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\MARKETING INTERNAZIONALE – MODULO I

INFO MERCATI ESTERI

www.worldbusinessculture.com/compatibility/test

www.gert-hoftsede.com

Globalizzazione, apertura dei mercati e attrattività dei Paesi

Il periodo storico in cui viviamo è caratterizzato dalla globalizzazione dei mercati, che si è accentuata dalla seconda
metà degli anni 80 (la ricerca di economie di scala sempre superiori si è accentuata di recente

Cos’è la globalizzazione? La globalizzazione è la somma di due fenomeni:


1. Liberalizzazione dei mercati internazionali (ossia si sono aperti e sono
diventati più accessibili, meno difesi da vincoli, dazi, etc.)
2. Diffusione delle ACT (nuove tecnologie dell’informazione e della
comunicazione)

La globalizzazione è un No, fin dai romani si sono registrati momenti e fasi di apertura dei mercati, a cui
fenomeno nuovo? però sono seguiti dei periodi di chiusura.
Ciò che contraddistingue la globalizzazione attuale è la presenza delle ACT, che
nei fenomeni precedenti non c’erano.

Quale fattore ha favorito La riduzione dei costi di trasporto, in particolare la deregulation degli anni 90 del
l’attuale globalizzazione? traffico aereo.

Cosa ha prodotto la Ha prodotto almeno 3 fenomeni:


globalizzazione? 1) La frammentazione delle fasi produttive, ossia sono emersi modelli di
business che prevedevano la testa a Montebelluna, lo stabilimento in
Indocina etc.; le fasi produttive si sono geograficamente distribuite
cercano i luoghi più favorevoli nel mondo in cui produrre dal punto di
vista dei costi produttivi. Altro esempio è la produzione delle scarpe (la
tomaia prodotta in un posto, etc.)
2) Delocalizzazione dei servizi, non solo i beni; esempi sono servizi
assicurativi e bancari che hanno uffici sparsi nel mondo. Anche
discount, super store sono esempi di questo tipo di localizzazione
3) Tendenziale convergenza nei gusti degli adolescenti, soprattutto per
via delle grandi multinazionali americane. La cosa in realtà non è così
scontata. Ci si potrebbe chiedere chi governa questi gusti,
probabilmente chi è in grado di diffondere il proprio potere in
particolare i mass media. È una distorsione capitalistica

Qual è l’indicatore del grado di Un indicatore che mi dice quanto un paese è aperto al commercio internazionale
apertura di un paese? è il rapporto fra esportazioni e PIL. È un indicatore molto brutale perché non
tiene in conto le importazioni, che influiscono sul grado di apertura di un paese.
Le exp aumentano la ricchezza, ma le imp aumentano i consumi.
La maggior parte del consumo internazionale fra l’altro è dato dai beni intermedi
(commercio intra-industriale).

Le aree geografiche del mondo No, alcune sono più avanti di altre. Nonostante la WTO, il tasso di sviluppo
hanno avuto lo stesso sviluppo dell’internazionalizzazione è stato molto alto, rispetto ad altri paesi in Cina,
dell’internazionalizzazione? Oceania e Usa, mentre più contenuto in Africa e America Latina.
Come si può andare all’estero? Le opzioni sono di:
- Mandare i propri prodotti nel Paese scelto
- Acquisire un’azienda locale nel paese estero e producendo lì (IDE); lo
stabilimento all’estero alimenta il commercio e serve i paesi confinanti
(es. apro in Vietnam ed esporto in Laos). Gli IDE italiani, dato che le
nostre imprese sono meno capitalizzate di altre e ci sono anche una
serie di rischiosità (ad esempio opposizioni del governo), sono più bassi
del livello europeo.
- Creare una joint venture con un produttore locale.

Quali sono i paesi che più di Sono Brasile, Russia, India e Cina (Paesi BRIC). Sono accomunati da:
altri costituiscono nuove - Territori estesi
frontiere - Dotazione di materie prime (la Cina meno)
dell’internazionalizzazione? - Popolazione molto numerosa (elevata domanda potenziale)
- PIL in crescita forte

Nuovi paesi emergenti sono Polonia, Tunisia, Malesia, Messico e Sud Africa.

Gli investimenti rivolti in questi paesi cercano vantaggi di costo, ossia di


sfruttare un costo del lavoro e/o di produzione favorevole (dovuto anche alla
prossimità con determinate materie prime). La logica dell’investimento verso
questi paesi è di vantaggio di costo.
Gli investimenti che provengono da questi paesi in genere verso l’occidente
hanno una logica diversa, ossia di sfruttare know-how e progressi tecnologici.

Come si fa a capire se un paese La teoria economica ci dice che gli investimenti si allocano secondo la teoria del
è attrattivo o meno? vantaggio comparato, ossia gli investimenti vanno nei paesi in cui il capitale è
meno abbondante (perché la produttività dovrebbe essere più elevata, se non
altro perché c’è meno concorrenza).

Come mai manca del Se guardiamo a questa teoria ci rendiamo conto che c’è meno commercio di
commercio? quello che ci si aspetterebbe dalla teoria.
Il motivo è che non esistono solo le barriere tariffarie, ma anche quelle
istituzionali (es. Common Wealth) o culturali (lingua, etc.)
Non basta che ci sia la condizione prevista dalla teoria, ma devo decidere a che
paesi rivolgermi, in che lingua comunicare, come posso avviare e mantenere un
rapporto d’affari, etc. Spesso sono dei freni all’internazionalizzazione.
Quindi nel valutare se andare all’estero o meno non si fanno solo calcoli
economici.
Le barriere sono percepite di più dalle PMI, che tendono dunque a preferire
mercati più noti o a muoversi in gruppo, anche penalizzando la propria
produttività.

Esistono barriere ulteriori a Sì, istituzionali e culturali


quelle economiche?

Quali sono le determinanti della La produttività di un paese è determinata dalle caratteristiche che rendono
produttività? attrattivi i paesi:
- Attrattività della domanda
- …
- Distanza geografica
- Distanza culturale
- Distanza istituzionale
- Burocrazia
- Corruzione
- Protezione del diritto di proprietà e di proprietà intellettuale
- Stabilità politica
- Rischio di cambio
I siti che la monitorano sono: hhtp://databank.wordbank.org; info.wordbank.org
che contiene i WWGovernance indicators; www.statista.com

Quali sono i supporti Come dicevamo l’esportazione aumenta la ricchezza, l’importazione i consumi.
istituzionali Difendere le produzioni nazionali è un grande tema di discussione
all’internazionalizzazione? internazionale. Es. americani che fanno mettere sui prodotti italiani “fan male
alla salute”, imposizione di dazi.

Se però non venisse messo nessun tipo di vincolo sulla qualità di marchi
alimentarti stranieri saremmo pieni di cibo adulterato.

Il marketing è fondamentale perché crea differenziazione dei prodotti. Il


problema del capitalismo moderno è che si vuole eliminare la differenziazione di
pensiero, gusti, lingue etc e ciò ha una ricaduta diretta sul marketing.

Quali sono i vantaggi di avere I governi hanno interesse a favorire le IDE da altri Paesi, perché certi tipi di IDE
un IDE da altri Paesi? fanno bene al paese ricevente in termini di:
- Occupazione
- competenze dei lavoratori
- progresso tecnologico
- sinergie di innovazione con altri paesi.

Cosa può fare un Governo per Deve garantire:


incentivare gli IDE da altri - Libera concorrenza nel paese
paesi? - Rete di infrastrutture
- Quadro normativo chiaro
- Ufficio di consulenza legale e commerciale

Deve inoltre garantire che ci siano vari trattamenti equivalenti per le aziende
italiane nei paesi che ospito.

Come costruire un piano di marketing internazionale


Caso Starbucks Starbucks si propone di diffondere la cultura del caffè anche dove è meno
sentita. La Cina costituiva un mercato interessante, quindi il brand apre uno
store nella città proibita. È stata una scelta sbagliata? No, le opportunità erano
molte (elevato numero di turisti, molti cinesi, etc. quindi la possibilità di attrarre
molti clienti e di darsi conoscere).
Un presentatore tv inizia a portare avanti una battaglia contro l’eccessiva
occidentalizzazione del paese.
Le opzioni per Starbucks erano:
- Continuare come se nulla fosse  il marchio sarebbe stato esposto ad
un’erosione negativa nel mercato cinese e avrebbe esposto le altre
caffetterie del brand nel paese ad azioni di boicottaggio da parte degli
oppositori
- Continuare con un nome diverso  ciò contrastava con la policy di
comunicazione del brand, che non cambia nome a seconda del paese in
cui va
- Lasciare la città proibita  è stata, dopo una serie di negoziazioni, la
soluzione finale
La morale è di stare attenti a rispettare l’identità culturale locale, altrimenti il
rischio è che sorgano problemi importanti. Bisogna cercare di studiare la cultura
del paese in cui ci si vuole introdurre.

Come fare un’analisi SWOT? Spesso l’errore è inserire elementi nei quadranti sbagliati. L’analisi deve essere
completata con delle operazioni successive.

S W

Audit interno (punto di vista Audit interno (punto di vista


dell’azienda) dell’azienda)

Guardo quali sono i miei punti di Guardo quali sono le mie debolezze
forza
O T

Audit esterno, devo dimenticarmi Audit esterno, devo dimenticarmi


dell’azienda. dell’azienda.
È lo sguardo dell’interno business. È lo sguardo dell’interno business.

Una volta fatto questo siamo neanche a metà dell’opera. Ciò che mi consente di
fare l’analisi devo fare due tipi di operazioni:

1) operazione di conversione (freccia da W a S e da T a O)  posso trasformare


qualche punto di debolezza in punto di forza, come posso fare? (es. non ho una
rete di distribuzione nel paese estero, ma posso dotarmi di un forte e-commerce
e risparmiare sui costi di struttura). Il management cerca di trovare le
opportunità dove ci sono le minacce (es. Saugella la T era che le farmacie stanno
perdendo quota di mercato nel business dei detergenti intimi e quello era il
canale di distribuzione di riferimento per il brand, sta però aumentando la quota
di mercato dei super; per trasformare la minaccia in opportunità si è concentrata
sulle farmacie per aiutarle a recuperare quote di mercato, magari con particolari
display, e di sottrarle ai concorrenti)

2) operazione di congruenza (frecce S e O)  metto in connessione i miei punti


di forza alle opportunità; quindi, come sfrutterò le opportunità tramite i miei
punti di forza.

Come e perché le PMI affrontano i mercati esteri


Caso Moda Kyrgyzstan Marito e moglie lavorano con tessuti non pregiati e vogliono lavorare il cashmere
italiani (il 90% viene lavorato in Italia).

Guardando alla seconda domanda “qual è il vantaggio competitivo di moda


textile?”. Sicuramente le relazioni stabili con i propri dipendenti ed i propri clienti.

Hanno dei problemi legati alle turbolenze politiche del Paese (es. transito del
materiale in Uzbekistan quasi confiscato alla dogana)

Hanno bisogno di partner, ma per farlo hanno bisogno di dotarsi di competenze,


come la capacità di raccogliere informazioni sull’affidabilità dei clienti, avrebbe
bisogno di un ufficio legale e tutte le altre cose necessari per ingrandirsi e lavorare il
cashmere.

Dovrebbe sviluppare una sua etichetta perché prima i suoi prodotti arrivavano sugli
scaffali con marca commerciale. Deve avere capacità di flessibilità nella gestione
della produzione per riuscire ad espandersi.

Come è finita? Hanno chiuso il business dei jeans, si sono dotati di un agreement
con un’agenzia di servizi legali con sede nella capitale, hanno stabilito relazioni con 3
centri commercial a mosca e hanno ottenuto un piccolo prestito per aumentare la
forza della propria marca e migliorare le condizioni di lavoro dei dipendenti.
Le vendite ora sono cresciute considerevolmente, il 75% continua ad essere fornito
da contratti per terzi (lavorano come terzisti per altri) e il 25% è invece produzione
con propria marca.

Gli stimoli principali sono:


Quali sono gli stimoli iniziali - Ordine inatteso dall’estero
di solito per cui le PMI - Confronto con i concorrenti che vanno nel paese
vanno all’estero? - Canali distributivi che si industrializzano
- Banche che offrono servizi
- Fornitori ed istituzioni che danno suggerimenti

Le PMI si espandono all’estero per almeno uno dei seguenti motivi:


Quali sono i motivi per cui si - Per ottenere ricavi maggiori e aumentare le vendite
va all’estero? - Per trovare costi di produzione minori
- Per impadronirsi di know-how, tecnologie e conoscenze

Sono:
Quali sono i rischi principali - Carenza di conoscenza per mancata esperienza pregressa
per le PMI? - Maggiori costi di gestione e produzione rispetto ai concorrenti già operanti
nel mercato estero

Per questi motivi le PMI tendono ad effettuare un’internazionalizzazione graduale


(mercati prima più vicini e poi più lontani). C’è una prevalenza della modalità
esportazione indiretta e poi diretta (es. prima in Francia e Germania, poi più
lontano).
Dipende molto dal tipo di prodotto (es. moda non posso aprire subito a pechino, per
andare lì devo prima farmi riconoscere in capitali europee). Se invece vendo
piastrelle subentra di più il rapporto peso/prezzo con particolare attenzione al costo
di trasporto sul costo finale (per le piastrelle di solito non si può andare oltre i 1000
km di distanza, entra in gioco l’IDE o creare uno stabilimento sul posto)

Per andare ad importare all’estero:


- Reputation (il made in italy non è vantaggio competitivo del singolo, ma
anche dei miei competitor italiani, quindi non è un vero vantaggio
competitivo) se fossi il primo italiano ad entrare in un certo mercato
avrei quel vantaggio competitivo
- La tipologia di prodotto da esportare

Come si possono classificare Le PMI possono essere di due tipi:


le PMI? - PMI che si internazionalizzano a stadi: il processo avviene man mano
- PMI born global: sono quelle che nascono globali, sono in netta minoranza;
hanno 5 caratteristiche
o Si occupano di nicchie molto strette (la nicchia è protetta da
barriere all’entrata, il piccolo mercato no)
o Si basano su reti sociali tra persone e reti interorganizzative (rete
di network)
o Sono molto specializzate
Qual è il modello È il modello delle 7P, che si divide in:
decisionale della PMI che - Precondizioni
affronta il mercato estero? - Processi (si articola in paesi, posizionamento, prodotti e politiche di
marketing mix)
- Performance
1) Precondizioni La domanda è “sono pronto per andare all’estero?”. Devo valutare in che contesto
sociale e produttivo mi trovo (devo analizzare il settore).
Devo comprendere:
- Il contesto e le prassi del settore (cosa fanno i competitor)
- Il contesto geografico (faccio parte di un distretto? Se sì in genere mi
internazionalizzo prima)
- Gli stimoli (dobbiamo guardare il tipo di stimolo interno), quelli interni si
dividono in:
o Reattivi (ossia la riduzione del rischio del mio operare su vari
mercati; se uno si asciuga poso operare sull’altro; ad esempio, uso
il mercato estero per destagionalizzare o piazzare la capacità
produttiva)
o Proattivi (ossia aumentare vendite e profitti, ad esempio ho un
prodotto con qualità uniche o risorse di pregio che voglio piazzare
su un mercato)
- Il piano di marketing, che deve essere creato ad hoc (serve per trovare
nuovi soci, finanziamenti bancari o agevolazioni
È importante capire qual è lo stimolo perché di solito chi è stimolato da
proattività di solito mostra performance migliori nel m/l termine.

