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28/10/2021
Capitolo 1:
Forme di internazionalizzazione
Complessità dei mercati internazionali: il fenomeno della globalizzazione
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Noi siamo abituati a vedere questi elementi con riferimento al contesto nazionale, ossia creo valore cercando di identificare le strategie o di
costo o di differenziazione sul prodotto che mi portano a creare un plus valore per il cliente.
Il ragionamento che dobbiamo fare è che quel valore aggiuntivo per il cliente può essere creato non soltanto agendo nel contesto nazionale
ma anche nel contesto internazionale
Perché un’impresa si internazionalizza? Quindi un’impresa si internazionalizza perché vuole agire su quel margine attraverso la presenza
internazionale; lo può fare su più elementi della catena del valore perché operando nel contesto internazionale o migliora la qualità del
prodotto finale attraverso una migliore qualità nella gestione di queste funzioni oppure riduce i costi che quelle attività generano (costo di
approvvigionamento, di gestione delle risorse umane, ..)
Un’impresa internazionalizzata gestisce nel contesto internazionale non solo le attività finali della catena del valore, ma tutte
Queste forme di internazionalizzazione richiamano alcune delle attività della catena del valore
Esempio: Benetton. Il processo di internazionalizzazione della Benetton riguarda diverse funzioni della catena del valore. Il sistema
produttivo della Benetton si svolge in diversi mercati esteri (è tipico del settore moda approvvigionarsi di fasi della produzione sui mercati
esteri) come Italia, paesi dell’est, mediterraneo, Asia. È una forma di internazionalizzazione produttiva che non ha la finalità di vendere in
quei mercati ma di approvvigionarsi di fattori della produzione a basso costo. Ha anche importanti insediamenti produttivi in Tunisia e
Croazia. Ha anche un’interessante rete di fornitori mondiali di prodotti finiti (outsourcing internazionale).
Noi ci concentreremo sulle attività finali della catena del valore, quindi sull’internazionalizzazione del mercato di sbocco e
internazionalizzazione produttiva
02/11/2021
INTERNAZIONALIZZAZIONE DEL MERCATO DI SBOCCO
L’impresa valuta e conseguentemente decide di collocare l’attività di vendita dei propri prodotti o servizi in mercati diversi da quello di
origine, in un mercato oltre i confini nazionali.
Questo tipo di attività è critica per le imprese che possono essere coinvolte in un mercato, in pochi mercati fino ad arrivare in molti mercati
quando passiamo da un’impresa di piccole dimensione che solitamente operano in pochi mercati fino ad arrivare alle multinazionali che
operano in tanti mercati.
È sicuramente un’operazione più complessa per le impresa rispetto a quella di operare nel solo mercato nazionale. La complessità è dovuta al
fatto che le imprese si confrontano con contesti diversi rispetto al mercato di origine, dal punto di vista economico, politico, culturale,
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tecnologico. Inoltre sono mercati che sono diversi tra di loro. Quindi vi è una diversità rispetto al mercato nazionale e una diversità tra
mercati
Implicazioni:
• più di un paese/mercato può essere coinvolto nelle transazioni
• i mercati esteri si differenziano dal punto di vista: socio-culturale, economico, legislativo, politico e tecnologico
Nell’operare in un numero elevato di mercati la complessità cresce e questo si riflette anche sulla stessa organizzazione dell’impresa.
L’impresa internazionalizzata a differenza dell’impresa domestica si confronta con ambienti socio-economici e politici differenti
Un’impresa che opera in un contesto internazionale dovrà dotarsi di risorse, competenze e struttura organizzativa che avrà un certo livello di
complessità. Dovrà dotarsi di un personale in grado di gestire queste differenze e di comprendere cosa può essere colto come opportunità e
cosa può essere contenuto come minaccia nel contesto internazionale.
Gestione della struttura organizzativa dell’impresa internazionalizzata in grado di rispondere alle differenze ambientali
Queste differenze ambientali non sono soltanto fonte di complessità, ma sono anche fonte di opportunità, fonte di input per l’impresa che
possono stimolare l’impresa nell’innovazione.
Non guardiamo il contesto estero solo come una fonte di complessità, è una difficolta che va gestita
Elementi di differenziazione dell’ambiente internazionale: analisi SLEPT
Quando si accenna a queste differenze tra mercato nazionale e mercato e estero e tra i mercati esteri tra di loro facciamo riferimento
all’acronimo SLEPT —> differenze sociali, legislative, economiche, politiche e tecnologiche che le imprese devono essere in grado di
governare e gestire
Un numero contenuto d’imprese sono in grado di governare queste differenze tra nazioni secondo questi elementi
Ci sono imprese che subiscono (atteggiamento reattivo) l’internazionalizzazione invece di agirla, cioè di avere un atteggiamento pro attivo
nei confronti del contesto internazionale
Queste differenze fanno riferimento a:
Varietà degli AMBIENTI SOCIOCULTURALI: lingua, religione, organizzazioni sociali, valori, cambiamenti demografici. Quando
l’impresa entra in un mercato estero deve chiedersi quali sono le abitudini, i comportamenti dei consumatori. Ma anche in un contesto
business to business, le imprese che si confrontano con altre imprese deve chiedersi quali sono le abitudini di acquisto del cliente
industriale. Sia i consumatori sia i clienti industriali possono essere guidati da abitudini di acquisto differenti. Le differenze socioculturali
impattano prevalentemente sul comportamento del consumatore.
Soprattutto alcuni settori produttivi (cura della persona, settori alimentari, abbigliamento) risentono delle differenze culturali. Quindi
un’impresa deve chiedersi se quel prodotto concepito per il mercato nazionale può essere venduto cosi come viene venduto sul mercato
nazionale o se deve essere adattato (adattamento che può agire sul prodotto, ma possono essere anche adattamenti che riguardano le altre
leve del marketing mix come il prezzo, la distribuzione). Per esempio in alcuni contesti l’abbigliamento di lusso può essere venduto anche
nei negozi multimarca, può cambiare il come il consumatore si approccia all’acquisto. Ultimamente nel periodo del lockdown ci sono
costati contesti di mercato dove la propensione all’acquisto online era già significativa, altri mercati invece in cui la propensione
dell’acquisto online è aumentato in quel periodo. Ci sono comportamenti, atteggiamenti all’acquisto che cambiano da un contesto all’altro.
Varietà degli AMBIENTI LEGISLATIVI: leggi nazionali, leggi dei paesi esteri, leggi internazionali. Un’impresa che
opera sul mercato internazionale si confronta con tre livelli di legislazione, ossia la legislazione nazionale la quale può incentivare o
disincentivare l’attività di vendita nel contesto estero, leggi dei paesi esteri (ci sono restrizioni? Ci sono delle norme e dei regolamenti su
come un prodotto può entrare su quel mercato?). L’impresa deve dotarsi della conoscenza di queste
differenze legislative fino ad arrivare ad un sistema legislativo sovranazionale. Un’impresa internazionale è un’impresa che è deve essere
capace di confrontarsi dal punto di vista legislativo con norme differenti tra loro
Varietà degli AMBIENTI ECONOMICI: sviluppo economico (diversa velocità che caratterizza i processi di crescita delle economie dei singoli
paesi) e sistemi produttivi (diversa struttura competitiva). Il diverso ritmo di sviluppo di u
economia impatta sullo sviluppo della domanda e dell’offerta. Una crescita della domanda con un certo ritmo impatterà sul come entrare in
quel mercato. Se vi è una domanda significativa verso il nostro prodotto l’impresa può decidere di entrare con una modalità piuttosto che
un’altra. Diversi processi di crescita dell’economia dei paesi esteri con diversi sistemi produttivi che impattano su come operare sul
mercato estero, impattano le strategie di vendita da sviluppare nel conteso estero
Varietà degli AMBIENTI POLITICI: politiche economiche (politiche, atteggiamenti e comportamenti delle autorità nazionali nei confronti
delle imprese estere) che possono attrarre o ostacolare l’entrata delle imprese in quel mercato.
Esempio tipico è quello della Cina che fino all’entrata nel WTO (fino ai primi del 2000) aveva un controllo stretto e limitante sugli IDE,
quindi sulla possibilità di effettuare investimenti da parte ia imprese straniere con una logica che era quella della politica di crescita che
attua la Cina dalla fine degli anni ‘90; vincolando il modo in cui le imprese straniere potevano operare nel mercato cinese. Prima
dell’entrata nel WTO il governo cinese limitava alle imprese straniere di tenere una subsidiary controllata al 100%; in quegli anni non era
possibile per un’impresa straniera fare un investimento completamente controllato, era un investimento che poteva essere effettuato
creando le joint venture.
Pian piano le politiche della Cina sono cambiate, per cui oggi è possibile per un’impresa straniera realizzare un investimento in Cina
completamente controllato dall’investitore straniera, non è più il vincolo di realizzarlo con un’impresa locale.
Ciò avveniva per trasferire il knowhow dall’impresa straniera all’impresa locale in quanto la Cina aveva bisogno di crescere velocemente
dal punto di vista tecnologico e dell’innovazione.
Varietà degli AMBIENTI TECNOLOGICI: grado di innovazioni nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. L’ambiente
tecnologico che cambia da una nazione a un’altra impatta sul comportamento del consumatore (es. acquisto online) ma anche sulla
capacità, sulla possibilità che l’impresa ha di operare nei mercati esteri. Le imprese devono attrezzarsi per poter vendere online, vendere
attraverso l’e-commerce richiede una organizzazione, una logistica per l’impresa che permette all’impresa di poter portare il prodotto sui
mercati esteri. Gli sviluppi tecnologici hanno avuto un impatto molto rilevante anche sulla
delocalizzazione produttiva, sullo sviluppo degli investimenti esteri nei mercati esteri. Avere lo sviluppo tecnologico da la possibilità
all’impresa di operare sui mercati esteri in tempi e costi più contenuti rispetto dal contesto nazionale. Questa modalità però non è sempre
attuabile, non sempre trova una struttura tecnologica che le consenta di attuare modalità di presenza uniforme
Il contesto internazionale è un contesto complesso. Non sempre le imprese sono attrezzate, ossia dotate di risorse, competenze e risorse
umane per gestire questa complessità. Ciò spiega perché un numero contenuto di imprese, soprattutto nel contesto italiano, è in grado di
internazionalizzarsi
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1. Fenomeno della globalizzazione dal punto di vista delle imprese. Le economie oggi operano in un contesto globale per questo motivo le
imprese oggi hanno la necessità di guardare ai mercati esteri, quindi è importante capire qual è la ripercussione sull’impresa di questo
fenomeno
2. Le determinati dell’internazionalizzazione dei mercati
3. Le dimensioni del commercio internazionale e degli investimenti diretti all’estero (IDE)
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Aree di libero scambio
La caratteristica di questo strumento è che i paesi che si accordano tra di loro accettano che tra i membri di questa area vi sia l’eliminazione o
riduzione delle barriere tariffarie tra i paesi all’interno di questa area, e non alla circolazione di merci e servizi tra le economie dei paesi
aderenti. I paesi che aderiscono a questa area definiscono le barriere che regolamentano il commercio tra i membri di queste aree e il resto
del mondo
Non è però consentita la libera circolazione di lavoro e capitali e non esiste un sistema di barriere e dazi doganali comune nei confronti dei
paesi non membri.
Esempi:
- NAFTA (North American Free Trade Agreement) in vigore dal 1994 tra Stati Uniti, Messico e Canada. Tra questi tre mercati le merci
possono essere scambiate liberamente (non ci sono barriere non tariffarie). I tre mercati sono pero autonomi l’una rispetto all’altra nel
negoziare con Europa, Cina, … Inoltre al loro interno non vi è la libera circolazione di
capitali, persone e lavoro
- Accordo (ottobre 2015) Trans-Pacific Partnership (TPP): accordo di libero commercio tra Stati Uniti e 11 Paesi dell’area Asia-Pacifico:
Giappone, Australia, Brunei, Canada, Cile, Malaysia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore, Vietnam (NO Cina, India, Brasile).
Riguarda il 40% del PIL mondiale.
- Accordo (settembre 2017) Comprehensive Economic and Trade Agreement (Ceta), trattato di libero scambio Ue-Canada: accordo
commerciale tra UE e Canada per semplificare l’esportazione di beni e servizi e l’eliminazione del 98% dei dazi presenti. Rimangono tra i
paesi dell’Unione europea e Canada delle restrizioni nella circolazione dei capitali, persone e lavoro. Nell’accordo del Ceta viene citata
l’UE non Italia, Francia o Germania quindi chi ha negoziato con il Canada è l’UE non i singoli membri dell’UE. Questa è la differenza tra
l’area di libero scambio e l’unione a cui appartiene l’Unione Europea, per cui invece gli scambi con il resto del mondo sono gestiti
dall’Unione Europea e non dai singoli membri
- Accordo di partenariato economico (APE) tra l'UE e il Giappone (entrato in vigore il 1o febbraio 2019). Accordo volto ad eliminare, sul
97% delle merci importate dall’UE, dazi per un valore di 1 miliardo di €. Soppressione di una serie di ostacoli non tariffari (es.: norme
internazionali sugli autoveicoli). Eliminati gli ostacoli tra i principali esportatori di alimenti e bevande dell'UE e i 127 milioni di
consumatori giapponesi. Effetti: con la piena attuazione dell'accordo, gli scambi commerciali tra l'UE e il Giappone potrebbero aumentare
di quasi 36 miliardi di € all'anno. L’accodo include anche norme in materia di sviluppo sostenibile e a sostegno della lotta ai cambiamenti
climatici
- Tentativi di negoziati tra UE e Stati Uniti per il trattato transatlantico di libero scambio, Transatlantic Trade and Investment partnership
(TTIP). Si verrebbe a creare la zona di libero scambio più grande del mondo, che comporterebbe l’abbattimento di dazi (barriere
tariffarie) e la convergenza degli standard regolamentari (regolamenti tecnici, norme e iter di omologazione, standard applicati ai prodotti,
regole sanitarie – barriere non tariffarie). Tuttavia non è arrivato a conclusione. Settori coinvolti: agroalimentare, manifatturiero, auto,
tecnologie dell’informazione e comunicazione, servizi (inclusi appalti pubblici, servizi professionali e di trasporti)
Unioni doganali
Si tratta di una evoluzione delle aree di libero scambio. Rispetto alle aree di libero scambio, sono presenti tariffe esterne comuni sui prodotti
importati dai paesi terzi; permane tuttavia il divieto alla libera circolazione di capitali, persone e lavoro (caratteristica dei mercati comuni).
Questo strumento introduce non solo la libera circolazione delle merci nello scambio commerciale tra i membri che appartengono a queste
unioni doganali, ma anche tra i membri che appartengono alle unioni doganali e il resto del mondo
Es: Francia e Principato di Monaco; Italia e Repubblica di San Marino; Patto Andino istituito nel 1969 tra Bolivia, Columbia, Ecuador,
Venezuela e Perù
Mercati comuni
Oltre agli accordi tariffari tipici delle unioni doganali, i paesi che vi aderiscono beneficiano al loro interno della libera circolazione di servizi
(tra cui il lavoro) e di capitali.
Es: Unione Europea (UE; precedentemente la Comunità Europea era una unione doganale); il Mercosur (Mercado del Cono Sud), istituito
nel 1991 che unisce l’Argentina, Brasile, Paraguay, Uraguay e Venezuela (Stati associati: Cile, Bolivia, Columbia, Ecuador, Perù)
Unioni politiche
Consentono di raggiungere in modo ottimale gli obiettivi economici, monetari e sociali perseguiti dai diversi paesi.
Sebbene non siano federazioni, come gli Stati Uniti o la Svizzera, le Unioni politiche funzionano come sistemi politici autonomi con proprie
istituzioni decisionali.
L’UE è l’esempio più significativo, ma non ha ancora raggiunto il livello massimo di unione politica perché significherebbe dotarsi di una
costituzione sovranazionale
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Quindi, paradossalmente, l’effetto della maggiore vicinanza dei confini da un lato amplifica le differenze culturali mentre dall’altro le
attenua.
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Qual è l’elemento che sta caratterizzando questo periodo storico? Diminuzione dei tassi di crescita dei paesi più avanzati a favore
dell’espansione dei paesi emergenti
Negli ultimi decenni i paesi dell’Asia Orientale (Cina, India, Hong Kong, Taiwan, Corea del Sud, Filippine, Singapore, Tailandia), BRICS
hanno accresciuto significativamente la loro incidenza sul PIL mondiale.
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La somma dei primi 15 paesi concorre a detenere il 64% del commercio internazionale, delle esportazioni. C’è una forte concentrazione delle
esportazioni in un numero molto contenuto di paesi
IDE in entrata
IDE in entrata: investimenti che una nazione è in grado di
attrarre dal resto del mondo
Gli Stati Uniti detengono questo primato, sono capaci di
attrarre circa il 15,5% del flusso complessivo degli IDE in
entrata
Subito dopo la Cina. All’ottava posizione la Germania
Nei primi 20 paesi che sono protagonisti degli IDE in entrata
non compare l’Italia
Quindi l’Italia è molto dinamica dal punto di vista del
commercio ma ci sono delle debolezze nella capacità della
nazione Italia di attrarre gli investimenti dall’estero
Perché è importante che esistono delle politiche industriali a
favore della capacità di attrazione degli investimenti
dall’estero? Ci sono dei vantaggi molto importanti
IDE in uscita
IDE in uscite: sono le imprese italiane che vanno ad
investire sui mercati esteri
I principali protagonisti nella capacità di investire sui
mercati esteri sono la Cina che ha accresciuto questa
capacità nel corso degli ultimi anni
Fino a poco prima di questa crescita così significativa la
Cina investiva all’estero ma nell’area confinante con la
Cina, quindi nei paesi dell’Asia orientale
La novità di questi ultimi decenni è che la Cina ora è
interessata ad investire non solo nei paesi confinanti, ma
anche verso i paesi occidentali (verso UE, USA)
Perché fanno questo e perché c’è questo sostegno da parte
dello stato cinese verso le imprese cinesi ad investire? In
questo modo entrano nei mercati esteri acquisendo imprese
straniere per poter vendere nel paese estero e per poter
acquisire knowhow, la competenze e la conoscenza delle
imprese acquisite
Gli Stati Uniti si posizionano al quanto posto. Ancora una
volta non troviamo l’Italia nei primi 20. Nonostante le imprese italiane siano molte dinamiche nel commercio internazionale, sono meno
dinamiche dal punto di vista della capacità di andare ad investire sui mercati esteri
Questo significa avere politiche industriali deboli nel sostenere la capacità di attrarre investimenti dall’estero e poca propensione delle
imprese italiane ad investire all’estero
Attraverso questi dati riusciamo a capire com’è cambiata l’economia mondiale, chi sono i nuovi protagonisti
Fino a pochi anni fa gli IDE delle imprese occidentali erano diretti verso i paesi di nuova industrializzazione per motivi di costo; mentre gli
investimenti tra i paesi occidentali avvenivano per motivi commerciali (produco negli USA per vendere negli USA, non per un vantaggio di
costo)
Oggi le imprese dei paesi occidentali (UE, USA) investono nei paesi di nuova industrializzazione non solo per motivi di costo ma anche per
poter vendere in quei mercati.
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Come gli effetti della crisi hanno impattato sulla capacità esportativa
delle imprese nel 2020?
Le esportazioni italiane destinate ai primi 10 marcati di sbocco
costituisce il 60,6%. Le imprese italiane concentrano le loro esportazioni
in un numero limitato di mercati.
Concentrare il 71% in 10 nazioni (Germania, Francia, Spagna, Stati
Uniti) significa che vi è una forma dipendenza del commercio da queste
nazioni
Se la Germania va male il commercio estero italiano ne risente, poiché
le nostre esportazioni si concentrano maggiormente in questi paesi
Infatti il 51,5% delle esportazioni italiane si concentra verso i paesi dell’UE, in
quanto sono paesi vicini dal punto di vista geografico, culturale ed economico
Se guardiamo la contrazione degli scambi commerciali è stata più significativa
verso la Francia, ma meno contenuta verso la Cina che si è ridotta solo di uno
0,6%
Fonte dati: Rapporto ICE 2020-2021 (https://www.ice.it/it → https://www.ice.it/it/studi-e-rapporti/rapporto-ice-2020)
Gli
operatori
italiani all’export
Nel 2020 ci è stata
una contrizione del
7,8% degli operatori
italiani, ossia il 7,8%
delle imprese precedentemente esportatrici non lo sono state più nel periodo
della crisi sanitaria
Il numero di imprese italiane che esportano sono 126.275 (dato 2020)
Le imprese italiane censite dai dati ISAT sono 4 milioni e 377 mila, questo dato
ci dice che le imprese esportatrici italiane sono poco meno del 3%
Fonte dati: Rapporto ICE 2020-2021 (https://www.ice.it/it →
https://www.ice.it/it/studi-e-rapporti/rapporto-ice-2020)
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Cosa significa per le imprese italiane essere esportatrici?
Le imprese che sono protagoniste dello scambio internazionale sono le
imprese più dinamiche che rispondo meglio alle crisi
Essere dinamiche oggi per le imprese esportatrici significa maggiore
resilienza alla crisi, minore calo del fatturato, reazione ai cambiamenti nella
ripresa e trasformazione digitale.
Infatti le imprese italiane esportatrici stanno rispondendo alla crisi con
un’accelerazione della transazione digitale, ricerca di nuovi modelli
industriali e di business basati su tecnologie innovative. Queste sono le
risposte che fanno le imprese italiane esportatrici per reagire all’attuale crisi
economica e sanitaria
Effetti negativi
- Potere di influenza sugli organi di governo. Le multinazionali hanno un potere rilevante nei confronti di governi locali nell’ottenere delle
condizioni più favorevoli. Imprese di grosse dimensioni che entrano in un contesto nazionale più debole possono esercitare un forte
potere di influenza sugli organi di governo locali, forza che viene esercitata nella richiesta ai governi di infrastrutture, investimenti, nella
gestione della risorsa umana ad esempio con politiche di licenziamento
- Effetto spiazzamento a danno delle imprese locali (migliore capacità attrattiva delle risorse produttive): crisi degli operatori locali. Le
imprese più deboli possono risentire dell’entrata di imprese straniere nel proprio mercato, uscendo dal mercato; possono risentirne anche
sul fronte della domanda della forza lavoro in quanto imprese straniere con brand affermati hanno la capacità di attrarre le migliori risorse
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umane, i migliori talenti a danno delle imprese locali con una minor reputazione, così anche sul fronte dell’approvvigionamento di altri
fattori di produzione.
L’Italia tra i paesi attrattivi o molto attrattivi al mondo si colloca nella 19esima posizione (dato 2020).
Capitolo 3:
Internazionalizzazione commerciale - Pianificazione strategica
ATTEGGIAMENTO REATTIVO
Vendita occasionale sul mercato estero. È l’atteggiamento tipico delle imprese di micro e piccole dimensioni, in quanto un’impresa di piccole
dimensioni che ha poche risorse e competenze è in grado di rispondere a stimoli piuttosto che provocare la decisione di entrata in un contesto
estero.
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Tuttavia la stessa impresa di grandi dimensioni può assumere rispetto ad alcuni mercati un atteggiamento reattivo e rispetto ad altri un
atteggiamento proattivo
È reattivo l’atteggiamento dell’impresa che opera nel contesto internazionale in modo discontinuo e di tipo adattativo rispetto al manifestarsi
di opportunità contingenti
Vendono sui mercati esteri se si genere a una domanda inattesa, quindi in risposta alle richieste di operatori esteri (tramite web, incontri in
fiere domestiche). Le imprese vendono sul mercato estero se si genera una domanda, non è l’impresa che si attiva autonomamente, ma sono
gli operatori esteri che chiedono il prodotto o servizio di quell’impresa partecipando alle fiere, con il passaparola, attraverso altri soggetti etc.
Le imprese commerciali che si internazionalizzano fanno da veicolo di trasferimento del prodotto nel mercato estero. Ecco perché è
importante guardare al sistema produttivo dell’intero sistema economico perché non guardo solo all’internazionalizzazione delle imprese
produttive, ma anche commerciali che possono essere da stimolo per le imprese produttive.
Internazionalizzazione è una estensione geografica dell’attività commerciale dell’impresa, per cui la sola funzione commerciale è coinvolta.
I dati citati prima sul dinamismo delle imprese internazionale sono un segnale per lo stato o per le regioni nel definire le politiche di supporto
all’economia che vanno a favore dell’internazionalizzazione, in quanto aiutare le imprese ad entrare nel commercio internazionale significa
accrescere il dinamismo dell’intera economia. I servizi a supporto dell’internazionalizzazione reali o finanziari aiutano l’impresa ad entrare
nel contesto estero. Quindi le imprese colgono un input
Inoltre, non è automatico che a fronte di uno stimolo, ossia da una domanda che avviene da un operativo straniero, l’impresa risponda.
Alcune imprese se vi è la richiesta dei propri prodotti da un distributore estero lontano geograficamente e culturalmente non è detto che
avvenga la vendita.
A fronte di una domanda non sollecitata gli operatori possono non rispondere a quella richiesta. Non rispondere ad un ordine fa sì che
un’altra impresa colga questa opportunità.
Manca una esplicita elaborazione della strategia di sviluppo internazionale. Nell’approccio reattivo l’impresa deve assumere una decisione di
natura operativa e amministrativa, cioè deve fare un’analisi di solvibilità del cliente straniero (quando riceve l’ordine controlla che il cliente
sia in grado di pagare), deve capire come gestire la logistica. Queste decisioni non hanno nulla a che vedere con le decisioni strategiche, le
quali implicano a monte il fatto di conoscere i bisogni del cliente. Nel caso di un’impresa reattiva non c’è una necessità di conoscere i
bisogni del cliente straniero visto che è il cliente straniero ad attivarsi.
Tutto questo genera vendite sporadiche, occasioni perse, vendo finché il prodotto è competitivo e attrattivo che si vende da solo.
ATTEGGIAMENTO PROATTIVO
Atteggiamento di un impresa che attribuisce una valenza strategica al contesto internazionale. Vado a cercare l’operatore straniero per poter
vendere, non è lui che cerca me. L’atteggiamento proattivo dà continuità, dà una prospettiva di medio-lungo periodo non di breve periodo. È
un processo di internazionalizzazione inteso come progetto strategico strutturato, che implica:
• definizione degli obiettivi di sviluppo internazionale (perché voglio entrare in un nuovo mercato/segmento?)
• analisi delle condizioni ambientali attuali e tendenziali dei diversi mercati a cui si sta guardando
• definizione delle strategie di sviluppo più efficaci in relazione all’analisi interna delle risorse (finanziarie e umane) e dei punti di forza e di
debolezza dell’impresa. Fare un investimento può essere una buona soluzione, ma l’impresa potrebbe non avere le risorse finanziarie e
umane per internazionalizzarsi. Imprese che appartengono allo stesso settore non adottano necessariamente le stesse strategie per operare
nei mercati esteri. La stessa impresa nell’operare in mercati diversi può adottare strategie diverse. Non esiste la strategia di vendita sul
mercato estero, né per la stessa impresa, né per imprese diverse che operano nello stesso settore.
L’impresa quindi si interroga e analizza le condizioni del cliente, dell’ambiente esterno e interno definendo poi le modalità di sviluppo per
poter soddisfare quelle che sono le richieste di mercato.
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- Cause esterne all’impresa, connesse all’adattamento o allo sfruttamento degli stimoli proveniente dall’ambiente esterno. Più che causare
l’espansione internazionale, ne costituiscono uno stimolo (vincoli e opportunità). Sono stimoli che vengono
dall’ambiente esterno, non sono determinate dall’impresa ma l’impresa subisce gli effetti di questi stimoli. L’impresa di fronte a questo
stimolo potrebbe essere più passiva che attiva, infatti uno stimolo non necessariamente attiva un comportamento internazionale
dell’impresa. L’impresa potrebbe non cogliere questo stimolo ma subire una minaccia senza che vi sia una reazione —> approccio
tipicamente reattivo
Se le cause interne sono un’intenzione dell’impresa di sfruttare nel contesto internazionale i propri vantaggi competitivi mentre le cause
esterne sono uno stimolo a cui l’impresa può o meno reagire, possiamo comprendere che vi è un atteggiamento propositivo da parte
dell’impresa che si attiva nel contesto internazionale mossa da una motivazione interna e vi è un atteggiamento reattivo nel caso in cui
l’impresa reagisce agli stimoli che vengono dall’esterno.
Potremmo supporre che le imprese di piccole dimensioni, ossia quelle meno dotate di risorse e competenze interne, si muovono in un
contesto internazionale sulla spinta di input che vengono dall’esterno assumendo un atteggiamento reattivo; mentre assumono un
atteggiamento proattivo le imprese di maggiori dimensioni e che quindi hanno maggiori risorse e competenze interne e vantaggi competitivi
in grado di sfruttare sia nel contesto nazionale ma anche nel contesto estero. Tuttavia anche una piccola impresa può assumere un
atteggiamento proattivo così come una grande impresa può assumere un atteggiamento reattivo. Questo perché al di là delle risorse e
competenze interne, ci sono delle condizioni di mercato (condizioni esterne) alle quali le grandi imprese reagiscono.
Atteggiamento reattivo e proattivo possono riguardare sia piccole che grandi imprese.
A riguardo: caso di studio Tommasetto su Dolly che dà un’indicazione di come possono essere interpretati atteggiamenti proattivi o reattivi
di una specifica impresa. Tratta di un’impresa che opera nel settore di elettrodomestici che a seconda delle situazioni e anche nello stesso
contesto, mostra di assumere un atteggiamento sia reattivo che proattivo.
L’attivarsi di queste forze (interne ed esterne), o motivazioni, che attivano lo sviluppo internazionale dell’impresa dipendono non solo dalla
dimensione, ma anche dal livello di internazionalizzazione raggiunto dall’impresa e al patrimonio di conoscenze internazionali accumulate.
L’internazionalizzazione dell’impresa (come altri fenomeni aziendali) è frutto anche delle risorse e competenze disponibili, dell’esperienza
maturata (international experiential knowledge) e delle relazioni sviluppate con altri soggetti (business network). Dunque la capacità di
affrontare il contesto internazionale e subire gli stimoli che possono provenire dall’esterno dipendono dalle condizioni interne, ossia dal
patrimonio delle conoscenze e dal sistema di relazione che l’impresa ha instaurato con il contesto economico in cui opera (quindi con il
business network costituito tra fornitori, clienti, imprese concorrenti che possono fungere da fonti di conoscenza e di informazione).
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quelle normative. Questo significa allungare il ciclo di vita del prodotto e questo è possibile grazie all’esistenza del divario tecnologico o
normativo come in questo ultimo caso.
• maturare conoscenze di mercato: entro nei mercati esteri oltre che per vendere anche per acquisire conoscenza (learning market), captare
nuove innovazioni e tendenze
Risorse, conoscenze e relazioni interne ed esterne quali driver dello sviluppo internazionale
Impegno (commitment) di risorse (umane e finanziarie) necessarie per attuare le operazioni sui mercati esteri.
È molto importante la presenza dell’orientamento internazionale della direzione di impresa e un’esperienza consolidata del management in
ambito internazionale. Un manager orientato all’internazionalizzazione, quindi attento al contesto internazionale, che ha una esperienza
internazionale è sicuramente una componente dell’imprese che può sostenere il processo dell’internazionalizzazione dell’impresa. Favorisce
la capacità di cogliere le forze interne (sfruttare il vantaggio competitivo) e di cogliere anche gli stimoli che vengono dall’esterno.
L’altro elemento che supporta l’impresa in questo processo è il livello di conoscenze ed esperienze maturate (Eriksson et at., 1997):
- international experiential knowledge: deriva dall’esperienza maturata dai soggetti coinvolti all’interno dell’impresa nella gestione delle
operazioni estere; supporta l’acquisizione di nuova conoscenza, di tipo market specifc. Un’impresa consegue ed accresce il livello di
conoscenza nell’operare nel contesto internazionale man mano che entra in un numero crescente di mercati. L’impresa che entra per la
prima volta in un contesto estero deve affrontare un limite che deriva dal fatto di non sapere cosa significa operare nel contesto
internazionale. Entrare in un secondo mercato estero è un’attività ancora complicata, ma l’impresa ha già acquisito la conoscenza
dell’operare nel contesto internazionale. Una piccola impresa che opera in un numero di mercati ridotto ha sicuramente una esperienza e
una conoscenza dell’agire nel contesto internazionale molto più contenuta di una grande impresa che opera in più mercati
- Questo tipo di conoscenza ed esperienza supporta l’acquisizione di tipo market specific knowledge: conoscenza relativa ad uno specifico
mercato
• business knowledge (relativa al sistema competitivo locale): è la conoscenza relativa ad uno specifico mercato (per entrare in Cina quale
conoscenza devo acquisire per capire qual è il livello della domanda e il sistema competitivo del mercato cinese?)
• institutional knowledge (relativa al sistema istituzionale e culturale locale): devo conoscere come si negozia in quel mercato, quali sono
le leggi che possono ostacolare o favorire l’entrata nel sistema economico estero, devo conoscere il sistema culturale perché questo può
impattare sul comportamento del cliente industriale o del consumatore finale
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Questi autori dicono che la capacità dell’impresa nell’acquisire questa conoscenza è supportata dalla sua esperienza nell’operare nel contesto
internazionale.
Un’impresa che opera in uno o due mercati, entrare nel mercato cinese è decisamente più complicato rispetto ad un’impresa che opera in n
mercati, anche se il mercato cinese è nuovo per entrambe le imprese.
La differenza è che la prima impresa ha un livello di internazionalizzazione molto basso ed ha operato una scarsa esperienza nell’operare nel
contesto estero. L’impresa con un livello di internazionalizzazione alto ha maturato un buon livello di conoscenza ed esperienza nell’operare
nel contesto internazionale, quindi anche ad affrontare un mercato nuovo
Alcune imprese, di fronte a questi ostacoli decidono di non operare nel contesto internazionale. Altre invece affrontano questi ostacoli
tramite l’attuazione di strategie per superare tali ostacoli ed entrare nel contesto estero.
Gli ostacoli possono avere una natura oggettiva e/o soggettiva; barriere tariffarie e non sono un ostacolo oggettivo perché sono misurabili e si
possono quantificare. Sia i dazi, le imposte che le normative sono dati oggettivi e sono ostacoli per le imprese.
Vi è però anche una componente soggettiva di questi dazi: alcune imprese possono non essere in grado di superare quell’ostacolo e quindi di
fronte ad un dazio decidono di non vendere in quel mercato; imprese dello stesso settore e probabilmente anche della stessa dimensione
possono essere invece in grado di affrontare quell’ostacolo.
Esiste una componente soggettiva legata alle caratteristiche delle imprese dello stesso settore, le quali possono rispondere in modo differente
agli ostacoli.
Dato oggettivo: normativa
Componente soggettiva: imprese che riescono o meno a rispondere alla normativa
Capitolo 4:
Analisi dei mercati esteri
15
- Individuare nuovi mercati esteri: o il primo mercato in cui entrare oppure entrare in nuovi mercati per imprese che già operano nel
contesto internazionale
- Monitorare i mercati in cui l’impresa già opera per cogliere tempestivamente eventuali variazioni del mercato (comportamento clienti e
concorrenti): conviene ancora operare su quel mercato? Se lo confronto con altri mercati, può risultare conveniente uscire da quel mercato
perché meno promettente ed entrare in un altro? Analisi che ci induce a valutare di modificare il modo di essere
presenti in quel mercato, ad esempio se l’impresa è entrata con esportazioni indirette attraverso un intermediario commerciale e poi a
seguito dell’analisi dell’esperienza maturata su quel mercato può decidere di operare direttamente su quel mercato con investimenti di
natura commerciale.
L’impresa può inoltre decidere di uscire da quel mercato perché valuta che non sia più promittente
L’analisi dei mercati esteri può significare entrare in nuovi mercati o fare un’analisi dei mercati in cui si è già presenti
16
4. Forme di internazionalizzazione
5. Approccio internazionale (reattivo o proattivo?). Approccio reattivo
in quanto hanno risposto ad una domanda inattesa dalla Nuova Zelanda
6. Elementi pianificazione sviluppo internazionale: obiettivi, risorse e competenze, ostacoli, modalità di entrata. Ostacoli:
settore estremamente instabile in cui è impossibile fare programmazione di medio periodo, la nicchia delle componenti per auto a Gpl e
metano è da un lato legata all'andamento del prezzo del petrolio, che condiziona l'andamento della domanda, dall'altro alle normative
che vengono applicate. Risorse e competenze: maturata una maggiore flessibilità.
Modalità di entrata: vendita su mercati esteri senza delocalizzazione. Diversificazione dell’attività per evitare rischio paese
09/11/2021
Analisi e selezione dei mercati esteri: Tipologie di approcci alla scelta dei mercati esteri
A fronte di questo diverso comportamento che si registra guardando la realtà, qual è l’approccio all’analisi dei mercati esteri di una grande
impresa rispetto a una piccola?
Approccio sistemico e strutturato è tipico delle grandi imprese perché si sta dotando di strumenti per approcciare i mercati esteri e quindi di
studenti anche per svolgere l’analisi dei mercati esteri.
Questo approccio consiste nella valutazione del livello di attrattività e accessibilità dei mercati esteri. Il più delle volte si svolgerà una analisi
di tipo comparativa rispetto ai mercati esteri, ma potrebbe avvenire anche solo per un mercato estero.
