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Il sistema mondiale capitalistico e le origini del sottosviluppo

Eleonora Vannuzzi 24.10.2009


Several theories have been made, during the centuries, on the basilar causes of the underdevelopment. It is not possible to trace this phenomenon back to a single origin: it is the result of a wide group of factors which have determinated, in time, the global economy's development dynamics. The first part of this relation proposes to analyze the main factors that affect the development of a country, dwelling in particular on the core-periphering process and his relation with the global capitalist system. The last part contents a reflection over the main interpretations(and the possible solutions advanced) of the concept of underdevelopment elaborated during the 20th century.

Parte Prima
1

Le origini del sottosviluppo


Le origini del sottosviluppo si perdono nella storia stessa del capitalismo, afferma F. Volpi: pi precisamente, nelle differenziazioni strutturali che il processo di transizione ad un'economia di tipo moderno, in tempi e luoghi diversi, ha determinato. Se tra le varie accezioni del concetto di sviluppo analizziamo quello di crescita economica , ovvero l'aumento del livello di benessere e ricchezza di un paese derivante dal significativo incremento del reddito procapite interno, possiamo subito notare come essa sia influenzata da molteplici fattori:il risparmio interno , una politica commerciale liberista e liberoscambista nonch la dotazione di risorse naturali e tecnologiche tali da consentire il progresso dell'economia interna. Viceversa 1, la mancanza totale o parziale di tali fattori( in concomitanza con la presenza di variabili geopolitiche nonch dipendenti dai differenziali geografici del paese stesso) , pu dar luogo ad un circolo vizioso di depressione economica e regresso tecnico. In primo luogo, la scarsa propensione al risparmio pu essere fattore determinante per la cosiddetta trappola della povert: la mancanza di sufficiente surplus sociale causa il blocco degli investimenti nonch il depauperamento del capitale economico naturale,a causa dello sfruttamento eccessivo delle risorse. L'allocazione stessa del Paese inoltre, pu influire negativamente sulle condizioni di sviluppo. Svantaggi geografici, inagibilit viaria e comunicativa causeranno alti costi di trasporto delle merci(con numerose conseguenze nella specializzazione del commercio e nella tendenza all' extraversione delle industrie), climi caldi ed umidi favoriranno la diffusione di malattie e microbi. Alle barriere di tipo ambientale sono da aggiungere quelle, di grande rilievo sociologico, di tipo culturale:restrizioni di carattere religioso, politico o sociale che limitano in modo significativo l'ammontare del capitale umano e l'avanzare del progresso. Nel caso in cui tali barriere siano applicate, su base etnica o culturale, ad un intera collettivit,possono portare a misure segregative che spaziano dalla divisione ineguale del lavoro(ed alla conseguente gerarchizzazione della societ), alla marginalizzazione sino ad azioni requisitorie e di pulizia etnica. Tuttavia, i fattori di depressione economica sino ad ora descritti sono per propria natura eliminabili mediante l'applicazione di buone politiche statali. Al contrario, un'erronea linea di azione da parte del Governo pu rappresentare una delle cause congiunturali del sottosviluppo. L'indebitamento eccessivo, l'incapacit di provvedere all'adeguato funzionamento delle strutture adibite alla promozione della crescita(ospedali, strade, scuole), nonch l'inefficace esecuzione delle funzioni giuridiche costituiranno un disincentivo all'investimento di capitali da parte delle nazioni estere e la dipendenza del paese da aiuti internazionali per evitare spirali inflazionistiche. La trappola fiscale determina la dipendenza del paese dalla situazione geopolitica e dal commercio estero, verso il quale convoglia ogni risorsa .In tal maniera, si vengono a creare le basi per il fenomeno descritto da S. Amin come exrtraversione, ovvero l'orientamento delle industrie e della produzione ad esclusivo appannaggio del mercato estero. Ma la mancanza di un mercato interno abbastanza ampio per sostenere la produzione determina il ristagno tecnologico:la mancanza di innovazione, ulteriore causa strutturale di arretratezza economica, rappresenta l'emblema di una politica governativa incapace di offrire sufficienti incentivi all'investimento in ricerca e progresso tecnologico. Da quanto detto sino ad ora emerge come l'origine del sottosviluppo non sia da ricercarsi in una mera disuguaglianza per quanto riguarda il reddito procapite, ma in una peculiare congiuntura di caratteristiche strutturali che hanno differenziato, nei secoli, il processo di crescita dei PVS(appartenenti alla cosiddetta periferia)da quello dei moderni paesi capitalisti(costituenti ilcentrodel sistemo economico mondiale). Secondo S. Amin2,il processo di transizione dall'economia tradizionale all'economia capitalista ha seguito per il centro e la periferia percorsi diversi, che hanno portato quest'ultima a svolgere la mera funzione di economia complementare alla prima. La modernizzazione dei Paesi in via di Sviluppo, difatti, si distingue per l'ineguaglianza nella distribuzione della produttivit , che influenza la distribuzione ineguale del reddito; una disarticolazione di fondo delle industrie dovuta all'extraversione, che impedisce la formazione di un solido collegamento organizzativo tra imprese; la dipendenza finanziaria dalle economie estere a causa dell'accumulo di capitali stranieri ed infine l'impossibilit di sorreggere una crescita autopropulsiva ed auto-produttiva che porti all'emancipazione del paese. L'influenza di tali caratteristiche(e le
1D. Sachs, "Le ragioni dell'arretratezza", in Id., La fine della povert, Mondatori, Milano, 2005. 2 S. Amin "Genesi e sviluppo del sottosviluppo", in Id., Lo sviluppo ineguale, Einaudi, Torino, 1977.

