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LEZIONE 2

La coesione sociale nella Unione Europea

In realtà il tema era già vivo prima di venire ufficializzato in documentazione ufficiali perché quelli
che erano stati i padri fondatori del sistema europeo erano preoccupati che l’unione potesse non
funzionare e l’idea di una serie di monitoraggi volti a verificare la solidità della costruzione di questa
entità sovranazionale l’europa che muoveva i suoi primi passi è stata un’idea molto forte che
muoveva alcuni. Questo problema era già molto presente negli scritti e nel pensiero di delor perché
l’unione europea si è formata con l’unione di stati che rimanevano tra loro molto eterogeni quanto
a loro strutturazione politico amministrativa e spaziale e territoriale, esistono ancora delle
disuguaglianze molto forti tra i vari stati. In una fase iniziale almeno questo concetto di coesione
sociale andava principalmente a prendere in considerazione le possibilità di rendere più solida la
costruzione europea e di fare grande attenzione a quelli che erano i fattori di squilibrio territoriale
che potevano minarne la solidità. Queste differenze che esistevano tra i vari stati non erano
problemi che si potesse pensare di risolvere unicamente attraverso la crescita economica. Alcuni
paesi sono progrediti, mentre in altri si sono create disuguaglianze e squilibri che prima non vi erano.
Di coesione sociale se ne è parlato in un modo più complessivo, non a caso se ne è occupato il FEDER
la cui azione era mirata a una riduzione progressiva degli squilibri territoriali, ma anche il FSE aveva
obiettivi simili per la coesione sociale.
Nel 1997 il consiglio d’europa integra la coesione social nelle sue politiche d’insieme e istituisce un
comitato europeo per la coesione sociale nel 1998. È un quasi concetto dato che il termine è ancora
per molti versi non ben definito, esistono molteplici definizioni.
Esiste un momento in cui la questione della coesione sociale emerge con forza, è il vertice di lisbona
del 2000 da cui poi scaturirà un trattato, qui la coesione sociale viene definita un terzo pilastro della
strategia europea. Vuole fare dell’europa l’economia della conoscenza più competitiva del mondo,
l’art.2 dice qualcosa da leggere nella slide. Promuovere la coesione economica e sociale tra gli stati
membri, non solo scriverla. Bisogna anche rilevare che comunque nell’ottica generale del
documento, il tema della coesione sociale si lega anche a quello della competizione, bisogna anche
mettere in forma le popolazioni, bisogna rendere l’europa il più compatta possibile dal punto di
vista sociale territoriale e spaziale in modo da renderla più attrattiva e competitiva e per riuscire a
fare in modo che l’europa si guadagni uno spazio di protagonista sulla platea internazionale.
Nel dettaglio la coesione sociale viene interpretata nel testo della regina berger schmitt che ha
gettato un po’ le basi della definizione di coesione sociale a livello europeo, essa è vista come una
caratteristica, un tratto che contraddistingue, di una società che si sta preoccupando e si sta
interessando alle relazioni che esistono tra diverse unità a livello di società quali sono gli individui, i
gruppi e le associazioni come le unità territoriali. Qui la coesione viene tratteggiata a tutta una serie
di diversi livelli e piani perché sono interessati e vengono considerati unità individue gruppi e
associazioni a livello territoriali, scale che vanno dal micro fino al macro.
In questo testo sottolineano il fatto che la coesione sociale ha almeno due dimensioni importanti e
distinte, da una parte deve mirare (tornano i discorsi precedenti sulle preoccupazioni dei padri
fondatori dell’europa unita) alla riduzione delle disuguaglianze e all’integrazione e rafforzamento
delle interazioni sociali tra i diversi gruppi. L’idea di un’europa in senso forte e che si è andata poi
perdendo nel corso del tempo. Indipendenza catalana per esempio. È anche vero che l’intento
originario di riuscire a promuovere e mescolare le popolazioni europee tra i diversi gruppi,
oltrepassamento dei confini e delle frontiere, è poi stata interrotta dal terrorismo, dalla pandemia
e quindi alla libera circolazione è stato posto un rigido blocco.
Vi era un discorso da un lato sotteso alla coesione sociale, da una parte di maggiore porosità
dell’unione europea, di facilità di cirsolazione e di scambio, dall’altra anche una dimensione che
prevedeva le pari opportunità in termini di maggiore ugualianza, come nelle questioni di genere, ma
questo rientrava già nel discorso della coesione sociale e soprattutto combattere l’esclusione.
