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COMUNICAZIONE MULTICULTURALE
E COMPORTAMENTO D’ACQUISTO DEI
MIGRANTI TRA INTEGRAZIONE E IDENTITÀ
COMUNICAZIONE MULTICULTURALE
E COMPORTAMENTO D’ACQUISTO DEI
MIGRANTI TRA INTEGRAZIONE E IDENTITÀ1
Maria Teresa Cuomo* - Debora Tortora**
1. Premessa
Nell’era del solipsismo individuale ma anche di vigorose pressioni globaliz-
zanti, la crescente conformazione multirazziale della società è ormai un
elemento di complessità con cui i sistemi-paese e, all’interno di questi, i 13
sistemi impresa, si confrontano quotidianamente. Basti pensare agli stranieri
che ufficialmente vivono stabilmente in Italia, circa il 5% della popolazione
nazionale, con prospettive di consistenti incrementi anche, ma non solo, per
l’attuale stagnazione della crescita demografica del paese2, evidenziando, ed
è ciò che rileva ai fini del nostro studio, una transizione da una realtà mobile e
mutevole ad un quadro, viceversa, piuttosto stabile e strutturato3.
Il banco di prova delle affluent societies, pertanto, è individuabile proprio
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Al riguardo scrive il Golinelli: “L’immigrazione è un fenomeno sfaccettato ed articolato, che investirà
sempre più fortemente il nostro sistema economico, assumendo rilevanza anche per il mondo
imprenditoriale. Un mondo che inizia a guardare con crescente interesse alla presenza immigrata,
riportando in primo piano la questione del rapporto tra pubblico e privato al fine di favorire il
processo di progressiva integrazione delle etnie e delle culture”. Cfr. GOLINELLI G.M., “L’integrazione
necessaria”, in “Gli immigrati stranieri nel Lazio: problemi occupazionali ed integrazione economica”,
Sinergie, Rapporti di Ricerca, n° 12, 2002.
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A seguito di molteplici definizioni, spesso anche contrastanti tra loro, è doveroso il tentativo di chiarire
confini e caratteristiche del fenomeno del multiculturalismo, ovvero pluralismo culturale, impegnato
ad elaborare ed alimentare le condizioni di una vivace coesistenza delle dissomiglianze; di
conseguenza, è altresì necessaria un’ulteriore distinzione tra i concetti di multietnicità e multicultu-
ralità, per cui la prima (la multietnicità) “implica necessariamente la multiculturalità in quanto i diversi
gruppi etnici, presenti su uno stesso territorio, possiedono per definizione una propria cultura con
elementi diversi da quelle delle altre”, viceversa “le diversità culturali sono ascrivibili, ovviamente,
non solo all’etnicità, ma anche alle differenti religioni, alle differenti ideologie, ai differenti status
socio-economici… Pertanto si può arrivare alla seguente affermazione di carattere generale: la
società multietnica è sempre multiculturale, quella multiculturale è spesso, ma non necessariamen-
te, multietnica”. Cfr. CESAREO V., Società multietniche e multiculturalismi, Vita e Pensiero, Milano,
2002, pag. 13 (recensione a cura di http://www.osservatorioimmigrazionesud.it).
6
Cfr. SARTORI G., Pluralismo, multiculturalismo e estranei. Saggi sulla società multietnica, Rizzoli,
Milano, 2000.
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I migranti si inseriscono a tutti gli effetti nel mercato come consumatori, dunque, devono essere
trattati dalle imprese quali potenziali o attuali clienti, anzi, in forza di una capacità di acquisto e
consumo ancora non compiutamente espressa, quali Clienti (ovvero individui i cui comportamenti
economici necessitano di essere costantemente monitorati, nel tentativo di colmare una non
conoscenza di base da parte degli operatori di mercato. Per essi, infatti, difficilmente vengono
pianificate attività di marketing relazionale o personalizzato senza incorrere nell’errore del trattamen-
to di una diversità – peraltro al suo interno fortemente generalizzata - null’affatto positivo).