Starbucks, MC e jean louis david si internazionalizzano tramite franchising. Devo


capire dunque se seguirli o fare diversamente.

2) Processi I processi si articolano in:


- Paesi
- Posizionamento
- Prodotti
- Politiche di marketing mix

3) Paesi Nello scegliere i paesi in cui esportare bisogna considerare dazi, contingenti di
prodotti, standard tecnici, certificazioni (barriere artificiali) e questioni culturali,
geografiche, economiche (barriere naturali).

Devo anche valutare il rischio dell’entrare nel determinato paese (RISCHIO PAESE,
che serve a scartare i paesi, non a sceglierli)

Barriere e rischio paese insieme creano la negatività.


Devo capire anche se qualcuno può aiutarmi ad entrare in quel paese (bisogna
rivolgersi a supporto pubblico – camere di commercio- o privato – consorzi esport,
associazioni di categoria, partecipazione a fiere)

I modelli di entrata preferiti sono l’esportazione indiretta o diretta, più difficile l’IDE.
Però nel rivolgermi ad intermediari commerciali (exp indiretta) non accumulo
conoscenze sul paese estero, perché non lo vedo.

Un’ altra modalità molto frequente è di affidarsi a consorzi locali e optare per
contratti di rete (legge 33/2009) che mettono insieme varie imprese a formare una
rete corta (fatta da operatori italiani) dove le imprese entrano nel programma e ci
entrano con l’idea di sfruttare le dinamiche di mercato favorevoli, di conoscere le
tecnologie emergenti, accumulare contatti all’estero, partecipare a bandi di
finanziamento.
Con i contratti di rete si può partecipare ai bandi come un unico soggetto (es.
un’impresa troppo piccola per partecipare da sola lo può fare invece in rete).

Quanto i contratti di rete ottengono i finanziamenti godono di risorse che


reinvestono nel raggiungimento degli obiettivi del network.

Cosa occorre per fare un Occorrono:


contratto di rete? - Un programma di rete
- Un breve business plan
- Dei criteri di monitoraggio in itinere degli obiettivi commerciali che il
contractor si propone
- Delle regole di governance
- Delle norme per l’ingresso di nuovi partner

Il contratto di rete stimola l’impresa a passare ad un atteggiamento passivo (es.


aspetto le agevolazioni per l’internazionalizzazione) ad uno proattivo (es. costruisco
un progetto originale e lo propongo).

4) Posizionamento Il posizionamento della PMI deve essere legato ad una nicchia più o meno globale;
una nicchia trasversale a molti mercati nazional consente di raggiungere una
dimensione tale da minimizzare i costi di adattamento dei prodotti ed essere
comunque leader anche se si è piccoli.
5) Prodotti Le pmi spesso pensano che il segmento estero in cui collocare il proprio prodotto sia
simile a quello del mercato estero. È un grave errore (es. percezione del prosecco in
Italia e all’estero). C’è un effetto prisma trasparente se la percezione è uguale fra i
due paesi, riducente se l’estero lo percepisce peggio, o amplificante se invece viene
considerato di grande qualità.
Il segmento all’ estero può:
- Percepire più, uguale o meno qualità
- Acquistare più, uguale o meno

6) Politiche di marketing mix Spesso il problema delle PMI è in termini di comunicazione con l’estero (es. nessuno
sa dov’è il Salento).
Il problema è che le tipicità locali italiane fanno molto fatica nelle PMI, per questo
sono utili canali come Eataly.
Un altro fattore critico sono le competenze manageriali. La PMI che vuole
internazionalizzarsi fa un percorso graduale di internalizzazione delle competenze
richieste per andare all’estero. Queste competenze sono costose. se non riesce ad
ottenerle può effettuare opzioni di:
- Management sharing: si condivide il manager export con altre imprese
- Temporary export manager: può durare pochi mesi o un paio di anni che
può creare i rapporti ed occuparsi dell’esportazione.

7) Performance La valutazione delle performance prevede di capire come misurare l’intensità


dell’internazionalizzazione di un paese (vendite estere su vendite totali è un buon
indicatore, ma non è sufficiente).
Questo rapporto non ci dice niente sul valore generato, sull’internazionalizzazione
passiva. Va integrato con:
- Info sulle importazioni
- Info sul numero di paesi esteri in cui si effettuano le vendite
- Info sulla solidità delle reti

Per valutare la performance non guardo solo l’utile, ma soprattutto devo mettere a
confronto performance ed obiettivi e posizionamento e sulla crescita globale
ottenuta dal business e i vantaggi non economici.
Tali vantaggi sono:
- Di apprendimento
- Di reputazione
- Di rete relazionale

Come analizzare l’attrattività di un mercato estero?


Come scegliere un paese Si valutano una serie di variabili importanti che bisogna comunque conoscere per
estero? impostare il piano di marketing.

Caso Sanlu Fonterra è il maggiore produttore di latte al mondo. Il caso riguarda il latte
adulterato di Sanlu, con cui Fonterra aveva fatto una join venture.
Questo caso pone due problemi:
1) le alternative di azione di Fonterra
2) le conseguenze associate ad ognuna

Le opzioni per Fonterra, che è stata accusata di aver sottovalutato lo scandalo,


erano di:
- Far ritirare i prodotti in Cina, appena conosciuto il problema
dell’adulterazione (che era colpa dei fornitori)  sarebbe stato possibile se
i distributori cinesi avessero dato credibilità a Fonterra, altra conseguenza
sarebbe stata che le autorità locali si sarebbero riversate negativamente su
fonterra se non li avessero avvisati. Avrebbero però salvato vite
- Informare i mass media in Cina circa il problema  le tv locali avevano già
riportato alcuni sospetti, ma non era successo nulla. Avrebbero però, con
questa opzione, anche ritirare i prodotti altrimenti ci sarebbe stata una
valanga di prodotti resi
- Informare i mass media in NZ sull’esistenza del problema nel mercato
cinese  ciò avrebbe forzato le autorità cinesi ad agire prima ma questo a
sua volta è condizionato dal fatto che le autorità cinesi avessero
effettivamente raccolto l’informazione e agito senza ritardo. L’altra
conseguenza era che non c’era nessuna sicurezza che i media cinesi
raccogliessero l’informazione e la diffondessero
- Aspettare finché fossero giunte nuove informazioni (quello che ha fatto) 
lo stallo ha previsto di consultarsi col governo cinese; è stata fallimentare
perché non ha evitato né lo scandalo né i decessi delle persone.

Questo caso dimostra che non è affatto facile lavorare con i problemi di etica. Vedi
articolo su Journal of macro-marketing, vol27, n.2, shelbey etc.
I problemi etici sono molto difficili, la cui soluzione è si o no, non si può trovare il
compromesso.

Quali sono gli approcci etici 4 approcci ad un problema etico (i primi 2 valutano le conseguenze di una propria
ad un problema? azione, gli altri 2 separano le nostre azioni dalle loro conseguenze:
1) Approccio utilitaristico: scelgo l’alternativa che produce le conseguenze
meno dannose; questo approccio però non impedisce i danni, ma rischia di
non considerare le minoranze.
2) Approccio egoistico: scelgo l’alternativa che è meno dannosa per una o
poche persone che decidono; l’assunto è che io decida per il meglio per
tutti (si fidano della decisione che ho preso); non risolve i problemi di
discriminazione, inquinamento, etc. probabilmente alla fine decide ciò che
è meglio per sé.
3) Approccio deontologico: scelgo un’azione se è buona in sé a prescindere
dalle conseguenze che la stessa ha. Il problema è che può capitare che
alcune azioni abbiano conseguenze buone.
4) Approccio relativista: l’azione migliore è quella che è congrua e rispetta la
cultura locale, quindi rispettare diritti ed abitudini locali. Anche in questo
caso azioni e conseguenze non sono unite. Ci sono però questioni etiche.

Esempio di frito-lay in Cina.

Si usa un modello di selezione ad imbuto (prima di tutto si valutano i punti di forza


Come si sceglie un paese dell’azienda):
estero? 1) Screening su molti paesi (devo passare da molti a tanti) sulla base di criteri
demografici, della cultura e dell’economia
2) Screening su pochi paesi a cui applico il criterio della domanda potenziale
locale e l’intensità competitiva esistente in un dato paese
3) Screening sui pochi paesi con il criterio della competitività della mia
impresa in questi pochi paesi

A conclusione devo fare incontrare e confrontare gli esiti del secondo screening e
del terzo per operare la scelta finale.

Questo screening si basa su molte variabili. www.OECD.org si occupa di questo


1) Screening su molti paesi (sezione countries statistical profiles). Si tratta di una scrematura veloce e poco
costosa.
Per valutare un paese devo valutare le seguenti variabili:
- Demografia e ambiente (consistenza, variazione e composizione per classe
d’età, tasso di fertilità di un paese, tasso di crescita di una popolazione,
tasso di mortalità, concentrazione geografica della popolazione – forte
ripercussioni su e-commerce e comunicazione perché se molto concentrata
è possibile distribuzione push e utilizzare commercio online e una
comunicazione forte- situazione orografica, clima, infrastrutture,
fondamentali poi per calcolare la domanda potenziale). Anche se vendo un
bene intermedio devo valutare la domanda finale.
Se la popolazione del paese sta crescendo molto servirà un’impresa con
forte reattività. Se invece tende ad essere stagnante occorre un’impresa
con buone capacità di relazione e di fidelizzazione.
- Politica ed istituzioni (forma di governo, atteggiamento verso la spesa
pubblica e sua composizione– livello di indebitamento di paese, se molto
indebitati hanno poca capacità di spesa pubblica- storia politica e rischio
politico, norme sulla privacy, autorizzazioni per commercializzazione e
apertura di nuovi punti vendita)
- Economia e tecnologia (PIL aggregato e tasso di crescita reale, pil medio
pro/capite, reddito disponibile delle famiglie, propensione al risparmio e
alla vendita, concentrazione della ricchezza – da non confondere con il
reddito – se la ricchezza è concentrata su pochi – poche persone ma molto
ricche è sfavorevole per vendere prodotti di massa, variazioni di prezzo per
gli immobili , incidenza delle importazioni di prodotti specifici – se è elevato
può segnalare la presenza di molti competitor nel paese che fanno le mie
stesse cose perché importano le mie stesse MP)
- Società e cultura (scolarizzazione della popolazione – se il livello di
istruzione è basso ciò può voler dire che occorrono prodotti più semplici e
facilmente comparabili, presenza di ascensore sociale e mobilità sociale –
se le classi sono cristallizzate è probabile che ci sia una diversificazione di
modelli d’acquisto e servirà dunque marketing differenziato- religione – nei
paesi musulmani c’è una finanza diversa per motivi dovuti al corano –
negoziazioni differenti)

Dopo questo screening passiamo al secondo step


Guardo 4 categorie di variabili:
2) Screening su pochi paesi 1) Modalità di accesso al mercato: le barriere artificiali all’accesso in quel
in base a domanda mercato, ossia barriere tariffarie e non tariffarie.
potenziale ed intensità o Barriere tariffarie: dazi doganali, aumentano il prezzo di vendita o
competitiva riducono il margine di contribuzione (P-CV) dell’esportatore;
vengono imposte dal Paese per proteggere il paese, per dissidi
politici o migliorare la bilancia
o Barriere non tariffarie: standard di prodotto imposti – es per i
giocattoli – che richiedono adattamenti di prodotto, contingenti di
prodotto imposti (quota massima in entrata o uscita), farraginosità
procedurali, provvedimenti su vendita e acquisto di valuta estera,
norme sul rimpatrio degli utili, protezione di brevetti

2) Domanda potenziale: riguarda il capitolo sulla stima del mercato di


manuale di marketing, distinguiamo fra:
- Bene finale: %di popolazione che può usare il prodotto (chi mangia lo
yogurt alla frutta) * dose media unitaria del prodotto (es. 125 g ) * le
occasioni d’uso ottimali (es. 1 al giorno)
- Bene di consumo durevole: ogni anno stimare quale sarà la domanda di
nuove lavatrici (ad es.) e capire qual è il numero di nuove unità famigliari
che si creano + numero di lavatrici acquistate per sostituire nuove lavatrici
(domanda di riacquisto, devo vedere quanti anni ha in media una lavatrice
nel paese)+ domanda di seconde lavatrici che dipende dal livello di reddito
del paese (es. per la seconda casa). Se non trovo dati su un paese è fare
utile fare una traslazione di stima da un mercato che già presidio che ha
caratteristiche simili.

3) Struttura distributiva: valuto la disponibilità di intermediari (ci sono o no),


livello di concentrazione dei distributori (se è alta devo aspettarmi che abbiano
un elevato potere negoziale dato che ci sono pochi distributori che dominano il
mercato, ci sarà anche forte competizione di prezzo) presenza o assenza di GD
moderna, diffusione di insegne mondiali sul territorio (ciò probabilmente porta
all’internazionalizzazione dei fornitori), osservare se c’è la necessità di
percorrere canali lunghi (es. vendo un bene problematico che richiede
assistenza pre-vendita e post vendita sul canale lungo ho difficoltà), beni
industriali hanno bisogno di personale qualificato sul posto o di agenti o di
filiale.

4) struttura dell’offerta e modello competitivo: dobbiamo analizzare i vantaggi


competitivi dei competitor locali, soprattutto quelli che derivano dalle
interrelazioni che hanno con gli attori locali e le istituzioni . bisogna entrare nel
mercato con portafogli ampi e profondi almeno come quelli dei concorrenti già
sul mercato.

È un’analisi sulla propria situazione potenziale e della competitività.


Analizzo il mio fatturato, i costi di trasporto e di entrata nel paese, i costi di
distribuzione, i costi di adattamento prodotto (che derivano da vincoli normativi e
culturali), la pressione competitiva (relative quote di mercato che posso
raggiungere).
Questa fotografia è l’esito del terzo passaggio di valutazione.

