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International Hospitality 1

INTERNATIONAL HOSPITALITY
Docente: Francesca Marzolini
Obiettivi del corso
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 IL PERCHE’ DELL’ACCOGLIENZA INTERNAZIONALE IN ALBERGO


 L’esigenza di un corso come questo nasce dal bisogno, sempre più pressante all’interno delle strutture ricettive
alberghiere, di rispondere ai bisogni di clienti che provengono da differenti aree culturali del mondo .
 L’internazionalizzazione delle aziende alberghiere mette il personale in contatto con forme, atteggiamenti, tabù
alimentari, vestiario, modi di comunicare che possono creare problemi nella relazione laddove non esiste una idea di
base su come approcciare le diversità.
 In questi ultimi anni, ai classici corsi di aggiornamento professionale, si è affiancata anche la necessità di conoscere
meglio i vari gruppi culturali che visitano il nostro territorio (russi, cinesi, arabo-islamici, giapponesi, americani,
indiani, spagnoli, etc…) per comunicare meglio e rispondere adeguatamente ai bisogni dei clienti.
 Questo corso si propone quindi di analizzare, prima di tutto, che cos’è l’accoglienza finalizzata a gruppi di differenti
culture.
 In secondo luogo si esamina come l’accoglienza alberghiera può arricchirsi conoscendo le aspettative, le abitudini e i
comportamenti dei turisti di differenti aree geografiche. In questa parte si approfondiscono gli aspetti più importanti
di varie culture, le differenze e le motivazioni profonde che sono alla base della diversità culturale.
 Alla fine del corso si arriverà ad una comprensione e decodificazione di molti aspetti delle diversità culturali che
normalmente creano problemi di relazione, e si avranno strumenti più idonei per affrontare
 una comunicazione interculturale.

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Svolgimento e significato del corso
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 Che cosa vuol dire andare a vedere come la definizione di cultura di un gruppo, di un popolo, può
essere utile all’interno di una realtà alberghiera, dove avviene quel confronto-scontro tra tanti mondi?
 Come in tutti gli approcci: teoricamente noi potremmo classificare le culture e da lì desumere tante
conseguenze, praticamente invece nella pratica interculturale si riscontra che le classificazioni rigide
sono impossibili nel dinamismo di una società- quindi definire i russi bugiardi, gli inglesi snob e
superiori, o via dicendo, non solo non esaurisce il discorso su una cultura, ma non permette di
conoscerla veramente. Il turismo è proprio uno di quegli ambiti in cui maggiormente si creano stereotipi
fissi e falsi, anche a scopo di vendita.
 Riuscire a guardare alla storia di un paese o di un gruppo culturale in maniera ampia, che comprenda
elementi religiosi, linguistici, storici, economici o geografici è proprio ciò che ci permette di capire i
motivi profondi di comportamenti diversi, di comprenderli meglio ed avere poi ricadute pratiche da
tutto ciò. Allargare l’ottica di comprensione quando noi ci avviciniamo ad un gruppo e non chiuderci in
una immagine stereotipata è proprio ciò che fa nascere miglioramenti e atteggiamenti diversi e più
costruttivi, anche nel mondo pratico-lavorativo.

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Fase costruttiva
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Analisi delle occasioni di scambio
 Le più comuni occasioni di interazione sono quelle del Service Management:
l’organizzazione delle infrastrutture standard come cibo, ascensore, sicurezza, servizi
basici.
 Ogni cultura predilige aspetti diversi del Service Management, e queste preferenze
condizionano la relazione.
 In questo tipo di interazione interviene la comunicazione verbale e quella non verbale. Si
approfondiranno le modalità con cui differenti culture modellano l’una e l’altra dando
risalto ad alcuni aspetti invece di altri e come questi condizionino la relazione.
 Esempio :nelle culture orientali è tenuta in grande conto la comunicazione non verbale
rispetto a quella verbale perché rassicura e non mente.
 Tra i clienti nordamericani invece la comunicazione diretta e poco formale sarà, in linea
generale preferibile a quella formale.
 Allenare la consapevolezza su come comunichiamo con il corpo e quale effetto procuriamo
negli altri è molto utile in un contesto alberghiero.