M. T. Cuomo - D. Tortora - Comunicazione multiculturale e comportamento d’acquisto dei migranti tra integrazione e identità
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Alcuni Autori distinguono un approccio interculturale da uno multiculturale, poiché i due paradigmi
utilizzerebbero solo nominalmente categorie comuni, in realtà attribuendogli significati completa-
mente differenti; così, mentre nell’interculturalismo gli scambi comunicativi si ispirano a condizioni di
comprensione, tolleranza, accettazione dell’altro, cercando tuttavia di preservare la propria identità,
la dimensione multiculturale se ne distacca già quando individua il concetto di identità nell’azione di
riconoscimento da parte degli altri, quindi accogliendo pienamente in sé la proiezione verso le altre
forme culturali per dotarsi di senso. Il dibattito assume anche toni molto accesi e, per quanto di
estremo interesse, non è questa la opportuna sede di approfondimento. Tuttavia, ad avviso di chi
scrive, si tratta di posizioni non inconciliabili, essendo probabilmente il multiculturalismo una visione
più complessa ed articolata di posizioni interculturali, le quali potrebbero essere considerate
predisposizioni necessarie ad un approccio iniziale nell’incontro con culture altre.
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Il fenomeno immigratorio si qualifica come un fenomeno molto complesso e costituisce una
profonda modalità di modificazione, effettiva o potenziale, della struttura sociale della comunità. Il
cambiamento non sempre viene considerato un processo auspicabile e desiderabile, soprattutto
quando coloro che lo subiscono o lo percepiscono non ne conoscono la direzione e la capacità reale
di miglioramento delle condizioni di partenza. Cfr. GATTI M., “Un’esperienza di ricerca sul territorio”,
in “Gli immigrati stranieri nel Lazio: problemi occupazionali ed integrazione economica”, Sinergie,
Rapporti di Ricerca, n° 12, 2002.
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La prospettiva evolutiva relativa ad un processo di acquisizione della competenza interculturale dà
luogo al noto modello dinamico di sensibilità interculturale di Bennett. Questo si compone di due
fasi: la fasi etnocentrica e la fase etnorelativa. L’assunto alla base del modello è che più l’esperien-
za della differenza culturale è sofisticata, più la competenza nelle relazioni interculturali cresce
potenzialmente. In particolare, il modello di sensibilità interculturale non intende descrivere l’acqui-
sizione di una competenza particolare o un cambiamento di atteggiamento, quanto piuttosto lo
sviluppo della struttura di specifiche visioni del mondo (worldview). Per approfondimenti sul tema si
veda: BENNETT M.J., Principi di comunicazione interculturale, Franco Angeli, Milano, 2002;
CASTIGILIONI I., La comunicazione interculturale: competenze e pratiche, Carocci, Roma, 2005.
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stereotipi negativi11.
Di sicuro non si disconoscono né sono da sottovalutare gli ostacoli all’edifi-
cazione di una pacifica ed egualitaria convivenza multirazziale, ove il confronto
con variabili sociali, economiche, religiose, culturali, linguistiche estranee
alimenta problematiche complesse che, da entrambe le parti, determinano
l’insorgenza di sensazioni di turbamento e, solo in un secondo momento,
possono arrivare a denotare una volontà di integrazione12. Tuttavia, al di là dei
fisiologici tempi di metabolizzazione della diversità, porre l’accento esclusiva-
mente sulla dimensione problematica dell’immigrazione rischia di far passare in
secondo piano la rilevanza economica e sociale dei fenomeni migratori, in
termini di offerta di lavoro proveniente dagli stranieri13, di contaminazione con
nuove culture, finanche di sostegno all’attuale regressione dei consumi.
Vero è che nella transizione dalla posizione di straniero al ruolo di cittadino14
la strada è ancor lunga e pregna di ostacoli, per una molteplicità di ragioni.