Quando queste idee si erano formate l’epoca era ancora quella in cui la marginalizzazione ecc non
aveva ancora lavorato fino a portarci ai nostri tempi, poiché sta diventando un fronte sempre più
ampio mano a mano che si prospetta una nuova coesione sociale piuttosto complessa.
Vi era anche un’altra dimensione sottesa al concetto di coesione sociale che investiva alla
circolazione e incoraggiava la solidarietà tra diverse realtà europee, doveva creare una sorta di
melting pot di identità europea che nasceva dalle differenze che venivano mescolate insieme
creando un’identità.
Il tutto è stato poi precisato meglio, soprattutto per gli aspetti sociali che riguardavano l’esclusione,
comitato europeo del 2004 dichiara che la coesione sociale è anche la società che riesce a garantire
un welfare, una protezione da parte dello stato, a tutti i suoi membri minimizzando le disparita ed
evitando le forme di polarizzazione, una società coesa è una comunità di individui liberi che si
supportano l’un l’atro reciprocamente e che perseguono obiettivi comuni attraverso i mezzi dei
sistemi democratici. Viene messo l’accento sugli obiettivi comuni e sul mutuo auto e supporto che
dovrebbe innescarsi a livello europeo. Bisogna cercare di incrementare le relazioni positive e quelle
di mutuo aiuto e supporto perché così anche gli obiettivi comuni possono essere facilmente
raggiunti.
Proprio però lo sforzo di rendere questi concetti generali attivi ne hanno dimostrato l’esistenza di
un livello macro e di un livello micro. Gli autori che hanno analizzato la documentazione sulla
coesione sociale hanno distinto almeno 5 fondamentali sulla coesione: da una parte ci sono gli
elementi condivisi, poi la dimensione che riguarda l’ordine sociale e il controllo sociale anche qui vi
è secondo gli autori una dimensione di risoluzione dei conflitti che è indispensabile per il
mantenimento dell’ordine sociale. Solidarietà e riduzione delle disuguaglianze, ma anche reti e
capitale sociale qui torna quel discorso che si accennava nella prima lezione sul concetto di capitale
sociale elaborato da putnam sottolineando le differenze rispetto a quello di coesione, il capitale
sociale dona più l’idea di un possesso collettivo conseguito tra le persone di un determinato luogo
e che assicurano loro questo patrimonio collettivo che è il capitale sociale. Qui kenst e forest lo
leggono come un risultato della densità delle reti sociali: più esistono in un luogo contatti e relazioni
positive tra le persone più il capitale sociale ne viene arricchiti. Ultimo aspetto è quello molto
discusso dell’appartenenza e dell’identità territoriale perché bisogna cercare di capire cosa sia
questa identità e appartenenza ai luoghi e questa prospettiva diventa tanto più sfuggente e
denigrata nel momento in cui i processi di globalizzazione spingono le persone a percorsi individuali
che le delocalizzano nel mondo, non solo le imprese si delocalizzano con la globalizzazione, ma
anche la condizione del migrante a vari livelli, condizione che si generalizza e diventa una condizione
d’epoca. Se questo è lo scenario complessivo in che senso si parla di identità locali? Anche questa
dimensione della coesione sociale risulta non eccessivamente ben definita e problematica. Secondo
gli studiosi solo a partire dalla compresenza e dall’interazione di queste dimensioni si può parlare di
una comunità coesa e società coesa, le componenti devono esserci tutte.
