o grandi; quando queste hanno una configurazione produttiva
altamente internazionale, attuano una riorganizzazione dei rapporti con i partner di
filiera: mantengono quelli con pi locali per forniture di basso valore aggiunto e
selezionano in ambito internazionale operatori cui esternalizzare attività di maggior
rilievo strategico, scelti rispetto al disporre o meno della capacità produttiva necessaria
per servire mercati esteri con stessi standard di quelli locali. Quindi l’organizzazione
produttiva sovranazionale dell’impresa cliente determina lo sviluppo di rapporti con i
fornitori in grado di operare in una dimensione geografica analoga. Questo fenomeno
espone la pi fornitrice ad una doppia sollecitazione verso l’estero: da un lato la espone
al confronto competitivo con operatori che in paesi diversi sono in grado di garantire uno
stesso tipo di fornitura, dall’altro la pone di fronte all’alternativa da un lato di
attrezzarsi a proporsi come fornitore internazionale oppure di perdere la commessa
anche nel mercato locale. Per la pi questo può determinare opportunità o minaccia:
opportunità per iniziare ad operare a livello internazionale, il che evita problemi
connessi alla comprensione del mercato estero e alla costruzione del contratto con i
nuovi acquirenti. In questo modello l’impresa segue un cliente già acquisito in un nuovo
paese, oppure cerca di espandere la collaborazione con un fornitore, che chiede al
cliente determinate misure a supporto dell’impegno nel paese, come la durata
temporale del rapporto di fornitura all’estero, i margini economici garantiti per un arco
temporale , il sostegno finanziario per la realizzazione di investimenti per forniture
estere e supporto organizzativo per avviarle. Quindi la pi fornitrice può ottenere dal
cliente condizioni che facilitano l’avvio dell’operazione all’estero; il venir meno del
sostegno dell’impresa cliente può trasformare l’opportunità in minaccia, poiché la pi
può non disporre della capacità produttiva e delle competenze organizzative necessarie
a soddisfare le necessità del cliente connesse alla sua evoluzione: in questo caso la pi
può rimanere operatore locale e come tale esclusa dalla rete di fornitori-partner. La
necessità di essere vicini a grande imprese globali di cui si è fornitori risulta anche
determinante fondamentale dell’espansione internazionale delle pmi.
Si osservano 3 modalità attraverso cui il contatto tra pi locale e operatore estero attiva
l’espansione estera. La prima è costituita dal confronto competitivo. L’abbassarsi delle
barriere geografiche e l’apertura internazionale dei mercati implicano che anche le
imprese con focus locale debbano confrontarsi con le imprese estere. Secondo il
fenomeno degli spillovers generati da una grande impresa internazionale nel sistema
produttivo dell’area geografica della pi; questi possono rafforzare la qualità delle
tecnologie e del capitale umano, nonche il livello delle conoscenze che la pi ha a
disposizione nel contesto geografico e che la formano in maniera competitiva nei
mercati esteri. Terzo è l’acquisizione della pi da parte di un gruppo internazionale, che
rappresenta un meccanismo di traino all’internazionalizzazione, poiché anche se piccola
può essere un target ideale per un impresa interessata a sviluppare la propria posizione
in un business o un mercato geografico. Attraverso l’acquisizione il gruppo acquirente
rafforza la sua estensione; l’acquisita invece si trova proiettata in un contesto non più
solo locale, maturando cosi cultura internazionale.
3.3.3 Internazionalizzazione progettata. Fattori di spinta: Imprenditore, opportunità di
business. Criticità strategiche e organizzative: Evoluzione organizzativa, vantaggio
competitivo. In questo modello si comprendono tutti i casi in cui l’espansione estera
interviene in un certo momento della vita della pi per una scelta imprenditoriale. La
rilevanza può essere tale da determinare una svolta radicale del percorso evolutivo
oppure può limitarsi ad uno sfruttamento commerciale che non modifica il focus
strategico dell’impresa. La rilevanza del progetto internazionale può variare nel tempo.