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Fase costruttiva
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I conflitti
 Troviamo poi le occasioni di conflitto. Il conflitto è l’occasione che più di altre mette in risalto i modi con cui noi
pensiamo l’altro, ci opponiamo o collaboriamo, ci portiamo dietro degli inconsapevoli atteggiamenti culturali e
diamo delle risposte condizionate culturalmente.
 Quando siamo alle prese con clienti di provenienza nordamericana per esempio si percepirà l’alternanza tra un
atteggiamento politically correct nelle relazioni umane (attenzione verbale a non offendere, ad essere
ostentatamente cordiali e aperti) ma in contemporanea una pretesa di regole e servizi perfetti e regolati in
maniera precisa. Tutto questo viene fuori dalla storia di fondazione nordamericana:un paese nato con la presenza sul
territorio di tanti e diversi gruppi umani e la necessità di vivere insieme ha sviluppato tantissime norme atte a non
offendere nessuno: neri, gay, portoricani, ebrei ,portatori di handicap, religioni e razze diverse dalla loro. Per ogni
caso c’è una legge specifica e forme precise di controllo sociale e politico. I nordamericani hanno una vera e propria
ossessione per gli aspetti legali di ogni cosa .Di fronte ad un comportamento che giudica scorretto, il cliente
americano non esiterà a protestare vivacemente, minacciando anche di andare per vie legali. Il conflitto quindi verrà
risolto mescolando bene la informalità e simpatia ma anche la precisione nel dare risposte “legali”.
 Molto diversa è la percezione del conflitto nelle culture orientali (Cina e Giappone) e asiatiche in generale. Il
conflitto non è da esibire, né da esasperare, né da sottolineare in quanto perturbatore della relazione umana, quindi
del concetto di armonia che è alla base della comunicazione orientale. In questo caso, per uscire da una situazione
difficile sarà opportuno girare intorno al problema senza affrontarlo direttamente, come vedremo più avanti quando
si tratterà la cultura orientale.

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Fase costruttiva
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Capire ed accogliere i bisogni
 Le occasioni di comprensione ed esaudimento dei bisogni sono quelle in cui è
necessario comprendere non solo i bisogni patenti ma anche quelli latenti ed espressi in
modo differente rispetto alla nostra cultura.
 Esempio: cultura giapponese
 Comportamento del cliente: un lungo giro di parole e mai un’affermazione diretta per lamentarsi dell’acqua della doccia che è
fredda. Lo sguardo non è diretto. Viene mantenuta distanza fisica.
 Spiegazione culturale: lo sguardo diretto non è mai apprezzato (per gli uomini orientali è una sfida, per le donne è una mancanza
di rispetto) in quanto è un gesto intimo, possibile solo dopo una conoscenza approfondita, e in accordo con precise convenzioni
gerarchiche. La storia culturale e demografica è quella di una forte pressione demografica che porta le persone alla necessità di
rispettare lo spazio individuale ed intimo.
 Risposta corretta: La distanza di sicurezza, che predispone positivamente al rapporto e al rispetto è di un metro scarso e quando
viene infranta crea perturbazione e mal disposizione nella comunicazione. Questa distanza è garanzia di rispetto. Stessa cosa
succede nella vicinanza al viso, durante una conversazione: in oriente neanche nei rapporti familiari viene infranta questa norma.

 La Qualità Alberghiera relativamente ai gruppi di provenienza, può quindi essere


definita a partire dalla categorizzazione delle caratteristiche culturali. Il “servilismo
orientale” o il comunicare in maniera diretta e senza eccessiva formalità nella cultura
nordamericana sono solo due degli estremi che possono incontrarsi.