Questo approccio dovrebbe essere l’approccio più diffuso, non solo nelle grandi imprese, in quanto i mercati esteri sono complessi, mercati
che presentano una forte differenza tra di loro e rispetto al mercato domestico. Quindi necessitano di una valutazione attenta delle loro
caratteristiche. Ma è proprio la complessità nell’operare nei mercati esteri che agisce nel senso opposto nei confronti dell’impresa, questa
complessità frena le imprese, soprattutto quelle dotate di minori risorse e competenze, ad assumere questo atteggiamento.
Approcci di natura comportamentale e basati sull’opportunità è tipico delle piccole-medie imprese
Si tratta di un approccio basata su stimoli che possono spesso venire dall’estero. La letteratura ci dice che queste imprese (teoria di Uppsala)
decidono di entrare in mercati caratterizzati da:
1. Ridotta distanza geografica e/o psichica (differenze di natura culturale, economica, sociale e politica tra mercati). Spesso la distanza
geografica coincide con la distanza psichica (es. Francia è abbastanza vicina all’Italia anche dal punto di vista psichico; mentre la Cina è
distante fisicamente e psichicamente). Non sempre questa correlazione è confermata nella
realtà (es. per gli operatori del mercato inglese è più ridotta la distanza psichica rispetto al mercato americano, seppure è
geograficamente distanze. Le imprese inglese hanno una maggiore facilita a negoziare con mercato americano piuttosto che mercati
come Francia e Spagna perché nella scelta delle imprese impatta molto l’elemento della differenza culturale). La differenza culturale
accresce la mancanza di conoscenza di quel mercato. Le imprese istintivamente entrano nei mercati vicini e rinunciano a priori di
entrare in mercati lontani dal punto di vista geografico che psichico
2. Esperienza manageriale e preferenze personali. L’imprenditore che ha una mentalità aperta e che ha viaggiato, è più propenso ad entrare
in mercati esteri e a spingersi in mercati lontani. Manager che hanno una esperienza relativamente a un dato mercato portano la propria
esperienza all’interno dell’impresa e quindi facilitano l’entrata dell’impresa in un mercato anche distante. L’orientamento, l’esperienza,
la provenienza del manager possono impattare sulla decisone di entrare in un mercato
3. Ordini non sollecitati. Vendo al cliente straniero che ha fatto richiesta del mio ordine, è il mercato che ha scelto l’impresa
4. Imitazione delle imprese pionieristiche. Se imito il comportamento dei concorrenti, delle imprese del distretto al quale appartengo entro
nel mercato perché altre imprese sono entrate, imito la strategia perché è più facile acquisire una conoscenza di quel mercato
5. Concentrazione clienti. Seguo il cliente principale, entro nel mercato dove si trova il cliente principale
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Cosa significa indicatore go-no go? Devo individuare uno/due indicatori e stabilire una soglia. Rispetto a quella social devo escludere tutti
quei mercati rispetto ai quali l’indicatore non raggiugne la soglia fissata
Es: impresa che produce condizionatori. Quale può essere un indicatore secco per scremare 200 mercati? Il clima. Escludo tutti quei mercati
che non sono potenzialmente interessanti per l’impresa in quanto non è pensabile che si possa raggiugnere una dimensione della domanda
significativa in mercati dove il clima è tale per cui non è necessario l’utilizzo di un condizionatore. Tuttavia il clima sta cambiando quindi
potrei ripensare la mia analisi nel futuro
Es: sono un’impresa che produce beni di lusso (gioielli, abbigliamento nella fascia medio-alta, auto), potrei pensare di fissare come variabile
go-no go il PIL, quindi escludere tutti i mercati che si trovano al di sotto di una certa soglia
La definizione di questa soglia sta nell’esperienza del manager, vi devono essere degli elementi strutturali dell’impresa che la mettono nella
condizione di poter applicare uno strumento di questo tipo.
C’è qualche elemento di approccio comportamentale? Si, non c’è nulla di scientifico o statistico. Vi è una componente comportamentale
all’intero di questo modello. Scelgo queste variabili in base all’esperienza dell’imprenditore, in oltre si tratta di una scelta strettamente legata
al settore di appartenenza dell’impresa. Va comunque fatta una scelta in relazione alle caratteristiche del settore in cui l’impresa appartiene e
le caratteristiche dell’impresa
Per individuare queste variabili occorre conoscere l’impresa. Per implementare un’analisi di questa impresa, il team deve acquisire i dati
necessari per conoscere il settore e l’impresa. Il primo passaggio è la conoscenza del settore (consultare banche dati, sito dell’impresa) e
dell’impresa (consultare sito dell’impresa ed entrare in relazione con l’impresa)
Quindi il primo screening è l’individuazione di paesi accettabili, ossia coerenti con le caratteristiche del settore al quale l’impresa appartiene
SECONDO SCREENING (DA ANALISI PEST): ragiona su un numero più contenuto di mercati. Più scremo dal primo screening, più è agevole
l’analisi successiva. Nel secondo screening su un numero più ridotto di mercati, l’impresa o l’analista deve individuare delle variabili che
misurano il livello di attrattività e accessibilità di quei n mercati.
Che cosa significa attrattività e accessibilità? L’attrattività misura il livello di domanda industry specific potenziale del mercato. Non sto
misurando la domanda del prodotto specifico dell’impresa, ma sto stimando la domanda degli elettrodomestici, dei capi d’abbigliamento di
lusso la quale appartiene una casa di moda come Armani. Svolgo quindi un’analisi di attrattività dei mercati a livello di settore.
Poi misuro l’accessibilità, ossia entrare in quei mercati cosa comporta, quali costi occorre sostenere, quali ostacoli occorre superare. In
termini di accessibilità parleremo di barriere all’entrata.
Nel contesto internazionale queste barriere sono articolate, perché non sono solo le barriere naturali legate alle caratteristiche e alla struttura
del mercato estero (pressione competitiva, infrastrutture, differenze culturale) ma vi sono anche le barriere artificiali (tariffarie e non).
Per misurare questa attrattività e accessibilità degli n mercati vi sono degli indicatori che posso desumere dall’analisi PEST. Ancora una
volta questi indicatori devono essere individuati in relazione alle caratteristiche del settore e dell’impresa.
È inutile andare ad analizzare l’elemento come la cultura se questo non impatta in alcun modo sul comportamento d’acquisto del prodotto
dell’impresa.
Non esiste l’indicatore assoluto per misurare l’attrattività e accessibilità, in quanto sono strettamente collegati alle caratteristiche del settore e
dell’impresa.
Qual è l’esito dell’analisi del secondo screening? È un ranking paese, vale a dire di quegli n mercati come si classificano in base alla
dimensione di attrattività e accessibilità. L’output del secondo screening è un ranking di quei mercati che derivano dallo screening
preliminare rispetto alla quale l’impresa sta svolgendo un’analisi a livello settoriale. Solitamente il ranking deve essere oggetto di confronto
con l’impresa, perché questo modello ingloba comunque una parte comportamentale dell’impresa.
Un elemento importante è che l’analisi del secondo screening è un’analisi comparativa perché faccio un’analisi di attrattività e accessibilità
sugli n mercati; si tratta inoltre di un’analisi desk (a tavolino). Ciò significa che utilizzerò per misurare le variabili che ho utilizzato, per
dimensionare l’attrattività e l’accessibilità devo individuare delle fonti secondarie
Le fonti secondarie sono tutti quegli enti che dispongono di banche dati da cui è possibile attingere il dato per misurare il PIL pro capite,
livello tecnologico, … per misurare il livello di attrattività e accessibilità di quegli n mercati. Si tratta di un’analisi comparativa che è
complessa sebbene sia un’analisi desk. La complessità deriva dal fatto che non sempre si hanno tutti i dati relativi alle variabili che si hanno
individuato
TERZO SCREENING: abbiamo individuato un ranking, una classifica degli n mercati. Ora bisogna fare un’analisi in profondità del primo
mercato che è l’output del secondo screening per capire come entrare in quel mercato. Quindi il terzo screening è un’analisi a livello firm
specific. Il livello di analisi non è più il settore ma il prodotto specifico dell’impresa; significa svolgere rispetto ai primi o al primo mercato
un’analisi di attrattività e accessibilità firm specific. Va ad analizzare quanto il prodotto dell’impresa è coerente con le caratteristiche del
prodotto specifico dell’impresa.
A livello di terzo screening si tratta di un’analisi in profondità, ossia da fonti primarie dovrò svolgere ricerche di mercato. Questa analisi si
svolgerà attraverso un’analisi qualitativa piuttosto che quantitativa, Focus Group piuttosto che a interviste. Svolgere un’analisi in profondità,
da fonti primarie per comprendere quanto il prodotto dell’impresa è attrattiva e accessibile, questa analisi deve essere fatta su un numero
ridotto di mercati
Qual è la finalità dell’analisi del terzo screening? La finalità è quella di conoscere le caratteristiche di quel mercato in cui si vuole entrare per
definire la modalità di entrata e come vendere il prodotto (adattamento o standardizzato), come promuoverlo, come distribuirlo
Questo tipo di analisi che riguarda lo specifico prodotto dell’impresa può essere fatta in profondità ma su un numero ristretto di mercati
Quindi nel primo e secondo screening utilizzo fonti secondarie, nel terzo screening
utilizzo fonti primarie
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Le barriere all’entrata sono oggettive ma possono anche essere percepite in modo diverso da un’impresa rispetto ad un’altra.
La pressione competitiva è un dato oggettivo ma un’impresa può rispondere in un modo diverso rispetto ad un’altra, pur appartenendo allo
stesso settore.
Si tratta di paesi da conquistare perché vi è un’elevata attrattività, vi è una domanda potenziale elevata però bassa accessibilità. Queste
situazioni possono allertare l’impresa su un interesse verso questi mercati che si trovano in posizione inferiore rispetto ai paesi a elevata
priorità; rispetto ai quali l’impresa potrebbe decidere di posticipare l’entrata. Su questo tipo di mercato poi l’impresa deve valutare come
entrare e questo potrebbe aiutare a superare l’elemento della bassa accessibilità e a sfruttare l’elevata attrattività del mercato dei paesi ad
elevata priorità
Nei paesi da conquistare potrei decidere di non entrare subito, ma in un momento successivo oppure valutare di entrarvi
contemporaneamente ai paesi ad elevata priorità ma dotandosi di strategia di entrata costruita sull’esportazione indiretta, quindi affidandosi a
degli importatori in quanto con la strategia di esportazione indiretta si possono
superare degli ostacoli che caratterizzano l’accessibilità del mercato.
Questa matrice porta a comprendere come entrare nei mercati. Si tratta di un
approfondimento del secondo screening
Terzo screening:
6. Analisi in profondità del paese/i scelto/i mediante fonti primarie, ossia analisi sul campo (indagini qualitative e quantitative)
United Nations (UN) - Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) → Istituto di statistica UNSTAT
UN è una organizzazione intergovernativa a carattere internazionale nata (24 ottobre 1945) per promuovere la cooperazione internazionale.
Vi aderiscono 193 stati del mondo su un totale di 205. Sede New York
Gli articoli 1 e 2 dello Statuto delle Nazioni Unite riassumono gli scopi e i principi dell'organizzazione:
• mantenere la pace e la sicurezza internazionale;
• promuovere la soluzione delle controversie internazionali e risolvere pacificamente le situazioni che
• potrebbero portare a una rottura della pace;
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• sviluppare le relazioni amichevoli tra le nazioni sulla base del rispetto del principio di uguaglianza tra gli Stati e l'autodeterminazione dei
popoli;
• promuovere la cooperazione economica e sociale;
• promuovere il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali a vantaggio di tutti gli individui;
• promuovere il disarmo e la disciplina degli armamenti;
• promuovere il rispetto per il diritto internazionale e incoraggiarne lo sviluppo progressivo e la sua codificazione
Attraverso la sua divisione di statistica (UNSTAT https://unstats.un.org/home), UN pubblica statistiche e informazioni sui suoi stati membri
relativamente a dati sociali, demografici ed economici → http://data.un.org/
UNSTAT: i topics a cui rimanda per macro categoria sono il database sul dato dell’energia, le informazioni sul genere, etc. Guardando a
questi topics possiamo individuare quegli indicatori di nostro interesse che rimandano agli uffici di statistica delle agenzie speciali delle
Nazioni Unite.
Questo sito infatti è popolato di dati degli uffici di statistica delle agenzie speciali delle Nazioni Unite. Le Nazioni Unite hanno delle agenzie
specializzate (15) tra cui il fondo monetario internazionale FMI, l’organizzazione per lo sviluppo industriale UNIDO, l’Agenzia delle
Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura FAO, e così via.
Se ad esempio ci interessano dati che riguardano il settore dell’agricoltura, può essere che l’ufficio di statistica della FAO ci dia informazioni
di nostro interesse, se ci interessano dati che riguardano il livello di istruzione dei paesi li vado a trovare nell’ufficio statistica dell’UNESCO.
Nel sito del FMI troviamo dati che riguardano il PIL aggregato e il PIL pro-capite.
UNCTAD (United Nations Conference on Trade and Development, Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo)
Organo principale dell'Assemblea generale delle UN per gli aspetti legati al commercio, agli investimenti e allo sviluppo
Mission: incrementare le opportunità commerciali, di investimento e sviluppo dei paesi in via di sviluppo e aiutare tali paesi ad integrarsi
nell'economia mondiale
Sede Ginevra, Svizzera
http://www.unctad.org; http://unctadstat.unctad.org/wds/ReportFolders/reportFolders.aspx?sCS_ChosenLang=en (documents and analyses
global and regional trends on FDI, trade,...)
Specialized agencies of UN (alcuni esempi)
IMF (International Monetary Found, Fondo Monetario Internazionale)
Mission: promuovere la cooperazione monetaria globale, assicurare la stabilità finanziaria, facilitare il commercio internazionale,
promuovere un alto livello di occupazione e una crescita economica sostenibile, favorire la riduzione della povertà nel mondo.
Sede Washington, Stati Uniti.
UNIDO (United Nations Industrial Development Organization, Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale)
Mission: promuovere lo sviluppo industriale sostenibile e inclusivo per ridurre la povertà nei paesi in via di sviluppo. Sede Vienna, Austria
FAO (Food and Agriculture Organization, Organizzazione delle Nazioni Unite per l‘alimentazione e l‘agricoltura)
Mission: guidare gli sforzi internazionali per sconfiggere la fame nel mondo, aiutando sia i paesi sviluppati che quelli in via di sviluppo.
Agisce come forum neutrale dove tutte le Nazioni si incontrano per negoziare accordi e per discutere politiche e iniziative. Sede Roma
UNESCO (United Nations Educational, Scientific, and Cultural Organization, Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la
Scienza e la Cultura)
Mission: contribuire alla costruzione della pace, allo sradicamento della povertà, allo sviluppo sostenibile e al dialogo interculturale
attraverso l'educazione, le scienze, la cultura, la comunicazione e l'informazione. Creare le condizioni per il dialogo tra le civiltà, le culture e
le popolazioni sulla base del rispetto di valori comuni e condivisi. Sede Parigi, Francia
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I dati elaborati da Eurostat vengono forniti dagli istituti di statistica degli Stati membri
Organization for economic cooperation and development (OECD) - Organizzazione per la cooperazione e per lo sviluppo economico
(OCSE) (www.oecd.org)
Formato da 36 paesi Membri, paesi sviluppati e paesi emergenti (Nord e Sud America, Europa, Asia)
Mission: aiutare i Paesi promuovendo politiche per migliorare le condizioni di benessere sociale ed economico delle popolazioni nel mondo.
Sede Parigi, Francia
Statistiche relative a indicatori economici degli stati membri: produzione industriale, commercio nazionale, occupazione, salari
Dotazione di risorse naturali → impatto su delocalizzazione produttiva. L’analisi dei mercati esteri può essere fatta sia per invidiare il
mercato nel quale vendere (obiettivo della nostra analisi: internazionalizzazione del mercato di sbocco), ma anche per individuare il mercato
in cui andare a produrre perché più ricco di quel fattore produttivo utile per la produzione dell’impresa, perché quel fattore presenta
determinate caratteristiche di prezzo o qualitative.
Un’analisi delle dotazione di risorse naturali può essere interessante se l’obbiettivo dell’analisi dei mercati esteri dell’impresa è quello di
definire il mercato in cui andare a produrre.
La materia prima necessaria per la produzione è disponibile sul territorio estero? Quanto costa? Quindi se un’impresa sa di non voler
delocalizzare, non prende in considerazione questo indicatore
Fattori politici (sistema politico e stabilità politica, sistema normativo, sistema burocratico e livello di corruzione, politiche internazionali) →
indicatori che impattano sulla valutazione del rischio paese e quindi ha effetti sulla attrattività
Es: un’impresa produce auto. In alcuni paesi vi sono normative che richiedono un certo standard per l’emissione dei gas. In relazione alla
produzione dell’impresa oppure all’esigenza di allungare il ciclo di vita del prodotto e in relazione ai vincoli normativi che possono esistere,
questo tipo di fattore può essere interessante per l’impresa e quindi impatta sul livello di attrattività, della domanda di quel paese in quanto
limita e condiziona il tipo di prodotto che può essere venduto su quel mercato
Il sistema politico può impattare anche sulla capacità dell’impresa di svolgere l’attività economica sul mercato estero, di non vedere messa a
rischio la sua attività
Esempio: Bosch. Un indicatore interessante per sviluppare la prima fase riguarda proprio la stabilità politica perché per la classe dirigente di
Bosch è importante operare in paesi che garantiscono una certa stabilità politica che si riflette sulle normative che impattano sulla domanda
del prodotto
Come può essere misurato un indicatore di questo tipo? Un indicatore che può aiutare a definire il livello di rischio paese è il Doing Business
Abroad [http://www.doingbusiness.org/rankings] messo a disposizione dalla World Bank che costruisce un ranking
Il primo è un indicatore di sintesi sulla base del quale possiamo costruire una prima graduatoria
Da cosa è costituito questo indicatore? Costituito da: richiedere permessi di costruzione, ottenere l’elettricità, registrare un atto di proprietà,
ottenere finanziamenti, protezione azionisti di minoranza, livello delle tasse, far applicare contratti, commerciare attraverso le frontiere,
risolvere problemi di insolvenza.
Questi sono le variabili che compongono l’indicatore Doing Business
L’Italia si trova in 58esima posizione, si potrebbe leggere la posizione dell’Italia in ciascuna variabile (avviare un business: 98esima
posizione)
Questo indicatore è una proxy per misurare il rischio paese di un mercato estero.
Si tratta di una sintesi del livello del sistema politico e stabilità che potrebbe interessarmi a livello di mercato estero. Anche in questo caso
posso fare un’analisi comparativa tra n mercati
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Per alcune tipologie di prodotti, come prodotti con dimensione elevata (rapporto prezzo/volume elevato) è importante la variabile: distanza
geografica (es.: Km tra Italia e paese target) —> incidenza su costi di trasporto, maggiore è il volume dei prodotti, maggiore sarà il costo di
trasporto.
Banalmente si può misurare questa distanza geografica come km tra italia e paese target. Una misura di questo tipo impatta sull’accessibilità
in quanto impatta sul costo per entrare nel mercato estero. Questa misura può essere rilevante, quando arrivo a livello di terzo screening, per
definire il prezzo del prodotto e sulla decisione del come entrare nel mercato estero (se esporto mi espongo a un costo di questo tipo, le
imprese potrebbero valutare di andare a produrre direttamente sul mercato estero per annullare, a parità di altra condizione, tutti i costi
commerciali che riguardano il trasferimento del prodotto dalla casa madre al paese estero considerato)
Potrei essere interessata anche a vedere la composizione della popolazione per genere e fasce d’età
Composizione età → dimensione del segmento di popolazione propensa ad acquistare/consumare determinati prodotti (es.: prodotti per
l’infanzia; propensione tecnologica della fascia adulta oltre i 65 anni; ...)
È importante vedere il trend di queste fasce. Se nei mercati occidentali c’è una contrazione dell’incidenza della popolazione nella fascia d’età
dell’infanzia perché il tasso di natalità è piuttosto contenuto, guardo invece ad altri mercati dove il tasso di natalità è elevato.
Un’impresa che produce beni ad alto contenuto tecnologico come telefonini si può chiedere qual è l’incidenza della popolazione anziana per
capire come configurare anche la produzione rispetto a quella classe d’età
Si tratta di indicatori proxy, perché guardando all’incidenza della popolazione nella fascia d’età che mi interessa, non è detto che tutta la
popolazione di quell’età è interessata al prodotto di quella specifica categoria merceologica
Questa approssimazione è necessaria per in alcuni casi è difficile da fonti secondarie trovare il dato puntuale sul consumo di un determinato
prodotto; quindi ci arrivo per approssimazioni
La difficolta nell’analisi è quando non ho il dato puntuale che mi consente di misurare la domanda potenziale per un determinato prodotto,
quindi devo costruire il dato tramite altri indicatori che si compongono tra di loro
Grado di concentrazione/dispersione geografica della popolazione; densità per centri abitati della popolazione (% popolazione urbana/rurale)
→ impatto sulla leva distributiva (modalità e costi); considerazioni in termini economici e culturali relativamente al comportamento di
acquisto della popolazione.
In letteratura vi è una idea che la popolazione urbana ha un comportamento d’acquisto diverso dalla popolazione rurale. Misurare il grado di
concentrazione della popolazione nelle principali città può dare un’indicazione del comportamento di acquisto della popolazione
Questi elementi impattano anche sulla decisione dell’impresa di come entrare sul mercato: se il sistema distributivo, perché la popolazione è
prevalentemente rurale, è caratterizzato da piccoli punti vendita allora per l’impresa può essere non conveniente entrare con forme dirette ma
con intermediari commerciali
Posizione sul mercato del lavoro (tassi di attività, disoccupazione) → indicatori per la misurazione della capacità di spesa di una
popolazione. Potrebbe essere interessante per prodotti come beni di lusso, prodotti voluttuari quindi prodotti per i quali una capacità
d’acquisto può variare in relazione al tasso di occupazione e al livello del reddito pro capite
Sempre nell’ambito del profilo sociale, demografico e culturale è importante anche il sistema culturale: indicatori che influenzano il
comportamento di acquisto
Livello di alfabetizzazione e di istruzione della popolazione (es.: % laureati; % spesa pubblica in formazione, istruzione, ricerca & sviluppo)
→ impatto su predisposizione all’acquisto di prodotti con diversi gradi di complessità (es.: elettronica di consumo, prodotti a contenuto
tecnologico)
I prodotti biologici si diffondono soprattutto nelle popolazioni che hanno un livello di istruzione elevata. Prodotti ad elevato livello
tecnologico sono strettamente legati al livello di istruzione e alla percentuale di PIL dedicato all’attività di ricerca e sviluppo nel campo
dell’information technology
Vi sono degli indicatori che misurano il livello di sviluppo tecnologico dei mercati. Questi indicatori impattano su beni come elettronica di
consumo e ad elevato contenuto tecnologico
Cultura paese (lingua, religione, valori sociali) → impatto su comportamento acquirenti (es. prodotti: cibo, abbigliamento, bevande, prodotti
per la cura della persona, ...); modalità di negoziazione commerciale
La cultura di un paese impatta sulle abitudini di acquisito e di consumo, soprattutto prodotti alimentari, abbigliamento ed elettrodomestici
risentono delle differenze culturali
Da un’analisi desk è possibile misurare le differenze culturali tra i paesi? Una proxy è quella dell’indicatore di similarità: indice di sviluppo
umano (human development index - HDI) [http://hdr.undp.org/en/composite/HDI].
Questo indicatore è composto da alcune variabili: speranza di vita alla nascita, livello culturale (composto da livello di scolarizzazione e
numero medio di scuola), tenore di vita (composto da PIL e PIL pro capite)
La misurazione va da 0 a 1. La Norvegia ha un indice di sviluppo umano prossimo all’1 (dato 2019)
L’Italia invece dal 2019 si colloca insieme all’Estonia in 29esima posizione
Come può essere utilizzato questo indicatore? Se il livello dell’Italia è 0,892 e voglio cercare paesi simili all’Italia guarderò tutti i paesi che
sono sopra. Tutti quelli al di sotto sono paesi che si allontanano.
Un altro indicatore che approssima di più le differenze culturali è quello fatto da uno studioso americano che ha utilizzato il concetto di
distanza psichica (differenze culturali, politiche, economiche e sociali) e l’ha misurata tra un paese e n paesi: misurazione distanza culturale
[http://dow.net.au/?p=1]
Viene misurata la distanza culturale come indicatore complessivo, ma anche con riferimento alla differenza linguistica, distanza a livello
economico, della religione, a livello di istruzione, distanza in termini di caratteristiche demografiche e socio-economiche.
Per usare questo indicatore bisogna farlo con cautela
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(3) STRUTTURA DEL SISTEMA ECONOMICO-PRODUTTIVO
Prodotto Interno Lordo (PIL) aggregato e suo trend di crescita → misura del livello di dinamicità economica di un paese (impatto su
attrattività della domanda locale).
Se il trend è in crescita (es. Cina), c’è un livello economico crescente quindi si forma la classe media e ci può essere un forte interesse per
quel mercato
Composizione del PIL per rami di attività (agricoltura, industria, servizi) e principali settori manifatturieri → forniscono una misura del
livello di industrializzazione di un paese (composizione della domanda di beni industriali).
Se sono un’impresa che opera nel settore B2B voglio vedere la composizione della ricchezza a livello settoriale
Reddito pro capite, propensione al consumo e al risparmio; pressione fiscale; tasso di inflazione → indicatori di capacità di spesa, in
particolare per beni di consumo durevole (impatto sul livello di attrattività di un paese)
Un altro blocco che fa parte del sistema economico produttivo è l’apertura internazionale
Potremmo misurare il grado di apertura internazionale di un mercato attraverso l’analisi della struttura della bilancia commerciale:
- volume e composizione importazioni → indicazione di chi sono i principali concorrenti stranieri (misura indiretta della pressione
competitiva locale e straniera); tipologia di prodotti importati. Se vi è un’elevata incidenza dei prodotti importati significa che vi è
apertura internazionale nella categoria merceologica considerata verso prodotti stranieri.
L’analisi del prodotto relativo alle importazioni posso meglio dettagliarlo analizzando da dove vengono le importazioni. Questo è
interessante per capire se vi è un interesse verso quel prodotto e mi da una misura di chi possono essere i concorrenti stranieri
- import penetration (incidenza % delle importazioni sui consumi totali) → misura indiretta di accessibilità. Mi misura il grado di apertura
verso i mercati esteri, e posso analizzare questo dato con specifico riferimento al livello di importazione dal mio paese. Indica quanta
parte dei consumi totali è soddisfatta da importazioni piuttosto che da produzione locale. La crescita dell’incidenza può dare
un’indicazione dell’eventuale apertura di quel mercato ai prodotti stranieri o viceversa qual è la forza della produzione locale nel
soddisfare il consumo interno
- volume esportazioni → da informazioni relative alla dinamicità economica del paese. Guardo il livello di esportazione a livello settoriale.
Se un’economia esporta significa che è molto dinamica. Esempio: se nel settore
abbigliamento ho un elevato livello di export vuol dire che ho dei concorrenti locali molto dinamici perché sono in grado di proporre i
loro prodotti sia nel mercato nazionale sia nel mercato estero. Il livello di esportazione mi dà anche
una misura della pressione competitiva del settore. Più il mercato esporta in quel settore, più vuol dire che ho una concorrenza locale
molto accesa
- saldo bilancia commerciale (esportazioni - importazioni) → misura indiretta del grado di accessibilità del paese. Quando in un
paese (es. USA con politiche di Trump) la bilancia commerciale è sbilanciata in negativo, quello stato, che ha un margine di manovra nel
definire le sue politiche verso i volumi di import e export, tenderà a chiudersi, ossia a introdurre rotative restrittive per ridurre il volume
delle importazioni ed equilibrarle con le esportazioni. Possiamo leggere la bilancia commerciale come un indicatore del grado di apertura
di quel mercato o di quello specifico settore
In maniera più diretta posso guardare le barriere tariffarie e non tariffarie (quote, embarghi, rispetto standard di qualità prodotto). Possiamo
misurarle tramite il sito della WTO
Un indicatore che potrebbe essere costruito è quello che misura dell’effetto Made in
Es.: Made in Italy: Incidenza delle importazioni Made in Italy (Import Italia (PTAC e PC)) su Totale Import (PTAC e PC)
(PTAC = Prodotti Tessile Abbigliamento Calzature; PC = Prodotti Casa —> settori che identificano il made in Italy)
Il senso di un indicatore di questo tipo è andare a vedere quanto indicono il totale delle importazioni dell’Italia relative a quel settore sul
totale delle importazioni di quel paese
Es: se volessi costruire un indicatore di questo tipo devo individuare le importazioni dei paesi come Francia, Germania e Canada,
importazioni del PTAC dall’Italia, importazioni complessive di quei settori da tutto il mondo e costruire l’incidenza
Sono interessata a un indicatore di questo tipo perché voglio vedere attraverso questo indicatore se vi è un effetto made in Italy su quel
prodotto. Se noto che questo indicatore è alto vuol dire che vi è un’attenzione verso il prodotto tessile-abbigliamento italiano.
Sistema di comunicazione (es.: diffusione giornali/riviste; percentuale diffusione televisione; caratteristiche dell’audience; regolamentazione
in materia pubblicitaria...) → impatto sulla visibilità del prodotto, sulle scelte comunicative utilizzate nel mercato estero e relativi costi
Il sistema di trasporto, sistema distributivo e di comunicazione concorrono alla misurazione del livello di accessibilità dei mercati esteri
Livello di sviluppo tecnologico (assoluto, tasso di crescita: popolazione connessa ad internet; spesa in pc, giochi elettronici, servizi internet,
infrastrutture tecnologiche del paese... ) → stima della domanda di prodotti a contenuto tecnologico e di prodotti ad essi complementari;
considerazioni relative al ciclo di vita del prodotto; impatto su decisione delocalizzazione e sui sistemi distributivi (diffusione e-commerce).
Questi ci danno una misura del livello di sviluppo tecnologico dei mercati esteri e di un numero significativo di mercati
Questo indicatore è molto utile oggi, soprattutto per le imprese che si vogliono dotare di un sistema distributivo e-commerce.
11/11/2021
Fonti statistiche per l’analisi dei mercati esteri
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Tutte le pubblicazioni sono disponibili gratuitamente in PDF
COEWEB
Accesso: Banche dati —> Banche dati settoriali
Contiene dati su tutte le merci importate ed esportate da e nei paesi che commerciano con l'Italia.
I dati, aggiornati mensilmente, sono disponibili dal 1991 ad oggi (ultimo aggiornamento: dati fino a luglio 2021).
E’ necessario registrarsi per l’utilizzo della banca dati con funzionalità piena (la biblioteca è registrata*).
Se vogliamo entrare nelle banche dati più storiche —> Sezione Archivio storico: accesso alle statistiche del commercio estero dal 1970 al
1990.
*Nome utente: bibecostat password: ECOSTAT
Esempio 1: COEWEB
Esempio: import/export tra Italia e altri paesi nel settore vinicolo
Entriamo in Consultazione tematica (merce, paese, territorio)
Noi dobbiamo andare nella merce
Utilizziamo la funzione Merce selezionata (Ateco 2007) per tutti i paesi —> Categorie (Ateco 2007) (5 cifre, livello più specifico).
Selezione categorie (Ateco 2007) >> CA11021 >> flag su “Format XLS” e pulsante “Continua”
In questo modo ci scarica una tabella excel con i flussi di import e export per il triennio di tutti i paesi. Inoltre ci da il valore, il volume e i
metadati (annotazioni relativamente ai paesi)
NB: l’estrazione dei dati è fatta ogni 3 anni, quindi se si vogliono avere dati su più anni occorre fare più estrazioni
Esempio 2: COEWEB
Ricerca puntuale: questo tipo di estrazione prevede di vedere il flusso di import e export tra una città/provincia e un paese Esempio:
import/export tra Modena e la Russia nel settore maglieria
Andiamo nella sezione ricerca puntuale >> Dati territoriali >> Attività economica - Valori (Ateco 2007) >> Seleziona la riga >> Merce
(Ateco 2007) >> pulsante “Continua”
• Paesi: selezioniamo Russia (seleziona gli item evidenziati per confermare la selezione)
• Territorio Italiano: selezioniamo Modena
• Classificazione merci per attività Economica (Ateco 2007): CB 143 – Articoli di maglieria (massimo livello di specificità)
Flag su “formato XLS” >> Pulsante “Esegui” per il dowload del file in excel
NB: estrazione dati per biennio
Ministeri
Nei siti dei Ministeri in genere sono presenti sezioni o pubblicazioni vere e proprie dedicate alla presentazione di dati statistici di varia
qualità e tempestività di aggiornamento
25
AGENZIA ICE —> https://www.ice.it/it/statistiche
• Statistiche e studi
• Le statistiche in breve
• Cerca la tua tavola
• Schede prodotto
• Dati sugli investimenti diretti esteri in Italia (IDE)
• Tariffe doganali
• Dati macroeconomici
OCSE
L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico nasce nel 1961 allo scopo di favorire e coordinare lo sviluppo economico dei
paesi membri.
Realizza studi su molti settori dell’economia, della ricerca, dell’educazione e su tutto ciò che possa influenzare lo sviluppo. Una delle
principali attività è la raccolta, l’elaborazione e pubblicazione, su carta e su formato elettronico, di molte serie statistiche.
OECDiLibrary
Dalla sezione Statistics:
• Search statistics (ricerca libera)
• Databases – Extract data from across datasets
• OECD.Stat
• Indicators
• Country statistical profile: solo tabelle precompilate non modificabili Statistical series
OECD.Stat
Accesso: Extract data from across datasets >>> icona rosa DATA
Presenta dati e metadati relativamente ai paesi OCSE oltre a una selezione di paesi non membri
Permette di effettuare ricerche ed estrazioni di dati dai vari dataset inclusi sotto i diversi temi
E' possibile costruire la propria tabella personalizzata, selezionando le variabili di interesse, ed esportarla in formato Excel
OECD.Stat
Accesso ai dati:
• search: stringa di ricerca libera
• selezione dei dataset con le funzioni:
• Data by theme
• Popular queries (FAQ dei dati più richiesti)
• possibilità di scaricare i dati in vari formati
Esempio: OECD.Stat
Esempio: livello di sviluppo tecnologico in Argentina, Romania e Russia dal 2015 al 2019 per confronto:
Andiamo nel tema Science, Technology and Patents >> Science and Technology Indicators >> Main Science and Technology Indicators
(MSTI database)
26
Per personalizzare la tabella: Selezione delle dimensioni >> Customise selection
• Country: selezionare Argentina, Romania, Russia
• Year: selezionare gli anni dal 2015 al 2019
Pulsante View data per visualizzare la tabella modificata
Customise > layout per cambiare disposizione variabili
Possiamo fare il download di quello che abbiamo estratto: Export >>> excel >>> export to xls file
Ci scarica il file Excel
Esempio: WTO
Esempio: ricerca profilo tariffe e profilo commerciale della Cina
Dobbiamo andare in Tariffs >> For each country >>> List of members >> Selezionare China
• >> Tariff profile in pdf, in xls e note tecniche
• >> Trade profile in pdf e note tecniche
World Databank
Offre la possibilità di reperire statistiche ed indicatori su molti settori quali istruzione, salute, sviluppo in Africa, popolazione, riuniti in
specifici databases
Open Data:
• More Resources
• DataBank
Il principale database è World Development Indicators
World Development Indicator
Possibilità di selezionare:
• Country
• Series
• Time
estrazioni di dati personalizzate sotto forma di tabelle, oppure grafici esportabili in diversi formati
United Nations
L’Ufficio statistico delle Nazioni Unite è punto di raccolta di dati a livello mondiale per demografia, aspetti sociali, commercio
internazionale, contabilità nazionale, energia, industria, ambiente, trasporti.
• Le informazioni sono derivate dalle principali fonti nazionali e internazionali
• Statistical Yearbook: è la principale pubblicazione; raccoglie dati su oltre 200 paesi documentando il quadro demografico, sociale,
economico e delle relazioni internazionali, con serie storiche di un decennio.
UNdata
Modalità di ricerca:
• Per parola chiave nella stringa di ricerca
• Datamarts: si visualizza l’elenco di tutti i database
• Glossary
• More permette di utilizzare l'opzione di ricerca avanzata
• Popular statistical tables, country and regional profiles
Esempio: Undata
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Esempio: commercio di prodotti ceramici nei paesi emergenti (BRICS) e Italia dal 2015 al 2019
Usiamo la Ricerca libera: trade ceramic products, si ottiene come risultato il dataset corrispondente
Select filters:
• Country or Area: flag su Brazil, China, India, Russian Federation, South Africa e Italia
• Time: flag negli anni dal 2015 al 2019
Selezionare apply filters
Download per scaricare la tabella (solo CSV, da convertire in XLS)
16/11/2021
Analisi dei mercati esteri (2° parte) - Scelta del/i mercato/i di sbocco
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• Stima della domanda per analogia e analisi lead-lag. Il presupposto di entrambe le tecniche è che sono noti i trend della domanda di un
prodotto in un determinato mercato, è noto il consumo di un prodotto in un mercato. Es: voglio stimare la domanda
di frigoriferi nel mercato tedesco ed è noto il trend del consumo di elettrodomestici del mercato inglese. Sto supponendo che il mercato
inglese e tedesco siano simili, ossia il comportamento d’acquisto del consumatore tedesco e inglese relativamente al consumo di
elettrodomestici, nello specifico di frigoriferi, siano simili. Questo presupposto è importante per l’applicazione di un metodo di stima della
domanda di un mercato, noti i dati di un’altra mercato. Il fattore che utilizzo per determinare la domanda nel mercato tedesco è la
percentuale di utilizzo di frigoriferi nel mercato inglese. Noto che il 10% della popolazione e noto il numero della popolazione del mercato
tedesco, applico quella percentuale di utilizzo di frigoriferi al mercato tedesco. Questa traslazione la possiamo fare sulla base dell’ipotesi
iniziale: i due mercati sono simili dal punto di vista economico, sociale, culturale e questo impatta sul comportamento d’acquisto.
