Sei sulla pagina 1di 103

MARKETING INTERNAZIONALE I

28/10/2021
Capitolo 1:
Forme di internazionalizzazione
Complessità dei mercati internazionali: il fenomeno della globalizzazione

Definizione d’impresa internazionalizzata


Un’impresa internazionalizzata è un’impresa per la quale il paese di origine non rappresenta il riferimento esclusivo dell’evoluzione dello
sviluppo economico, competitivo e strategico dell’impresa. Quindi è un’impresa che non guarda al contesto nazionale come unico mercato
per attuare le sue strategie di sviluppo, di crescita e le sue strategie competitive
Come possiamo definire un’impresa internazionalizzata? Alcuni criteri definitori che si combinano tra di loro:
➢ Un’impresa è internazionalizzata quando più attività della catena del valore vengono realizzate, gestite anche nel contesto estero. Gestione
delle attività economiche (commerciali o altre attività della catena del valore) in due o più paesi (con differenze culturali); organizzazione
su base sovranazionale delle attività della catena del valore. Non solo l’attività commerciale, ma anche attività di finanziamento, di
approvvigionamento. Quindi l’impresa opera in un contesto internazionale costituisco da uno,
due o più mercati, questo definisce anche la dimensione dell’impresa. Un’impresa multinazionale è un’impresa che opera in n mercati
esteri ed è un’impresa che è esposta maggiormente ad un contesto fortemente variegato dal punto di vista sociale, politico e culturale.
Un’impresa di piccole dimensioni, quando opera su mercati esteri, opera in pochi mercati. La caratteristica di una piccola impresa è di
operare in mercati simili tra di loro. Questo è un elemento che caratterizza la maggior parte delle imprese internazionalizzate italiane, in
quanto la maggior parte delle imprese italiane internazionalizzate sono micro o piccole imprese perché il tessuto economico-produttivo
italiano è costituito prevalentemente da micro-piccole imprese. Le imprese di piccole dimensioni operano in pochi mercati (due/tre
mercati) che sono tendenzialmente vicini (mercato francese, tedesco, una volta anche nel mercato inglese ora molto meno)
➢ Indicatori di performance e strutturali, si tratta di indicatori di natura quantitativa: % vendite (acquisti) realizzate(i) all’estero che
identifica la propensione all’export dell’impresa stessa (agli approvvigionamenti). Un
altro elemento che può aiutare a definire un’impresa internazionalizzata è la % dipendenti dedicati ad attività estere; % dipendenti
stabilmente impiegati in unità operative estere. Man mano che l’impresa cresce nella sua dimensione internazionale, cresce e modifica
anche la sua struttura organizzativa interna, cresce la % di dipendenti destinati a gestire l’attività relativa alle vendite sui mercati esteri
(approvvigionamenti). Queste % ci danno una dimensione del grado di internazionalizzazione dell’impresa, man mano che crescono
queste % cresce anche il grado di internazionalizzazione dell’impresa.
Altro elemento è la % di asset investiti a livello internazionale. Per asset si intende capitale finanziario, quindi unità operative che sono
stati realizzate sui mercati esteri
➢ orientamento strategico verso l’espansione all’estero:
- impresa esportatrice (impresa che può esportare occasionalmente, quindi non ha una gestione continuativa verso i mercati esteri.
Tuttavia è esposta al contesto estero, ha un grado di internazionalizzazione più contenuto) vs impresa internazionalizzata (impresa che
dedica diverse componenti della sua struttura all’attività internazionale, non si occupa solo di vendere sul mercato estero al mercato
internazionale, ma di farlo in maniera sistematica, strutturata. Cerca di analizzare i mercati esteri e che coinvolge più funzioni)
- rilevanza della dimensione internazionale nelle scelte strategiche ed operative e nella costruzione del vantaggio competitivo (capacità
strategica di apprendere dall’ambiente e di rispondere agli stimoli). Il vantaggio competitivo è costruito confrontandosi anche con i
contesti esteri e non solo guardando al contesto nazionale
Il livello di dinamicità delle imprese cresce con il grado di internazionalizzazione delle imprese
I dati ci dicono che più le imprese sono internazionalizzate, più sono capaci di superare situazioni di
crisi; sono imprese più dinamiche capace di rispondere meglio agli stimoli.

Definizione impresa internazionalizzata


Dimensioni che caratterizzano la natura internazionale dell’impresa
La natura internazionale dell’impresa può essere definita in base alle attività della catena del valore
che vengono svolte nel contesto internazionale.
È un’impresa che sviluppa le strategie competitive a livello internazionale. È un’impresa che si
confronta con vincoli e opportunità che vengono dal contesto internazionale. È un’impresa che
sviluppa le proprie conoscenze confrontandosi con altri operatori che appartengono a contesti economici, culturali differenti.
La catena del valore
Strumento che seziona le attività che l’impresa svolge: attività primarie e attività di
supporto
Le attività primarie sono le attività che riguardano la logistica in entrata (gestisce la
movimentazione delle materie prime) e in uscita, attività che riguardano le operations,
la logistica esterna (attività di movimentazione del prodotto verso l’esterno), le attività
di marketing e di vendita e le attività di servizi a supporto della vendita verso il cliente
Le attività di supporto sono trasversali, possono riguardare tutte le attività primarie.
Quindi tra queste troviamo gli approvvigionamenti di materie prime, parti componenti
che riguardano le operations, ma anche materiali che possono riguardare anche altri
funzioni dell’attività d’impresa.
All’interno delle attività di supporto abbiamo anche lo sviluppo della tecnologia,
gestione delle risorse umane, infrastrutture dell’impresa
Il margine è la creazione di valore, ossia la differenza tra quanto l’impresa trasferisce
al cliente in termini di valore per il cliente e quanto è costato il trasferimento di questo
valore
È il valore che l’impresa crea per i propri clienti (altra impresa oppure consumatore finale) e quanto l’impresa crea per se stessa.
Come l’impresa può agire sull’ampiezza di questo margine? Questo margine può essere di diversa dimensione, può essere più piccolo o più
grande. L’impresa può agire o sul valore insito nel prodotto oppure sul costo di realizzazione di questi prodotti (costi negli
approvvigionamenti, costi di gestione della logistica in entrata o in uscita, costi degli approvvigionamenti, costi di strategie di marketing e di
vendita, costi di produzione)

1
Noi siamo abituati a vedere questi elementi con riferimento al contesto nazionale, ossia creo valore cercando di identificare le strategie o di
costo o di differenziazione sul prodotto che mi portano a creare un plus valore per il cliente.
Il ragionamento che dobbiamo fare è che quel valore aggiuntivo per il cliente può essere creato non soltanto agendo nel contesto nazionale
ma anche nel contesto internazionale
Perché un’impresa si internazionalizza? Quindi un’impresa si internazionalizza perché vuole agire su quel margine attraverso la presenza
internazionale; lo può fare su più elementi della catena del valore perché operando nel contesto internazionale o migliora la qualità del
prodotto finale attraverso una migliore qualità nella gestione di queste funzioni oppure riduce i costi che quelle attività generano (costo di
approvvigionamento, di gestione delle risorse umane, ..)
Un’impresa internazionalizzata gestisce nel contesto internazionale non solo le attività finali della catena del valore, ma tutte