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Fase decostruttiva
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Stereotipo e pregiudizio
 E’ importante prima di tutto analizzare gli stereotipi culturali e comportamentali che sono alla base del
nostro interagire, decostruirli e ampliare la visione con strumenti di comprensione nuovi. Questo perché
ognuno di noi ha alla base della sua percezione idee fisse che condizionano l’interagire e se
periodicamente non vengono rese consapevoli e riviste si trasformano in problemi di comunicazione.
 Che cos’è lo stereotipo e che cos’è il pregiudizio e perché sono importanti nella comunicazione.
 Lo stereotipo è un procedimento di economia cognitiva attraverso cui noi, senza avere esperienza
diretta, ci formiamo in anticipo una idea delineata su una cosa. E’ un procedimento “naturale”,neutro e
funzionale ad una selezione del reale, altrimenti faticosa e complessa. Date certe caratteristiche
conosciute di un elemento, per esempio “la donna in quanto procreatrice è materna ” si inferisce che
tutti gli appartenenti a quella classe siano così: “tutte le donne sono materne.
 Il pregiudizio invece è quando lo stereotipo diventa legge, assume una fissità cognitiva e ci impedisce
di conoscere veramente la realtà, in quanto è difficile da cambiare.
 Esempio: vista la dedizione al lavoro dei giapponesi ne deduco che tutti i giapponesi siano inquadrati in un sistema rigido, senza via di
scampo.

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Comunicazione e relazione
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 Fattori che rendono efficace la comunicazione:


 E’ impossibile non comunicare: il nostro porci e comportarci è già una comunicazione rispetto a
chi ci è intorno o di fronte, anche se non si pronuncia parola.
 Ogni comunicazione presenta un CONTENUTO e una RELAZIONE: spesso la seconda condiziona
il primo.
 La comunicazione è un processo interattivo. La natura interdipendente della relazione ci
permette di comprendere come un individuo non comunica, ma piuttosto partecipa, ad una
comunicazione o diventa parte di essa.
1. anzitutto la propria autenticità. Bisogna avere consapevolezza di se stessi e saper
essere sinceri con se stessi in ogni atto comunicativo.
2. La comunicazione si basa sulla fiducia verso se stessi e gli altri nell’atto comunicativo
stesso.
3. E’ necessaria la capacità di assumersi la responsabilità dell’atto comunicativo.
4. Bisogna avere le competenze comunicative di base per saper superare ostacoli e
barriere difensive.

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Comunicazione e relazione
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 Alcuni fattori che entrano in gioco nella comunicazione:


 l’emittente, il ricevente, il codice usato, il canale utilizzato, ciò che chi parla vuole dire,
ciò che chi ascolta pensa che l’altro voglia dire, …
 La comunicazione è uno scambio di messaggi espliciti ed impliciti
che avviene tra 2 o più persone su molteplici canali comunicativi:
 quello verbale-fonatorio, quello mimico-gestuale, quello visivo-grafico.
 La comunicazione risulta essere consapevole solo per il 7% (la
parte verbale) e inconsapevole per il suo restante 93%
(paraverbale per il 38% e non verbale per il 55%).

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Ascolto empatico
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 L’empatia è il fattore cruciale di una comunicazione efficace.


 Noi diciamo che un ascolto è efficace ed empatico quando contempla:
1. La reale disponibilità che abbiamo in un dato momento ad aprire all’altro e considerarlo
prioritario, nell’ascolto.
2. Valorizzare la persona, nostro interlocutore, come sede di potenzialità.
3. L’individuazione dei bisogni dell’interlocutore, che verrà come conseguenza di un ascolto
aperto e inclusivo invece che esclusivo.
4. In conclusione, in questo tipo di comunicazione saremo capaci di dare più naturalmente una
riposta accurata ai bisogni dell’altro.
 Attuare un ascolto empatico vuol dire:
 Mettersi nei panni dell’altro
 Vedere il mondo con i suoi occhi
 Entrare in sintonia con l’altro

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Le buone regole dell’arte di ascoltare
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 Non avere fretta di arrivare alle conclusioni


 La comunicazione nella cultura occidentale è basata su prevaricazione ed
incapacità all’ascolto.
 Voglia di dimostrare la supremazia del proprio punto di vista
 Disinteresse a includere alla pari anche il punto di vista dell’altro.
 Quel che si vede dipende sempre dal nostro punto di vista.
 Non esiste una posizione neutra o impersonale nella comunicazione.
 Diventare consapevoli dei nostri atteggiamenti ricorrenti per ridurre i rischi di
una cattiva comunicazione.
 Per comprendere ciò che un altro sta dicendo, dobbiamo assumere che
ha ragione e chiedere di aiutarci a vedere le cose dalla sua prospettiva.
 Curiosità e vitalità come sorgente dell’atto comunicativo.
 Un buon ascoltatore è un esploratore di mondi possibili.

