Sei sulla pagina 1di 2

GLOBALIZZAZIONE

1- Le imprese nell’era della globalizzazione


La globalizzazione è il processo che porta alla formazione di un unico mercato mondiale, basato sull'esistenza di uno
spazio omogeneo, sulla rapidità delle comunicazioni, sull'eliminazione di barriere e sul superamento dei confini politici
tra gli Stati, fattori che portano a individuare nuove e più ampie aree di scambio tra merci, capitali e persone.
La globalizzazione, iniziata nel periodo degli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso e ancora in evoluzione, comporta
l'eliminazione di barriere di natura giuridica, economica e culturale, affinché sia consentita la libera circolazione di beni,
servizi, capitali e persone.
Si basa poi sull'allargamento a livello mondiale delle attività produttive commerciali e finanziarie.
In particolare, ciò comporta l'orientamento delle imprese a rivolgersi per la lavorazione dei prodotti ai Paesi in cui è
minore il costo della manodopera o che hanno minori vincoli di natura burocratica o fiscale.
L'esistenza di questo enormi mercato mondiale determina una realtà di forte interdipendenza tra soggetti che operano in
diverse realtà economiche e in zone geograficamente distanti, con l'effetto che un evento che si verifica in un
determinato luogo ha ripercussioni economiche e sociali dirette in tutto il mondo.
Naturalmente tali legami sono resi possibili dall'esistenza di nuovi strumenti comunicativi, soprattutto i collegamenti
telematici, tra cui Internet, la telefonia cellulare e i network dei media.
I sostenitori della globalizzazione ritengono che essa, grazie agli scambi commerciali e finanziari favorisca la crescita
economica e consenta ai Paesi poveri di trovare più facilmente mercati per i loro prodotti.
Ma rischia di potenziare le differenze tra Paesi ricchi e Paesi poveri: il reddito delle 225 persone più ricche del mondo
equivale a quello del 47% della popolazione più povera e che vi sono persone i cui redditi superano il reddito nazionale
di alcuni Stati poveri.
La globalizzazione, dominata da enti privati (soprattutto banche e imprese multinazionali), può quindi provocare
l'aumento della differenza tra chi ha e chi non ha.
È possibile affermare che le principali protagoniste della globalizzazione sono le imprese.
Tra tutte le imprese sono soprattutto quelle multinazionali a possedere gli strumenti più idonei per inserirsi in questa
nuova dimensione dell'economia, determinando, nei confronti dei Paesi in cui si diffondono, vantaggi ma anche,
indubbiamente, aspetti negativi.
Un primo vantaggio è innanzitutto riconoscibile nei minori costi del lavoro, che si o tengono localizzando le filiali in
Paesi in via di sviluppo: la manodopera, negli Stati in cui si trovano le filiali della multinazionale, percepisce salari
notevolmente più bassi rispetto a quelli vigenti nel Paese della casa madre e l'orario di lavoro è più prolungato.
Un altro vantaggio consiste nella possibilità di sottoporsi a condizioni fiscali meno pesanti, o perché nei Paesi in cui la
multinazionale decide di operare il sistema tributario è di per sé più leggero.
Un ulteriore vantaggio può essere individuato nella possibilità di ottenere prestiti a condizioni agevolate o sovvenzioni
internazionali, giustificate dal fatto che si va ad accrescere il potenziale di crescita di Paesi in via di sviluppo.
La presenza di un'impresa multinazionale, soprattutto nei Paesi sottosviluppati e in quelli in via di sviluppo, può
apportare vantaggi ma anche effetti negativi.
L'installazione di filiali di multinazionali favorisce lo sviluppo di un'attività industriale che altrimenti, nei Paesi poveri,
sarebbe impossibile.
Questo è un aspetto positivo, tuttavia si tratta più di una "imposizione" imprenditoriale che non di un passaggio di
tecnologie e di competenze: i vertici di queste imprese, infatti, rimangono nelle mani di dirigenti interni e le forze di
lavoro locali sono ridotte ai livelli più bassi della gerarchia lavorativa e alla manovalanza.
Certamente vi è un considerevole apporto di lavoro che favorisce l'aumento dell'occupazione, ma molto spesso ci si
trova di fronte allo sfruttamento dei lavoratori, sottopagati e sottoposti a pesanti turni lavorativi, per non parlare poi