Bisogna invero considerare che le stesse comunità straniere si pongono,
non solo in una prima fase di incontro e confronto, come teatro di una dialet-
tica animata tra tensioni di nazionalizzazione e dinamiche di de-nazionalizza-
zione. Pur all’interno di ambizioni transnazionali, i migranti sono soliti
mantenere intense relazioni con il paese di origine, configurando vere e
16 proprie “comunità senza prossimità” (figura 1).
Tale identificazione di tipo etnico, tuttavia, dopo precisi percorsi e mediata in
maniera più che naturale da aspirazioni globalizzanti, permette la sperimenta-
zione di un senso di appartenenza composita, congiuntamente campanilista e
ispirato dalla costruzione di network relazionali di tipo sovranazionale, difficil-
mente contenibile all’interno di spazi sociali, culturali e simbolici di matrice
esclusivamente nazionalista, “costruendo sintesi originali in un confronto
costruttivo e in una prospettiva più universale… In ragione di ciò il sistema
migratorio si pone come luogo di molteplici modalità combinatorie di legami
sociali sia di tipo ascrittivo, sia costruiti e attivati dal soggetto nei più diversi
ambiti sociali; ma anche di orientamenti di de-nazionalizzazione e di trans-
nazionalizzazione, caratterizzandosi come interessante punto prospettico di un
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Ci si riferisce in particolare al ruolo di soggetti “passivi” destinato ai migranti da parte del sistema
informativo mass-mediale nazionale, eccessivamente legato ad episodi di cronaca nera, che, da un
lato, fomentano una concezione pregiudiziale e negativa a carico di tali individui e, più in generale,
delle comunità di appartenenza, dall’altro, tuttavia, non assolve neppure il sistema dei media,
tacciato di insensibilità nell’interpretazione dei temi dell’identità/alterità, fondamentali per promuo-
vere una civile convivenza tra etnie differenti. Cfr. MENOTTI CONTI G., “La comunicazione come luogo
e opportunità di integrazione”, in Micro & Macro Marketing, n.2/2004, pagg. 450-451.
12
Cfr. ALBERONI F., BAGLIONI G., L’integrazione dell’immigrato e la società industriale, Il Mulino, Bologna, 1965.
13
Cfr. BRUNETTA R., “L’immigrazione dai Paesi dell’Est può essere occasione di sviluppo”, in Il Sole 24
Ore, 29 febbraio 2004, pag. 5.
14
Si pensi che per quanto riguarda le concessioni di cittadinanza, percorso non solo burocratico per
l’integrazione degli stranieri nel paese di accoglienza, esse sono passate da 4.445 del 1992 a 13.382
nel 2003. Cfr. STASIO D., “Cittadini, non più stranieri”, in Il Sole 24 Ore, 22 giugno 2005, pag. 5.
M. T. Cuomo - D. Tortora - Comunicazione multiculturale e comportamento d’acquisto dei migranti tra integrazione e identità
15
Cfr. LANDUZZI C., “Migrazioni e nuovi ambienti urbani. Il caso dell’area metropolitana di Bologna
(Italia)”, in THEOMAI, Journal Society, Nature and Development Studies, n. 8/2003, http://revista-
theomai.unq.edu.ar/numero8/artlanduzzi8.htm. Le opportunità fornite da una mobilità accessibile e
da un sistema di comunicazione globale aprono nuovi scenari sull’interazione tra comunità di identità
originaria e comunità di arrivo del migrante, consentendogli una costruzione identitaria originale non
necessariamente monoculturale.
16
La fase di stabilità potrebbe anche non sopraggiungere mai, poiché il fallimento o l’abbandono del
progetto possono insorgere per cause esterne, come il rimpatrio coatto, o per scelta stessa del
migrante che può volontariamente rinunciarvi anche a cittadinanza avvenuta.
