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FILIPPO PISTOCCHI

POTENZIALIT E RISCHI DELLECOTURISMO IN AFRICA OCCIDENTALE. LA NATURA COME SISTEMA CULTURALE1


Protezione della natura, sviluppo locale e turismo: una lettura geografica

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Nel corso del tempo e trasversalmente alle comunit umane che vi hanno abitato, dellAfrica si sono sedimentate e sono giunte fino a noi varie immagini. Cos, abbiamo elaborato lidea dellAfrica scoperta, dellAfrica colonizzata, dellAfrica decolonizzata, dellAfrica turistica, dellAfrica della povert e delle guerre. Quante e quali sono, effettivamente, queste Afriche? E che cosa significa, oggi, visitare, scoprire e conoscere questo grande continente? Una cosa certa: lAfrica, cos come emersa dalle categorizzazioni appena proposte, non vittima di fissit culturale n di immobilismo socio-politico-economico; al contrario, sta vivendo un veloce processo di cambiamento, che interessa il complesso sistema della territorialit intesa nelle sue strutture sia urbane, sia rurali, sia naturali. I dati lo confermano: ormai la popolazione urbana (che abita soprattutto nelle grandi citt) ha superato quella rurale; investitori stranieri stanno finanziando la costruzione di importanti infrastrutture; la cultura sta evolvendo, adattandosi alle richieste e agli stimoli di una veloce globalizzazione Questo elenco sembrerebbe rinnegare le tradizionali immagini delle Afriche, che per sono ancora individuabili in una dimensione sia esterna, sia interna al continente: nel primo caso, proprio su queste che si deve pensare di portare avanti progetti e programmi per lo sviluppo (culto, tutela, promozione delle risorse territoriali, in termini di elementi naturali e strutture spaziali antropizzate); nel secondo caso, queste forme di sviluppo e globalizzazione stanno ancora facendo i conti con una tradizione radicata in un sistema culturale dove miti, leggende e antenati svolgono un importante ruolo identitario e coesivo (il passato rivive nel presente rurale e boschivo grazie alla presenza degli spiriti dei morti e attraverso una ritualit quotidiana, allo scopo di dare valore ontologico e territoriale allinsediamento e alla relazione uomo-ambiente).

Contributo esposto in occasione del Convegno Ecoturismo, moltiplicatore di sviluppo Roma, 12.07.2013, organizzato dal Committee for Ecotourism Development (C4ED).

proprio fra queste due dimensioni che possiamo collocare lidea e il progetto dellecoturismo, inteso come salvaguardia della natura e come sostegno alle popolazioni locali. Esso viene definito come un growing niche market within the larger travel industry, with the potential of being an important sustainable development tool. [] it frequently operates quite differently than other segments of the tourism industry, because ecotourism is defined by its sustainable development results: conserving natural areas, educating visitors about sustainability, and benefiting local people (Wood, 2002, p. 7). Per lAfrica, questo turismo, acclamato dallOccidente come una delle migliori forme di turismo ambientale e naturalistico eticamente sostenibile, associa lidea di una natura da preservare e di una popolazione da aiutare; presuppone cio un ambiente sicuramente danneggiato (dallintervento delluomo o a seguito di disastri naturali) e la presenza di gruppi di persone povere che, non avendo scoperto le ulteriori potenzialit della natura rispetto a quelle che gi conoscono per il proprio sostentamento, hanno bisogno di essere coinvolte in piani di sviluppo pi strutturato e fattivi. Anche in questo caso, si rischia di cadere nella trappola degli stereotipi e dei luoghi comuni: la natura, in Africa occidentale, assume un significato complesso, che travalica la sfera biotica e che oltrepassa i bisogni umani, poich ingloba la forza spirituale, legittima i processi di territorializzazione e influenza le dinamiche di incontro/scontro fra popoli. Per tali ragioni, bisogna chiedersi se oggi sia possibile fare ovunque dellecoturismo, e se questo possa essere la risposta pi concreta allo sviluppo integrale dei popoli africani, per lo meno nellarea geografica presa in esame. Per non sbagliare, penso che sia fondamentale accompagnare questa domanda con una pi generale e complessiva. necessario cio chiedersi di che cosa ha bisogno veramente lAfrica, che cosa manca realmente allAfrica. LAfrica, ne sono convinto, non ha bisogno di novit ma di rinnovamento, non di rinascere, ma di svegliarsi (Dessinga, 2013, pp. 33 e 68). Senza dimenticare, infine, che il 70% della popolazione africana giovane (sotto i 30 anni) e quindi, anche se spesso in maniera indiretta e passiva, vive il mondo globalizzato con le sue sfide e le sue potenzialit, con limmediatezza dei processi culturali ed economici che regolano le relazioni sociali e politiche e con le illusioni e le speranzose progettualit di un cambiamento, che deve coniugare integralmente protezione ambientale, promozione umana e sviluppo economico.