Tipologie di sviluppo internazionale dell’impresa


Quando parliamo di internazionalizzazione possiamo pensare a diverse forme di sviluppo internazionale:
- internazionalizzazione del mercato di sbocco, quindi sviluppo commerciale internazionale
- internazionalizzazione produttiva. Tra le modalità di
entrata nel contesto estero non vi è solo l’esportazione ma ci sono anche gli investimenti diretti esteri che possono essere di natura
commerciale (produco in Italia ed esporto nel mercato francese avvalendomi di una subsidiary commerciale), ma posso anche decidere di
vendere in Cina per esempio producendo direttamente in quel mercato. Vado a produrre perché mi consente di poter meglio gestire
l’attività di marketing, di vendita. Producendo direttamente in quale mercato sono in grado di meglio capire le esigenze di quel mercato
ed adattare il prodotto nel luogo in cui avviene la vendita. Attraverso questa modalità produttiva e di vendita sul mercato estero sto
creando valore in modo più ottimale rispetto al produrre in Italia e vendere nel mercato estero, perché lo faccio producendo in quel
mercato e in alcuni contesti lo sto facendo in modo maggiormente rispondente alle caratteristiche del consumatore e delle esigenze di quel
mercato
- internazionalizzazione degli approvvigionamenti, ossia mi rifornisco di materie prime, parti competenti, fattori della produzione sui
mercati esteri. Lo faccio perché i costi possono essere
più bassi, perché quel componente lo trovo su quel mercato, perché posso stabilire delle relazioni più stabili e durature con il fornitore,
perché può essere più conveniente approvvigionarsi sul mercato estero. L’impresa può pensare ad una forma di approvvigionamento che
significa importare, quindi di acquistare dall’estero e d’importare verso le sedi produttive per realizzare la produzione; c’è un flusso dal
mercato estero a quello italiano. In altri casi l’impresa può decidere di delocalizzare la produzione per avvicinarsi maggiormente ai fattori
della produzione.
- internazionalizzazione della ricerca e sviluppo (R&S), mi avvicino a quei mercati dove è possibile apprendere come fare innovazione,
come svilupparsi. Esempio: contesto
modenese, distretto ceramico. Per un’impresa italiana operare all’interno di questo distretto significa lasciarsi contaminare dia processi di
innovazione del territorio. Per un’impresa straniera che decide di rilevare un’azienda italiana del distretto significa entrare in un contesto
di mercato particolarmente interessante dal punto di vista innovativo. Questo può riguardare altri contesti. Ad esempio per un’impresa
italiana nell’impresa della moda, essere in un mercato come quello i Parigi o New York significa cogliere le tendenze che possono
sostenere il processo di innovazione
- internazionalizzazione delle risorse umane. Esempio: tetrapak ha
dipendenti esteri a diversi livelli, soprattutto nella fasce dirigenziali, non solo svedesi ma anche di altre nazionalità.
Questo tema di internazionalizzazione delle risorse umane richiama una delle funzioni che si sta ampiamente affermando in molte
imprese più strutturate, quello del diversity manager. Ossia quel manager che deve gestire le differenze (culturali, di genere, …) esistenti
nell’ambito della gestione delle risorse umane. Per alcune imprese è importante avere un contesto lavoratori aperto al contesto estero in
quanto dalla diversità derivano gli stimoli all’innovazione, a nuove fonti di conoscenza. Però la diversità va gestita e in alcuni contesti
esiste la figura del diversity manager.
Esempio: L’Oréal è un’azienda cosmetica, molto differenziata e diversificata. Questa azienda usa molto questo elemento della diversità
delle risorse umane perché grazie a questo è in grado di adattare i suoi prodotti ai mercati esteri. Il prodotto come la cura della persona
risente molto delle diversità culturali, quindi capire come adattare ed eventualmente creare prodotti ad hoc per ogni mercato è molto
importante. Dotarsi di un personale proveniente da nazioni diverse può
essere uno stimolo all’azienda per capire come innovare, creare e adattare prodotti già esistenti ai contesti esteri
- internazionalizzazione finanziaria, imprese che si aprono al contesto estero per approvvigionarsi delle fonti di finanziamento. Le imprese
possono rivolgersi a instituiti bancari che si trovano nel mercato estero verso ci c’è un elevato flusso commerciale, oppure nel caso
d’impresi che hanno aperto unità
produttive-commerciali sui mercati esteri approvvigionarsi di fonti di finanziamento verso istituti bancari di quei mercati, infine imprese
che si quotano nei mercati esteri (borsa di NY, ..)