Il presupposto di partenza dell’analisi lead-lag è sempre che due mercati di riferimento possono avere dei sistemi culturali, sociali ed
economici molto simili; ma la somiglianza avviene in un momento temporale differente. Io suppongo che vi
possa essere una convergenza tra il mercato A e il mercato B non nel sistema economico, culturale al tempo 0 ma al tempo +1. Il
consumatore del mercato B assumerà un comportamento d’acquisto simile al consumatore del mercato A al tempo +1. Sulla base di questa
ipotesi dico che il prodotto oggetto di analisi nel mercato B sarà uguale al tempo 1 alla domanda dello stesso prodotto del mercato A al
tempo 0. Quindi vuol dire che devo stimare questo tempo ritardato.
Supponiamo come nell’esempio di voler stimare il potenziale di video on-
demand nel mercato italiano, avendo nota la serie storica della domanda
di video on-demand del mercato americano. Le due curve si muovono in
modo parallelo, questo indica che la struttura delle due curve è analoga
ma con una distanza temporale. Il comportamento del consumatore
Italiano è simile al comportamento del consumatore americano ma con
una distanza di 2 anni. Nel 2013 il mercato americano ha un tasso di
diffusione del video on-demand del 60% delle famiglie; questo dato lo
ritroviamo nel mercato italiano nel 2015. Per cui nel 2020 vado a vedere
cosa succede nel mercato americano e poi faccio una proiezione sul
mercato italiano con un ritardo di 2 anni. La convergenza nel
comportamento di acquisito e di consumo dei due mercati avviene con un
ritardo di 2 anni, quindi la proiezione del consumo che si è verificato nel
mercato americano di riferimento lo proietto i quello italiano con un
ritardo di 2 anni. Vado a vedere oggi qual era il consumo nel mercato
americano 2 anni fa. Il limite di questo tipo di analisi è stimare il ritardo temporale, ossia stimare in quanto
tempo si può verificare la convergenza del comportamento di consumo dei due mercati. È difficile applicare questo modello in quanto è
complicato stimare il ritardo temporale; tuttavia la letteratura ci dice che i manager hanno una buona consapevolezza in base alla loro
esperienza e intuito nello stimare qual è questo tempo ritardato che consente la convergenza nei comportamenti dei consumatori. Se oggi
voglio stimare, sulla base di questo modello, il consumo del prodotto del mercato italiano, di cui mi è nota una serie storica di un mercato
di riferimento che può essere quello USA, dico che vi è un ritardo temporale di 2 anni; vado a vedere qual è stato il consumo del prodotto
rispetto a due anni prima (oggi rispetto al 2019).
Mi è nota la serie storica, mi è nota quali sono i consumi di videocassette nel mercato americano (serie storica dal 2010 al 2020). Io oggi
voglio stimare e non ho la stessa serie storica del mercato italiano e parto dal presupposto che i due mercati sono caratterizzati da modelli
di consumo simili tra di loro ma con un ritardo nell’acquisizione di un comportamento. Andrò a individuare il livello della domanda del
mercato americano due anni prima perché questa è la stima del manager di videocassette del mercato italiano.
2. L’analisi delle BARRIERE ARTIFICIALI che l’impresa estera deve affrontare per collocare la propria offerta in un determinato paese riguarda
l’analisi:
• Delle barriere tariffarie, dazi e imposte che gravano sulle importazioni se le vedo dal punto di vista del paese verso cui sono destinati i
nostri prodotti o sulle esportazioni se lo vedo dal punto di vista del paese da cui provengono i prodotti.
Tributo che grava sulle merci che fanno ingresso nel paese, riducendone la competitività rispetto alla produzione locale, per effetto
dell’aumento del prezzo. Le barriere tariffarie impattano sulla economicità del prodotto, questo ostacolo può rendere il mercato estero più
o meno accessibile. L’impresa infatti deve valutare il costo del dazio sul prezzo del prodotto, deve decidere e aumentare il prezzo per
assorbire il dazio oppure deve ridurre il proprio margine a parità di prezzo (impatto sulla profittabilità in quanto o riduce il margine oppure
rischia di non conquistare quote di mercato sul mercato estero dato che il suo prodotto deve competere con i prodotti locali che non
risentono dell’effetto del dazio).
Es: immaginiamo le esportazioni auto mercato americano. Dazi sulle importazioni di auto straniere. Le auto straniere risultato meno
competitive sul mercato americano rispetto alle auto americane prodotte dalle case automobilistiche americane. Per mantenere il livello di
competizione l’impresa può decidere di andare a produrre in America oppure di ridurre i propri margini di guadagno non traslando il dazio
sul prezzo
• Delle barriere non tariffarie, tutte le misure e normative che impattano sulla capacità di vendita nel mercato estero. Possono essere
normative che impattano sulla composizione del prodotto (richiesta di certificazione di qualità), sulla quantità di prodotto che può essere
importato in quel paese, e cosi via. Sono più difficili da quantificare come impatto sul prezzo e sulla profittabilità dell’impresa. Non si
traducono nella corresponsione di un tributo, ma producono lo stesso effetto economico di quelle tariffarie. Al crescere del numero di
normative, si riduce l’accessibilità verso quel mercato.
[Banca dati della commissione europea sulle barriere artificiali: http://madb.europa.eu/madb/indexPubli.htm]
Accessibilità dei mercati selezionati - barriere naturali: Analisi del contesto competitivo (concorrenza locale/estera)
L’intensità della competizione in un dato mercato è un importante fattore che influenza:
• la facilità di entrata nel mercato
• l’entità delle esportazioni potenziali in quel mercato, quindi sul livello della domanda in quel mercato
• la modalità di operare in quel mercato, perché a fronte di una forte concorrenza l’impresa può decidere di entrare affidando le esportazioni
a intermediari commerciali, acquisendo un concorrente molto forte facendo investimenti diretti esteri o facendo un accordo col
concorrente
30
• la potenziale profittabilità
L’intensità competitiva è molto importante perché permette di misurare la profittabilità del mercato estero
L’analisi della concorrenza locale del mercato estero sarà costituita sia dalle imprese nazionali che operano in quel mercato o quelle straniere
che vendono sul mercato in questione.
Quindi l’analisi della concorrenza locale significa identificare:
- Provenienza del prodotto consumato nel mercato in questione: produzione locale o importazione
- Numero, dimensione e forza finanziaria e relazionale delle imprese concorrenti del mercato e studiare anche il sistema di relazione che le
imprese operanti nel mercato estero locali oppure straniere hanno instaurato con il sistema della distribuzione locale
- Quota di mercato dei concorrenti e relativo tasso di crescita
- Strategie competitive dei concorrenti: livello qualitativo dei prodotti, prezzo, distribuzione, comunicazione
Tutto questo da fonti secondarie è complicato, non è agevole fare un’analisi di questo tipo che invece in modo più puntuale può essere fatta a
livello di terzo screening
Analisi della struttura dei canali di distribuzione esistenti nei paesi esteri considerati (disponibilità e caratteristiche).
Vogliamo analizzare di quegli n mercati com’è struttura la distribuzione (corto, dal produttore al cliente finale o passaggio al dettagliante e
grossista).
Perché dovrebbe essere utile conoscere il sistema distributivo del mercato estero e perché questa informazione rientra nel concetto di
accessibilità? In relazione al sistema distributivo del mercato estero l’impresa deve definire come entrare e qual è il costo dell’entrata nel
mercato estero. Se il sistema distributivo è molto frastagliato l’impresa deve mettere in conto di doversi rapportare con un numero di grossisti
e dettaglianti elevato
Il sistema distributivo indiano è molto frastagliato, è tipico del sistema italiano il passaggio da molti grossisti e dettaglianti. Catena
distributiva molto lunga
L’altro discorso è esiste la grande distribuzione nel mercato estero? Ha un potere molto forte? Qual è la relazione tra la grande distribuzione
e la concorrenza locale? Tutto questo crea una barriera all’entrata, barriera del potere contrattuale del cliente. Crea il potere del cliente
intermedio nei confronti del prodotto e, in particolare straniero
Influenza le possibilità di penetrazione del mercato, come entrare nel mercato e le scelte distributive:
- struttura dei canali di vendita: grado di concentrazione della distribuzione; presenza/assenza della grande distribuzione
- presenza di marchi commerciali affermati nel contesto locale e loro relazione con i produttori locali.
- diffusione sul territorio delle principali insegne mondiali. Possono essere un veicolo per la penetrazione commerciale del prodotto
dell’impresa straniera
- presenza di personale di vendita qualificato (es.: agenti di vendita presenti sul mercato estero).
Questo tipo di analisi non è agevole farla tramite fonti secondarie. È un tipo di indicatore molto interessante ma difficile da misurare
attraverso fonti secondarie. Vi possono essere delle proxy, come livello di urbanizzazione nel mercato, configurazione del territorio. Nei
paesi con un’elevata concentrazione di zone urbane rispetto a quelle rurali, è molto facile che ci sia una maggiore diffusione della grade
distribuzione rispetto alla piccola, sistema corto rispetto al sistema lungo
Questo tipo di analisi può essere meglio sviluppata a livello di terzo screening
Più agevole è misurare la struttura della comunicazione perché può impattare sui come promuovere e comunicare il prodotto sul mercato
estero.
Questa analisi della struttura della comunicazione è importante per capire:
- il ruolo della pubblicità e delle altre forme di comunicazione (fiere, personale di vendita, sponsorizzazioni, promozioni …)
- disponibilità dei mezzi e infrastrutture (grado di diffusione mezzi di informazione: tv, radio, internet, giornali, cinema, teatri …)
31
La distanza geografica influenza i costi di trasporto (impatto sul prezzo) e il come entrare nel mercato estero.
La distanza culturale ha un impatto sul comportamento d’acquisto. Influenza le strategie di marketing (decisioni di adattamento del prodotto
e delle altre leve del marketing mix). Questo è un indicatore che può essere utile analizzare da fonti secondarie perché possiamo avere
un’indicazione del livello di similarità o differenza culturale tra il mercato nazionale e il mercato estero, soprattutto per le imprese meno
propense a modificare le strategia di vendita, di prodotto, di comunicazione e distribuzione, quindi sono interessate a trovare mercati simili al
mercato nazionale.
Nell’analisi comparativa tra i mercati l’impresa può decidere di eliminare a livello di secondo screening i mercati che hanno un’elevata
differenza culturale rispetto a quello nazionale, perché questo significa andare ad adattare o pensare a un nuovo prodotto per il mercato
estero.
Cultura del paese: valori, (usi, costumi ..), ruolo della donna (es.: tassi di occupazione femminile), composizione della famiglia, religione
Questa misura è importante perché per alcune tipologie di prodotto può modificare il comportamento dei consumatori da un consumatore
all’altro. Per un’impresa invece è importante perché influenza le strategie di marketing (decisioni di adattamento del prodotto e delle altre
leve del marketing mix), infatti maggiore è il livello di similarità minore è l’esigenza per l’impresa di dover adattare il prodotto e le altre
strategie di vendita rispetto a quel mercato. Le differenze culturali possono impattare anche sulle strategie di entrata, come negoziare con
consumatori del mercato estero può indurre un’impresa a una strategia di collaborazione, di esportazione indiretta ecc
La distanza culturale può essere misurata con indicatori di similarità:
• indice di sviluppo umano → aspettativa di vita, PIL pro capite, livello di istruzione (livello di alfabetizzazione) → human development
index (HDI) http://hdr.undp.org/en/composite/HDI
• misurazione distanza culturale consultando il database dei due studiosi americani: http://dow.net.au/?p=1
18/11/2021
Modello di analisi del mercato: Definizione Pesi e Range
Dobbiamo risolvere due problemi: le variabili individuate hanno tutte la stessa importanza nel processo decisionale che sto implementando
and per valutare e analizzare i mercati esteri? L’impresa valuta allo stesso modo un mercato dal punto di vista dell’attrattività e
dell’accessibilità? Per l’impresa è importante allo stesso modo che il mercato abbia una buona domanda potenziale e corrente relativamente
alla categoria di prodotto e allo stesso modo è importante che il mercato sia accessibile?
Oppure è un’impresa che, date le sue caratteristiche interne, valuta in maniera molto più rilevante l’accessibilità (perché superare gli ostacoli
di entrata per questa impresa è molto complesso in quanto dotarsi di una certificazione è impegnativo) rispetto alla dimensione della
domanda (questa piccola impresa occupandosi di una nicchia di mercato non ha necessità di volumi di domanda significativi quindi elevata
attrattività)? Le variabili hanno tutte la stessa importanza?
Questo concetto ci rimanda all’importanza, peso che le singoli variabili hanno nel processo decisionale.
Per questa impresa di piccole dimensioni, dato il vincolo interno di risorse e competenza, valuterà l’accessibilità con un peso maggiore
rispetto all’attrattività
Diversamente un’impresa dotata di risorse e competenze in grado di poter affrontare gli ostacoli, la pressione competitiva e barriere
interessate è interessata ad individuare mercati con livelli significativi di domanda.
Nel suo processo decisionale l’attrattività ha un peso maggiore nella valutazione rispetto all’accessibilità. Tradotto in numeri: su una scalda
in termini percentuali, l’attrattività peserà per il 70%, l’accessibilità per il 30%.
Non esiste una regola perché dipende dal processo decisionale dell’imprenditore e del manager che fa l’analisi dei mercati esteri.
Per definire questi pesi il team che sta svolgendo l’analisi dovrà relazionarsi con quel decisore e valutare insieme quali possono essere i pesi
da attribuire alle variabili. La prima colonna della tabella è un’indicazione del peso in termini percentuali che va stabilito insieme a chi
deciderà o meno di entrare sui mercati esteri.
L’analista può decidere come misurare il peso: in termini percentuali, su una scala da 0 a 1, …
I dati inoltre possono essere misurati con unità diverse, il PIL pro capite per esempio con unità valuta, l’incidenza della popolazione per
fascia d’età con una percentuale
Come faccio a elaborare dati che sono espressi in unita di misura differenti?
Non sono sommabili i valori che hanno unita diverse. C’è un problema di riclassificazione di questi valori. Affinché possa nell’elaborazione
dei dati sommare il valore relativo al PIL pro capite e l’incidenza della popolazione per fascia d’età, devo riclassificare questi variabili su una
scala da 1 a 10 o da 1 a 5, sarà l’analista a scegliere che scala utilizzare. Una scala da 1 a 10 mi da una gradualità maggiore mentre una scala
da 1 a 5 mi da una scala di riclassificazione più ristretta, ho una minore precisione nella riclassificazione
Ad esempio dobbiamo riclassificare il PIL pro capite. Il valore è 1 quando è estremamente basso, 10 quando è estremamente alto. Nel mezzo
ci sono i valori intermedi.
Dico che per quell’impresa, come nell’esempio che il PIL pro capite è molto basso se è inferiore a 1000 dollari al mese; è invece considerato
estremamente alto se superiore a 5000 dollari al mese. Nel mezzo abbiamo le fasce intermedie (considerato poco più che basso nel 2, medio
tra 2 e 3, …)
Per quanto riguarda l’indicatore di incidenza della popolazione per fascia d’età, l’analista potrebbe decidere che è considerata molto bassa
un’incidenza inferiore al 15%, media tra il 20% e il 22% e molto alta quando superiore al 33%. Un’altro analista potrebbe benissimo
modificare questi numeri. Questo rispecchia una configurazione diversa di un’impresa; per una piccola impresa lo schema potrebbe essere
questo, invece una grande impresa che ha l’ambizione di entrare in un mercato con maggiore capacità di acquisito e maggiore capacità di
domanda potrebbe considerare valori diversi. Per esempio un paese che
produce beni di lusso fisserà delle soglie, soprattutto per il PIL pro capite,
La definizione di questi pesi non può prescindere dalla specifica realtà
32
Supponiamo che la nostra analisi i attrattività si paesi sul PIL pro capite e l’incidenza della popolazione per fascia d’età. Supponiamo che i
pesi siano il 10% per il PIL e il 15% per l’incidenza della popolazione.
Per il paese 1 il PIL pro capite è 4500 dollari. Questo valore nella scala che sto costruendo lo posso riclassificare come 9, in quanto poco
inferiore di 5000
Questo lavoro di riclassificazione lo farò per gli n mercati, sulla base della scala che mi sono data
Io so che questa variabile pesa per il 10%, quindi a questo punto il valore relativo al PIL pro capite del paese 1 sarà 0,1 (10%) * 9 = 0,9
Quindi l’indicatore di PIL pro capite per il paese 1 lo traduco pesato in 0,9
Nel momento in cui devo sommare PIL pro capite e percentuale dell’indicazione della popolazione, a questo punto posso sommare i valori.
Supponiamo che l’incidenza della popolazione nella classe d’età 10-30 sia il 30%, riclassificabile come 3. Questi 9 e 3 devono essere
ponderati per 0,1 e 0,15 per poter effettuare la somma
Per il paese 2 supponiamo che il PIL pro capite sia di 1500 dollari, quindi
lo riclassifichiamo come 2. Traduco il 1500 dollari nel numero 2: 0,1 * 2 =
0,2
Possiamo pensare che per il paese 2 l’incidenza nella popolazione nella
classe d’età 10-30 è pari al 20%, lo riclassifico nella scala da 1 a 10 in 2:
0,15 * 2 = 0,3
Quindi io non posso sommare 1500 e il 20% perché non hanno la stessa
unità e non posso sommare nemmeno i valori 2 in quanto non sono pesati
allo stesso modo perché per l’analista il PIL pro capite ha un’incidenza del
10% mentre l’incidenza della popolazione il 15%. Per il decisore è più
importante che ci sia una popolazione con una certa fascia d’età piuttosto
che il PIL pro capite
Quindi i valori 2, valore di riclassificazione, non assumono lo stesso
valore perché devono essere pesati per 0,1 (PIL) e per 0,15 (incidenza
popolazione). Così procedo per le n variabili considerate e gli n paesi
In questa tabella posizionano nelle righe gli indicatori, nelle colonne i paesi
La prima colonna indica il peso, ossia l’importanza attribuita alle variabili oggetto di analisi. La somma dei decimali da 1, quindi è misurato
su una scala da 0 a 1
Il peso è lo stesso per le stesse variabili nei diversi mercati; cambia però il valore dell’indicatore economic position
Questi dati nella tabella sono già la moltiplicazione tra il peso e lo scoro
33
0,05 mi sta dicendo che la posizione economica della Giordania si può classificare in una scala tra 1, 3 e 5 come 1
Successivamente hanno fatto la somma. Per quanto riguarda l’attrattività del mercato dalla tabella deriva che il paese che presenta lo score
maggiore è costituito dagli Emirati Arabi Uniti. La riga del totale mi da una graduatoria rispetto alla market attractiveness
5 è il punteggio più elevato. Come secondo c’è l’Arabia Saudita
Lo stesso viene fatto sul fronte dell’accessibilità o forza competitiva. Anche gli Emirati Arabi Uniti sono primi.
A questo punto abbiamo una graduatoria sul fronte dell’attrattività e accessibilità
Tuttavia nel processo decisionale attrattività e accessibilità avranno un’importanza differente. Quindi il totale dell’attrattività e della forza
competitiva vanno pesati e sommati
Se fosse il 50% sarebbe 0,5 * 3,70 guardando agli Emirati Arabi Uniti e 0,5 * 5
In questo modo la somma ponderata di attrattività e forza competitiva per ciascun mercato mi da la graduatoria finale.
Abbiamo costruito un ranking paesi sulla base della loro dimensione di attrattività e accessibilità
A questo punto gli analisti hanno individuato che il primo mercato rilevante sono gli Emirati Arabi Uniti.
Ora si apre la terza fase in cui l’impresa deve entrare nella conoscenza più dettagliata del primo mercato dove potenzialmente sta decidendo
di entrare per acquisire ulteriori informazioni in modo fa rispondere alla domanda: date le caratteristiche del mercato e del prodotto, qual è la
dimensione del mercato? Il mercato è coerente con il prodotto e le strategie d’impresa (vi è un attrattività firm specific, l’impresa è in grado
con il suo prodotto di soddisfare le esigenze del mercato)? È difficile entrare e competere in questo mercato?
L’impresa deve acquisire ulteriori informazioni per definire come entrare sul mercato, come vendere sul mercato e stabilire le strategie di
prezzo, prodotto, distribuzione e comunicazione
Questo tipo di analisi la facciamo al livello di terzo screening perché è complesso fare un’analisi in profondità, che richiede risorse
finanziarie, umane, analisi molto dispendiosa che richiede tempo, quando abbiamo tanti mercati. È un’analisi che non si può fare tramite
fonti secondarie perché bisogna farlo sul campo, quindi bisogna ridurre l’indagine su un numero limitato di mercati
Spesso le indagini qualitative e quantitative si combinano. Faccio prima un’analisi qualitativa per acquisire informazione sugli attributi
ricercati dal prodotto perché non ho questo dato già acquisito relativamente a un determinato mercato
Successivamente individuo un campione di consumatori, intervisto questo campione in base a un questionario precedentemente costituito per
capire l’atteggiamento verso gli attributi invidiati nella prima analisi qualitativa
Le stesse indagini mi danno delle informazioni sulle decisioni di prezzo. Il prezzo può essere definito in base alla struttura dei costi, tuttavia
non può prescindere anche dall’atteggiamento della domanda rispetto al prezzo
• Indagine sui prezzi di vendita
• Studi sulla sensibilità al prezzo
Decisioni di distribuzione
• Indagini su comportamento e modelli di acquisto del consumatore
• Attitudine dei consumatori verso differenti tipologie di punti vendita (preferenza
per l’acquisto del prodotto nei supermercati piuttosto che nei punti vendita
specializzati)
• Indagine sui comportamenti e le politiche dei distributori. Analizzare il rapporto
di relazione tra la distribuzione e la concorrenza locale/estera; misurare il grado
di concentrazione (presenza o meno della grande distribuzione o presenza di
canali distributivi frastagliati). Questo tipo di informazione è più facile
acquisirle da fonti primarie o secondarie da dettagliate su uno specifico mercato
sopratutto se dobbiamo fare delle comparazione
34
Decisioni di comunicazione – pubblicità
• Pre-testing sulla pubblicità
• Indagine sugli atteggiamenti verso i media. Questo è uno di quei dati su cui posso lavorare considerando le informazioni da fonti
secondarie
Sono tutte attività che si possono svolgere su un solo specifico mercato al massimo due non di più, in quanto richiedono tempo e sono
costose, e facendo analisi sul campo. Questa analisi fa capire quindi quanta domanda potenziale può essere soddisfatta e in che modo
organizzare l’offerta dell’impresa.
L’analisi a livello di terzo screening riguarda l’analisi dell’accessibilità e attrattività firm specific
ACCESSIBILITÀ FIRM SPECIFIC: analisi dell’ambiente competitivo, tenuto conto delle caratteristiche dell’impresa e della sua offerta.
Analizzare un mercato estero dal punto di vista della forza competitiva significa adottare il modello di Porter.
Bisogna riuscire a distinguere tra concorrenti locali nazionali e concorrenti esteri presenti sul mercato, dopodiché analizzare le loro strategie
di vendita in termini di eventuali adattamenti del prodotto, di capacità e competenze dei concorrenti.
Si fa una comparazione tra la forza competitiva (l’offerta) dell’impresa e i possibili concorrenti di quello specifico mercato su cui si sta
svolgendo l’analisi.
- Analisi volta a individuare i vantaggi competitivi che differenziano l’impresa rispetto ai concorrenti: strategia perseguita dai concorrenti;
capacità, competenze e risorse di cui i concorrenti dispongono; capacità di risposta dei concorrenti
- Analisi delle altre forze competitive (fornitori, clienti intermedi o industriali) —> modello di Porter
Si tratta di analisi che devono essere fatte in profondità analizzando uno specifico mercato; impossibile farlo da fonti secondarie
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Questa matrice mi permette di capire su quale mercato entrare e come entrare sul mercato considerata la combinazione di
compatibilità/competitività e attrattività/accessibilità
22/11/2021
Matrice: Attrattività mercato/Compatibilità d’impresa: caso Bosh
Questa matrice può essere costruita anche in modo diverso, in questa matrice abbiamo
combinato i risultati del secondo screening: attrattività e accessibilità
Questa matrice può essere utile per collocare un numero maggiore di dati, basandosi solo su
dati secondari, quindi un’analisi industry specific e non firm specific
Nel caso Bosh la dimensione dei cerchi rappresentati da’ una dimensione del mercato, quello
collocato in alto a sx, Emirati Arabi Uniti, è molto ampio, l’impresa ha una buona forza
competitiva sulla base delle dimensioni analizzate a livello di secondo screening quindi
rappresenta il mercato in cui la Bosh avrebbe convenienza ad entrare come primo mercato, ad
entrare con un investimento diretto.
Scelta tra:
- Concentrazione geografica —> L’impresa concentra l’interesse su un numero ridotto di aree del mercato internazionale tra quelli frutto
dell’analisi. Decide di entrare in un numero limitato di mercati geograficamente e culturalmente simili (ma non necessariamente!)
Vantaggi: si focalizzano gli sforzi e le azioni su pochi mercati (solitamente, ma non necessariamente geograficamente e
culturalmente vicini al paese di origine e quindi caratterizzati da elevato grado di similarità). Concentrare risorse e competenze, che
sono elementi scarsi, in un numero ridotto di mercati per utilizzarle in modo opportuno.
Svantaggio: esporsi al rischio paese
- Diversificazione geografica —> L’impresa suddivide le risorse aziendali su un ampio ventaglio di paesi.
Vantaggi: costruire un portafoglio equilibrato di paesi, con caratteristiche economiche, ambientali e di mercato differenti,
diversificando il rischio paese. In questo modo si diversifica il rischio paese, se si entra in mercati non integrati tra di loro si
compensa l’andamento negativo di un mercato con l’andamento positivo di un altro
Svantaggio: diversificazione geografica implica dover ripartire le risorse scarse su più mercati, avere una capacità di risorse,
competenze, capacità di coordinamento dell’azione attuata su mercati diversi (strategia adottata da imprese di grandi dimensioni)
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I mercati sono piuttosto simili alle caratteristiche del prodotto dell’impresa, il cosiddetto prodotto globale/universale che non richiede
grossi processi di adattamento. Presenza in un numero significativo di mercati che però date le caratteristiche del prodotto, il segmento
del mercato a cui ci si sta rivolgendo non sono necessari processi di adattamento.
Tipica delle imprese di piccole dimensioni
2) Similarità diffusa: entrata in molti mercati tra loro simili (strategia di diversificazione e standardizzazione dell’offerta)
3) Diversità concentrata: entrata in pochi mercati tra loro diversi (strategia di concentrazione e adattamento dell’offerta)
4) Diversità diffusa: entrata in molti mercati tra loro diversi (strategia di diversificazione e adattamento dell’offerta). Strategie che imprese
di grandi dimensioni sono in grado di adottare
Tipologie di segmentazione
1) I singoli mercati presentano SEGMENTI MOLTO DIVERSI tra loro → opportunità di approcciarsi in modo differente adottando opportune
strategie di marketing. L’impresa opera in più mercati, ma all’interno di ciascun mercato si rivolge a un target di consumatori differente.
Adattare in questo modo richiede un processo di coordinamento e di costi che rende l’operazione più complessa
Esempio: imprese che operano nel settore alimentare adattano il sistema distributivo e di comunicazione
2) I singoli mercati presentano SEGMENTI NON OMOGENEI ma con alcune IMPORTANTI SIMILARITÀ → possibilità di uniformare alcune
attività di marketing, differenziandone altre. In alternativa, progettare e implementare politiche di marketing destinate a segmenti di
paesi giudicati strategici, da proporre anche in altri mercati
Es: prodotto Made in Italy. Lo vendo com’è per non fargli perdere gli elementi di originalità tipici del prodotto italiano, però assume
strategie di prezzo, distribuzione e comunicazione diverse a seconda del segmento.
3) Presenza di SEGMENTI GLOBALI/TRANSAZIONALE con modelli di acquisto e consumo ricorrenti in diversi mercati geografici → l’impresa
adotterà una strategia di omogeneizzazione dell’offerta, o progettazione di innovazioni da diffondere su scala mondiale. Quindi stesso
prodotto con lo stesso posizionamento sul mercato estero. Esempio: Ikea, McDonald’s, Nike.
Tuttavia parlare di prodotto globale è una forzatura. Queste aziende hanno un posizionamento globale ma vi possono essere adattamenti
globali (glocalizzazione). L’Ikea quando è entrata in Cina si è rivolta anche a consumatori di fascia medio alta (la ferrari si rivolge a
segmenti transazionali ma ci possono essere degli adattamenti in base alle specificità dei mercati locali)
È difficile identificare una linea di comportamento univoca
Analisi dei mercati esteri. Scelta del/i mercato/i di sbocco (case study)
Analisi dei mercati esteri per una piccola impresa: caso aziendale Paperfruit
Analisi dell’attrattività e accessibilità dei mercati esteri per un’impresa di medio-piccole dimensioni del comparto della cartotecnica
Fonte: Marchi G., Vignola M., Facchinetti G., Mastroleo G. (2014). International market selection for small firms: a fuzzy-based decision
process, European journal of marketing - n. volume 48 issue 11/12 (in dolly)
Elementi informativi (di cui siamo venuti a conoscenza tramite interviste effettuate attraverso la formulazione di in questionario) finalizzati
all’individuazione dei principali indicatori per misurare l’attrattività e l’accessibilità dei mercati esteri
1) Caratteristiche dell’impresa: dimensione, propensione all’export, caratteristiche dell’offerta e posizionamento (caratteristiche target di
riferimento)
2) Strategie di sviluppo dell’impresa
3) Approccio ai mercati esteri adottato dall’azienda fino ad oggi
4) Nuovo approccio ai mercati esteri
5) Obiettivi della strategia di sviluppo internazionale dell’azienda
6) Risorse e competenze aziendali che supportano la strategia di crescita internazionale
7) Ostacoli all’entrata sui mercati esteri percepiti dal management dell’azienda
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Paper fruit: principali caratteristiche
Dimensione:
• 2 mln. € fatturato
• 13 impiegati
Caratteristiche del consumatore target:
• attento alla qualità, all’originalità, all’innovazione e al design (fattori distintivi della personalità)
• segmento di mercato medio-alto
• fascia di età giovane: 10-30 anni, età scolare
• distribuzione: punti vendita specializzati (cartolerie, librerie), grandi magazzini, multimedia store
Posizionamento del prodotto:
• prodotto di qualità elevata, design originale, forte connotazione del made in Italy (relativamente al design)
• prezzo alto
Processo di internazionalizzazione (precede analisi mercati):
• Propensione all’export: 0,5% fatturato
• Presenza occasionale
• Ordini non sollecitati (iniziativa da parte di buyer della distribuzione dei mercati esteri)
Mercati:
• Emirati Arabi
• Olanda
• Danimarca
• Germania
• Giappone
• Grecia, Russia, Ucraina (solo invio di campioni)
Atteggiamento reattivo
Vincoli all’internazionalizzazione
Tutti i vincoli di cui parleremo sono soggettivi, ovvero dipendono dal modo in cui l’impresa percepisce questi ostacoli. In questa piccola
impresa con pochi dipendenti ad occuparsi delle decisioni commerciali, nazionali, internazionali (sporadiche) sono solo due imprenditori (i
due fratelli manager). Tuttavia, avendo già occasionalmente sperimentato il mercato internazionale, è stato possibile intravedere quali sono
gli ostacoli che l’impresa percepisce relativamente alla possibilità di avviare un processo di internazionalizzazione.
• Elevata pressione competitiva da parte di imprese di grandi dimensioni e affermate in ambito internazionale
• Rischio imitazione, prodotto facilmente copiabile
• Costi commerciali significativi
• Difficoltà logistiche: controllo dei tempi di consegna
• Scarsa competitività di prezzo perché se i costi aumentano si aumenta il prezzo
• Problemi di adattamento del prodotto su alcuni mercati esteri
• Risorse finanziarie e umane limitate
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Il modello è stato applicato sui primi due step, il terzo screening non è stato implementato. L’analisi si è chiusa con la scelta del mercato
individuato
Si tratta di un’azienda che non opera in modo stabile sui mercati esteri, opera in modo occasionale con vendite provocate da clienti stranieri,
non ricercati. Si presenta un panorama costituito circa da 200 mercati.
L’azienda ha già una lista di mercati sui quali focalizzare l’attenzione. Il decisore ha già ristretto i 200 mercati a 43, si tratta di mercati che
presentano in comune un PIL pro capite inferiore di un 10%, uguale o superiore a quello italiano (variabile go-no go).
Questo permette di individuare i mercati accettabili in relazione agli obiettivi di dirupo internazionale dell’impresa.
L’indicatore individuato è stato il PIL pro capite e la soglia di riferimento è il PIL italiano. Sono stati rimossi i paesi che si discostavano o in
meno del 10% o in più rispetto a quello italiano. Una volta individuato l’indicatore, bisogna definire la soglia per capire in base a che cosa
scremare i mercati. Il decisore ha deciso di considerare anche i paesi con un PIL pro capite inferiore del 10% di quello italiano
Questa è l’analisi del primo screening, si tratta di una analisi veloce da condurre.
Sui 43 mercati selezionata, si è concentrata la parte più corposa dell’analisi. Sono state individuate le variabili per misurare l’attrattività e
accessibilità in modo comparativo (analisi desk). Si tratta di una analisi multi variabile, perché sono state individuate 10 variabili per
misurare attrattività e accessibilità con 21 indicatori.
La maggior parte di queste 10 variabili sono state misurate con più di un indicatore. Il risultato della ricerca di questi indicatori ha prodotto
un modello ad albero mostrato successivamente
Gli indicatori li troviamo a sinistra come elementi di entrate (barriere commerciali, ..) che aggregati tra di loro portano alla definizione delle
due macro categorie attrattività e accessibilità che portano alla valutazione dei mercati (output finale, ossia ranking).
L’output del modello è il ranking dei 43 mercati stranieri su cui concentriamo l’analisi.
Terzo screening: su quale mercato decidiamo di entrare da cui poi seguirà una analisi in profondità tramite fonti primarie
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analisi. Un’altro elemento che concorre alla dedizione
dell’accessibilità è la pressione competitiva, anche rispetto a
questa variabile è stata omessa la misurazione
I dati percettivi sono le competenze manageriali e le conoscenze
di mercato. La capacità di affrontare i mercati esteri è legata alle
competenze manageriali, quindi la dotazione di competenze
rende un mercato estero accessibile, così come le competenze di
mercato
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Accessibilità: altre possibili variabili
Altre variabili che non sono state considerate sono la pressione
competitiva interna ed estera, prezzo medio prodotto cartotecnica per
una difficoltà di individuare i dati
Altre variabili che non sono state considerato sono il sistema di trasporto
interno, sistema distributivo, barriere istituzionali e l’import penetration
riferito al prodotto cartotecnica perché non avevamo il dato. Abbiamo
considerato la proxy, incidenza delle importazioni complessive / consumo complessivo riferito a quel prodotto, non guardando a quello
specifico prodotto di riferimento
Non è stato possibile misurare il costo di trasporto dall’Italia e il sistema di trasporto interno.
L’accessibilità è stata quindi misurata solo come distanza km dall’Italia, barriere tariffarie si prodotto legno e carta e import penetration
generali
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Paper fruit: risultati ranking paesi
Questo è l’output dell’analisi. La graduatoria varia da 0 a 100
È stato messo in evidenza il macro aggregato grado di accessibilità e grado di attrattività. La scelta del mercato è una elaborazione dei due
macro aggregati
Questo ranking vede l’Olanda, la Svizzera e la Finlandia nelle prime tre posizioni.
È stato chiesto all’imprenditore se si riconoscono in questa graduatorio, hanno che di si ma che la Svizzera era il mercato più coerente con il
profilo, il prodotto e le risorse e competenze interne
La Svizzera si distanzia dall’Olanda per pochi decimali (77,78 76,53), quindi significa che la valutazione è corretta anche se l’imprenditore
preferisce entrare in Svizzera. La Svizzera ha un grado di accessibilità più elevato rispetto all’Olanda
Quindi un’azienda mossa dall’esigenza di contenere i costi e di entrare in mercati facilmente accessibili, a fronte di un risultato molto vicino
al primo mercato, l’azienda decide di entrare in Svizzera. L’attrattività è molto vicina al primo mercato.
La decisone è di entrare in un mercato che è il secondo ma è il migliore in termini di accessibilità
La validazione è importante perché bisogna cercare di riprodurre un modello di analisi che approssimi il processo decisionale del decisore.
Se il decisore avesse detto che il primo mercato in cui entrare era Austria (l’ottavo), questo avrebbe evidenziato un problema nell’analisi.