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Raccomandazioni
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per una comunicazione efficace
 Nel rapporto con il tuo interlocutore:
 Non pre-giudicare, non giudicare.
 Non pre-classificare.
 Non aggredire.
 Mettiti al suo pari, immedesimati.
 Cogli ed esalta i punti positivi.
 Ascolta, ascolta, ascolta.
 Concedi tempo all’interlocutore.
 Non dare niente per scontato.
 Investi energia nell’ascolto. E’ impegnativo ma molto appagante.

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Comunicazione non verbale
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 Una buona consapevolezza e controllo delle varie capacità comunicative


suddette è di aiuto per non produrre messaggi contraddittori.
 Evitare, per esempio, che il nostro messaggio verbale consapevole venga
contraddetto dal tono della nostra voce o dai gesti irriflessi del nostro corpo o
dalle espressioni inconsapevoli del nostro viso.
 La comunicazione non verbale inconsapevole è meno suscettibile di
falsificazione ed ha un ruolo privilegiato rispetto alla comunicazione verbale
consapevole.
 Per esempio: dire di essere calmi quando invece si sta arrossendo o si stanno
tamburellando le dita sul tavolo.
 La comunicazione non verbale coinvolge il respiro, le posture, i movimenti, i
gesti. Gli occhi giocano un ruolo preminente.

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Comunicazione interetnica
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 Il termine “etnia” indica oggi un gruppo umano con caratteristiche comuni


soprattutto per ciò che riguarda la lingua e la cultura.
 Ciò che non si definisce“razza”: la genetica e la linguistica insieme hanno dimostrato
una unica origine genetica dell’uomo , discendente da un ceppo unico (l’Homo Sapiens
Sapiens africano ).
 Etnia ed etnicità sono etichette ambigue che pretenderebbero di classificare sotto un
unico cappello, usi, lingue, religioni in una fissità che nella realtà non esiste.
 Con il termine di “cultura” invece, molto più significativo per spiegare le
differenze, si intende l’insieme complesso della conoscenza, delle credenze, della
morale, del diritto, del costume o di ogni abilità che un gruppo umano possiede.
 Per diventare culturale e significativo un elemento deve essere trasmesso di
generazione in generazione.
 Tutte le culture possono essere comparate, ma come per tutte le traduzioni, qualcosa
non è mai perfettamente comprensibile.

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Cultura Nordamericana (1)
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 Come i nordamericani vedono se stessi.


 Il rapido popolamento di uno spazio immenso e ricco di risorse da parte di gruppi
diversissimi tra loro crea l’idea di poter stare insieme definendo le norme giuste per
poter includere tutti.
 La nuova nazione nasce con presupposti di libertà rispetto al vecchio e formale mondo
europeo.
 La libertà da ogni formalismo precostituito, l’individualismo versus il collettivismo, le
sette protestanti radicali delle origini hanno dato il loro contributo ai valori morali, alla
nascita del liberismo e al concetto del lavoro.
 L’epopea della frontiera dell’ovest spiega il concetto dello spazio che si ha in Nord
America e la tipologia e la struttura delle città americane.

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Cultura Nordamericana (2)
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 I valori fondamentali: il denaro, lo status sociale, car sweet car.


 I Padri Fondatori hanno voluto creare una nuova società senza privilegi ereditari.
 L’egualitarismo, con l’impossibilità di sentirsi superiori agli altri per diritto di nascita, ha
lasciato un grande bisogno di snobismo. Il denaro funge così, nella società americana
da anti-livella.
 L’automobile, insieme alla casa e al giardino, è un elemento essenziale del Sogno
Americano. La famiglia americana media ha due automobili: 200milioni di veicoli per
300 milioni di abitanti.
 Atteggiamenti e regole sociali. Il politically correct è il retaggio
dell’egualitarismo delle origini.