Queste forme di internazionalizzazione richiamano alcune delle attività della catena del valore
Esempio: Benetton. Il processo di internazionalizzazione della Benetton riguarda diverse funzioni della catena del valore. Il sistema
produttivo della Benetton si svolge in diversi mercati esteri (è tipico del settore moda approvvigionarsi di fasi della produzione sui mercati
esteri) come Italia, paesi dell’est, mediterraneo, Asia. È una forma di internazionalizzazione produttiva che non ha la finalità di vendere in
quei mercati ma di approvvigionarsi di fattori della produzione a basso costo. Ha anche importanti insediamenti produttivi in Tunisia e
Croazia. Ha anche un’interessante rete di fornitori mondiali di prodotti finiti (outsourcing internazionale).
Noi ci concentreremo sulle attività finali della catena del valore, quindi sull’internazionalizzazione del mercato di sbocco e
internazionalizzazione produttiva
02/11/2021
INTERNAZIONALIZZAZIONE DEL MERCATO DI SBOCCO
L’impresa valuta e conseguentemente decide di collocare l’attività di vendita dei propri prodotti o servizi in mercati diversi da quello di
origine, in un mercato oltre i confini nazionali.
Questo tipo di attività è critica per le imprese che possono essere coinvolte in un mercato, in pochi mercati fino ad arrivare in molti mercati
quando passiamo da un’impresa di piccole dimensione che solitamente operano in pochi mercati fino ad arrivare alle multinazionali che
operano in tanti mercati.
È sicuramente un’operazione più complessa per le impresa rispetto a quella di operare nel solo mercato nazionale. La complessità è dovuta al
fatto che le imprese si confrontano con contesti diversi rispetto al mercato di origine, dal punto di vista economico, politico, culturale,
2
tecnologico. Inoltre sono mercati che sono diversi tra di loro. Quindi vi è una diversità rispetto al mercato nazionale e una diversità tra
mercati
Implicazioni:
• più di un paese/mercato può essere coinvolto nelle transazioni
• i mercati esteri si differenziano dal punto di vista: socio-culturale, economico, legislativo, politico e tecnologico
Nell’operare in un numero elevato di mercati la complessità cresce e questo si riflette anche sulla stessa organizzazione dell’impresa.
L’impresa internazionalizzata a differenza dell’impresa domestica si confronta con ambienti socio-economici e politici differenti
Un’impresa che opera in un contesto internazionale dovrà dotarsi di risorse, competenze e struttura organizzativa che avrà un certo livello di
complessità. Dovrà dotarsi di un personale in grado di gestire queste differenze e di comprendere cosa può essere colto come opportunità e
cosa può essere contenuto come minaccia nel contesto internazionale.
Gestione della struttura organizzativa dell’impresa internazionalizzata in grado di rispondere alle differenze ambientali
Queste differenze ambientali non sono soltanto fonte di complessità, ma sono anche fonte di opportunità, fonte di input per l’impresa che
possono stimolare l’impresa nell’innovazione.
Non guardiamo il contesto estero solo come una fonte di complessità, è una difficolta che va gestita
Elementi di differenziazione dell’ambiente internazionale: analisi SLEPT
Quando si accenna a queste differenze tra mercato nazionale e mercato e estero e tra i mercati esteri tra di loro facciamo riferimento
all’acronimo SLEPT —> differenze sociali, legislative, economiche, politiche e tecnologiche che le imprese devono essere in grado di
governare e gestire
Un numero contenuto d’imprese sono in grado di governare queste differenze tra nazioni secondo questi elementi
Ci sono imprese che subiscono (atteggiamento reattivo) l’internazionalizzazione invece di agirla, cioè di avere un atteggiamento pro attivo
nei confronti del contesto internazionale
Queste differenze fanno riferimento a:
 Varietà degli AMBIENTI SOCIOCULTURALI: lingua, religione, organizzazioni sociali, valori, cambiamenti demografici. Quando
l’impresa entra in un mercato estero deve chiedersi quali sono le abitudini, i comportamenti dei consumatori. Ma anche in un contesto
business to business, le imprese che si confrontano con altre imprese deve chiedersi quali sono le abitudini di acquisto del cliente
industriale. Sia i consumatori sia i clienti industriali possono essere guidati da abitudini di acquisto differenti. Le differenze socioculturali
impattano prevalentemente sul comportamento del consumatore.
Soprattutto alcuni settori produttivi (cura della persona, settori alimentari, abbigliamento) risentono delle differenze culturali. Quindi
un’impresa deve chiedersi se quel prodotto concepito per il mercato nazionale può essere venduto cosi come viene venduto sul mercato
nazionale o se deve essere adattato (adattamento che può agire sul prodotto, ma possono essere anche adattamenti che riguardano le altre
leve del marketing mix come il prezzo, la distribuzione). Per esempio in alcuni contesti l’abbigliamento di lusso può essere venduto anche
nei negozi multimarca, può cambiare il come il consumatore si approccia all’acquisto. Ultimamente nel periodo del lockdown ci sono
costati contesti di mercato dove la propensione all’acquisto online era già significativa, altri mercati invece in cui la propensione
dell’acquisto online è aumentato in quel periodo. Ci sono comportamenti, atteggiamenti all’acquisto che cambiano da un contesto all’altro.
 Varietà degli AMBIENTI LEGISLATIVI: leggi nazionali, leggi dei paesi esteri, leggi internazionali. Un’impresa che
opera sul mercato internazionale si confronta con tre livelli di legislazione, ossia la legislazione nazionale la quale può incentivare o
disincentivare l’attività di vendita nel contesto estero, leggi dei paesi esteri (ci sono restrizioni? Ci sono delle norme e dei regolamenti su
come un prodotto può entrare su quel mercato?). L’impresa deve dotarsi della conoscenza di queste
differenze legislative fino ad arrivare ad un sistema legislativo sovranazionale. Un’impresa internazionale è un’impresa che è deve essere
capace di confrontarsi dal punto di vista legislativo con norme differenti tra loro
 Varietà degli AMBIENTI ECONOMICI: sviluppo economico (diversa velocità che caratterizza i processi di crescita delle economie dei singoli
paesi) e sistemi produttivi (diversa struttura competitiva). Il diverso ritmo di sviluppo di u
economia impatta sullo sviluppo della domanda e dell’offerta. Una crescita della domanda con un certo ritmo impatterà sul come entrare in
quel mercato. Se vi è una domanda significativa verso il nostro prodotto l’impresa può decidere di entrare con una modalità piuttosto che
un’altra. Diversi processi di crescita dell’economia dei paesi esteri con diversi sistemi produttivi che impattano su come operare sul
mercato estero, impattano le strategie di vendita da sviluppare nel conteso estero
 Varietà degli AMBIENTI POLITICI: politiche economiche (politiche, atteggiamenti e comportamenti delle autorità nazionali nei confronti
delle imprese estere) che possono attrarre o ostacolare l’entrata delle imprese in quel mercato.
Esempio tipico è quello della Cina che fino all’entrata nel WTO (fino ai primi del 2000) aveva un controllo stretto e limitante sugli IDE,
quindi sulla possibilità di effettuare investimenti da parte ia imprese straniere con una logica che era quella della politica di crescita che
attua la Cina dalla fine degli anni ‘90; vincolando il modo in cui le imprese straniere potevano operare nel mercato cinese. Prima
dell’entrata nel WTO il governo cinese limitava alle imprese straniere di tenere una subsidiary controllata al 100%; in quegli anni non era
possibile per un’impresa straniera fare un investimento completamente controllato, era un investimento che poteva essere effettuato
creando le joint venture.
Pian piano le politiche della Cina sono cambiate, per cui oggi è possibile per un’impresa straniera realizzare un investimento in Cina
completamente controllato dall’investitore straniera, non è più il vincolo di realizzarlo con un’impresa locale.
Ciò avveniva per trasferire il knowhow dall’impresa straniera all’impresa locale in quanto la Cina aveva bisogno di crescere velocemente
dal punto di vista tecnologico e dell’innovazione.
 Varietà degli AMBIENTI TECNOLOGICI: grado di innovazioni nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. L’ambiente
tecnologico che cambia da una nazione a un’altra impatta sul comportamento del consumatore (es. acquisto online) ma anche sulla
capacità, sulla possibilità che l’impresa ha di operare nei mercati esteri. Le imprese devono attrezzarsi per poter vendere online, vendere
attraverso l’e-commerce richiede una organizzazione, una logistica per l’impresa che permette all’impresa di poter portare il prodotto sui
mercati esteri. Gli sviluppi tecnologici hanno avuto un impatto molto rilevante anche sulla
delocalizzazione produttiva, sullo sviluppo degli investimenti esteri nei mercati esteri. Avere lo sviluppo tecnologico da la possibilità
all’impresa di operare sui mercati esteri in tempi e costi più contenuti rispetto dal contesto nazionale. Questa modalità però non è sempre
attuabile, non sempre trova una struttura tecnologica che le consenta di attuare modalità di presenza uniforme
Il contesto internazionale è un contesto complesso. Non sempre le imprese sono attrezzate, ossia dotate di risorse, competenze e risorse
umane per gestire questa complessità. Ciò spiega perché un numero contenuto di imprese, soprattutto nel contesto italiano, è in grado di
internazionalizzarsi

Commercio internazionale e apertura internazionale dell’economia

3
1. Fenomeno della globalizzazione dal punto di vista delle imprese. Le economie oggi operano in un contesto globale per questo motivo le
imprese oggi hanno la necessità di guardare ai mercati esteri, quindi è importante capire qual è la ripercussione sull’impresa di questo
fenomeno
2. Le determinati dell’internazionalizzazione dei mercati
3. Le dimensioni del commercio internazionale e degli investimenti diretti all’estero (IDE)

Fenomeno della globalizzazione


Processo di integrazione crescente delle economie delle diverse aree del mondo. Questa integrazione dell’economia porta ad un elevata
mobilità di risorse di prodotto, finanziarie, fisiche, persone, attività economiche.
La globalizzazione non è qualcosa che ha un punto di arrivo, c’è questa integrazione delle economica se esistono degli elementi, delle
politiche che supportano tale integrazione; uno dei primi elementi è la liberalizzazione dei mercati, circolazione dei prodotti e delle persone.
Tuttavia ci sono state anche delle fasi di rallentamento di questi processi. Durante l’era Trump sono state introdotte delle politiche che,
anziché andare nella direzione di una liberalizzazione degli scambi, hanno rallentato il flusso commerciale, soprattutto con Cina e Unione
Europea
Il fenomeno della globalizzazione è dinamico e subisce anche delle trasformazioni nel modo in cui si presenta
Nel passato globalizzazione significava integrazione delle tre principali economie: Europa, Giappone, USA
Nel corso di questi ultimi decenni l’economia mondiale si è trasformata, nuovi attori sono apparsi nella scena (Brics, paesi emergenti)
Conseguenze:
• Le imprese – grandi e piccole – si confrontano con l’economia mondiale. In questo contesto,
le imprese sia piccole che grandi non possono trascurare il fenomeno della globalizzazione.
• I processi competitivi si svolgono a livello sovranazionale. In questo contesto,
imprese piccole e grandi non internazionalizzate (non vendono sui mercati esteri) non possono essere indifferenti ad un sistema
competitivo sovranazionale. Perché anche un’impresa non internazionalizzata può essere toccata da quello che succede nel mercato
internazionale? Anche se un’impresa non va sul mercato estero, la competizione sovranazionale non si confronta solo con le imprese
italiane ma deve anche confrontarsi con le imprese straniere che entrano nel mercato e che possono sottrarre quote di mercato. Le imprese
più dinamiche rispondono o reattivamente o pro attivamente, altre subiscono. Alla lunga subire significa uscire dal mercato. Ecco perché
la competizione sovranazionale tocca la maggior parte delle imprese
È causa di:
• Un aumento della tensione concorrenziale nella maggioranza dei settori economici. Confrontarsi non solo con le imprese nazionali ma
anche estere
• Una maggiore spinta al confronto con nuovi clienti: effetto su innovazione. Le imprese più dinamiche sono le imprese internazionalizzate
perché si confrontano con una varietà di contesti che sono fonte di stimolo per le imprese e di innovazione
• Una frammentazione internazionale della produzione: effetto sui costi. Le imprese che gestiscono l’attività della catena del valore nel
contesto internazionale sono in grado di creare valore per se e per i clienti agendo sui costi ed elevando la qualità dei prodotti dal punto di
vista politiche degli approvvigionamenti e delle politiche di vendita nel contesto estero
• Un accrescimento del numero di paesi in competizione per attrarre flussi di investimento che può avere un effetto positivo o negativo a
seconda della prospettiva dell’impresa. Il fenomeno della globalizzazione provoca una competizione anche a livello paese per attrarre gli
investimenti esteri