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Dicotomia urbano/rurale nei paesi in via di sviluppo Uno dei fenomeni geografici sicuramente pi macroscopici in Africa occidentale il forte processo di urbanizzazione, che si manifesta con dinamiche e direttrici abbastanza prevedibili: soprattutto i giovani lasciano gli insediamenti periferici e/o interni per andarsene verso la grande citt, generalmente posizionata lungo la costa e che espressione di una centralit geografica intesa non necessariamente in termini fisici, ma globali (Fig. 1). La dinamica demografica qui presentata segue e d le coordinate di quello che possiamo definire dualismo urbano: da una parte citt capitali e commerciali costiere (di tradizionale fondazione coloniale), dallaltra centri rurali, industriali, commerciali dellentroterra, generalmente evolutisi seguendo un processo storico pi complesso e antico.

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Fig. 1 Urbanizzazione in Africa occidentale (2010-2025) Fonte: Gamberoni, Pistocchi, 2013, p. 151

Queste impennate demografiche difficilmente controllabili causano, allinterno di ogni centro urbano, non solo segregazione sociale o spaesamento, ma anche crescita disordinata del costruito urbano, perch, a seguito della immediata necessit di 3

accogliere flussi demografici di grande portata, la superficie [urbana] aumenta senza che vengano progettati piani di intervento volti a garantire alla (nuova) cittadinanza/utenza i servizi di base (assi di collegamento, reti fognarie, canalizzazioni, condotte idriche, reti elettriche, ambulatori, ospedali, scuole ecc.). Eppure, sono proprio le capitali gli insediamenti che concentrano il maggior numero delle attivit terziarie e che vengono scelte come sedi delle istituzioni culturali e dei servizi ospedalieri (Gamberoni, Pistocchi, 2013, pp. 150-151). Accanto poi alla dicotomia urbano/rurale, viene a enfatizzarsi, fenomeno peraltro tipico della maggior parte delle regioni povere della Terra, la distanza fra gli ambienti/quartieri urbani globali, quelli cio che si identificano con la citt internazionale delle banche e degli uffici, e il resto del tessuto urbano, che si presenta differenziato per una svariata serie di ragioni, riconducibili ai diversi modi di vivere e alle numerose attivit della popolazione: esse coprono un ampio spettro, dallagricoltura, al terziario, alle attivit di trasformazione di tipo informale. Si possono trovare grattacieli, sedi di banche, edifici bassi in zone ad alta densit abitativa. Allo stesso modo, questa evidente frammentazione si esplicita anche nelle attivit economiche, tanto da farci parlare di un netto dualismo del commercio: a fianco dei negozi di tipo occidentale proliferano i mercatini di bancarelle allaperto e i mestieri minuti (portatori, lustrascarpe, venditori di noccioline). [Ne corrisponde] una netta contrapposizione sociale: da una parte sta la classe dirigente, quasi del tutto integrata nel mondo economico contemporaneo, la quale ha adottato i modelli occidentali, vive in case confortevoli, partecipa ai circuiti del commercio e dei servizi godendo di un elevato livello di vita; dallaltra parte sta il resto della popolazione a livelli di integrazione pi bassi gi gi fino ai gruppi emarginati, ridotti a una vita di miseria (Cencini e Dagradi, 2003, p. 320). La citt dellAfrica occidentale pu essere vista come un arcipelago di citt minori, fra loro giustapposte, intrecciate e talvolta contrapposte, a seguito di complesse manifestazioni territoriali, diacroniche e al contempo sincroniche. Alcune aree urbane, per esempio, quelle che si appoggiano solo fisicamente ai quartieri centrali pi vibranti, sono abitate da persone che hanno lasciato definitivamente le regioni periferiche rurali, da profughi di guerra o da rifugiati provenienti dai paesi confinanti. Proprio per la loro origine geo-antropologica, sono fatte di insediamenti posticci e provvisori, fruiti dalle frange pi deboli ed emarginate della popolazione, sprovviste degli strumenti e delle capacit di integrarsi: probabilmente non diventeranno abitanti, 4

