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In riferimento ad un gruppo umano, per cultura si intende linsieme degli elementi che
costituiscono il modo di vivere del gruppo stesso: credenze collettive, simboli, valori,
forme di comportamento, sistemi sociali. Per indicare un pi ampio gruppo di individui
che condividono i tratti di una specifica cultura si ricorre solitamente, invece, al
termine etnia. I gruppi etnici sono generalmente associati a dei territori di cui sono
occupanti principali o esclusivi e su cui hanno finito con limprimere particolari segni. Il
concetto in s per appare difficile da definire esattamente e in pi casi viene
utilizzato indifferentemente per indicarne altri: la razza, la nazione, il popolo. Proprio
per questo motivo utile ricostruire prima le origini del concetto di etnia. Solo dopo
aver fatto ci potremo continuare con laffrontare lo studio di quella componente
fondamentale della cultura che la lingua: elemento che, insieme alla religione,
identifica e classifica gli individui allinterno di societ complesse.
Una comunit umana legata al suo interno dalla coscienza di possedere un comune
patrimonio storico e da vincoli culturali forti e consolidatisi nel tempo, viene definita
come comunit etnica o gruppo etnico. Derivante dal greco thnos (popolo), il
concetto di etnia fu introdotto alla fine del Settecento dallo svizzero Chavannes. Fu
per lantropologo francese Georges Montandon, con il suo Lethnie francaise, a fornire
una prima definizione abbastanza esauriente del termine, riferendosi ad esso per
indicare un gruppo alla cui identificazione concorrono tutti i caratteri umani, siano essi
somatici, linguistici o culturali. Pi completa per la definizione di Becquet che
sottoline come unetnia sia un gruppo umano unito dalla comunanza di tratti culturali
e psicologici, derivanti dalla pratica di una stessa lingua. Posizione, questa, simile a
quella espressa negli stessi anni da Hraud secondo il quale popoli di uguale lingua
formano una stessa etnia. La lingua tuttavia, dice Hraud, non la cultura, ma il suo
veicolo; se una comunit perde la sua lingua mantiene ancora per un certo lasso di
tempo la sua cultura e continua ancora ad essere una comunit etnica. Altri studiosi
riservano laggettivo etnico soltanto a quei gruppi che hanno coscienza di s come
insieme, considerando il sentimento di appartenenza come il fattore fondamentale per
lidentificazione di unetnia e sottolineando come non basti avere in comune una
cultura di base, ma occorra anche la consapevolezza di far parte, per libera e
cosciente affiliazione, di una comunit. Unanalisi pi approfondita dei contenuti e del
significato del concetto di etnia stata fatta pi di recente da Smith che ha
individuato sei condizioni necessarie per poter definire una comunit sociale come
etnia, sei caratteri specifici e costituitivi del legame etnico.
1- La prima di queste condizioni il nome collettivo che deve essere riconosciuto
da tutti come elemento di identificazione, segno della comunit etnica
attraverso cui essa distingue se stessa e riassume la propria essenza;
2- La seconda invece la coscienza, per tutti i membri della comunit, della
discendenza comune. Tale consapevolezza, che molto spesso di tipo
mitologico, dona senso alle esperienze dei componenti del gruppo, fornendo
loro anche una linea di continuit generazionale ben definita;
dimostrato che un gruppo etnico non caratterizzato soltanto dalla sua cultura e
dalla sua lingua, ma da un insieme di elementi in stretta connessione fra loro. Al di
l della difficolt di giungere a definizioni precise, ci che emerge che nellambito
del genere umano si formano vari insiemi, ove lunione data da elementi
numerosi e diversi. Tutti questi elementi hanno una loro importanza, ma i vari
insiemi cos individuati presentano differenti aree di intersezione. Quel che certo
che non esiste nella realt contemporanea uno Stato la cui popolazione
costituisca un insieme omogeneo sotto i diversi punti di vista. La maggior parte
della societ del pianeta vede coesistere al proprio interno pi gruppi etnici. Lidea
di uno Stato-nazione etnicamente puro, di fatto, non pi realistica. In Europa il
concetto di etnia diventato non solo uno dei pi controversi, ma anche uno di
quelli pi a rischio. Esso, infatti, ha rappresentato spesso un pretesto per
mantenere saldo il potere nelle mani di gruppi dominanti intenzionati ad
emarginare dalle posizioni sociali pi rilevanti altri individui, non appartenenti alla
stessa etnia, o addirittura ad eliminarli fisicamente (pulizia etnica).
1.2.
gruppi etnici allinterno di singoli Stati si sono inaspriti in tutto il mondo. Nel caso
dellAfrica, ad esempio, i contrasti sono stati una costante dopo la decolonizzazione;
una volta ottenuta lindipendenza politica, infatti, le ex colonie hanno fatta propria
lidea di Stato, accettando generalmente i confini tracciati dai precedenti dominatori
europei: confini che avevano finito col riunire in uno stesso territorio gruppi che
avevano ben poco in comune tra loro. Le suddivisioni amministrative decise dai
colonizzatori europei avevano cos diviso quasi tutte le etnie tra pi Stati. Ecco perch
il difficile problema che molti dei nuovi Paesi africani si sono trovati a dover affrontare
stato quello di creare la nazione, ovvero cercare di sviluppare, in una cittadinanza
costituita in modo arbitrario, sentimenti di fedelt verso lo Stato. Tutta la storia
dellumanit disseminata di crimini contro comunit prese di mira per la loro
diversit culturale o razziale; e in questi ultimi anni attorno allespressione pulizia
etnica hanno ruotato conflitti scoppiati in numerose parti dellAfrica, cos come nel
Sud-Est asiatico e in alcuni territori dellex Unione Sovietica e dellEuropa orientale.
Non va dimenticato, daltro canto, che letnocentrismo pu si costituire un elemento di
divisione, ma pu anche assumere una connotazione positiva e rivelarsi un fattore di
riconoscimento e di identificazione capace di offrire valori e sostegno allindividuo che
si ritrova allinterno di un contesto a lui estraneo. Si pensi anche a come le svariate
China Town e Little Italy abbiano fornito un rifugio concreto e sistemi di supporto
fondamentali per i nuovi arrivati. Una societ viene inoltre definita multietnica non
solo se comprende al proprio interno molteplici gruppi etnicamente differenti, ma
anche se i membri di ciascun gruppo ritengono di possedere una cultura distinta da
quella degli altri ed esprimono la volont di salvaguardare la propria identit comune,
per la quale richiedono un riconoscimento ufficiale. Le societ multietniche non
costituiscono una novit di questi anni, nelle maggiori citt si sempre concentrata
una grande variet etnica e culturale. Nei decenni pi recenti, tuttavia, si assistito ad
una crescente richiesta di riconoscimento dellautonomia etnica nelle societ
multietniche di tutto il mondo. Quando diciamo, allora, che il mondo diventato
multietnico non perch la societ e le culture siano pi numerose di una volta, ma
perch parlano con voce sempre pi autonoma e determinata. La multi etnicit implica
necessariamente la multiculturalit. Una societ definita come multiculturale nella
misura in cui al suo interno tutte le differenze di cultura, costume, etnia sono
ugualmente rispettate, tanto reciprocamente quanto dal potere centrale.
1.4.