Nella fase iniziale l’imprenditore decide di lanciare iniziative a livello internazionale
volte a compiere un test sulle reali opportunità estere. I risultati e l’esperienza creati
sono alla base dell’evoluzione del progetto iniziale; col tempo l’impresa sviluppa un
insieme di competenze e un grado di coinvolgimento internazionale che influenza le pi e
le sue performance complessive. La progettazione internazionale non implica una
pianificazione a lungo termine ma un’opzione e delinea un percorso, che sarà
determinato da scelte che emergeranno nel tempo. L’internazionalizzazione progettata
implica un approccio razionale per cui l’espansione estera procede in modo graduale
basato su un matching tra spinte esterne e condizioni interne. Il mutamento
dell’atteggiamento dell’imprenditore costituisce il fattore essenziale nello spiegare
l’avvio del progetto di espansione. Questo mutamento può essere determinato dal
passaggio generazionale, dalla maturazione culturale e tecnica, dal rafforzamento delle
relazioni estere e dal mutamento della visione dell’iniziativa imprenditoriale. Questo
cambiamento è stimolato da specifiche condizioni di mercato, di concorrenza e del
contesto ambientale in generale. Il modello presenta 2 criticità: in primo luogo, la
capacità di adottare misure organizzative necessarie per attuare il nuovo indirizzo di
espansione estera. In secondo luogo, non è scontato che la decisione di uscire
dall’ambito solo nazionale sia supportata dalla disponibilità da parte della pi di
condizioni interne adeguate alla possibilità di sfruttare i fattori di vantaggio competitivo
del mercato interno. Le modalità evolutive sono diverse; in linea generale la pi è
guidata dalla ricerca di opportunità di business dove può sfruttare l’esperienza
internazionale maturata e i fattori di forza disponibili. Un’altra tendenza è il focus
dell’impresa in aree di business/geografiche che consolidino in modo agevole la
posizione competitiva.
3.4. Il modello di impresa born global
3.4.1 Le caratteristiche salienti delle imprese born global Con il termine born global si
descrivono le PI che fin dall'inizio sviluppano la loro attività a livello internazionale; sono
quindi create con le competenze e le risorse necessarie per competervi fin dall'inizio. Le
born global sono un fenomeno significativo anche dal punto di vista concettuale:
introducono una dimanica di espansione estera diversa da quella in cui l'impresa
acquisisce esperienza progressivamente.
Questo tipo di imprese hanno la capacità di individuare aree di business dove la piccola
dimensione di partenza non risulta un fattore penalizzante; hanno dunque l'aproccio
strategico tipico delle PI di successo, ovvero un elevatissima specializzazione in una
nicchia di mercato, cosi da raggiungere un'elevata reputazione. Vi sono anche condizioni
di contesto che stimolano lo sviluppo di questo modello di piccola impresa
internazionale. Lo sviluppo delle nicchie globali, l'evoluzione delle tecnologie, la
rivoluzione dei sistemi di comunicazione, rappresentano le principali forze di contesto
che favoriscono il fenomeno delle imprse born global. Le figure imprenditoriali con le
caratteristiche fondamentali per avviare una born global si manifestano con maggiore
frequenza in contesti dove alcuni attori cardine sono già fortemente proiettati sul piano
internazionale. In ambienti di questo genere, è diffuso e radicato un orientamento
culturale veso l'estero.