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Tale opzione è spesso una via obbligata, indotta dal contesto sociale di adozione, che insiste per
l’uniformazione dello straniero al proprio stile di vita, senza peraltro specificare quanto poi voglia e
possa radicalmente considerarlo parte integrante e propositiva delle proprie dinamiche sociali e civili.
Ciò a dire che la sua accettazione relativamente alle interazioni con la cultura materiale (tipicamente
i consumi) non sempre si traduce con la partecipazione all’alta cultura dei popoli.
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contrasti interni anche molto agguerriti con la volontà di non rinunciare ad afferma-
zioni orgogliose della propria derivazione etnica, sfociando in comportamenti
antagonisti alle tensioni monoculturali (figura 2).
18
Il potenziale conflittuale di tale dinamica condotta emerge soprattutto all’in-
terno di quelle comunità di migranti che fondano la propria cultura e storia
sociale su valori distanti, se non quasi opposti, rispetto a quelli dei paesi
raggiunti; la concezione di una spesso dissonante centralità dell’individuo, di
adesione ad una cultura del piacere, di autonomia decisionale del singolo
rispetto al gruppo di appartenenza o di affiliazione, infine una concezione più
laica del vivere portano il migrante a configurare una diversa visione del
mondo in cui cerca di fare ingresso, talvolta conciliabile solo a caro prezzo con
le proprie credenze fondamentali18.
Così il migrante radicalizzato, estremizzando il rafforzamento della propria
identità originaria, esprime addirittura un decremento del livello di consumo e di
risparmio in favore di transazioni condotte all’interno della propria rete etnica,
configurando l’emersione di quella che viene definita economia delle diversità,
in cui “gli operatori economici, nativi o migranti, hanno tutta la convenienza a
mantenere le identità minoritarie a livello di diversità (e a negare la possibilità di
un dialogo interculturale) per aumentarne la resa commerciale”19.
Favorita anche dalle iniziative statali di molti sistemi-paese, tale politica di
18
Per approfondimenti vedasi: SANTUCCI C., “I percorsi e i nodi dell’integrazione”, in in Micro & Macro
Marketing, n.2/2004, pag. 430.
19
Cfr. NAPOLITANO E. M., “Il Welcome Marketing”, in I quaderni di etnica.biz/1, www.etnica.biz, 09/2004,
pag. 14.
M. T. Cuomo - D. Tortora - Comunicazione multiculturale e comportamento d’acquisto dei migranti tra integrazione e identità
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Cfr. PEDOL A., “Ethnomarketing: nasce un nuovo concetto”, in Etnholand news, download del 7/11/2005.
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ispirati e fatti maturare, o con la definitiva integrazione sociale nel nuovo paese
che così diventa a tutti gli effetti il Suo Paese21.
21
Ecco il fiorire anche nel nostro paese di cooperative costituite da immigrati, dimostrando capacità
ed inventiva degne di ammirazione ed imitazione. LUCIANO G., “Lo straniero si mette in coop”, in Il
Sole 24 Ore, 1/08/2005, pag. 7.
22
Cfr. CESAREO V. (a cura di), L’Altro. Identità, dialogo e conflitto nella società plurale, Vita e Pensiero,
Milano, 2004, pag. 15.
23
Cfr. SANTAMBROGIO G., “Ricchi perché diversi”, in Il Sole 24 Ore, 9/11/2003.
24
Cfr. METALLO G., TESTA M., L’etica, la comunicazione e il marketing, in METALLO G., RICCI P., MIGLIACCIO
G., (a cura di), Aziende e Sindacati: profili etici. Elementi teorici e tracce esperienziali, Giappichelli,
Torino, 2005, pag.117.
25
Qui si fa riferimento ad un concetto di arena competitiva di matrice porteriana, nella quale ricadono
a pieno titolo le relazioni intrattenute tra l’impresa ed i migranti in quanto possibili acquirenti, dunque
pienamente stakeholder, ma anche in veste di partecipanti alla collettività e, pertanto, portatori di
interesse di tipo sociale ed etico.