I tratti e le strutture culturali possono essere propriet condivisa di individui per altri
aspetti distinti, ma associati dal punto di vista spaziale. Anche le societ multietniche
possono comunque condividere un certo numero di caratteristiche, sufficiente a
renderle delle entit culturali riconoscibili: in questo caso possibile individuare un
sistema culturale. Tratti, strutture e sistemi culturali hanno dunque una propria
estensione spaziale; rappresentati su una carta geografica, mostrano il carattere
regionale delle componenti culturali. Ed proprio allo studio delle regioni culturali che
la Geografia umana interessata. Ogni regione potr essere definita in relazione ad
ununica caratteristica peculiare o ad un insieme di caratteristiche. La regione
culturale si caratterizza non solo per la presenza di una comunit dotata di una sua
propria ed originale espressione culturale, bens anche perch sul suo territorio
percepibile tanto limpronta dei prodotti sociali della cultura quanto quella degli
oggetti materiali che danno forma al paesaggio (es. abitazioni). Il territorio abitato da
una comunit etnica, per, non viene sentito dai componenti del gruppo con la
stessa intensit. A tal proposito, pu essere utile, ai fini di una valutazione della
diversa intensit dell etnicit dello spazio, fare un confronto tra il territorio etnico e
quello di un Paese che andato costituendosi a partire da un nucleo territoriale
centrale. Nel nucleo centrale dello Stato gli individui hanno potuto sviluppare quella
coesione organizzativa da cui sorta la struttura complessiva del sistema statale; qui
la facilit dei trasporti e delle comunicazioni ha favorito lo scambio dei beni e delle
idee, ma anche lelaborazione di forme di aggregazione sociale e la gestione degli
interessi del gruppo; qui i segni dellidentit nazionale sono pi chiari e forti; da qui
partono quelle iniziative che progressivamente si estendono alla periferia. Ebbene,
anche nel territorio etnico possibile individuare un nucleo nel quale sono radicate le
forze ideali da cui la cultura ha avuto origine, unarea ove sorgono i centri in cui tale
cultura continua ad essere sviluppata, dove si trovano le principale strutture che
provvedono alla produzione e alla conservazione del patrimonio culturale comune, e
dove intensa risulta lattivit socio-politica della comunit. Consideriamo ora il modello
di regione culturale elaborato da Donald Meinig negli anni settanta. Egli aveva messo
in evidenza come nellOvest degli Stati Uniti fossero identificabili almeno sei nuclei
culturali distinti che avevano dato vita ad altrettante regioni culturali; le aveva
individuate sulla carta, e aveva osservato che tali regioni andavano evolvendosi
attraverso quattro stadi di sviluppo.
1- In primo luogo cresceva la popolazione e si sviluppava un insediamento
originale tramite espansione;
2- Nel frattempo, a mano a mano che si intensificavano le comunicazioni interne e
diventavano pi efficaci quelle con lesterno, cambiavano gli schemi di
circolazione;
3- Ancora, lorganizzazione politica diventava via via pi complessa;
4- E intanto emergeva la cultura regionale e si rafforzava lidentit culturale.
Meinig si occup in particolare di una di queste regioni culturali, quella dei Mormoni
nello Utah, e mise in evidenza come il relativo isolamento e lo sviluppo senza ostacoli
da essa sperimentato si fossero tradotti in un modello spaziale con tre zone di
concentrazione:
1- In primo luogo unarea nucleo (core), contenente lessenza del complesso
culturale, la pi forte concentrazione di tratti culturali ed un paesaggio
omogeneo;
2- Poi un dominio in cui il complesso culturale restava, si, forte ma in misura
minore rispetto allarea nucleo;
3- Infine una sfera di influenza, area esterna e di contatto periferico in cui
prevalevano solo certi tratti e le persone appartenenti alla cultura dellarea
nucleo potevano essere in minoranza.
Le tre zone mostravano, quindi, il declino della forza culturale che si manifesta a
partire dal nucleo centrale andando verso lesterno. Il nucleo centrale larea pi
chiaramente sentita come patria ed quindi, generalmente, la zona in cui la cultura
della comunit possiede maggior forza e mostra maggior capacit di resistenza alle
influenze esterne; il dominio, invece, larea del contatto e del continuo confronto con
gli altri, mentre le sfere di influenza o sono quel che resta di un nucleo centrale un
tempo pi esteso e poi intaccato da unaltra cultura o sono aree in cui parte della
Capitolo 2
Lingue e geografia
2.1. Premessa
Negli ultimi trentanni linteresse per lo studio della lingua andato crescendo. La
lingua riflette infatti i comportamenti e il modo di pensare di ogni popolo. Daltra parte
sono andate moltiplicandosi le questioni poste dalla pluralit delle lingue: la
globalizzazione e la crescita dei flussi migratori hanno portato gradualmente sempre
pi istituzioni nazionali ed internazionali, individui ed intere popolazione, ad adottare
quotidianamente luso di due o pi lingue.
sincronico: che analizza lo stato delle lingue nel loro organizzarsi sistematico e
simultaneo e che osserva dunque ciascuna parlata, considerata come un
insieme, in un momento dato;
diacronico: che rileva invece sostituzioni e cambiamenti delle lingue nel corso
del tempo.
metodo geografico. Il lavoro del geografo, invece, comincia l dove termina quello del
linguista: egli prende in considerazione le diverse parlate in quanto fenomeno
culturale caratterizzante un gruppo umano, una societ. Nellambito dello studio
spaziale delle lingue, Bartoli fu colui che pi si avvicin alla Geografia, elaborando le
norme areali. Le principali affermano che:
-
se di due forme linguistiche una si trova in unarea isolata e laltra in una zona
di pi facili comunicazioni con lesterno, la prima pi antica. La norma
dellarea isolata senzaltro convincente; basterebbe considerare la citt come
zona di pi facili comunicazioni e la campagna come zona isolata. Un esempio
rappresentato dal sardo. Mentre, infatti, in italiano alcuni termini derivano tutti
dal latino tardo, in sardo invece la derivazione dal latino arcaico permane. Un
caso simile quello dellIslanda il cui isolamento ha reso possibile
uneccezionale conservazione della lingua originale che rimasta
sostanzialmente invariata negli ultimi mille anni tant che di fatto oggi un
islandese capace di leggere senza troppe difficolt anche una saga del XIII
secolo.
La seconda norma afferma che: se in una regione esistono due forme della
stessa lingua quella che si trova nellarea centrale pi recente, quella che si
trova nelle aree periferiche pi antica. Questa norma fa riferimento non tanto
al centro geometrico, quanto piuttosto a quello culturale ed economico: qui,
infatti, che avvengono i pi frequenti scambi con lesterno, produttivi di
innovazioni linguistiche.
E infine la terza norma: se di due forme linguistiche una usata in unarea pi
ampia dellaltra, quella la pi antica.
dellanteriorit cronologica (in base al quale tale la lingua che ognuno di noi
apprende per prima);
o delluso continuativo (per cui la lingua materna quella che si continua a
parlare e, soprattutto, nella quale si pensa).
Per quanto riguarda lItalia soltanto nel primo censimento dello Stato unitario
venne fatta a tutti i cittadini una domanda sulla lingua da loro usata. La difficolt di
rilevare esattamente le diverse parlate locali, unita alla scarsa preparazione dei
rilevatori, alla poca dimestichezza della popolazione con i censimenti e
allambiguit delle domande resero, tuttavia, i risultati cos poco attendibili che si
prefer dare ad essi non troppo risalto. Durante il fascismo venne impedita qualsiasi
rilevazione a carattere linguistico. Accanto ai censimenti etno-linguistici ci possono
essere delle valutazioni fatte con criteri differenti da organi ufficiali o da enti sorti
per la tutela delle comunit minori. Altre volte, invece, si rendono necessarie delle
ricerche dirette sui diversi usi orali (e talvolta anche su quello scritto) delle lingue.
Daiuto nella valutazione della diffusione di una lingua possono essere i dati sulla
tiratura di libri, giornali e periodici e si potrebbe anche fare attenzione ai mezzi
audiovisivi: alle lingue, cio, della radio e della televisione. E pi di ogni altra
indicazione, a tal proposito, sarebbe rivelatrice listruzione: i dati relativi alle lingue
insegnate possono infatti fornire utili indicazioni sugli orientamenti dei governi e le
tendenze delle popolazioni (che non sempre coincidono) e dar emergere lesistenza
di situazioni di disparit gerarchica nelluso sociale delle lingue stesse.