Alla fine di questo screening confronto gli esiti della fase due con gli esiti della fase
3) Screening su pochi paesi tre. Devo avere un mercato:
in base a - Accessibile
- Potenzialmente profittevole
- Attrattivo (in senso strategico)

Utilizziamo due matrici:


Come avviene il confronto 1) Matrice che incrocia la competitività dell’impresa (y) con l’attrattività del
fra gli ultimi due screening? paese (x)

Alta

Media

Bassa Media Alta

L’altra matrice è la matrice accessibilità paese (y) e attrattività paese (x)

Alta

Bassa Alta

Potrei avere un paese molto attrattivo ma in cui è difficile fare l’accesso (per costi ad
esempio).
Sono matrici di country selection, nel farle devo considerare il mio settore, non il
paese intero

Per fase 1 e 2, si usano dati secondari, le fonti sono:


Quali fonti consultare? - Uffici nazionali di statistica
- Organismi internazionali (FMI, OECD, World Bank)
- Enti pubblici e privati (per aspetto gov www.infomercatiesteri.it e ICE-
agenzia)
- www.statista.com
- Banche centrali
- Società private di ricerca e consulenza commerciale e legale
- Associazioni di categoria
- Università (banca dati reprint del POLIMI)

Per la terza fase, abbiamo bisogno di dati primari presi da:


- Interviste su temi puntuali e specifici
- Focus group
- Osservazione che ci serve per ottenere informazioni preliminari e veloci su
mercati nuovi e distanti
- Indagini quantitative (spesso si commissionano ad aziende specifiche o
associazioni di categoria)

Quali sono le modalità di internazionalizzazione?


Come si decide? Guardare a questo schema è un buon modo di farlo.

Andando verso l’alto aumenta il controllo del mercato, ma anche il grado di rischio e
l’impegno di risorse.

L’esportazione diretta è più vicina allo zero

Quali sono le modalità di Le modalità sono:


internazionalizzazione? - Esportazione diretta
- Esportazione indiretta
- Accordi internazionali (es. joint v.)
- Investimenti diretti esteri (IDE)

Nel piano devi scegliere una delle modalità e motivare (ricorda che al loro interno ci
sono altre sottocategorie, devi scegliere quella specifica).
Dipende da:
- Risorse disponibili (finanziare, organizzative, etc.)
- Obiettivi di volume d’affari
- Forme di presenza e coinvolgimento già sperimentate in altri mercati
- Cultura manageriale dell’impresa
- Struttura ed intensità della competizione nel mercato estero
- Tipo di prodotto e dal vantaggio competitivo che deteniamo
- Infrastrutture e tipo di apertura del mercato estero

A) ESPORTAZIONE Le occasioni di avvio dell’exp possono essere molte (es. ordine di un cliente che mi
conosce in fiera, conoscenze, etc.).

Qual è la differenza fra exp diretta ed indiretta:


- La exp indiretta prevede che il produttore non si prenda cura del processo
esportativo e lo delega a terzi nel paese d’origine
- La exp diretta prevede che il produttore gestisca le attività di esportazione
e si interfaccia direttamente con clienti e distributori nel paese estero

Esportazione indiretta Si usa se si ha un ampio vantaggio sui competitor.


I vantaggi sono:
- Pochi costi
- Pochi rischi
- Tempi rapidi

Contro:
- Non accumulo conoscenza sul mercato estero e sui canali distributivi
perché delego tutto a soggetti terzi
- I terzi potrebbero facilmente sostituirmi con altri fornitori

Questi soggetti terzi sono:


- Importatori e distributori (usati per beni strumentali che hanno bisogno di
post vendita)  tendono ad imporre propri marchi
- Grandi compratori (grandi magazzini, gruppi d’acquisto)  richiede
flessibilità, efficienza e buona logistica
- Agente di acquisto (buying office o persona fissa)  lavora per distributori
esteri di dimensioni inferiori rispetto a quelli gestiti dai grandi compratori.
Le commissioni vanno dal 3-8 % del fatturato (in genere fatturato dal
committente estero), lavora sul mandato del cliente estero (non
dell’impresa italiana). Lavora con una lettera di intenti (negozia, predispone
l’ordine, controlla la qualità ed adempie agli obblighi formali di
esportazione). Acquista a nome proprio ma per conto del committente
straniero. Usata da imprese piccole (ANIBO). Usati per mobili. Le
controindicazioni per l’impresa italiana sono che:
o Pesa sul prezzo finale (riduce la profittabilità dell’impresa)
o L’impresa it non ha alcun controllo sulle politiche di marketing
o Relazione incerta con la clientela estera che viene velata
dall’agente
- Casa di esportazione: esporta prodotti di brand tra loro e non in
concorrenza. È una sorta di ufficio esportazione. Agisce in nome e per
conto dell’impresa. La commissione sul fatturato estero si aggira fra il 10-
20% il vantaggio è che il prodotto entra in un assortimento di prodotti
complementari. Il costo non è elevatissimo perché è condiviso con altri
produttori. C’è una riduzione dei costi logistici perché la casa riesce a
sfruttare dei lotti economici. La casa inoltre diffonde la marca del
produttore. I contro sono che:
o I mercati sono scelti dalla casa, non dal produttore
o La casa acquista solo una parte dell’assortimento (quindi è
probabile che sia necessario rivolgersi solo ad una casa)
o La casa potrebbe privilegiare altri prodotti
o
- Trading company: intermediario commerciale a servizio completo
(definisce il mercato, acquista, trasporta, vende, fa tutto). Quali sono le
trading company leader sono giapponesi (es. mitsubishi, etc.). il trading
assume il controllo, fanno anche i finanziamenti e si occupano del counter
trading (favoriscono la collocazione sul mercato dei prodotti offerti). Riduce
tutti i rischi dell’importatore fanno tutti loro. È utile sceglierla quando sono
agli inizi. Le commissioni sono sempre dell’ordine 10-20%.
- Consorzio d’esportazione: è un’aggregazione di imprese di solito piccole
costituita con l’obiettivo di vendere e promuovere i prodotti all’estero. Di
solito sono sostenuti dallo stato, perché hanno un approccio proattivo
verso l’estero. La federexport (www.federexportonline.it) . La domanda da
porsi è quali sono le condizioni perché il consorzio funzioni:
1) deve essere mantenuta omogeneità relativa fra le imprese del consorzio,
per dimensione e sul territorio da cui provengono
2) la dimensione della base associativa (numero di imprese del consorzio)
non deve essere né troppo grande né troppo piccola.
3) la varianza delle esigenze delle singole imprese che ne fanno parte non
deve essere ampia (tutti dovrebbero avere degli obiettivi simili fra loro)
4) ci deve essere partecipazione attiva dei soci (contributo di idee ed
iniziative)
Il consorzio può agire in nome proprio e per conto delle imprese, oppure in
nome e per conto proprio (quindi con un proprio marchio)
Esempio caso corona
La corona si è appoggiata a Nippon spirits e ad Abby per l’esportazione della birra in
Giappone. L’operazione ha successo ma emergono nuovi concorrenti e birra corona
si trova schiacciata fra, da un lato, le birre artigianali, e dal basso, dai marchi
nazionali, quindi la concorrenza si fa forte.

Cosa devono fra i tre operatori nella nuova configurazione di mercato. modelo ha
fatto i suoi accordi ma Nippon continua ad avere i suoi punti vendita. l’operatore più
in pericolo è Abby, perché per continuare a fare il marketing di corona deve rendersi
indispensabile ed aggiungere valore alle proprie attività di marketing (deve ridurre i
costi, aumentare i ricavi, aggiungere servizi e quindi pensare ad una serie di tattiche.
Potrebbe aumentare i numeri di marchi di birre proposti in Giappone per
diversificare e proteggersi da un eventuale scioglimento degli accordi oppure
potrebbe diversificare in altre bevande.
Esportazione diretta
Modalità molto diffusa. Si ha un maggiore avvicinamento al mercato estero (faccio
io le attività che con l’exp indiretta delegavo a terzi, magari apro un mio ufficio
commerciale estero per controllare e gestire ordini e venditori e le politiche di
marketing).
I vantaggi sono:
- Maggior controllo su ciò che accade
- Aumento dei risultati di vendita
- Maggiore velocità d’intervento

Il contro è che sono richiesti grandi investimenti


La si sceglie per stabilizzare le vendite, controllare gli intermediari, affermare la
marca e perché può servire che il prodotto debba essere accompagnato (pre e post
vendita). in generale l’exp diretta è necessaria per i prodotti su commessa, ad alta
tecnologia, per prodotti online (es. editoria), per le infrastrutture.

La scelta di chi se ne occupa dipende dall’interesse che ha l’impresa per il mercato e


dai costi dell’intermediario. Le alternative sono:
- Procacciatore di affari (broker): promuove la vendita in via occasionale,
senza acquistare e rivendere. Cerca clienti per delle commodities e può
agire sia da lato import sia dal lato export. È più economico dell’agente
- Agente all’estero: è la figura più diffusa sui mercati all’estero. Ha maggiore
controllo sul mercato e costi di commissione più elevati. Questo agente
risiede nel paese estero di solito. Egli promuove e negozia su base
continuativa in cambio di una commissione. Può lavorare in nome e per
conto dell’impresa (con rappresentanza) oppure senza. Di solito non
assume il rischio commerciale di invenduto. Possiamo avere l’agente
monomandatario (esclusiva reciproca) oppure plurimandatario (vende i
miei prodotti ma ha anche mandanti da altre aziende).
È una figura classica quando si inizia ad esportare ed è molto importante la
relazione personale che si instaura con lo stesso.
- Venditore dipendente diretto (filiale): assumiamo un venditore nel paese
estero che apre una filiale. È una scelta abbastanza classica per beni ad alta
tecnologia, per chi vende impianti.
In certi paesi è una scelta quasi obbligata data la carenza di agenti (es. in
paesi con economia centralizzata?). la filiale costa di più dell’agente
- Distributore: è un grossista che compra e stocca la mia merce e la vende, sa
fare assistenza e si impegna ad un livello di approvvigionamento minimo.
Posso operare con economie di scala di trasporto (lotto economico 
spedisco minimizzando il costo medio di trasporto per unità di prodotto)
- Concessionario: lo conosciamo. Promuove e organizza la vendita di beni
dell’esportatore sul territorio in condizioni di continuità ed esclusiva.
Rispetto al distributore è che è integrato nella rete di vendita
dell’esportatore, quindi fornisce informazioni all’esportatore, subisce le sue
condizioni di vendita, etc. le condizioni perché il concessionario funzioni
sono solida ….

Ci chiediamo ora come si crea e si forma la rete di agenti all’estero, poi come si
costituisce una filiale all’estero.
Come si crea e si gestisce
una rete di agenti? Dove trovo i candidati agenti? Vado alle associazioni imprenditoriali di categoria,
posso andare a chiedere alla camera di commercio, posso andare all’istituto di
commercio estero, posso rivolgermi a società specializzate nella ricerca di
personale, posso consultare gli annuari degli agenti, posso trovarli alle fiere e vedere
di quali agenti si avvalgono i concorrenti.
Quali sono i criteri per selezionare l’agente:
- Deve avere l’autorizzazione amministrativa
- Solidità finanziaria
- Copertura dell’area geografica
- Consistenza del portafoglio clienti
- Competenze e qualificazioni
- Capacità di seguire il post-vendita
- Reputazione (chiedi alle banche)
- Presenza nel suo assortimento di prodotti della concorrenza
- Capacità di sviluppare promozioni

Nella stipula del contratto con l’agente bisogna rivolgersi a consulenti legali
specializzati (le clausole cambiano da paese a paese e bisogna definire in modo
molto chiaro il mandato). L’agente di solito prende provvigioni attorno al 2-15% non
Come si costituisce una di più.
filiale all’estero?
Con la filiale c’è più controllo, più prossimità ai clienti, più logica di ml termine, ma
più impegno finanziario ed organizzativo.

Aprire una filiale è utile e favorevole se:


- Serve assistenza efficiente e rassicurante
- C’è un presidio forte da parte della concorrenza locale
- Assenza di concorrenza (così li anticipo)
- Prodotto di elevata qualità e ho un’alta quota di mercato

Rivedi struttura dei costi per agenzie e filiale, ossia

Vendite e costi

Fatturato in euro
Devo inserire in budget i cf e anche l’ammontare che gli devo dare anche se vende
zero.

La filiale lavora invece con un fisso, che è lo stipendio del dipendente che gli devo
dare ogni mese + piccola provvigione come incentivo se vende di più. la curva sale
poco perché la provvigione è bassa.

Abbiamo il punto di pareggio in cui i costi di agenzia e i costi di filiale si equivalgono,


se prevedo di stare sotto al punto di pareggio mi converrà l’agente, se prevedo di
stare sopra mi conviene la filiale.

Gli altri due criteri, oltre a quello economico, per scegliere fra filiale o agente sono:
- Motivabilità
- Programmabilità

L’agente è più motivabile ma è meno programmabile.

Quali sono i costi fissi di una filiale:


- Terreno e fabbricato (o affitto)
- Attrezzature e mobili
- Personale
- Costi di amministrazione e legali
- Costi per coordinare la filiale (costo uomo per me)

Altri fattori di convenienza non convenienza nell’aprire una filiale:


- Se ci sono strozzature nei canali distributivi (gruppi d’acquisto, distributori
predominanti,etc.) ciò rende più difficile l’apertura della filiale
- Alto tassi di sviluppo di nuovi prodotti da parte del produttore ciò
incoraggia l’apertura della filiale perché l’importatore potrebbe fregarsene
delle nostre innovazioni
- Se ci sono forti fluttuazioni congiunturali della domanda è utile avere una
filiale
- Se c’è bisogni di avere attività di pubblicità consistenti è utile avere
qualcuno sul luogo che mantenga i rapporti etc.

È comune passare dal canale distributore alla filiale, ma si corrono i seguenti rischi:
- Potrebbe esserci una flessione temporanea delle vendite
- Potrebbe essere che l’importatore abbandonato si metta a lavorare per un
concorrente diretto (questo rischio è minore quando l’ex importatore ha
molte categorie merceologiche, cioè ha bassa specializzazione)
Qual è la veste giuridica che - Potrei non entrare in sintonia relazionale con il mercato locale
può assumere la filiale
all’estero Le opzioni sono due:
- Branch = forma un po’ più leggera, è più economica ma è più tassata. È una
succursale senza autonomia giuridica.
- Consociata = succursale con autonomia giuridica, quindi è indipendente
dalla casa madre e di proprietà della casa madre ed è responsabile delle
proprie obbligazioni. È più complessa da costruire ma meno tassata. Ha un
proprio piano strategico
Partnership
Caso partnership in Russia L’azienda baltica voleva esportare i propri prodotti alimentari in Russia, ma la
partnership è stata un insuccesso. Sono stati truffati dal partner Russo.
Hanno scelto male il partner, poi bisogna ricordarsi prima di farsi pagare e poi
mandare la merce. È utile poi affidarsi alle banche.