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e rimarranno per certi versi solo abitatori/fruitori di quelle aree periferiche. La citt, sebbene non riesca ad assorbire completamente la forza lavoro che proviene da fuori, genera comunque attrazione di masse dalla campagna circostante. Queste vaste aree, ai limiti dei centri decisionali e politici, sono variamente definite bidonville, slum o, pi genericamente, ghetti, e sono caratterizzate da forme di esclusione. Costituiscono lossatura della citt, nuda perch priva dei servizi di base, ma ricca di straniamento, violenza e malvivenza, che col tempo e con lesperienza tende a solidificarsi, legittimandosi socialmente e spazialmente (Agier, 1999; Balbo, 1999; Cattedra e Memoli, 1995; Gamberoni e Pistocchi, 2013; Pistocchi, 2009b). Nonostante ci, sono queste che si ingigantiscono, mentre le campagne e le foreste subiscono un costante e progressivo processo di spopolamento. Ci significa che le prime aumentano il numero della forza lavoro e si arricchiscono di capitale umano, le seconde tendono ad impoverirsi. Quando un territorio perde parte dei suoi membri, soprattutto giovani, non progredisce e rimane legato a pratiche desuete e poco rispondenti alle necessit di uneconomia e di una societ in continua trasformazione; inoltre, si priva di risorse. In casi di questo tipo la campagna, abbandonata, pu subire processi di desertificazione nelle zone aride, oppure pu essere ricoperta da una vegetazione spontanea selvaggia. Allo stesso modo, le foreste, da sempre in simbiotico equilibrio con le comunit locali, con labbandono non hanno pi chi ne controlli lampliamento e le curi. Gli ecosistemi, quindi, vengono danneggiati non solo nei casi pi ovvi di stress ambientale e pressione antropica provocati da turisti distratti e poco sensibili, ma anche dallabbandono, dal disinteresse e dallincuria. Ecco perch incentivare forme di turismo ecocompatibile nelle zone periferiche pu salvaguardare la natura: da una parte, essa viene vista, progettata e venduta come risorsa che genera profitto; dallaltra, proprio per questi motivi, possibile che le popolazioni locali non emigrino, ma rimangano nella propria terra dorigine, tutelandone lidentit culturale e promuovendone limmagine.

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Territorio, ambiente e paesaggio: un valore culturale Il territorio in Africa occidentale assume un pregnante valore storico-culturale: esso non semplicemente uno spazio su cui si concludono processi economici o su cui si delineano relazioni sociali e demografiche. In modo pi complesso, vi si manifestano 5

forme di sapere che possono essere ricondotte alla sfera magico-sacrale e religiosa, che legittima ontologicamente le stesse azioni delluomo sulla terra, in particolar modo nella campagna e nella foresta. Innanzitutto, per la maggior parte delle societ africane il primo atto di territorializzazione, e cio il processo di insediamento da cui deriva la vita stessa dei villaggi e delle comunit, trae legittimit a seguito di un sistema di riti e di un comune e condiviso mito-storia: quello dellantenato/ primo occupante. Tutto, sullo spazio geografico, pu essere compiuto e portato positivamente a termine solo se stato verificato e iniziato da un padre fondatore o da un antenato mitico (e ci unicamente possibile perch una divinit o lo spirito del luogo hanno dato al primo occupante una legittimit sacrale e divina). Da lui trae origine il villaggio, considerato nella sua triplice caratteristica di insediamento, di luogo sociale e di sistema economico: sono i villaggi che organizzano lo spazio, danno forma alla potente natura, cercando di contenerne la dirompente imponenza tipica delle foreste, oppure inficiarne larida secchezza tipica delle aree desertiche e predesertiche. Per tali ragioni, il processo di insediamento e di

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costruzione/trasformazione/modellamento del paesaggio in Africa occidentale strutturato su un insieme di simboli, segni e significati che permettono di sottrarre alla natura parti del suo spazio per renderle rurali. quindi necessario interpretare la ruralit come un insieme di pratiche, credenze, fascinazioni, narrazioni, che appartengono alla sfera magico-sacrale e che prendono forma nelle numerose espressioni di cultura materiale e immateriale. Quindi, possiamo affermare che il territorio pre-esiste al gruppo umano che lo occupa e che, in virt di un legame con il passato, lo modella e produce un paesaggio storicoculturale (un palinsesto storico-geografico) innestato su di un paesaggio naturale, dove la natura acquista un valore animistico. La natura, intesa sia come sistema sia come singolo elemento naturale, entra in relazione con luomo non esclusivamente secondo una logica di pragmatica reciprocit, bens con lefficacia di ordinare e riordinare azioni, pensieri e sorti del genere umano. Una montagna con una sagoma particolare, ad esempio, deve senzaltro avere un significato sotteso, nascosto, ontologico (Fig. 2).