2.4.2 La rappresentazione cartografica
Subito dopo la pubblicazione dellAtlante di Gilliron vi fu un fiorire di altri
strumenti cartografico - linguistici. Si trattava, in sostanza, di volumi formati da
numerose carte, su ognuna delle quali veniva riportata la distribuzione e la
localizzazione delle forme linguistiche che un concetto scelto in precedenza
assumeva nei punti indagati; in questo modo si poteva ottenere una visione
dinsieme di tutte le realizzazioni dialettali di una parola o una frase in un
determinato territorio preso in considerazione. Le carte che compongono un atlante
linguistico possono essere classificate in almeno tre gruppi a seconda degli aspetti
che intendono rappresentare: pu trattarsi di carte
-
Oltre questi tre tipi di carte, Breton, ne individua altre due tipologie: le carte
Alcuni atlanti hanno anche un interesse dal punto di vista etnografico; la linguistica
infatti, secondo alcuni studiosi, non pu dissociarsi dallo studio di quella che la
cultura in senso antropologico poich le parole rimandano ad una realt umana che
la lingua esprime e allinterno della quale la lingua serve per comunicare. La
Geografia delle lingue prese le mosse proprio dalla Geografia linguistica o
dialettologica. Il linguista fissava i confini tra il campo di variazione continue e le
zone in cui la continuit si interrompeva e le parlate divenivano reciprocamente
inintelligibili; il sociolinguista poteva indagare la variazione degli usi linguistici a
seconda delle classi e dei gruppi sociali; al geografo restava da spiegare la
distribuzione spaziale delle lingue come fenomeno globale a scala macrosociale,
cercandone le correlazioni con linsieme dei fatti territoriali. Carte tematiche e carte
di sintesi costruite al fine di spiegare la distribuzione territoriale dei fenomeni
linguistici si sono rivelate spesso, tuttavia, pi degli strumenti politici che dei validi
documenti scientifici. E in particolare quelle relative ai confini e alla diffusione delle
lingue non sono riuscite a sfuggire ad un uso strumentale. Dal momento che una
carta possiede una forza politica pi evidente rispetto al risultato di un censimento,
i rischi di manipolazione ideologica sono in questo caso ancora maggiori rispetto a
quelli insiti nelle rilevazioni censuarie. Daltra parte, oggettivamente molto
difficile rappresentare graficamente un fenomeno cos poco definito nello spazio
qual unarea linguistica, tracciandone i confini territoriali.
Allinterno di una lingua, ci troviamo di fronte ad un campo di variazione continua
di fenomeni vicini, ed complicato stabilire dove finisca un dialetto e ne inizi un
altro. Via via che ci avviciniamo alla realt ed aumenta la scala di osservazione,
tracciare un confine netto diventa ancora pi difficile. Dal momento che tra le aree
dialettali non c generalmente soluzione di continuit, esse configurano, nel loro
insieme, un campo di variazione continuo (una pi grande area linguistica) al cui
interno possibile una progressiva intercomprensione tra gruppi vicini. E
solitamente, nelle aree linguistiche cos individuate, domina ununica lingua
normalizzata, una lingua di cultura di pi vasto respiro. Per quanto estese siano,
tuttavia, le aree linguistiche non arrivano mai a coprire interi continenti:
lintercomprensione ha infatti dei limiti che si fanno, ad un certo punto,
estremamente netti. Mentre, pertanto, le aree dialettali sono il pi delle volte
difficili da definire, tra le grandi aree linguistiche, e soprattutto tra le aree di lingue
appartenenti a famiglie diverse, i contorni divengono molto pi precisi. In questi
casi, infatti, non siamo pi dinanzi ad un campo di variazione continua ma alla
contrapposizione di entit discrete, e quindi di elementi separati.
Al di l delle difficolt di delimitazione delle aree e di definizione delle parlate
proprie di queste aree, un altro problema quello riguardante la scelta della scala
da adottare: poco probabile, infatti, che si riescano a raggiungere buoni risultati
con carte a piccola scala, perch in tal caso andrebbero persi molti dettagli e si
trascurerebbero tutte quelle realt che risultano frammentate e disperse sul
Capitolo 3
I molteplici usi delle lingue
3.1. Lingue e varianti linguistiche
Secondo lopinione unanime di psicologi e linguisti, la lingua materna ha un ruolo
fondamentale per ogni individuo e anche qualora dovesse, col passare del tempo,
Vero , daltra parte, che nelle organizzazioni internazionali si fa una distinzione tra
le lingue ufficiali e quelle di lavoro, quelle cio effettivamente usate in modo
generale: per restare sempre in Europa, la Commissione ha adottato come lingue di
lavoro linglese, il francese ed il tedesco. Gli Stati, poi, in alcuni casi distinguono le
lingue nazionali (espressione di un gruppo etnico consolidato, che pu aver
raggiunto una certa autonomia o indipendenza) dalle lingue ufficiali, usando poi pi
comunemente le seconde. Nelle strutture statali federali si possono individuare due
livelli duso ufficiale: quello della federazione e quello delle unit federate. Negli
Stati non federali, invece, si tende a contrapporre alla lingua nazionale una parlata
locale soltanto quando questultima ha un ruolo ben preciso o come legame
interetnico o interregionale oppure come espressione di unetnia. Spetta alla
Geografia delle lingue il compito di indagare sui rapporti, le discrepanze e le
interazioni fra i tre principali livelli di utilizzo delle lingue:
-
differenti. Talvolta ha espressione regionale, nel senso che ciascuna delle lingue
parlate prevale in unarea specifica del Paese. Altre volte, invece, tale espressione
regionale si presenta molto meno evidente, essendosi verificata una notevole
commistione dei parlanti.
Una particolare forma di bilinguismo si verifica invece quando, a partire dal
medesimo idioma, viene a determinarsi una profonda divergenza tra lingua
popolare e lingua colta, tale da costituire una vera e propria barriera di
inintelligibilit tra le due. In tal caso, si parla di diglossia, proprio a sottolineare la
compresenza di due lingue o variet, differenziate funzionalmente, una delle quali
viene adoperata in ambito formale e laltra in ambito informale. Tanto il bilinguismo
quanto la diglossia, comunque, variano in base alle classi sociali e alle fasce det.
In linea generale, infatti, la popolazione di sesso maschile e quella in et lavorativa
risultano maggiormente interessate dai fenomeni di bilinguismo, mentre le persone
anziane restano pi compattamente monolingui ed attaccate alle forme locali o
tradizionali.
Gran Bretagna e negli USA messi insieme. E queste persone vanno sviluppando un
proprio inglese: il processo di appropriazione della lingua implica infatti un
rimodellamento della stessa a seconda delle regioni, e quindi un adattamento a
culture, background linguistici e necessit differenti.
Linglese sta sperimentando una sorta di differenziazione regionale, e segue un
percorso che pare orientato alla reciproca intelligibilit delle proprie varianti, quelle
cio che sono state denominate New Englishes. I New Englishes sono nati per il
bisogno di esprimere lidentit nazionale e per il desiderio di manifestare tale
identit agli occhi del mondo.
Ad ogni modo, secondo gli studiosi del fenomeno, la tendenza pi probabile che
si verifichino tanto processi di divergenza quanto di convergenza. Se da una parte,
infatti, lutilizzo dellinglese come principale lingua di comunicazione a livello
mondiale una realt fuori discussione, dallaltra coloro che parlano inglese
finiscono con limparare due versioni diverse di tale lingua, una vicina alla propria
cultura e laltra riferibile al contesto internazionale.
3.4. Molteplicit di usi delle lingue
Dei molteplici usi che una lingua pu avere, uno dei pi importanti, ma anche uno
dei meno dinamici, sicuramente quello religioso. Il credo religioso un elemento
di quel sottosistema ideologico che compone ogni struttura culturale, mentre la
religione formalizzata ed organizzata ne costituisce un espressione istituzionale.
Elemento chiave nei processi di identificazione di gruppo, anche la religione, come
la lingua, un prodotto mentale ed agisce come veicolo di trasmissione della
cultura, per quanto risulti un identificatore di cultura spesso meno evidente
rispetto al linguaggio. Alcune societ sono dominate in tutti i loro aspetti dal credo
ufficialmente riconosciuto. Ma convinzioni e tradizioni religiose saldamente radicate
possono agire tanto come fattore di coesione quanto come elemento di
separazione.