Le determinanti che stanno causando il fenomeno dell’internazionalizzazione dei mercati


- Riduzione delle barriere istituzionali alla mobilità internazionale, ossia la creazione di aree pluriregionali
- Progressi nel campo dei trasporti e della logistica
- Innovazioni nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ossia lo sviluppo della ICT
- Crescita economica di paesi precedentemente marginali, ossia le nuove economie industrializzate, le BRICS
- Convergenza modelli culturali e comportamentali delle persone
- Sviluppo internazionale delle imprese
- Dinamica dei mercati finanziari

Riduzione delle barriere istituzionali alla mobilità internazionale


Nel corso degli ultimi decenni (dagli anni ‘50 ad oggi) ci sono state molte politiche che hanno portato a una riduzione delle barriere nel
flusso commerciale e delle persone, dei capitali.
Questa riduzione avvantaggia le imprese ma anche i consumatori e i clienti perché riduce il costo dei prodotti finiti
Apertura dei confini nazionali a seguito degli accordi internazionali, sottoscritti da vari paesi con l’obiettivo di ridurre le barriere agli scambi
di merci e servizi e agli investimenti.
Strumenti:
• GATT (General Agreement on Tariffs and Trade, Accordo generale sulle tariffe e il commercio; 1947)
• WTO (Word Trade Organization o Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC)): organismo internazionale a cui partecipano 164
membri (https:/www.wto.org/) che rappresentano circa il 97% del commercio mondiale. Le norme che regolamentano il commercio tra
questi 164 paesi hanno liberalizzato il 97% del commercio mondiale. Strumento molto utile per l’analisi dei mercati
esteri, in quanto la WTO produce molti dati che riguardano il commercio internazionale che possono essere oggetto di consultazione da
parte di chi deve conoscere la presenza delle eventuali barriere.
Obiettivo: liberalizzare gli scambi commerciali, uniformando il trattamento dei prodotti importati rispetto a quelli realizzati nel paese
importatore.
Attraverso queste politiche, legislazioni e norme si sono sviluppati diversi strumenti che portano alla costituzione delle aree di mercato
plurinazionali.

Principali aree di mercato plurinazionali


Strumenti che costituiscono diverse forme di mercati plurinazionali (più mercati collegati tra di loro e all’interno delle quali e tra questi e il
resto del mondo si verifica un certo grado di liberalizzazione degli scambi commerciali)

4
Aree di libero scambio
La caratteristica di questo strumento è che i paesi che si accordano tra di loro accettano che tra i membri di questa area vi sia l’eliminazione o
riduzione delle barriere tariffarie tra i paesi all’interno di questa area, e non alla circolazione di merci e servizi tra le economie dei paesi
aderenti. I paesi che aderiscono a questa area definiscono le barriere che regolamentano il commercio tra i membri di queste aree e il resto
del mondo
Non è però consentita la libera circolazione di lavoro e capitali e non esiste un sistema di barriere e dazi doganali comune nei confronti dei
paesi non membri.
Esempi:
- NAFTA (North American Free Trade Agreement) in vigore dal 1994 tra Stati Uniti, Messico e Canada. Tra questi tre mercati le merci
possono essere scambiate liberamente (non ci sono barriere non tariffarie). I tre mercati sono pero autonomi l’una rispetto all’altra nel
negoziare con Europa, Cina, … Inoltre al loro interno non vi è la libera circolazione di
capitali, persone e lavoro
- Accordo (ottobre 2015) Trans-Pacific Partnership (TPP): accordo di libero commercio tra Stati Uniti e 11 Paesi dell’area Asia-Pacifico:
Giappone, Australia, Brunei, Canada, Cile, Malaysia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore, Vietnam (NO Cina, India, Brasile).
Riguarda il 40% del PIL mondiale.
- Accordo (settembre 2017) Comprehensive Economic and Trade Agreement (Ceta), trattato di libero scambio Ue-Canada: accordo
commerciale tra UE e Canada per semplificare l’esportazione di beni e servizi e l’eliminazione del 98% dei dazi presenti. Rimangono tra i
paesi dell’Unione europea e Canada delle restrizioni nella circolazione dei capitali, persone e lavoro. Nell’accordo del Ceta viene citata
l’UE non Italia, Francia o Germania quindi chi ha negoziato con il Canada è l’UE non i singoli membri dell’UE. Questa è la differenza tra
l’area di libero scambio e l’unione a cui appartiene l’Unione Europea, per cui invece gli scambi con il resto del mondo sono gestiti
dall’Unione Europea e non dai singoli membri
- Accordo di partenariato economico (APE) tra l'UE e il Giappone (entrato in vigore il 1o febbraio 2019). Accordo volto ad eliminare, sul
97% delle merci importate dall’UE, dazi per un valore di 1 miliardo di €. Soppressione di una serie di ostacoli non tariffari (es.: norme
internazionali sugli autoveicoli). Eliminati gli ostacoli tra i principali esportatori di alimenti e bevande dell'UE e i 127 milioni di
consumatori giapponesi. Effetti: con la piena attuazione dell'accordo, gli scambi commerciali tra l'UE e il Giappone potrebbero aumentare
di quasi 36 miliardi di € all'anno. L’accodo include anche norme in materia di sviluppo sostenibile e a sostegno della lotta ai cambiamenti
climatici
- Tentativi di negoziati tra UE e Stati Uniti per il trattato transatlantico di libero scambio, Transatlantic Trade and Investment partnership
(TTIP). Si verrebbe a creare la zona di libero scambio più grande del mondo, che comporterebbe l’abbattimento di dazi (barriere
tariffarie) e la convergenza degli standard regolamentari (regolamenti tecnici, norme e iter di omologazione, standard applicati ai prodotti,
regole sanitarie – barriere non tariffarie). Tuttavia non è arrivato a conclusione. Settori coinvolti: agroalimentare, manifatturiero, auto,
tecnologie dell’informazione e comunicazione, servizi (inclusi appalti pubblici, servizi professionali e di trasporti)

Unioni doganali
Si tratta di una evoluzione delle aree di libero scambio. Rispetto alle aree di libero scambio, sono presenti tariffe esterne comuni sui prodotti
importati dai paesi terzi; permane tuttavia il divieto alla libera circolazione di capitali, persone e lavoro (caratteristica dei mercati comuni).
Questo strumento introduce non solo la libera circolazione delle merci nello scambio commerciale tra i membri che appartengono a queste
unioni doganali, ma anche tra i membri che appartengono alle unioni doganali e il resto del mondo
Es: Francia e Principato di Monaco; Italia e Repubblica di San Marino; Patto Andino istituito nel 1969 tra Bolivia, Columbia, Ecuador,
Venezuela e Perù