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Fig. 2 The Camel Hill, Sierra Leone (foto dellautore), vista da due versanti opposti. Per la sua forma, incute soggezione ai contadini del posto, che la vedono come un luogo cui non avvicinarsi.

Danze e leggende popolari svolgono una funzione eziologica, scaramantica e divinatoria Il culto per gli antenati2 e la venerazione di una divinit rientrano nelle pratiche quotidiane e spesso assumono i tratti della ritualit sociale ed economica: questa la tradizione, che unisce, nella sostanza, la sfera del reale con quella dellirreale, del razionale con quella dellirrazionale. Cos, la giornalista sierraleonese Aminatta Forna, pur consapevole dellinconsistenza delle credenze popolari sulla sopravvivenza degli spiriti degli antenati e sulla loro convivenza coi vivi attraverso oggetti, fatti e fenomeni fasti o nefasti, narra affascinata di alcune pietre degli avi e di legami fra dimensioni esistenziali fra loro opposte: Davanti ho una ciotola di pietre regalatemi da Mariama dopo quella di Rofthane. Nella luce argentea del mattino sembrano brillare, mandano lampi di luce e ogni tanto un bagliore intenso, come minuscole stelle cadenti. Soprattutto i cristalli, le pietre nere e una grigia, quella che ha limpronta di un pollice. Nelle giornate estive i coralli e i sassi rossi scintillano al sole. E di sera le pietre dai colori tenui, il ciottolo levigato e opaco, color crema, i sassi gessosi che continuano a brillare nella penombra anche dopo che il sole tramontato. [] Senti il rumore. Sembra che parlino. [] Perch qui il passato sopravvive nella fragranza del chicco di caff, la storia di una persona catturata nella forma di un orecchio e i momenti pi preziosi sono nascosti nel posto pi sicuro di tutti. Al sicuro dal fuoco, dalle inondazioni, dalla guerra. Nelle storie. Storie ricordate, fino a quando sono pronte per essere raccontate. O forse
Passai il resto della notte ripiegata sopra la scatola di oggetti sacri che nostro padre ci aveva affidato. Dentro la scatola cera il cranio dellobai [presso il popolo Temne della Sierra Leone il re, altrimenti detto Bai] precedente. Quando eravamo piccoli ci dicevano che un capo non muore mai. Il suo spirito lascia il corpo vecchio ed entra in un corpo nuovo. Gli anziani conservavano la testa dellultimo capo per seppellirlo insieme al corpo del capo che gli succedeva. Cos il lignaggio non veniva interrotto (Forna, 2007, pp. 175-76).
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semplicemente pronte per essere ascoltate (Forna, 2007, pp. 292-293 e p. 19). Miti, narrazioni, antenati ma anche una natura che segue le vicende umane, asseconda la buona sorte o accompagna la sfortuna, premia chi agisce secondo le regole condivise ma punisce chi si compie azioni irrispettose e malvagie: Le formiche. E i polli in tutto il villaggio. E la gente chiedeva come potessero le formiche trovarsi proprio di fronte alle sue finestre. Coprivano tutto il mandorlo, un dono di mio padre. E la sua malattia? Non era quello che accadeva quando ingannavi lo spirito che ti aveva dato la