Mentre dato che è stata scelta la Svizzera, data la distanza che definisce i dati, possiamo dire che l’analisi è corretta per questo decisore
Data acquired* for the 43 target markets selected from the preliminary screening stage (Indicator: GNP per capita; minimum level: Italian
GNP per capita)
Choice made on the basis not only of the final result (SceltaM) but also on the intermediate evaluation related to the attractiveness and
accessibility
Switzerland chosen as first market to penetrate: The 2nd country for overall score, but the best for accessibility
Ranking validation: top scorer countries are all small and rich markets, in line with the declared international strategy of the firm
Capitolo 5:
Strategie di entrata sui mercati esteri - Esportazione indirette e diretta, accordi internazionali di collaborazione, investimenti diretti
esteri (IDE)
Ora occorre capire come entrare nei mercati esteri. Descriviamo come una impresa può portare il proprio prodotto dal mercato nazionale al
mercato estero. Queste modalità di entrata o strategie di entrata sono le ESPORTAZIONI DIRETTE O INDIRETTE, gli ACCORDI INTERNAZIONALI
DI COLLABORAZIONE e gli INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI DI NATURA PRODUTTIVA A SCOPO COMMERCIALE
Esportazione diretta, significa che l’impresa assorbe internamente l’attività di vendita del prodotto sul mercato estero. Nell’esportazioni
indiretta l’impresa delega a un intermediario commerciale l’attività di vendita sul mercato estero, con l’esportazione diretta l’impresa
riconduce internamente la gestione di tali attività (attività di ricerca del mercato, ricerca degli operatori sul mercato estero, ricerca del sistema
di distribuzione, prezzo, prodotto e comunicazione)
L’impresa gestisce direttamente le relazioni con il cliente estero, mediante la propria organizzazione commerciale
Forme: figure prevalentemente interne, personale interno di vendita, rete di agenti, filiale/consociata commerciale
La filiale/consociata commerciale è un investimento diretto estero ma si tratta di un investimento diretto estero che ha come oggetto
esclusivamente l’attività commerciale. L’impresa acquisisce sul mercato estero un unita operativa per svolgere solo l’attività commerciale sul
mercato estero non l’attività produttiva
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Quali sono le attività di vendita sul mercato estero delegate (indiretta) o svolte internamente (diretta)?
Si tratta di attività di vendita che fanno riferimento al mercato in cui entro. Con l’esportazione indiretta questa attività è delegata
all’intermediario commerciale, l’impresa non svolge l’attività di ricerca.
Fanno riferito inoltre a chi vendere. L’impresa nell’esportazione indiretta non cerca a chi vendere, non cerca il distributore. Fanno
riferimento a quel prodotto vedere, a quale prezzo, come comunicarlo, come distribuirlo. Nell’esportazione indiretta l’impresa non individua
il prodotto da vendere sul mercato estero, il prezzo, come comunicarlo e distribuirlo. Si tratta di decisioni che vengono delegate
all’intermediario commerciale
Queste stesse attività invece nel caso di esportazioni diretta vengono portate sotto il controllo dell’impresa
L’impresa deve individuare il mercato estero, l’operatore sul mercato estero (distributore), capire il prodotto da vendere (prodotto
standardizzato, adattato, nuovo), individuare il prezzo a cui vendere il prodotto, sostenere i costi, identificare il sistema distributivo. Quindi
assume internamente molte decisioni critiche per un’impresa che deve operare sui mercati esteri, quindi hanno un elemento di rischio
importante
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Accordi internazionali di collaborazione, sono forme di cooperazione di medio-lungo termine tra imprese locali che vogliono entrare sui
mercati esteri e uno o più partner stranieri tra loro indipendenti, per gestire in comune attività commerciali/marketing e/o di produzione sui
mercati esteri.
I partner sono soggetti che si trovano sul mercato estero per poter svolgere alcune attività sul mercato estero
Forme: Piggyback, Franchising internazionale, Joint venture internazionale con finalità commerciale; Contratti di produzione, Licensing e
Joint-venture internazionale con finalità produttive/commerciale
Vi possono essere delle modalità di esportazione come nel caso delle Piggyback, Franchising e Joint-venture. Sono forme di appoggio che
generano comunque una transazione commerciale dal mercato nazionale al mercato estero, l’impresa produce e trasferisce il prodotto sul
mercato estero attraverso la collaborazione con questi soggetti nelle modalità di Piggyback, Franchising e Joint-venture. Vi sono invece altre
forme di collaborazione che prevedono una delocalizzazione produttiva indiretta: l’impesa non va a produrre direttamente sul mercato estero,
come nel caso degli investimenti produttivi all’estero, ma lo fa fare ad un partner straniero, e sono i casi di Joint venture internazionale con
finalità commerciale, contratti di produzione, Licensing e Joint-venture internazionale con finalità produttive/commerciale.
Insediamenti produttivi all’estero (IDE produttivo), in cui l’impresa gestisce direttamente le relazioni con il cliente estero, mediante la
costituzione di insediamenti produttivi in loco finalizzata alla realizzazione di prodotti da collocare nel paese di insediamento e/o nei paesi
vicini
Questa decisione ha diverse implicazioni (a parte in termini di investimento, capitale sia finanziario che umano) in quanto produrre
direttamente sul mercato estero significa anche essere maggiormente vicini alle esigenze del mercato, quindi rispondere da insider nel
mercato estero alle caratteristiche di quella domanda.
Dovremmo considerare comunque IDE anche quelli di sola natura commerciale, ossia le esportazioni dirette tramite la forma della consociata
commerciale. La differenza è che nelle esportazioni dirette si tratta solo di una attività commerciali, mentre quando parliamo di IDE
produttivi stiamo parlando di una delocalizzazione produttiva, ossia andare a produrre sul mercato estero
Gli IDE commerciali li teniamo distinti dagli IDE produttivi, perché la filiale consociata commerciale dà origine a esportazioni perché la
produzione sul mercato nazionale si esporta poi sul mercato estero, la gestione delle attività sul mercato estero viene coordinata da questa
filiale consociata creata o acquisita dalla casa madre
Forme: New venture (greenfield o brownfield); acquisizione di impresa
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• Natura delle attività svolte sul mercato estero
Esportazione indiretta:
• Scarse risorse dedicate all’operatività su un paese estero: volontà, o impossibilità di farlo, per ragioni strutturali, competitive o
economiche. Questo perché la maggior parte delle attività commerciale viene svolta dall’intermediario commerciale.
• I soggetti coinvolti non è soltanto l’impresa e la distribuzione del mercato estero, ma ci sono anche intermediari commerciali esterni
all’impresa in quanto l’impresa delega alcune attività (esclusivamente attività commerciale) all’intermediario commerciale. L’impresa
adotta questa modalità di entrata perché il coinvolgimento di risorse è basso.
• Viene coinvolta l’attività commerciale, mentre l’attività di marketing no in quanto tale attività è completamente delegata
all’intermediario commerciale. È l’intermediario commerciale che definisce le politiche di prezzo, prodotto, distribuzione e
comunicazione; sarà l’intermediario ad invidiare il prodotto dell’impresa più adatto al mercato estero, eventualmente suggerisce
all’impresa eventuali adattamenti al prodotto. Sono indicazioni che vengono da un soggetto esterno, non avviene da un’analisi svolta
dall’impresa
Esportazione diretta:
• Aumento sostanziale dell’impegno di risorse finanziarie e umane sui mercati esteri, con la decisione di dotarsi di strutture organizzative
capaci di garantire e sostenere una presenza diretta.
• Coinvolgimento di soggetti interni.
• Vengono coinvolte attività commerciale e di marketing (analisi dei mercati esteri, analisi del comportamento del consumatore, analisi
del comportamento della concorrenza, definizione delle strategie di prodotto, prezzo, distribuzione e comunicazione)
Accordi internazionali di collaborazione con partner del mercato estero:
• Competenze e conoscenze rese disponibili dai partner per realizzare obiettivi specifici sul mercato estero; le risorse e competenze sono
condivise con il partner.
• Coinvolgimento di soggetti esterni e interni perché vi è un coinvolgimento anche delle funzioni produttive/commerciali interne
all’impresa in modo complementare con quella del partner
• Vengono coinvolte più attività della catena del valore, come attività commerciale/marketing, produttiva, produttiva/commerciale,
approvvigionamento, ricerca e sviluppo. Nel caso del franchising e della joint venture commerciale viene coinvolta la sola attività
commerciale e di marketing. Nel caso del licensing viene coinvolta l’attività di produzione e di marketing. Viene coinvolta l’attività
commerciale e di marketing nel caso del piggyback
Insediamento produttivo all’estero (IDE produttivo):
• Ricorso a forme di investimento diretto sia commerciale/marketing che produttivo, per sfruttare e consolidare il vantaggio competitivo
in una logica di adattamento alle specificità ambientali di ciascun mercato presidiato. Livello di coinvolgimento di risorse e competenze
più elevato, perché effettuare investimento produttivo sul mercato estero richiede risorse finanziarie e umane (competenze interne
all’impresa)
• Coinvolgimento di soggetti interni.
• Vengono coinvolte attività produttiva, produttiva/commerciale, attività di ricerca e sviluppo. L’impresa può decidere anche di produrre
quella produzione destinata al mercato estero direttamente in quel mercato godendo di benefici e vantaggi che derivano da questa
decisione. Io impresa nazionale decido di andare a produrre all’estero con mie risorse, mentre negli accordi è comunque una
delocalizzazione produttiva ma chi produce è il partner
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prodotti può definire come vendere il prodotto, come adattare il prodotto e ha un pieno controllo sulle politiche di prezzo, distribuzione e
comunicazione
Nel caso delle esportazioni dirette il grado di coinvolgimento è medio-alto (richiede un investimento più contenuto rispetto all’IDE), ma vi è
un alto grado di controllo perché l’impresa decide come vendere sul mercato estero. Si ha un basso grado di flessibilità e presenza stabile
Nel caso di accordi di collaborazione condivido le risorse con il partner, condivido le decisioni sulle leve del marketing mix con il partner. Il
grado di flessibilità può essere più elevato rispetto all’investimento produttivo, ma più basso rispetto alle esportazioni indirette e si ha una
presenza stabile
Modalità di entrata: caratteristiche
Questa rappresentazione grafica sintetizza graficamente il confronto tra le quattro
modalità di entrata rispetto al grado di coinvolgimento, grado di controllo e grado
di flessibilità
La retta descrive in maniera opportuna come si posizionano tra di loro le modalità
di entrata
Modalità
di entrata,
Capitolo 6:
Strategie di entrata sui mercati esteri: Esportazioni Indirette
Esportazioni indirette
L’impresa non si dota di una organizzazione propria di vendita per entrare su
un mercato estero ma cede i propri prodotti ad un’impresa specializzata
nell’intermediazione commerciale internazionale la quale si occupa
dell’esportazione e della distribuzione; quindi delega ad altre imprese le attività
commerciali e di marketing che non sono sotto il controllo dell’impresa ma sotto il controllo del soggetto specializzato nell’attività di
esportazione e distribuzione nel mercato estero.
La vendita può avvenire sul mercato nazionale.
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Se guardiamo ad un’impresa di piccole dimensioni, vendere sul mercato nazionale all’intermediario commerciale significa non modificare
nulla sulla sua attività di vendita, non doversi dotare di risorse e competenze (competenza linguistica); ma sarà all’intermediario che
nell’agire con l’impresa nazionale dovrà attivarsi nella comprensione linguistica
Tuttavia questo non basta, nel caso Tommasetto abbiamo visto che anche quando il soggetto esterno (distributore della Nuova Zelanda) ha
dimostrato interesse nel prodotto dell’impresa, quell’imprenditore non ha voluto rischiare
Anche in quel caso non è detto che ha inizio l’attività di vendita sul mercato estero attraverso l’esportazione indiretta
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5. non dispone delle risorse (finanziarie e umane) necessarie per creare una propria rete di vendita sul mercato estero. Non avere le
competenze significa non avere competenze linguistiche, non sapere come negoziare con il mercato estero. Se quel mercato inizia ad
essere un mercato di rilievo per l’impresa ha senso passare ad altre modalità di entrata (esportazioni dirette, investimento o forma di
collaborazione), ma se quel mercato non mi consente di avere volumi di vendita significativi ha senso avvalersi di un soggetto terzo
6. riceve ordini non sollecitati provenienti dagli operatori esteri
7. dispone di un vantaggio competitivo di tipo esclusivo (prezzo, qualità, immagine del prodotto). Se ho un prodotto competitivo in termini
di qualità e prezzo, si tratta di un prodotto che si promuove abbastanza bene sul mercato estero, ma non ho la convenienza di gestire
direttamente la vendita perché il mercato non ha le dimensioni tali da conseguire volumi di fatturato che coprano i costi conseguiti
8. economie di velocità nella penetrazione del mercato estero a causa della mancanza o delle scarse informazioni relativamente al mercato
straniero (mancanza di contatti con la rete distributiva del mercato estero) → possibilità di sfruttare le competenze tecnico-commerciali,
le conoscenze e la rete di relazioni che gli operatori di tale canale hanno dei mercati di destinazione. L’intermediario commerciale che
ha conoscenza di quel mercato (sa quali sono le abitudini di acquisito e di consumo, ha rapporti con la rete di vendita e distributori,
figure istituzionali del mercato estero), tutto questo rende veloce la vendita sul mercato estero. Diversamente l’impresa dovrebbe
attivare delle relazioni con il cliente intermedio/finale, questo richiede tempo e costi (individuare il cliente, stabilire la relazione, …).
Mentre questi tempi e costi sono abbattuti grazie all’intermediario commerciale che hanno già tali conoscenze e un sistema di relazione.
9. possibilità di usufruire dei servizi di assistenza post vendita forniti dagli operatori del canale (figure dell’esportazione indiretta)
10. possibilità di accesso alle risorse finanziarie dell’intermediario commerciale (per i prodotti venduti mediante dilazione di pagamento,
chi produce può contare sull’intervento finanziario di chi distribuisce, risolvendo eventuali problemi di liquidità). Il credito commerciale
è gestito dall’intermediario commerciale. Esempio: settore food. L’impresa è un’azienda
vinicola, vendere vino significa contattare la catena di distribuzione, catena di alberghi, catena di ristorazione, enoteche. Avere la
relazione con tanti piccoli punti vendita significa una maggiore complessità e una maggiore esposizione al rischio di insolvenze e la
necessita di trovare copertura al credito commerciale perché vi è sempre una dilazione temporale tra la vendita e il pagamento. Questo
impegno finanziario viene tra lato sul l’intermediario commerciale
11. mancanza di competenze nella gestione delle specificità culturali, legali, istituzionali del paese estero
12. modo di vincere la diffidenza del cliente estero verso i prodotti stranieri. Molto spesso la figura dell’intermediario commerciale è una
figura che media laddove il prodotto non è noto in un determinato contesto estero.
Esempio: Ducati in Giappone. Inizialmente la Ducati vende tramite importatori perché fanno da tramite nel comunicare e promuove
l’immagine del brand presso i concessionari, questo perché c’è una pressione competitiva sul mercato giapponese molto forte. La
difficoltà di entrare in contatto con i concessionari del mercato giapponese ha richiesto la mediazione di un intermediario;
l’intermediario quindi in alcuni casi funge da mediatore dell’immagine del brand dell’impresa di produzione verso il sistema di
produzione del mercato estero.
29/11/2021
La modalità d’entrata delle esportazioni indirette spesso non è una scelta, spesso l’impresa subisce l’azione degli intermediari commerciali in
quanto danno origine a ordini non sollecitati.
In altri contesti invece è una scelta quando l’impresa può assumere un approccio proattivo anche attraverso un’esportazione indiretta,
laddove non è conveniente per l’impresa assumere direttamente il controllo delle attività necessarie per operare sui mercati esteri attraverso
le esportazioni dati i vincoli e limiti interni (dimensionali, risorse e competenze). Questi vincoli non riguardano solo le piccole imprese che
hanno vincoli generali nell’operare nel contesto internazionale, ma possono caratterizzare anche una grande impresa in relazione alle
caratteristiche di uno specifico mercato.
Es: ducati è una azienda di grandi dimensioni che ha le competenze per operare nel contesto internazionale, ma ha un limite di competenze,
soprattutto di conoscenza e di relazione con il sistema della distribuzione del mercato giapponese. Per cui diventa difficile inizialmente
entrare con forme dirette di controllo di quelle relazioni, quindi la ducati opta per un importatore, che poi diventa dealer. Quindi modalità
attraverso le quali la ducati affida la gestione delle relazioni sul mercato estero a un soggetto terzo. Dopodiché però la ducati, intensificando
la presenza sul mercato estero attraverso questa figura, riesce a trovare convenienza ad adottare una forma di presenza diretta.
Quindi adottare come modalità di entrata le esportazioni indirette può essere una scelta in funzione dei limiti di risorse interne in relazione
allo specifico mercato estero, ma può essere anche una scelta dettata dalle caratteristiche specifiche del mercato estero
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prodotto dell’impresa). Nel momento in cui l’intermediario non è in grado di svolger tali funzioni per conto dell’impresa, la sua attività
può risultare inefficiente in relazione alla natura dell’offerta dell’impresa.
Quindi l’impresa ha l’opportunità di cambiare, laddove possibile, intermediario oppure cambiare modalità di entrata (controllo diretto)
oppure abbandonare il mercato (tipico delle imprese di piccoli dimensioni)
5. scarso potere contrattuale nei confronti dell’intermediario commerciale. A volte vi può essere uno squilibrio nella relazione tra queste
figure e l’impresa di produzione. L’impresa potrebbe subire il potere dell’intermediario, soprattutto nella definizione del prezzo di
transazione tra l’impresa di produzione e l’intermediario. Mentre il prezzo sul mercato estero viene definito dall’intermediario, se non vi
è un rapporto di scambio di informazione o il rapporto è squilibrato, l’impresa potrebbe risentire di questo potere contrattuale perché il
prezzo potrebbe essere troppo alto o poco competitivo quindi l’impresa potrebbe vedere sacrificato il posizionamento competitivo per le
scelte operate dall’intermediario
6. costi di intermediazione (margine di contribuzione a copertura dei costi relativi ai servizi ricevuti, quali attività di consulenza, di
trasporto e di magazzinaggio). Il costo di intermediazione è la differenza tra il prezzo di acquisto da parte dell’intermediario e il prezzo
di vendita sul mercato estero.
Con questo prezzo l’intermediario deve essere in grado di coprire tutti i costi che deve sostenere per svolgere le attività di promozione e
vendita del prodotto sul mercato estero. In alcuni contesti questo costo può essere coerente con i livelli di vendita raggiunti sul mercato
estero (i livelli di vendita sono tali da non giustificare una presenza diretta sul mercato estero); laddove invece il livello di vendita cresce
allora questi costi di intermediazione possono diventare elevati
Si tratta di inconvenienti rispetto ai quali l’impresa può decidere di cambiare
intermediario, modificare la modalità di entrata oppure uscire dal mercato.
Esportazioni indirette
Quindi gli intermediari si trovano al centro nella relazione tra l’impresa di
produzione e il canale di distribuzione
Caratteristiche:
buona conoscenza di mercato in cui operano
estesa rete di relazione con la distribuzione locale, se non sono essi stessi dei dealer. La difficoltà per l’impresa di produzione è proprio
entrare in relazione con la distribuzione estera, la difficoltà è anche rompere delle relazioni già consolidate tra le imprese di produzione
locale e la distribuzione.
L’importatore nel momento in cui decide di approvvigionarsi sia con prodotti locali che con prodotti stranieri cerca di veicolare
l’immagine di quel prodotto e farsi garante nei confronti del distributore del mercato estero
propria rete di vendita (spesso sono grossisti che acquistano e vendono in nome e per conto proprio; guadagno sul margine di
contribuzione), proprio personale interno che svolgono le attività di vendita sul mercato estero. Questo rappresenta un primo elemento che
richiede il concetto di economie di scala. Laddove i fatturati conseguibili sul mercato estero sono di un certo livello, il vantaggio è
sfruttare indirettamente le economie di scala che l’intermediario consegue, in quanto con il suo personale promuove i prodotti di più
imprese quindi i costi fissi vengono spalmati su più tipologie di prodotto. Dati determinati livelli di vendite sul mercato estero, può essere
conveniente la figura dell’intermediario commerciale perché consente di comprimere i costi legati alla vendita sul mercato estero
capacità di ricercare le offerte più vantaggiose in termini di prezzo/qualità. È l’importatore che rivolgendosi al prodotto dell’impresa ha
conoscenza delle potenzialità del prodotto in termini di prezzo e qualità; non è l’impresa che ha una conoscenza diretta della forza
competitiva del suo prodotto. Ecco perché vi può essere una dipendenza nei confronti dell’intermediario commerciale
Ciò che caratterizza fortemente l’importatore è il forte legale con il mercato nel quale operano in quanto sono imprese di quel mercato
Attività svolte:
Gestione assortimenti e scorte
Promozione e distribuzione fisica del prodotto
Concessione del credito alla clientela locale
Erogazione di servizi di assistenza post vendita
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mercato può caratterizzare dei costi piuttosto elevati nella gestione dell’attività di vendita e coordinamento dell’attività, rivolgersi a un
importatore significa rivolgersi a uno o pochi soggetti
quando il mantenimento di scorte è un fattore importante per garantire consegne tempestive (es. settore alimentare).
quando il mercato non giustifica una presenza diretta dell’impresa
Vantaggi:
buona conoscenza del mercato e estesa rete di contatti con i dettaglianti e con i grossisti (riduzione percezione rischio paese e operativo;
possibilità di superamento della riluttanza della distribuzione locale verso i prodotti stranieri)
capacità di trattare elevati volumi di vendita in quanto sono specializzati nella vendita su quello specifico mercato (riduzione costi
amministrativi, di gestione delle scorte, di trasporto; stabilizzazione della capacità produttiva perché da continuità alla vendita sul mercato
estero)
capacità finanziarie e di pagamento in tempi brevi (traslazione rischio di insolvenza). La copertura del credito commerciale è in capo
all’intermediario commerciale, quindi il rischio di insolvenza è traslato all’intermediario commerciale dato che acquista la proprietà della
merce. L’unico rischio di insolvenza rimane collegato alla transazione tra l’impresa di produzione e l’intermediario commerciale
Svantaggi:
scarso potere del produttore nel vincolare l’azione commerciale dell’importatore (politiche di prezzo, promozione, distribuzione,
immagine/brand)
concorrenza tra le imprese i cui prodotti sono presenti nel portafoglio dell’importatore/distributore
rapporti di breve periodo (contratti spot). Dipende dalla convenienza dell’importatore oppure dalla decisione dell’impresa di cambiare la
modalità di entrata oppure di rinunciare alla vendita sul mercato estero
Esempio: http://www.bestfoodimporters.com/it/importatori-alimentari-per-prodotto/?lang=it
Sito inglese rivolto a potenziali produttori in Europa, il quale fornisce una lista di nominativi di possibili importatori alimentari di mercati
diversi.
Caratteristiche:
Acquistano dai produttori nazionali (assumono il rischio della compravendita) e vendono i prodotti sui mercati esteri solitamente ad un
grossista, o a un dettagliante o ancora al cliente finale se si tratta di beni strumentali. La decisione del come distribuire è in capo
all’esportatore
Possono agire in nome e per conto del produttore come uffici di esportazione indipendenti (remunerazione: commissione variabile tra il
10% e il 20% sul valore della transazione). L’impresa si rivolge ad un’impresa commerciale estera che svolge l’attività come ufficio di
export, ma è indipendente dall’impresa.
Quindi anche gli uffici di export house o export management company possono avere una specializzazione per area geografica ed hanno
un loro portafoglio prodotti.
Importante differenza è che non acquistano il prodotto e guadagnano tramite una commissione
Attività:
ricerca di mercati e clienti. Operano in più mercati quindi a differenza dell’importatore che ha una conoscenza specifica di un mercato,
l’export house va alla ricerca dei mercati e dei clienti. Questo è un vantaggio per l’impresa nazionale perché accresce la potenzialità
della penetrazione commerciale del prodotto a livello internazionale L’importatore porta il prodotto dell’impresa in uno specifico
mercato, l’esportatore che ha una conoscenza di più mercati esteri è in grado di collocare il prodotto dell’impresa nei mercati più adatti a
quel prodotto in quanto le caratteristiche della domanda sono maggiormente coerenti con le caratteristiche del prodotto.
definizione delle condizioni contrattuali (oggetto della transazione, prezzo di vendita, materiale informativo). In virtù di questa
conoscenza è l’export house che può dare dei suggerimenti all’impresa su come promuovere il prodotto, suggerisce di modificare la
confezione, il materiale informativo per uno specifico mercato estero. Tuttavia non sempre c’è una risposta positiva da parte
dell’impresa di produzione
movimentazione della merce.
predisposizione della documentazione per l’estero
supporto di natura commerciale e tecnica alla clientela estera
Esempio: https://www.winesoul.it/presentazione/
Vantaggi/benefici:
conoscenza di mercato e della rete di relazioni commerciali dei mercati esteri
predisposizione di portafoglio prodotti ampi e complementari (presenza di prodotti di imprese non in concorrenza tra loro).
Questo passaggio lo possiamo ritrovare anche con riferimento alle caratteristiche generali dell’intermediario commerciale. Costruire un
portafoglio prodotti complementari è un vantaggio per l’impresa di produzione perché permette un frazionamento del rischio inoltre la
distribuzione favorisce quelle proposte che hanno una maggiore completezza perché a sua volta il distributore ha dei costi
nell’approvvigionamento. Avere un portafoglio prodotti complementare è un vantaggio per l’impresa di produzione, che tuttavia non è
in grado di realizzare tutti quei prodotti. Anziché esternalizzare la produzione l’impresa può raggiungere un vantaggio di ampliamento
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del portafoglio tramite questi soggetti, è una maggiore facilità di collocamento del singolo prodotto quando rientra in una offerta più
ricca.
costi di trasporto e logistica contenuti per effetto delle economie di scala nell’organizzazione dei trasporti internazionali
pagamento in valuta nazionale in quanto la transazione avviene sul mercato nazionale. Io vendo sul mercato nazionale, dopodiché il
prodotto viene collocato nella distribuzione estera
comunicazione nella lingua del produttore. Lingua implica anche cultura, negozio quindi con un soggetto di cui conosco le modalità di
negoziazione
Svantaggi:
rischio di non convergenza tra le esigenze dell’impresa di produzione e le politiche dell’esportatore in termini di copertura dei mercati e
specializzazione per aree geografiche e per tipologie di prodotti e clientela. Queste sono tutte decisioni in capo all’intermediario
commerciale, rispetto alle quale le imprese di produzione hanno scarsa possibilità di interferenza.
l’ampiezza del portafoglio prodotto dell’intermediario può presentare il rischio che l’intermediario possa privilegiare i prodotti a
maggiore potenziale di vendita.
Il rischio di coabitare nel portafoglio prodotti dell’intermediario (rischio di cannibalizzazione) è quello di non essere sostenuti e quindi
intermediario potrebbe rinunciare al prodotto dell’impresa nazionale
Caratteristiche:
• operano in una molteplicità di mercati perché sono tendenzialmente imprese di grandi dimensioni, hanno quindi una buona conoscenza del
contesto internazionale. Per l’impresa di produzione entrare nel portafoglio prodotti di una trading company è vantaggioso in quanto le
permette di entrare nel mercato più adeguato, tuttavia il rischio è che il potere contrattuale delle trading company è molto elevato. Anche le
grandi imprese che si avvalgono delle trading company vi può essere questo sbilanciamento del potere a favore delle trading company
• operano con portafogli prodotti con diversi gradi di specializzazione
• forniscono diversi servizi, oltre l’attività di acquisto e vendita (servizi finanziari, analisi di mercato, ricerca del cliente intermedio o finale,
negoziazione ...). L’offerta è ancora più ricca nella composizione, possono contemporaneamente svolgere servizi finanziari, analisi di
mercato …
• possono essere dello stesso paese dell’impresa produttrice, o di un paese diverso (non necessariamente di quello nel quale i prodotti
vengono venduti)
• possono essere indipendenti (in questo caso di minori dimensioni) o appartenere ad un gruppo che comprende al suo interno anche imprese
di produzione
Vantaggi:
• Elevata conoscenza dei mercati esteri; si tratta di una conoscenza estesa di mercati a livello mondiale.
Se l’impresa decidesse di operare autonomamente nel mercato estero senza avvalersi di tali figure, dovrebbe svolgere per proprio conto
l’analisi dei mercati esteri. Questa attività genera un costo che è sostenuto dalla trading company, questo intermediario riesce a sfruttare le
economie di scala. È un costo che la trading company copre con la transazione con l’impresa di produzione
• Capacità di fornire servizi di assistenza post vendita
• Buone capacità finanziarie
Svantaggi:
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• elevato potere contrattuale della trading company
• costi dell’intermediazione (margine di contribuzione a copertura anche dei costi dell’attività di consulenza, di trasporto e di
magazzinaggio)
• scarso controllo sul mercato di destinazione, scarsa conoscenza della destinazione finale della fornitura. L’impresa di produzione potrebbe
perdere completamente conoscenza relativa a dove il prodotto viene collocato, perde di vista la conoscenza della destinazione finale della
distributura
General Electric
Technology Infrastructure
• Aviation ( jet engines for commercial, corporate, marine, and military clients)
• Aviation Financial Services (leasing services; financial plans for purchase an aircraft)
• Transportation (locomotives, mining trucks, marine engines, drill motors...)
• Water & Process Technologies (water treatment materials, remote water-monitoring technology)
Healthcare (assistenza sanitaria)
• Life Sciences (discovery and development of new drugs)
• Diagnostic Imaging (x-ray, magnetic resonance imaging, computed topography) & Medical Diagnostics
• Global Services & Integrated IT Solutons
• Clinical Systems (patient monitoring systems, incubators,...)
Energy Infrastructure
• Energy (wind turbines, nuclear energy reactors, solar panels)
• Energy Financial Services
• Oil & Gas (pipelines, gas turbines, and valves)
NBC Universal (settore mediatico)
• Television Stations (10 NBC television stations within the United States, 16 Telemundo Spanish- language stations.... Reach: almost 1/3 of
US households; Advertisement revenue: $1.5 billion). Television programs (ER, The Office, Law & Order, Scrubs, Deal or No Deal,...)
• NBC Universal Digital Media (NBC material via the Internet and other digital media)
• Universal Pictures ('King Kong', 'Brokeback Mountain', 'Ray', 'A Beautiful Mind',...)
• Universal Studios Home Entertainment (DVD versions of Universal Pictures' films)
• Universal Parks and Resorts (theme parks in the U.S., Japan, and Spain)
Capital Finance
• loans, financial management advice, and equipment leasing
Consumer & Industrial
• appliances
• lighting
• factory automation systems
• plastics and resins
• security and sensing technologies
Esempio: la galleria Lafayette ha la sua divisone che riguarda l’abbigliamento. Nel definire la categoria merceologica abbigliamento può
rifornirsi di produttori francesi, ma guarderà anche quei fornitori italiani che sono in grado di garantire volumi e standard di qualità. Può
decidere di vendere o con il brand del produttore italiano oppure con il brand della galleria Lafayette.
Quindi il fornitore deve avere un buon prodotto, un buon prezzo, deve garantire la continuità di approvvigionamento e una capacità di
adattamento del prodotto in quanto deve rispondere alle esigenze del mercato in cui è collocata la galleria Lafayette.
Quindi cerca un’impresa italiana che sia in grado di adattare l’offerta in base alle esigenze del consumatore francese.
Ma sarà il buyer della galleria Lafayette che dirà di produrre prodotti con determinate caratteristiche per poterlo vendere meglio.
L’impresa Italia non deve svolgere un’indagine di mercato, è il grande compratore che dice questo all’impresa italiana nell’interesse della
galleria Lafayette ma anche nell’interesse indiretto dell’impresa italiana
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Grandi compratori: Il caso C&A
Catena internazionale (di origine olandese) di distribuzione di prodotti di abbigliamento, a conduzione familiare da 6 generazioni, fondata nel
1841 dai fratelli Clemens e August Brenninkmeijer (dalle cui iniziali prende il nome la società).
C&A è un’azienda con filiali in 21 Paesi europei e la cui presenza a livello mondiale è destinata a crescere, con sedi in Cina, Brasile e
Messico.
Ogni giorno oltre 2.000.000 di clienti visitano i 1.575 punti vendita di C&A.
C&A offre abbigliamento a prezzi accessibili a sempre più persone in tutto il mondo
C&A offre circa 20.000 proposte diverse, suddivise in oltre 200 gruppi di prodotto in qualsiasi stagione e mese dell’anno,
commercializzati con 10 diversi brand di proprietà (private label)
C&A si approvvigiona da 600 fornitori presenti in 40 Paesi. Questo significa internazionalizzazione della funzione approvvigionamento
visto dal punto di vista di C&A. Visto dal punto di vista di uno dei 600 fornitori significa entrare nel portafoglio prodotti di C&A ed
essere collocati nei mercato in cui C&A è presente senza aver svolto un’analisi dei mercati esteri.
C&A conta circa 35.000 dipendenti, tra cui oltre 350 designer, stilisti e buyer presso le sedi principali di Bruxelles e Düsseldorf
30/11/2021
Esportazioni indirette: Agente di acquisto (buyer indipendenti)
La nostra prospettiva è quella di un’impresa nazionale che vuole entrare sui mercati esteri, e una modalità per entrarvi è il buyer indipendente
che fa parte delle esportazioni indirette
Organizzazioni indipendenti (anche persona singola) che operano nel paese dell’impresa esportatrice. Si tratta di soggetti indipendenti che
ricevono un mandato dal cliente straniero per contattare i fornitori presenti sui mercati esteri.
L’indipendenza è in relazione al potenziale cliente estero. Questo passaggio è importante perché definisce la differenza tra l’agente di vendita
e l’agente di acquisto
Agiscono per conto di clienti esteri, che possono essere:
- imprese di produzione (approvvigionamenti esteri, integrazione portafoglio- prodotti per differenziare l’offerta sul mercato domestico)
- catene di distribuzione (grandi compratori)
Operano sulla base di mandati definiti da una lettera di intenti in cui si specificano gli elementi relativi all’esecuzione dell’ordine di acquisto
(quantità, qualità, prezzo, tempi di consegna) ricevuti dal cliente estero. Nella lettera di intenti questi elementi sono definiti tra l’agente di
acquisto e il cliente estero. L’impresa nazionale che vende sul mercato estero non ha un rapporto diretto con l’ufficio acquisti del cliente
estero, la relazione è mediata dall’agente di acquisto il quale ha a sua volta il proprio portafoglio prodotti e che guadagna su una
commissione pagata dal cliente estero. L’agente d’acquisto ha tutto l’interesse a influenzare la transazione e dunque la sua mediazione si
interpone tra l’impresa nazionale e il cliente estero. L’impresa nazionale attraverso questa figura non ha un controllo diretto sulle vendite che
avvengono sul mercato estero.
Ricevono dal cliente estero che rappresentano una commissione (3-8%) calcolata sul valore dei beni acquistati.
Hanno relazioni solitamente stabili con gli acquirenti internazionali, non hanno una relazione stabile con l’impresa nazionale. Le vendite sul
mercato estero possono essere anche spot, occasioni perché dipende dalla convenienza che è in capo non solo al cliente estero, ma anche
all’agente. Ci sono due soggetti che impongono la loro convenienza e che controllano la transazione che può non essere controllata
direttamente dall’impresa nazionale. L’impresa nazionale però può rifiutarsi di vendere, può cercare di negoziare il prezzo anche se la
negoziazione non avviene direttamente con il cliente estero.
L’impresa nazionale viene il più delle volte individuata dall’agente di acquisto
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• partecipazione a fiere e altre manifestazioni promozionali; suggerimento di adattamenti del prodotto. Non vi è una azione diretta da parte
dell’impresa nazionale, ma è l’agente che chiede all’impresa nazionale di adattare il prodotto
• negoziazione dei termini contrattuali;
• predisposizione dell’ordine; controllo della qualità dei prodotti;
• predisposizione degli adempimenti per l’esportazione;
• predisposizione della fattura a carico del committente estero (impresa produttiva/commerciale estera).
Non vi è controllo da parte dell’impresa nazionale su queste attività. Il vantaggio è quello di affidarsi ad un intermediario che svolge delle
attività per conto dell’impresa nazionale
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Consorzi per l’esportazione: alcuni esempi
Consorzio Export Quality Wines – Promozione di Vini e prodotti tipici del Piemonte e di altre regioni d'Italia. Aggrega imprese che
producono vino
Il consorzio EQW è un’associazione di aziende agricole nato nel 2002 con lo scopo di promuovere i vini ed i prodotti tipici locali all’estero.
E
’ costituito ai sensi degli articoli 2602 ss. e 2612 ss. del Codice Civile.
Il Consorzio EQW, attraverso la realizzazione di progetti specifici, assiste le aziende consorziate nelle fasi di internazionalizzazione e
promozione.
Per le proprie missioni si avvale di strumenti finanziari delle leggi italiane e di quelle emanate dall’Unione Europea e da altri Organismi
internazionali (doppio piano nell’accesso ai finanziamenti). [http://exportqualitywines.com/consor zio/]
Alcune aziende agricole.