Lingua e religione non sono indipendenti luna dallaltra. Lesercizio delle pratiche
religiose secondo formule e riti collettivi necessita, daltra parte, di una lingua
comune che consenta ai fedeli di sentirsi tutti ugualmente partecipi. La religione
pu influenzare la diffusione di una lingua su un ampio spazio svolgendo un ruolo
determinante nello sviluppo del nazionalismo arabo. Lesigenza di diffondere i testi
sacri, poi, pu richiedere lintroduzione di un alfabeto nel caso di comunit
illetterate. Andrebbe, inoltre, ricordato il ruolo della religione cristiana nello studio
di lingue meno note o nel passaggio alla forma scritta di lingue solo parlate. E,
ancora, non andrebbe dimenticato come luso di un certo idioma in ambito religioso
sia riuscito a preservare lingue altrimenti a rischio di estinzione o anche a
diffondere lingue di cultura nazionali. Le lingue liturgiche si distinguono da quelle
usate comunemente per la loro fissit. I diversi riti hanno generalmente bisogno di
formule non modificabili.
Non un caso, allora, se gli scismi religiosi che hanno coinvolto la Chiesa cattolica
sono stati anche degli scismi linguistici. Le novantacinque tesi affisse da Martin
Lutero alla porta della chiesa del palazzo ducale di Wittenberg nellottobre del 1517
erano scritte in latino; quando, per, la rottura con la Chiesa di Roma divenne
definitiva, Lutero prepar in tedesco una lunga lettera indirizzata alla nobilt
cristiana della nazione tedesca, invitandola allo scontro con Roma e dando inizio
alluso di questa lingua nellambito della Chiesa protestante.
Politiche linguistiche diverse sono state portate avanti dalle varie Chiese. Due
esempi fra tutti:
-
Lala pi filo-gallese della Chiesa anglicana istitu alla fine del XVIII secolo le
Sunday Schools, che diedero un prezioso contributo alla diffusione della
forma standard del gallese; questala si stacc progressivamente dalla
Chiesa anglicana fondando nel 1811 la Chiesa metodista. Il gallese riusc cos a
sopravvivere proprio in quanto saldamente legato ad una cultura locale ancora
viva e sempre sostenuto dai metodisti.
Ancora, le missioni cattoliche dellAfrica hanno sempre cercato di favorire le
lingue tribali sia per avere un mezzo di predicazione pi immediato, sia per
stroncare, laddove era penetrato, larabo, veicolo di diffusione dellIslam.
Oltre alla lingua e alla religione per gli individui trovano anche altri motivi di
aggregazione sociale. Uno dei principali sicuramente quello economico: gli
uomini per sopravvivere devono produrre i beni e i servizi di cui hanno bisogno. Per
tale motivo necessario che gli individui diano vita ad una struttura produttiva
ampia ed efficiente; e dal momento che questa ha bisogno di continui scambi di
informazioni, se le informazioni vengono trasmesse e comprese rapidamente tutto
il sistema economico se ne avvantaggia. Luso di una lingua in ambito economico
uno dei pi poveri; le trattative finalizzate al trasferimento di beni, servizi e denaro
tendono ad essere effettuate, infatti, attraverso codici linguistici facilmente
comprensibili e quindi ridotti allessenziale.
Le lingue franche sono sorte proprio dalla necessit di comunicare con un gran
numero di persone appartenenti a comunit linguistiche diverse in frequente
contatto tra di loro. Lespressione lingua franca deriva dallarabo al farang: in
origine era questo, infatti, il termine con cui i mercanti arabi chiamavano gli
europei. La lingua franca per eccellenza (il sabir) fu una lingua di servizio parlata
tra il XIII ed il XIX secolo. Col passare del tempo, per, lespressione lingua franca
divenuta sinonimo di lingua comune parlata da popoli aventi idiomi differenti. In
questa accezione, i territori del bacino del Mediterraneo tra il 300 a.C. e il 500 d.C.
vennero unificati dal greco; fu poi il latino ad imporsi come lingua franca,
divenendo lingua ufficiale dellimpero romano. Ancora, al di fuori della sfera
europea, fu laramaico la parlata comune nel Vicino Oriente e in Egitto, mentre
larabo dopo il VII secolo divent il linguaggio unificante della religione
musulmana.
La grande eterogeneit linguistica dellAfrica ha reso inevitabile la nascita di
numerose lingue franche. Una di quelle che col tempo andata cambiando valore
il kiswahili (o swahili). Da quanto detto emerge come nel corso della storia il
moltiplicarsi dei contatti fra i popoli abbia determinato costantemente la necessit
di strumenti linguistici comuni. Non un caso, allora, se linglese svolge oggi
sempre pi, a livello mondiale, il ruolo di lingua franca. Il fatto che i principali centri
motori delleconomia siano situati in aree di lingua inglese e che la scienza, le
industrie e le grandi organizzazioni trovino in tale lingua lo strumento per arrivare
Pidgin
Lingue creole
pidgin diventato lingua nativa di una generazione. In altri termini, una lingua creola
la lingua madre di un bambino cui fin dalla nascita stata trasmessa la
conoscenza di un pidgin. Tra un pidgin ed un creolo esistono vari stadi intermedi.
Per quanto riguarda i pidgin si soliti distinguere almeno tre fasi:
1- Pidgin gergale: quella fase caratterizzata da una notevole variazione
individuale, un inventario fonologico estremamente ridotto, una pressoch
totale assenza di morfologia, una sintassi elementare ed un lessico limitato;
2- Pidgin stabile: fase in cui appaiono le prime regole grammaticali ed il lessico
comincia ad arricchirsi;
3- Pidgin esteso: ultima fase in cui la grammatica raggiunge un elevato indice di
complessit e si amplia la gamma degli ambiti duso della lingua.
Quella francese
Inglese
E portoghese.
Terra, si sarebbero evoluti tutti pi o meno nelle medesime condizioni sociali, per
soddisfare le medesime esigenze e, nella maggior parte dei casi, a partire dalle
stesse lingue indoeuropee; ed essendo le premesse in buona parte coincidenti,
anche il loro sviluppo potrebbe aver seguito percorsi simili.
3.6. Le lingue artificiali
Alcuni idiomi sono stati creati consapevolmente dalluomo per scopi differenti. Sono
stati introdotti deliberatamente nelluso di una comunit di parlanti dopo essere
stati progettati da qualcuno che intendeva diffonderli quali strumenti di
comunicazione o utilizzarli, ad esempio, in opere di finzione, a fini di
sperimentazione linguistica e nella messa a punto di codici segreti. per questo
che, in riferimento a casi del genere, si parla di lingue costruite o artificiali. Si
effettua solitamente unulteriore distinzione tra:
-
Capitolo 4
e vennero stimolate iniziative culturali tese alla sua diffusione; il gaelico divent cos
lingua ufficiale (insieme allinglese) nellamministrazione dello Stato, lingua di
informazione, lingua di insegnamento e lingua di espressione della cultura.
Loperazione tuttavia non riusc a dare i risultati sperati. Il declino di quello che era un
idioma ormai tagliato fuori dalle esigenze pratiche di un sistema di vita profondamente
cambiato continuato.
Tra due aree limitrofe, la fascia di contatto non risulta quasi mai stabile nel tempo.
Qualora tra le due regioni ci siano scambi di prodotti, servizi, informazioni e persone,
la pressione del gruppo culturalmente, economicamente o politicamente pi forte nei
confronti di quello pi debole far sentire i suoi effetti. La zona di contatto bilingue.
Lesistenza di questa frangia bilingue un utile indicatore per lanalisi delle tendenze
profonde delletnia verso lespansione o lassorbimento. Per comprendere meglio gli
aspetti territoriali del fenomeno, pu essere utile riferirsi ad un modello elaborato da
Breton. Secondo tale modello, procedendo dal centro di una regione etnolinguistica (A)
verso il centro di unaltra regione etnolinguistica (B), possiamo osservare una serie di
aree con connotazioni linguistiche differenti. La prima larea delletnia A e in cui si
parla solo la lingua a (Aa); andando verso lesterno, per, ancora nella regione
delletnia A, ci saranno persone che hanno a come prima lingua, ma utilizzano anche
la vicina lingua b (frangia bilingue Aab). Proseguendo ancora, si incontrer una zona,
sempre di etnia A, dove invece la lingua b a prevalere, mentre a ha solo
unimportanza secondaria. Ancora pi allesterno, infine, ci sar unarea appartenente,
s, alletnia A, ma monolingue b (Ab), e quindi completamente allofona. Pi avanti
ancora ci sar larea delletnia B, con monolinguismo etnofono (Bb). Le fasi territoriali
del passaggio dalla lingua a alla b possono darci unidea del processo di
deculturazione delletnia A per effetto della maggiore influenza delletnia B (dal cui
punto di vista si pu invece parlare di acculturazione). Lincidenza di queste frange
bilingui possono dunque costituire un utile indicatore nella valutazione dei processi di
acculturazione e, quindi, del dinamismo e della forza dei diversi gruppi. Pur non
essendoci alcun fondamento teorico per affermare la superiorit di una lingua sulle
altre, giocoforza riconoscere che certe lingue coprono spazi enormi e sono adoperate
da un gran numero di persone, mentre altre hanno un utilizzo ben pi limitato e
circoscritto a determinate aree. Si tratta, il pi delle volte, di un problema di potere.