dell’utilizzo del lavoro minorile, oggi soggetto però a più intensi controlli e ad attività di prevenzione.
2- Sviluppo e sottosviluppo
Per determinare il livello di sviluppo di uno Stato viene misurato il reddito pro capite, che corrisponde al reddito
nazionale diviso per il numero di abitanti.
Tuttavia, per una valutazione più corretta del livello di sviluppo, è opportuno utilizzare anche altri parametri, come la
modalità di distribuzione del reddito, il livello dei servizi pubblici (in particolare la sanità e l'istruzione), il progresso
tecnologico e il tasso di occupazione.
Lo sviluppo economico può essere definito come il processo di crescita economica e sociale di uno Stato, basato sul
livello del reddito, sulla distribuzione di esso, sulla qualità della vita sociale e sul progresso.
Per determinare il grado di sviluppo di uno Stato occorre innanzitutto verificare come il reddito viene distribuito: se
infatti esso si concentra nelle mani di una ristretta porzione della popolazione, mentre la maggior parte versa in
condizioni di povertà, non possiamo certamente affermare che in quello Stato sia diffuso il benessere economico e, di
conseguenza, non è possibile definirlo pienamente sviluppato.
In secondo luogo, sono determinanti le concrete situazioni di vita delle persone: acquistano rilievo, in tal senso, i servizi
sociali, al primo posto quello sanitario che assicura condizioni di vita igieniche e sane per tutti i cittadini.
I servizi sociali, soprattutto la sanità, sono un importante rattore di sviluppo.
Un elemento di sicuro rilievo ai fini dello sviluppo è il grado di istruzione dei cittadini.
La cultura è un fondamentale punto di riferimento per lo sviluppo di uno Stato, non solo per la preparazione
professionale della classe lavoratrice, ma anche per il maggior senso di partecipazione ai problemi sociali, economici e
politici del proprio Paese.
Un altro fattore che contribuisce al grado di benessere sociale è quello del tempo libero.
L'antico dilemma tra "vivere per lavorare" e "lavorare per vivere" va senza dubbio risolto a favore di quest'ultimo
motto: per stare bene le persone hanno bisogno di spazi di tempo personali, da dedicare alla famiglia e a se stesse.
Lo sviluppo di uno Stato può essere considerato anche in base al suo progresso tecnologico.
Nel mondo il livello di sviluppo è disomogeneo.
Si definiscono paesi in via di sviluppo (PVS), gli Stati che si caratterizzano per il basso livello del reddito pro capite per
la sovrappopolazione si caratterizzano industrializzazione, per la carenza di infrastrutture, per l’inesistenza di adeguate
strutture sanitarie e per il basso livello di istruzione.
Il sottosviluppo è una condizione di arretratezza economica, culturale e sociale in cui si trovano alcuni Stati rispetto ad
altri economicamente più avanzati.
Un problema specifico dei paesi poveri è quello del debito verso l’estero.
Oltre agli aiuti monetari da parte degli Stati sviluppati, a sostegno dei Paesi poveri intervengono alcune organizzazioni
che si occupano della solidarietà internazionale.
Tra queste rientrano molte associazioni umanitarie (come la Croce Rossa), che raccolgono fondi per rifornire di generi
alimentari e medicinali le popolazioni più povere; anche numerosi centri di volontariato organizzano direttamente, o in
collaborazione con enti internazionali, interventi di solidarietà di diversa natura.
Per aiutare i bambini, vittime delle situazioni di estrema povertà, si è recentemente diffusa, oltre all'adozione
internazionale (che consente di adottare bambini privi di famiglia provenienti da altri Paesi), l'adozione a distanza, che
consiste nel contribuire indirettamente alla crescita di un bambino senza allontanarlo dal suo ambiente di vita,
inviandogli il denaro necessario per vivere meglio, studiare, sperare in un futuro migliore.
Tra gli interventi di solidarietà non possiamo dimenticare quelli volti a favorire l'imprenditorialità nei Paesi meno
sviluppati.
Tra questi ricordiamo il commercio equo e solidale, che si propone di promuovere la formazione di associazioni e di
cooperative tra i produttori, di fornire loro finanziamenti, di pagare prezzi equi per i prodotti al fine di garantire dignità
a chi lavora.

Potrebbero piacerti anche