3.4.2 Le condizioni di successo di una born global L'impresa born global affronta gli
stessi svantaggi tipici delle piccole aziende, ma differentemente da esse è in grando di
neautralizzarli o addirittura di far leva su di essi. Questa capacità deriva soprattutto
dalla qualità del suo capitale immateriale, caratterizzato dai seguenti quattro aspetti: •
Reputazione riconosciuta; • competenze organizzative; • conoscenza del mercato
internazionale, in particolare dei clienti chiave; • capacità di apprendere, intesa come
capacità di riconoscere le opportunità tecnologiche e di far leva sulle conoscenze attuali
per svilupparne di ulteriori. Queste risorse sono fondamentali per avviare la nuova
impresa, ma diventano insufficienti per consolidarne il successo. Per compiere questo
salto dimensionale diviene fondamentale la componente finanziaria: gli investimenti
necessari nelle prime fasi di sviluppo, possono essere finanziati in modo agevole anche
attraverso l'apporto diretto dell'imprenditore; quelli richisti nella fase successiva di
slancio necessitano fonti più robuste. La difficoltà ad accedere a tali fonti può arrestare
il processo di crescita dell'azienda o metterla in crisi. Assume quindi rilevanza la
presenza di un sistema finanziario in grado di offrire alle born global strumenti finanziari
in grado di accompagnae il loro particolare processo di internazionalizzazione. La
rapidità e l'intensità che caratterizzano l'evoluzione internazionale della PI born global
implicano che gia poco tempo dopo l'avvio delle attività questa attui un significativo
rafforzamento organizztivo, che riguarda innanzitutto il capitale umano; vanno coinvolte
figure esterne cui siano delegate funzioni manageriali e di professionals. Non
necessariamente l'impresa born global diventa grande; la sua gensi internazionale
rappresente una condizione certamente favorevole alla rapida espansione ma non
sufficiente in sè a determinarla. Può ridursi la spinta imprenditoriale, il capitare può
risultare non adeguato e lo stesso imprenditore può sopra-valutare le proprie
competenze.
3.5 Fattori critici per il successo della piccola impresa all'estero
3.5.1 Le caratteristiche prevalenti delle piccole imprese di successo all'estero I tratti
comuni che caratterizzano le PI che riescono a condurre un'espansione di successo sono:
• Qualità imprenditoriale: emerge come fattore di successo. Attorno all'imprenditore
ruotano gran parte delle relazioni, grazie alle quali l'impresa riesce ad assumere un
ruolo e una reputazione riconosciuti nel proprio busines. • Sviluppo del capitale
immateriale: Maturazione di conoscenze attraverso una positiva interazione con
l'ambiente internazionale, e un costante rafforzamento della reputazione nella comunità
di business. Questa reputazione permette alle imprese di presentarsi come interlocutori
validi anche in progetti internazionali di notevole complessità; • Competizione
focalizzata: le PI privilegiano la strategia di focalizzazione, cercando di individuare delle
nicchie nel mercato dove poter raggiungere e mantenere qualche fattore di
vantaggio competitivo. Le PI di successo internazionale riescono a replicare questa
strategia su diversi mercati geografici; • Capacità innovativa: riguarda in primo luogo le
innovazioni di prodotto, l'attitudine al cambiamento organizzativo e la flessibilità
strategica.
3.5.2 L'appartenenza ad una rete Il far parte di un business network può costituire per
la PI una spinta rilevante verso l'espansione estera. Il businss network può consistere nel
distretto produttivo o cluster, oppure nelle diverse forme di reti d'impresa che si stanno
diffondendo tra le modalità di crescita delle aziende di dimensione minore. L'essere
collocata in un distretto offre potenzialmente alla PI l'opportunità di beneficiare di
alcune esternalità positive; l'impresa ha in primo luogo accesso alle informazioni, alle
risorse, a capitale umano e alle conoscenze specialistiche che esistono nel contesto
geografico del cluster. Il cluster può anche offrire alle PI che ne sono parte un notevole
vantaggio sul piano dell'immagine e della reputazione percepita dagli interlocutori
esteri. In questo senso, il territorio di appartenenza costituisce per le PI che ne sono
parte una sorta di marchio, grazie al quale queste acquisiscono un'identità riconosciuta a
livello sovra locale; il posizionamento e la ualità dei prodotti complessivamente
realizzati nel cluster si riflettono su quelli percepiti dall'offerta dlle singole imprese che
ne sono parte.