Qualora si miri invece alleliminazione di una lingua, il pi delle volte si comincia con
delle azioni indirette, cercando di esercitare sui suoi locutori una sorta di
condizionamento psicologico che li spinga a ritenere di livello inferiore quella che la
loro parlata originaria. Le altre misure possono variare: si va dal semplice rifiuto di
accettare testi e dichiarazioni che non siano redatti nellidioma ufficiale allesclusione
dai mass media della lingua che si vuole colpire, fino al formale divieto di adoperare
una lingua messa al bando e alla cancellazione di ogni riferimento culturale
etnolinguistico dal territorio. Nei casi, poi, in cui si giunga alla totale estinzione di una
parlata per effetto di una politica risolutamente repressiva si potr parlare di
linguicidio (lesempio storico pi noto quello relativo alla distruzione delle lingue
native americane durane la colonizzazione spagnola in quei territori).
Praticamente tutti gli Stati hanno una propria politica linguistica con cui si pu cercare
di favorire luso di una lingua a scapito di unaltra cos da ridurre le differenze,
facilitare il controllo politico e sociale ed esercitare il potere in modo meno conflittuale.
Al di l degli atteggiamenti maggiormente repressivi alcune societ non solo si sono
adattate alla pluralit linguistica, ma lhanno preservata e difesa: in Svizzera, ad
esempio, lo spirito democratico ha favorito la piena accettazione di tutte le diverse
forme di espressione ed il multilinguismo, ha rafforzato uno spirito di tolleranza basato
sul riconoscimento reciproco e gli scambi tra le diverse culture. Tant che la Svizzera
rimane lunico Paese plurilingue in Europa privo di tensioni interne derivanti dalla
competizione fra parlate differenti. In altri casi stato ben pi difficile trovare una
soluzione: il Belgio, ad esempio, ha impiegato oltre 130 anni per trasformarsi da
monolingue in bilingue. Qui la convivenza fra Fiamminghi parlanti neerlandese e
Valloni francofoni stata particolarmente problematica e sul confine interno che taglia
a met il Paese si giocata da subito pi di una volta lunit del regno. Come idioma
ufficiale del nuovo Stato nato nel 1830 venne adottato unicamente il francese, che
allora godeva di un prestigio nettamente superiore. Alla divisione tra le due comunit
corrispondeva, daltra parte, una situazione di altrettanto chiara differenziazione
economica. La questione linguistica si conferm, per, un conflitto a pi ampio spettro
con il boom economico degli anni cinquanta, quando il baricentro economico del Paese
si spost dalle industrie minerarie e tessili della Vallonia ai nuovi poli industriali delle
Fiandre, e leconomia vallona inizi a ristagnare. La situazione si aggrav fortemente a
partire dagli anni sessanta e minacci pi volte di sfasciare lo Stato. Consapevoli della
complessit del problema linguistico e delle sue ripercussioni sulla vita del Paese, nel
1962 i leader politici vararono le leggi Gilson con cui fu fatto il primo passo sulla strada
del federalismo; si stabil in via definitiva il confine linguistico tra le due comunit,
venne istituito il bilinguismo nei comuni della regione di Bruxelles, e fu regolato luso
dei diversi idiomi nellinsegnamento. Negli anni successivi il Paese si dato una
struttura federale e ha consacrato la divisione linguistica attraverso quella istituzionale
e legislativa. Da allora il Belgio divenuto, pi che uno Stato bilingue, uno Stato con
due lingue contrapposte; soltanto Bruxelles luogo in cui effettivamente francese e
neerlandese si incontrano in un reale bilinguismo.
Anche nei casi in cui si provato a trovare una soluzione adeguata al problema,
tuttavia, talvolta le situazioni sono esplose drammaticamente. Si pensi allex Unione
Sovietica: la suddivisione principale sancita nella Costituzione riconosceva quindici
Repubbliche Socialiste, in molte delle quali si trovavano pi gruppi etnolinguistici
differenti che, in base al loro grado di sviluppo, godevano di una maggiore o minore
autonomia; lo Stato sovietico riusc a mantenere il controllo della situazione, ma con il
suo collasso le rivalit sopite per decenni sono esplose.
4.4. La tutela delle lingue minori
Anche relativamente ai rapporti tra maggioranza e minoranze linguistiche le politiche
degli Stati si presentano alquanto differenziate. Certi ordinamenti si limitano ad
assumere nei confronti dei fenomeni minoritari un atteggiamento di mera tolleranza.
Altri oscillano tra la considerazione delle espressioni linguistiche minoritarie come beni
culturali ed il riconoscimento dellidioma come elemento distintivo di un certo gruppo
sociale. Entro gli stessi confini nazionali, daltra parte, regimi giuridici differenziati
vengono talvolta predisposti per gli appartenenti ad un medesimo gruppo linguistico. Il
governo francese, ad esempio, ha riconosciuto alcuni diritti alla minoranza
germanofona dellAlsazia e della Lorena. Non un caso: lesistenza, al di l del
confine, di un grande e potente Stato di lingua tedesca ha infatti indotto la Francia a
concedere un maggior grado di libert linguistica a questi abitanti, cos da trovare pi
ampia legittimazione presso di loro attraverso una politica di apertura. Anche la scelta
di designare come ufficiale pi di un idioma, comunque, non sempre soddisfa le
ambizioni di comunit linguisticamente distinte. Oltretutto, la percezione del declino
della propria lingua pu rappresentare un vero e proprio trauma per la comunit etnica
del cui patrimonio culturale essa fa parte. Ogni lingua un insieme unico di parole,
suoni e architettura grammaticale; un insieme che anche una visione del mondo
originale. La conservazione della diversit linguistica fondamentale perch il
linguaggio lessenza stessa di ci che vuol dire essere umani; la lingua racchiude
in s la maggior parte della storia di una comunit e buona parte della sua identit e
costituisce il principale strumento di trasmissione della cultura. Il problema, da alcuni
anni a questa parte, notevolmente sentito. La lingua svolge un indubbio ruolo di
aggregazione allinterno dei gruppi umani, tant che laffermazione dellideologia
nazionalistica condusse alla sua esaltazione in quanto fattore unificante della nazione
e al declassamento degli altri idiomi eventualmente presenti nello stesso contesto. A
partire dal secondo dopoguerra, per, la sostituzione del principio delle nazionalit con
un altro principio, di tipo pluralistico, ha gradualmente influenzato le politiche
linguistiche degli Stati. Utili indicazioni in proposito possono giungere dalla Carta delle
Capitolo 5
Genesi e distribuzione geografica delle lingue
5.1. Famiglie di lingue
Per identificare e raggruppare le migliaia di parlate esistenti opportuno analizzare la
struttura particolare di ciascuna di esse e compararla con quella delle altre, vicine e
lontane. Varie sono le classificazioni adottate negli anni dagli studiosi, che basandosi
ora sulla morfologia, ora sulla sintassi, ora su altri criteri hanno suddiviso le lingue in
grandi categorie; da un punto di vista geografico, per, nessuna di tali classificazioni
risulta particolarmente interessante. Lunica a presentare un certo interessa anche per
la Geografia la classificazione fondata sul criterio cosidetto genealogico. Secondo
tale criterio, nel panorama mondiale possono essere distinti vari gruppi di lingue,
caratterizzati da un elemento: i vari idiomi che ne fanno parte si assomigliano tra di
loro in quanto tutti discendenti da un medesimo idioma originario ormai estinto. In una
famiglia linguistica rientrano, pertanto, pi lingue accomunate da certi caratteri e
legate da una stessa evoluzione. Considerate da questo punto di vista, allora, le lingue
possono essere pensate come le fasi attuali di un idioma originario scomparso; il
tempo che passato, per, le ha rese diverse luna dallaltra e reciprocamente ben
poco comprensibili.