Quali sono i principali Siamo una PMI italiana che è consapevole di proprie carenze e cerca partner
accordi di partnership (ai fini all’estero. C’è un alto tasso di insuccesso (il 50% fallisce entro 5 anni).
di marketing e
commerciali)?
Le principali tipologie di partnership con finalità di marketing sono:
- Piggy back: ha un rider ed un career, ad esempio la fiat ha fatto un accordo
in india con il produttore tata ed è salita come rider sui concessionari di
tata. Può essere piggy backing semplice o incrociato (se anche il career
sfrutta il rider). il rider lo sceglie quanto la distribuzione nel paese estero è
frammentata e difficile ed occorre ridurre tempi e costi di entrata. Il career
invece ha il vantaggio di migliorare il proprio portafoglio commerciale
utilizzando la propria rete.
- Franchising internazionale: il franchisor concede al franchisee un contratto
di esclusiva. Vedi appunti retail. Si usa quando ho un prodotto che devo
commercializzare in tempo breve, quando essere vicino al livello finale del
mercato mi fa conoscere meglio il mercato stesso, etc. in Russia, così come
in altri paesi, il franchisee di solito è un piccolo imprenditore locale.
Rispetto alla filiale risparmia sulla gestione interna. Es Calzedonia in usa.
Bisogna riuscire a mantenere l’omogeneità dell’offerta su tutti i mercati.

Gli accordi tecnico produttivi con finalità commerciali sono:


- Contratto di produzione: è un semplice accordo orizzontale tra produttori.
Abbiamo il contractor (che mantiene la responsabilità di marketing e
distribuzione) e il contracted. Di solito durano poco. Il pro è che
consentono di rendere il prodotto locale.
- Licensing: abbiamo un licensor che cede al licensee la licenza di realizzare
un prodotto ed eventualmente di commercializzarlo dietro ad un
compenso. Rispetto al contratto di produzione ha durata più lunga e
richiede un maggiore coinvolgimento delle parti. I contro sono i rischi legati
alla realizzazione del contratto, perché occorre specificare il modo di
controllare i termini dell’accordo, quindi la produzione e il marketing del
partner, per verificare che rispetti gli accordi. I rischi sono che il partner
estero una volta acquisite le competenze per la produzione si metta a fare
concorrenza; che i prodotti realizzati non siano conformi ai parametri di
qualità del licensor; viene indicato nell’accordo quanto va prodotto, ma è
difficile controllare quanto viene realmente prodotto. Bisogna dotarsi di
contratti ben precisi.

La join venture è il quinto tipo di accordo, ed è trasversale alle due categorie. La


joint venture internazionale può essere di due tipi:
- Non equity  senza capitale. È una forma più leggera
- Equity  3 tipi di joint venture equity (upstream, downtsream, up-down).
Le prima coinvolgono le attività di R&S e di produzione, le seconde
coinvolgono marketing e distribuzione, le terze riguardano sia produzione
sia marketing, dove il partner locale conferisce mrktg, distribuzione e
clienti, mentre l’entrante R&S e produzione.

I vantaggi della joint sono:


- Accesso a competenze manageriali
- Aggirare restrizioni normative
- Ridurre aderenza al contratto del partner
- Valutazione delle performance del partner
I contro sono:
- Difficoltà di fare incontrare due culture manageriali
- Rischio che le condizioni iniziali varino e che occorra rinegoziare la joint
venture
- Rischi di comportamenti opportunistici

Per tutelarmi devo inserire in contratto il valore preciso delle risorse conferite alla
joint, la modalità di utilizzo di tali risorse, la definizione della quota del capitale
sociale, precisare il ruolo svolto dai partner.
Le risorse conferite possono essere materie prime, macchinari, consulenze,
personale, esperienza manageriale, marchio commerciale, conoscenze tecnologiche,
relazioni di mercato (=clienti).

Con la joint venture ho un maggiore coinvolgimento (es. Illy che si è accordato per
aprire 105 caffetterie in Cina)
Come si possono classificare
gli accordi di partnership? Possiamo classificare gli accordi in base alla loro complessità:
- Asse y = n di attività
- Asse x = criticità delle risorse

Maggiore è la complessità dell’accordo, minore è la sua flessibilità (= possibilità di


risoluzione anticipata con tempi e costi ridotti).
Più l’ambiente è incerto e turbolento più si preferiscono accordi flessibili.
Come si costruisce un
accordo? Le fasi sono:
- identificare il fabbisogno cooperativo (ciò di cui ho bisogno) e il tipo di
relazioni da instaurare
- ricerca e selezione del partner
- negoziazione (asset conferiti, etc.)
- attuazione dell’accordo
- ridefinizione dell’accordo a seguito di eventuali cambiamenti
- gestione continua delle aree problematiche

gli elementi che possono influenzare l’accordo e su cui bisogna porre attenzione
sono:
- intenzione collaborativa del partner (quanto tempo, energia e attenzione il
partner dedica all’accordo)
- conoscenza pregressa del partner (vedere le precedenti collaborazioni e il
network)
- apertura informativa del partner rispetto alla propria organizzazione
(quanto è aperto dal punto di vista delle informazioni su di sé, ci serve per
capire le nostre distanze rispetto a lui)
- sensibilità del partner alle diversità culturali (se è sensibile sarà più facile
risolvere i conflitti)
- trasparenza degli obiettivi in fase di negoziazione
- predisposizione alla co-progettazione

perché si fa un accordo invece di un’esportazione o di un ide? Lo posso fare per


acquisire risorse e conoscenze (se non acquistabili all’esterno), per diminuire rischio
ed incertezza del mercato; dazi elevati; vantaggi da first mover; voglio trasformare
un competitor in alleato

come si sceglie il partner? Siamo sempre in presenza di griglie di criteri, divisi in due
grandi gruppi:
- criteri task related  compatibilità strategica fra i due partner. Esempi
sono la disponibilità di risorse, la quota di mercato che si può conseguire, il
portafoglio clienti che si può realizzare
- criteri partner related  compatibilità culturale. Es. atteggiamento verso
collaborazione, apertura informativa, condivisone degli obiettivi, capacità
organizzative, affidabilità, reputation, etc.

imprese troppo simili fra loro non hanno molto da scambiarsi.


Quali sono le fasi
negoziazione? Le fasi sono:
- acquisizione di informazioni
- valutare punti di forza e di debolezza miei e della controparte
- identificare fattori critici
- valutare la rispettiva forza contrattuale
- fase di formulazione dell’offerta
- chiusura dell’accordo e stesura del contratto formale (indicare ruoli e
responsabilità)

nella negoziazione è molto importante la valutazione dei conferimenti.


È più semplice nelle equity joint venture. Dove gli asset conferiti sono intangibili è
più difficile.

L’incontro fra due culture organizzative può avere diversi esiti, almeno quattro:
- esito del pluralismo culturale: le due aziende rimangono separate
- assimilazione culturale
- …
- Resistenza culturale: le due culture entrano in conflitto

Da chi raccolgo le informazioni sul potenziale partner:


- Banche
- Ex dipendenti del futuro partner
- Ricerche di mercato
- Associazioni di categorie
- Clienti e fornitori
Caso LUX sul naming
Problema del naming in culture che hanno alfabeti diversi. Ci sono tre vie per risolverlo:

- Traduzione diretta che mantiene il legame fonetico fra il nome originale e il nome straniero (ossia la parola
Luxottica la scrivo in cinese, mantengo il suono, ma non il significato)
- Traduzione libera, ossia attribuisco un nome straniero al prodotto perdendo però totalmente il collegamento
con l’aspetto fonetico della marca originaria (il vantaggio è che posso scegliere qualcosa che abbia significato
per il mercato estero, ma non vengo riconosciuto, è come cambiare marca)
- Traduzione mista (via più frequente), dove si crea un nuovo nome che suoni come l’originale ma che abbia
anche un significato per il mercato estero.

In generale il momento del naming o del re-naming sul mercato estero può anche essere l’occasione per cambiare un
attimo il posizionamento del prodotto

Il dilemma è se devo standardizzare o adattare al paese. es Nike non ha un vero significato in cinese, ma ha mantenuto
l’immagine distintiva. La rebook invece ha adattato il nome in Cina. Da un lato abbiamo il pure global e dall’altro il
totally localized.

Standardizzazione vs Adattamento
Cosa voglio dire? Standardizzare vuol dire andare sul mercato estero con la stessa proposta di valore
che ho sul mercato nazionale. Adattare invece significa modificare la proposta di
valore per renderla più idonea a soddisfare le esigenze del paese estero.

C’è sempre di mezzo l’effetto prisma sul mercato estero. Se c’è un effetto prisma
trasparente vuol dire che l’effetto che il brand ha in Italia ce l’ha anche nel paese
estero (favorisce la standardizzazione).
Se c’è un effetto amplificante, aumenta la posizione nel mercato estero. Se è
riducente o deformante, diminuisce la posizione. Questi tre casi sono affrontabili sia
con adattamento sia con standardizzazione.

Se l’obbiettivo della presenza nel mercato estero è collocare eccedenze produttive


l’approccio sarà di standardizzazione.
Se adotto esportazione indiretta anche in questo caso la standardizzazione è la via
da scegliere.

Quali sono le 4 strategie di Le opzioni sono:


prodotto per i mercati - Prodotto uguale al mercato d’origine: quindi siamo in standardizzazione. È
esteri? un prodotto pensato solo per il mercato locale e poi portato all’estero (es.
farmaci, prodotti chimici, prodotti tipici locali. Sicuramente risparmio, ma
posso perdere delle opportunità
- Prodotto globale studiato per la domanda di più paesi considerati come un
unico mercato: anche questo è un approccio standardizzato. Es
abbigliamento, fast food, elettronica. Consiste nel reperire segmenti di
domanda transnazionali che seguono la stessa tribù che è diffusa in più
paesi. Di solito si sceglie un paese guida a cui si affidano le funzioni di
mercato test (si studia la domanda in quel paese)
- Prodotto adattato sulla base delle esigenze del mercato estero: approccio
di adattamento al mercato estero. È la scelta più frequente. Pensiamo alla
lana, che cambia da paese a paese. oppure i prodotti finanziari, perché
l’usura è vietata dal corano.
Fontanarte in cina sono arricchite ed impreziosite per il mercato cinese.
Tutti questi adattamenti hanno dei costi.
- Prodotto su misura: prodotto ad hoc, siamo in pieno adattamento. Es. vaio
della Sony
Approccio glocalizzato fa convivere standardizzazione ed adattamento, via
intermedia che media i pro e i contro dei due approcci. Nel concreto significa per
specifici segmenti sovranazionali, adattare alcuni attributi per rendere più
performante il prodotto nei singoli mercati. Quindi progetto per un insieme di
mercati, ma poi adatto alcuni attributi per il mercato locale. Es. mc
Con standardizzazione abbiamo economie di scala, effetto esperienza, maggiore
potere contrattuale nei confronti dei fornitori. Riconoscibilità e fedeltà del
consumatore.
Con l’adattamento non dobbiamo pensare solo ai vantaggi di vendita ma anche a
come ridurre i costi dell’adattamento (con l’automazione flessibile), approccio
modulare (mantengo una parte del prodotto fisso), si può anche fare
un’esternalizzazione parziale per ridurre i costi dell’adattamento.
Talvolta nella ricerca di costi minori si gira di paese in paese alla ricerca delle
condizioni più vantaggiose.

Country of origin effect (COE)


Siamo nell’ambito del discorso Made in. Sostanzialmente la rappresentazione mentale dell’Italia nel mercato estero
modifica la percezione del consumatore nei confronti del prodotto proveniente dall’Italia. il paese d’origine è utilizzato
come un sostituto di informazione. Non conoscendo le marche e il prodotto del paese, il consumatore utilizza
informazioni sul paese come sostituto di informazione sul prodotto o sulla marca in questione.

Ci sono due effetti derivanti dal COE:

- Effetto alone: riguarda il cliente che è privo di esperienze pregresse sul prodotto o sul paese. si costruisce a
fasi:
o Si parte con una certa Immagine paese (reputazione del paese)
o L’immagine paese influenza le convinzioni del cliente sugli attributi del prodotto
o Le convinzioni influenzano l’atteggiamento verso la marca
o Viene acquistato il prodotto
o Si accumula esperienza sul prodotto
o Si crea familiarità con gli attributi del prodotto
o La familiarità determina una modifica dell’immagine del paese (effetto sintesi)
- Effetto sintesi: riguarda il cliente che è dotato di informazioni su esperienze con il prodotto o con il paese.

La fase dell’assemblaggio nel COE è più importante della fase di progettazione. Un COE positivo può essere
danneggiato da un country of assembly negativo  se il prodotto è fatto in un certo luogo (immagine positivo) ma poi
il prodotto viene assemblato in un altro paese che marca il prodotto, l’effetto COE positivo originale viene annullato.
Per questo esiste un country of design, un country of assembly e un country of brand origin (paese in cui ha origine la
marca).

Bisogna parlare dell’enorme problema dell’italian sounding (naming italianizzato per farsi propri pregi che non si
hanno). È un problema molto grave perché sottrae vendite al paese italiano.

L’immagine del paese è molto importante.

Se c’è un gap negativo di reputation fra il mio paese e quello in cui voglio esportare, può essere utile cercare di
superare i problemi di etnocentrismo con un IDE o con una joint venture.

Molto del COE si gioca sul tipo di interpretazione che si dà al made in nel paese estero. Esempio d pasta Barilla in
Francia: ci sono due produttori nazionali che fanno delle campagne molto simili a quelle tradizionali della pasta
italiana. Sostanzialmente richiamano nei loro annunci pubblicitari il sounding italiano. Il problema di Barilla è capire
come fare, se fare spot simili a quelli dei competitor. Barilla ha scelto di collegare la pasta ai prodotti di lusso.
Presentano i formati di pasta come se fossero dei gioielli. Li hanno scollegati dai luoghi comuni della pasta per
differenziarsi.

Bisogna pensare non solo all’immagine del prodotto, ma anche a quella del distributore. Se ho un made in forte devo
stare attento a non andare su distributori di basso livello. Ricorda che non si può differenziare la politica di garanzia fra
i vari paesi.

In generale, lì dove l’assistenza post-vendita non è necessaria, si tende a centralizzarla o a ridurla e ciò agevola la
globalizzazione del prodotto.

Ci sono invece prodotti per cui la post-vendita è fondamentale (es. carrelli elevatori). Il vantaggio competitivo del
leader è riuscire a garantire di aggiustare un eventuale guasto entro 24h.