Sintetizzando i piani fino ad ora visti a proposito di coesione: esistono diverse dimensioni,
1. Dimensione strutturale economica che riguarda i meccanismi di inclusione ed esclusione
sociale, il mondo del lavoro, l’accesso alle diverse opportunità, la struttura delle
diseguaglianze, i sistemi scolastici, il fatto che funzionino o non funzionino come meccanismi
della mobilità sociale e integrazione e miglioramento delle condizioni di vita
2. Dimensione culturale quello a cui facevano riferimento gli studiosi precedenti cioè una
condivisione di norme e valori, sono italiano per cui condivido tutta una serie di norme e
valori che fanno parete dello stato nazionale di cui sono cittadino, questa dimensione può
essere molto variegata e può essere spinta anche a livello regionale e locale, ma quello che
è molto importante è che ci sia un nucleo condiviso
3. Dimensione identitaria, ovvero la misura maggiore o minore a cui ci si sente appartenenti a
una comunità. Uno degli aspetti a livello europeo che viene toccato di frequente è il grado
di integrazione dei migranti, a che livello sono integrati? In che modo si esprime nei loro
confronti accettazione, inclusione e tolleranza? La tolleranza è stata molto discussa perché
alcuni pensatori hanno affermato giustamente che nel rapporto di tolleranza c’è sempre un
tolleratore e un tollerato e che quindi la tolleranza prevede due livello di importanza impliciti
tra i due componenti, anche il concetto di tolleranza non è quindi così chiaro e privo di
ambiguità.
4. Dimensione dell’azione che riguarda la partecipazione, anche le analisi alla putnam sul
capitale sociale mostrano che questi luoghi in cui vi è una grande partecipazione dei cittadini
che partecipano alle attività ecc sono i luoghi che riescono a esprimere un maggiore capitale
sociale e al tempo stesso sono i luoghi in cui tendenzialmente è più facile operare in una
direzione di una maggiore coesione sociale. Libro chiesi.
A partire dal 2000 dopo la prima dichiarazione di lisbona, sono stati approfonditi alcuni aspetti che
afferiscono alla dimensione strutturale di cui si è appena parlato e sono stati elaborati in un consiglio
di europa tenuto in belgio alla fine del 2001 degli indicatori della disuguaglianza in particolare degli
indicatori della povertà. Pochi anni dopo il ritorno alla ribalta del concetto di coesione sociale che
però si cominciano a sviluppare alcuni aspetti strutturali che indagano la questione della
disuguaglianza e della povertà ed è significativo perché l’unione europea allora è consapevo di
questo problema e sta cercando di ovviare e porre rimedio o di avere una chiara informazione sulla
situazione elaborando indicatori di tipo socio economico specifici. Gli indicatori di leken mettono
insieme indicatori di tipo sociologico ed economico che insistono sulla questione della povertà.
Elenco degli indicatori vedere slide. Il coefficiente di Gini è un classico e tradizionale strumento
sociologico per indagare la distribuzione del reddito in determinati paesi e realtà, è un coefficiente
che va da 0 (massima eguaglianza dei redditi di un paese) a 1 (massima disparità), coefficiente molto
usato perché dona un’idea molto chiara della distribuzione del reddito stesso. Indicatori anche un
po’ inquietanti come gli ultimi questi perché qualcuno inizia a rendersi conto che questa
disoccupazione temporanea diventava componente fissa delle società europee. Uno degli aspetti
più preoccupanti dei paesi sviluppati dell’europa è proprio la disoccupazione a lungo termine. Prima
era temporanea, anni gloriosi, ora è abbastanza fissa come situazione.
Vi è stato chi ha provato a trovare degli indicatori che permettono di fare delle indagini e di
elaborare delle statistiche. Vi è questo metodo della fondazione Bertelsamnn tedesco che ha messo
appunto nel 2012 un sistema piuttosto articolato della coesione sociale che è basato su 9 dimensioni
suddivise in tre ambiti e costituite da una quarantina di singoli indicatori. I tre ambiti sono: unità e
compattezza, senso dei beni comuni e reti e relazioni.
Ora vediamo come si articolano i singoli indicatori leggere slides
Ambito1: reti e relazioni, 13 indicatori
Tocca anche la questione degli amici per capire fino a che punto ci sono i legami sociali, la questione
della solitudine come problema, ci sono degli elementi tecnici per la quantificazione della solitudine.
Fiducia della famiglia e verso gli altri. Vi sono tutti gli elementi usati anche nei questionari.
Ambito 2: unità, 10 indicatori
È un ambito che esplora tutto il versante istituzionale, la sensazione di vivere in una società che
istituzionalmente è corretta e che segue procedure che sono riconosciute e approvate.