Mercati comuni
Oltre agli accordi tariffari tipici delle unioni doganali, i paesi che vi aderiscono beneficiano al loro interno della libera circolazione di servizi
(tra cui il lavoro) e di capitali.
Es: Unione Europea (UE; precedentemente la Comunità Europea era una unione doganale); il Mercosur (Mercado del Cono Sud), istituito
nel 1991 che unisce l’Argentina, Brasile, Paraguay, Uraguay e Venezuela (Stati associati: Cile, Bolivia, Columbia, Ecuador, Perù)

Unioni politiche
Consentono di raggiungere in modo ottimale gli obiettivi economici, monetari e sociali perseguiti dai diversi paesi.
Sebbene non siano federazioni, come gli Stati Uniti o la Svizzera, le Unioni politiche funzionano come sistemi politici autonomi con proprie
istituzioni decisionali.
L’UE è l’esempio più significativo, ma non ha ancora raggiunto il livello massimo di unione politica perché significherebbe dotarsi di una
costituzione sovranazionale

Progressi nel campo dei trasporti e della logistica


Gli sviluppi nei trasporti hanno favorito lo spostamento delle persone e la movimentazione delle merci e delle imprese
Progressiva riduzione delle distanze, dei tempi, e dei costi di spostamento delle persone, delle risorse e delle merci
• Aumento dell’intensità degli scambi
• Facilità di gestione delle relazioni internazionali
• Diffusione geografica delle attività produttive
• Maggiore comunicazione tra le persone a livello globale
• Riduzione disomogeneità nei gusti dei consumatori di paesi diversi per fattori culturali.
Ciò permette all’impresa di definire strategie di vendita standardizzate che possono essere riproposte in contesti diversi almeno per alcune
fasce di consumatori che definiscono il “segmento transnazionale”. Se in alcuni settori queste innovazioni hanno portato e una riduzione
delle disomogeneità nel comportamento d’acquisto, in altri ambiti si è verificato l’effetto contrario: si sono intensificate le differenze
culturali.
Tuttavia, queste differenze culturali non vengono viste come un ostacolo da parte dell’impresa ma come un’opportunità di differenziazione
della propria offerta e possibilità di poter competere con i concorrenti sulla capacità di soddisfare meglio le esigenze di consumatori con
comportamenti di consumo differenti.

5
Quindi, paradossalmente, l’effetto della maggiore vicinanza dei confini da un lato amplifica le differenze culturali mentre dall’altro le
attenua.

Innovazioni nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT)


Ancora di più lo sviluppo tecnologico accresce questa connessione e supporta le imprese nel processo di internazionalizzazione commerciale
e produttiva
Innovazioni nel trattamento e nell’elaborazione delle informazioni e innovazioni delle telecomunicazioni (Information and communication
technology - ICT). Sono fenomeni che continuano a crescere in questi anni e hanno supportato il periodo di lockdown.
L’E-commerce è il prodotto principale della trasformazione digitale che ha dato vita a un processo irreversibile. È evidente che l’innovazione
tecnologica ha un impatto sugli scambi commerciali e sulla possibilità di comunicare tra l’impresa e i suoi clienti, in quanto è supportato da
una strumentazione informatica che consente di maneggiare informazioni in tempo reale.
La comunicazione e lo scambio di dati e informazioni in tempo reale (l’innovazione tecnologica, con conseguenti risparmi di tempi e costi),
facilita le imprese ne delocalizzare in paesi diversi le varie fasi della catena del valore. Viene facilitato il monitoraggio da parte della sede
madre verso la sede estera, in quanto un’impresa oggi può controllare una sede produttiva “a distanza” senza dover necessariamente mandare
fisicamente un proprio manager/personale presso quell’unità produttiva
Cambiamenti nel comportamento degli operatori economici per effetto della diffusione della rete Internet

Sviluppo internazionale delle imprese


È sia una causa che un effetto del processo di globalizzazione. È una causa perché attraverso le attività delle imprese nel contesto
internazionale si crea questa interconnessione economica. Ma la globalizzazione ha favorito anche il processo di internazionalizzazione delle
imprese. Per questo motivo il processo di internazionalizzazione delle imprese è sia una causa che un effetto
Un numero crescente di imprese, in particolare di grandi dimensioni, trasferisce e organizza a livello mondiale le attività di R&S,
approvvigionamento dei componenti, produzione, e commercializzazione.
Ciò dipende oltre che dai fattori analizzati in precedenza anche da:
1. crescente importanza attribuita alle economie di dimensione (es.: settore automobilistico. Conseguenza: ampliamento mercati di
sbocco). Ci sono delle imprese che necessitano di operare nel contesto internazionale; per esempio nessuna impresa automobilistica
nasce per vendere nel mercato nazionale, vi è un elemento di dimensione, di scala che spinge le imprese a guardare non solo il mercato
nazionale ma anche sovranazionale, esteri per poter raggiungere l’elemento della dimensione di scala
2. possibilità di sfruttare in chiave produttiva le differenze di costo dei fattori presenti in paesi diversi. Le imprese si internazionalizzano a
monte (approvvigionamento, produzione) per sfruttare le differenze di costo
3. accorciamento dei tempi di obsolescenza delle nuove tecnologie e dei nuovi prodotti. La maggior parte delle imprese di telefonia, che
producono computer difficilmente vendono e producono solo per il mercato in cui avviene la produzione. Il ciclo di vita del prodotto è
cosi breve e gli investimenti nell’innovazione e nella tecnologica sono cosi elevati che è necessario operare nel mercato estero per
recuperare gli investimenti e recuperare un livello di domanda molto breve.
4. incremento della pressione competitiva internazionale. Le imprese hanno visto che la loro stabilità, anche nello stesso mercato
nazionale, cominciava ad essere minacciata dall’effetto dell’internazionalizzazione di altre imprese. Tutte le imprese sentono la
pressione competitiva estera, ma sono in poche riescono a rispondervi e rimanere sul mercato.

Dinamica dei mercati finanziari


Accelerata crescita negli ultimi decenni degli scambi finanziari, interessando non solo i paesi più avanzati (Stati Uniti, Europa occidentale,
Giappone) ma anche i paesi emergenti (Estremo Oriente e il Sud America).
Integrazione dei mercati domestici con i mercati internazionali, causata da:
1. accordi internazionali per effetto dei quali si è pervenuti ad una progressiva liberalizzazione nella circolazione dei capitali.
2. progressi nel campo delle telecomunicazioni (potenziamento delle capacità di calcolo, di archiviazione e diffusione dei dati) hanno
favorito l’integrazione dei mercati finanziari
Provoca un aumento della competizione su scala internazionale per il reperimento delle risorse finanziarie

Processo di integrazione economica internazionale (globalizzazione)


Cosa significa globalizzazione se lo vediamo dal punto di vista dei flussi commerciali e dei flussi degli IDE?
Questi dati derivano dal Rapporto ICE (istituito del commercio estero) 2020-2021 (https://www.ice.it/it → https://www.ice.it/it/studi-e-
rapporti/rapporto-ice-2020)
ICE: istituito che opera a livello internazionale che si occupa di internazionalizzazione ed eroga servizi a favore dell’internazionalizzazione
delle imprese. Sviluppa esclusivamente servizi di natura reale, tra questi consideriamo anche informazioni che riguardano il commercio
internazionale.
Annualmente ICE produce questo report, questo report viene presentato in giugno e riguarda dati del 2020
Volendo vedere la dimensione del commercio internazionale e il flusso dal punto di vista delle vendite e degli IDE effettuiamo un confronto
tra il 2019 (anno per COVID) e 1996.
Non abbiamo considerato il 2020 perché nel 2020 c’è stato un crollo significativo delle esportazioni e importazioni a livello mondiale e dei
flussi degli investimenti in entrata e in uscita.