Cosa fare se devo controbilanciare un COE negativo? A volte è negativo anche per l’Italia. Le opzioni sono:

- Dimostrare di avere garanzie da produttori indipendenti


- Far valutare il prodotto da laboratori esterni
- Cercare di offrire garanzie sul prodotto (es. allungare gli anni di garanzia)
- Accordarsi con dei partner prestigiosi o molto noti che estendono l’immagine del loro assortimento anche al
nostro prodotto

L’italian sounding fa gola, l’altro problema grosso è il problema dell’attacco ai marchi italiani. Ad esempio, il caso USA
dei prodotti italiani che hanno rischiato di dover mettere sull’etichetta “fanno male alla salute” (azioni di lobby molto
forti) oppure il caso di PROSEK in Croazia

Canali di distribuzione internazionale


Non confondiamo canale d’entrata (modalità d’entrata, ad esempio la filiale) con i
canali distributivo (dato dall’insieme degli operatori che partecipano ai passaggi che
il bene compie dal produttore al cliente finale).

Il problema dei canali distributivi si pone dall’esportazione diretta in poi.


Nell’esportazione indiretta non si pone.

Il problema dei canali esteri è importante sia per l’immagine, sia per la capacità di
svolgere le funzioni commerciali legate al prodotto (funzione informativa,
merceologica, psico-sociale, economica, etc.), ma anche perché occorre una certa
attenzione per capire come gestire i canali distributivi di più paesi ed evitare il
problema dei canali distributivi paralleli o delle importazioni parallele.
P2  distributore 2

Prodotto

P1  distributore 1

Dove p1 < p2. Ci può essere il rischio che d 1 venda a d2

Quali sono le 4 situazioni Le situazioni sono:


tipo della distribuzione 1) Sistemi distributivi inefficienti in economie non sviluppate o in via di lento
internazionale? sviluppo = in questa configurazione tendono ad avere maggiore potere i
produttori, perché la distribuzione è molto polverizzata. Ci sono pochi
distributori in grado di stoccare la merce, di promuovere il prodotto, di fare
credito, etc. spesso elevata diffusione dei mercati rionali. C’è una
prevalenza del canale distributivo indiretto lungo.
2) Sistemi distributivi inefficienti in economie avanzate = questa situazione si
può ravvisare anche in alcune parti dell’Italia. il paese che più ha questo
problema è il Giappone (popolazione di 120 mln di persone distribuiti su
una superficie ridotta). Ci sono in Giappone canali lunghissimi (minimo 5,
fino ad 8). Troviamo il numero di intermediari pro capite più alto al mondo.
La regola che regge il sistema si chiama itten itchoai, che impone al
dettagliante di approvvigionarsi solo presso determinati grossisti (può
anche essere una relazione non scritta); C’è dunque una barriera non
tariffaria all’entrata dei prodotti stranieri. Inoltre c’è anche il fenomeno
delle keiretsu, ossia degli aggregati di imprese legate fra loro di
partecipazioni incrociate, caratterizzate da vincoli etici informali, da
impegni reciproci, ….,….
Le keiretsu sono difficili da penetrare e per l’impresa estera è ancora più
difficile.
Le keiretsu vengono dalle zaibatsu, ossia degli aggregati di imprese
giapponesi, messe fuori legge dagli americani nel 45.
Ci sono vari tipi di keiretsu:
-orizzontali, ad esempio la matsushita
-verticali, produttive (catene di subfornitura legate ad un’impresa
principale), distributive (insiemi di distributori che lavorano per una grande
impresa), di capitale (incroci di capitale di rischio fra aziende e aventi al loro
interno un’impresa più grande).
Le keiretsu vengono vissute come delle grandi famiglie allargate.
In Giappone poi non c’è un sistema di welfare uguale al nostro, la pensione
non funziona allo stesso modo. Aprire un punto vendita è una sorta di
assicurazione della vecchiaia in Giappone, ed è anche per questo che ci
sono tantissimi punti vendita.
Un modo per bai passare questa situazione è aprire franchising. Ti accordi
con un imprenditore locale per creare reti di franchisee.
Il mantra nel commerciare all’estero è trovare punti di unione col paese
estero.
3) Sistemi distributivi in transizione in economie in rapida
industrializzazione: es. in Angola. Qui abbiamo la convivenza di
distribuzione moderna e di distribuzione tradizionale, che è più rilevante.
Ad esempio, in Turchia, la distribuzione moderna è prevalente nella parte
occidentale del paese, mentre quella tradizionale prevale nella parte
centro-orientale. Anche in Russia c’è questa convivenza (uno dei pochi
paesi, se non l’unico insieme alla Cina, in cui c’è distinzione netta fra
campagna e città). Mosca è il porto più importante. In Russia bisogna
pensare alla rilevanza delle città. In Cina anche la situazione è simile ( i top
100 retailer cinesi canalizzano 12% delle vendite, la distribuzione
organizzata ne controlla il 20%); c’è una persistenza delle aziende
distributive pubbliche. Inoltre, i cinesi sono abituati ad usare il channel fee,
ossia una tassa da pagare al proprietario della catena per essere inclusi nel
loro assortimento; la channel fee è applicata a prescindere dal
miglioramento della catena o altro.
4) Sistemi distributivi moderni in economie sviluppate: sono in tutti i paesi
occidentali. La distribuzione moderna pesa più di quella tradizionale. Caso
Carrefour che deve ridurre punti vendita in Italia perché alla fine qui
prevale la forma del supermercato. Sono riuscite a resistere le piccole
catene locali perché sono talmente radicati nel territorio che è stato
difficile espungerle (conoscono molto bene la popolazione). In questa
situazione valgono tutte le considerazioni fatte sull’omnicanalità.

Abbiamo già detto che solo le aziende con esportazione dirette possono scegliere
fra canale distributivo diretto o indiretto, perché quella indiretta non ha questa
possibilità. In generale si può pensare a dare vita a punti vendita + e-commerce
(multicanalità, ma bisogna stare attenti ad attribuire le responsabilità ad ogni
canale, e serve coerenza fra immagine, assortimento e prezzi nel canale fisico e in
quello virtuale).

Come scegliere fra canale


distributivo diretto ed
indiretto? Le scelte sono 3: canale distributivo (diretto, indiretto, amministrato, etc), il tipo di
intermediario all’interno del canale scelto (canale indiretto breve o lungo e lo stesso
per quello diretto), come raggiungere il primo livello del canale distributivo (agente
o venditore diretto). Per effettuare la prima scelta guardo a:
- Tipo di impresa
- Tipo di prodotto
- Tipo di domanda
- Tipo di distribuzione
Quali sono i fattori critici che - Concorrenza
valuto per scegliere se
avvalermi di un canale Oltre a questo, devo valutare, per il canale internazionale:
diretto o di uno indiretto? - La cultura nazionale
- L’efficienza degli intermediari
- Le abitudini del consumatore specifiche di quel mercato
- La normativa

Comunicazione e Negoziazione
La comunicazione nel paese estero deve per forza tenere conto della cultura del
paese. Per capire la cultura di un paese bisogna studiarne la storia.

Nella lezione di oggi affronteremo i seguenti punti:


Definizione del messaggio
Mix di media e comunicazione
Quali sono gli strumenti più utilizzati

Quali sono gli obiettivi della Gli obiettivi della comunicazione sul mercato estero sono gli stessi del mercato
comunicazione sul mercato nazionale:
estero? - Obiettivi di notorietà
- Obiettivi di immagine
- Obiettivi di comportamento

Le campagne di comunicazione possono essere valutate nell’ambito del …

Come avviene la definizione A differenza degli obiettivi della comunicazione, va detto che la definizione del
del messaggio? messaggio deve invece tenere presenti una serie di accorgimenti.

La definizione del messaggio avviene su 5 punti:


- Lingua utilizzata: attenzione a jingles e ai payoff; la tentazione, corretta, è
di fare un largo uso di immagini per bypassare il problema della lingua. È
importante ricordare però che anche le immagini sono ricche di insidie.
Anche l’uso di colori e simboli è importante e delicato. È utile per decidere
se affidarsi ad agenzie di comunicazione locali o a grandi agenzie con filiali
sparse nei vari paesi.
- I personaggi protagonisti della campagna: anche qui attenzione. Ad
esempio, in Cina c’è ancora molto il concetto di famiglia, in India attenzione
a scene di baci, in Giappone nessun apprezzamento di uomo verso una
donna, attenzione in generale ai ruoli.
- Il contenuto verbale o scritto: bisogna rispettare scale di valori e di
comunicazione ed essere molto chiari
- L’oggetto del messaggio: sono ben accetti i riferimenti alle tradizioni locali
- La sceneggiatura: molti sono gli esempi di errori (es. spot Western di
Marlboro in asia, oppure spot di pet food con golden retriever in oriente,
dovrei usare il barboncino).

C’è la necessità di mettersi nei panni della domanda del paese in cui voglio
esportare. Quando andiamo all’estero dobbiamo spogliarci della nostra visione e
adottare quella del paese in questione.

Essere presenti sui social nei paesi anglosassoni è un must, in Giappone ad esempio
Come si decide il mix di usano molto i mezzi pubblici funziona molto quindi la comunicazione OOH. In
media? Giappone c’è l’usanza degli arikomi, pieghevoli dentro le riviste. Un altro esempio è
che in Cina è molto frequente fare spot lunghi che assomigliano alle trasmissioni tv.
In Q8, ad esempio, la pubblicità è consentita solo per 32 minuti a sera.
Nelle pubblicità di tipo argomentativo in Cina occorre fornire prove evidenti
dell’efficacia del prodotto. Anche in USA c’è un’attenzione particolare alla reason
why (gli elementi di una pubblicità sono promessa, tono, reason why e
posizionamento). In Giappone è meglio non fare pubblicità comparativa.
In generale la necessità di adattamento dipende dal business, dalla concorrenza,
dalla domanda, dalla legislazione e dalla diffusione dei vari media (quali sono più
frequentati dalla popolazione locale)

I canali possono essere tv, digitali, etc. Gli strumenti sono i media. I media hanno poi
Quali sono gli strumenti di diversi veicoli (es. tv show, talk show, etc.).
comunicazione più Gli strumenti di comunicazione più praticati dipendono.
praticati? Quali sono quindi gli strumenti più usati:
- La comunicazione pubblicitaria (pubblicità)
- La comunicazione interpersonale (vendita con contatto)
- Le manifestazioni fieristiche (irrinunciabili)

Uno o più di questi strumenti di solito finisce nel marketing mix.

1) Pubblicità, può essere un banner online o altro. Gli stili pubblicitari sono vari (stile
pratico-razionale, stile ideale, stile ludico, spesso famigliare); in culture differenti ci
sono atteggiamenti diversi verso gli stili. Per cui molta cautela nel trasferire uno
spot in un paese. in Giappone molta attenzione all’estetica. Se ci si avvale di agenzie
straniere stare attenti che comunque il prodotto rimanga al centro. In USA si utilizza
lo stile pratico, le caratteristiche del prodotto vengono illustrate (stile di vendita). in
UK adorano lo stile ludico. In Francia e Germania è molto comune il riferimento alla
libido. Lo stile deve essere reso coerente con gli atteggiamenti dei paesi.

2) vendita personale, si intende il contatto diretto di un venditore con il cliente. È


uno strumento personale e spesso si usa la forza vendita locale (assumo venditore
del paese in cui voglio esportare) però quando il cliente è di grandi dimensioni
(quindi molto importante per me). Il cliente cerca la rassicurazione delle alte
gerarchie. Quindi spesso le aziende decidono di servire i grandi clienti direttamente
dalla centrale. Questo vale anche quando i prodotti sono particolarmente sofisticati,
a prescindere che si tratti di un grande cliente, può volerci il venditore del paese
d’origine. L’installazione dell’impianto di solito la fa il tecnico che parte dal paese
d’origine. Attenzione in questo caso al linguaggio del corpo.
Differente importanza alle fasi di pre-relazione, cioè alla conoscenza reciproca
antecedente la negoziazione (ad. es. nei paesi arabi si dà molta importanza alla
relazione interpersonale, vogliono prima conoscere direttamente la controparte e ci
tengono a conoscere le persone che hanno responsabilità in modo da indurre
rassicurazione).
In Russia molto importante il dono, il cui valore aumenta con l’intensificarsi della
relazione. L’aspetto interessante in Giappone è che c’è ritualità in tutti gli ambiti.

3) Fiere, sono veramente la porta d’accesso in tanti mercati. L’importanza delle fiere
è associata anche all’assorbimento di una quota alta del budget di comunicazione. A
cosa serve la fiera? A raggiungere contemporaneamente 5 obiettivi:
- avere visibilità ampia per il marchio
- avere legittimazione agli occhi dei potenziali clienti
- osservare i concorrenti e monitorarne l’attività (momento importante di
marketing intelligence)
- raggiungere pubblici di riferimento molto diversi fra loro (opinion leader,
stampa, investitori, istituzioni, etc.)
- apprendere attraverso l’interazione diretta col pubblico (è un buon modo per
conoscere il mercato indiretto)
NB: SE FAI ESPORTAZIONE INDIRETTA NON VAI IN FIERA
Parlando di fiere, conta anche il paese in cui si svolge la fiera (es. in Messico ci
devono essere i dirigenti).
In Europa invece la qualifica dello staff dipende dall’importanza della fiera. Negli
USA le imprese danno alla fiera un mero obiettivo di vendita.

Negoziazione interculturale
Caso enterpreneurship in Siamo nella capitale delle Giordania, di fronte ad una famiglia benestante e la figlia
Giordania decide di aprire un’agenzia di comunicazione. Sostanzialmente il caso illustra una
situazione che dà luogo alle seguenti riflessioni:
- Le caratteristiche imprenditoriali in Giordania sono differenti da quelle
europee o americana? No, le caratteristiche richieste ad un imprenditore di
successo sono le stesse (strong minded, energica, creativa, capace di
affrontare il rischio).
- Avrebbe potuto fare qualcosa di diverso la protagonista del caso dal punto
di vista dell’impostazione di marketing? Nel caso si trova molto poco
riguardo a ricerche di mercato; non è stata condotta alcuna analisi della
concorrenza. L’imprenditrice avrebbe potuto sfruttare meglio la situazione
se si fosse dotata di strumenti di marketing più sistematici.
- La protagonista ha incluso nel team un manager di religione cristiana. Pro:
sguardo alternativo e posizionamento più favorevole su mercati esteri.
Contro: ha perso clienti arabi che non hanno ritenuto etica la scelta.
- Se l’imprenditrice non avesse avuto il sostegno finanziario della famiglia,
avrebbe avuto ugualmente successo? A favore diciamo che se non le
avesse avute si sarebbe dovuta rivolgere al mondo bancario e si sarebbe
dovuta dotare degli strumenti di marketing che le sarebbero stati utili. dal
punto di vista negativo è chiaro che se non avesse avuto i finanziamenti
dalla famiglia, sarebbe incorsa nei pregiudizi sull’imprenditorialità
femminile.
- Se avesse deciso di affidare un uomo del gruppo l’impresa che effetti si
sarebbero potuti avere? I pro sarebbero stati che probabilmente avrebbe
potuto ottenere dei clienti in più, i contro sarebbero stati che avrebbe
dovuto rinunciare alla rete, almeno in parte, di rapporti famigliari; inoltre, il
fatto che l’imprenditrice fosse obbligata a stare dietro le quinte avrebbe
potuto affievolire il suo entusiasmo. Nel sito www.webworldbank.com
L’obiettivo della lezione è dare un quadro delle variabili e dei punti da considerare
per effettuare una negoziazione internazionale di successo.