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Cultura Nordamericana (3)
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 Mosaici e contraddizioni della cultura americana. Lo stereotipo dell’americano medio che


c’è in Italia non corrisponde alla realtà.
 Le rigide gerarchie sociali che hanno accompagnato la nascita della nazione, hanno portato al concetto di
W.A.S.P. (White Anglo-Saxon Protestant) come la categoria più importante delle origini
 Il dinamismo sociale ha comunque imposto i modelli ispanico ed afro-americano come modelli emergenti.
 L’americano in quanto tale non esiste, ma esistono invece:
 innumerevoli frammenti etnici: croato-americani, italo-americani , …
 nel territorio statunitense esistono numerose Isole etniche: Scandinavi nel Minnesota, Finnici nel nord Wisconsin, …
 maggioranze etniche che dominano intere città: è il caso di Miami con i quartieri cubani, Little Haiti e il quartiere Jewish, …
 regioni culturali interne che aggregano religioni delle origini – è il caso dei Mormoni a Salt Lake City, la Bible Belt degli stati del sud, …

 Come gli americani vedono gli altri. Soltanto un americano su dieci ha il passaporto.
 L’Europa è attraversata come un continente unico con dentro singole attrazioni
 Arte, cibo e moda.
 Grande attrazione per le regole del nostro galateo e della nostra eleganza.

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L’alimentazione americana da BIG a light
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 Il fast food: Il boom economico, gli orari di lavoro, la distanza casa-ufficio, la libertà
individuale e la poca coesione familiare hanno congiurato per farli orientare su
un’alimentazione veloce, ricca soprattutto di grassi.
 Il trash food – junk food Per anni hanno mangiato ciò che capitava, senza regole
particolari. Ora la maggioranza è obesa.
 Oggi gli americani sono ossessionati dalla salute fisica e dalla longevità. Odiano il
fumo e i fumatori. Desiderano cibi sani. Menù con simboli sul valore ed effetto degli
alimenti.
 Le parole chiave nella comunicazione alimentare sono:
 low salt
 low calories
 low fat
 cholesterol free
 dietetic
 more fibres and less sugar
 organic.
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L’ebraismo e la tradizione Kasher negli
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Stati Uniti
 L’ebraismo e la tradizione Kasher negli Stati Uniti.
 Le tradizioni alimentari delle due comunità ebraiche, sefardita e askenazita,approdate
in America nel ‘800 e nel corso del ‘900.
 La religione ebraica è tra le più attente, insieme a quella islamica, a disciplinare le
norme alimentari dei suoi fedeli. E’ In virtù di molti di questi precetti che si è conservata
una unità culturale elevata.
 Le regole sono moltissime e se, applicate alla lettera impedirebbero ad un ebreo
ortodosso di alimentarsi in uno dei nostri ristoranti. In America esistono moltissimi
ristoranti specializzati nella cucina “Kasher”. Si dice Kasherut (conforme e buono) “il
cibo che è permesso mangiare” seguendo tutte le regole alimentari ebraiche tratte
dalla Torah e dal Talmud.
 Le norme prescrivono come l’animale viene ucciso come il cibo viene lavato, le
combinazioni possibili e quelle vietate, le modalità di cottura, gli utensili da cucina divisi
per alimenti, l’utilizzo o meno del lievito e la tradizione del digiuno.

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La comunicazione
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in Cina e in Giappone
 L’importanza dell’immagine nel sistema comunicativo orientale, che si basa su una lingua
ideografica.
 L’immagine scritta è più importante della parola
 Suggerimento: tradurre in disegni, biglietti da visita, indirizzi,ausili scritti ciò che si vuole dire o comunque aiutare la
comunicazione così. Questo è il regalo più grande che si possa fare ad un orientale: crea rilassatezza, vicinanza e
comprensione.
 Capire gli altri: è riconducibile a questo aspetto culturale l’importanza che i giapponesi e gli orientali in genere
danno al biglietto da visita, consegnato a tutti, in tutte le occasioni e con modalità precise.
 In Oriente la comunicazione gestuale, fisica e non verbale è prioritaria, raffinatissima,
elaboratissima e quindi di maggior considerazione rispetto alla lingua parlata.
 La distanza che gli orientali tendono a mantenere tra due corpi che entrano in relazione è indice di buona
educazione, rispetto e gerarchia sociale.
 Suggerimento: toccare l’altro porgendogli la mano o dando segni di contatto è cosa profondamente sgradita. Il
biglietto da visita è il modo migliore che hanno i giapponesi e gli orientali per presentarsi, equivalente alla nostra
stretta di mano.
 Capire gli altri: l’inchino, segno di abbandono e di predisposizione alla comunicazione segue inclinazioni codificate a
secondo dell’interlocutore che abbiamo di fronte.
 Attenzione: la cultura giapponese ha tratti profondamente diversi da quella cinese, anche questo sarà
bene assumerlo, vista la confusione e la vaghezza con cui le accomuniamo.