• Zanatta S.S società agricola
• Weingut Klaus Lentsch
• Tenute Dettori Soc. agricola semplice
• Tenuta Rocca
Dei veri e propri svantaggi non ci sono, se non in quell’atteggiamento restio da parte delle piccole imprese nello svolgere attività d’impresa
assieme ad altre imprese, quindi decidere insieme. Più sono piccole imprese, maggiore è la resistenza a fare insieme
Capitolo 7:
Strategie di entrata sui mercati esteri: Esportazioni dirette
Esportazione diretta controllo diretto della gestione delle attività sui mercati
esteri. Si declinano in modo diverso le dimensioni che descrivono le modalità
di entrata dal punto di vista del coinvolgimento, flessibilità, rischio e grado di
controllo. Con l’esportazione diretta vi è un maggiore coinvolgimento di
risorse e quindi la richiesta di maggiori competenze; sono più rischiose perché
se crescono gli investimenti cresce anche il rischio operativo; l’impresa ha
maggiore controllo sulle attività perché negozia direttamente con il cliente
estero; è la forma di entrata con un minore grado di flessibilità cioè minore
capacità di uscire dal mercato in tempi brevi e costi contenuti.
Le forme di entrata sono: personale interno di vendita (ufficio vendita destinato
ai mercati esteri). Possiamo capire perché vi è una minore flessibilità
soprattutto per quelle imprese che operano su aree di mercato importanti e
quindi costituiscono ad hoc un ufficio commerciale estero assumendo
personale dedicato a quell’attività, tuttavia se il mercato estero non corrisponde
alle attese dell’impresa ho un personale che non posso licenziare dall’oggi al
domani e questo crea una rigidità nella struttura dei costi. Se entro nel mercato estero con un’agente di vendita e voglio uscire dal mercato
devo pagare delle penali
Elevato controllo perché queste figure non mediamo ma lavorano direttamente per l’impresa, anche nel caso degli agenti di vendita seppure
siano soggetti indipendenti.
Esportazioni dirette
L’impresa si serve di una propria organizzazione per vendere direttamente ad un operatore del mercato estero senza passare attraverso un
intermediario commerciale. Il cliente può essere un cliente estero nel B2B o un cliente commerciale (grossista, dettagliante, compratore)
Entrare con questa modalità comporta, quindi con una forma organizzativa propria comporta due scelte:
1) modalità per portare il prodotto sul mercato estero; quindi scegliere con quale figura dell’esportazione diretta entrare sul mercato estero
(se con il personale di vendita, agente di vendita, consociata, etc.)
2) scelta distributori presenti sul mercato estero. La decisione di come distribuire il prodotto sul mercato estero è una decisione in capo
all’impresa di produzione.
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Modalità di entrata ≠ modalità di distribuzione. Nel caso delle esportazioni dirette l’impresa decide come entrare e successivamente come
distribuire il prodotto: due decisioni distinte entrambe in capo all’impresa.
Modalità di entrata adottata quando i maggiori costi sostenuti sono giustificati da:
• alti volumi di vendita all’estero
• mancanza di intermediari efficienti. Vi sono situazioni in cui l’impresa non trova soggetti in grado di promuovere il suo prodotto
La premessa di tutto questo è che l’impresa abbia internamente le risorse e competenze per poter agire sul mercato estero.
Caratteristiche:
- iniziativa dell’impresa di produzione: è l’impresa produttrice che va all’estero, accollandosi l’onere di varcare i confini nazionali.
- standard di negoziazione: più frequentemente, è il produttore che si adegua agli standard di negoziazione dei mercati esteri.
Se voglio vendere in Cina non devo aspettarmi che il distributore cinese si adegui ai miei standard, ma è il contrario. Adeguare significa
capire come negoziare con l’operatore cinese, capire la cultura di quel mercato e per far questo sono necessarie risorse, competenze e
conoscenze che non servivano per l’esportazione indiretta perché in quel caso è il cinese che si sarebbe occupato di portare il prodotto
dell’impresa nazionale sul mercato estero.
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questi costi e può decidere come influenzare e come contenere la price escalation. Il prezzo è un elemento che impatta sulla forza
competitiva dell’impresa, soprattutto per i beni di largo consumo
4. Inefficienza degli intermediari commerciali (si elimina il fattore incertezza circa il comportamento degli intermediari commerciali)
5. Volontà di appropriarsi e controllare la formazione dell’intero margine di guadagno quando gli intermediari applicano margini elevati
6. Disponibilità di capacità organizzative e di risorse umane di tipo tecnico-commerciali (il personale impiegato dal produttore nei canali
di entrata ha una conoscenza dettagliata del prodotto e delle tecniche di vendita)
Esportazioni dirette: Principali attività di marketing con un approccio diretto al mercato estero
Cosa comporta passare dall’esportazione indiretta all’esportazione diretta?
Comporta avere un controllo diretto sulla:
- Politica di prodotto. Posso avere un controllo diretto sulla politica di prodotto se ho delle risorse. Per adattare il mio prodotto ho bisogno
di sapere come adattare, quindi devo conoscere il mercato, il comportamento del cliente. Devo svolgere analisi di mercato che comporta
un costo sostenuto dall’impresa nell’esportazione diretta
Selezione dei prodotti per i mercati esteri
Sviluppo/adattamento dei prodotti
Completamento gamma dei prodotti
- Politica di distribuzione
Organizzazione e motivazione della forza vendita interna (prevedere dei benefit)
Costituzione rete di agenti/distributori
Definizione/mantenimento scorte prodotti a magazzino
Attività di logistica e distribuzione dei prodotti
- Politica di comunicazione
Attività di promozione/pubblicità
Produzione materiali a supporto dell’attività di promozione
Partecipazione a fiere ed eventi
- Politica di prezzo
Definizione prezzi, sconti
Raccolta informazioni sulla politica dei concorrenti
- Servizi e assistenza alla vendita
Produzione cataloghi e manuali di assistenza
Training ad agenti/distributori per l’assistenza alla clientela
Garanzie e ricambi
Meeting con agenti e distributori
- Attività finanziarie e di amministrazione
Gestione documentazione con la clientela (fatture, pagamenti, ecc.)
Credito alla clientela
- Attività di supporto tecnico
Adeguamento del prodotto agli standard di mercato
Test di prodotto
Controllo di qualità
Dotazione di parti componenti e ricami
Queste attività comportano un costo, in quanto c’è un personale che svolge tali attività. Nelle esportazioni indirette tali attività vengono
delegate all’intermediario commerciale, ma sono attività che generano delle economie di scala nell’intermediario commerciale. Quindi ha un
senso rivolgere all’intermediario commerciale dal punto di vista economico nella misura in cui il costo d queste attività sostenute
dall’intermediario si riducono indirettamente per la singola impresa
Nel momento in cui il mercato estero diventa importante per l’impresa, si modificano le condizioni economiche; maggiore fatturato che va a
coprire i costi e che quindi va a generare margini di guadagno, ecco perché ha senso passare nella situazione delle esportazioni dirette.
Caso ducati
Ducati nel 1998 entra nel mercato giapponese. Il mercato giapponese è molto competitivo, c’è una concorrenza interna molto forte sia di
brand giapponesi ma anche di brand stranieri (BMW, Harley Davidson). In quello scenario, nella prima fase di entrata sul mercato
giapponese la ducati si avvale di un importatore giapponese che promuove il brand della ducati nei confronti dei concessionari, vi è un
intermediazione di un distributore giapponese. I concessionari giapponesi si approvvigionano prevalentemente dei brand nazionali
Nell’essere presente su quel mercato la ducati si rende conto che c’è potenziale per il suo prodotto perché cresce l’interesse del consumatore
giapponese per un prodotto non nazionale e che ha un effetto immagine made in Italy. Inoltre si rende conto che il distributore con il quale
entra sul mercato in quel momento non è in grado di sfruttare le potenzialità del prodotto della ducati; non risulta efficiente nel
promuovere/sostenere la vendita del prodotto del brand ducati
La ducati quindi, vedendo che vi è attenzione verso il prodotto, vedendo che i brand stranieri crescono di fatturato, ha la necessità di avere un
presidio diretto del mercato. Quindi decide di entrare da sola, costituendo una società locale (unità operativa commerciale, non va a produrre
in Giappone) gestendo direttamente la relazione con i concessionari. Decide di costruire una propria società controllata al 100%, si tratta di
una scelta costosa e coraggiosa in termini di maggiore coinvolgimento
Il problema è: Assumo personale locale? Mando del personale interno?
I risultati sono a favore di questa scelta in quanto le quote di mercato crescono a seguito di questo investimento. C’è anche un sorpasso
rispetto ai concorrenti stranieri
Si verifica anche che i concorrenti locali fanno degli accordi per contrastare l’entrata dei concorrenti stranieri. Quindi vuol dire che il
controllo diretto sta mettendo in difficoltà i concorrenti locali
Questa consociata riorganizza la rete di concessionari, cresce la quota di monomarca, vendono aperti dei franchising (modifica la rete di
distribuzione sul mercato estero), apre centri di vendita e assistenza con il design e l’impostazione generale decisi a bologna.
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Questo perché si rende conto che i giapponesi sono maniaci con le loro moto, quindi l’impresa ha la necessita di essere vicino al cliente. È
una forza di personalizzazione dell’offerta alle esigenze del cliente straniero
Viene inoltre aperto un centro logistico a Tokyo per soddisfare in fretta le esigenze della clientela
Attività svolte:
a) Contattare i potenziali clienti, o mantenere i contatti con quelli in essere
b) Individuare nuove esigenze del mercato. Se il mercato è noto si sostiene la vendita del prodotto in quel mercato, tuttavia i mercati sono
entità dinamiche e bisogna costantemente mantenere monitorato l’andamento della domanda e dell’offerta.
c) Promuovere il prodotto e monitorare la sua immagine
d) Fornire la necessaria assistenza alla vendita, quindi assistenza tecnica soprattutto quando si tratta di beni complessi da un punto di vista
tecnologico. Spesso in questi ambiti la figura del personale interno di vendita viene utilizzata per entrare sui mercati esteri
Esempio InterPuls:
Azienda meccatronica di piccole-medie dimensioni (85 dipendenti, 15 milioni fatturato, 2014) con sede ad Albinea (RE) che opera nel
settore della mungitura degli animali. Ha due linee di produzione principali, una più manuale e l’altra impostata sulla meccatronica quindi
con un contenuto tecnologico di complessità elevata.
Produce soluzioni e componenti per impianti di mungitura (pulsatori elettronici, gruppi di mungitura manuale, sensori e dispositivi ad alta
tecnologia per monitorare il ciclo riproduttivo e la salute delle mucche, trasporto latte, macchine per il lavaggio …); forte attenzione ai
dettagli per garantire una mungitura fisiologicamente corretta, rapida, igienica, e senza causare stress per l’animale. Si tratta di un prodotto
complesso che richiede una forte interazione con il cliente estero
Opera nel B2B con un portafoglio di 260 clienti:
- OEM (Original Equipment Manufacturer), clienti di maggiori dimensioni in termini di fatturato;
- impiantisti indipendenti (technical dealers)
- distributori
Si tratta di una azienda che innova tantissimo, quindi costantemente deve promuovere nuovi prodotti. Necessita di forte supporto di un
personale estremamente qualificato.
Rispetto a queste caratteristiche del prodotto risultava difficile per l’impresa affidarsi ad intermediari commerciali, dunque ha scelto di
affidarsi ad un personale interno.
80% dei clienti localizzati in oltre 70 paesi (il principale dei quali è l’Europa, seguita da Russia, Cina e Brasile), da cui realizza oltre il 90%
del fatturato.
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Gestione diretta dei clienti esteri con proprio personale di vendita, non avvalendosi di agenti, se non nel caso del mercato italiano
seguito da un agente plurimandatario (in quanto la vicinanza geografica e culturale consente una maggiore gestione di questa figura).
Cinque capi area: Comunità degli Stati Indipendenti (CIS), l’Europa occidentale, il Sud America, il Far East, Nord Europa e i clienti più
importanti dell’azienda. Da queste macro aree nasce la figura dell’area manager, soggetto responsabile della gestione delle vendite in
queste macro aree.
Obiettivo: fornire valore aggiunto ai clienti, attraverso componenti per impianti di mungitura innovativi, di qualità e competitivi nel
prezzo. Per conseguire questo tipo di obiettivo era importante una forte integrazione con il cliente: lavoro in team con i clienti per
garantire elevati standard di servizi e prodotti di qualità e competitivi.
Elevata attività di formazione per i propri dipendenti estese anche a Clienti e Fornitori. Si tratta del tema di trasferimento della
conoscenza, è nata l’esigenza di capire come comunicare con i clienti oltre che con i propri dipendenti e il miglior modo per fare ciò è
attraverso un personale proprio. L’interazione forte con il cliente consente quello scambio di conoscenza dal cliente al produttore e dal
produttore al cliente che consente di definire un prodotto tagliato sulle caratteristiche ed esigenze specifiche di quel cliente.
Vantaggi:
1. Riduzione dei costi di intermediazione (migliora la competitività di prezzo) perché non ho più la figura dell’intermediario commerciale.
Vi può essere un impatto sul prezzo perché tolgo questo passaggio: effetto crescita del margine di contribuzione e l’impresa ha un
diretto contatto con il cliente, sa quale è il livello di prezzo più adeguato per quel mercato e quindi può gestire direttamente la leva del
prezzo (gestione che era mediata dall’intermediario commerciale nell’esportazione indiretta).
2. Accesso diretto alla domanda dal punto di vista della capacità di conoscere il comportamento della clientela industriale o commerciale
(cliente intermedio nel B2B o consumatore finale nel B2C)
a. approfondimento della conoscenza e consolidamento del rapporto con la clientela estera
b. possibilità di seguire direttamente le personalizzazioni e gli adattamenti richiesti
3. Scambio di informazioni e acquisizione di nuove competenze tecniche e commerciali (stimoli all’innovazione) spendibili anche su altri
clienti/mercati. L’effetto di operare nel contesto internazionale è acquisire conoscenza dal mercato, acquisire gli stimoli dal mercato
estero a favore dell’innovazione.
Svantaggi:
1. Elevato impegno economico, tecnico-commerciale, e di risorse umane interne. Se decido di espandermi su un mercato con personale
interno potrebbe esservi la decisione dell’impresa di assumere un manager dedicato a quell’area di mercato e questo è un impegno
economico da parte dell’impresa e dunque impatta sul tema della flessibilità.
2. Attenta valutazione preventiva dei clienti. Il rischio di insolvenza dei clienti (n soggetti della distribuzione del mercato estero oppure
cliente industriale) è in capo all’impresa (nel caso dell’esportazione indiretta il rischio di insolvenza nella relazione con i cliente della
distribuzione estera è in capo all0intermediario).
Attività:
rappresentano il marchio del produttore nei mercati esteri (non acquistano la proprietà della merce, per questo non è un intermediario
commerciale). Se la transazione non è con l’agente di vendita ma con il cliente finale l’impresa mantiene completamente il controllo
della relazione con il cliente finale. Vuol dire che una buona parte del flusso di conoscenza non viene perso. C’è quindi un effetto di
distorsione nel flusso di comunicazione che è mediato dall’agente, ma non quanto nel caso dell’intermediario commerciale.
sono il collegamento tra il produttore e l’acquirente. Mentre con l’agente di acquisto il contratto di agenzia è con il cliente, con l’agente
di vendita il mandato è dall’impresa di produzione
contattano i potenziali clienti, raccolgono gli ordini e le informazioni relative ai mercati (su distribuzione, concorrenti …) utili per
orientare le strategie dell’impresa su tali mercati.
Forma di remunerazione: Provvigione proporzionale al volume degli affari realizzati (percentuali calcolate sui volumi di ordini che l’agente
di vendita ha raccolto per conto dell’impresa, non su quanto ha venduto ma sugli ordini che ha tramesso all’impresa).
Non sono dipendenti dell’impresa quindi non vi è una forma di remunerazione fissa in un’unità di tempo.
Vi può tuttavia essere una componente fissa, se l’agente svolge altre attività come la tenuta di un magazzino in quanto l’agente può avere un
deposito nel quale viene stoccata la merce dell’impresa (anche in questo caso la merce non diventa di proprietà dell’agente). A fronte di un
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servizio di questo tipo e quindi del costo collegato ci può essere una parte del compenso fissa e non in relazione al volume degli affari
realizzati
Queste quattro categorie di agenti possono combinarsi tra di loro. L’esclusività è una clausola del contratto di agenzia che si può trovare sia
nella figura dell’agente monomandatario che plurimandatario.
Agente monomandatario L’agente monomandatario ha ricevuto il mandato di agenzia da una sola impresa, quindi, ha un portafoglio
prodotti costituito da uno o più marchi di una sola impresa. Le sue azioni strategiche coincidono maggiormente con quelle dell’impresa.
Vi è una forte coincidenza tra gli obiettivi dell’impresa e gli obiettivi dell’agente. L’agente guadagna sulla commissione, quindi ha un
obiettivo di breve periodo.
Il prezzo viene definito dall’impresa, ma anche l’agente ha interesse che venga definito in un certo modo perché impatta sulla
competitività del prodotto, sulla possibilità di realizzare gli affari e quindi sul suo guadagno.
Agente plurimandatario L’agente riceve il mandato da più imprese quindi ha un portafoglio prodotti è costituito da marchi di
imprese diverse. Queste imprese possono essere imprese che operano nella stessa categoria merceologica.
Es: nel settore della ceramica la figura dell’agente di vendita plurimandatario è molto diffusa.
Vi può essere questa composizione di prodotti della stessa categoria merceologica che si collocano su un posizionamento diverso, che
hanno caratteristiche diverse e che vanno a soddisfare un’offerta più articolata per l’opportunità che vi può essere nella composizione di
un portafoglio prodotti articolato. Oppure si può avere una stessa categoria merceologica con prodotti complementari, ossia che hanno
tra di loro un elemento di correlazione.
Es: nel caso della ceramica un portafoglio prodotto dell’agente complementare può essere piastrelle in ceramica che vengono utilizzati
per impieghi diversi come per l’arredo del bagno, per le piscine o della cucina.
Questo spiega perché anche le stesse imprese possono trovare convenienza ad essere presenti nel portafoglio prodotti di un agente
plurimandatario, ossia perché accresce la forza contrattuale nei confronti del cliente con cui ci si relazione. Il cliente (grossista o
dettagliante) può essere interessato ad acquisire più prodotti tra loro collegati. Questa è la forza competitiva di un portafoglio prodotti
articolato.
L’agente di vendita plurimandatario deve definire un suo obiettivo per la gestione di quel portafoglio prodotti e i suoi obiettivi possono
non coincidere con gli obiettivi delle singole imprese che fanno parte del suo portafoglio prodotti. In questo caso possono sorgere
maggiori attriti tra l’impresa di produzione e l’agente di vendita.
Le sue strategie di vendita e marketing possono non coincidere con quelle dell’impresa produttrice. Ha un potere decisionale autonomo.
Agente esclusivo L’agente ha l’esclusiva in una determinata area geografica nel rappresentare il prodotto dell’impresa
Agente non esclusivo L’agente non è l’unico a rappresentare il prodotto dell’impresa in una determinata area geografica
Definire un’esclusiva è conveniente maggiormente per l’agente di vendita, perché non ha concorrenti e nel caso di realizzazione degli affari
il guadagno è direttamente in capo a quell’agente di vendita.
Se ce ne sono di più entrano in competizione tra di loro. Dal punto di vista dell’impresa è più conveniente avere più agenti di vendita, anche
se avere più agenti significa avere delle forze interne che devono monitorare gli agenti.
L’esclusività la possiamo trovare sia nella figura del plurimandatario, sia nella figura del monomandatario.
Il rapporto tra l’impresa e l’agente di vendita è un rapporto di lunga durata, il mandato di agenzia non è un mandato spot.
La clausola di esclusività è concordata e dipende dalle forze contrattuale delle parti, dipende quanto l’agente è rilevante su quel mercato (se
ha un portafoglio clienti importante, se ha una buona reputazione). Se è un agente con un potere contrattuale elevata potrà avere una clausola
di esclusiva.
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entra in un mercato con l’agente di vendita, si attende risultati da questa figura che però non arrivano. L’impresa può decidere, per non
perdere tempo, di sostituirlo ma recedere da un contratto ancora in corso significa per l’impresa pagare delle penali;
e) condizioni per eventuale risoluzione del contratto.
Un conto è definire un mandato di agenzia con un agente di vendita che opera sul mercato italiano in quanto il nostro sistema legislativo
prevede un contratto di agenzia, quindi è normato e ci sono degli elementi standard. Questo significa infatti fare riferimento alla legge
italiana.
Definire un contratto di agenzia con un soggetto straniero è più difficile perché bisogna stabilire qual è il paese a cui si fa riferimento in
caso di controversie e chi è il soggetto che deve essere interpellato nel caso di risoluzione del contratto.
È opportuno quindi definire tutte le possibili risoluzioni del contratto. Quanto più si è precisi tanto più l’impresa si mette al riparo dagli
effetti conseguenti da un’anticipata risoluzione del contratto.
Definire la risoluzione del contratto richiede delle competenze e conoscenze che l’impresa spesso non ha internamente, quindi per far
ciò il più delle volte l’impresa si rivolge a soggetti esterni (studio di avvocati, commercialisti…).
Svantaggi:
1. l’agente può non seguire la strategia dell’impresa esportatrice (possibilità di conflitti con l’agente, in particolare quando agente
plurimandatario).
2. l’agente può non assumere la gestione delle scorte e non sempre si occupa dell’intera gamma di prodotti dell’impresa (in particolare nel
caso di agente plurimandatario)
3. il rischio di insolvenza resta in capo all’impresa perché non vi è un meccanismo di compravendita tra l’impresa di produzione e
l’impresa
Motivazioni strategiche:
entrare direttamente in contatto con la rete distributiva locale che può essere il grossista, dettagliante, punti di vendita di proprietà
dell’impresa o franchising.
Es: nei mercati più importanti un’impresa del settore moda dove deve preservare l’immagine del brand lo fa attraverso una stretta
relazione con il dettagliante che può essere un Grande Magazzino all’interno del quale ha un corner dedicato al brand oppure si rapporta
con un franchisee o con punti di vendita di propria proprietà direttamente sul mercato estero.
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coordinare direttamente la rete di vendita, l’attività degli agenti, eventuali punti vendita di proprietà (in particolare nel sistema moda)
monitorare direttamente il mercato locale (domanda, concorrenza)
controllare direttamente le leve del marketing mix
monitorare l’immagine di marca, in particolare per beni di qualità con marca affermata (es.: settore moda)
offrire alla clientela (in particolare se esigente) una rete di assistenza efficiente ed efficace
contrastare in modo diretto la concorrenza
La transazione commerciale tra la casa madre e le sue filiali o consociate commerciali può essere:
- L’impresa vende alla sua consociata, non ad un soggetto terzo. La vendita avviene con il cosiddetto prezzo di trasferimento interno, è un
prezzo che tiene conto della competitività, ossia mette a confronto il prezzo di vendita che fa alla consociata rispetto al prezzo di vendita
che potrebbe fare ad un importatore. Con questo prezzo la consociata fa un fatturato con il quale copre i costi che sostiene. Dopodiché
vende e la consociata poi definisce le attività di negoziazione con il cliente intermedio o finale.
Oppure
- La consociata svolge un ruolo puramente di rappresentanza, raccoglie gli ordini, li trasferisce alla casa madre e poi è la casa madre che
vende direttamente sul mercato estero e non la filiale o consociata. In questo caso la consociata che continua a generare dei costi è
remunerata dalla casa madre con una percentuale sul valore degli affari realizzati sul mercato estero.
Sono relazioni interne economiche che si stabiliscono tra madre (casa madre e figlia (filiale o consociata)
Esempio Luxottica
Fondata nel 1961 da Leonardo Del Vecchio, è leader nel design, produzione e distribuzione di occhiali da sole e da vista di fascia alta, di
lusso e sportivi. Impresa altamente presente sul mercato internazionale
Realtà verticalmente integrata: dalla produzione di montature da vista e occhiali da sole alla rete wholesale (distribuzione indiretta
composta da punti vendita e catene di ottici di terzi; 42% fatturato) e rete retail (distribuzione diretta, composta da punti vendita di
proprietà e in franchising; 58% fatturato).
E’ un’impresa fortemente integrata rispetto alle attività della catena del valore fino ad arrivare alla distribuzione, cioè vi è un forte
controllo da parte della Luxottica anche sul sistema della distribuzione, tanto è che ha tanti punti vendita di proprietà.
Fatturato 2014: 7,6 miliardi di Euro (in crescita del 5,3%)
Produzione 2014: circa 83 Milioni di montature (impianti produttivi in Italia, Cina, Stati Uniti e Brasile)
Organico del Gruppo: 77.734 dipendenti
Quotata alla Borsa di Milano e New York
Portafoglio marchi: 69% del fatturato marchi di proprietà (Ray-Ban, Oakley, Persol, Oliver Peoples, Alain Mikli, Arnette, Vogue
Eyewear); 31% marchi in licenza (Giorgio Armani, Emporio Armani, Burberry, Bvlgari, Chanel, Dolce&Gabbana, Prada, Versace…).
Portafoglio molto variegato
Espansione Internazionale 130 paesi nel mondo; in crescita nei mercati emergenti
Esteso network retail: 7.084 negozi, di cui 613 in franchising, gestiti da un’unica struttura centralizzata: Nord America (4631); Europa
(442); Asia-Pacifico (1120); America Latina (714); Africa e Medio-Oriente (177)
Presenza diretta: Consociate commerciali (50) nei principali mercati: Americhe (Stati Uniti, Argentina, Brasile, Canada, Messico); Asia
pacifico (Australia, Cina, Corea del Sud, Giappone, Hong Kong, India, Malesia, Singapore, Tailandia, Taiwan); africa & medio oriente
(Emirati Arabi Uniti, Israele, Sudafrica); Europa (Italia, Austria, Belgio, Croazia, Federazione Russa, Finlandia, Francia, Germania,
Grecia, Irlanda, Norvegia, Olanda, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Spagna).
Ha una modalità di presenza diretta con le consociate commerciali, ma in altri mercati è presente con la forma
dell’importatore/distributore (forma di presenza indiretta)
Funzione consociate: gestione della relazione con clienti intermedi per assicurare; assistenza e servizi pre- e post-vendita; monitoraggio
delle vendite e standard qualità dei negozi che vendono prodotti Luxottica; livelli adeguati di magazzino nei singoli punti vendita;
attività di scelta del prodotto attraverso la consociata commerciale che svolge un’attività di analisi del mercato, di pianificazione delle
forniture e di riassortimento dei prodotti Luxottica all’interno del negozio attraverso sistemi informatici
Principali clienti intermedi: rivenditori al dettaglio di occhiali di fascia medio-alta e alta come ottici indipendenti, catene di ottica,
negozi specializzati nella vendita di occhiali da sole, department store, duty-free, negozi di articoli sportivi (negozi di attrezzature da
ciclismo, surf, neve, pattinaggio, golf e motociclismo per alcuni marchi, tra cui Oakley)
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Distributori indipendenti: in altri mercati, 100 distributori indipendenti per la vendita a clienti intermedi. Questo sottolinea che c’è una
varietà delle forme di entrata che può andare dalle esportazioni dirette fino agli investimenti. Anche un impresa di un grande gruppo
sceglie di entrare con forme diverse
E-commerce: siti web di Oakley, Ray-Ban, Sunglass Hut.
Questo esempio ci serve per vedere come un’impresa di queste dimensioni è presente sui mercati esteri con modalità che possono essere
variegate in relazione alle caratteristiche del mercato.
Consociata
Sussidiaria (controllata) o affiliata (collegata) commerciale con propria personalità giuridica (autonomia economica e amministrativa; è
sempre proprietà della casa-madre (quote del capitale sociale sono detenute dalla casa-madre): la casa madre ha una quota di proprietà del
capitale sociale della consociata. Nel caso della filiale è il 100% perché non ha un’autonomia giuridica, è una divisione commerciale
localizzata sul mercato estero; mentre per la consociata le quote non coincidono necessariamente per il 100%).
L’impresa è in grado di esercitare un controllo strategico di queste unità operative; è un investimento che permette all’impresa di entrare nel
mercato estero e quindi di gestire attraverso la consociata commerciale le relazioni con i clienti presenti sul mercato estero.
Può operare come
ufficio di importazione/distribuzione (acquista dalla casa madre e sviluppa la strategia di vendita per il mercato locale; eroga servizi di
assistenza post vendita)
ufficio di rappresentanza (studi di mercato, supporto alla rete distributiva locale)
Filiale (branch)
Facilità (relativa) di gestione, minori adempimenti formali di tipo amministrativo e contabile;
Assenza di obbligo di residenza nel paese degli amministratori o soci;
Profitti della filiale rimessi alla casa madre;
Possibilità di portare le perdite, in detrazione degli utili della casa madre
Consociata (Subsidiary)
Regime di responsabilità al capitale conferito;
Pubblicità dei risultati economici; produce un proprio bilancio che poi confluisce nel bilancio consolidato della
casa madre
Beneficio di eventuali incentivi ed agevolazioni offerti su scala locale;
Arbitraggio fiscale: ritenzione degli utili nel paese estero in presenza di aliquota inferiore. I profitti rimangono in
capo alla consociata, quindi, vengono soggetti alla tassazione del mercato estero.
06/12/2021
Esportazioni dirette: Scelta tra filiale commerciale e importatori/distributori (o rete di agenti)
Ora effettuiamo un confronto dal punto di vista strategico ed economico tra una forma diretta (IDE di natura commerciale) rispetto alle altre
forme commerciali, come importatori. In entrambi i casi la produzione rimane sul mercato nazionale
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con una maggiore incidenza dei costi variabili. L’importatore ha un costo variabile nella misura in cui esiste la transazione nei confronti
dell’importatore. Il costo variabile totale cresce, al crescere delle transazioni; mentre il costo fisso unitario si riduce all’aumentare dei volumi
di vendita
Se facciamo un confronto tra la costruzione di una consociata commerciale, piuttosto che la costruzione di una rete di vendita attraverso
agenti di vendita.
La retta è diversa da quella dell’importatore in quanto potrebbe prevedere
anche la presenza di costi fissi dell’agente, in quanto l’agente di vendita
può essere remunerato oltre che con una provvigione ancorata al volume
delle transazioni conseguite sul mercato estero, il costo può essere
costituito anche da una componente fissa a copertura degli investimenti
che l’agente sostiene per l’apertura di un deposito di magazzino, per le
attività da svolgere sul mercato estero qualora l’agente eroga servizio a
servizio dell’impresa. Quindi la retta non parte dall’origine degli assi, ma
da un livello che definisce i costi fissi dell’agente che saranno sempre
inferiori rispetto ai costi dell’apertura di una consociata.
A sinistra troviamo convenienza ad entrare con agenti di vendita, a destra
con una consociata
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I prodotti sono commercializzati con il brand aziendale, questo rafforza l’immagine del brand, ne favorisce la riconoscibilità e contrasta il
rischio di imitazione.
Angelo Po controlla il 100% della consociata estera, ma è sottoposta alla normativa e giurisdizione cinese. La negoziazione avviene tra
l’unità cinese e gli operatori, clienti del mercato cinese, questo è un punto di forza di questa forma di presenza.
La direzione e la gestione sono affidate a un soggetto italiano con esperienze sul mercato cinese, che porterà maggiormente l’identità e
l’immagine dell’azienda sul mercato estero. Spesso le acquisizioni avvengono per lo più lasciando il personale dell’impresa acquisita, perché
si vogliono valorizzare le competenze del personale che deve dirigere l’unità operativa estera.
Nel caso di Angelo Po si vuole imprimere un’identità italiana.
A livelli non dirigenziali il personale è locale per ridurre i costi (espatriare dei soggetti dall’Italia verso l’estero determina costi maggiori),
con il vantaggio che questo personale parlerà con i clienti del mercato estero (stessa lingua, stessa cultura).
Il ruolo della consociata è importante quando il mercato diventa di particolare importanza
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Vendite tramite e-commerce cross-border nel mondo
La maggior parte degli acquirenti
online acquista principalmente da
fornitori nazionali, ma l’interesse per
l’acquisto da fornitori esteri ha
continuato ad espandersi
La percentuale di acquirenti online
transfrontalieri rispetto a tutti gli
acquirenti online è aumentata dal 17%
nel 2016 al 23% nel 2018
Questa tabella ci dice chi usa
maggiormente l’e-commerce nella
vendita sui mercati esteri.
I primi 10 paesi riescono a
movimentare il traffico dell’e-
commerce a livello internazionale in
modo significativo (270 miliardi su
412 a livello totale). I primi sono USA
e Cina. L’Italia si colloca ottava.
L’online incide per un 3% per i primi 10 rispetto a un 2,3% a livello mondiale
Predominanza del segmento moda e a abbigliamento, a seguire, elettronica, giocattoli, hobby e “fai da te”, arredamento e prodotti alimentari
L’export digitale
B2B nel 2019 ha
raggiunto un
valore di 134 miliardi (+1,5% rispetto al 2018) e rappresenta il 28% dell’export complessivo (online
e offline), superiore al tasso di penetrazione (Tasso di penetrazione dell’e-commerce: rapporto tra le
vendite online e il totale delle vendite retail (online e offline)) legato solo agli scambi su territorio
italiano (19%).
Crescita più significativa nel B2C, sebbene l’incidenza del traffico è maggiore nel caso del B2B
Motivazioni: negli scambi internazionali, ricorrere al digitale conferisce alle imprese maggiore
sicurezza (dovuta al monitoraggio e alla certificazione dei documenti) e velocità nell’espletamento
dei processi.
Principali settori: automobilistico, con un peso del 22,5% dell’export digitale B2B (73% del totale di
settore); tessile e abbigliamento, con un peso del 15% (38% del totale di settore); meccanica che pesa
per l’11% dell’export digitale B2B (18% del totale di settore)
Cosa significa usare l’e-commerce in ambito internazionale? C’è una maggiore complessità che sta nelle procedure, nelle conoscenze, nella
capacità dell’impresa di poter individuare l’uso dell’e-commerce anche nel contesto internazionale. Non basta dire facciamo un investimento
nell’e-commerce, in quanto richiede una forte competenza che non riguarda solo l’uso delle piattaforme digitali (digital manager e export
manager)
L’investimento non è solo finanziario, ma è un investimento sulle competenze.
L’e-commerce aiuta le imprese a vendere nel contesto internazionale, ma questo prodotto comunque deve arrivarci. Ci sono problemi di
logistica, di normative, di costi legati alla transazione e alla vendita
Per avere successo occorre studiare, ossia fare un’analisi dei mercati d’interesse per fare una strategia solida. Bisogna essere consapevoli
della struttura del mercato e-commerce di destinazioni in termini di attori digitali rilevanti e abitudini del consumatore
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Interazione diretta con il cliente: uso di strumenti di analytics disponibile sul web che offrono utili informazioni per creare offerte
personalizzare in linea con le esigenze dei singoli clienti. Flusso di informazioni più corposo (l’impresa collezione una quantità di dati
significativa) che deriva direttamente dal cliente per poter rispondere in modo stringente alle esigenze del cliente e personalizzare anche
il prodotto
Difficoltà:
Complessità e onerosità insita nella costruzione, promozione e gestione del sito e-commerce per raggiungere i potenziali clienti nei
mercati esteri. Occorrono competenze interne per gestire il sito nel contesto internazionale, non basta solo una traduzione del sito per
dire che il prodotto viene venduto nel mercato straniero. Ma bisogna comprendere come il sito e-commerce può essere strutturato
Permangono le difficoltà legali (procedure doganali, fiscali e contrattuali) in quanto il prodotto deve essere fisicamente distribuito e
difficoltà legate alla comunicazione, alla logistica e ai pagamenti. Occorre avere un deposito prontamente disponibili per le vendite in
un arco temporale contenuto
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Elementi di debolezza:
diffusione della rete internet non omogenea in termini di aree geografiche e utilizzatori
maggiore mobilità degli acquirenti(spostamento del cliente da un brand ad un altro amplificato dalla visibilità che può dare un sito e-
commerce, a maggior ragione quando questo avviene attraverso l’intermediario commerciale digitale) e loro minore fedeltà
(conseguente alla quantità di prodotti offerti on line e alla loro facile confrontabilità)
preferenza per la vicinanza fisica manifestata da alcune categorie di clienti (in relazione ad alcune tipologia di prodotto e mercato). Es:
l’abbigliamento si preferisce acquistarlo in punti vendita fisici
preparazione, competenze, propensione al cambiamento, investimenti.
Definizione
Un accordo strategico internazionale è una cooperazione di durata significativa tra due o più imprese indipendenti di cui almeno una è
collocata sul mercato estero in cui si svolge in tutto o in parte l’attività oggetto dell’accordo, che può riguardare l’approvvigionamento, la
produzione, la commercializzazione, il marketing, la ricerca e sviluppo. Noi guardiamo soprattutto le forme di accordo che riguardano
l’attività di marketing (commercializzazione) e/o produzione
Le imprese partner, attraverso tale accordo, intendono perseguire in modo congiunto interessi comuni, condividendo e scambiando risorse
(umane, organizzative, finanziarie …) e conoscenze (di mercato, tecnologiche …) difficilmente sviluppabili internamente.
Si tratta di una modalità intermedia tra le esportazioni indirette e le esportazioni dirette. È una forma che sta nel mezzo tra l’esternalizzazione
(esportazioni indiretta tramite intermediari) delle attività di gestione e relazioni con il mercato estero e l’internalizzazione; è una modalità
ibrida.