Crescita dei flussi commerciali


Dal 1913 al 1996 le esportazioni di beni sono aumentate da 263 MLD di $ a 5.401 MLD di $.
Il valore delle esportazioni nel 2019 è stato di 19.015 MLD $.
Rispetto al 1996, nel 2019 sono aumentate del 252%
Perché il fenomeno della globalizzazione ha favorito una crescita del commercio internazionale.

Crescita degli Investimenti Diretti all’Estero (IDE)


Il flusso degli IDE è passato da 398 MLD $ nel 1996 a 1.530 MLD $ nel 2019 (+284%)
Gli investimenti sono cresciuti più dello scambio commerciale, c’è stata una tendenza delle imprese a delocalizzare in maniera significativa

6
Qual è l’elemento che sta caratterizzando questo periodo storico? Diminuzione dei tassi di crescita dei paesi più avanzati a favore
dell’espansione dei paesi emergenti
Negli ultimi decenni i paesi dell’Asia Orientale (Cina, India, Hong Kong, Taiwan, Corea del Sud, Filippine, Singapore, Tailandia), BRICS
hanno accresciuto significativamente la loro incidenza sul PIL mondiale.

Commercio internazionale e IDE (valori correnti in MLD $)


Qual è stato l’impatto della crisi sanitaria sull’economia mondiale? Nel
2020 il commercio internazionale si è ridotto del 7,5% rispetto all’anno
precedente. Per quanto riguarda gli investimenti diretti esteri il tracollo è
stato ancora più importante; si è ridotto circa del 35% rispetto al 2019. Le
imprese non hanno investito ma hanno ridotto tutti i programmi
d’investimento.
La crisi sanitaria ha provocato una contrazione del commercio e degli
investimenti
Descrivere l’andamento del commercio internazionale e degli IDE
guardando il 2020 sarebbe stato viziato della situazione che si è verificata
nel 2020 che ha registrato pienamente gli effetti della crisi sanitaria.
Il COVID ha manifestato il suo impatto anche sul flusso commerciale e IDE, in quanto esiste una forte integrazione dell’economia che
favorisce il commercio e gli investimenti; ma se si verifica una crisi a livello di una nazione o di molte nazioni questo si propaga molto
velocemente alle altre nazioni.
Questo è successo sia nel 2020 che nel 2008; l’integrazione dell’economie ha significato una ripercussione tra stati lontani tra di loro
sull’attività delle imprese
Fonte dati: Rapporto ICE 2020-2021 (https://www.ice.it/it → https://www.ice.it/it/studi-e-rapporti/rapporto-ice-2020)
04/11/2021
Dove sta andando il mondo?
Abbiamo detto che la globalizzazione significa flussi commerciali, integrazione dell’economia, significa anche capacita delle imprese di
operare nel contesto internazionale a monte e a valle della catena del valore; ma significa anche che nuove economie si stanno affermando
nel contesto internazionale, le cosiddette economiche emergenti, di nuova industrializzazione
Questa tabella che si trova nel Report dell’istituto del
commercio estero mette in evidenza che l’Unione
Europea fino al 2014 era il principale aggregato a
livello mondiale ad esprimere la quota più
significativa di commercio estero
Fino al 2014 l’Unione Europa rappresentava nel
commercio internazionale il 30%, ossia produceva il
30% delle esportazioni sulle esportazioni totali.
L’America l’11%, l’Asia orientale incomincia a
crescere (dove c’è la Cina che diventa un attore
importante nel commercio internazionale).
Nel 2015 vi è il sorpasso da parte dei paesi del
gruppo dell’Asia orientale che detengono la quota
più significativa rispetto all’Unione europea. Nuovi
paesi si affermano nel contesto internazionale, l’UE
è un aggregato importante per poter essere
protagonista nel commercio internazionale.
Nel 2020 l’UE si ferma nella quota di esportazione, mentre l’Asia orientale continua a crescere (prevalentemente parliamo della Cina)
Tuttavia l’UE oggi è più coesa; le politiche economiche-industriali che sono proposte oggi all’interno dell’UE vanno nella direzione di una
maggiore coesione
La prospettiva di ripresa del commercio mondiale sono solide grazie alle politiche che sono state attuate a supporto degli attori economici
(imprese).
Le imprese più dinamiche si stanno organizzando rispetto a questi megatrend (digitale, innovazione, sostenibilità). Oggi questi tre temi li
troviamo nella maggior parte delle politiche industriali che vengono proposte a livello nazionale e che derivano dall’UE

Chi sono i primi 15 esportatori mondiali di merci?


Se guardiamo la graduatoria dal 2014 al 2020 vediamo la Cina.
La Cina si aggiudica la prima posizione in questa graduatoria già dal 2014 infatti nel 2014 avviene il sorpasso dell’UE
Stati Uniti recedono, Germania stabile, Italia è ottava
Nel processo di commercio internazionale della Cina, quindi come paese esportatore, un effetto su questa crescita delle esportazioni è dovuta
agli IDE in entrata.
La Cina ha sostenuto fortemente attraverso politiche
l’attrazione degli IDE in entrata, cioè favorisce gli
investimenti di imprese straniere sul proprio mercato.
Investendo questi operatori stranieri sul mercato cinese
hanno contribuito a favorire anche i processi di esportazioni
in quanto vi è un processo di importazione se lo vedo dal
punto di vista dell’investitore, ma se lo vedo dal punto di
vista dell’unità operativa acquisita o costituita in Cina vi è
un processo di esportazione
Gli IDE sul mercato cinese supportano i processi di
esportazione

7
La somma dei primi 15 paesi concorre a detenere il 64% del commercio internazionale, delle esportazioni. C’è una forte concentrazione delle
esportazioni in un numero molto contenuto di paesi

IDE in entrata
IDE in entrata: investimenti che una nazione è in grado di
attrarre dal resto del mondo
Gli Stati Uniti detengono questo primato, sono capaci di
attrarre circa il 15,5% del flusso complessivo degli IDE in
entrata
Subito dopo la Cina. All’ottava posizione la Germania
Nei primi 20 paesi che sono protagonisti degli IDE in entrata
non compare l’Italia
Quindi l’Italia è molto dinamica dal punto di vista del
commercio ma ci sono delle debolezze nella capacità della
nazione Italia di attrarre gli investimenti dall’estero
Perché è importante che esistono delle politiche industriali a
favore della capacità di attrazione degli investimenti
dall’estero? Ci sono dei vantaggi molto importanti

IDE in uscita
IDE in uscite: sono le imprese italiane che vanno ad
investire sui mercati esteri
I principali protagonisti nella capacità di investire sui
mercati esteri sono la Cina che ha accresciuto questa
capacità nel corso degli ultimi anni
Fino a poco prima di questa crescita così significativa la
Cina investiva all’estero ma nell’area confinante con la
Cina, quindi nei paesi dell’Asia orientale
La novità di questi ultimi decenni è che la Cina ora è
interessata ad investire non solo nei paesi confinanti, ma
anche verso i paesi occidentali (verso UE, USA)
Perché fanno questo e perché c’è questo sostegno da parte
dello stato cinese verso le imprese cinesi ad investire? In
questo modo entrano nei mercati esteri acquisendo imprese
straniere per poter vendere nel paese estero e per poter
acquisire knowhow, la competenze e la conoscenza delle
imprese acquisite
Gli Stati Uniti si posizionano al quanto posto. Ancora una
volta non troviamo l’Italia nei primi 20. Nonostante le imprese italiane siano molte dinamiche nel commercio internazionale, sono meno
dinamiche dal punto di vista della capacità di andare ad investire sui mercati esteri
Questo significa avere politiche industriali deboli nel sostenere la capacità di attrarre investimenti dall’estero e poca propensione delle
imprese italiane ad investire all’estero
Attraverso questi dati riusciamo a capire com’è cambiata l’economia mondiale, chi sono i nuovi protagonisti
Fino a pochi anni fa gli IDE delle imprese occidentali erano diretti verso i paesi di nuova industrializzazione per motivi di costo; mentre gli
investimenti tra i paesi occidentali avvenivano per motivi commerciali (produco negli USA per vendere negli USA, non per un vantaggio di
costo)
Oggi le imprese dei paesi occidentali (UE, USA) investono nei paesi di nuova industrializzazione non solo per motivi di costo ma anche per
poter vendere in quei mercati.