3.5.3 La variabile finanziara Il rilievo della variabile finanziaria
sull'internazionalizzazione della PI deve essere valutato su due piani distinti. Il rilievo
della variabile finanziaria come vincolo o opportunità nel processo di espansione estera
L'atteggiamento delle imprese impegnate all'estero verso la questione finanziaria è
spiegato da due discriminanti: • Il grando di consolidamento produttivo e competitivo
raggiunto; • la fase del processo di internazionalizzazione, distinguendo tra fase di
impulso e di stabilizzazione. La finanza costituisce un vincolo rilevante, sia come
disponibilità di risorse che di efficace gestione delle variabili connesse, nel caso delle
imprese più piccole, con una posizione competitiva relativamente debole e all'inizio del
processo di espansione estera. Al contrario, le imprese che hanno una presenza
internazionale soddisfacente mostrano di non avere problemi particolari con la gestione
finanziaria. Nelle fasi di impulso si hanno cambiamenti che hanno normalmente riflessi
consitenti ache sul piano finanziario. Nelle fasi di stabilizzazione le problematiche
finanziarie risultano meno pressanti. L'impatto dell'internazionalizzazione sulla
dimensione finanziaria delle PI e sulla loro domanda di finanza L'internazionalizzazione
influenza tre elementi di rilievo sulla dimensione finanziaria dell'impresa: • il rischio
specifico; • il capitale tangibile; • la dinamica dei flussi di cassa.
I tre aspetti della domanda di finanza sono: • la natura e la dinamica del fabbisogno
finanziario; • le condizioni di copertura e di rimborso delle risorse finanziarie acquisite;
• i servizi a supporto
In linea generale, l'internazionalizzazione, soprattutto nelle sue fasi iniziali, può essere
un fattore d iaumento del rischio specifico della PI. Le operazioni con l'estero espongono
l'impresa ad alcuni rischi particolari: il rischio Paese, il rischio di cambio, il rischio sui
tassi di interesse.
Un secondo effetto del processo di internazionalizzazione è l'aumento del peso del
capitale intangibile. La presenza sui mercati esteri è fortemente correlata al
rafforzamento dell'immagine e del marchio dell'impresa; questi elementi sono, al tempo
stesso, fattori essenziali per competere all'estero e elementi che vengono rafforzati dal
fatto di avere una presenza internazionale. Considerazione analoga vale per l'insieme di
competenze detenute dall'impresa. La dinamica dei flussi di casa è il terzo aspetto di
natura finanziaria fortemente influenzato dal processo di espansione estera. In linea
generale si osserva una maggiore difficoltà di previsione e una possibile maggiore
variabilità, almeno fino a quando l'impresa non ha raggiunto un sufficiente
consolidamento nel mercato estero. L'esigenza primaria per quanto riguarda la natura
delle fonti è, dunque, la stabilità della loro disponibilità; si fa quindi riferimento a
forme di debito di medio/lungo termine o anche al capitale di rischio. La dinamica del
fabbisogno è determinata da alcune precise criticità della gestione finanziaria di una PMI
che opera a livello internazionale in modo non marginale: a)variabilità e difficile
prevedibilità dei fabisogni; b) necessità di contenere i costi finanziari; c) probabili
deficit nelle fasi iniziali del processo di internazionalizzazione e in quelle di sviluppo
particolarmente rapido. Rispetto a queste problematiche, è necessario che le risorse
finanziarie siano effettivamente disponbili in tempi molto veloci rispetto al momento in
cui si verifica la necessità e abbiano una utilizzabilità molto flessibile.
Cap.4 - LE STRATEGIE INTERNAZIONALI DELLE MEDIE IMPRESE DEL MADE IN ITALY
4.1. Le medie imprese del made in italy Le imprese di media dimensione hanno assunto
in Italia una grande rilevanza; è sembrata farsi largo questa nuova specie di imprese a
forte vocazione internazionale, dette anche "multinazionali tascabili", che si afianca alle
pochissime di grande taglia e alle moltissime di piccola taglia. Esse spaziano in tutti i
settori del made in Italy, dimostrandosi in grado di valorizzare le tradizionali doti
manifatturiere del territorio. Il successo delle medie imprese si fonda su business model
che conciliano la flessibilità strategica della piccola dimensione con la ricerca delle
eccellenze tecnologiche, di design, di prodotto e di marketing proprie delle grandi
imprese. Nel contempo, le migliori medie imprese sanno sviluppare strutture
dimensionali più grandi per cercare i benefici della grande dimensione, ma senza
appesantirsi con le relative debolezze (lentezza decisionale, costi di mantenimento). Le
performance conseguite dalle medie imprese confermano e avvalorano la loro capacità
competitiva.