distorsionieconomiche che da esse derivano) risulta immediatamente comprensibile nell'analizzare le principali fasi di formazione di un sistema economico capitalistico periferico. In prima battuta, la transizione ad un modello di produzione capitalistico causa il fallimento dell'artigianato e dei settori manifatturieri destinati al commercio interno: alla disoccupazione si aggiungono gli effetti della crisi agraria dovuta a tali regressi. Successivamente, il processo di specializzazione internazionale ineguale d luogo a tre distorsioni nell'orientamento dello sviluppo periferico: l'extraversione, l'ipertrofia del terziario e la specializzazione in settori leggeridell'attivit produttiva. L'orientamento in direzione del commercio estero discende dalla superiorit del centro nelle attivit produttive, e dalla conseguente impossibilit della periferia di adottare una strategia ad esso competitiva: ci che ne risulta un sequenziale deperimento del mercato interno ed un'industrializzazione per sostituzione delle importazioni(importazione di beni primari e produzione di beni di consumo destinati al commercio estero, prima importati). La periferia si trova dunque a svolgere una funzione di complementariet al commercio internazionale, in posizione subordinata rispetto al sistema dei prezzi internazionale ed al bagaglio di innovazioni tecnologiche importate dal centro. La disarticolazione delle industrie causa un ulteriore arresto della produzione destinata al consumo interno:innovazioni e tecniche di produzione moderne, applicate solamente ai settori destinati al commercio estero, causano disparit nei salari ed aumento delle disuguaglianze tra la popolazione. L'ipertrofia del settore terziario vede le sue cause basilari nella grande disoccupazione dovuta all'insufficiente industrializzazione, che occupa meno operai di quanti artigiani mandi in rovina: ne consegue un grande numero di impiegati in settori improduttivi , l'ipertrofia delle spese amministrative ed una perenne crisi delle finanze pubbliche. Infine, l'orientamento della produzione in favore dei settori leggeri determinata dalla tendenza del capitale centrale a valorizzare, a parit di produttivit, i settori che richiedano meno spese di supporto e producano, grazie al basso costo dei salari, un notevole aumento del profitto. Dal processo di specializzazione deriva la conseguente marginalizzazione della periferia rispetto al sistema geopolitico ed al commercio internazionale: il processo di industrializzazione richiede un maggiore afflusso di importazioni per soddisfare i bisogni relativi all'urbanizzazione, alle spese amministrative ed all'ottenimento di materie prime. Se il livello delle importazioni cresce pi velocemente di quello delle esportazioni,l'aumento del debito pubblico richiede un maggiore ricorso a capitali ed investimenti stranieri. Il ricorso a questi ultimi per finanziare lo sviluppo, d'altra parte, innescher un flusso inverso di trasferimento dei profitti che sar la causa, a lungo termine, della depauperizzazione del paese stesso, nonch della piena dipendenza commerciale, politica e finanziaria dal sistema geopolitico. In ultima istanza, l'impossibilit di sostenere una crescita auto-produttiva ed indipendente dall'afflusso di capitali esteri costituisce il nodo di chiusura del circolo vizioso da Amin definito sviluppo del sottosviluppo: una crescita tendente paradossalmente alla regressione, in cui l'alternarsi di fasi di rapida crescita e successiva paralisi portano ad una perenne crisi dei pagamenti esteri e delle finanze pubbliche. Tuttavia, non bisogna credere che tutti i Paesi in via di sviluppo partano da una condizione economica, politica o culturale svantaggiata rispetto ai paesi del cosiddetto centro. Ne offrono prova tangibile le parole di D. Landes3, che con grande acutezza svolge una comparazione tra le condizioni economicopolitiche dell'area europea e cinese alle soglie del tredicesimo secolo: il risultato una critica indiretta alla teoria degli effetti contingenti. Non possibile additare la causa dell'espansione europea ad una sequenza di eventi casuali(geofatti, scoperte), che a partire dall'anno mille ne avrebbe determinato la supremazia:studi recenti hanno evidenziato come essa si trovasse in posizione di relativa marginalit rispetto al sistema economico mondiale, il cui ruolo centrale era svolto dall'impero cinese. Al contrario, la causa sarebbe da ricercarsi in quella vasta scala di fattori politico-culturali che hanno impedito in Cina l'avvento della rivoluzione industriale ed il conseguente decollo economico. Tra le motivazioni di maggior rilievo, Landes inserisce il ruolo del dominio statale: esso avrebbe difatti ostacolato il progresso interno del paese, mirando a mantenere un totale controllo mediante l'isolazionismo e la sottomissione della classe mercantile. A causa della totale mancanza di libero mercato, diritti di propriet, ed istituzioni atte a permettere un trasferimento di tecniche e tecnologie non vi sarebbero stati sufficienti incentivi ad applicare risorse ed innovazioni al settore industriale, determinando in tal maniera la specializzazione del paese nel settore agricolo. Al contrario in Europa, dove la frammentazione e la competizione internazionale offrivano stimolo costante al processo tecnico ed all'apertura di mercati internazionali, i governi avrebbero fortemente incentivato lo sviluppo e l'espansione dell'industria e del commercio. Inoltre, ad impedire il diffondersi di innovazioni e tecnologie provenienti dall'occidente avrebbero contribuito forti motivazioni di matrice socio-culturale:in primo luogo l'intenso orgoglio nazionalista cinese,
3 D. Landes, Why Europe and the West? Why Not China? Journal of economic perspectives, 20(2), 2006.