Crisi sanitaria – Effetti sul commercio internazionale Italia


Tra i primi 8 paesi più industrializzati del mondo, l’Italia nel 2020 reagisce
alla crisi sanitaria ed economica meglio di altri paesi (dietro solo alla
Germania)
Gli effetti della crisi sul commercio internazionale hanno avuto una
ripercussione più contenuta sulla Germania e subito dopo Italia
Per ultima si colloca la Russia
Questa tabella mette anche in evidenza che le esportazioni italiane indicono
per circa il 30% sul PIL dell’Italia
Fonte dati: Rapporto ICE 2020-2021 (https://www.ice.it/it →
https://www.ice.it/it/studi-e-rapporti/rapporto-ice-2020)
Fonte: elaborazione ICE su dati FMI-DOTS

Quali sono stati i settori maggiormente penalizzati in Italia?


I settori che hanno risentito di più della pandemia rispetto al 2019 sono tessile e
abbigliamento, attività manifatturiere, meccanica, mezzi di trasporto
(complessivamente 8,8%)
I settori che invece hanno beneficiato della crisi sono il settore farmaceutico
(settore molto dinamico nel periodo della crisi), prodotti alimentari e
dell’agricoltura (tutto ciò che riguarda il food)
Fonte dati: Rapporto ICE 2020-2021 (https://www.ice.it/it →
https://www.ice.it/it/studi-e-rapporti/rapporto-ice-2020)

8
Come gli effetti della crisi hanno impattato sulla capacità esportativa
delle imprese nel 2020?
Le esportazioni italiane destinate ai primi 10 marcati di sbocco
costituisce il 60,6%. Le imprese italiane concentrano le loro esportazioni
in un numero limitato di mercati.
Concentrare il 71% in 10 nazioni (Germania, Francia, Spagna, Stati
Uniti) significa che vi è una forma dipendenza del commercio da queste
nazioni
Se la Germania va male il commercio estero italiano ne risente, poiché
le nostre esportazioni si concentrano maggiormente in questi paesi
Infatti il 51,5% delle esportazioni italiane si concentra verso i paesi dell’UE, in
quanto sono paesi vicini dal punto di vista geografico, culturale ed economico
Se guardiamo la contrazione degli scambi commerciali è stata più significativa
verso la Francia, ma meno contenuta verso la Cina che si è ridotta solo di uno
0,6%
Fonte dati: Rapporto ICE 2020-2021 (https://www.ice.it/it → https://www.ice.it/it/studi-e-rapporti/rapporto-ice-2020)

Cosa succede nel 2021?


Questi dati sono dati previsionali, non certi.
La proiezione ci dice che la ripartenza delle imprese a livello dei paesi più
dinamici (G8) vede l’Italia in testa
L’Italia è tra i paesi del G8 che reagisce meglio rispetto alla ripresa, seguita dal
Canada, Germania e cosi via.
19,8% tendenziale rispetto al 2019. Vi è stata una ripresa significativa rispetto
al 2019 (pre-COVID)
Le imprese italiane esportatrici hanno dimostrato una maggiore dinamicità
Fonte dati: Rapporto ICE 2020-2021 (https://www.ice.it/it →
https://www.ice.it/it/studi-e-rapporti/rapporto-ice-2020)
I settori che hanno risposto meglio alla ripresa
Fonte dati: Rapporto ICE 2020-2021 (https://www.ice.it/it →
https://www.ice.it/it/studi-e-rapporti/rapporto-ice-2020)

Paesi di destinazione dell’export


La Cina non è il principale paese verso cui esporta l’Italia, ma la
capacita di reazione delle imprese italiane è dovuta grazie alla
dinamicità dell’economia cinese. L’economia cinese che ha risposto
bene alla crisi è anche capace di importare. Quindi se importa vuol dire
che c’è chi esporta
L’Italia ha visto crescere le proprie esportazioni verso Cina
Il dinamismo della Cina lo dobbiamo vedere come un’opportunità per le
imprese italiane, perché sono state capaci di vendere verso un paese che
era pronto ad importare e quindi a reagire
Nel Regno Unito si ha una forte contrazione delle esportazioni.
Fonte dati: Rapporto ICE 2020-2021 (https://www.ice.it/it →
https://www.ice.it/it/studi-e-rapporti/rapporto-ice-2020)

Gli
operatori
italiani all’export
Nel 2020 ci è stata
una contrizione del
7,8% degli operatori
italiani, ossia il 7,8%
delle imprese precedentemente esportatrici non lo sono state più nel periodo
della crisi sanitaria
Il numero di imprese italiane che esportano sono 126.275 (dato 2020)
Le imprese italiane censite dai dati ISAT sono 4 milioni e 377 mila, questo dato
ci dice che le imprese esportatrici italiane sono poco meno del 3%
Fonte dati: Rapporto ICE 2020-2021 (https://www.ice.it/it →
https://www.ice.it/it/studi-e-rapporti/rapporto-ice-2020)

Qual è il profilo delle 126.275 imprese esportatrici italiane?


Il 90,8% sono micro (3-9 addetti) e piccole (fino a 49 addetti) imprese perché il tessuto italiano è costituito da piccole-medie imprese. Solo
1,4% sono grandi imprese
Il 90% delle micro e piccole imprese concorrono al 20,6% del commercio internazionale. Mentre le medie imprese contribuiscono per il
30,8% e le grandi contribuiscono per il 48,5%, quindi la dimensione ha un suo peso
Fonte dati: Rapporto ICE 2020-2021 (https://www.ice.it/it → https://www.ice.it/it/studi-e-rapporti/rapporto-ice-2020)

9
Cosa significa per le imprese italiane essere esportatrici?
Le imprese che sono protagoniste dello scambio internazionale sono le
imprese più dinamiche che rispondo meglio alle crisi
Essere dinamiche oggi per le imprese esportatrici significa maggiore
resilienza alla crisi, minore calo del fatturato, reazione ai cambiamenti nella
ripresa e trasformazione digitale.
Infatti le imprese italiane esportatrici stanno rispondendo alla crisi con
un’accelerazione della transazione digitale, ricerca di nuovi modelli
industriali e di business basati su tecnologie innovative. Queste sono le
risposte che fanno le imprese italiane esportatrici per reagire all’attuale crisi
economica e sanitaria

È un indicatore che misura l’indice di attrattività globale che misura


l’apertura, l’innovazione, l’efficienza, capacità di resilienza e la dotazione a
livello nazione.
Rispetto a questo indicatore l’Italia si posiziona diciottesima: in termini di attrattività, apertura, innovazione, efficienza, dotazione, capacità
di resilienza, vulnerabilità l’Italia è 18esima.