Il criterio genealogico era stato gi intuito da Leibnitz ma solo nel corso del XIX secolo
stato precisato dalla linguistica storico-comparativa. Prima con la teoria dellalbero di
August Schleicher, poi con lavvento, allinizio del Novecento, della glottocronologia (o
lessicostatistica), si sono presi ad analizzare i cambiamenti che avvengono nel
vocabolario delle lingue, e lo studio delle radici lessicali cos sviluppatosi ha consentito
di comparare centinaia di vocaboli di ogni famiglia. La scoperta delle famiglie
linguistiche ha cos permesso di ragionare sulle evoluzioni passate, ripercorrendo il
cammino del linguaggio lungo i millenni che hanno preceduto lavvento della scrittura,
e di legare il fenomeno linguistico al popolamento della superficie terrestre.
Alcune analogie lessicali e grammaticali consentono di riconoscere le relazioni tra le
famiglie linguistiche: tracciando determinate costanti fonetiche delle diverse lingue nel
corso del tempo, gli studiosi sono in grado di ricostruire le forme arcaiche di una
parola, fino a poter stabilire la matrice originaria di un termine prima che questa fosse
sottoposta ad una serie di processi di alterazione e divergenza. Questa forma primitiva
della lingua viene definita protolingua. In quasi tutta larea dellex impero romano
facile riscontrare come siano in uso una serie di idiomi tra loro somiglianti che
presentano altrettante affinit col latino; nel caso di queste lingue (cosidette romanze)
tale capostipite chiaramente identificabile nel latino. Una volta interrottasi, con la
caduta dellimpero romano, la continuit dei territori europei, alcune varianti regionali
andarono sviluppandosi autonomamente, emergendo nei secoli successivi come
singole lingue. Per altre famiglie, invece, risulta pi difficile tracciare con chiarezza
simili relazioni tra termini riconducibili alle medesime radici proto linguistiche: le
lingue appartenenti al gruppo germanico ad esempio (distinte in settore orientale,
settentrionale ed occidentale) derivano da una protolingua poco nota, e che non ha
lasciato praticamente alcuna documentazione scritta. Cos anche per il polacco, il
russo, il serbo-croato e le altre lingue che costituiscono il gruppo slavo mancano
documenti scritti relativi ad un supposto paleoslavo. Anche tra le lingue di questi
del
Negli anni ottanta, in particolare, alcuni linguisti hanno proposto una spiegazione
alternativa tanto rispetto ai percorsi seguiti quanto per le modalit, sostenendo che ad
espandersi, pi che le popolazioni, siano state le tecniche, per apprendimento. A
propagare il protoindoeuropeo sarebbe stata la diffusione dellagricoltura, e per questo
motivo larea dorigine dellantica lingua non avrebbe potuto corrispondere a quelle
zone della Russia e dellUcraina il cui modo di vita dominante era la pastorizia. Poich,
daltra parte, nel lessico del protoindoeuropeo poche erano le parole indicanti le
pianure, mentre ben pi numerose risultavano quelle riferite alle montagne, vallate,
torrenti e rapide, lipotesi che sembrava pi plausibile era che il centro dorigine si
trovasse in corrispondenza delle terre collinari e montuose, ben irrigate, dellaltopiano
anatolico e della vicina catena del Caucaso. I ritrovamenti archeologici indicavano che
in quei luoghi tra 7000 e 9000 anni fa era stato addomesticato il cavallo ed era entrata
in uso la ruota; dallaccresciuta produzione agricola sembra poi sia derivato un forte
aumento demografico di questi Indoeuropei, che migrarono in pi direzioni.
separazione fra due gruppi produce una differenziazione sia genetica che linguistica.
Ma anche altri fattori possono causare effetti simili su entrambi i tipi di evoluzione:
dimensioni demografiche limitate, favoriscono una differenziazione genetica pi
veloce e potrebbero avere il medesimo effetto sulle lingue, lo scambio migratorio tra
due popolazioni favorisce sia gli scambi genetici che quelli linguistici.
Capitolo 6
La variet linguistica dellItalia
6.1. La frammentazione linguistica dellEuropa
Dal punto di vista dellappartenenza alle diverse famiglie la carta linguistica
dellEuropa evidenzia la netta prevalenza dellinsieme indoeuropeo. Ciascuna delle
lingue facenti parte di questa famiglia presenta alcune caratteristiche proprie e alcune
condivise con le altre. Due sono i fattori che storicamente hanno contribuito a
determinare la frammentazione linguistica europea. In primo luogo, le caratteristiche
fisiche di questarea geografica: le catene montuose, le vaste distese pianeggianti, le
valli fluviali, larticolazione delle coste, la variet dei climi e dei suoli, hanno finito col
disegnare una serie di ambienti con attitudini insediative e produttive differenti,
contribuendo a definire anche alcuni dei tratti culturali di coloro che in quegli ambienti
vivevano. Le ricerche di Geografia storica hanno mostrato come la frammentazione
possa essere ricondotta allestendersi graduale sul territorio di un popolamento dal
dinamismo accentuato, legato al sovrapporsi e allaffiancarsi di genti diverse per
origine, cultura, generi di vita. Allinterno delle pi ampie regioni linguistiche, dunque,
le popolazioni europee sono andate lentamente differenziandosi, e nel tempo i gruppi
pi forti e compatti sono riusciti a dar vita ad entit politiche ben caratterizzate dal
punto di vista culturale e linguistico. Dalla fine del XIX secolo,lEuropa degli Stati
nazionali, si presenta come linsieme di pi entit politiche ove il pi delle volte netta
la supremazia di un idioma, ma sul cui territorio sono insediati altres gruppi linguistici
minori. Pur potendosi riscontrare, allora, in vari casi una certa coincidenza tra lingua e
cultura, ci che emerge ad una pi attenta osservazione che il mosaico delle unit
etnolinguistiche coincide solo in parte col quadro politico-amministrativo; stato
proprio questo ad alimentare, nel corso del tempo, tutta una serie di contestazioni e
rivendicazioni. Bench molte siano le lingue parlate nei Paesi che compongono lo
spazio europeo, soltanto alcuni Stati ammettono ufficialmente il plurilinguismo; gli altri
si dichiarano monolingui pur non riconoscendo, talvolta, la presenza sul loro territorio
di comunit alloglotte cui concedono una qualche forma di tutela. La presenza di un
numero elevato di idiomi differenti costituisce inevitabilmente una difficolt nei
rapporti internazionali.
In effetti, non si possono capire le ragioni per cui i dibattiti sulle questioni linguistiche
sono cos spesso controversi se non si tiene conto della natura complessa delle lingue.
Oltre, infatti, a consentire la trasmissione delle informazioni (funzione comunicativa),
le lingue svolgono anche una funzione simbolica, associata a certi elementi politici e
culturali (ad esempio il senso di identit nazionale). Le due funzioni si combinano ed
assumono importanza in rapporto a determinati fattori (giuridici, politici, culturali,
economici, funzionari), e gli attori coinvolti possono decidere se privilegiare questa o
quella variabile, dando vita a modelli diversi di regime linguistico. Prendiamo il caso
degli aspetti giuridici legati al problema della gestione del multilinguismo europeo. A
tal proposito, lUnione Europea ha sempre ritenuto che tutti i testi nelle varie lingue
facciano fede in ugual misura: per questo motivo i trattati sono redatti in tutte le
lingue, e lo stesso vale per la Gazzetta Ufficiale, i regolamenti e gli altri testi di portata
generale. Ma il multilinguismo ritenuto necessario anche per garantire un pieno
esercizio dei diritti dei singoli. Le ragioni giuridiche, per, non sono sufficienti a
spiegare perch largomento sia cos delicato. Si deve tener conto, infatti, anche di
alcune variabili politiche, relative alluguale trattamento dei rappresentanti. Ci sono
delle istituzioni e degli organi in cui vi un effettivo uso di tutte le lingue ufficiali come
lingue di lavoro. In alcune istituzioni tuttavia il numero delle lingue di lavoro varia da
una ad un massimo di cinque o sei. Qui, in sostanza, hanno prevalso esigenze
funzionali e di contenimento dei costi, ed il risultato stato quello di limitare luso
delle lingue di lavoro, richiedendo ai singoli elevate competenze linguistiche.