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buona fortuna? Oppure avevi fatto un gioco troppo grande per te? Non era forse un mandingo? (Forna, 2007 pp. 75-76). Uno degli ambienti naturali pi significativi quanto a territorializzazione e legittimit culturale il bosco, la foresta. assai frequente che essa, o parte di essa, sia sacra. La foresta comunemente consacrata come luogo sacro. Essa deve essere vergine e nessuno pu segare i rami degli alberi per il fuoco in casa propria. L crescono anche le erbe medicinali[ 3 ], l sono sepolti gli antenati, l i giovani percorrono i riti di passaggio (liniziazione), l sono incoronati e ricevono lolio del potere i Re, le Regine capi trib, i capi clan, i capi villaggio, l sinnalzano le preghiere, si svolgono i sacrifici e si rende culto a Dio (Nmkenkia, 2011, p. 113). La foresta e la natura rappresentano ancora, per molti, il collante sociale, la legittimazione storica e la motivazione al sostentamento economico. Per tali ragioni, essa assume un profondo valore di heritage, poich si carica di valori che travalicano la sfera dellecologia che direttamente le appartiene. Infatti, Per heritage si intende linsieme degli elementi culturali tradizionali che hanno un riscontro pi o meno evidente nellattualit e nella tipicit di un territorio: un luogo, un edificio, una canzone, un modo particolare di cucinare possono essere definiti heritage se la loro presenza non si esaurisce con essi ma se rappresenta un pi ampio scenario di conoscenze e legami allinterno di un
Anche la malattia in Africa rientra nella dimensione culturale: ammalarsi significa essere puniti per avere commesso un torto verso qualcuno, o verso lo spirito di qualcuno. In questo modo la malattia appare come il risultato di una vendetta e, per tali ragioni, va curata seguendo procedure tradizionali, applicando pomate e medicamenti fatti con erbe officinali. comprensibile che Nelle realt rurali come in quelle periurbane [dove il fenomeno pi diffuso] labitudine a farsi curare da un guaritore ha risultati deboli in termini di efficacia della cura (Gamberoni, Pistocchi, 2013, p. 130). Le medicine tradizionali affrontano spesso la malattia attraverso un approccio globale, olistico, che vede il paziente indissolubilmente legato al contesto naturale, sociale e sovrannaturale che lo circonda. La cura spesso data dalla ricostruzione dellequilibrio tra le dimensioni appartenenti a questi diversi livelli della realt, e il preparato verbalistico pu acquistare valore e efficacia soltanto allinterno di uninterazione medico-paziente basata su presupposti di ordine simbolico, come possono essere ad esempio le pratiche di carattere magico-religioso. [] Il guaritore, manipolando i simboli interni a credenze e pratiche culturali, attraverso elementi empirici e processi rituali, ricolloca il sintomo e le sue cause allinterno di un quadro culturale condiviso collettivamente, offre un senso al male e restaura quel benessere frutto dellinterazione tra individuo, gruppo sociale e realt sovrannaturale, che permetter la reintegrazione del malato nella sua comunit (Schirripa e Vulpiani, 2000, pp. 18-19).
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complesso culturale. Un luogo, di per s, non heritage fino a che non gli viene attribuito un valore identitario, oppure un significato culturale, storico, politico: non loggetto in s a essere heritage, ma lo sono anche le fasi della sua preparazione e del suo consumo. Con lheritage si riconosce la funzione diacronica di un sistema territoriale (un palinsesto geo-storico) e di un apparato culturale, che assume un forte valore economico nel momento in cui esso consente di promuoverlo e di inserirlo in rotte o programmi turistici responsabili. (Gamberoni, Pistocchi, 2013, p. 170).

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La tutela della natura e la sua promozione anche in chiave turistica hanno il duplice valore di preservarne gli elementi biotici ed abiotici e di promuoverne i tratti che la rendono patrimonio. In alcuni casi, per le caratteristiche ecologiche che lo contraddistinguono o per il suo valore storico-culturale, un ambiente naturale pu addirittura venire censito come patrimonio dellumanit dallUnesco, che si occupa di redigere una lista dei principali siti cui viene riconosciuto un elevato valore di heritage tanto nel settore naturalistico quanto in quello culturale. Sebbene in misura decisamente minore rispetto a regioni del mondo come Europa, America e Asia, anche lAfrica occidentale possiede alcuni World Heritage Sites (Fig. 3a-3b).