Quali sono le dimensioni culturali e come si possono classificare?


Una risposta è stata data da IBM, che aveva un problema: un enorme massa di
dipendenti che appartenevano a culture differenti e dovevano trovare uno
strumento per capire queste differenti culture e ha commissionato al sociologo
Hoftsede nel 1980, che ha identificato alcuni driver comuni a tutte le culture
Quali sono le dimensioni
culturali e le loro Le dimensioni (definite per opposti) sono:
implicazioni nella - Individualismo vs collettivismo
negoziazione? - Gerarchia (distanza dal potere alta vs bassa distanza percepita da chi ha il
potere)
- Mascolinità vs femminilità
- Avversione all’incertezza (basso rischio vs alto rischio)
- Tempo (orientamento a breve termine vs orientamento a lungo)
- Indulgenza (ossia la tendenza a gratificarsi vs stile sobrio e stoico)
Modello di Hoftsede
A queste variabili ne sono state aggiunte altre due, che però non fanno parte del
modello, e sono:
- Il contesto (culture high contest vs culture low contest)
- Lo spazio (percezione della distanza fisica)

Esistono poi altri modelli, in particolare lo studio di Schwartz, che ha isolato una
ventina di modelli
Contesto
È un concetto molto diffuso, seppur non faccia parte del modello. Distinguiamo fra
culture:
- Low contest = in questo ambito la negoziazione punta al contratto; sono
culture molto concrete (es. USA, UK). Conta il succo e si tende a
contrattualizzare le cose
- High contest = mettono al centro la relazione interpersonale (America
latina, Cina, Giappone); sono culture dove ciò che sta intorno al problema è
importante. È un contesto ricco e variabile.
Spazio
Ogni cultura tende a mantenere un certo spazio. Es. nel mondo arabo si tende a
ridurre questa distanza fisica, anche sotto i 50 cm. Quindi la gestione dello spazio
cambia a seconda della cultura. Stare lontani quando la cultura ama la prossimità si
può interpretarla come diffidenza.
Tempo
Ci sono culture:
- Monocroniche: il tempo è una risorsa scarsa da ottimizzare. Il mondo
occidentale spesso la vede così.
- Policroniche: il tempo è una risorsa fluida, non ho per forza la fretta di
finire. Es. india, cina. Ciò causa grossi problemi nelle negoziazioni.
Individualismo vs
collettivismo L’individualismo antepone gli interessi personali a quelli del gruppo di
appartenenza, il collettivismo fa viceversa. Le culture dove prevale l’individualismo
sono usa, Canada, uk, olanda, irlanda,etc. mentre le culture collettive, es Giappone,
Cina, Francia, Grecia, sud America.

Ci sono pro e contro sia nell’una sia nell’altra.


Gerarchia
Si intende come distanza percepita dal potere (sia potere in azienda, sia
governativo).
Si può tradurre anche come grado di diseguaglianza (sociale) accettato, perché se la
distanza è elevata mi sento molto diseguale rispetto al potere. Se la distanza è bassa
e ridotta i processi decisionali sono più condivisi e possono prendere avvio dal
basso. C’è fiducia che le idee vengano considerate.
Quando la distanza percepita è elevata invece, chi sta ai livelli inferiori non si
esprime.
Mascolinità vs femminilità Le culture in cui la distanza è bassa sono gli usa e l’Europa del nord. La distanza è
tendenzialmente alta in paesi come Italia, Francia, Russia, corea, Giappone, etc.

Con il termine mascolinità si intende una cultura in cui prevale orientamento al


risultato, determinazione, indipendenza.
Con femminilità intende la prevalenza di armonia, cooperazione, modestia.
Le culture più mascoline sono USA, Sud America, Germania, Italia etc.
Le culture più femminili sono Scandinavia, Thailandia, Taiwan, Francia.
In una cultura tendenzialmente mascolina in qualsiasi situazione di configura una
dinamica win-lose, ossia c’è chi ottiene di più e chi meno; in quella femminile invece
le situazioni sono win-win.
Avversione all’incertezza

Alta avversione vuol dire cercare sicurezza e regole formali di negoziazione, affidarsi
ai rituali e a procedure standard (es. portogallo, Grecia).
Indulgenza Bassa avversione sta a significare apertura al cambiamento, tipicamente culture del
nord Europa.

È la libera gratificazione dei desideri umani. Culture che amano divertirsi e


gratificarsi vs culture che impongono regole.
Minkov si è occupato di questo aspetto.
Quali sono le fasi di un Abbiamo quindi indulgenza (Oceania, …) vs moderazione (asiatici, tranne arabi e
processo di negoziazione? Giappone).

La negoziazione è il processo in cui 2 o più parti si riuniscono per discutere interessi


comuni o confliggenti al fine giungere ad un accordo di mutuo beneficio.

Prima di negoziare è necessario conoscere i tratti distintivi della controparte e


cercare di capire come questi tratti influenzeranno la negoziazione.
Ci sono degli studi che hanno mostrato che esistono delle fasi comuni a qualsiasi
trattativa. Ogni trattativa ha:
- Fase di apertura = per conoscersi e sviluppare un rapporto interpersonale
- Fase di scambio di informazioni sull’oggetto della negoziazione
- Fase della persuasione = ciascuna delle parti tenta di modificare le
necessità, le preferenze e le richieste della controparte
- Fase delle concessioni e dell’accordo = perché l’accordo avvenga di solito
ciascuno deve rinunciare a qualcosa

Il problema è che da cultura a cultura cambiano durata, importanza e contenuto


delle singole fasi; perciò, è necessario andare a capire come la cultura del paese in
cui esporto tratta le singole fasi.

Esempi:
- Fase di apertura: in Giappone ci sono due ruoli, un intermediario che fa
conoscere e le parti e una figura che invece risolve i conflitti. Gli asiatici
tendono ad avere delegazioni numerose, in usa invece basta un delegato.
- Scambio di informazioni: in asia richiede moltissimo tempo, in Cina, brasile
e spagna gonfiano il prezzo; in Giappone e usa partono con un’offerta
equa.
- Persuasione: in usa si impegnano a dialogare, in Giappone è poco
importante. Far ripetere è una tecnica per capire i punti deboli.
- Fase di concessione ed accordo: se stringi un accordo con un giapponese
bisogna aspettarsi di dover poi rinegoziare

La negoziazione nei paesi asiatici (wa – Giappone- inwa- corea, guanxi- cina su
moodle). La wa è il principio di armonia, che deve persistere fra i membri di un
gruppo (i conflitti espliciti non vengono ammessi). Inwa è sempre un concetto che
regola le interazioni interpersonali, ma ha più a che fare con la fedeltà. Le guanxi
invece si basano su favori e una persona ha guanxi tanto più forti quanto più è
legata a persone che hanno potere.

Questi concetti influenzano i processi decisionali. In occidente, infatti, abbiamo un


approccio sequenziale alla negoziazione, si affronta un problema alla volta e si fa
una sintesi finale. In asia invece si approcciano ai problemi tutti insieme, hanno
tempi lunghi.

Quali sono i fattori di


successo per la
negoziazione

I fattori sono:
- Prepararsi sia sul piano tecnico-operativo sia sul piano culturale
- Farsi affiancare da un mediatore culturale e curare le relazioni sociali con il
personale della controparte di livello inferiore (cercare di ottenere
benevolenza)
- Conoscere la lingua della controparte anche quando non si ha intenzione di
usarla e avvalersi di un interprete che non sia solo bi-lingue, ma anche bi-
culturale
- Utilizzare altri canali oltre a quello orale, fare uso di testo scritto, tabelle,
grafici, disegni, campionari. Etc
- Dotarsi di pazienza, soprattutto per negoziazioni in oriente
- Stendere contratti molto dettagliati per mettersi a riparo da continue
richieste di adattamento successive
- Non desiderare la conclusione positiva ad ogni costo, avere le idee chiare
fin dall’inizio il limite sotto il quale non si è disposti a scendere.

Caso Agrifood – esportazione Avocado


L’avocado è gestito a livello di multinazionali. Questi multinazionali nel mondo food riescono ad influenzare cosa
mangia ognuno.

Noi siamo interessanti a questo caso perché la compagnia ha un problema: non trova riscontri di vendita interessanti;
quindi, cerca di capire cosa non è andata. Commissiona una ricerca di mercato sulla domanda tedesca, in modo da
capire le effettive possibilità di penetrazione nel mercato e cosa fare dal punto di vista marketing.

Le domande della ricerca sono:

a) Quali sono gli stadi del processo decisionale di acquisto quando il consumatore decide di comprare frutta esotica e
avocado in particolare? Quali sono le determinanti e i fattori influenti?

b) Qual è il potenziale di penetrazione sul mercato dell’avocado e quale dovrebbe essere il segmento/i obiettivo per la
campagna promozionale?

c) Quali dovrebbero essere i canali di comunicazione e i messaggi più efficaci per stimolare i segmenti-obiettivo?

Cercheremo di capire come da questi dati (relativi al processo d’ acquisto del consumatore) si possa arrivare ad avere
degli insights rilevanti per chi deve pensare una campagna di comunicazione.

Partiamo dalla ricostruzione del processo d’acquisto.

Il processo d’acquisto classico è:

- Percezione del bisogno


- Ricerca di informazioni
- Valutazioni delle alternative
- Acquisto e consumo
- Post acquisto

Quando abbiamo un determinato prodotto dobbiamo gestire il modello del processo d’acquisto per adattarlo al
particolare prodotto. Nel caso dell’avocado abbiamo una fase iniziale, la fase della conoscenza (tabella 3)

Le fasi nello specifico sono:


Fasi del processo dell'avocado:
- conoscenza del prodotto
- assaggio del prodotto (anche ad una festa ad esempio)
- primo acquisto
- gradimento (consumo il prodotto e lo gradisco – tabella 4)

- adozione (è lo scopo ultimo del marketing agri)

- preferenza (un soggetto che preferisce il prodotto, è un cliente acquisito) (tab 2)

Dobbiamo ora capire, fatta centro la popolazione, che ad ogni passaggio da una fase all’altra noi perdiamo una parte
della popolazione

 Come si costruisce la tabella con i vari passaggi del processo (e le relative perdite di popolazione)

Conoscenza Assaggio Primo Gradimento (tab Intenzione Preferenza


(tab 3) (tab 3) acquisto 4) di riacquisto (tab 2)
(tab 3) (tab 4)
Avocado 100% 84 62 48 29 14 3
(abbiamo (l’hanno (quanti (sommiamo (la vediamo
perso il 16% assaggiato il gradiscono il 5-6-7 della in tabella 2)
della 62%, ma l’avocado? Il riga
popolazione acquistato 29%, dato che ho intenzione
dalla fase solo il 48) ottenuto di
precedente) andando in tab 4 riacquistare.
“Giudizio Otteniamo
complessivo”, 29 che
con punteggio da dobbiamo
1 a 7, quindi rapportare
ricorro alla al 48, ossia il
manipolazione primo
dei dati e acquisto)
ipotizzo che chi
ha risposto da 1
a 4 siano coloro
che non
gradiscono,
mentre chi ha
risposto da 5 a 7
suppongo che
siano soggetti
che gradiscono,
aggrego quindi i
dati e sommo e
ottengo 46 che
va rapportato
con 62, ossia
coloro che hanno
assaggiato, il
46% di 62 è pari
d 29.
GAP 16 22 14 19 15 11
Arance 100 100 100 100 99 96 43
GAP - - - 1 3 53
Melanzane 100 95 77 63 35 54 10
GAP 5 18 14 28 11 14
3
Siamo partiti con il 100% e siamo finiti con il 3%. Dobbiamo ora capire se questo processo d’acquisto è tipico
dell’avocado o viene rispettato anche dagli altri prodotti. Per semplicità prendiamo come benachmark arance e
melanzane.

Osserviamo, tramite i gap, se gli stessi problemi che si hanno nell’acquisto dell’avocado ci sono anche nel caso di
arance e melanzane.

Quali sono i problemi tipici dell’avocado:

- Assaggio (gap maggiore, del 22)  problema di promozione del prodotto


- Conoscenza (gap 16)  problema pubblicitario di awareness
- Riacquisto (15)  problema distributivo

Dal momento che anche le melanzane hanno un problema col primo acquisto, non si tratta di un problema tipico
dell’avocado. Notiamo che il gap tra riacquisto e preferenze non è un problema perché è tipico di tutta la frutta e la
verdura. Sul primo acquisto è difficile affermare il motivo, è troppo presto (magari prezzo troppo alto, oppure scarsa
distribuzione).

In quale sequenza logica mettiamo i 3 problemi: prima problema distributivo, poi promozione e infine pubblicitario
(non si crea aspettativa senza che ci sia disponibilità del prodotto). Bisogna rendere disponibile la merce e a stretto
giro pubblicizzarla.

Ora passiamo all’analisi degli attributi di prodotto per arrivare a dare delle indicazioni strategiche (tab 5,6,7)

Per prima cosa confronto la classifica degli attributi per i vegetables (tab 6) con quelli per l’avocado (tab 7). Per fare il
confronto è utile anche in questo caso raggruppiamo gli attributi attorno ad alcuni fattori chiave, quindi metto insieme
vitaminico, fresco, nutritivo, digeribile e calorie afferiscono tutti all’area Salute. Ospiti e speciale afferiscono al fattore
chiave status. Prezzo afferisce all’area dell’economicità. Raggiungibile, versatile, velocemente e quotidiano afferiscono
all’area della praticità. Se raggruppiamo così gli attributi possiamo arrivare a fare il confronto facendo la media.