Ambito3: aspetto solidaristico, 9 indicatori
Rispetto a quello che era l’approfondimento che era stato fatto a leken sugli aspetti della povertà e
della disuguaglianza sono stati aggiunti oggi altri indicatori per quanto riguarda l’aspetto strutturale
aggiungendo pensioni e salute. La lista dei nuovi indicatori e nelle slides. È stato introdotto il rischio
di povertà persistente, prima non vi era, indicatori inquietanti. Questo su cui si è focalizzata
l’attenzione della comunità europea degli ultimissimi anni ovvero i NET ovvero gli studenti che non
studiano e non lavorano 8situazione gravissima) diventa uno degli indicatori importanti della
dimensione strutturale della coesione.
È anche chiaro che tutte le dimensioni fino ad ora viste della coesione sociale presentano una grande
complessità sia per quanto riguarda le possibilità di una reale misurazione empirica, ma la questione
è che anche se si riescono ad analizzare separatamente questi aspetti, risulta difficile metterli
insieme quindi si può misurare l’abbandono scolastico in un quartiere in maniera efficace, ma in che
maniera poi è possibile combinare i dati sull’abbandono scolastico con i dati sulla disoccupazione a
lungo periodo e combinarli e renderli parlanti, in che modo poi questi dati possono dialogare con
quelli sulla maggiore o minore densità delle reti sociali e in ultima analisi in che modo dall’analisi di
questi dati possono poi nascere delle politiche che siano mirate a ridurre il danno o a riequilibrare
situazioni di squilibrio. Qualcuno come dei critici come maloutas ha elaborato tutta la questione
degli indicatori della coesione sociale rischiamo di essere una sorta di lista della spesa dei problemi
senza che ci sia un aggregato stabile e una dimensione eterogena ei risultati. Come si possono
tenere poi insieme? È un problema che rimane aperto ogni volta che si parla di coesione sociale. Vi
è un altro problema oltre a quello di maloutas di eterogeneità e di tenuta d’insieme da cui trarre
informazioni operative, è che tutte queste dimensioni sono riscontrabili su grande scala, ci sono più
livelli, un livello micro e meso in cui entra in ballo la fiducia interpersonale nei legami primari
(famiglia e reti amicali) e i gruppi secondari (reti di vicinato, rapporto di lavoro e gruppi etnici). Per
cui vi è una dimensione micro relazionale e vi è una dimensione macro che riguarda in generale il
funzionamento di intere società come il senso di appartenenza e la questione della tolleranza, la
presenza di strutture di sostegno e la legittimazione di pratiche politiche locali, nazionali o
internazionali. Problema di scale se si tengono presenti solo i singoli livelli e non le relazioni che li
legano. È uno dei problemi chiave della coesione perché le diverse scale non sono separate ma sono
intrecciate tra loro.
Ci sono quindi una serie di paradossi che sono legati alla coesione sociale, precarizzazione socio
economica classica del passaggio da società industriali a società post industriali, abbiamo detto che
purtroppo questo tipo di transizione ha provocato una disgregazione di questi legami sociali che
erano connessi al mondo del lavoro e della produzione e questo ha minato le relazioni di convivenza
civile, declino dell’importanza dei sindacati, la perdita di riferimenti territoriali da parte dei partiti
politici. Vi è questo equivoco che sta dietro alla questione della coesione sociale che in un’epoca di
allentamento dei legami sociali si pensa che rinsaldando questi legami sociali si possa rimediare
anche a problemi che invece sono problemi strutturali. Questione complessa perché è chiaro che
un certo tipo di relazioni dense tra le persone e anche la premessa di una partecipazione politica
attiva, però è anche un’illusione che l’attivazione di questi meccanismi sia sufficiente a rimediare ai
problemi che hanno una base molto concreta.
Qualche critico feroce ha detto che il progetto che sta dietro alla coesione sociale hanno detto che
sono progettualità zoppe, prive di contenuti e che non aiutano a sistemare le problematiche, Lasch
fa affermazioni molto dure. In francia delo aveva scritto già sul finire degli anni 80 un libro
sull’invenzione del sociale, ovvero un testo in cui si diceva che l’ultima ideologia per tenere in piedi
realtà sempre più vacillanti era proprio l’ideologia della solidarietà e del comunitarismo, sono
critiche molto dure al concetto di coesione sociale che a differenza di quelle tecniche che abbiamo
visto prima che insistevano sul fatto che gli indicatori sono quelli della lista della spesa, che c’è un
problema di scala che non viene considerato ecce cc queste critiche sono più ideologiche e cercano
di smontare alla base il concetto di coesione sociale definendola uno strumento retorico cui non
tengono dietro interventi in grado di cambiare l’ordine esistente il quale continua a procedere
implacabile producendo ulteriori divisioni e disuguaglianze e povertà.