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Parole chiave ad uso di chi tratta con gli
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orientali - armonia
 Il concetto di armonia occupa in oriente il posto centrale che in occidente spetta al
concetto di essere.
 L’armonia è l’ordine cosmico tra cielo e terra, uomo e natura e si ritrova nell’ordine
sociale e nella salute fisica.
 L’armonia è l’arte di gestire in maniera meno conflittuale possibile i rapporti.
 Risolvere i conflitti con dei compromessi è molto più importante che “affermare” il
proprio punto di vista, o ciò che è giusto, visto che la giustizia non è assunta come una
verità assoluta e intangibile.
 Capire gli altri: in una conversazione con un orientale le posizioni rimarranno il più sfumate
possibile, per non urtare l’altro, mai presentate come nette fin dall’inizio, ma accompagnate
con giri di parole, interlocuzioni.
 La conversazione ha come scopo perlopiù quello di avvicinare gli interlocutori.
 Gli orientali sono abituati a trattative,transazioni lunghe e discorsive, per l’arte di poter
arrivare ad una decisione rispettando il parere di tutti e due gli interlocutori.

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Parole chiave ad uso di chi tratta con gli
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orientali - la negazione
 Il NO e “l’ambiguità” orientale:
 Capire gli altri: l’uso del “no” è socialmente scorretto; dire no significa “far perdere la faccia” al
proprio interlocutore, mettendo in evidenza la sua incapacità a comunicare.
 Suggerimento: dire no significa rompere definitivamente ogni comunicazione. Esistono però molte
procedure per far capire il proprio disappunto all’interlocutore: usare circonlocuzioni per
seminare il dubbio, prendere tempo, cambiare discorso, usare vaghezza, tutti modi per non dire
nettamente no.
 Capire gli altri: quando parlate con un orientale tenete presente queste regole di base:
1. Se dicono sì vuol dire no
2. Se dicono forse probabilmente significa sì
3. Se dicono no non sono orientali.

 Suggerimento: tutto ciò è molto utile nella gestione dei conflitti.


 Per uscire da situazioni di lamentele, cose disattese, imprevisti il modo migliore è di evitare scontri diretti o posizioni nette, portare più
sfumature possibili nel discorso e avvicinarsi a ciò che per noi sembra ambiguità.
 Immaginiamo invece per contrasto la stessa situazione con un nordamericano o con uno spagnolo: in questo caso più si parla
direttamente e precisamente delle cose e più si ha successo.

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Parole chiave ad uso di chi tratta con gli
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orientali - la faccia statuto
 La “faccia” è uno dei concetti fondamentali nella gestione dei rapporti
umani in Estremo Oriente:
 la faccia è il viso, ciò che si mostra agli altri, in pubblico
 la faccia è anche il prestigio
 Le relazioni si annodano solo se le rispettive facce dei due interlocutori
sono salve, cioè vengono mutuamente riconosciuti i ruoli.
 Suggerimento: quando si parla, è fondamentale essere riconosciuti come
interlocutori. Bisogna quindi esplicitare la nostra “faccia”, chiarire il nostro
prestigio o ruolo e riconoscere quello dell’altro, prima di tutto.
 Capire gli altri: di qui l’importanza accordata ai titoli (specie in Giappone,
Thailandia e Cambogia) e ai biglietti da visita che li esplicitano. Senza
esplicitare il proprio ruolo e quello degli altri non è possibile assicurarsi una
conversazione efficace con un interlocutore orientale.