Lallargamento delle competenze dellUnione, le nuove esigenze derivanti
dallaccelerata globalizzazione e dallincremento dei flussi migratori hanno
accresciuto, nel corso degli anni, limportanza della questione linguistica. Il
multilinguismo (sia individuale che istituzionale) divenuto un elemento chiave anche
per vivere e lavorare nella societ della conoscenza e dellinformazione.
sardo;
friulano;
occitano;
francoprovenzale;
ladino dolomitico.
SARDO
Tra le minoranze linguistiche presenti in Italia, la pi consistente quella sardo fona.
Ritenuto da molti studiosi la pi conservativa delle lingue derivanti dal latino, il sardo
in realt costituito da una serie di dialetti raggruppati in due insiemi principali: campi
danese e logudorese-nuorese. Le due variet presentano notevoli differenze fonetiche
e lessicali ma allinterno di ciascun gruppo, comunque, il sardo risulta reciprocamente
comprensibile. Linsularit ha chiaramente favorito il conservarsi di numerosi
arcaismo: il vocabolario sardo mantiene non solo termini latini altrove scomparsi, ma
anche termini che risalgono con buona probabilit a strati linguistici pre-latini.
Questultima tendenza stata in qualche misura compensata dallinflusso delle lingue
di prestigio qui susseguitesi nel corso dei secoli. Entrata prima nellorbita di Pisa e
Genova, governata poi da Catalani e Spagnoli, e assegnata ancora ai Savoia, la
Sardegna non rimase sempre isolata, anzi: la sua posizione strategica attrasse fin dai
tempi antichi gli interessi stranieri dando origine anche ad un avvicendarsi di
dominazioni straniere. Parlato in quasi tutta la Sardegna, il sardo dal 1997 lingua
ufficiale della Sardegna, in regime di co-ufficialit con litaliano. A partire dagli anni
sessanta, per, con la sempre maggiore diffusione dei mezzi di comunicazione di
massa, unita allinsegnamento obbligatorio della lingua italiana, il sardo andato a
mano a mano perdendo locutori a vantaggio dellitaliano che costituisce un chiaro
simbolo di progresso sociale e di crescita culturale. Nellitaliano in sostanza si
individuato lo strumento per superare le vecchie strutture agropastorali. Continuando,
comunque, buona parte della popolazione ad utilizzare il sardo nella comunicazione
quotidiana, la Regione Sardegna, tenuto conto della presenza dei due gruppi dialettali
distinti, ha recentemente dato compito ad una commissione di esperti di elaborare una
proposta di standardizzazione, avviando i progetti di una Limba Sarda Unificada e di
una Limba Sarda Comuna. Se la prima non apparsa risolutiva ed , anzi, stata
criticata per la sua artificiosit, la seconda, ponendosi lessicalmente e foneticamente
come variet intermedia tra logudorese e campidanese, ha ottenuto invece un
riconoscimento dallamministrazione regionale, che nel 2006 lha adottata in via
sperimentale per gli atti e i documenti da essa emessi.
FRIULANO
Simile a quella del sardo, per certi aspetti, la situazione del friulano, lingua
appartenente al gruppo retoromanzo o ladino della famiglia neolatina parlata da circa
5/600.000 persone nel cosiddetto Friuli storico. La posizione arginale del proprio
territorio rispetto ai confini recenti dellItalia ha contribuito a dare ai Friulani quella
particolare fisionomia culturale che alla base della loro autonomia etnica. Quattro
sono i grandi gruppi dialettali del friulano che possibile identificare: il tipo centrale,
parlato in gran parte della provincia di Udine; quello carnico; il goriziano e il tipo
occidentale. Bench lopinione pubblica friulana avesse cominciato a chiedere una
certa autonomia per la propria regione gi subito dopo la Seconda guerra mondiale, fu
solo nella seconda met degli anni sessanta che lautonomismo friulano si svilupp
appieno e lallora fondato Movimento Friuli manifest espressamente la necessit di
modalit specifiche di difesa della cultura degli abitanti di questarea, riunita a territori
vissuti come storicamente e geograficamente estranei. Nel tempo, comunque, anche
la minoranza friulana ha saputo dotarsi di valide strutture per affermare la propria
particolarit (si pensi alla Societ filologica friulana o allOsservatorio regionale della
lingua e della cultura friulane); e, nonostante i problemi, la sua cultura rimasta una
delle pi vive in Italia.
OCCITANO
Loccitano presente, oltre che nel sud della Francia, anche in Piemonte e Calabria.
Mentre, per, in Francia tale lingua non gode di alcuna forma di riconoscimento o
autonomia, nel nostro Paese essa, con circa 50.000 locutori, lingua minoritaria
tutelata dalla legge. In un territorio la cui economia ha risentito fortemente
dellindustrializzazione della pianura piemontese e dei fondovalle, osserva Telmon, e in
una condizione in il bi o plurilinguismo hanno sempre rappresentato la normalit, le
parlate occitaniche sono venute assumendo il rango di codice della quotidianit pi
informale. Di tale situazione pressoch totale la coscienza degli stessi locutori, tant
che da parte degli stessi movimenti autonomisti questa consapevolezza si riflette
spesso in propositi di prospettive bi o plurilingui che in programmi di ritorno al
monolinguismo. Numerose sono state e restano le iniziative portate avanti da gruppi
di cultori e associazioni attivi nella valorizzazione delle tradizioni, ma spesso tali
specificit sono state utilizzate pi come fattori di richiamo turistico che non quali
elementi attorno a cui realizzare un effettivo recupero del patrimonio culturale e
linguistico locale.
FRANCO PROVENZALE
Parlato sia in Francia che nella Svizzera francese e in Italia il francoprovenzale (o
arpitano). Le valli piemontesi e valdostane conservano ancora luso quotidiano della
parlata; in Francia e in Svizzera, invece, il francese lha progressivamente soppiantata,
anche perch ai suoi locutori mancata la coscienza di costituire un gruppo a s. Se
per ci che concerne la Valle dAosta tale territorio corrisponde, in linea di massima,
con quello regionale, pur vero che la sua diffusione non appare uniforme. Numerose
sono, comunque, le iniziative di valorizzazione portate avanti da centri e associazioni
che cercano di promuovere il patrimonio culturale locale. Nella presa di coscienza dei
diversi gruppi francoprovenzali sembra infatti potersi individuare pi una regia esterna
rispetto al reale vissuto delle comunit che non la concreta condivisione di un comune
percorso teso alla riappropriazione (o allinvenzione) di tale identit.
LADINO
Infine la minoranza linguistica ladina. Sviluppatosi a partire dalla romanizzazione delle
Alpi, il ladino dolomitico oggi parlato da circa 30.000 persone; riconosciuto come
lingua minoritaria dallo Stato italiano, viene tutelato con diverse norme nelle province
di Bolzano e Trento.
6.2.2. Colonie linguistiche
Il secondo gruppo che possiamo individuare allinterno del quadro nazionale
composto da quelle comunit che, insediatesi in ambiti spaziali circoscritti, hanno
mantenuto la loro identit culturale bench immerse in un contesto differente. Si
tratta di piccoli gruppi che parlano lingue appartenenti a famiglie diverse.