4.2 Le strategie competitive delle medie imprese La competitività delle medie imprese
semba fondarsi sulla capacità di aggirare il confronto concorrenziale, con strategie di
focalizzazione dinamica; sono strategie che attengono a particolari segmenti di domanda
e si fondano sui tradizionali fattori di successo dell'industria italiana (creatività, qualità
artigianale, estetica del prodotto, driver di acquisto simbolici di life style) per sottrarsi
alla concorrenza delle produzioni low cost asiatiche. Non potendo competere per
dimensione con i leader, le medie imprese attuano una riformulazione flessibile del
business. La ri-focalizzazione per lo più nasce dalla necessità di rispondere a minacce
che inducono a cambiare il modello di business, e i risultati migliori sono conseguiti
attraverso il generale riposizionamento verso l'alto delle nostre iprese per difendersi
dalla concorrenza estera. La pluri focalizzazione invece può abbracciare diversi
segmenti che presentano interrelazioni tra loro, tali da compensare i maggiori costi di
coordinamento. Per questo motivo le medie imprese dell'abbigliamento ampliano la
propria offerta verso il total look o verso gli accessori. Quando però l'impresa occupa
diversi segmenti possono nascere due pericoli: il primo è di aumentare i costi di
coordinameno; il secondo è di perdere la specificità del business. Di fronte ai pericoli di
una strategia di pluri-focalizzazione, le medie imprese che vogliono crescere devono
pertanto considerare la strategia alternativa: l'estensione sui mercati esteri.
4.3 Le scelte dei mercati e delle modalità di entrata Le medie imprese sanno insediarsi
nei cosiddetti nuovi mercati con acquisizioni aziendali o con la creazione di stabilimenti,
sussidiarie e joint venture per avvicinarsi alle esigenze della domanda indigena.
4.3.1 Quali i mercati: le nicchie globali e i Paesi emergenti Le nostre imprese spingono
molto sul pedale dell'estero puntando soprattutto sulla fascia alta, poichè sono strette
nella morsa da un lato dall'aumento della concorrenza interna, dall'altro dalla copertura
delle fasce basse da parte delle produzioni asiatiche. Grandi bacini di domanda possono
essere i Paesi emergenti, che hanno alta capacità di spesa e sono disposti a pagare un
premium price per i prodotti made in Italy. Le medie imprese pertanto dimostrano
crescente attenzione verso l'Asia, il Sud America, l'Est europeo e anche il Golfo arabo;
continuano a svilupparsi anche però nei mercati occidentali, poichè anche se nei Paesi
emergenti i consumi crescono a ritmi più elevati, la classe benestante che oggi ammonta
a circa 1 miliardo di persona risiede ancora per l'80% nei paesi gia avanzati.
4.4 I quattro orientamenti all'internazionalizzazione Le strategia di
internazionalizzazione delle medie imprese di successo possono classificarsi secondo
quattro orientamenti: • orientamento ai volumi; • orientamento all'efficienza; •
orientamento alla differenziazione: • orientamento all'innovazione.
4.4.1 L'orientamento ai volumi di vendita Volto ad ampliare il mercato di vendita per
conseguire economie di scala o per compensare la saturazione del mercato interno. Le
finalità strategiche sono: • compensare la saturazione del mercato interno: il vantaggio
competitivo premia le imprese che si muovono prima dei concorrenti; • sfruttare le
proprie competenze in altri mercati: ciò vale soprattutto per il Made in Italy. •
conseguire economie di scala: raggiungere volumi operativi più ampi e consolidare una
posizione competitiva.
4.4.2 L'orientamento all'efficienza Volto a ridurre i costi di produzione e di
approvigionamento, mediante la delocalizzazione nei paesi emergenti. Spesso si collega
a scelte di posizionamento in segmenti di mercato basati sulla convenienza dell rapporto
prezzo/qualità. Internamente sono curate le attività di selezione e gestione dei
fornitori, di innovazione, di controllo di qualità
4.4.3 L'orientamento alla differenziazione Mira ad ampliare geograficamente e a
potenziare la nicchia di mercato servita. Le finalità strategiche sono: • assicurarsi
risorse privilegiate sfruttando peculiarità ambientali o culturali; • accedere a gruppi di
clienti sensibili a problematiche emergenti in altri mercati: alcune medie imprese si
rivolgono all'estero alla ricerca di segmenti internazionali sensibili alla propria proposta
di mercato.