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Cfr. CESAREO V. (a cura di), op. cit., pag. 10.
27
Nella dinamica volta ad interpretare il manifestarsi delle migrazioni internazionali come scoperta dello
straniero è necessario modificare tutta l’ottica di approccio all’evento osservato, per cui l’ospite
volontario non viene più conosciuto nell’accezione di fenomeno distante, da osservare con la lente
della curiosità morbosa (come vuole lo stereotipo della rappresentazione della diversità), piuttosto
quale alter che meglio qualifica con la sua presenza la manifestazione valoriale e culturale del paese
di accoglienza, la completa e la sollecita, apportandovi un più o meno consistente grado di varietà.
28
Sulle problematiche della dinamica identità/integrazione nei consumi si consulti FABRIS G., “Se anche
l’immigrato spende”, in Il Sole 24 Ore, 03/02/2004.
29
Mentre il processo che porta all’assimilazione parziale o totale dei modelli culturali di un altro gruppo
si chiama acculturazione, la deculturazione ne costituisce il saldo passivo, poiché attraverso gli
scambi si evidenziano nuove dinamiche comportamentali che causano perdite di elementi già
recepiti dalla tradizione.
30
Essa attinge da quella cultura alimentata dalla musica pop, rap, rock, ecc., dai gingle pubblicitari, dai
campioni di calcio, dai menù dei fast food, che accomuna il giovane marocchino al giovane italiano,
e li rende simili nel consumo, anche ma non solo, più di quanto lo siano rispettivamente nei confronti
dei propri genitori. Vedasi per approfondimenti EDITORIALE, “Cultura unica e nuove identità”, in
www.trentinocultura.net, Sezione “Chi siamo. Uno sguardo antropologico”, 17/03/2005,
(http://www.trentinocultura.net/radici/identita/vita_quotidiana/multiculturale/cultura_unica_nuove_id
_h.asp).
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31
Finché le imprese rimarranno ferme allo stadio di ovvie dichiarazioni d’intenti, il welcome marketing,
quale volontà di definire strategie melting oriented, costituirà molto semplicemente una sigla da
affiancare ad altre più o meno fantasiose, come il marketing etnico, senza peraltro contribuire ad un
rinnovato inquadramento della gestione delle relazioni con il mercato.
32
NAPOLITANO E. M., “Il Welcome Marketing”, in op.cit., pagg. 97-100.
33
Ecco che la tipica ed italianissima pizzeria offre tra i suoi piatti (anche se ancora sotto l’indicazione
specialità) anche i Kebab.
34
Approcci che gli studi teorici definiscono rispettivamente di equality marketing e identity management.
M. T. Cuomo - D. Tortora - Comunicazione multiculturale e comportamento d’acquisto dei migranti tra integrazione e identità
Fonte – ns. elaborazione da NAPOLITANO E. M., “Il Welcome Marketing”, in I quaderni di etnica.biz/1,
www.etnica.biz, 06/2005, pag. 111
35
L’offerta aziendale, coerentemente con quanto citato, deve contemplare altresì la soddisfazione di
elementi emozionali, ma rispondere a requisiti etici e, per quanto detto, non necessariamente etnici.
36
Secondo una ricerca realizzata nel 2003 da istituti di ricerca associati Assirm, quasi la metà dei
migranti intervistati effettua i propri acquisti al supermercato (43,8%), un quarto nei discount (21,7%),
una parte più esigua nei mercati rionali (10%), negli ipermercati (12,7%) o presso piccoli esercenti
(6,7%), mentre solo il 4,4% degli intervistati dichiara di effettuare i propri acquisti in negozi etnici,
disconfermando l’ipotesi di una ghettizzazione, volontaria o indotta, di tipo etnico. Cfr. ABIS M.,
“Immigrati e mercato: oltre il cono d’ombra”, Assirm, 1° Convegno, Milano, 20 novembre 2003.