Un’altra critica ideologia che è stata mossa alla questione della coesione sociale è che anche dove
le cose vanno bene sotto il profilo della compattezza e dell’unione e delle relazioni improntante alla
fiducia, però questo tipo di compattezza e condivisione della maniera di vivere e dei valori ecc può
essere anche controproducente perché dicono alcuni studiosi in particolare Ceri, che in realtà
questa identità così compatta può avere come suo contro altare il fatto che vi è qualcun altro che
viene tenuto fuori queste reti identitarie cui si contrappone l’identità e il noi collettivo che viene
strutturandosi. In pratica è come dire noi genovesi e i meridionali, questo noi per costituirsi deve
sempre riferirsi a qualcuno che non c’entra e che non fa parte della comunità quindi un eccesso di
compattezza secondo quelli che sono le linee delle diverse dimensioni investite dalla coesione
sociale potrebbe paradossalmente essere controproducente. Vi è per esempio una riflessione fatta
dagli studiosi statunitensi che qui potremmo avere una città che ha quartieri che ha un alto gradi di
coesione però può essere che abbia un alto gradi di conflittualità all’interno dei vari quartieri perché
ogni quartiere potrebbe indirizzare le politiche locali verso quello che vuole il quartiere stesso e
magari non è la medesima richiesta del quartiere accanto creando conflittualità tra i quartieri.
Questo è uno dei problemi teorici classici che pone anche la partecipazione politica perché è chiaro
che poi chi partecipa avanza anche delle pretese e delle aspirazioni e dei desideri e vuole indirizzare
l’azione delle mani pubbliche nella direzione che gli interessa e finisce per confliggere con altri
gruppi sociali rispetto a quelli che lui in un modo o nell’altro rappresenta. Perciò in una società
urbana molto frammentata e divisa come quella che viviamo, questi eccessi di coesione possono
aumentare la conflittualità e non ridurla. Se vi era un mondo coeso dal punto di vista sociale era
quello della Grecia delle poleis però poi le città si facevano la guerra le une con altre, guerre che
sono durate secoli tra le diverse città stato greche. Quindi non è detto che la coesione sociale sia di
per se stessa garanzia di pace e progresso.
In conclusione, in questo quasi concetto di coesione sociale ci sono anche degli elementi interessanti
e validi e questo non tanto sotto l’aspetto che è stato tratteggiato da alcuni studiosi come donzelo
di compattare il popolo tra diverse aree del pianeta, ma la questione della coesione può essere una
spia molto interessante dell’allentarsi dei legami sociali e della crescita delle difficoltà materiali di
alcune società, come strumento di indagine tutto questo universo ci possa dire qualcosa sulle realtà
che si vanno a indagare. È chiaro però che questo tipo di indagine, di utilizzo del quasi concetto di
coesione sociale deve tenere conto anche delle differenze dei livelli di vita e delle condizioni di vita,
allora la coesione sociale va vista come una sorta di processo in progress che parte dalla
considerazione delle differenze e cerca di introdurre delle politiche di miglioramento di queste
condizioni che mirino anche a una maggiore compattezza e ben vivere collettivo e comune. Legata
al benessere. Sicuramente l’idea che la coesione sociale si debba pensare come un processo che
investe un miglioramento delle condizioni delle società contemporanee è vero anche perché è vero
che uno degli aspetti che prende in considerazione il discorso della coesione è che si può partire
anche dai luoghi della marginalizzazione ecc si può partire per ricostruire una trama relazionare
positiva se si parte da esperienze che cercano di trasformare questi problemi locali in questioni che
interrogano la società nel suon complesso e aprono ambiti istituzionali interattivi e che muovono
processi decisionali più ampi e possono coinvolgere le istituzione e le amministrazioni locali in modo
da gettare le basi per uno sviluppo diverso. E si utilizza il concetto di coesione sociale in questa
prospettiva questo implica un discorso di partecipazione attiva dei cittadini mirata a cambiare le
condizioni di vita più generali e complessive, se letto quindi in questa chiave migliorativa e
trasformativa il concetto di coesione sociale presenta la sua validità.

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