(che sulla base della presunta superiorit del celeste impero avrebbe impedito la contaminazione con i prodotti di una cultura inferiore); non di meno avrebbero contribuito i retaggi filosofico-religiosi del confucianesimo, promuoventi il disdegno del progresso scientifico e della ricerca.

Parte Seconda Il sottosviluppo, oggi


Perch il sottosviluppo? <<se accanto alla ricchezza vi sempre stata la povert, non vero invece che il mondo sia sempre stato diviso in due mondi, l'uno sviluppato e l'altro sottosviluppato, ne' che i confini tra queste due parti siano rimasti gli stessi da quando esistono>>(F. Volpi, Lezioni di economia dello sviluppo) difficile dare una definizione di sottosviluppo senza correre il rischio di relativizzarne il concetto, riducendolo alla descrizione dei semplici effetti che risultano visibili,manifesti: mancanza di risorse, povert, crisi delle finanze pubbliche. Esso viene per lo pi definito in negativo, come immediato termine di paragone dello sviluppo economico di un Paese e del fenomeno, la ricchezza, che esso comporta. Tuttavia ,sarebbe erroneo assimilare il concetto di sottosviluppo a quello di povert:quest'ultima, difatti, non rappresenta che uno degli aspetti di una realt dalle mutevoli facce. Al giorno d'oggi, l'effettiva enormit del divario che distingue le nazioni ricche da quelle arretrate invita ad attingere soluzioni pi o meno banali dal repertorio deterministico e pre-concettualistico comune. Sensazioni di stupore, incredulit, quasi imbarazzo nel prendere atto di una realt dal sapor di forte agrume si diffondono nella razionale ottica del popolo d'occidente:forte la tentazione di tirare in ballo motivazioni di matrice biologico-culturale, variabili contingenti e determinanti geografiche che deflettano le responsabilit delle domande che potrebbero scaturire dall'analisi storica delle differenziazioni dei processi di sviluppo nelle varie parti del mondo. Quali sono le cause delle disparit nella distribuzione della ricchezza mondiale?Un'innumerevole quantit di teorie e relative confutazioni ha segnato nei secoli il percorso di tale domanda, senza che sia stato possibile pervenire ad una risposta unitaria e perfettamente soddisfacente. Interpretare il sottosviluppo come stadio originario di ogni sistema economico, tappa obbligata del lungo viaggio verso la modernizzazione, porta a dover fornire una spiegazione delle disuguaglianze attualmente presenti nel livello di sviluppo delle varie economie geografiche mondiali:il tentativo, gi ipotizzato nella teoria stadiale di Rostow, rimanda alla domanda stessa e si presta a numerose critiche. Altrettanto dubbie risultano le ipotesi di una crescita economica dovuta esclusivamente a sequenze di eventi contingenti; a vantaggi geografici aprioristicamente determinati ed immutabili; alle particolari attitudini di una popolazione. La verit che tutti questi elementi (con le dovute riserve ed in misura diversa) hanno collaborato nei secoli per dare all'economia- mondo l'odierna configurazione. Le strategie che hanno fallito Nei rapporti annuali della Banca Mondiale del 19994le economie mondiali risultano classificate, in base al loro PNL, in quattro categorie:economie a basso reddito,a reddito medio basso, a reddito medio-alto ed alto. Nella prima fascia rientrano la maggior parte dei paesi dell'Africa subsahariana e dell'Asia meridionale, nella seconda l'Asia orientale e buona parte del Nord Africa,del Medio Oriente e dell'America Latina. Nella fascia di reddito reddito medio-alto si collocano i paesi petroliferi nord-africani e Medio-orientali(Libia,Oman) e la restante parte dell'America Latina(Messico, Cile, Venezuela, Argentina).Rientrano nel gruppo ad alto reddito, infine, Europa e paesi anglofoni, Giappone, Arabia Saudita e le cosiddette Tigri Asiatiche:Corea, Singapore, Taiwan ed Hong Kong. Nell'ultimo ventennio del xx secolo5 ,nessuno dei paesi a alto reddito ha
4 F. Volpi, Lezioni di economia dello sviluppo, in Id. , Paesi in via di sviluppo e meno sviluppati, Angeli, Milano 5 D. Sachs,"Le ragioni dell'arretratezza", in Id., La fine della povert, Mondatori, Milano, 2005.