37
La variabile prezzo, esattamente come per il target autoctono, seguita dalla qualità dei prodotti risulta
essere la motivazione principale nelle scelte di consumo; anche la politica di marca (37,1%) e di
consigli pubblicitari (35,5%) si configurano come determinanti in grado, almeno parzialmente, di
orientare comportamenti consapevoli di acquisto. Ibidem.
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38
NAPOLITANO E. M., “Il Welcome Marketing”, in op.cit., pag. 99.
39
Cfr. SIANO A., Competenze e comunicazione nel sistema d’impresa, Giuffrè, Milano, 2001.
40
Cfr. MARINO V., Il governo dell’impresa nella prospettiva sistemica delle relazioni internazionali,
FrancoAngeli, Milano, 2005, pag. 239.
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Si rifletta, inoltre, su come tale tendenza, tipica anche dei paesi occidentali, spinga in maniera
preoccupante, soprattutto perché subdolamente travestita della volontà di difesa dei valori, principi,
credenze locali, verso il coagularsi di aspirazioni fondamentaliste e prevaricatrici, palesemente in
aperto contrasto con le dichiarazioni di indipendenza delle “identità culturali particolari”. D’altra
parte, come sostiene Taylor nell’ambito degli studi sul multiculturalismo, e prima di lui Luhman e
Apel, non nasce forse dal dialogo la comunità umana? Cfr. BETTETINI G., Capirsi e sentirsi uguali.
Sguardo sociosemiotico al multiculturalismo, Bompiani, Milano, 2003, pagg. 75-76.
42
Il processo di comunicazione coinvolge una serie di elementi tra i quali la fonte del messaggio ed il
ricevente, che, per poter intendersi, devono riuscire a vedere sovrapposti, se pur solo per una parte,
i propri campi di esperienza. Così, al ruolo essenzialmente informativo della comunicazione,
assegnato dal processo ingegneristico progettato da Shannon e Weaver, interessati soprattutto alla
trasmissione dei segnali, si sommano nel tempo tutta una serie di funzioni individuate dalla colloca-
zione del circolo della comunicazione all’interno dell’analisi semiotica, ad opera di autori come
Buehler, De Saussure, Jakobson, cui si deve la distinzione tra: - una funzione espressiva (o affettiva),
in connessione con il mittente, che riguarda proprio la sua capacità di manifestare se stesso e le sue
emozioni; - una funzione conativa, connessa al ricevente, che cerca di indurlo ad un modo di sentire
o a compiere determinati comportamenti; - una funzione referenziale, relativa al contesto, che
consente alla comunicazione di parlare della realtà e di mettere gli interlocutori in contatto con il
mondo; - una funzione fatica, che permette di mantenere il contatto nella comunicazione; - una
funzione poetica, legata alla struttura formale del messaggio; - una funzione metalinguistica, che,
definendo il codice comunicativo, permette al linguaggio di parlare di se stesso. Cfr. FLORIANI C.,
Grammatica della comunicazione, Lupetti, Milano, 1998, pagg. 15-19.
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43
Cfr. BETTETINI G., op. cit., pag. 74.
44
Cfr. BUCCHETTI V., (a cura di), Design della comunicazione ed esperienze di acquisto, FrancoAngeli,
Milano, 2004, pag. 109.
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45
Citazione da Jacques Seguelà. Cfr. ERMACORA J., “Integrare la comunicazione di marketing”, in Largo
Consumo, n. 3/2000, pag. 9.
46
Il termine diversità sembra configurare un’alterità quasi negativa, per cui è preferibile ad avviso di chi
scrive utilizzare sinonimi meno caratterizzanti, quali, p. e., identità distintiva.