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Accordi di collaborazione internazionale: Elementi definitori
Indipendenza tra le imprese partner, non c’è il controllo del capitale sociale di uno verso l’altro. Non si tratta di un accordo tra l’impresa
casa madre e la consociata, in quanto vi è un controllo strategico e proprietario dalla casa madre
Questi partner sono quelli del business network, ossia clienti, fornitori, concorrenti, clienti intermedi. In alcuni casi questi accordi
possono avvenire anche con lo Stato tramite le imprese concorrenti.
Es. in Cina le imprese straniere hanno stretto accordi necessariamente con imprese cinesi di proprietà dello stato cinse, quindi è come se
si facesse un accordo con lo stato cinese
Nazionalità delle imprese partner, è fondamentale che almeno una è collocata sul mercato estero. Questo perché cerchiamo un soggetto
con il quale entrare nel mercato estero e che ci possa aiutare ad entrare sul mercato estero. A volte può capitare che il partner sia della
stessa nazionalità o di nazionalità diversa per operare in un mercato terzo, abbiamo stretto un accordo con quel partner perché ha le
competenze
Durata della relazione medio-lunga. La relazione con un intermediario commerciale non può essere definita un accordo se la relazione è
occasionale, mentre può essere definita cosi se la relazione è consolidata, di medio-lunga durata.
Questo è un tema rilevante perché gli accordi hanno successo se si crea una relazione consolidata con il partner, perché in questo modo
si possono creare degli scambi di conoscenza che consentono alle parti di perseguire l’attività sul mercato estero, inoltre la durata
favorisce processi relazionali; no transazioni di mercato regolate solo dal prezzo di mercato.
Nella relazione con l’intermediario commerciale la relazione è gestita dal prezzo di compravendita. Negli accordi il prezzo ha una
rilevanza, ma ha rilevanza anche che l’attività oggetto dell’accordo sia svolta in un certo modo. L’accordo non serve solo per conseguire
l’attività da svolgere sul mercato estero, ma è fondamentale che vi sia un flusso di conoscenza che consente di arricchire l’attività che
deriva dall’accordo stesso
Condivisione di interessi comuni e attività (approvvigionamento, produzione, commercializzazione, marketing, Ricerca e Sviluppo) da
perseguire in modo congiunto. Dal nostro punto di vista l’attenzione si pone verso quegli accordi che riguardano l’area marketing e di
produzione. Gli accordi hanno successo se i partener perseguono interessi comuni. Non vi è successo di un accordo se un partner deve
sacrificare i propri interessi a vantaggio dell’altro partner.
Un accordo di collaborazione internazionale si basa su due elementi, collaborazione e competizione. Non sta nel meccanismo della
collaborazione che uno lavori a favore dell’altro, vi deve essere un perseguimento del proprio interesse che però deve convergere in un
interesse comune
Condivisione e scambio di risorse (umane, organizzative, finanziarie…) e conoscenze (di mercato, tecnologiche…), difficilmente
acquisibili internamente perché richiede tempo e costi, in un’ottica di reciprocità. Gli accordi si fanno quando per operare sui mercati
esteri, l’impresa che usa l’accordo non ha le conoscenze, risorse e competenze per opere sul mercato estero e trova nel partner il modo
di sopperire alla mancanza o inadeguato livello di competenze per operare sul mercato estero.
L’alternativa è delegare all’intermediario commerciale (in questo modo non governo nulla) o internalizzo tutto (controllo direttamente
queste attività); in entrambi i casi vada incontro a degli inconvenienti in relazione alle caratteristiche del mercato estero.
Quindi la forma ibrida dell’accordo consente di scambiare queste risorse, questo ha un impatto in termini di efficacia dell’azione e di
flessibilità.
Risulta essere una modalità meno flessibile dell’esportazione indiretta in quanto uscire dall’accordo significa pagare delle penali, ma più
flessibile rispetto a un investimento diretto estero che comporta tempi e costi più elevati
Sfruttare la complementarietà tra i partner, per conseguire benefici non realizzabili attraverso lo sviluppo interno, se non a tempi e costi
elevati
Gli accordi si fanno quando l’impresa ha delle fonti di vantaggio competitivo in relazione al mercato estero, ma non è in grado di sfruttarle
da sola ma riesce a farle tramite un partner.
Quindi non ci troviamo nei mercati di primo ordine, ma in quei mercati dove l’impresa ha elevata competitività/compatibilità, ma il mercato
è mediamente attrattivo e accessibile.
Oppure l’impresa si trova di fronte a un mercato molto attrattivo e accessibile, ma ha un livello di compatibilità/competitività medio
Tipologia di accordi classificati in relazione alla funzione della catena del valore coinvolta
Area marketing
Accordi che consentono di accedere alle competenze di marketing del partner (conoscenze di mercato, sistema di relazione con la
distribuzione locale, reputazione di marca), per sviluppare attività commerciali e di assistenza ai clienti. Accordi che vengono stretti con un
partner per svolgere insieme le attività a valle della catena del valore, quindi l’attività di commercializzazione e di marketing
Noi cerchiamo un partner che ha specifiche competenze relative a quel mercato che riguardano l’area commerciale e di marketing; l’impresa
potrebbe non avere competenze per operare in uno specifico mercato e svilupparle internamente richiede costi e tempi lunghi. Attraverso il
partner del mercato estero c’è una relazione che consente di condividere la definizione delle strategie
Tipologie: Piggyback (accordo di fornitura), Franchising internazionale, Joint venture internazionale con finalità commerciale.
Area tecnico-produttiva
Accordi che consentono di trasferire il prodotto sul mercato estero delocalizzando la produzione affidata a imprese locali. Si accede alle
competenze del partner di tipo produttivo (fattori produttivi, manodopera), e/o di tipo commerciale (risorse e competenze di marketing)
quando anche la vendita è affidata al partner
Facciamo produrre al partner, anziché andare a produrre direttamente. Si tratta di una modalità più flessibile rispetto ad entrare sul mercato
estero tramite un unità operativa di natura produttiva.
Quindi cerco un partner che ha competenze nell’area tecnico-produttiva al quale chiedo di eseguire il prodotto secondo i nostri standard
Tipologie: Contratti di produzione (in questo caso cerchiamo solo un partner per la produzione in quanto l’attività commerciale e di vendita
rimangono in capo all’impresa), Licensing e Joint-venture internazionale con finalità produttive/commerciali.
Nel caso dell’area tecnico produttiva gli accordi sono tutti di natura orizzontale, ossia accordi tra imprese concorrenti. Mentre sono accordi
verticali la maggior parte degli accordi dell’area commerciale e di marketing perché cerchiamo un partner specializzato in quell’attività
Mentre il Piggyback è un accordo orizzontale in quanto la caratteristica del piggyback è di stringere un accordo con un partner che produce.
Ma non produrrà per noi, completerà il portafoglio prodotti con i prodotti dell’impresa. Si tratta di un accordo orizzontale in quanto il partner
non è un’impresa commerciale ma un’impresa di produzione
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Tutte queste forme hanno l’elemento della indipendenza, della durata, della nazionalità, della condizione degli interessi nello svolgimento
delle attività specifiche di quell’accordo e dello scambio di risorse e competenze. Poi ciascuna forma ha le sue specificità che porterà
l’impresa a sceglierne una rispetto ad un’altra in relazione alle sue caratteristiche interne o alle caratteristiche del mercato
Vantaggi:
Per l’impresa partner (carrier):
- ottimizzazione dell’uso della rete di distribuzione. Promuove prodotti diversi (economie di scala)
- ampliamento della gamma
Per l’impresa (rider):
- utilizzo della rete di vendita dell’impresa partner, in particolare quando il sistema distributivo estero è frammentato o concentrato;
- sfruttamento di competenze e conoscenze dell'impresa estera rispetto al mercato in cui opera;
- relazione elastica (elasticità rimanda al concetto di flessibilità) in quanto è più che altro un contratto di fornitura che non poggia su un
contratto di media-lunga durata. Ma poggia su un contratto che viene ripetuto nel momento in cui avviene la fornitura
Svantaggi
1. Rischio di deteriorare l’immagine del prodotto sul mercato estero
Il prodotto del rider può essere venduto dal carrier con il brand del rider se è un brand forte che ha una sua immagine nel contesto
internazionale, altrimenti sarebbe meglio utilizzare il brand del carrier se nel mercato estero il rider non è noto.
Anche nel caso in cui il brand rimane quello del rider ci può essere il rischio di deterioramento dell’immagine del prodotto del rider
perché se le strategie di vendita del carrier non sono adeguate possono danneggiare l’immagine del rider
Si tratta di un accordo che accresce il rischio di scarso controllo sulle strategie di vendita del carrier).
Laddove il mercato è particolarmente importante il piggyback potrebbe non essere la forma più conveniente
2. Accordi di breve durata: possono cambiare gli interessi dei partner e/o gli obiettivi dell’accordo
C’è una maggiore facilità di uscire dal mercato e le vendite sono legate a una singola transazione
3. Contatto indiretto con il mercato estero (il portafoglio clienti gestito dal carrier)
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Il franchising non regge se viene tutelato solo l’interesse del franchisor, ci deve essere un accordo di reciproco interesse anche quando il
potere contrattuale è sbilanciato
Perché ci può essere un interesse dal punto di vista del franchisee nell’operare in un sistema franchising? Il soggetto deve avere una forza di
attrazione del cliente verso il punto vendita, il cliente entra automaticamente in un punto vendita franchising perché gode della forza del
brand del prodotto che commercializza. Inoltre il franchisee acquisisce le competenze attraverso il franchisor di come vendere il prodotto
Nel contesto internazionale riceve materiale informativo, le campagne di promozione sono fatte dal franchisor e non dal franchisee. Il
franchisee ha una competenza su come rapportarsi con il cliente finale, trasferisce la conoscenza al franchisor relativamente al
comportamento del consumatore e della concorrenza
Esempio: McDonald’s in Egitto. Il franchisee dice che il consumatore egiziano, visto anche i concorrenti, ha una preferenza nella consegna a
domicilio. McDonald’s recepisce questo input e adotta questa strategia nel mercato egiziano e poi viene estesa anche ad altri mercati
Business concept (oggetto dell’accordo di franchising): conferire da parte del franchisor un prodotto (es. zara, Calzedonia, Benetton)
/servizio (es. McDonald’s), marchio commerciale, insegna, modalità di gestione del business, servizi di supporto alle ricerche di mercato,
assistenza manageriale per l’avvio e la gestione dell’attività
Nell’ambito del settore manifatturieri il franchising è un accordo verticale, in quanto il partner è un’impresa commerciale, quindi le attività
della catena del valore coinvolte sono quelle di marketing e di commercializzazione. Nel caso del settore dei servizi (ristorazione, settore
alberghiero) l’erogazione del servizio richiede la produzione del servizio. Quindi in quel caso il franchising è un accordo verticale in quanto
sto cercando un partner in grado di realizzare il prodotto
La modalità di gestione del business è un elemento fondamentale e anche critico perché il cliente internazionale cerca la stessa formula (es.
cliente di McDonald’s cerca lo stesso panino); quindi è nell’interesse del franchisor fornire supporto e traferire la dovuta conoscenza
all’attività del franchisee. L’elemento caratterizzante del franchising è la standardizzazione dell’offerta che crea notorietà e riconoscibilità del
brand. Questo avviene se nel business concept è ben definita la modalità di gestione del business.
Forme di pagamento del franchisee al franchisor: corrispettivo iniziale (una fee di ingresso) e/o royalties periodiche (percentuali ancorate al
volume di fatturate realizzato dal franchisee nei confronti del franchisor). È il franchisee che paga il franchisor perché utilizza la sua formula
commerciale. La composizione del corrispettivo dipende dal potere negoziale, è convenienza del franchisee il pagamento delle royalties in
quanto sono legati al volume di fatturato realizzato, mentre è convenienza del franchisor ricevere una fee di ingresso in quanto viene
incassata a prescindere dall’esito dell’attività svolta dal franchisee sul mercato
Motivazione del franchising: l’impresa utilizza il franchising quando vuole essere ampiamente presente in modo decentrato nel sistema della
distribuzione di un numero elevato di mercati esteri, mantenendo una relativa uniformità dell’immagine aziendale e del prodotto
Vantaggi:
struttura organizzativa e commerciale più snella perché utilizziamo la struttura organizzativa del partner
minore esposizione al rischio di entrata sui mercati esteri perché utilizziamo le risorse finanziarie e competenze del partner
modesti impieghi di risorse finanziarie
impiego della capacità imprenditoriale presente sui mercati locali.
forte motivazione del partner locale e conoscenze del mercato. È nell’interesse del franchisee lavorare ed impegnarsi nella sua attività
perché ci guadagna il franchisee con la vendita e di conseguenza il franchisor. Il punto vendita viene gestito da dipendenti dell’impresa,
quindi ci sono forme di incentivo a favore di questi soggetti, ma il personale dipendente può risultare meno motivato rispetto
all’imprenditore commerciale, al franchisee
Svantaggi:
difficoltà nel controllare la qualità dei servizi, con il rischio di compromettere l’immagine del franchisor e della rete franchising. La
difficoltà è di dover gestire la formula commerciale. La standardizzazione richiede forte controllo, quindi richiede che il franchisor
possa monitorare l’attività del franchisee.
Nel settore moda i grandi brand che utilizzano il franchising combinano nei mercati più importanti la presenza con una consociata
commerciale e punti vendita in franchising perché la consociata consente di meglio monitorare l’attività del franchisee in quanto il
rischio è di compromettere l’immagine del brand. Questo rischio è amplificato a livello internazionale
necessità di investire in formazione e aggiornamento continuo del personale e del franchisee
scarsa disponibilità del franchisee a condividere proprie informazioni con il franchisor. Il franchisee è l’occhio operativo del franchisor
sul mercato estero, se non vi è questo flusso la formula franchising potrebbe non funzionare correttamente
non condivisione degli obiettivi dell’accordo e delle strategie di prezzo. Ecco perché è necessario definire a monte la relazione tra
franchisor e franchisee
Ci potrebbe essere un forte attrito tra il franchisor e franchisee. Il franchisor guadagna in misura percentuale sulle vendite realizzate dal
franchisee sugli n mercati, quindi più il prezzo è basso, più il volume di vendita possono essere elevati. Sommato a livello
internazionale questo accresce il guadagno del franchisor, quindi dal punto di vista internazionale c’è una convenienza a tenere il prezzo
di vendita basso. Diverso invece è l’interesse del franchisee che guadagna sul margine di contribuzione. Gestendo piccoli punti vendita
non si può permettere prezzi bassi, quindi ha convenienza a tenere il prezzo più elevato. Ma questo può impattare sulla competitività di
prezzo del franchisor e allora si gioca la negoziazione tra franchisor e franchisee. Questo può essere un elemento che può inclinare i
rapporti tra i due soggetti e potrebbe portare a una conclusione dell’accordo. Gli elementi dell’accordo sono definiti all’inizio ma
possono mutare
La difficoltà di gestire la leva del prezzo nell’ambito del franchising a livello internazionale aumenta
Esempio: franchising internazionale - Stefanel apre 50 boutique in Cina e Taiwan con Carnival
Stefanel ha siglato un accordo di distribuzione per la Cina e Taiwan con Carnival International, società cinese attiva nel fashion retail.
L'accordo, della durata di cinque anni, prevede l'apertura di 50 nuovi negozi nei più prestigiosi shopping mall e department store per la
distribuzione in esclusiva delle linee abbigliamento e accessori del marchio veneto sul mercato cinese e taiwanese.
Il piano di sviluppo concordato vedrà le prime aperture di nuovi store Stefanel nel 2012 nelle città di Pechino, Shenyang e Chengdu. Gli store
cinesi utilizzeranno il nuovo concept Stefanel progettato dallo studio londinese Sybarite e studiato per esaltare la collezione maglieria e
trasmettere i valori che contraddistinguono il brand trevigiano: sensualità, positività e armonia.
«Il mercato cinese – ha detto Giuseppe Stefanel, presidente del gruppo – ha enormi potenzialità ed è fondamentale essere presenti. Tuttavia è
indispensabile trovare il giusto partner locale e noi lo abbiamo individuato in Carnival, società leader nei mercati di riferimento che ci
permetterà di rafforzare la nostra strategia di sviluppo nei mercati del Far East dove Stefanel è peraltro già presente in Giappone, Corea del
Sud e Hong Kong».
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Fonte adattamento da Il Sole 24 ore, 20 dicembre 2011
Vantaggi:
Riduzione di tempi, costi e i rischi della delocalizzazione produttiva
Possibilità di valutare le potenzialità del mercato. Non entro da subito con un investimento, valuto la convenienza di andare a produrre
direttamente su quel mercato estero attraverso l’attività produttiva di un terzo. Se l’esito della valutazione è positiva può decidere di
entrare direttamente con un proprio investimento
Possibilità di marcare il prodotto come produzione locale. Riguarda la richiesta della domanda che quel prodotto venga realizzato in
quel mercato (forma di nazionalismo presente nei consumatori). In alcuni mercati questo connotato di nazionalità nella produzione può
essere fortemente richiesto. L’attività di produzione, quindi i costi legati alla produzione, rimangono in capo al contracted per i quali il
contractor pagherà una percentuale sulla produzione.
Possibilità di esternalizzare l’attività di produzione non core business (tipico nel settore moda, in quanto il core business è la creazione
di nuove linee di prodotto, non la produzione)
Elementi di flessibilità: durata breve del contratto; possibilità di rescindere a costi contenuti il contratto; uscita prematura dal mercato
non onerosa
Svantaggi:
Rischio che il prodotto non risponda ai requisiti di qualità attesi perché il contracted realizza il prodotto secondo la sua capacità
produttiva e secondo le indicazioni che vengono dal contractor; ma potrebbe non essere in grado di applicare correttamente le
indicazioni che vengono dal contractor
Rischio opportunismo da parte del partner (appropriazione di conoscenze) possibilità di rescindere a costi contenuti il contratto; uscita
prematura dal mercato non onerosa
Rischio che si può vedere in tutte le forme di accordo ma in quelli di produzione diventa più complesso. E’ uno dei principali rischi
laddove l’impresa traferisce una conoscenza legata alla realizzazione del prodotto, cbe dal punto di vista del contracted è un elemento
importante perché cresce la capacità di innovare. Questo fa si che il contracted al termine dell’accordo possa diventare un concorrente
nei confronti del contractor
Questi aspetti possono essere limitati contrattualmente, vi possono essere delle clausole di non concorrenza alla fine del contratto.
Le armi di cui il contractor può servirsi per limitare ciò sono due:
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- rapporto di fiducia che si instaura con il partner. La caratteristica degli accordi è quello della durata che consente di instaurare
una relazione consolidata tra le parti e quindi all’interno di questa relazione si sviluppa la fiducia che aiuta a contenere
elementi di opportunismo (atteggiamento del contracted a danno del contractor) del contracted a danno del contractor. Quando
la fiducia è reciproca può contenere questi elementi di opportunismo da parte dei partner
- Capacità di innovare. Il contractor che cede al partner un prodotto e una conoscenza di come realizzarlo può proteggersi
innovando in continuazione. Attraverso l’innovazione il partner, seppur apprende un modo di produrre, questa conoscenza
viene poi superata dalla continua innovazione che mette in atto il contractor. Quindi l’innovazione è uno strumento di
protezione delle imprese che potrebbe aiutare le imprese a superare questa resistenza a svolgere determinate attività con un
partner
Natura della relazione: relazione contrattuale tra imprese spesso concorrenti (prodotti non complementari, ma della stessa categoria
merceologica). Si tratta di una relazione di tipo orizzontale, in quanto è un accordo tra imprese di produzione, come nei contratti di
produzione. Questo perché il partner (contracted e licensee) deve disporre di un sistema di produzione per realizzare il prodotto del licensor
secondo le indicazioni del licensor, non si rivolge ad un impresa che deve investire nel sistema produttivo.
Gli accordi sono quelle forme per governare la complessità dei mercati esteri, stringendo un accordo con un concorrente, trasformo il
concorrente in un alleato finché la relazione esiste e funziona
Es: Armani che opera in settori molto variegati (abbigliamento, occhiali, profumi) cede il suo brand (fa un licensing out), cede la produzione
degli occhiali secondo le indicazioni che vengono da Armani. Armani (licensor) trova Luxottica (impresa italiana ma molto presente sui
mercati esteri) e cede il suo brand e le sue indicazioni su come realizzare una linea di occhiali a Luxottica che realizza per conto di Armani
gli occhiali e che verranno venduti attraverso la distribuzione di Luxottica ed entreranno a far parte del portafoglio prodotti di Luxottica.
La relazione deve essere solida, di fiducia e non solo contrattuale.
Contenuto della licenza: si cedono brevetti, know-how e competenze non coperte da diritti legali (disegni industriali e tecnologie di
produzione); formazione del personale; fornitura di impianti; uso del marchio.
Contenuti del contratto: definizione degli standard produttivi per garantire il rispetto della qualità; definizione dei mercati da servire (il
licensee si deve occupare anche della vendita dei prodotti del licensor, quindi la strategia di distribuzione viene concordata tra i due soggetti,
sempre che la relazione sia solida e poggi su elementi contrattuali e di fiducia) e del modo in cui servirli; durata del contratto (più di 10 anni).
Natura del compenso da parte del licensee: immediato (somma di denaro/fee di ingresso) e/o dilazionato (royalty annua: % sul volume delle
vendite realizzate dal licensee). Il licensor cede quindi deve essere pagato
La prima modalità tutela maggiormente il licensor perché è una somma certa, quella dilazionata è legata alle vendite quindi può esserci il
rischio del non venduto, ma è una modalità di pagamento che avvantaggia maggiormente il licensee.
Vantaggi:
realizzare una presenza produttiva riducendo l’impiego di risorse proprie (non si produce direttamente)
superamento delle barriere istituzionali e competitive
accesso a fonti locali di MP a basso costo (impatta sui costi di produzione)
riduzione dei costi di trasporto
accedere al capitale finanziario, al potenziale competitivo, alle conoscenze di mercato e alle risorse manageriali del partner.
Modalità per svolgere una determinata attività sul mercato estero e per accedere a quel bagaglio di risorse, conoscenze e competenze del
partner che in alternativa l’impresa dovrebbe sviluppare internamente. In questo modo accedo al business network del partner. Se devo
produrre direttamente devo avere sviluppato relazioni con i distributori e con i fornitori, questo tipo di relazioni li ha già il licensee
maggiore flessibilità rispetto agli IDE produttivi. Maggiore flessibilità perché se l’impresa entra in un mercato estero con un contratto di
licensing ma si accorge che o che il licensee non è il partner giusto o che il mercato non risponde alle attese o che l’impresa ha
convenienza ad operare direttamente, uscire da un contratto di licensing richiede meno tempo, minori costi (devo pagare una penale, ma
il costo di una penali è inferiore rispetto all’investimento che ho realizzato in un impianto produttivo sul mercato estero, in quel caso o
lo vendo oppure devo dismetterlo con tutti i costi e tempi che comporta una scelta del genere)
contenimento dei rischi politici ed economici del mercato obiettivo perché chi produce è il partner. L’impresa si espone a rischi
economici e operativi ma lo condivide con il partner, quindi vengono contenuti
aggirare le restrizioni imposte dai governi locali alla realizzazione di investimenti diretti esteri.
In alcuni contesti vi sono governi che impediscono l’entrata nel proprio mercato ad imprese straniere attraverso la realizzazione di un
investimento di natura produttiva controllato al 100% e impongono la possibilità di entrare nel proprio mercato attraverso un accordo,
quindi con un partner locale.
Ad esempio la Cina ha aperto i propri confini ai capitali stranieri in modo molto graduale a differenza della Russia che li ha aperti
selvaggiamente oppure l’Africa in cui c’è una svendita del territorio nei confronti soprattutto dei cinesi.
La motivazione che sta dietro a ciò è che attraverso accordi di questo tipo il partner locale (del mercato estero) si trova in una situazione
di apprendimento, quindi di acquisizione di una conoscenza. Sono quelle modalità strumentali alle politiche industriali dei governi per
sostenere lo sviluppo economico del proprio paese.
Oggi la Cina ha superato questo vincolo e permette agli investitori stranieri di realizzare un investimento completamente detenuto e
quindi non necessariamente nella forma di accordo. Il modo di attuare queste restrizioni da parte dei governi dei mercati di riferimento
può avvenire sia richiedendo una forma di compartecipazione alla produzione da parte dell’investitore delle imprese locali, sia
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imponendo delle forme di imposizioni molto alte sulle importazioni (dazi molto alti, per aggirare le barriere mi conviene andare a
produrre con un partner sul mercato estero)
Svantaggi:
difficoltà nel verificare il rispetto degli standard di produzione e conseguente rischio di deterioramento dell’immagine dell’impresa
committente (licensor)
rischio di diffusione delle conoscenze a favore del partner (rischio opportunismo)
necessità di addestrare il personale locale, elemento contenuto nel contratto e nella relazione. Vi è un’onerosità in capo all’impresa
committente
ripartizione degli utili con il produttore locale
mancanza di conoscenze dirette del mercato. È punto debole della relazione se questa relazione non viene costituita sulla fiducia, perché
un vero scambio di conoscenza si fonda non su obblighi contrattuali ma solo se esiste un elemento di fiducia
Caratteristiche: indipendenza tra i partner dell’accordo di JV; uno dei partner opera nel mercato obiettivo
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insieme i propri prodotti attraverso una rete di vendita che non è quella del partner B ma quella della New venture, ossia di questa nuova
impresa costituita che si occuperà del portafoglio prodotti costituito con prodotti dell’impresa A e B. Tuttavia la New venture può
occuparsi solo della produzione o solo della distribuzione oppure di entrambe le attività.
Es. fiat e Tata costituiscono una equity joint venture, e la new venture si occuperà della vendita della linea di fiat e di tata
entità e forme degli apporti (modalità di trasferimento del know how necessario per la gestione produttiva della JV). Cosa devono
apportare i partner, conoscenza sul prodotto, conoscenza sul mercato, conoscenza delle reti di vendita
forma giuridica del nuovo soggetto. Sarà costituita seconda la normativa prevista dal mercato estero
determinazione del prezzo delle azioni rappresentative delle rispettive quote di partecipazione. La quota di capitale detenuta sulla New
venture dia partner A e B dipende dai conferimenti apportati (denaro, know-how apportato per il funzionamento della new Venture).
Non necessariamente le equity joint venture sono paritarie, ossia detenute al 50% dai due partner, ma uno dei due partner può detenere
anche più del 50% del c.s. della New Venture (new Venture maggioritaria) e la restante quota detenuta dall’altro partner. Questo perché
corrisponde al diverso apporto di risorse finanziarie e non dei due partner all’interno di questa relazione.
Come viene gestita una equity joint venture dove vi è una quota di maggioranza di un partner rispetto ad un altro? Il partner di
maggioranza ha una forma di controllo maggiore quindi deciderà le linee strategiche della new venture, ma potrebbe non essere così.
Chi sarà l’amministratore delegato? Non necessaria chi ha la quota di maggioranza. Le parti possono decidere che l’amministratore
delegato è rappresentato dal partner di minoranza perché è colui che ha le competenze necessarie per gestire la New Venture.
definizione delle politiche strategiche, finanziarie e organizzative. Contrattualmente viene deciso qual è l’orientamento strategico, quali
sono le forme di finanziamento, qual è la struttura organizzativa della new venture perché la gestione è condivisa. Anche se è paritaria la
direzione può essere affidata all’altro partner
modalità di ripartizioni degli utili e dell’eventuale copertura finanziaria conseguente a perdite di esercizio
durata della JV ed eventuali ipotesi di scioglimento. Si tratta di una durata “illimitata” nel tempo, cioè molto estesa, ma in qualsiasi
contratto comunque si deve prevedere una durata.
Le ipotesi di scioglimento possono anche implicare da parte di uno dei due partner l’acquisizione della quota di capitale dell’altro nella
new venture (trasformazione della joint venture nell’acquisizione)
modalità di risoluzione degli eventuali disaccordi intervenuti tra i partner. Siccome si tratta di accordi societari ci sono molte più
problematiche nella gestione di questo accordo rispetto alle forme precedenti.
Vantaggi:
possibilità di utilizzare competenze manageriali, tecnologiche, conoscenze di mercato e del sistema della distribuzione locale del partner
rapidità di entrata in un mercato nuovo o in un numero elevato di mercati. Rapidità di entrata non lo mettiamo in assoluto; entrare in un
mercato estero con equity joint venture richiede tempi di realizzazione dell’accordo lunghi. Tuttavia, è più veloce all’investimento
diretto estero, soprattutto se si tratta di una costituzione ex-novo
ripartizione dei rischi perché vengono condivisi con il partner
investimenti condivisi perché li condivido con il partner
superamento di barriere protezionistiche (possibilità di aggirare le restrizioni alla realizzazione di investimenti diretti). È un modo di
superare le restrizioni alla realizzazione dell’investimento diretto, qualora vi è un vincolo su come poter operare nel mercato estero
Svantaggi:
possibili conflitti latenti tra i partner (difficoltà di gestione della relazione in presenza di culture manageriali differenti). I conflitti tra i
partner su come gestire l’accordo possono essere rilevanti
rischio di concorrenza da parte del partner che acquisisce conoscenze, tecnologie, metodi di gestione e di distribuzione conferiti
dall’altro partner
riguarda tutte le forme di accordo, da quella meno coinvolgente piggyback, a quella più coinvolgerne la joint venture. Più coinvolgente
in termini di risorse apportate, di conoscenze, di attività della catena del valore coinvolte.
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conoscenze di marketing, esperienza internazionale, sistema di relazione con gli operatori pubblici (autorità e istituzioni) e privati
(banche) locali.
importanza del partner sul mercato: quota di mercato, portafoglio clienti, capacità negoziale con le autorità locali, reputazione sul suo
mercato.
Criteri partner-related: elementi che incidono sulla capacità cooperativa delle imprese (capacità del partner di stare in una relazione, di
cooperare e di sviluppare un elemento di fiducia). Tutti questi elementi i partner li acquisiscono studiandosi reciprocamente, per questo
motivo i temi sono lunghi. Per tale motivo è più facile stringere una relazione tra soggetti che si conoscono già
atteggiamento verso la collaborazione (livello di coinvolgimento nella collaborazione);
predisposizione a conferire le risorse;
predisposizione alla condivisione delle decisioni;
apertura informativa del partner;
condivisione delle finalità e della forma dell’accordo e delle forme di governance;
capacità di tipo organizzativo (cultura e struttura organizzativa, procedure operative);
reputazione e affidabilità del partner;
precedenti rapporti di collaborazione con il partner;
precedenti esperienze del partner nel fare accordi.
Accordi di collaborazione internazionale: 2a fase: La selezione del partner - come valutare il partner
1) Raccogliere informazioni sui potenziali partner; fonti:
terze parti informate (es.: imprese che hanno formato accordi con quel potenziale partner)
banche, ambiente istituzionale (associazioni di categoria, camere di commercio), ex dipendenti dell’impresa potenziale partner;
ricerche di mercato (via più lunga)
fornitori, clienti (business network)
2) Precedenti esperienze lavorative dell’impresa con quel potenziale partner;
3) Conoscere il partner prima di vincolarsi con un’alleanza formale (interazione tra i dirigenti delle due compagini per assicurarsi che vi
sia una visione comune del progetto).
13/12/2021
Capitolo 9:
Strategie di entrata sui mercati esteri: Investimenti Diretti Esteri - insediamenti produttivi all’estero (IDE produttivo)
IDE produttivo
Costituzione di insediamenti produttivi in loco finalizzata alla
realizzazione di prodotti da collocare nel paese di
insediamento e/o nei paesi appartenenti alla stessa area mercato
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Principali motivazioni:
1. Stabilire una presenza/controllo diretta sul mercato estero (market seeking)
2. Ottenere vantaggi di costo (efficiency seeking). Questa non è la nostra prospettiva perché significherebbe andare a produrre nel mercato
estero e poi reimportare nel mercato nazionale.
3. Agevolare l’entrata in altri paesi appartenenti alla stessa area-mercato.
Motivazioni
Queste motivazioni corrispondono al market seeking e efficiency seeking.
1) Stabilire una presenza diretta nel paese estero al fine di avere un maggior presidio:
superare gli svantaggi legati ad altre forme di presenza.
Ad esempio nell’esportazione indiretta non controllo le strategie di vendita e anche negli accordi devo condividere le strategie di
vendita con il partner. Con l’esportazione diretta abbiamo anche degli svantaggi come i costi commerciali, di trasporto e barriere;
captare in modo diretto e tempestivo le caratteristiche e gli andamenti del mercato (domanda e concorrenti). Ci avviciniamo
direttamente al mercato. Nei mercati più complessi l’investimento, qualora regga l’impianto dal punto di vista economico, può
essere più conveniente;
ridurre i tempi di fornitura alla clientela locale. La produzione e i depositi sono nello stesso mercato, in questo modo il deposito
può essere rifornito più facilmente. Si evitano rotture di stock.
Es: nel periodo del lockdown le imprese con IDE produttivi e commerciali, cioè che producevano in Cina, America e Giappone
non hanno visto un blocco della fornitura in quei mercati perché la produzione era già lì. Le imprese che invece dall’Italia
dovevano trasferire il prodotto sul mercato estero hanno visto una chiusura. Il problema vale all’inverso per gli
approvvigionamenti. Le imprese che hanno delocalizzato la funzione degli approvvigionamenti nel periodo della crisi sanitaria
hanno avuto delle ripercussioni importanti.
erogare servizi di assistenza pre e post-vendita. L’assistenza spesso è fatta da personale competente dal punto di vista tecnologico,
dal punto di vista delle caratteristiche del prodotto ma è anche un personale locale che ha competenze nel relazionarsi con operatori
del mercato locale;
controllare in modo diretto i canali distributivi al fine di aumentare il livello di soddisfazione della clientela. Si ha una produzione
sul posto e spesso i clienti apprezzano il prodotto che è realizzato nel mercato in cui viene venduto. Questo può impattare sulla
relazione con la distribuzione che è il primo anello prima di giungere al consumatore finale e questo può anche aumentare il livello
di soddisfazione della clientela;
superare le barriere tariffarie e non tariffarie. Questo è un elemento che ha un impatto sul prezzo e sul fenomeno di price
escalation, cioè l’incremento di prezzo che si verifica quando il prodotto è venduto dal mercato nazionale sul mercato estero. La
price escalation è dovuta ai costi di commercializzazione (costo di vendita, costi di trasporto, barriere) del prodotto. Se vado a
produrre nel mercato in cui esistono le barriere questo elemento di accessibilità viene superato.
In un mercato molto attrattivo, in cui abbiamo un’elevata compatibilità del prodotto, ma poco accessibili perché vi sono barriere
elevate allora l’investimento diretto potrebbe essere la soluzione per aggirare questo elemento di scarsa accessibilità del mercato.
ottenere accreditamento presso clienti diretti e governo locale. Avere un contenuto di produzione locale e anche il fatto di parlare
con un soggetto che è stato costituito secondo l’ordinamento del mercato locale. I contratti, la negoziazione, eventuali dispute e la
risoluzione di queste dispute avviene secondo la normativa del mercato in cui si trova l’unità produttiva. Diversamente nel caso
delle esportazioni chi negozia è un’impresa italiana con un’impresa americana. Se invece vado a produrre direttamente in America,
o commercializzo con un’unità commerciale americana sebbene controllata da un’impresa italiana, la negoziazione è tra un cliente
americano e l’impresa americana anche se l’impresa è controllata dalla casa madre italiana.
Questo può essere anche un elemento ricercato dalle politiche economiche e industriali di quel mercato, quindi può essere una via
obbligata per andare a vendere in quel mercato: devi produrre in questo mercato. Tuttavia, ci sono modi indiretti per ottenere
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questo risultato perché nessuno può costringere a realizzare investimenti (barriere molto elevate alle importazioni, politiche di
attrazione degli investimenti diretti esteri per attrarre gli investitori dall’estero e favorire l’insediamento produttivo su quel
mercato)
beneficiare degli incentivi delle autorità governative locali per attrarre investimenti esteri (finanziamenti, agevolazioni fiscali;
snellimento procedure burocratiche e normative; aree logistico-industriali attrezzate e buone infrastrutture di trasporto; offerta di
terreni e fabbricati a basso costo; centri di formazione del personale specializzato; incentivi pubblici alla ricerca scientifica
applicata). Sono alcune delle politiche che possono essere messe in campo dai governi locali per attrarre investimenti dall’estero.
2) Ottenere vantaggi di costo che agevolino la penetrazione commerciale nel paese di destinazione. à Solo questa non è la nostra prospettiva
perché non è un investimento nel mercato estero per vendere in quel mercato. Qui non facciamo riferimento solo alla disponibilità della
materia prima ma al fatto che sul mercato estero trovo quella materia prima a costo più contenuto.
approvvigionamento di materie prime a basso costo. La materia prima potrebbe essere disponibile anche sul mercato nazionale, ma
sul mercato estero la trovo ad un costo più contenuto. Questa ricerca di efficienza del costo va completata con il fatto che si sta
vendendo anche in quel mercato estero, questa è la nostra prospettiva.
riduzione dei costi di trasporto e doganali (voce di costo particolarmente significativa con riferimento ai prodotti di dimensioni
elevate).
Per i prodotti di elevato volume o peso, come auto, piastrelle o elettrodomestici, il costo di trasporto può avere un’incidenza elevata
sul costo complessivo di realizzazione del prodotto rendendo il prodotto straniero meno competitivo del prodotto locale.
eliminazione effetto volatilità dei tassi di cambio perché non devo esportare ma vendo direttamente nella valuta del mercato di
riferimento.
manodopera a basso costo (fattore rilevante in relazione alle caratteristiche del processo produttivo: maggiormente rilevante nelle
produzioni labour intensive rispetto alle produzioni capital intensive). È un altro elemento che impatta l’efficienty seeking, quindi
la riduzione dei costi, soprattutto in quei settori caratterizzati da un’elevata incidenza della manodopera.