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Fig. 3a-3b Siti Patrimonio dellUmanit in Africa occidentale Fonte: Gamberoni, Pistocchi, 2013, pp. 172-173

Riconoscere il valore di heritage di un ambiente naturale, di una foresta, ad esempio, consente di perseguire due obiettivi: i locali possono riappropriarsi di conoscenze del loro passato, andando a rafforzare il loro senso di appartenenza, quindi di identit (si 10

parla spesso di propriet intellettuale, da intendersi come risorsa culturale, poich rappresenta linsieme delle conoscenze tecniche e pratiche che vengono applicate per lavorare e trasformare prodotti naturali e ottenerne, ad esempio, medicinali); inoltre, il turismo procura denaro che pu essere utilizzato per finanziare non solo programmi di salvaguardia del sito tout-court, ma anche per la manutenzione delle strutture e infrastrutture distribuite nello spazio turistico coinvolto (e quindi non solo quelle turistiche strade, stazioni di sosta, negozi che servono quindi anche alla comunit locale) e per il sostegno socio-economico della comunit stessa (UNWTO, 1999, p. 68). Un territorio, per le sue caratteristiche, pu da una parte soddisfare lesigenza di heritage che ha un turista, dallaltra garantire il miglioramento delle condizioni e degli stili di vita di chi vi abita.

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Turismo ed ecoturismo in Africa occidentale Il turismo in quanto attivit delluomo alimentato dalla coesistenza di fattori di spinta (push factors) e fattori di presa (pull factors): nel primo caso, si tratta di motivazioni e ragioni insite nella persona; nel secondo caso, invece, si tratta di caratteristiche e risorse di un particolare territorio che esercitano sulluomo un forte senso di attrazione. Per lAfrica occidentale, con particolare riferimento allecoturismo, possiamo rintracciare i push factors innanzitutto nella ricerca di un contatto autentico con la natura, di incontro con forme e manifestazioni culturali ritenute ancora tribali e arcaiche, oppure di relax in alcuni paradisi balneari. Diffuso de decenni, sebbene nel corso del tempo abbia avuto realizzazioni diverse, il cosiddetto turismo naturalistico o ambientale, che oggi viene anche declinato nella tipologia ecoturistica. Si tratta cio di incentivare, attraverso percorsi e piani particolari, la tutela e la salvaguardia delle specie protette, attuando la promozione turistica in chiave di tutela dellambiente e coinvolgimento attivo delle popolazioni locali. Quanto ai fattori di presa, dobbiamo individuare fattori sia esterni sia intrinseci al sistema territoriale specifico; nel primo caso, si tratta di costruire e rielaborare la cosiddetta immagine turistica: pi unarea appare (o veramente) attrattiva in quanto esprime e trasmette senso di unicit ed meglio conservata di altre, pi essa attrattiva; nel secondo caso, va considerata la dotazione di strutture e infrastrutture ricettive per il turismo, che garantiscono la turisticizzazione di un territorio: pi una localit turistica attrezzata, pi essa diventa accessibile, accogliente e credibile (Kulczyk, 2003). 11

Sappiamo che il turismo non lascia inalterate le comunit e gli ambienti naturali con cui il turista (da solo o in gruppo) entra in contatto: spesso stravolge o influenza la scala dei valori e dei comportamenti, le relazioni interpersonali e il modo di vivere tanto dellospitante quanto del turista, nonch la struttura della comunit (Wearing e altri, 2010). I turisti che si rivolgono allofferta africana sono generalmente europei anche se, soprattutto nella fetta relativa al nuovo settore dellecoturismo, accanto ai nordeuropei troviamo gli statunitensi. Anche lAfrica occidentale presenta un quadro simile e, in

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termini di numeri, assolutamente positivo, poich in quasi tutti i paesi si sta verificando negli ultimi anni un aumento dellarrivo di turisti (Fig. 4).

Fig. 4 Arrivi di turisti in Africa occidentale (2009-2010) Fonte: Gamberoni, Pistocchi, 2013, p. 165

La principale domanda turistica internazionale in Africa occidentale viene colmata dallEuropa, che genera almeno 4 milioni di arrivi alle frontiere, corrispondenti a un terzo degli arrivi complessivi nella regione. Ci dovuto principalmente a ragioni di carattere storico (colonialismo), economico (trattati e accordi di multinazionali nel 12

periodo post-coloniale), culturale (promozione e immagine turistica) e territoriale (prossimit spaziale), che possono essere ricondotte al concetto geografico di accessibilit (Gamberoni, Pistocchi, 2013, pp. 163-164). In Africa occidentale lecoturismo, legato alla protezione ambientale e alla visita a riserve o parchi 4, rimane ancora poco praticato, sebbene vi sia un numero di aree naturali protette elevato5 (Fig. 5) e sebbene da decenni si pratichino svariate forme di

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turismo naturalistico, inteso come visita a parchi, aree protette e game reserves (riserve di caccia).