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Parole chiave ad uso di chi tratta con gli
orientali – il responsabile e il senso
24 collettivo
 Quando si parla o negozia con un interlocutore è difficile individuare il
responsabile.
 Capire gli altri: l’uomo che si presenta sul proscenio non è mai quello giusto. I veri
responsabili parlano il meno possibile e si tengono coperti. L’incontro funziona in modo
opposto rispetto all’Occidente: in Asia il decisore ascolta, da noi parla. La trattativa
quindi è in genere o più lunga o con più interlocutori, di cui chi parla non è poi chi
decide.
 Nelle società orientali (cinese, giapponese) l’individuo esiste solo per le sue
relazioni con l’ambiente sociale.
 Esiste l’umanità ma non l’individuo, la società è di tipo collettivista.
 Si esaltato i legami a rete e la possibilità di vivere in base ad essi.
 Dire “io-me” è un sacrilegio sociale, in Cina, in Giappone come in Vietnam o Thailandia.
 L’individualismo è considerato uno dei peggiori aspetti dell’Occidente.
 Reticenza ad importare concetti politici occidentali come i “diritti dell’uomo”.

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Servizio all’orientale (1)
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 Rassicurazione nei rapporti di comunicazione, nel


senso di assistenza in tutti i momenti di interazione.
 Accompagnamento sull’ascensore – dove non sono abituati a circolare soli
 Sorriso-maschera sempre con noi
 Si pensi all’opposto atteggiamento che è opportuno tenere con clienti americani e alcuni clienti europei (spagnoli) in genere: non amano
essere circondati e accompagnati ovunque, quanto invece lasciati liberi di esplorare i servizi da soli.

 Divisione netta di genere:


 Non si parla alla stessa maniera ad un uomo e ad una donna.
 Non si interpella la donna direttamente né si guarda dritta negli occhi, quando si parla.
 Estremo pudore da mantenere in pubblico che garantisce la comunicazione corretta e il rispetto
tra le parti.
 Anche qui l’atteggiamento culturale occidentale è quello di equiparare ed ostentare una parità assoluta tra i sessi: rivolgersi solo al
cliente uomo americano o spagnolo che sia indica un sessismo fuori luogo e poco rispetto per la donna.

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Servizio all’orientale (2)
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 Evitare accuratamente il contatto fisico, sia nei confronti degli uomini che delle donne e
dei bambini.
 Non toccare mai il corpo di un cliente, neppure passandogli accanto, per sbaglio.
 Nel servizio a tavola lo spazio fisico di distanza è importante: la distanza va accentuata
leggermente.
 Più il cliente sarà di rango elevato maggiore dovrà essere la zona di spazio privato da
riconoscergli.
 Lo sguardo dovrà essere verso il basso, non si dovrà ricorrere ai gesti, al massimo basta un
cenno del capo verso il basso per confermare d’aver capito.
 Le aspettative dei turisti dell’Estremo Oriente da un viaggio in Europa.
 Ricerca forsennata nel culturale, artistico, creativo in genere, nella moda, nel design, non per
osservarlo in sé ma soprattutto per capire come è fatto.
 Da questo discorso esula il cibo. Non amano eccessivamente il cibo occidentale e lo ritengono
meno raffinato del loro. Amano i ristoranti eccellenti specie per la freschezza degli alimenti.

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Panoramica generale sull’accoglienza del
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turista russo.
 Accoglienza verso il cliente “russo”
 distinguere il grande spazio che noi chiamiamo Russia nelle sue aree
culturali differenti: ex regioni baltiche (Estonia,Lettonia,Lituania) da
quelle caucasiche alle regioni di spiccata influenza asiatica.
 La clientela russa in Italia - dai russi della nomenclatura
sovietica a quelli di oggi, i nuovi ricchi che ostentano denaro,
lusso, benessere e abbigliamento.
 In Russia ostentare il proprio potere e ruolo sociale è un normale e
tradizionale modello comportamentale.
 La parola chiave per un russo è: condividere. Ne risultano grandi
tavolate, in cui amano fare brindisi e condividere l’alcool, anche perché
le trattative di affari vengono sempre concluse a tavola e con brindisi
finali che fungono da stretta di mano.

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Panoramica generale sull’accoglienza del
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turista arabo.
 Clientela araba:
 Si approfondiscono le differenze enormi che esistono nella
galassia arabo islamica.
 Si trattano i principi base – i 5 pilastri dell’Islam- della
religione islamica e si distinguono le diverse tradizioni
interne sufismo/wahabiti/ismailismo/etc…
 Si trattano le norme dell’alimentazione di tradizione arabo-
islamica che vengono dette Hallal cioè giuste, per il cibo.
Viene dedicato uno spazio durante l’esposizione in aula a
queste numerose norme.

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