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47
La lingua è certamente fattore fondamentale nel testimoniare all’esterno l’impianto culturale di un
popolo, per cui sovente problematiche di traduzione sorgono per porzioni di testo, p. e., in un
comunicato pubblicitario quando non si tenga nel dovuto conto la connessione biunivoca unicità
culturale - specificità linguistica. Così, in Giappone sarebbe un grave errore commercializzare una
confezione studiata per contenere quattro porzioni di prodotto, dal momento che la mera vocalizza-
zione del numero quattro evoca il concetto di morte. Per approfondimenti sull’argomento si consulti
diffusamente HERBIG P. A., Marketing interculturale, Apogeo, Milano, 2003, pagg. 17-18.
48
Chi non ricorda Kaory, per anni felice personificazione del formaggio Philadelphia, o più recente-
mente non ha simpatizzato con la nazionale giamaicana di bob a bordo di una Fiat Doblò, o si è
lasciato incuriosire dai protagonisti della campagna pubblicitaria per la Lancia Y, di diversa cultura e
varia nazionalità, tutti impegnati nella lotta contro la bruttura. Specie gli ultimi due citati configurano
esempi di campagne di comunicazione ad evidente impostazione multiculturale. RIPANI A.,
“Immigrazione e consumi: la pubblicità a caccia di nuovi volti”, Il Passaporto.it - Il giornale dell’Italia
multietnica, 14/04/2005.
Essi, tuttavia, rappresentano comunque ancora delle eccezioni nella babele dell’advertising
communication, testimoniando più un inseguimento di una società che nei fatti è forse molto più
multietnica di quanto riesca ad esserlo con le parole (o gli spot).
49
Così sostiene con pervicace ironia Oliviero Toscani, da sempre attento testimone e operoso proposi-
tore dell’evoluzione multietnica del mondo globale in cui viviamo. Ibidem.
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50
In Francia, in particolare, il fenomeno di ghettizzazione volontaria emerso a seguito di tale incapacità
di comunicazione si esprime attraverso una serie di progetti di consumo che si rivolgono specifica-
mente alle minoranze etniche attraverso offerte dichiaratamente antiamericane. Cfr. NAPOLITANO E.
M., “Tra marketing de la négation e marketing identitaire”, in www.equonomia.it, 11/2005.
51
L’individuazione di sigle, acronimi, definizioni stringate sembra spesso proporsi come un gioco
perverso che obbliga a classificare e costringere in pochissime battute concetti al contrario ben più
ampi; essa è, tuttavia, funzionale ad una rapida diffusione delle idee, riuscendo parzialmente a
riparare ai danni apportati dall’attribuzione di etichette ai più vari fenomeni delle scienze umane.
52
Cfr. NAPOLITANO E., “Migranti: le loro marche, le loro storie”, in www.equonomia.it, 6/10/2005.
53
Esempi di prodotti specifici possono essere considerati i servizi di telefonia internazionale o di money transfer.
54
Sull’argomento del marketing tribale si approfondisca da: COVA B., Il marketing tribale. Legame,
comunità, autenticità come valori del marketing mediterraneo, Il Sole 24 Ore Libri, Milano, 2003
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30
Fonte - ABIS M., “Immigrati e mercato: oltre il cono d’ombra”, Assirm, 1° Convegno, Milano,
20 novembre 2003
55
Cfr. MENOTTI CONTI G., “La comunicazione come luogo e opportunità di integrazione”, in op. cit., pag. 445.
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5. Conclusioni
“La comunicazione tra culture diventa il luogo dell’indicibile e del provviso-
rio, né potrebbe essere diversamente: diventa il luogo in cui nessuna prospet-
tiva può più rivendicare una posizione di privilegio nel rendere conto della
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56
Cfr. GIULIANI M., “Dalle Ande alla Val Padana, dalle famiglie alle culture: note su un seminario di Igino
Bozzetto”, in M@gm@, Rivista Elettronica Trimestrale di Scienze Umane e Sociali, www.analisiquali-
tativa.com/magma, vol. 2, n. 2 aprile/giugno 2004.