Fig. 5 Aree protette in Africa occidentale Fonte: http://www.unep-wcmc.org/protected-areas-resilient-to-climate-change-in-west-africa_401.html

Esso: contribuisce alla conservazione della biodiversit, sostiene il benessere delle comunit locali, include unesperienza (di scambio) di interpretazione e apprendimento; coinvolge azioni responsabili da parte dei turisti e degli attori turistici; rivolto soprattutto a piccoli gruppi umani e ad attivit economiche di piccola scala; si deve basare su un basso consumo di risorse non rinnovabili; stimola la partecipazione dei locali, sviluppa opportunit di lavoro e apertura alla propriet privata, soprattutto per chi abita in zone rurali (Wood, 2002). 5 Una vasta area dove si fa turismo naturalistico il Transborder Park, parco trasfrontaliero fra Niger, Benin e Burkina Faso (attraversati dal fiume Niger), patrimonio dellumanit UNESCO dal 1996. In questo, come nella maggior parte dei casi, si tratta di un turismo ancora di nicchia, fatto da esperti o amanti della natura che si muovono in numeri ristretti e che si adattano a condizioni ambientali in certi casi difficili, nonostante vi siano soluzioni di alloggio abbastanza varie (alberghi, motel, campi). Lassociazione organizza anche escursioni guidate, in autovetture fuoristrada 4x4, oppure percorsi a piedi o in barca lungo il corso del fiume Niger (Gamberoni, Pistocchi, 2013, p. 167). In Africa orientale, invece, il paese che detiene il primato di aree protette e di turismo naturalistico (che negli ultimi anni ha avuto anche applicazioni eco-turistiche) la Tanzania, anchessa interessata da parchi transfrontalieri, tanto al nord quanto al sud. Va infine fatto notare che Liberia holds a majority stake (43 percent) of the largest remaining proportion of the Upper Guinean Ecosystem in West Africa (Global Environment Facility, 2010, p. 19).

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La maggior parte della gestione delle terre e delle aree boschive protette, infatti, appartiene ancora allo stato, rispetto a situazioni sicuramente pi felici in altre parti del mondo (Fig. 6).

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Fig. 6 Possedimento e gestione delle foreste in Africa, Asia e America Latina Fonte: Djeukam, Oyono, Diarra, 2013, p. 9

Le ragioni della marginalit dellecoturismo risiedono nel fatto che esso , innanzitutto, unattivit complessa, che genera non poche difficolt di gestione (SCHEDA 1), soprattutto per la mancanza di risorse, finanziamenti e, spesso, abitudine alla gestione partecipata e cooperativa della cosa pubblica.

Scheda 1 Progettare lecoturismo Lecoturismo richiede: 1. 2. 3. mercato specializzato che attragga turisti interessati alle aree naturali; abilit di gestione utili per guidare i turisti nelle aree naturali protette; servizi di guida e interpretariato, preferibilmente gestiti dai locali, volti a far luce sulla storia locale naturale e sullo sviluppo sostenibile; 4. politiche governative e pubbliche che destinino le tasse turistiche da investire per ottimizzare la conservazione della natura e lo sviluppo delle comunit indigene; 5. attenzione alle comunit umane locali, fino a che diventino autonome e autosufficienti.