Es: settore della moda dove l’incidenza del costo del lavoro è un fattore importante sulla struttura dei costi, vi è un forte processo
di delocalizzazione produttiva sia con un’unità produttive proprie sia nella forma dell’outsourcing (faccio produrre ad altri tramite
contratti di produzione).
3) Agevolare l’entrata anche in altri paesi appartenenti alla stessa area-mercato, seguire la propria clientela che si internazionalizza.
In settori come quello automobilistico, le case automobilistiche che vanno a produrre sui mercati esteri tirano con sé la produzione anche dei
loro principali fornitori. Dal punto di vista del fornitore, l’avvicinamento alla sede di produzione del cliente ha insito l’elemento della
continuità della relazione.
Il cliente vuole che sia vicino a lui per una continuità dell’approvvigionamento, per uno sviluppo sul prodotto, ossia tutti elementi che
rafforzano la necessità anche per un fornitore di seguire il cliente sul mercato estero con la produzione.
Se l’internazionalizzazione del fornitore avviene per seguire il cliente ma il cliente poi è in difficoltà sul mercato estero; questa difficoltà si
ripercuote poi sul fornitore che ha già delocalizzato. Quindi la diversificazione del portafoglio clienti rimane il concetto di fondo
Inconvenienti:
1. Alti investimenti iniziali (costituzione dell’unità produttiva, apertura dei magazzini e dei centri di assistenza; costi di esercizio).
2. Rigidità della struttura produttiva: necessità di realizzare elevati volumi di produzione per compensare gli elevati costi di struttura e
mantenere un certo livello di redditività. Per realizzare economie di scala e abbattere i costi fissi.
3. Esposizione al rischio paese (politico ed economico). Vi possono essere ripercussioni sull’attività con espropri nazionali, difficoltà nella
gestione del rapporto con la forza lavoro, rischi di guerre, etc.
4. Perdita di valore del prodotto e della marca quando tale valore è strettamente legato alla provenienza geografica del prodotto medesimo
(es.: alcuni prodotti alimentari tipici: Parmigiano reggiano, aceto balsamico sono prodotti che hanno un loro brand legato ad una
specifica provincia italiana. Per queste imprese l’investimento non è assolutamente un’operazione percorribile se l’immagine di quel
prodotto è legato al paese di provenienza, ciò significa che il prodotto deve essere realizzato in quel paese.).
5. Produrre direttamente sul mercato estero quando l‘immagine del brand è legata all’immagine del paese di provenienza, la produzione
sul mercato estero può danneggiare l’immagine del brand.
6. Disponibilità e onerosità di personale qualificato sia sul mercato di destinazione che nella casa madre per dirigere e coordinare l’attività
sul nuovo mercato. Occorre non solo avere capitale finanziario, ma anche umano cioè disponibilità di personale per gestire l’unità
produttiva sul mercato estero.
Acquisizione di impresa: non genera un aumento del capitale investito in un dato paese; implica un cambiamento nel controllo
proprietario dell’attività acquisita. Modalità diffusa nei paesi avanzati in quanto si hanno scarsità di territorio destinabili alla
realizzazione di investimenti di natura industriale, ma maggiore disponibilità di imprese che possono essere oggetto di acquisizione
perché ci stiamo rivolgendo a mercati più dinamici e con un livello di sviluppo economico più elevato.
L’acquisizione consiste nel rilevare quote significative di capitale sociale di imprese già esistenti e operative. Noi parliamo di quelle
acquisizioni che permettono il controllo su quell’impresa e non è una joint venture perché l’acquisizione la faccio da sola e non con un
partner (questa è la differenza tra IDE e Joint Venture)
Es. Barilla negli anni ’90 era già presente sul mercato americano, sfrutta il fenomeno della migrazione (elementi sociali che impattano sulle
scelte e sulla presenza nei mercati esteri), poi cresce la sua notorietà e nasce l’esigenza di rafforzare la presenza e quindi di andare a produrre
direttamente su quel mercato anche per avvicinarsi a fonti di approvvigionamento quali il grano e i cereali. Ma in questo caso non ci son
imprese interessanti da acquisire perché l’America non è un mercato tipicamente caratterizzato per la produzione di pasta, quindi si procede
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con una costituzione ex novo anche in un mercato di economia avanzata. In relazione al settore non si evidenziano opportunità di
acquisizione.
New venture
L’impresa costruisce impianti e reti di vendita nei mercati ritenuti più convenienti, utilizzando tecnologie recenti, sfruttando il minor costo
del lavoro, dei terreni e dei trasporti e i vantaggi degli incentivi offerti dai governi locali.
Modalità greenfield: la nuova struttura produttiva viene collocata in un sito precedentemente non utilizzato per attività produttive. Non
esiste un edificio, lo costruisco mattone su mattone, strade, etc.
Si costruisce da zero dopo aver scelto la sede in cui delocalizzare l’impianto, che sarà vicino a sistemi di trasporto sia per il trasporto sul
territorio ma anche al di fuori di quella nazione perché può essere utile anche una vendita fuori
Modalità brownfield: l’investimento viene localizzato in un’area già utilizzata per attività produttive e ora nuovamente disponibile. E’
comunque una costituzione ex-novo in quanto costituisco l’unità operativa in un’area produttiva che prima esisteva e quindi c’è già
l’edificio dove prima esisteva un’attività economica.
Acquisto l’assets fisico e non l’attività economica. Non è un’acquisizione perché non si acquistano quote di capitale, ma un edificio.
Vantaggi
sceglie la forza lavoro (ma deve addestrarla)
sceglie la localizzazione più conveniente
Svantaggi
tempi lunghi di ricerca della localizzazione e di costruzione ex novo della rete di relazione con i pubblici locali (fornitori, clienti,
autorità pubbliche, banche). Tempi lunghi non solo perché bisogna costruire l’impianto ma anche perché bisogna costruire una lunga
rete di relazioni a monte e a valle (fornitori e clienti). Devo costruire un business network.
incognita della reazione dei potenziali clienti all’offerta. È un’offerta nuova che si aggiunge a quella già esistente quindi devo tenere
conto della reazione dei clienti e dei concorrenti.
Inoltre, non si ha uno storico e fare previsioni di vendita senza avere uno storico è più complicato rispetto all’acquisizione. L’incognita è
sia perché non ho uno storico e quindi non posso fare previsioni attendibili e perché la clientela può essere restia ad acquistare un
prodotto di un’impresa straniera in quanto realizza ex novo.
Acquisizione di impresa
Acquisizione di un’impresa e/o di un marchio già esistente
Tipologie:
Orizzontale: appartenenza delle due imprese allo stesso settore di attività (abbigliamento/abbigliamento). In questo modo sto acquisendo
un concorrente. Ho il controllo sulla proprietà del concorrente e riesco a controllare direttamente le sue strategie.
Verticale: posizione a monte o a valle dell’impresa acquisita (tessuti/abbigliamento, abbigliamento/distribuzione commerciale).
Un’impresa di produzione rileva un’impresa di distribuzione con tutte le implicazioni che questo ha sulle strategie di vendita, sulla
continuità della relazione, sul controllo del prezzo, etc.
Conglomerale: appartenenza dell’impresa acquisita a settori distanti (abbigliamento/bevande). È un’acquisizione in settori più o meno
correlati (es. Unilever, Procter & Gamble rilevano brand che operano in settori diversi con un livello di correlazione tra di loro di grado
più o meno elevato).
Vantaggi
rapidità di entrata (ricadute economiche): rilevo un’impresa già esistente e quindi rapidità di entrata rispetto ai tempi necessari per la
costituzione, individuazione della sede, logistica, il dove creare l’impianto, di sviluppo delle reti di relazioni a monte o a valle, etc.
perché tutto ciò esiste già in un’impresa acquisita.
Tuttavia, il processo di acquisizione non si esplica in un tempo breve in quanto bisogna individuare l’azienda da acquisire, vi è tutta una
fase di negoziazione e vi deve essere la disponibilità da parte dell’impresa ad essere acquisita, processo di negoziazione sul prezzo e
quindi di studio dell’impresa oggetto di acquisizione.
Tempi brevi rispetto all’efficacia dell’operazione in quanto l’impresa acquisita produce già risultati economici. Ma con l’acquisizione vi
può essere un processo di ristrutturazione e di riorganizzazioni quindi si ha un allungamento dei tempi di realizzazione di questo
progetto
acquisizione di una marca nota (in particola in settori food e drink)
utilizzo struttura esistente e operante (accesso alla rete di clienti già consolidata e ai canali di fornitura e di distribuzione dell’acquisita)
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possibilità di acquisire l’esperienza e le conoscenze del management locale. L’acquisizione richiede una capacità di gestione molto
puntuale dell’impresa oggetto di acquisizione perché a volte non viene acquisita solamente un’attività di produzione o un prodotto che
viene realizzato e venduto su quel mercato, ma si acquisisce anche un’esperienza. Bisogna essere capaci di gestire le relazioni a monte e
a valle, e si ha difficoltà se l’impresa acquirente entra nel meccanismo di relazione di gestione ad esempio togliendo l’export
management che aveva tenuto relazioni con il mercato, direttore acquisti, etc. Queste operazioni di ristrutturazione in alcuni casi
possono produrre effetti negativi. E’ importante valorizzare il personale che viene acquisito.
possibilità di eliminare un potenziale concorrente, non alterando la struttura della concorrenza esistente.
Non viene alterata la struttura concorrenziale, almeno nel breve periodo, perché stiamo acquisendo un concorrente. Nel lungo periodo
può avvenire che, a seguito dell’acquisizione, l’impresa acquisita si può potenziare e accrescere la sua forza competitiva nei confronti
delle altre imprese del settore. Non è come la costituzione che si aggiunge un nuovo soggetto
Svantaggi
rilevanti investimenti iniziali e possibili obbligazioni sommerse (debiti).
A volte l’investimento dell’acquisizione può essere più oneroso della costituzione perché quando si rileva un’attività economica vi può
essere un good will, cioè un valore di avviamento che sta nel brand e negli assets che può fare aumentare di molto il prezzo delle azioni
che costituiscono il capitale sociale dell’impresa oggetto di acquisizione. Quel prezzo può aumentare in relazione al posizionamento
dell’impresa sul mercato.
Inoltre, quando un’impresa viene acquisita si analizzano i bilanci e vi possono essere debiti non noti/sommersi al momento
dell’acquisizione e questo può essere un rischio per l’impresa.
necessità di adattamenti a livello produttivo e distributivo.
costi e tempi di integrazione della forza lavoro locale nella logica di gruppo e problemi di integrazione con la cultura e gli stilli del
precedente management. Il periodo post-acquisizione è l’integrazione del corpo dei dirigenti, della forza lavoro, etc. A volte
l’acquisizione comporta un processo di ristrutturazione anche della casa madre oltre che nella consociata per evitare una duplicazione
dei processi produttivi.
Rispetto al mercato nazionale, interviene l’elemento delle differenze culturali che impattano in maniera significativa sui processi di
negoziazione e sulle relazioni con chi gestisce l’unità operativa sul mercato estero tanto è che per superare il problema delle differenze
culturali, il processo di ristrutturazione dell’azienda acquisita può portare ad un’estromissione di una buona parte del management
locale con propri manager che vanno a gestire quelle unità. Tuttavia, ci sarebbe il rischio di perdere quel bagaglio di esperienza fatto di
sistema di relazioni con il mercato nel quale è collocata l’impresa acquisita.
rischi di conflitti in caso di ristrutturazioni e possibili intromissioni dei governi locali nelle trattative. Questo può impattare sul prezzo
dell’acquisizione.
Insediamenti produttivi all’estero (IDE produttivo): Fattori di scelta tra acquisizione e greenfield
Entità investimento: Investimento relativo al superamento delle barriere competitive all’entrata (competenze di marketing: conoscenze
del mercato, immagine, relazioni con i pubblici locali, …) → correlata positivamente alla scelta dell’acquisizione. Se investimenti di
questo tipo sono elevati perché bisogna costruire un’immagine, una reputazione sul brand e i sistemi di relazione, allora l’acquisizione è
la via più conveniente per realizzare l’investimento sul mercato estero.
Economie di velocità: Vantaggi competitivi connessi al tempestivo sfruttamento di opportunità e alla conquista di posizioni competitive
dominanti → correlata positivamente alla scelta dell’acquisizione.
Percezione rischio: Rischio economico insito nell’iniziativa internazionale → correlata positivamente alla scelta dell’acquisizione. Se
questo rischio è elevato, la costituzione lo accresce perché non si ha uno storico e quindi la valutazione dell’andamento dell’impresa sul
mercato e quindi diventa difficile fare delle previsioni. Con l’acquisizione si ha un’indagine più dettagliata sullo storico dell’impresa.
Mercato target: Entrata in mercati in fase di sviluppo → correlata positivamente alla scelta di investimento greenfield. Se il mercato in
cui entrare è un mercato in via di sviluppo allora è conveniente la costituzione diversamente di procede con l’acquisizione.
Grado di controllo: elevato controllo → investimento greenfield (management casa madre) basso controllo → acquisizione
(management locale). Se l’impresa ha necessità di esercitare un elevato controllo, allora il greenfield è l’operazione migliore di
realizzazione dell’investimento perché realizzo da zero un’impresa, decido quale personale mettere, ma non supero il problema di
eventuali conflitti. Se invece non vi è una forte esigenza di controllo da parte dell’impresa, ma si apprezzano le sinergie che possano
derivare da un’impresa già esistente allora si opta per l’acquisizione.
Questi sono i fattori di scelta. Non è mai un solo fattore che impatta sulla decisione tra acquisizione o costituzione, ma una combinazione di
essi.
Insediamenti produttivi
all’estero (IDE
produttivo): Valutazione
comparativa tra le due
forme di IDE: greenfield e
acquisizione
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Capitolo 10:
Strategie di entrata sui mercati esteri: Fattori di scelta delle modalità di entrata
Come entrare sul mercato estero è estremamente rilevante perché ha un impatto sul come definire le strategie competitive sul mercato estero,
quindi che tipo di posizionamento l’impresa vuole raggiungere sul mercato estero e dunque la scelta è collegata alle caratteristiche della
modalità di entrata e a fattori interni (risorse e competenze) ed esterni (condizioni di mercato) all’impresa.
Ecco perché la partenza è dell’analisi dei mercati esteri perché questa mi dà una conoscenza delle condizioni del mercato estero rispetto ai
quali parametriamo ciò che l’impresa è in grado di fare e le risorse che dispone per operare nel mercato eventualmente scelto. Da questa
analisi deriva il come operare nel mercato (modalità di entrata)
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Struttura competitiva. Quando la forza competitiva del mercato estero è molto elevata, può essere conveniente entrare con forme leggere
in quanto un intermediario commerciale può aiutare a superare questa forza competitiva. Diversamente può essere un accordo con un
partner la soluzione o l’acquisizione, ossia vado ad acquisire un partner molto forte sul mercato.
Costi di produzione nel mercato estero e interno.
Distanza geografica (impatta sui costo di trasporto e sulla capacità di erogazione di servizi)
Politiche di importazione e relative agli investimenti esteri (barriere tariffarie e non, restrizioni agli investimenti esteri). Se vi sono
elevati dazi sulle importazioni, barriere non tariffarie oppure incentivi a favore degli investimenti esteri o a favore degli accordi, questi
impattano sulla scelta di andare ad investire direttamente o fare degli accordi.
Analogie e differenze di tipo culturale. Le differenze culturali impattano sul comportamento del consumatore e impattano sulle
negoziazioni. Le differenze culturali, dal punto di vista del consumatore (quindi il comportamento dei consumatori), possono essere
difficilmente comprese soprattutto in una fase inziale di entrata sul mercato. Quindi qualora la cosiddetta distanza psichica è elevata,
l’impresa ha convenienza ad entrare attraverso l’intermediario commerciale piuttosto che con un accordo. Entrare da soli con un
investimento in un mercato dove l’elemento delle differenze culturali è importante, è un’operazione rischiosa dal punto di vista
economico. Tuttavia, con l’acquisizione posso superare questo problema, perché acquistando un’impresa che già opera su quel mercato
posso gestire il problema delle differenze culturali che impattano sul comportamento del consumatore. Ma se lo guardo dal punto di
vista delle differenze culturali che impattano sulle relazioni con gli operatori, allora può essere l’esportazione indiretta la modalità
necessaria per entrare sul mercato estero
Rischio economico e politico del paese. Può portare a forme leggere di investimento, ossia a basso grado di coinvolgimento, a basso
impiego di risorse. Minore è l’impiego di risorse, minore è il rischio. Se questo è l’elemento che impatta sulle decisioni dell’impresa,
allora si va sulle esportazioni indirette perché sono le forme di entrata a minore rischio. Minore rischio non significa assenza di rischio,
ma esiste comunque un rischio con l’intermediario commerciale insito a come esso svolge l’attività sul mercato estero e si relaziona con
l’impresa.
Es: Il prezzo lo definisce l’intermediario commerciale sul mercato estero e questo potrebbe falsare l’informazione relativa al prezzo sul
mercato estero dicendo che tutti i concorrenti vendono a 10, quando in realtà vendono a 12. Il rischio è quello che l’impresa si vede
erodere ulteriormente il margine di guadagno.
L’intermediario dice che lui vende a 10, di conseguenza esso per avere un margine di guadagno non può acquistare dall’impresa a 9
altrimenti avrebbe solo 1 di margine, ma acquisterà dall’impresa a 8; quindi l’impresa vende il prodotto ad 8 all’intermediario. Tuttavia
l’intermedio poi venderà a 12 e non a 10 e il suo margine di guadagno diventerà 4 e non 2. Dall’altra parte l’impresa si vede erodere
margine di guadagno a vantaggio dell’intermediario perché non vende a 9, ma ad 8 quindi si riduce di 1. Questo si verifica perché è
l’intermediario che veicola un’informazione all’impresa distorcendo la realtà del mercato finale. Il rischio economico esiste infatti anche
nella relazione con l’intermediario. (rischio opportunismo).
Capitolo 10:
Strategie di marketing mix sui mercati esteri: politiche internazionali di prodotto
Dalla nostra prospettiva noi guardiamo come le strategie di prodotto prezzo e distribuzione vengono declinate nel contesto internazionale. I
concetti che vengono richiamati con riferimento alle leve del marketing mix sono quelli di standardizzazione e adattamento. L’impresa ha già
un prodotto che deve vendere sul mercato estero e deve decidere come deve essere venduto, se può essere venduto allo stesso modo sul
mercato estero, se soddisfa le esigenze del consumatore o del cliente del mercato estero o se quelle esigenze sono diverse dalle esigenze dei
consumatori sul marcato nazionale e nel caso quali adattamenti sono necessari. L’impresa deve rispondere a queste domande con riferimento
al prodotto quando si affaccia al mercato estero.
Lo stesso tipo di ragionamento vale anche per le strategie di prezzo, il prodotto può essere venduto allo stesso prezzo al quale viene venduto
nel mercato nazionale o devono esserci degli adattamenti per tener conto delle specificità del mercato estero? Tuttavia, nel prezzo vi è una
componente che non è strettamente legata al comportamento dei consumatori, ma al costo commerciale e che inevitabilmente possono avere
un impatto anche su come il prodotto viene percepito dal consumatore.
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Prodotto come insieme di utilità per l'acquirente che comprende non solo attributi fisici, ma anche intangibili e di servizio, attributi oggetto di
possibili adattamenti per rispondere alle specifiche esigenze dei clienti esteri.
Gli attributi oggetto di possibili adattamenti sono elementi su cui si può differenziare la propria offerta rispetto a quella dei concorrenti.
Es: caso Ducati. Il consumatore giapponese non vuole solo una moto, ma siccome è molto attento e vuole un prodotto di alta qualità, vuole
un prodotto con dei servizi, come un’assistenza alla vendita e l’impresa deve essere in grado di garantire, oltre al prodotto, tutto ciò che è
intangibile intorno al prodotto.
In un contesto internazionale le variabili legate all’ambiente sociali e culturale influenzano il comportamento d’acquisto del cliente rispetto
a uso del prodotto (funzioni e situazione d’uso: il prodotto viene utilizzato nello stesso modo?) e benefici ricercati (come viene valutato un
prodotto, l’attenzione al prezzo o alle caratteristiche del prodotto stesso. Pongo attenzione a come il prodotto deve essere realizzato e
comunicato). Ci troviamo di fronte a differenze culturali e ad una concorrenza più variegata, ossia non solo la concorrenza di quel mercato
ma anche la concorrenza delle imprese straniere che vendono in quel mercato.
Es: funzione d’uso, In Spagna e in Grecia il dentifricio ha un uso cosmetico. In altri mercati come quello anglosassone invece vi è una
maggiore attenzione ad un uso di tipo terapeutico. Come il prodotto viene percepito può impattare sulle caratteristiche del prodotto (se è di
uso cosmetico ci sarà più attenzione nella composizione del prodotto per rendere i denti più luccicanti, quindi impatterà più sugli aspetti
estetici che sugli aspetti di igiene. Ma impatta anche sulle altre leve del marketing mix. Tuttavia, questa conoscenza deve essere acquisita)
Es. situazione d’uso. Il succo d’arancia viene bevuto a colazione in alcune culture, mentre viene bevuto come bevanda durante il giorno in
altre. Quindi vi può essere un diverso adattamento sulle leve del marketing mix come la comunicazione.
Alterazioni percettive del prodotto nei mercati esteri rispetto al mercato di origine
La percezione che un prodotto può avere sul mercato estero può essere letta attraverso l’effetto prisma per cui vi possono essere 4 tipi di
percezione di un prodotto proposto su un mercato estero
Alterazioni percettive del prodotto nei mercati esteri rispetto al mercato di origine
Effetto prisma:
trasparente: il prodotto è percepito e si posiziona in modo analogo a quanto avviene nel paese di origine → si adotta una politica di
standardizzazione del prodotto.
amplificante: il prodotto è percepito sul mercato estero di livello superiore rispetto al mercato di origine → adattamenti delle altre leve
del marketing mix.
Es. Ikea quando entrata in Cina, il suo prodotto veniva percepito di livello superiore. Stesso prodotto ma percepito su un segmento
medio-alto.
riducente: il prodotto è percepito di livello inferiore rispetto al mercato di origine → adattamenti di prodotto e altre leve del marketing
mix
Es. Huawei, poiché ricollegato ad un’immagine non positiva della Cina viene percepito dal consumatore straniero di livello inferiore
rispetto a come può essere percepito nel mercato nazionale. In questo caso si può agire sul prodotto stesso, sulle altre leve del marketing
mix e con delle strategie di entrata di un certo tipo sul mercato come un investimento diretto sul mercato estero.
Infatti, vi è una forte relazione tra il come essere presenti sul mercato estero e l’impatto che ciò può avere sulle strategie del marketing
mix.
deformante: il concetto di prodotto è vissuto in modo differente rispetto al paese di origine → adattamenti del prodotto e altre leve del
marketing mix. Si può agire quindi sul prodotto, sul prezzo e sulla distribuzione.
Es. scarpe da vela che vengono utilizzate anche come scarpe casual in altri mercati. Allora posso effettuare degli adattamenti sui colori,
sul modello, sul posizionamento, etc.
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- la regolamentazione: le regolamentazioni possono imporre determinati standard e caratteristiche per quel prodotto e ciò impatta sulla
struttura del prodotto e quindi eventualmente sulla necessità di adattare il prodotto.
Se l’adattamento diventa un obbligo per entrare in un determinato mercato, ciò può portare l’impresa a non entrare in quel mercato se
non è in condizione di farlo.
Standardizzazione: prodotto uguale a quello offerto sul mercato nazionale, fatta eccezione per l’etichetta, la lingua utilizzata o per le
altre leve del marketing mix. (La modifica del libretto di istruzione non è un adattamento quindi rientriamo ancora nella
standardizzazione)
Prodotto globale: prodotto venduto in molti mercati esteri, considerati come un unico grande mercato
Adattamento: prodotto adattato rispetto a caratteristiche quali: confezione, qualità, design, formati, brand, colori, servizi assistenza
vendita. Vi possono essere diversi livelli di adattamento e quindi complessità differenti che si traducono in costi diversi.
Sviluppo nuovo prodotto – prodotto su misura: prodotto studiato per incontrare bisogni specifici del paese estero
Politica di standardizzazione
Adottata in relazione a:
1. Tipologia di prodotto
- beni destinati alla produzione: i beni industriali (macchinari, cavi elettrici, bulloni, pneumatici, …) sono meno sensibili agli aspetti
culturali rispetto ai beni di consumo, in particolare non durevole (alimentari, beni per la cura della persona …) quindi è più facile
adottare una strategia di standardizzazione
- beni di consumo durevole ad alto contenuto tecnologico (elettronica di consumo, elettrodomestici, auto …). Sono tutti i prodotti che
risentono meno degli aspetti culturali, quindi è più facile adottare una strategia di standardizzazione.
2. Origine del prodotto: beni fortemente associati all’immagine del paese di origine → effetto Country of Origine (COO) o Made in.
Es.: pasta italiana Buitoni, posizionata come tipico prodotto della tradizione culinaria italiana; prodotti tipici locali, espressione di un
territorio che modificati possono perdere la loro identità
I consumatori a volte sono in un contesto decisionale di razionalità limitata, ossia il sistema informativo per quanto riguarda la valutazione
del prodotto è tale per cui non si hanno tutte le informazioni necessarie per valutare la qualità di un prodotto. Il consumatore in questo caso è
guidato nell’acquisto del prodotto da fattori estrinseci cioè che non riguardano le caratteristiche del prodotto come il prezzo o l’immagine del
paese di origine.
Un prodotto di abbigliamento che viene dalla Cina viene valutato qualitativamente inferiore rispetto ad un prodotto di abbigliamento che
viene dall’Italia, il cinese invece valuterà il prodotto di abbigliamento italiano di qualità superiore rispetto al prodotto cinese
Si attribuiscono le caratteristiche distintive del prodotto all’immagine del paese da cui il prodotto proviene, ad esempio valutiamo le auto
tedesche con un livello superiore rispetto all’auto italiana in quanto la Germania è riconosciuta come un’immagine di sicurezza e affidabilità.
Il design dell’abbigliamento italiano è riconducile all’immagine paese di creatività e design, dunque è percepito di qualità superiore
L’immagine del paese di provenienza impatta sui processi decisionali de consumatore in assenza di completa disponibilità di informazione
sul prodotto. Laddove invece il consumatore ha una conoscenza più articolata del prodotto, è in grado di neutralizzare l’immagine del paese a
valutare gli aspetti tecnici del prodotto.
Quando il prodotto gode di un’immagine positiva, perché le caratteristiche principali del prodotto sono associate alle dimensioni del mercato
d’origine, il prodotto viene mantenuto standardizzato per preservare l’associazione positiva con il paese di origine. Questo ha anche un
impatto sulle decisione del come entrare nel mercato estero, ad esempio andare a produrre il cibo italiano sul mercato estero può indebolire
l’associazione positiva tra il paese e il prodotto.
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Dimensioni dell’immagine di un paese che si possono ritrovare in un prodotto sono:
Innovazione: livello di avanzamento tecnologico, qualità dei manufatti, affidabilità → Es.: auto tedesche; orologi svizzeri. Gli orologi
svizzeri sono considerati di qualità superiore rispetto a quelli realizzati in altri paesi perché la Svizzera viene vista come un paese
innovativo nel settore degli orologi.
Design: stile, eleganza → Es.: abbigliamento moda italiano
Prestigio: status symbol, esclusività → Es.: auto italiana Ferrari; profumo francese Coco Chanel
Quando l’effetto paese è negativo le caratteristiche rilevanti del prodotto fanno riferimento ad aspetti per i quali il paese è percepito
negativamente.
Le azioni di marketing sono tali da minimizzare il legame del paese di origine con il prodotto o attribuirne uno diverso
Es. giacche Napapijri. Azienda italiana che mette un simbolo e un nome che non ricorda per nulla l’Italia (nome finlandese e bandiera
norvegese). Nome e bandiera evocano paesi del nord molto freddi, quindi un prodotto che deve essere tecnico e che deve avere la capacità di
preservare dal freddo. Questi elementi, quindi, vengono evocati nel brand.
Oppure si può rilocalizzare la produzione in paesi che godono di immagine positiva rispetto agli attributi rilevanti del prodotto
Es. le imprese della moda cinese che acquistano imprese nella moda nei mercati in cui vi è questo elemento di spicco sul design e sullo style.
Quando l’effetto paese è nullo quando l’immagine negativa del paese si riflette su aspetti poco rilevanti del prodotto. Le azioni di marketing
sono tali da omettere qualsiasi riferimento al paese di origine del prodotto, non deve emergere nella comunicazione.
Es. Che il bullone dell’auto sia prodotto in Italia o in Cina fa poca differenza. L’associazione tra prodotto-paese è nulla.
Quando l’effetto paese è mancato quando l’immagine positiva del paese si riflette su aspetti poco rilevanti del prodotto. L’azione di
marketing è tale da adottare una comunicazione orientata a modificare la scala di attributi chiave e a servirsi dell’immagine paese come
attributi di rinforzo.
Es. Paper Fruit. Il design non è un elemento caratterizzante di quel prodotto, ma se il design è quell’elemento che mi richiama all’italianità di
quel prodotto allora si cercherà di enfatizzare questa dimensione del prodotto per sfruttare l’immagine positiva del prodotto italiano.
Politica di standardizzazione
Il prodotto standardizzato può essere lanciato sul mercato estero per usi diversi senza alterarne le caratteristiche
il prodotto può essere proposto per usi diversi sul mercato estero
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Es: scarpe sportive americane ideate per i velisti, riposizionate in altri mercati come scarpe per il tempo libero e vendute ad un prezzo
superiore
il prodotto può essere introdotto sul nuovo mercato in un segmento diverso da quello del mercato di origine
Es.: Cioccolatini Ferrero Rocher sul mercato cinese sono percepiti come prodotti di medio-alto posizionamento e rappresentativi di
elevato status sociale, oltre che per la qualità anche per l’immagine di italianità di cui godono, per i quali il consumatore cinese è
disposti a pagare un prezzo più elevato.
Prodotto realizzato e disegnato nello stesso modo per tutti i mercati, quindi anche per il mercato Cinese.
In Cina le praline Rocher:
è simbolo dell’arte pasticcera italiana e icona internazionale per un regalo di prestigio;
viene percepito come un prodotto italiano di qualità apprezzato per il suo gusto e il design (creatività) della sua confezione
è un prodotto che piace per il suo incarto dorato, sinonimo di ricchezza, e per la forma sferica di buon auspicio;
in mandarino il nome Ferrero Rocher richiama quello di “sabbia dorata”;
Gli aspetti di packaging che ha utilizzato la Ferrero Rocher mantenendo inalterate le caratteristiche del prodotto richiama nella memoria del
consumatore cinese degli elementi che fanno attribuire a questo prodotto un elemento di status symbol.
Considerati i gusti dei consumatori cinesi, sono stati enfatizzati attraverso la comunicazione attributi del prodotto quali:
o Confezione color oro: ricorda la magnificenza dell’Impero Cinese, per i Cinesi simbolo di ricchezza;
o Forma sferica: simbolo di armonia
o Biscotto con la nocciola: i Cinesi sono grandi consumatori di nocciole
o Storia del prodotto raccontata attraverso un sito web
La comunicazione è uno strumento molto utilizzato dalla Ferrero in Cina per promuovere questo prodotto.
La comunicazione diventa molto importante, viene utilizzato anche un video per raccontare la storia del prodotto per rafforzare l’immagine
del paese di origine del prodotto e anche per contrastare il fenomeno della contraffazione. Il prodotto come il Ferrero Rocher è un prodotto
fortemente imitato. Il rischio è che, siccome è un prodotto non noto, è facile essere ingannati dalla contraffazione. Quindi la comunicazione è
un elemento importante sia per rafforzare l’immagine del prodotto italiano e anche per contrastare il problema della contraffazione.
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settore della rasatura e della scrittura
Perché si adatta?
Perché viene richiesto da:
Regolamentazione locale
Normative imposte dalle istituzioni locali per il rispetto, a livello di
prodotto, di specifiche caratteristiche (organolettiche, standard tecnici, modalità di imballaggio, durata della garanzia, contenuto
dell’informativa) poste a difesa del consumatore → fattori country specific
Tradizioni locali
Cultura, usi, costumi locali condizionano il comportamento di acquisto del consumatore (soprattutto per beni di largo consumo, beni
alimentari e per la cura della persona). I modi di vivere di un mercato estero, diversi da quelli del mercato di origine dell’impresa,
impediscono di mantenere invariate le caratteristiche del prodotto.
Condizioni d’uso
Condizioni naturali (climatiche) e ambientali (luogo di consumo, quantità acquistate, caratteristiche fisiche della popolazione) incidono
sulle caratteristiche del prodotto
Esempi di adattamenti dettati dalla cultura, dalle normative e dalle condizioni d’uso locali
Questi esempi sono presi da studi che sono stati fatti sulle differenze culturali e come queste differenze culturali hanno impattato sulla
proposta dei prodotti nei vari mercati
o il gioco da tavola Trivial (i giocatori misurano la loro abilità nel rispondere a domande di cultura generale) è stato riprodotto in 40
edizioni internazionali: i britannici preferiscono domande sul cricket (piuttosto che sul baseball), i francesi amano domande su vita
notturna, arte, letteratura.
o Vi è un adattato nelle 40 edizioni per rispecchiare il profilo del consumatore rispetto a questo tipo di prodotto.
o differenze culturali nell’uso dei farmaci: i britannici e gli olandesi preferiscono le comprese, i francesi le supposte e i tedeschi le
iniezioni. Adattamento nella modalità di somministrazione del farmaco che può impattare sul sistema di produzione, il farmaco resta lo
stesso.
o i consumatori giapponesi sono attratti da prodotti che fondono la tecnologia con la cultura e lo stile di vita tradizionali giapponesi:
lavatrici silenziose, elettrodomestici per cucinare il riso; enfasi posta nel preservare la cultura giapponese nel mettere la tecnologia al
servizio dei consumatori
o la Francia ha proibito alla Coca-Cola di utilizzare dolcificanti artificiali nella sua Diet Coke; ha richiesto l’aggiunta di un quantitativo
maggiore di vitamina B1 nel Gatorade (aspetti normativi che entrano nella produzione)
o le cappe aspiranti per cucina acquistate dai consumatori americani sono di dimensioni maggiori rispetto a quelle vendute sul mercato
italiano e risultano molto simili a quelle che in Italia vengono destinate al settore della ristorazione. Le dimensioni abitative sono diverse
e quindi variano anche gli elettrodomestici.
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o Heinz vende un Ketchup più dolce negli USA e più piccante in Europa
o lancio della Diet coke sui mercati internazionali: bibita dietetica diversamente percepita dai consumatori giapponesi rispetto a quelli
americani. In America vi è un problema di obesità quindi Coca Cola realizza un prodotto dietetico. In Giappone il posizionamento deve
cambiare in quanto i benefici ricercati non sono direttamente riconducibili a vantaggi di tipo dietetico: tra la popolazione nipponica il
problema del sovrappeso non è così diffusa come tra la popolazione americana. In Giappone Coca Cola ha dovuto cambiare il nome
della bibita Diet Coke (posizionata sul mercato americano come bibita che consente di dimagrire) trasformandolo in Coke Light e
posizionandola come bevanda leggera che mantiene in forma.
È rilevante che vi sia una conoscenza di questi elementi nella progettazione di un prodotto o per adattare il prodotto per un mercato
straniero.
Più sono innovativo, più sono in grado di sviluppare un prodotto con fonti di vantaggio competitivo, quindi ho un prodotto di qualità, un
prodotto in grado di bilanciare qualità e prezzo e maggiore è la capacità dell’impresa di essere presente sui mercati esteri. Viceversa più
l’impresa si apre ai mercati esteri, più è in grado di cogliere i bisogni presenti sul mercato. Questi elementi sono fonte di conoscenza che
possono alimentare l’innovazione.