Salute Status Economicità Praticità


Vitaminico Ospiti Prezzo Raggiungibile
Fresco Speciale Versatile
Nutritivo Velocemente
Digeribile quotidiano
Calorie
Avocado (tab 7) 4,54 (2°) 5,96 (1° livello) 2,90 (4°) 4,11 (3°)
Veg (tab 6) 5,30 (1° livello) 4,51 (4°) 5,18 (2°) 4,89(3°)

Siccome praticità è al terzo posto per entrambi non lo considero come problema. Facciamo quindi il confronto sugli
altri tre. Creo una matrice con i tre campi rimasti e confronto:

Rilevanza del fattore per il Posizione Avocado Strategie di


mercato comunicazione
Salute Molto importante Buona immagine La salute è importante per
il mercato e io sono
abbastanza forte. La
strategia sarà di rafforzare
la corrispondenza tra
avocado e fattore (enfasi
sull’apporto vitaminico,
etc.)
Status Poco importante Ottima immagine Lo status è qualcosa in cui
vado forte con l’avocado,
ma non è importante per il
mercato. quindi la
strategia sarà di
modificare
l’atteggiamento verso il
fattore status
Economicità Importante Scarsa immagine Uno slogan potrebbe
essere “vale di più, costa
solo un po’ di più”.

Queste tre strategie hanno senso alla luce dei risultati raccolti. Nel mercato italiano i produttori di prodotti per vegani
stanno insistendo molto e l’avocado può essere adottato da loro. L’obiettivo dell’Italia è diventare il primo esportate
BIO.

L’ultimo passaggio è capire su quale attributo focalizzare il mio messaggio promozionale (prima abbiamo visto solo le
aree). Per farlo dobbiamo esaminare i differenziali fra gli attributi dell’avocado e quelli dei vegetables.
Sostanzialmente le tabelle sono sempre la 6 e la 7 e andiamo a confrontare la seconda colonna della tabella 6 con la
colonna dell’avocado.

Attributi Media importanza Media avocado GAP


Fresco 6,41 4,22 -2,19
Vitaminico 6,23 5,52 -0.71
Digeribile
Economico (-2,28)

Raggiungibile -2,10

L’aspetto dell’economicità va un attimo lasciato da parte, cerchiamo di capire meglio come si muovono gli altri
attributi. I punteggi peggiori sono sugli attributi fresco e raggiungibile. Se hanno problemi sulla freschezza è che
vedono che non viene comprato, lo vedo appassito etc. raggiungibile vuol dire che non lo trovano, emerge quindi un
importante problema distributivo. Possiamo quindi pensare ad un messaggio pubblicitario che si focalizzi su freschezza
e raggiungibilità.

La Politica dei Prezzi


Determinazione dei prezzi Cerchiamo di capire la problematica della determinazione del prezzo sui
mercati esteri. Sui mercati internazionali subentrano una serie di elementi:
mentre nel pricing del mercato nazionale si dice che il prezzo è frutto del
mercato e della concorrenza, nel mercato internazionale invece questi
elementi non sono sufficienti e bisogna affrontare dei fattori ambientali.

La regola di base del pricing Cominciamo dicendo che la regola di base del pricing non cambia, ossia che
“tenuta in debita considerazione la concorrenza, il prezzo di un prodotto non
dovrebbe superare il valore percepito dalla domanda né scendere al di sotto
dei suoi costi.

Quali sono gli elementi da Si tiene conto di:


tenere in conto? - Fattori interni di impresa (costi)
- Fattori di mercato (domanda e concorrenza)
- Fattori ambientali (es. evoluzione del tasso di cambio)
a) fattori interni di impresa Si configura in questo caso la politica di prezzo basata sui costi. il prezzo viene
definito mediante l’aggiunta ai costi del margine reddituale che si intende
perseguire.

In funzione degli obiettivi e delle modalità di ingresso, abbiamo:


- Costi di produzione
- Costi di commercializzazione
- Oneri finanziari ed assicurativi (norme incoterms)
- Spese di gestione estero
+ markup

Nel mercato internazionale si hanno due opzioni:

Metodo del costo pieno

costi variabili medi di prodotto


+ quota costi comuni (anche relativi al mercato domestico)
+ costi specifici mktg (trasporto, doganali, imposte=
= costo pieno x aliquota di ricarica (+margine)
PREZZO

Metodo del costo differenziale (si basa solo sui cv di produzione e i costi
differenziali che sono i costi che sorgono per il fatto di servire il determinato
mercato, es i costi per il dirigente italiano non li includo nel costo differenziale)

Costi variabili di produzione (costi che sorgono per il mercato estero)


+ costi di marketing, amministrativi, finanziari market-specific
= Costo differenziale x aliquota di ricarico (+margine)
PREZZO soglia di prezzo minimo

Al di sotto del prezzo di soglia sono sicuramente in perdita


Usando il costo pieno so che se vendo sicuramente come minimo mi ripago un
po’ dei costi fissi sostenuti in Italia.

Confronto fra costo pieno e Il costo differenziale è sempre più basso rispetto al costo pieno
costo differenziale
Costi unitari Costo pieno Costo differenziale
Materiali 2 2
Quota di cf 1 0
Costi specifici di
produzione per
adattamento prodotto

Per scegliere fra costo pieno e costo differenziale sono i seguenti:


Quali sono i criteri di scelta fra
costo pieno e differenziale
Costo pieno Costo differenziale
Differenziazione Elevata Ridotta
prodotto
Atteggiamento verso Indifferente Impegnato
l’esportazione
Tempi per coprire Breve termine Lungo termine
spese generali
Risorse finanziarie Insufficienti Sufficienti
Margine di redditività Ristretto Ampio
sul mercato interno
Necessità di utilizzare Bassa Alta
capacità produttiva
Economie di scala Ridotte Elevate

Le due situazioni classiche in cui si opta per il costo differenziale sono:


- Situazione difensiva (sono in Italia ho una consistente capacità
produttiva non utilizzata, mi metto a vendere ad un prezzo basso
all’estero in modo da ottenere un costo medio di produzione
inferiore)
- Situazione aggressiva (l’unica possibilità che ho di avere successo nel
mercato estero è di conseguire in breve un’elevata quota di mercato,
quindi vendo ad un prezzo basso)
b) fattori di mercato
Cominciamo con il primo fattore (la competizione?):
- Non price competition = ci si adegua al prezzo prevalente delle
imprese leader sul mercato oppure si sceglie una nicchi non coperta
dagli oligopolisti
- Prezzo diverso dal prezzo del competitor di riferimento = si può o
individuare l’impresa di riferimento tenendo conto della struttura
competitiva (stesso concorrente su più mercati, diverso concorrente
per ogni mercato) oppure scegliere l’ampiezza e la direzione del
differenziale di prezzo (differenziale negativo o differenziale positivo)

Il secondo fattore di mercato è la domanda. In questo frangente si parla


dell’adozione di logiche di target pricing, antitetiche rispetto a quelle cost-
based. A differenza delle altre unità di misura, il prezzo fa riferimento a
valutazioni che assumono un particolare significato. La relazione fra prezzo e
variabili culturali è molto rilevante nelle negoziazioni internazionali (culture
low contenxt vs high contest)

Determinare il prezzo sulla base di solo uno dei fattori di mercato è


sconsigliabile.

I fattori sono:
- Reddito pro capite
- Importanza annessa agli attributi dell’offerta
- Consapevolezza dell’esistenza di prodotti sostituitivi
- Possibilità di confrontare alternative di prezzo
- Incidenza del costo d’acquisto sui consumi totali
- Gusti e tradizioni
- Altri aspetti cultural
Quali sono le determinanti
dell’elasticità rispetto al prezzo Guardando all’elasticità si può distinguere fra mercato con coscienza di prezzo
nel mercato estero? (sono molto sensibili al prezzo) e mercati con coscienza di status (sono poco
sensibili, il prezzo è simbolico)
Come si misura il valore
percepito nella marca B? Wpb (ossia il valore percepito dal cliente nella marca B) si calcola come la
somma dell’importanza associata all’i-esimo attributo e le convinzioni sulla
capacità della marca b di presidiare l’i-simo attributo.

Se per 4 marche il prezzo è uguale al loro valore percepito, allora le quote di


mercato saranno rispettivamente del 25% ciascuno.
1° marca prezzo 100
Marca A 100 (prezzo nostro) * 8,8 (valore percepito) / 7,7

Marca b 100 * 8,2/7,7


Marca c 100* 8,1/7,7

Se io invece pratico il prezzo di 90 (invece di 100) vuol dire che voglio sottrarre
quota ai competitor. Se faccio 110 vuol dire che voglio mietere il mercato.

c) i fattori ambientali
Oltre ai fattori interni dell’impresa e i fattori di domanda e concorrenza, nel
mercato internazionale devo tenere conto dei fattori ambientali, che sono:
1) Andamento del tasso di cambio
2) Barriere artificiali
3) Normativa antidumping
4) Andamento inflazione
5) Regolamento dei prezzi di trasferimento
6) Influenza del sistema distributivo
1) Andamento del tasso di
cambio Il cambio euro dollaro è circa di 1,20. Cosa succede quando il cambio si svaluta
o si rivaluta?

Tabella sulla svaluta/rivaluta del paese di produzione

Nel caso della svalutazione della moneta nazionale c’è aumento della
competitività (il giapponese può comprare più prodotto allo stesso prezzo di
prima, quindi mi sceglierà di più). in questo caso però mi aumentano i costi di
importazione. La valuta si stabilisce al momento del contratto, se avessi
stabilito l’euro e si svaluta e mantengo il prezzo constante dovrebbe
aumentare la mia quota di mercato. se voglio aumentare i profitti, in questo
caso, posso aumentare il prezzo.

Seconda situazione (in alto a dx)  svalutazione ma ho fatto contratto in


moneta estera, significa che il cliente mi dà soldi esteri e io registro un
incremento degli introiti all’atto della conversione. Al cambio avrò più euro
(perché per via della svalutazione la moneta estera vale di più).

In basso a sinistra caso della rivalutazione dell’euro e io fatturo in euro,


succede che c’è perdita della competitività e probabile calo delle vendite. Il
prezzo in valuta estera aumenta e quindi non è conveniente. Per mantenere la
mia quota di mercato invariata devo ridurre il prezzo.

Quadrante in basso a dx, rivalutazione ma ho fatturato con valuta estera, ho


una riduzione degli introiti all’atto della conversione.
Per mantenere i profitti inalterati dovrei aumentare il prezzo in valuta estera.

Per evitare tanti problemi, molta parte degli scambi internazionali avviene in
dollari.

Le alternative di condotta sono:


Valuta nazionale debole Valuta nazionale forte
Evidenziare convenienza del prezzo Basare l’offerta su fattori diversi dal
prezzo
Approfondire la linea con articoli più Impegnarsi nella riduzione dei costi
costosi
Realizzare acquisti e produzione in Approvvigionarsi e produrre
Italia all’estero
Cercare di negoziare i pagamenti per Ricorrere a pagamenti mediante
pronta cassa countertrade
Adottare un prezzo basato sul costo Formulare i prezzi, ove possibile, con
pieno il costo differenziale
Minimizzare le spese sostenute in Massimizzare le spese sostenute in
valuta estera valuta estera
Fatturare in valuta nazionale Fatturare nella valuta del cliente

Per coprirsi dai rischi di oscillazione del cambio che abbiamo visto, che possono
portare a condizioni anche di perdita, si può optare per:
- Contratti a termine di valuta = accordo mediante il quale due parti (tra
cui una banca) si accordano per scambiarsi, ad una data valuta, una
determinata quantità di valuta a un prezzo prestabilito
- Opzioni in cambi = conferiscono il diritto (ma non il dovere) di
comperare (call option) o di vendere (put option) in un dato periodo
una determinata valuta ad un prezzo prestabilito

Lo scopo è di tenere fisso il cambio esistente al momento della stipula del


contratto
2) Barriere artificiale Le normative doganali possono imporre dazi su prodotti in concorrenza con
quelli locali. Per fronteggiare l’imposizione di dazi è possibile:
- Trasferire la fase di assemblaggio nel mercato di destinazione
- Utilizzare i prezzi di trasferimento

I governi impongono o dei dazi o dei contingenti (es. possono entrare nel
paese solo tot quantità di prodotto). Nel caso dei contingenti però il governo
rinuncia alle tasse sui prodotti che sarebbero entrati; è una misura che mira a
proteggere le industrie locali, ma lo stato perde le tasse sulle merci.

Per fronteggiare i dazi, l’esportatore potrebbe trasferire la fase di


assemblaggio nel mercato di destinazione (es. mando le componenti del
prodotto in Brasile, lì viene assemblato e venduto.).
Perché è vantaggioso trasferire la fase di assemblaggio? Perché i dazi che il
paese estero impone sulle merci in arrivo sono più alti sul prodotto finito
invece che sulle componenti. Abbiamo già visto il concetto di market of
assembly.
È un modo per aggirare una parte dei dazi doganali.
3) Dumping Un altro modo sono i prezzi di trasferimento
È un fenomeno per cui vendo all’estero ad un prezzo inferiore rispetto al
“valore normale”. Es. cinesi che vendono in Italia l’acciaio ad un prezzo
nettamente inferiore rispetto al prezzo a cui lo vendono in Cina. Questo prezzo
basso può distruggere l’industria locale. Si differenziano 4 diverse situazioni:

- Dumping sporadico
- persistente
- differenziato
- predatorio

I governi che importano mettono in campo delle normative antidumping, che


effettuano controlli tra il prezzo all’esportazione e il “valore normale”, al fine
di evitare danni all’industria locale.

Come si calcolano prezzo all’esportazione e valore normale? Chi lo stabilisce?

Come si calcola il valore normale


Elementi da considerare Valori (in moneta
di esportazione)
Prezzo al dettaglio nel mercato interno 239,15
all’esportatore
(-) imposta su valore aggiunto (IVA applicata dal 23,91
paese estero)
= prezzo di vendita netto 215,94
(-) margine di ricarico del dettagliante 17,58
= prezzo all’ingrosso 197,66
(-) margine di ricarico del grossista + trasporto e 25,78
assicurazione
= prezzo netto franco fabbrica 171,88

** la prima voce è il prezzo del dettagliante nel paese in cui si esporta (es. in
Vietnam costa 239).

Prezzo netto franco fabbrica vuol dire che il grossista è andato in fabbrica a
prendere la merce. È espresso in valuta estera.
Siamo risaliti al prezzo di vendita da parte del produttore.

Come si calcola il prezzo all’esportazione franco fabbrica (prezzo a cui il


prodotto viene venduto al primo livello). Siamo in presenza di un grossista
italiano ad esempio

Elementi da considerare Valori (in moneta


del paese
importante)
Prezzo all’ ingresso lordo 90 euro
(-) imposta su valore aggiunto (IVA applicata dal 9,0
paese importante)
= prezzo all’ingrosso netto 81,
(-) margine di ricarico del grossista + trasporto e 9,7
assicurazione
= prezzo al grossista sdoganato 71,3
(-) dazio doganale 3,6
= prezzo all’esportazione CIF 67,7
(-) nolo, assicurazione verso lo stabilimento 2,7
= prezzo all’esportazione franco fabbrica 65,0

*CIF Cost insurance and freight.