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Esistono anche problemi a monte, molti dei quali di derivazione storico-culturale: la protezione dellambiente (attuata attraverso listituzione di parchi e il parziale o completo esproprio degli abitanti e la loro rilocazione altrove) spesso percepita come un vincolo o un danno alleconomia, nonch generatore di conflitti sociali, patrimoniali e economici: gli abitanti dei villaggi posti in prossimit dellarea da tutelare e proteggere si vedono privati delle proprie attivit boschive e obbligati alla convivenza con altri gruppi umani in aree e territori in cui non riconoscono i tratti culturali del loro antico popolamento. Sicuramente, le vecchie forme di protezione ambientale, come le riserve chiuse e la fortress conservation, che escludevano e allontanavano i locali attraverso espropriazioni definitive e totali dalle terre, hanno lasciato unimmagine negativa della tutela ambientale. In un pi ampio quadro di sostenibilit dello sviluppo e nelle nuove prospettive della valorizzazione e promozione del territorio (natura e cultura) assumono importanza rilevante i microprogetti turistici che hanno il duplice obiettivo di rendere turistico un sito e di coinvolgervi attivamente i locali nella tutela della natura (Cencini, 2004), sviluppando lartigianato, garantendo la formazione dei giovani e promuovendo la diffusione e la condivisione di conoscenza. Anche se, purtroppo, questi microprogetti, di fronte alle grandi forme di turismo naturalistico gestite dai grandi tour operator, rischiano di soccombere e non sortire gli effetti desiderati. Come possibile, allora, fare buon ecoturismo in Africa occidentale? Innanzitutto, bisognerebbe non intervenire dallesterno, ma attendere la risposta dei locali, che devono fare proprio il modello proposto e applicarlo, secondo la propria sensibilit, alla gestione e alla percezione del territorio. Ci significa non decontestualizzare gli elementi territoriali (il paesaggio) riducendoli a spazi neutri, ma renderli fruibili e comprensibili, per quanto possibile, a unutenza pi ampia e varia. Per lAfrica occidentale, lecoturismo (sia quello de facto, sia quello potenziale) porta con s una buona dose di criticit, cui fanno per da contrasto alcuni importanti fattori di potenzialit. Innanzitutto, talora difficile in Africa occidentale ritrovare condizioni strutturali favorevoli al turismo, vista la: difficile accessibilit fisica (territori spesso isolati e sprovvisti delle pi semplici infrastrutture), economica (povert dilagante), politica (instabilit dei governi), culturale (distanza dai modelli interpretativi e dagli stili di vita propri); 15

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inefficacia o mancanza delle infrastrutture (strade, energia elettrica, reti idriche); assenza di una rete di operatori per lo sviluppo locale del turismo integrato; immagine/stereotipo di una regione arcaica, lontana ( = ci vanno soprattutto appassionati ed escursionisti); scarso/cattivo/inefficace coinvolgimento dei locali.

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Quanto ai pro dellecoturismo, possiamo parlare di: sollevamento di un territorio dalla povert; tutela e salvaguardia della natura e di pratiche culturali legate al rapporto uomo/ambiente; promozione del territorio e rafforzamento dellidentit e della socialit = miglioramento della qualit di vita e riduzione del rischio di fratture e frammentazione.

Senza dimenticare, per, i rischi che si celano dietro a forme anche apparentemente corrette ecocompatibili di turismo, che possono avere conseguenze spesso distruttive su territori e comunit umane. Fra i peggiori, possibile individuare: la perdita delle pratiche culturali legate al rapporto uomo/ambiente (fra cui la propriet intellettuale); la museificazione del territorio; il territorial packaging (impacchettamento del territorio, che viene venduto come immagine, pacchetto turistico all inclusive e souvenir) e globalizzazione dellofferta turistica.

Per tali ragioni, possibile avanzare alcune proposte per un ecoturismo sostenibile, sia per la natura, sia per leconomia, sia per la cultura delle popolazioni locali. pertanto necessario: accettare/far accettare la sfida al cambiamento: non esistono societ fisse e immobili, ma tutte, anche quelle apparentemente pi conservative e isolate, tendono ad adattarsi e a rileggersi costantemente in maniera pi o meno evidente o massiccia; accettare pratiche di economia informale legata alla vendita di oggetti o servizi al turista, intervenendo magari pi sullaspetto sociale qualora queste attivit 16

creino abbandono scolastico, aumento del tasso di analfabetismo e malessere o violenza; guidare i locali a un cambiamento graduale, senza imporre loro nuovi modelli; individuare/far comprendere gli elementi fondanti della tradizione culturale legata al rapporto uomo/ambiente e fare in modo che la transizione non porti a una perdita del senso del territorio; ridare un valore positivo alla natura > NO foresta dei ribelli, foresta dei riti di sangue, foresta degli animali feroci; insegnare buone pratiche di uso del suolo e consumo della natura, in modo che, pur nelle pratiche agricole o boschive di sussistenza, non si verifichino forme di degrado dellambiente e di inquinamento.

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In altre parole, lecoturismo non altro che una delle tante azioni delluomo sulla terra e pertanto va considerato nella sua complessit e programmato seguendo buone pratiche che siano costantemente soggette a monitoraggio e passibili di modifica. Per lAfrica occidentale che, come lintero continente, spesso afflicted by economic, political, as well as ecological crisis (Milazi, 1996, p. 30), lecoturismo va perlomeno eticamente tentato come una importante possibilit di sviluppo.

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