4.4.4 L'orientamento all'innovazione E' il tipo di orientamento più moderno, che mira
allo sviluppo di competenze evolute. Si collega a strategie fondate sull'innovazione
continua. Per talune imprese l'innovazione è prodotta mediante relazioni con clienti
oltre i confini nazionali: in questi casi, data la natura globale dei loro clienti,
l'internazionalizzazione rappresenta la fonte stessa dell'innovazione. Le finalità
strategiche prevalenti sono:
• accedere a know-how e conoscenze innovative; • integrarsi con i clienti e sviluppare
processi di apprendimento e crescita strategici.
4.5 Le acquisizioni dall'estero delle medie imprese italiane Le grandi multinazionali,
coerentemente a quanto illustrato nel capitolo sulle strategie di entrata, acquistano
soprattutto per: • occupare in modo rapido e diretto un mercato estero; • appropiarsi
velocemente di asset materiali e immateriali dell'impresa target.
Per l'impresa acquisita, invece, entrare a fare parte di un gruppo multinazionale può: •
consentire l'apertura di nuovi mercati o il migliore accesso a quelli già presidiati; •
generare un effetto "disciplinante" imposto dalla nuova proprietà, che può migliorare o
eliminare inefficienze gestionali e manageriali; • rafforzare la posizione nei confronti di
fornitori e clienti.
Cap.5 LE STRATEGIE DI ENTRATA NEI MERCATI ESTERI.
5.1 L'articolazione delle strategie di entrata nei mercati esteri Per operare nei mercati
esteri l'impresa elabora una strategia d'entrata, articolata su tre questioni fondamentali:
• la natura dell'attività (commerciale, produttiva, logistica); • l'area geografica dove
sono attuate determinate attività; • i soggetti esterni coinvolti nella realizzazione di tali
attività. Per quanto riguarda il primo aspetto si distinguono tre tipologie di attività:
commercializzazione di prodotti o servizi realizzati nel paese di origine, svolgimento di
attività della catena del valore, acquisizione di conoscenze. Relativamente al terzo
aspetto, l'impresa può entrare in un mercato estero in maniera del tutto autonoma o
attraverso varie forme di collaborazione con altri soggetti. Le esportazioni dirette
consistono in attività di commercializzazione in altri paesi realizzate da strutture
operative dell'impresa esportatrice; le esportazioni indirette descrviono operazioni di
vendita all'estero attuate da soggetti terzi. Attraverso gli investimenti diretti esteri,
l'impresa entra in maniera autonoma in una nuova area geografica. Infine le alleanze
strategiche decrivono modalità differenziate con cui l'impresa entra in un paese estero
attraverso la collaborazione con soggetti esterni. Le esportazioni indirette possono
essere attuate secondo tre modalità: • consorzi e altri organismi di cooperazione; •
società specializzate indipendenti; • intermediari. Nel caso in cui l'impresa decida di
collocare in paesi esteri le attività di produzione, le modalità di entrata possono essere
gli investimenti diretti esteri o le alleanze strategiche. Gli investimenti diretti esteri si
manifestano nella realizzazione di una nuova struttura produttiva nel paese estero; a
seconda che sia localizzata in un sito non utilizzato oppure occupato in passato da altre
attività economiche si parla di investimenti Greenfield e Brownfield.
5.2. Le strategie di entrata e il processo di internazionalizzazione Le diverse strategie di
entrata implicano un diverso legame con gli attori del contesto competitivo nel paese
estero. Esse condizionano tre importanti aspetti del processo di internazionalizzazione
dell'impresa: • l'intensità delle relazioni con gl iattori che operano nel contesto
geografico estero; • il grado di controllo sulle variabili competitive nel mercato estero
target; • l'appropriabilità dei risultati economici e strategici delle operazioni estere.

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