14/12/2021
Il caso Luxottica
Emblema nel mondo di eccellenza nella produzione manifatturiera del Made in Italy nel comparto moda dell’occhialeria
Percezione del consumatore cinese rispetto al prodotto made in Italy: attributi di qualità, lusso, design, creatività, status sociale …
Consumatori cinesi di una certa classe sociale sono attenti al valore percepito del prodotto, propensi all’acquisto di brand espressione di
affidabilità e status (ciò che rappresenta Luxottica nel mercato cinese)
Fattori critici di successo nel mercato cinese:
o qualità del prodotto e del servizio offerto nel punto vendita, ma…
o capacità di adattamento della product offering alle specifiche istanze del consumatore locale, spesso molto diverse da quelle presenti nei
mercati occidentali
o enfatizzazione della modernità nel rispetto dei valori cinesi
Il prodotto straniero va bene, ma è importante che vi sia una corrispondenza rispetto ai bisogni e alle esigenze del consumatore
Tratto da Innovazione di business e adattamento al mercato: il caso Luxottica in Asia, di Giovanna Pegan, Patrizia De Luca, Monica dal Pont
in Le relazioni tra innovazione e internazionalizzazione. Percorsi di ricerca e casi aziendali, a cura di De Luca, Patrizia (2015) - EUT
Edizioni Università di Trieste
Oltre che questi adattamenti era importante anche cogliere aspetti che più attengono alla cultura della popolazione cinese
o Modifiche nei colori e nelle forme per inglobare il design asiatico e rendere i prodotti dell’impresa “più locali”. Colorazione degli
occhiali – tonalità più frequenti: nero (identificativo di prodotti di lusso), avana e blu (identificativo di prodotti di qualità).
o Modifiche nei materiali: uso del titanio, molto diffuso in Asia e utilizzato per le sue proprietà (materiale leggero, inossidabile e
resistente)
Risultati attesi degli adattamenti: Fulfill specific market needs leveraging on local design & taste, rispondere pienamente ai bisogni del
consumatore facendo leva su un disegno locale, sulle esigenze e sulle caratteristiche del prodotto che viene progettato per qual contesto
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1. Progettazione di un’intera linea di Ray-Ban realizzata da una squadra di designer cinesi → Modello “Asian design” realizzati
direttamente in Asia per soddisfare i gusti dei clienti cinesi (Luxottica costituisce una unità produttiva per produrre tale linea di occhiali,
utilizzando quindi la risorsa locale nella progettazione).
Si tratta quindi di un prodotto su misura, per far ciò ci si avvale di una equipe sul mercato cinese perché sono in grado di cogliere le
esigenze e caratteristiche del consumatore cinese. Questa modalità di entrata serve per avere un maggiore controllo sulle leve del
marketing mix
2. Modelli più internazionali degli occhiali da sole Ray-Ban, ma con alcuni piccoli ritocchi per essere indossati dai volti asiatici. In questo
caso ho un adattamento che è meno incisivo rispetto al fatto di produrre una linea ad hoc per quel mercato
Risultati economici: incremento significativo del fatturato
Politica di adattamento
L’adattamento può produrre:
un up-grading (arricchimento – effetto amplificante) del prodotto. L’up-grading è un effetto amplificante: l’adattamento incide
sull’arricchimento del prodotto per essere venduto ed essere meglio posizionato sul mercato estero
Es. Fontana Arte, impresa italiana specializzata nella progettazione e produzione di lampade e soluzioni illuminotecniche, di
complementi di arredo e oggettistica caratterizzati dal design contemporaneo, molto elegante ma anche minimalista; in Cina ha adattato
il suo prodotto con un effetto up-grading: ha impreziosito la sua offerta in quanto i cinesi ricercano prodotti di elevato gusto estetico per
i quali sono disposti a pagare un prezzo anche elevato.
un down-grading (impoverimento – effetto riducente) del prodotto rispettivo alle sue funzioni e componenti.
Economie con un tasso di sviluppo economico e tecnologico inferiore rispetto a quello del mercato di provenienza dell’impresa possono
richiede prodotti impoveriti, cioè più semplici
Es.: alcune popolazioni preferiscono lavatrici semplici con un unico ciclo a freddo dato che spesso vivono in paesi in cui l’energia
elettrica è insufficiente o il prezzo medio è elevato
Vi deve essere una linea di prodotto riducendo la complessità tecnologica del prodotto per poterlo vendere in alcune economie
L’impresa potrebbe trovare conveniente andare a produrre direttamente in quel mercato se i volumi di fatturato che ne derivano sono in
grado di giustificare l’investimento, quindi dove vi è una buona attrattività e accessibilità, una compatibilità che può essere conseguita
con una produzione in loco del prodotto sul mercato
Eurodisney
Risultati iniziali deludenti:
1992 9,8 MLN. di visitatori, contro 11 previsti per raggiungere b.e.p. nel ‘94.
Visita il parco la metà dei francesi previsti. Molti visitatori restano solo un giorno: basta un giorno per tutte le attrazioni
1992 i visitatori spendono a testa 12% in meno del previsto
90
1993 perdita
1994 rinegoziazione del debito con le banche francesi.
Risultati iniziali negativi rispetto alle attese.
Perché è successo? Perché i francesi vedono gli americani come coloro che vogliono colonizzare, come quelle imprese che vogliono imporre
il loro modo di essere
1994 “The French see Eurodisney as American Imperialism – plastics as it worst” (consulente US-based)
Errori posizionamento comunicazione:
Non comprensione delle specificità culturali francesi (“I grandi assenti” nella strategia della Disneyland sul mercato francese). Si è
avuto un approccio del mercato europeo come un unico mercato.
Nessun riferimento alla varietà delle attrazioni
Riposizionamento prezzo (1993): Offerta di pacchetti scontati, incominciano a lavorare sul prezzo
Riposizionamento comunicazione (1993): Non si sottolinea più la grandezza e il gigantismo americano
Pubblicità con Zorro, Cenerentola, Aladino che fanno una “magica vacanza” “Eurodisney: il miglior posto in Europa per fare una breve
vacanza (1-2-3 giorni)”
“Dopo tutto, il prezzo è accessibile”
Cambia il management (1993): Arriva un francese. Questo è un passaggio interessante perché gli americani solitamente hanno uno stile che
portano nei loro processi di acquisizione ad imporre la loro cultura manageriale. Questo passaggio di cambiare il management della
consociata che gestiva l’iniziativa sul mercato francese è stato un passaggio importante perché la direzione della casa madre capisce il
bisogno di avere un manager locale per cogliere le specificità del mercato francese
Con riferimento al concetto di prodotto globale dobbiamo correggere questa dicotomia tra standardizzazione e adattamento dicendo che
globalizzazione ≠ standardizzazione. Un prodotto globale non è necessariamente standardizzato al 100%
La standardizzazione è perseguibile da quelle imprese che entrano in pochi mercati
Quando andiamo in un numero elevato di mercati (coca cola, Nike, McDonald’s):
- La varietà e la variabilità dei bisogni, dei desideri e dei comportamenti dei consumatori e clienti non si attenua (specificità dei
consumatori) anche se gli studiosi affermano che la globalizzazione ha portato alla uniformità dei comportamenti dei consumatori
- Le distanze culturali si stanno ampliando perché vi è una riaffermazione delle identità locali. La globalizzazione ha esaltato le differenze
culturali
- Ubiquità, non uniformazione (si riducono alcune separazioni spaziali, non necessariamente le differenze). Grazie a queste differenze le
imprese possono adattare e differenziarsi, quindi trovare nei mercati esteri la possibilità di essere competitive
- La capacità di adattamento a livello locale resta importante. Il locale oggi non significa Cina, ma può essere anche il consumatore cinese
in Italia
- Le leve del marketing mix non sono sempre standardizzabili
- La globalizzazione trasporta nel mondo anche le differenze (es. prodotti etnici,…)
globale e locale coesistono
alta complessità domanda (non è facile uniformare la domanda)
alta complessità offerta
La competizione esiste perché esiste una varietà di bisogni. Se vi fosse un bisogno uniforme sarebbe difficile un offerta differenziata, e
quindi la concorrenza
Quindi la globalizzazione non è necessariamente standardizzazione
Glocalizzazione: Esempi
Adattamento del menu McDonald's nel mercato indiano:
▪ 40% dei pasti offerti sono vegetariani per soddisfare i gusti indiani
▪ Riformulazione di alcuni prodotti introducendo le spezie ampiamente utilizzate nella cucina indiana
1. Il menu proposto da McDonald’s per quanto standardizzato viene adattato ai gusti locali: in Brasile comprende una bibita a base di frutti
di bosco, in Malaysia offre un frullato a base di frutta. In Giappone ha lanciato McChao, simile al riso alla cantonese; in Australia offre
pasticcio di carne di montone
2. In Giappone i jeans Levi’s sono più stretti per soddisfare le richieste dei consumatori nipponici; in Brasile ha creato il modello Femina
con taglio più attillato per le donne brasiliane
3. Le lavatrice Whirlpool vendute in Europa e negli Stati Uniti non erano adatte a lavare i sari delle donne indiane; l’azienda ha creato una
lavatrice automatica di tipo occidentale compatta per essere adattata alle case indiane e con speciali agitatori che non intrecciano i sari.
I francesi preferiscono le lavatrici che si caricano dall’alto, gli inglesi quelle con l’oblò sul davanti; i tedeschi vogliono centrifughe ad
alta velocità, gli italiani le voglio meno veloci. Per rispondere alle diverse esigenze locali la Whirlpool ha creato unità produttive locali,
lasciando immutati la tecnologia e il processo di produzione
Capitolo 11:
Strategie di marketing mix sui mercati esteri: Politiche internazionali di prezzo
Il prezzo è una leva del marketing mix che agisce direttamente sui profitti e indirettamente sui costi. In relazione a come il prezzo viene
definito, questo impatta sulle quote di mercato, sui volumi di vendita che impattano dunque sui volumi di produzione. Nel contesto
internazionale si pone il problema di come definire questo prezzo: uguale in tutti i mercati o adattato
Il caso McDonald’s
Vi è un confronto tra i prezzi del Big Mac venduto nelle varie parti del mondo.
Possiamo vedere come varia un prodotto alimentare da mercato brasiliano, fino ad
arrivare al mercato indiano, con delle differenze di prezzo significative.
Queste differenze di prezzo come si giustificano? Vuol dire che ci sono diversi
elementi che possono impattare sul prezzo. Il prezzo risente degli effetti della
domanda locale, quindi delle condizioni economiche-sociali presenti in un
determinato mercato.
Dunque un prezzo che varia nel contesto internazionale, anche di un prodotto
standardizzato può subire delle oscillazioni significative per effetto di una serie di
elementi, come elementi relativi al costo che l’impresa sostiene per
commercializzare il prodotto sul mercato estero, oppure elementi che attengono
alla sfera economico-sociale e a come un prodotto viene percepito dal
consumatore
92
La gestione della leva del prezzo nel contesto internazionale sono complicate da gestire perché producono degli effetti sull’impresa e sulla
percezione che l’impresa ha nel contesto internazionale. L’impresa dovrebbe essere dotata di quelle competenze adatte per poter definire il
prezzo. Deve avere competenze di natura doganali, contrattualistiche, fiscali, finanziarie in quanto c’è un problema di copertura
sull’oscillazione del tasso di cambio. Purtroppo tutto questo non si verifica, soprattutto le imprese di piccole dimensioni non sono dotate di
competenze per gestire in modo opportuno una leva complessa come quella del prezzo sul contesto internazionale. Il prezzo, soprattutto nelle
imprese piccole, viene fissato dall’imprenditore che sulla base dei costi di realizzazione definisce un markup e definisce un prezzo che non
necessariamente corrisponde alle attese del mercato, in quanto non vi è una conoscenza di come definire questo prezzo
Fattori che incidono sulla definizione del prezzo nei mercati internazionali
Nella definizione del prezzo impattano diversi elementi che fanno riferimento sia a fattori d0impresa che a fattori del mercato:
Fattori interni d’impresa:
1. Il prezzo dipende dagli obiettivi della politica di sviluppo internazionale, obiettivi di sviluppo internazionale. Un conto è se l’impresa
vuole perseguire un obiettivo di rafforzare i vantaggi competitivi sul mercato estero, obiettivo di crescita del fatturato, obiettivo di quota
del mercato. La definizione del prezzo dovrà rispondere a questi obiettivi
2. Scelte relative alle altre leve del marketing mix. Il prezzo non può essere definito a prescindere dal prodotto, dalla distribuzione e dalla
comunicazione. Il prezzo deve essere coerente con il posizionamento dell’offerta.
Se ho un prodotto di qualità non posso fissare un prezzo basso, in quanto il prezzo è anche un segnale della qualità del prodotto.
3. Il prezzo dipende dalla ubicazione della struttura produttiva (mercato nazionale, delocalizzazione produttiva - vantaggi comparati di
costo). Per una impresa internazionalizzata vi è una relazione tra i processi produttivi e di prezzo. Se produco nella casa madre e vendo
sui mercati esteri ho un processo di esportazione, se produco direttamente sul mercato estero abbatto questi costi ma posso valutare
anche il differenziale di costo della produzione sul mercato estero rispetto al mercato nazionale. Quindi la delocalizzazione produttiva
può avere un impatto sul livello del prezzo, perché potrei riuscire a produrre ad un costo più basso per sfruttare i vantaggi di costo della
delocalizzazione produttiva (se riduco i costi, questa riduzione si riflette anche sul prezzo)
4. Struttura dei costi:
Costi di produzione
Costi di adattamento di prodotto
Costi commerciali estero
Oneri di natura finanziaria
Spese di gestione estero
Tasso di cambio, barriere tariffarie
Fattori di mercato:
1. Struttura della domanda e alternative di scelta del compratore. È sbagliato definire un prezzo senza tenere conto se quel prezzo risponde
alle attese del mercato estero, potrei fissare un prezzo troppo alto che non risponde alle caratteristiche socio-economiche del
consumatore e l’impresa rischia di non rispondere alle proprie attese. Viceversa fisso un prezzo troppo basso e nel mercato straniero il
prodotto viene percepito come un prodotto di bassa qualità
2. Comportamento della concorrenza. Se applico un prezzo al di sopra della media di mercato l’impresa non riesce a penetrare e a vendere
nel mercato.
3. Regolamentazioni locali in materia di prezzo. Vi possono essere anche dei limiti che vengono imposti dai governi locali per cui un
prodotto non può essere venduto ad un prezzo locale. Oppure vi sono anche degli interventi normativi contro le pratiche di dumping
Fattori di costo che incidono sulla definizione del prezzo nei mercati internazionali
- Analisi dei costi
Costi di produzione (variabili e fissi): analisi dei costi al variare dei volumi di produzione.
Effetto di eventuali economie di scala su vendita di quote addizionali di prodotto sui mercati esteri. Valutazione incidenza eventuali
costi di adattamento del prodotto.
- Costi di vendita all’estero: costi di trasporto, dazi doganali, costi relativi all’utilizzo di intermediari commerciali, forza di vendita
diretta, agenti, comunicazione (pubblicità, partecipazione a fiere..), gestione scorte, imballaggio, etichettature;
- Spese gestione estero: costi del personale preposto alla gestione delle vendite estere (area manager, dirigenti, collaboratori); costi
amministrativi legati a tale attività (predisposizione contratti, gestione problematiche giuridiche). Nel caso di presenza diretta sul
mercato estero, tali costi sono relativi alla gestione della rete di vendita in loco
- Oneri di natura finanziaria: rischio mancato pagamento da parte del compratore (insolvenza; oneri assicurativi); rischio di svalutazione
in caso di fatturazione in valuta locale; oneri connessi alla necessità di concedere opportune dilazioni di pagamento.
93
Vi possono essere anche normative locali che impongono un adattamento del prezzo, come per esempio l’imposizione di un prezzo
massimo nella vendita di un bene.
Forme ibride (più praticata): l’impresa, presente in un numero elevato di paesi, può optare per la strategia di standardizzazione in
mercati ritenuti omogenei, per l’adattamento in presenza di diversità (di mercato o legislative) o per perseguire determinati obiettivi
competitivi
94
Un altro rischio a cui si espone l’impresa è quello di prodotti che sono bollati con il marchio della comunità europea, ossia il marchio CE.
Quindi nell'ambito della comunità europea possono circolare soltanto prodotti, per motivi di sicurezza, che hanno il bollino CE e quindi
questo bollino garantisce il livello della sicurezza per quei prodotti.
Questa cosa invece non esiste in altri mercati, ad esempio per vendere in Cina l'impresa non è soggetta agli stessi standard di sicurezza che
sono previsti dalla comunità europea, quindi non esiste questo bollino CE
Quando si verifica una situazione dove il mercato in cui il prezzo più basso è quello cinese, un distributore non ufficiale, se ci sono tutte le
condizioni di convenienza anche nel trasferimento del prodotto dal distributore non ufficiale al mercato europeo, acquista dal mercato cinese
e fa transitare all'interno della comunità europea un prodotto che non ha il bollino CE. A questo punto l'impresa potrebbe essere accusata di
non aver rispettato gli standard di produzione facendo circolare un prodotto nel mercato europeo non assoggettato alle normative previste
dalla unione europea ma questo in realtà si è verificato perché si è formato un mercato parallelo tra un mercato dove non vi è il rispetto di
questo standard e il mercato europeo.
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Questa rappresentazione grafica esemplifica
l’idea di che cosa significa esportare
dall’Italia e che cosa può succedere al vino
italiano prodotto in Italia e venduto in Cina.
Dato il sistema di distribuzione cinese vi è
il processo di trasferimento in cui si
possono avere tanti canali.
Prima di arrivare al consumatore finale o
intermedio il prodotto deve passare tanti
passaggi. Di conseguenza questa serie di
passaggi può diluire la strategia di
marketing dell’impresa di produzione
italiana quando non vi è una presenza
diretta del produttore sul primo anello della
distribuzione del mercato cinese. Questi
passaggi hanno indebolito l’eventuale
politica di vendita del produttore italiano
sul mercato cinese e di conseguenza questo
si riflette sul prezzo
96
Quindi definiamo il costo per il secondo grossista sommando le voci precedenti. Si calcola il margine per il secondo grossista supponendo
che sia pari sempre il 33%. Successivamente si va
a calcolare l'imposta sul valore aggiunto del
secondo grossista solo sul margine 7,52 e poi
andiamo a definire in questo modo il costo per il
dettagliante che è la somma per ciascun mercato
delle voci fin qui definite.
Supponiamo che il margine del dettagliante sia
50%, calcoliamo l’imposta sul valore aggiunto sul
margine del dettagliante. Sul mercato interno il
prezzo è di 15 euro, sule mercato A di 34 e sul
mercato B di 51
Questo è il fenomeno della price escalation,
incrementi causati dal modo in cui siamo entrati
sul mercato estero (presenza di un importatore)
diversa imposta sul valore aggiunto, dazi e diverso
sistema di distribuzione.
Si tratta di un fenomeno abbastanza diffuso
soprattutto oggi dove i prodotti sono abbastanza
standardizzati, quindi per il consumatore diventa difficile trovare giustificazione di questa differenza significativa di prezzo
Soluzioni praticabili dall’impresa per ridurre le differenze di prezzo mercato estero – mercato interno
L’impresa può tutelarsi attraverso:
riduzione dei costi di produzione e differenziare la produzione a seconda del mercato interno rispetto al mercato estero, con un livello
qualitativo differente e con una forma di approvvigionamento differente per abbattere i costi di produzione (es: costi di
approvvigionamento; delocalizzazione produttiva)
l’impresa può decidere di andare a produrre direttamente sul mercato estero con la delocalizzazione produttiva abbattendo così i costi di
trasporto, costi di assicurazione per muovere la merce dal mercato nazionale al mercato estero, abbattere il costo del dazio e il margine
dell’importatore. Potrebbero rimanere incrementi di costo collegati ai margini degli attori che caratterizzano il sistema della
distribuzione del mercato estero.
Se ci rivolgiamo all’importatore inoltre tutto ciò che succede dopo l’importatore l’impresa lo perde perché viene gestito
dall’importatore, quindi l’influenza dell’impresa di produzione si indebolisce fortemente. Infatti il fenomeno della price escalation è più
significativa quando l’impresa utilizza un esportazione indiretta rispetto all’esportazione diretta.
scelta di un canale di distribuzione medio-corto (es: vendita diretta al dettagliante). Più ci si avvicina al cliente intermedio (dettagliante)
o finale, minore è l’impatto dell’incremento del prezzo
scelta di una differente modalità di entrata (es: consociata commerciale/produttiva, accordi di licensing, per evitare i costi addizionali di
esportazione), come esportazione indiretta vs esportazione diretta oppure andare a produrre nel mercato estero attraverso il sistema di
produzione del partner (licensing)
Quando parliamo di price escalation non coincide esattamente con il concetto di adattamento del prezzo
Il prezzo sul mercato estero potrebbe essere anche più basso rispetto al prezzo di un altro mercato. Mentre il fenomeno della price escalation
è un incremento di prezzo sul mercato estero
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A. Prezzo base (o prezzo minimo): è il prezzo che permette il recupero dei soli costi variabili di prodotto:
Prezzo base = costi variabili unitari (cv) [+ costi attività export (costi di gestione, di trasporto, assicurativi, dazi)]
B. Prezzo tecnico: corrispondente al punto di equilibrio (break-even point), ovvero il prezzo che permette un recupero totale dei costi
variabili e di quelli fissi:
Prezzo tecnico = cv + costi fissi (Cf) / qa (dove qa rappresenta la quantità attesa di vendite del prodotto)
C. Prezzo target: permette di recuperare oltre alla copertura dei costi (fissi e variabili) anche una parte di marginalità:
Prezzo target = Prezzo tecnico + r*K/qa, dove r rappresenta la marginalità attesa e K il capitale investito, oppure
Prezzo target = (cv + CFu)(1 + mr)/qa, dove mr = margine di ricarico (definito su base esperienziale)
Sono due modi alternativi di considerare il prezzo target ancorandolo o alla reddittività del capitale investito nella realizzazione di quel
prodotto oppure definendo il margine di ricarico, come percentuale del prezzo tecnico definita su base esperienziale, ossia l’esperienza
dell’export manager, dall’imprenditore nelle piccole imprese. L’errore è se questo margine viene definito senza tenere conto del
comportamento della domanda e della concorrenza sui mercati esteri
Esempio
Costo variabile unitario di prodotto (cvu): 20 €
Costi fissi (cf): 5.000.000€
Vendite attese (qa): 100.000 unità
Tasso di redditività atteso (r): 10%
Totale capitale investito: 20.000.000€
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Fattori di scelta tra metodo Prezzo tecnico e Prezzo base
Quando l'impresa ha un prodotto che può essere adattato,
quindi differenziato nel mercato adesso rispetto al mercato
interno o tra i mercati esteri allora può essere adottato un
prezzo tecnico perché il prezzo più alto rispetto alla media
del prezzo può essere giustificato dalla differenziazione
del prodotto. Mentre se questa differenziazione del
prodotto viene meno si può giustificare un prezzo base.
Possibilità di conseguire economie di scala è più elevata quando si applica il prezzo base perché si gioca sulla dimensione di scala
L'intensità della competizione quando è alta ci porta ad utilizzare ad applicare un prezzo base
Quando è necessario dover contrastare l'azione dei concorrenti potrebbe avere un senso applicare un prezzo base (attenzione al fenomeno
della guerra dei prezzi)
Criteri per la determinazione del Prezzo: Definizione del prezzo sulla base della domanda del mercato estero
La definizione del prezzo non può prescindere dalle caratteristiche della domanda e il suo andamento futuro (comportamento consumatori o
clienti industriali)
Si tratta di una domanda il cui comportamento può risentire delle preferenze dei consumatori legate a fattori geografici, demografici e
culturali, esistenza dei prodotti sostitutivi e informazione in possesso dei consumatori.
Uno strumento come l’e-commerce accresce la possibilità di accesso all’informazione da parte del consumatore rendendo più difficile per
l’impresa applicare prezzi differenti tra i mercati perché il consumatore può fare dei confronti anche in riferimento alla stessa impresa
Occorre:
- Valutare le caratteristiche della domanda e il suo possibile andamento futuro.
- Valutare l’elasticità della domanda rispetto al prezzo: stima della sensibilità degli acquirenti rispetto alle variazioni di prezzo, come la
domanda varia al variare del prezzo
Elasticità della domanda: è possibile individuare differenti situazioni in relazione alla conformazione della curva della domanda:
domanda elastica: la domanda si riduce all’aumentare del prezzo (beni di largo consumo)
domanda inelastica o rigida: la domanda non si modifica al variare del prezzo (beni indispensabili), questo si verifica anche quando il
consumatore non è in grado di conoscere le variazioni del prezzo per mancanza di informazioni
domanda con elasticità positiva: la domanda cresce al crescere dei valori di prezzo (beni di lusso, beni ad elevata percezione di qualità
dove il prezzo svolge una funzione di sostituto nella valutazione di qualità del prodotto (fattori intrinseci))
99
una sensibilità rispetto al prezzo (prodotti alimentari sono un elemento importante sulla spesa del consumatore, quindi l’elemento del
prezzo diventa una leva importante nel processo decisionale di acquisto del consumatore)
Tutto questo è collegato alle condizioni economiche del consumatore, quindi al reddito pro capite, propensione al risparmio
Questi elementi impattano sulla sensibilità del consumatore rispetto al prezzo, ossia alla elasticità della domanda
Come possono essere utilizzabili tutti questi ragionamenti per l'impresa che vuole definire il prezzo nel contesto estero? Tutte queste
considerazioni vengono prese in considerazione per comprendere a quale prezzo il prodotto può essere fissato.
Ad esempio se il prodotto gode di un'immagine di paese di origine ed è un prodotto che viene percepito dal consumatore straniero più che dal
consumatore domestico un prodotto di status allora vi è un elemento di domanda con l'elasticità positiva e l'impresa può applicare un
premium price, ossia un prezzo superiore rispetto a quello al quale viene venduto sul mercato nazionale perché corrisponde a una superiore
qualità attribuita al prodotto dal consumatore straniero. Lo stesso ragionamento vale l'opposto, se si tratta di un bene che viene da un paese
con un'immagine negativa quindi il prezzo verrà considerato al ribasso.
Questi elementi dovrebbero essere e noti all'impresa in modo tale da riflettere il comportamento del consumatore rispetto a come viene
percepito il prodotto nella definizione del prezzo, quindi se aumentare il prezzo ad un livello superiore rispetto a quella del mercato oppure a
un livello inferiore
Tuttavia si tratta di un operazione complessa perché non è facile per l'impresa poter conoscere qual è la reazione del consumatore al prezzo,
perché la reazione del consumatore al prezzo si ha quando il prezzo è stato già definito quindi incorporarlo prima può essere un'operazione
complessa
Questa difficoltà può essere ottenuta mediante differenti metodi. Il calcolo dell’elasticità può essere ottenuta mediante differenti metodi:
- osservazioni di serie storiche: risultati di vendite passate rispetto alle relative variazioni del prezzo.
Osservando quali sono i prezzi ai quali prodotti analoghi sono stati venduti o lo stesso prodotto dell'impresa può essere venduto per
poter adattarlo alle condizioni del mercato in un momento successivo.
- ricorrendo a metodi empirici: indagini dirette presso i consumatori, sperimentazioni, focus group, test di mercato, ecc….
E’ importante utilizzare le informazioni in possesso del commerciale, cioè di chi opera sul campo
L’utilizzo di queste metodologie presentano molte difficoltà applicative e nella prassi aziendale definire il prezzo sulla base della domanda
risulta poco diffuso soprattutto nelle imprese di piccola e media dimensione
Caso Paciotti: azienda che produce calzature nel segmento di lusso che distribuisce sul mercato nazionale attraverso reti di punti vendita
monomarca e plurimarca prodotti di fascia alta che vende anche all'estero
Nel definire il prezzo al quale vendere il prodotto sui mercati esteri si è fortemente affidata ai direttori dei punti vendita diretti sui mercati
esteri
Il risultato è la definizione di una procedura di rilevazione dei prezzi consigliati al pubblico sulla base del valore indicato dai manager di rete,
cioè dai direttori commerciali dei punti vendita
Solo in una fase successiva viene realizzato un processo di controllo di coerenza con i dati di costo.
Si procede al contrario: definisco il prezzo sulla base di come può essere percepito dalla domanda, dal consumatore.
Quindi se è opportuno che quel prodotto venga venduto a 100 costruisco gli elementi di costo a partire da quel prezzo definendo il margine di
contribuzione e i costi che dovrei sostenere per realizzare quel prodotto
Questo ha anche un impatto sul sistema di produzione e dunque sulla necessità eventualmente di comprimere determinati voci di costo per
poter conseguire quel prezzo finale e quel margine di guadagno
Criteri per la determinazione del Prezzo: Definizione del prezzo sulla base della concorrenza del mercato estero
La definizione del prezzo non può prescindere dal comportamento della concorrenza, questo può essere evitato in caso di condizioni di
monopolio
La complessità nel mercato estero è andare a studiare la concorrenza. Quindi nei mercati esteri bisogna:
- individuazione dei concorrenti diretti o che commercializzano prodotti sostitutivi (nazionali ed esteri)
- identificare i concorrenti rispetto alle quote di mercato controllate: struttura competitiva (concentrazione o frammentazione del mercato)
- studiare le strategie adottate dai concorrenti con riferimento ai Prezzi applicati, alle funzioni di costo e alle scelte relative alle strategie
di pricing (scrematura o penetrazione)
Più complicato è andare a studiare la struttura di costo dei concorrenti che giustificano le relative strategie di prezzo praticate dal
concorrente.
Studiare la struttura del costo significa capire qual è l'incidenza dei costi variabili rispetto ai costi fissi perché in base al prezzo praticato
e alla struttura dei costi l'impresa può comprendere quali possono essere le azioni dei concorrenti alle sue strategie di prezzo, quindi una
eventuale strategia aggressiva, piuttosto che difensiva o strategia di scrematura del prezzo e quindi la possibilità che si possa o meno
innescare una guerra dei prezzi o piuttosto la possibilità che il concorrente possa annullare un'eventuale strategia di innalzamento del
prezzo per valorizzare il prodotto differenziato nel momento in cui il concorrente è in grado di imitare il prodotto dell'impresa.
- comprendere le strategie di prezzo per valutare le possibili reazioni dei concorrenti alle strategie di prezzo dell’impresa (rischio price
competition)
P di allineamento: Prezzo in linea con i concorrenti diretti (Prezzo medio dei concorrenti diretti)
Conosciamo qual è il prezzo di mercato e ci alleniamo a quel prezzo, cioè entriamo sul mercato estero praticando un prezzo che è quello
medio di mercato
Dobbiamo andare a vedere che impatto ha questo prezzo sui margini di guadagno e quindi sulla struttura dei costi
Adottato quando l’impresa:
1. detiene una quota di mercato modesta e uno o più concorrenti locali sono leader e fanno il prezzo; entra in modo occasionale.
Qualunque prezzo che si discosti da quello medio di mercato potrebbe essere non competitivo per l’impresa
2. non è in grado di reperire dati e informazioni circa le variabili del mercato di destinazione, quindi circa la struttura dei costi dei
concorrenti quindi si adegua a quello di mercato
100
3. accetta quello di mercato per evitare ritorsioni da parte del concorrente-leader e forme di price competition
4. evitare accuse di pratiche illecite (dumping)
P di scrematura: differenziale positivo rispetto al prezzo di mercato → Premium price: percezione elevata della qualità del prodotto
(domanda tendenzialmente insensibile al prezzo); sviluppare ampi margini di guadagno
Un prezzo di scrematura quindi significa applicare un prezzo superiore rispetto alla media del mercato. Quando l'impresa ha un prodotto di
qualità sa che il consumatore lo percepisce come un prodotto di qualità con riferimento all'immagine paese di origine, all’idea di status
simbolo legato a un prodotto straniero; l'impresa è in grado di applicare un Premium price, quindi un incremento di prezzo rispetto a quello
medio di mercato
Si tratta di una domanda che è insensibile al prezzo e che vede nel prezzo quello strumento di valutazione della qualità, più alto il prezzo più
alta è la qualità del prodotto
Il rischio è che una strategia di questo tipo possa essere annullata o da una errata valutazione del comportamento della domanda che in realtà
non è così insensibile al prezzo, quindi in realtà un prezzo alto rispetto alla media del mercato non la porta comunque a valorizzare la qualità
del prodotto e quindi ad acquistare quel prodotto
Oppure perché i concorrenti sono in grado di imitare nel medio lungo periodo quegli elementi di qualità nel prodotto dell'impresa straniera,
annullando in questo modo gli elementi di differenziazione che possono giustificare il maggiore prezzo e dunque poi il rischio è quello di
trovarsi con un prodotto non competitivo sia sul fronte della qualità che sul fronte del prezzo
P di penetrazione: differenziale negativo rispetto al prezzo di mercato → Prezzo aggressivo: incrementare sensibilmente e velocemente le
vendite per acquisire quote di mercato significative (misurazione
degli effetti della riduzione del prezzo sull’incremento della domanda e sulla reazione di concorrenti)
Il prezzo di penetrazione è un prezzo aggressivo, vale a dire applicare un prezzo più basso rispetto alla media del mercato da incrementare in
una fase successiva quando si sono raggiunte determinate quote di mercato.
Bisogna effettivamente valutare se un prezzo più basso può avere un impatto negativo sulla percezione di qualità del prodotto da parte del
consumatore straniero
Il rischio di una reazione dei concorrenti è quella che a fronte di un prezzo contenuto a loro volta porteranno a ridurre il prezzo provocando la
guerra del dei prezzi a vantaggio del consumatore ma a danno quindi delle imprese presenti sul
Caso: introduzione dei pannolini in Brasile. Strategie attuate dal marchio Pampers della Procter & Gable e del marchio Aghis, i quali hanno
provocato una guerra dei prezzi quindi una progressiva riduzione del prezzo
Questo è stato fatto per favorire la penetrazione all'inizio dell’entrata sul mercato brasiliano a tutto vantaggio del consumatore e dei
produttori locali che si sono trovati con un prodotto che era noto e che erano in grado di realizzare a un costo ancora più basso, quindi in
grado di applicare un prezzo più contenuto sottraendo in questo modo quote di mercato ai concorrenti stranieri e quindi limitando le
opportunità di sviluppo per i due brand stranieri fin quando sono stati in grado di attuare una politica di prezzo aggressiva
Capitolo 12:
Strategie di marketing mix sui mercati esteri: Politiche internazionali di distribuzione
Ciò che si aggiunge nel contesto internazionale è la situazione di una impresa che opera in più mercati esteri
Scelte per i mercati esteri (insieme dei mercati internazionali)
Politica integrata di distribuzione sui diversi mercati (attività connesse alla movimentazione delle merci da collocare nei punti vendita;
attività relative alla logistica e al trasporto, attraverso un centro di distribuzione utilizzato per servire attori distributivi collocati in
diversi mercati; vedi es. Luxottica). Come coordinare la vendita quando l’impresa opera in più mercati
Gestione dei mercati paralleli generata dalla differenza di prezzo e del sistema di distribuzione
Sistema distributivo di Luxottica
Espansione Internazionale: 130 paesi nel mondo (Nord America, Europa; Asia-Pacifico; America Latina; Africa e Medio-Oriente; mercati
emergenti in crescita)
Siti Produttivi: 6 in Italia, 3 in Cina, 1 in India , 1 in California, 1 in Brasile
101
Rete distributiva: wholesale (distribuzione indiretta corta, composta da punti vendita e catene di ottici di terzi) e rete retail (distribuzione
diretta, composta da punti vendita di proprietà e in franchising). Gestione attraverso una struttura distributiva centralizzata
Funzionamento struttura distributiva centralizzata: sistema distributivo integrato a livello internazionale per servire le divisioni Wholesale e
Retail.
- Raccorda i centri logistici e di vendita con gli impianti produttivi, consentendo di: controllare giornalmente le vendite nel mondo e
i livelli delle scorte; programmare le risorse produttive e gli approvvigionamenti in base alle domande dei singoli mercati.
- Si avvale di 18 centri distributivi (11 nelle Americhe, 5 nella regione Asia-Pacifico e 2 in Europa), che consentono di ottimizzare il
lead time (tempi di consegna della merce) a livello globale. Tra questi centri distributivi,
- quattro centri distributivi principali, definiti “hub” situati in posizioni strategiche (Sedico, Italia; Atlanta, Stati Uniti; Ontario,
Canada; Dongguan, Cina). Operano come centri unificati per la gestione degli ordini mediante un sistema automatizzato per servire
gli altri centri distributivi del Gruppo e spedire direttamente i prodotti ai clienti in alcuni mercati.
Il servizio post-vendita come forma di contatto diretto con il consumatore nei mercati
internazionali
102
I motivi e le modalità di internazionalizzazione dei distributori al dettaglio: I motivi
Approccio reattivo (fattori di natura push)
Livello di competizione interna: elevata concorrenza sul mercato domestico
Grado di saturazione del mercato nazionale: bassi livelli di sviluppo del mercato retailer
Normativa restrittiva nei confronti di nuovi formati distributivi (GDO)
Approccio proattivo (fattori di natura pull)
Tasso di sviluppo del mercato estero: positive prospettive di crescita (popolazione con crescente potere di acquisto)
Grado di apertura del mercato estero agli investimenti stranieri e liberalizzazione del commercio
Similarità del mercato estero: condizioni di vicinanza geografica e culturale
I motivi e le modalità di internazionalizzazione dei distributori al dettaglio: Le modalità di ingresso nel paese estero
Crescita per vie interne: apertura di punti vendita di proprietà.
Vantaggi: maggiore autonomia nell’organizzazione del servizio e maggiore controllo gestionale. Ostacoli: normative che impongono
partnership con attori locali; distanza culturale che rende preferibile forme di accordi; indisponibilità di localizzazione per
l’insediamento delle strutture distributive
Fusioni ed acquisizioni di punti vendita o catene già esistenti. Necessaria quando non vi sono localizzazioni disponibili o le
localizzazioni attrattive (es.: centri storici) sono occupate dei competitor.
Vantaggi: entrata più veloce e con ritmi di crescita più rapidi.
Ostacoli: complessità dovuta alle diverse pratiche manageriali delle due imprese
Joint venture: modalità utilizzata dai grandi distributori al dettaglio per insediarsi nei mercati emergenti. Necessaria per vincoli
normativi o per agevolare l’accesso ai network di fornitori locali
Franchising: vantaggi quali elevato livello di autonomia dai partner locali; elevato livello di standardizzazione della formula distributiva
a livello internazionale; contenimento delle risorse economiche investite
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