riscontrato un significativo declino del tasso di crescita economica: buona parte dei paesi a reddito basso e medio-basso(45 considerando solamente paesi con pi di 2milioni di abitanti), al contrario, ha subito un notevole calo del PNL e del reddito pro-capite. Gli aiuti internazionali,evidentemente, non sono stati sufficienti per impedire che tali paesi scivolassero nel circolo vizioso del sottosviluppo. Partendo da questa considerazione di carattere statistico, desidererei soffermarmi brevemente su quelle che nel corso dell' ultimo cinquantennio sono state presentate come soluzioni miracolose all'arretratezza economica, ma che per vari motivi non hanno conseguito l'effetto desiderato: per citare W. Easterly, le panacee che hanno fallito6 nel disinnescare il processo di sviluppo del sottosviluppo. Una prima tipologia di aiuti internazionali, sviluppata a partire dal 1946 sulle basi del cosiddetto modello Domar, fu quella dell' aiuto agli investimenti: individuando nell'insufficiente dotazione di fattori (infrastrutture adeguate,macchinari) il motivo principale del sottosviluppo,furono accordati ai paesi beneficiari degli aiuti destinati a colmare il cosiddetto gap finanziario(differenza tra gli investimenti necessari alla crescita e l'effettivo livello di risparmi del Paese). Maggiori investimenti in macchinari avrebbero determinato un aumento significativo della produttivit, e pertanto di ricchezza:il modello riscontr molto successo sul piano teorico e pochissimo sul piano pratico. l'ipotesi che la crescita di un paese fosse proporzionale al rapporto tra investimenti e PIL dell'anno precedente non si dimostr efficace. Una seconda strategia, passata alla storia come Modello Solow, individu come fattore determinante della crescita il progresso tecnologico. Dal fallimento del precedente approccio era emerso come, a causa dei rendimenti decrescenti, la sola variazione della dotazione di beni di partenza non aumentasse la crescita nel lungo periodo: si rendeva pertanto necessario aumentare la produttivit media di ogni singolo lavoratore, al fine di incrementare il rendimento. Tale incremento, di conseguenza, avrebbe determinato un maggiore accumulo di capitale disponibile .Al pari della soluzione precedente, il modello Solow and incontro al fallimento:la crescita economica di un paese, difatti, non si basa solamente sull'accumulo di capitale. Inoltre, molti fattori possono ostacolare lo sviluppo di una nazione indipendentemente dal numero e dalla tipologia di strumenti di produzione di cui essa pu usufruire. Una terza ed una quarta strategia di sviluppo, elaborate a partire dagli anni sessanta, riguardarono il capitale umano del paese: esse individuarono la soluzione finale all'arretratezza rispettivamente nell'istruzione e nella formazione di personale specializzato l'una, nel controllo delle nascite e nella pianificazione familiare l'altra(che tutt'oggi d luogo a dibattiti di natura pi etica che economica). Tuttavia, pur rappresentando fattori importanti nello sviluppo di un Paese, esse non possono essere considerate cause ultime del medesimo. La formazione di personale specializzato risulter inutile fino a quando le strutture e le reti sociali di matching non saranno in grado di offrire sufficienti incentivi ad investire su una specializzazione della produzione, su di un affinamento delle tecniche produttive, nonch su retribuzioni salariali adeguate. Inoltre, non vi sono prove che la crescita demografica influenzi in maniera tanto