65 euro è il prezzo cui arriva franco fabbrica, quindi senza costi di traporto etc.
Questo prezzo va confrontato con il prezzo netto franco fabbrica 171,88 valuta
estera. Ma faccio il cambio in euro (fingiamo che sia a 2) e otteniamo che:

Valore normale
(in valuta dell’esportatore) 171,88

Valore normale espresso al cambio 85,94


del paese importatore
(-) prezzo all’esportazione franco 65,00
fabbrica
=margine di dumping 20,90

Una volta individuato il dumping l’UE o impone dazi equivalenti al margine di


dumping o fa multe.
L’UE è lacunosa sull’individuazione del dumping, sono i privati a doverla
provare.

Quando è molto difficile capire il calcolo dei costi di produzione nel paese, si
guarda ad un paese affine per farsi un’idea (es. per la Cina non riesco ma ho i
dati sul Vietnam).

Si ripercuote, su m-l termine, sul tasso di cambio. Es. l’euro ha 4% di inflazione


in più, mentre negli USA è 1%. Il gap di inflazione, del 3%, si ripercuote sul
4) Andamento dell’inflazione cambio.

Abbiamo diversi effetti:


- Effetto inflazione sulla domanda nel paese estero= aumenta la
propensione al consumo (< attenzione al prezzo), specie per i beni di
rifugio
- Effetto inflazione su regolamentazione nel paese estero = maggiori
controlli sui prezzi e limiti o divieti a rimpatri dei profitti e/o dei
capitali investiti
- Effetto inflazione su costi = nel paese estero aumenta i costi delle
produzioni in loco (se ho impianto produttivo all’estero pagherò di più
per importare le materie prime); in patria aumenta i costi dei beni
finali esportati

Esempio dell’andamento dell’inflazione:


supponiamo di esportare in brasile. bassa inflazione prezzo di vendita per
contanti 600, se si manifestasse un’alta inflazione (in alcuni paesi il 28% di
inflazione è normale). Considero quindi il prezzo a bassa inflazione (es. riga
delle materie prime) a cui sommo il valore calcolato con la percentuale di
inflazione (% di inflazione x prezzo a bassa inflazione) e ottengo così il costo da
considerare.

I costi complessivi, ad alta inflazione, sono 595. Calcolo il margine di profitto


(fissato al 20%) e arrivo al prezzo di vendita per contanti di 714.
Come proteggersi Si potrebbe quindi verificare una perdita di competitività
dall’inflazione?
Per proteggersi dall’inflazione è possibile:
- Introdurre componenti di prodotto meno sensibili all’inflazione
- Acquisire input in paesi a basso costo
- Abbreviare i termini di pagamento
- Rinegoziare le condizioni nei contratti a lungo termine
- Quotare in una valuta stabile
- Perseguire una rapida rotazione delle scorte
- Controllo stringente sui costi

5) controllo pubblico dei prezzi

Se non è possibile praticare una tempificazione della modifica di pricing, in


genere perché c’è un controllo statale, si può in quanto esportatore:
- Introdurre nel mercato un prodotto nuovo o modificato rispetto a
quello precedente
- Ridurre il livello qualitativo del prodotto
- Innalzare i corrispettivi richiesti per l’erogazione dei servizi quali
consegna, garanzia, installazione ed assistenza tecnica
- Ricorrere all’unbundling (si scorpora il pacchetto nei singoli prodotti)
- Negoziare con le autorità l’autorizzazione ad un aumento di prezzo

Sono tutti modi per aggirare i controlli pubblici del prezzo. nei paesi con
economie centralizzate è più comune che ci sia questa forma di controllo.

La regolamentazione dei prezzi di trasferimento è la parte più importante.


La maggior parte delle esportazioni avviene intra-company: es. azienda italiana
6) Prezzi di trasferimento che trasferisce i propri prodotti alla sua sussidiaria che opera in india.

I prezzi di trasferimento sono i prezzi che regolano le transazioni di beni e


servizi infragruppo.
Il livello di prezzo può essere diverso da quelli che si formano in una normale
transazione di mercato tra soggetti indipendenti.
L’obiettivo, quando si hanno vari sedi nel mondo, è massimizzare la
performance a livello di corporate, non della singola unità che fanno parte del
gruppo.
Il problema è quando le unità internazionali sono centri di profitto e il
rispettivo management valutato secondo questo parametro.

Si verifica dunque una manipolazione dei prezzi di trasferimento.


Si sposta il profitto alla sussidiaria. È però una pratica rischiosa perché alla fine
valuto il management sulla base delle condizioni a cui ho venduto alla
sussidiaria. Si aprono dei problemi organizzativi.
Uno degli aspetti fondamentali dei prezzi di trasferimento è il gioco dello
sfruttare le differenti aliquote fiscali fra il paese produttore e il paese estero.
Es. supponiamo di avere uno stabilimento in Italia e in Italia produco e vendo
in un paese all’estero al prezzo di 200. Supponiamo di avere in Italia delle
imposte del 20% (quindi pago 40). Mi rimangono 160. In Messico invece
supponiamo che l’aliquota sia 10%, allora se mando la merce in Messico e dal lì
la vendo a 200, in Messico pago 20 di aliquota, quindi mi rimangono 180.
Allora a me conviene vendere dal Messico.
Se invece supponessimo che il costo di produzione in Italia sia 100, mi rimane
60. Supponiamo di vendere a 100 (prezzo di trasferimento) in Messico. La
sussidiaria compra a 100 e rivende a 200, ma poiché paga il 10% di imposte, le
rimangono 80. Ho trasferito del profitto godendo delle aliquote fiscali locali,
praticando in questo caso un prezzo di trasferimento contenuto, uguale ai costi
di produzione.
Questa cosa sposta anche i profitti ovviamente.

I criteri per la fissazione dei prezzi di trasferimento sono:


- Al costo attuale
- Al costo standard
- Al costo modificato
- Al costo negoziato
- Al prezzo di mercato (arm’s lenght) (dovrei mandare in Messico al
prezzo di 200).

Se prevale il criterio del potere di mercato non posso più sfruttare il gap delle
aliquote.
Ma chi fissa il prezzo di mercato e chi controlla? Non è così facile, subentrano
infatti una serie di fattori che influenzano la scelta dei criteri.

La scelta del criterio di fissazione dei prezzi di trasferimento dipende dagli


obiettivi perseguiti dall’azienda:
- Aiutare un’unità lovale in fase di avviamento
- Far fronte alle fluttuazioni dei cambi
- Stimolare l’incremento dei volumi da parte delle unità con capacità
produttiva non saturata
- Sfruttare la convenienza locale

Per prevenire possibili forme di evasione o elusione fiscale con i prezzi di


trasferimento, molti paesi hanno adottato normative specifiche, che
generalmente si ispirano ai principi comuni desunti dal’ modello Ocse, che ha
adottato il principio arm’s lenght, prevedendo la possibilità che il reddito
dell’impresa che ha effettuato operazioni di transfer price venga rettificato in
misura equivalente a quanto si sarebbe verificato se essa avesse effettuato le
operazioni a prezzo di mercato.

Vedi dl 50/2017 per la normativa. I governi possono intervenire


Cos’è la price escalation? sull’ammontare dei prezzi trasferimento, obbligandoli ad essere allineati.

La price escalation consiste invece nella lievitazione del prezzo finale dovuta
all’allungamento del canale sul mercato internazionale….

Si fronteggia abbreviando il canale di distribuzione, riducendo il prezzo base


all’esportazione, modificando la classificazione doganale del prodotto,
assemblando il prodotto all’estero, riducendo i costi di trasporto e di logistica
internazionale, accettando lo svantaggio di prezzo, posizionando il prodotto in
un segmento di domanda superiore.

Potrebbe essere un problema anche nel piano per via della struttura
distributiva.

Caso Epsilo
Esempio di calcolo del prezzo all’esportazione. È un caso interessante perché ci mostra che cosa entra nel calcolo del
prezzo sulla base dei costi.

Epsilo è un produttore di nicchia di prodotti sportivi, core dell’assortimento sono i parastinchi da calcio (si comprano
due alla volta, quindi il calcolo viene fatto sulla coppia).

È richiesto il calcolo del prezzo in svizzera e in Austria. Abbiamo il mercato del retailer e del consumatore
1,196 di tasse. Il prezzo (es. 9,56) si ottiene pulendo il prezzo dal coefficiente. Questo 9,56 è il prezzo d’acquisto per
iper e super svizzeri. Possiamo già dire che il ricarico è superiore al 200%.

Passiamo alla determinazione del prezzo a partire dal costo di fornitura. Per creare questo prezzo abbiam i costi diretti
di produzione 4,34 vengono fuori dalle materie prime, dal tessuto e dalla lavorazione (è necessario moltiplicare le MP
x 2, dato che i parastinchi sono 2), ammortamento e manodopera diretta

Per la manodopera diretta il costo va diviso per due e moltiplicato per 12 mesi e poi diviso per il numero di parastinchi
(30.000 x 2).

Il costo indiretto di produzione sappiamo che è il 10% del costo diretto, quindi 0,43

I costi di produzione saranno la somma fra quelli diretti ed indiretti: 4,34 + 0,43= 4,77

I costi di distribuzione (1,20 euro) arrivano dalle due voci dei costi di distribuzione (trasporti e costi del personale
commerciale). Nonostante si tratti di un prodotto semplice il calcolo è molto specifico.

Otteniamo l costo tot di produzione + di distribuzione che è 5,97

Mancano le spese generali (es. energia elettrica) che sappiamo essser l’11%, quindi otteniamo il costo di fornitura
totale di 6,63 euro.

Stiamo ragionando sul metodo di costo pieno.

Calcoliamo il prezzo di distribuzione sulla base del ricarico del 14%

Vediamo poi il prezzo fatto da iper e super, sullla base del prezzo di distribuzione x il coefficiente di ricarico del
distributore. Al consumatore è poi comprensivo dell’IVA.
Calcoliamo ora il gap rispetto al prezzo medio abituale. Consideriamo il gap del prezzo dei fornitori rispetto a quello di
vendita ai distributori e poi ai consumatori

- 20,9% ad esempio lo otteniamo prendendo il prezzo d’acquisto in svizzera (0,56) dalla tabella a (prima slide) e
facciamo 9,56- 7,56/9,56

Quello al consumatore lo prendiamo sempre dalla prima slide ed è 24, otteniamo il gap facendo 24-19/24. 19 lo
avevamo calcolato nella slide 4. Per essere corretti il prezzo di vendita dovrebbe essere inferiore del 20,8%.

Calcolare questi scarti ci consente di monitorare come si stanno comportando i retailer sul mercato finale e l’efficienza
della mia negoziazione nel vendere ai retailer.

Ora passiamo al calcolo nell’ipotesi di aumento del margine di contribuzione. Dobbiamo riprendere tutti i calcoli di
prima e rivederli in base ai nuovi margini
Epsilo ha evidentemente scelto una strategia di penetrazione, praticando prezzi ben inferiori ai prezzi medi nei
differenti mercati.

L’ultima domanda era relativa al cambiamento del cambio euro-dollaro e il costo della plastica aumenta. Dobbiamo
ovviamente ricalcolare il costo delle materie prime.

Tutto ciò è dovuto al fatto che il cambio dell’euro è migliorato nei confronti del dollaro.

Questo caso ci mostra come per andare a calcolare il prezzo bisogna fare calcoli estremamente precisi.

Condotte di Pricing
Quali sono i 4 modelli di Le condotte (o strategie) sono:
condotta di pricing tipici? - Condotta cooperativa = è quella che segue una piccola impresa che
segue il leader di mercato mantenendo le condizioni di stabilità delle
quote di mercato; l’impresa non tenta di accrescere la propria quota a
danno dei concorrenti. mi attengo al valore percepito dal consumatore
finale. È tipica o della piccola azienda o dell’oligopolio (es. mercato degli
smartphone). Le condizioni favorevoli sono l’oligopolio, capacità
produttiva prossima alla saturazione (costi elevati per aumentare la
capacità produttiva)
- Condotta adattiva = si ha quando l’impresa è disposta a seguire il leader
(se il leader alza il prezzo anche lui lo fa e viceversa) ma non esegue
alcuno sforzo per proteggere lo status quo, cioè si adatta passivamente e
non vi sono accordi. Le condizioni favorevoli sono che le vendite
dell’impresa costituiscano una piccola quota delle vendite del mercato, la
domanda è scarsamente inelastica e il margine di contribuzione è limitata
(quindi non si incoraggiano riduzioni del prezzo)
- Condotta opportunistica = si ha quando l’impresa manovra
sistematicamente il prezzo, soprattutto nel breve termine, come una leva
per sottrarre quota ai concorrenti. ad esempio, se si prevede che ci sarà
un ribasso dei prezzo, l’impresa anticipa i ribassi, se per caso lo fa dopo,
ribassa con più enfasi, oppure se si prevede che i prezzi aumentino,
l’impresa rinvia il rialzo dei prezzi e lo fa più tardi o addirittura lo evita. Le
condizioni favorevoli per una condotta opportunistica di pricing sono
strutture di costi snelle, bassa quota di mercato da accrescere, recente
entrata nel mercato. è la tipica situazione della piccola impresa entrante
che adotta politiche low cost.
- Condotta offensiva = è tipica del leader. Se può insatura una politica di
tipo collaborativa, però può trovarsi obbligato a prendere delle decisioni.
Si ha quando deve prendere dei provvedimenti contro il competitor,
anche a patto di perdere dei profitti. Ci sono due tipi di condotta
offensiva: la condotta offensiva di natura segnaletica e quella di natura
eliminatoria. La prima si ha quando il leader riduce il prezzo per dare un
segnale e punire un’impresa minore che non ha seguito una condotta
cooperativa; la seconda si ha quando l’intento è di eliminare il
concorrente o ridurre drasticamente la sua quota (il leader però potrebbe
incorrere in posizioni lesive della concorrenza perseguite dall’antitrust).
Le condizioni favorevoli sono che il leader dopo aver abbassato il prezzo
può rialzarlo senza che si introducano nuovi concorrenti, economie di
scala e di apprendimento significative,

Per il piano

- Budget in modo dettagliato


- Quando parliamo della politica di pricing (sezione su marketing mix) si possono fare delle stime o delle ipotesi
(dipende se si hanno informazioni) che giustifichino l’adozione di un certo prezzo, può essere interessante
chiosare sul tipo di pricing e politica di pricing si vuole adottare (es. penetrazione, scrematura)

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