CATALANO
Ad Alghero, circa 18.000 persone parlano Catalano. Le origini di questisola linguistica
possono essere fatte risalire allinizio del XIV secolo, ovvero agli anni in cui Alghero fu
conquistata dagli Aragonesi. Passata la Sardegna sotto la dominazione castigliana e
successivamente entrata lisola a far parte del regno sabaudo, Alghero resistette ai
cambiamenti e mantenne i contatti con la Catalogna, riuscendo probabilmente a
conservare la sua parlata proprio perch fu lunica localit sarda la cui popolazione era
integralmente o in maggioranza catalana. Distante fisicamente dalla madrepatria, il
catalano di Alghero se ne distingue tanto per arcaicit quanto per aver subito gli
influssi del castigliano e del sardo prima e dellitaliano poi.
TABARCHINO
Sempre in Sardegna circa 10.000 persone parlano abitualmente il tabarchino. Nella
prima met del XVIII secolo un cospicuo gruppo di Tabarchini cerc asilo altrove dalla
Tunisia, accogliendo linvito di Carlo Emanuele III di Savoia a contribuire al
ripopolamento di alcune terre sarde allora disabitate. Si stabilirono cos dapprima
nellisola di San Pietro e quindi, trentanni
pi tardi, a Calasetta. Essi hanno
conservato un uso molto ampio della parlata, tant che limpiego del tabarchino da
sempre tratto tipico delle consuetudini linguistiche della popolazione e anche, caso
unico nel contesto delle minoranze linguistiche presenti in Italia, presso le generazioni
pi giovani. Il tabarchino per ignorato dalla legislazione nazionale pertanto i suoi
locutori non sono considerati dallo Stato italiano come costituenti una minoranza
linguistica.
WALSER
Permeabili allingresso di piccole comunit germanofone sono state poi, in pi
momenti storici, le Alpi. I Walser, ad esempio, sono una popolazione parlante un
dialetto germanico. Questi gruppi sono riusciti a mantenere la memoria delle proprie
origini e certi caratteri culturali e linguistici peculiari. Numerosi sono stati i progetti di
recupero e valorizzazione di questo antico idioma portati avanti negli ultimi anni.
MOCHENA
Minoranza dalla storia travagliata, quella mchena, oggi riconosciuta dallo Stato
italiano ed interessata dalle norme di tutela e promozione del Trentino Alto Adige, e
conta poco pi di 2.000 locutori.
CIMBRO
Altri gruppi parlanti un dialetto bavarese arcaico, il cimbro, si stabilirono prima nel
Trentino e quindi sullaltopiano di Asiago. Il loro arrivo non fu casuale: essi vennero
espressamente chiamati dai vescovi del tempo per ripopolare aree quasi del tutto
abbandonate in seguito a guerre ed epidemie.
GERMANOFONA
Nel Veneto unisola linguistica germanofona poi presente a Sappada, comune della
provincia di Belluno. Il dialetto di Sappada spesso, in virt dei suoi caratteri peculiari,
oggetto di studi e di iniziative culturali, e negli ultimi anni stato al centro anche di
svariati progetti di valorizzazione in ambito scolastico.
CROATA, GRECO, ALBANESE
Per ci che riguarda, poi, lItalia meridionale, non si possono non considerare quelle
colonie di lingua croata, greca e albanese, nate anchesse dal trasferimento in nuovi
contesti di collettivit in grado di tenere in vita le proprie caratteristiche culturali. Due
sono le aree dellItalia meridionale dove tuttora risiedono comunit di lingua greca: il
Salento e la Bovesa, in Calabria. Assai dibattuta la questione relativa allorigine di
queste popolazioni grecofone, discendenti, secondo alcuni studiosi, dagli antichi coloni
della Magna Grecia o frutto, secondo altri, delle pi recenti colonizzazioni di epoca
bizantina. Questo il nucleo alloglotto pi antico tra quelli immigrati in Italia.
Sviluppatisi autonomamente rispetto al greco moderno e subendo in misura
consistente linfluenza delle vicine parlate neolatine, i dialetti grecanici dellItalia
meridionale hanno per perso via via locutori. Ben pi consistente invece la
componente di lingua albanese: in tutto circa 100.000 persone disseminate in una
serie di comunit.
6.2.3. Lingue di minoranze nazionali
Del terzo grande insieme individuabile fanno infine parte quelle lingue minoritarie che,
in regime di co-ufficialit con litaliano, rimandano ad altrettante minoranze nazionali
che hanno i propri riferimenti culturali e politici al di l dei nostri confini. Rispetto alle
altre tipologie minoritarie, queste lingue (tedesco, sloveno e francese) presentano
proprie caratteristiche peculiari e, proprio in quanto parlate da gruppi il cui nucleo
centrale nazionale situato oltre i confini dello Stato italiano, risultano tutelate da
accordi di diritto internazionale. La minoranza che ha ottenuto a livello legislativo,
nellambito dello Stato italiano, il riconoscimento del maggior numero di prerogative
sicuramente quella di lingua tedesca della provincia di Bolzano. La minoranza slovena
in Italia composta da circa 61.000 persone, concentrate nella provincia di Trieste e
nella parte orientale delle province di Gorizia e Udine. La terza lingua minoritaria che,
in regime di co-ufficialit con litaliano, corrisponde ad una minoranza nazionale che
ha i suoi riferimenti culturali e politici in un altro Paese il francese della Valle dAosta.
Pur essendo la Valle dAosta ufficialmente bilingue e pur continuando il francese, in un
certo senso, ad essere il simbolo dellautonomia della regione, nella realt il
francoprovenzale ad essere ancora usato e diffuso nei piccoli centri e nelle valli
laterali, rimanendo la lingua effettivamente parlata da molti valdostani, ed litaliano
ad aver soppiantato nelluso il francese.
6.3. La tutela delle lingue minoritarie
Nel 1919 nellambito dei lavori della Societ delle Nazioni, per la prima volta venne
fatto espressamente riferimento alle minoranze di nazionalit e razza in un passaggio
del secondo progetto Wilson e fu avviato in quelloccasione un programma di tutela
delle minoranze nazionali presenti negli Stati di nuova formazione o allinterno dei
nuovi confini di Stati gi esistenti. Per ci che riguarda lItalia, invece, il problema della
tutela delle realt alloglotte presenti sul territorio nazionale si posto pi di recente:
solo nel corso del secondo dopoguerra, durante i lavori dellAssemblea costituente,
infatti, si cominci ad ammettere che anche le espressioni delle culture locali diverse
da quelle ufficiali andassero, in una qualche misura, valorizzate. Il processo di
unificazione nazionale, daltra parte, era avvenuto allinsegna del nazionalismo.
Quando, perci, il primo censimento del Regno dItalia, nel 1861, rivel che meno di un
decimo degli abitanti del nuovo Stato parlava italiano, si pens che fosse possibile
fondere in un insieme coerente tutti i cittadini mediante leliminazione delle parlate
locali. La prima norma di portata generale a prendere in considerazione largomento fu
larticolo 6 della Costituzione, con cui la Repubblica riconosceva la necessit di
tutelare con apposite leggi le minoranze linguistiche. Ad ogni modo, ad una riflessione
pi generale sul problema si arrivati solo di recente, e si giunti ad una soluzione
legislativa solo dopo un percorso difficile e lento, durato circa ventanni. La legge
482/1999 lunica ad aver fissato regole generali, valide su tutto il territorio italiano,
relativamente ad una serie di situazioni che vengono ritenute meritevoli di specifiche
forme di valorizzazione. Nellarticolo 2 di tale legge, infatti, si fa riferimento alla tutela
della lingua e della cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche,
slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il
ladino, loccitano e il sardo. Dodici sono, dunque, le minoranze linguistiche storiche
cui il testo fa riferimento. In sostanza, ricorda ancora Toso, quello che accaduto che
lelencazione delle lingue ammesse a tutela ha finito con lincoraggiare un principio di
auto identificazione, portando, laddove se ne sono percepiti i vantaggi economici,
allinopportuna dilatazione di aree linguistiche minoritarie o allinattesa rinascita di
identit linguistiche allinterno di comunit presso le quali le variet alloglotte erano
ormai gi da tempo scomparse. Quanto contenuto nella 482/1999 non si rivelato,
dunque, garanzia di pieno riconoscimento del diritto di eguaglianza. LItalia, nei
confronti delle lingue minoritarie, ha spesso scelto la strada peggiore, elargendo da un
lato, nellintento di rendere pi malleabile chi aveva di fronte, provvidenze