significativa il PIL da determinarne un andamento decrescente. Ad oggi, le strategie di aiuto pi accreditate vertono sulla concessione di prestiti di aggiustamento ai PVS condizionati all'attuazione di riforme di politica economica, nonch di periodici condoni dei debiti nelle bilance dei pagamenti esteri. L'ottimale funzionamento di entrambe, tuttavia, richiede un clima di collaborazione che spesso i governi non sono disposti a soddisfare:essi stessi(con pratiche clientelari, corruzione, eccessiva burocrazia)pongono un freno alla crescita. Ad eccezione dell'ultima, tutte le strategie sopraccitate presentano due caratteristiche comuni:in primo luogo, esse hanno individuato le origini del sottosviluppo in uno solo degli aspetti in cui esso si rende manifesto(scarsit di macchinari ed innovazione tecnologica, analfabetizzazione, sovrappopolazione), incentrando unicamente su di esso il programma di risanamento economico. In secondo luogo, esse paiono non tener conto di quello che, a detta di Easterly, il principio basilare dell'azione sociale e dei fenomeni da essa scaturenti:le persone rispondono agli incentivi. Quali incentivi alla crescita? Questa relazione si conclude con una domanda. Affermare che l'arretratezza di un Paese dipende interamente dal basso livello di incentivi interni allo sviluppo sarebbe riduttivo e semplicistico, al pari delle teorie deterministiche sino ad ora contestate. Ma non vi dubbio che le scelte individuali siano mosse dalla ricerca del profitto, e che a livello macrosociale le stesse scelte rappresentino la variabile determinante delle azioni
6W.Easterly, Lo sviluppo inafferrabile, in Id. Panacee che hanno fallito, Bruno Mondadori, Milano

collettive. Molti affermano che sia possibile uscire dal circolo del sottosviluppo: non occorre che le nazioni ricche elargiscano quantit di denaro ai PVS tali da determinare la redistribuzione della ricchezza su scala mondiale,quanto che offrano loro le condizioni necessarie per innescare il processo di sviluppo. Tuttavia, vi anche un'altra tesi che merita di essere menzionata :quella secondo la quale il sottosviluppo sia una condizione necessaria a mantenere la crescita economica e la potenza delle nazioni pi ricche. Considerare accettabile l'ipotesi che i paesi del centro abbiano<<gettato via la scala della propria ascesa>>7 per impedire ad altri di acquisire la stessa potenza porterebbe ad una completa riformulazione della storia economica del sottosviluppo....nonch ad un interrogativo bruciante. Se i PVS necessitano dei aiuti internazionali per rilanciare la propria economia, se vero che le persone rispondono agli incentivi e che questi determinano l'esito dell'agire sociale...quali sono gli incentivi delle nazioni ricche a favorire la crescita di quelle povere?

Bibliografia D. Sachs, "Le ragioni dell'arretratezza",Mondatori, Milano, 2005 S. Amin "Genesi e sviluppo del sottosviluppo" Einaudi, Torino, 1977. D. Landes, Why Europe and the West? Why Not China? Journal of economic perspectives, 20(2), 2006. F. Volpi, Lezioni di economia dello sviluppo, Angeli, Milano W. Easterly, Lo sviluppo inafferrabile,Bruno Mondadori, Milano J. Chang, Kicking away the ladder: development strategy in historical perspective,Anthem, Londra, 2003

7 F. List in J. Chang, Kicking away the ladder: development strategy in historical perspective , in Id, Introduction: How did the rich countries really become rich , Anthem, Londra, 2003 (trad. nostra)

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