Impatto degli IDE sullo sviluppo del territorio ospitante


Effetti positivi che derivano dalla capacità di un paese di attrarre investimenti dall’estero in entrata:
- Trasferimento tecnologico. Esempio: la Cina che ha
sostenuto gli investimenti delle imprese straniere. Un’impresa straniera entrando in un altro mercato trasferisce tecnologia, know-how alle
unità che costituisce (costituisco ex-novo un nuovo stabilimento produttivo) o acquisisce (acquisto, rilevo uno stabilimento produttivo già
esistente) in quel territorio e al tessuto economico di quel mercato in quanto l’unità operativa costituita o acquisita dall’impresa straniera
dovrà confrontarsi con il sistema economico del mercato in cui viene realizzato l’investimento. Quindi se abbiamo un’impresa italiana
che investe in Cina acquistando capitale sociale in un’impresa cinese o costituendo ex-novo un’impresa cinese, quell’unità operativa
cinese controllata dall’impresa italiana acquisisce tecnologia dall’impresa italiana nel confrontarsi con i fornitori cinesi, con le imprese o
con altri operatori a valle ai quali vende e ciò funge da stimolo all’innovazione e alla trasmissione della tecnologia.
Vi è anche un processo di imitazione: le imprese dell’economia cinese possono osservare cosa fa l’impresa straniera che ha investito su
quel mercato e per imitazione riprodurre quelle tecnologie. Imitazione non è reato, ma è nel lecito di tutto quello che fanno le imprese
- Aumento delle esportazioni: investire in un altro mercato significa supportare la sua economia e le sue esportazioni Esempio: l’impresa
italiana investe in Cina tramite acquisizione o costituzione per motivi di costo e per importare verso la casa madre. Il processo di
importazione dal punto di vista dell’impresa italiana è un processo di esportazione dal punto di vista dell’impresa cinese controllata
dall’impresa italiana. In questo modo si sostiene l’esportazione di quel paese; questa è ricchezza per quel paese. Cosi come l’impresa
cinese può vendere alla casa madre o a un’altra consociata del gruppo che si può trovare in Italia
- Valorizzazione delle produzioni locali (valorizzazione dei marchi e dei prodotti locali) Cosa significa
valorizzazione? Esempio: investimento del 2015 fatto da Unilever che opera nel settore alimentare, per la cura della persona, prodotti
dell’ambiente etc. Unilever ha acquisito quote di capitale sociale della gelateria Grom. È un esempio di investimento diretto estero in
entrata realizzato da un’impresa straniera attraverso un’acquisizione.
Unilever, essendo già presente sul mercato italiano, fa questo per accrescere la sua quota di presenza nel settore del food e della vendita di
gelati artigianali nel mercato italiano e per acquisire una conoscenza riguardo la produzione di gelato artigianale.
Anche Grom ha avuto un vantaggio: i proprietari di Grom vendono, non perché stavano attraversando un periodo di difficolta, ma perché
Grom è un’impresa italiana che vende in italia, essere acquisito significa di dotarsi di competenze di una multinazionale come Unilever
che avrebbe potuto sostenere il processo di internazionalizzazione nel mercato. internazionale. Grom da sola non avrebbe avuto le risorse
e competenze per poter affrontare il mercato internazionale. Attraverso le competenze, la rete di distribuzione e il marchio di Unilever ora
Grom è presente anche in altri paesi.
Questo significa valorizzazione delle produzioni locali nel contesto internazionale, ossia aumentare il valore di quell’azienda.
- Stimoli all’economia e all’imprenditorialità locale (dipende dalla capacità dell’impresa estera di relazionarsi a monte e a valle con il
tessuto economico locale). Se l’impresa decide di non produrre internamente, ma di far produrre ad un imprenditore di un altro paese,
sosterrà l’economia di questo paese.
- Valorizzazione della risorsa umana: attraverso processi di assunzione, formazione, crescita della forza lavoro; per attrarre investimenti
dall’estero l’operatore locale deve attuare politiche di accrescimento della formazione della forza lavoro locale. Esempio: Tetrapak
investendo in Italia ha contribuito a valorizzare la risorsa umana dal punto di vista dei dipendenti in quanto è in grado di fare formazione,
di remunerare in modo significativo le risorse umane e lo fa anche lo Stato perché per poter attrarre investimenti dall’estero cerca di
accrescere il livello di formazione della propria risorsa umana.
- Impatto sulla concorrenza locale. Quando c’è concorrenza, c’è stimolo all’innovazione.
Dal lato ci può essere l’effetto negativo di spiazzamento, dall’altro c’è uno stimolo perché per poter contrastare l’impresa straniera sul
proprio mercato accresce la sua capacita di essere innovative

Effetti negativi
- Potere di influenza sugli organi di governo. Le multinazionali hanno un potere rilevante nei confronti di governi locali nell’ottenere delle
condizioni più favorevoli. Imprese di grosse dimensioni che entrano in un contesto nazionale più debole possono esercitare un forte
potere di influenza sugli organi di governo locali, forza che viene esercitata nella richiesta ai governi di infrastrutture, investimenti, nella
gestione della risorsa umana ad esempio con politiche di licenziamento
- Effetto spiazzamento a danno delle imprese locali (migliore capacità attrattiva delle risorse produttive): crisi degli operatori locali. Le
imprese più deboli possono risentire dell’entrata di imprese straniere nel proprio mercato, uscendo dal mercato; possono risentirne anche
sul fronte della domanda della forza lavoro in quanto imprese straniere con brand affermati hanno la capacità di attrarre le migliori risorse

10
umane, i migliori talenti a danno delle imprese locali con una minor reputazione, così anche sul fronte dell’approvvigionamento di altri
fattori di produzione.

IDE in entrata Italia – settori


Settori di specializzazione dell’economia italiana. Settori nei quali è più elevata la percentuale degli investimenti provenienti dall’estero:
- Sistema moda
- Meccanica
- Alimentare
Vengono privilegiate imprese di punta del sistema Made in Italy
Alcuni esempi:
- Italcementi (controllo tedesco - Heidelberg Cement)
- Loro Piana (acquisita dalla francese LVMH –Moët Hennessy Louis Vuitton S.A.
- holding multinazionale specializzata in beni di lusso)
- Fiorucci (controllo spagnolo - Campofrio Food Group)
- Parmalat (controllo francese - Lactalis)
- Buitoni, Perugina (controllo svizzero – Nestlé)
- Pirelli (partecipata cinese - Gruppo statale cinese Chemchina)
- Krizia (controllo società cinese attiva nel mercato asiatico prêt-à-porter; apertura punti vendita
Krizia a Pechino e Shangai)
- Grom (acquisita nel 2016 dalla multinazionale anglo-olandese Unilever)
- Versace (acquisita nel settembre 2018 dal gruppo americano Kors)

L’Italia tra i paesi attrattivi o molto attrattivi al mondo si colloca nella 19esima posizione (dato 2020).

Capitolo 3:
Internazionalizzazione commerciale - Pianificazione strategica

Definizione di Internazionalizzazione del mercato di sbocco


Dal punto di vista dell’impresa è la decisione di collocare i propri prodotti in mercati diversi da quello di origine
Per collocare i prodotti nel contesto internazionale l’impresa:
- individua i paesi/mercati verso cui indirizzare la propria offerta, dove andare a vendere. Questo soprattutto per un’impresa che per la
prima volta affronta questa crescita internazionale, mentre per un’impresa già internazionalizzata significa continuare ad analizzare
continuamente il contesto estero per capire dove espandersi che non necessariamente significa entrare in nuovi mercati, ma può
significare entrare in nuovi segmenti di mercati in cui si è già presenti (es. Unilever ha deciso di rilevare Grom con l’obiettivo di crescere
in un altro settore che è quello del gelato artigianale). Crescita internazionale non significa solo entrare in un nuovo mercato, ma anche
entrare in un altro segmento dello stesso mercato
- seleziona una modalità di entrata o una loro combinazione sulla base delle caratteristiche del mercato e delle proprie risorse e
competenze. Occorre capire come vendere in quel mercato, ossia la modalità di entrata: esportazione diretta o indiretta, accordi di
collaborazione internazionale, investimenti diretti esteri a scopo commerciale. È una selezione che dipende dalle caratteristiche
dell’impresa e del mercato, quindi l’attività di individuazione dei paesi precedentemente descritta è un’azione rilevante per capire come
entrare in quel mercato.
- identifica i bisogni e i desideri dei clienti presenti nei differenti mercati esteri. Il cliente può essere il cliente industriale o cliente finale.
L’analisi è importante perché nel definire le strategie del marketing operativo (4P) si parte dall’analisi dei bisogni del cliente. A monte
abbiamo l’analisi del segmento in cui entrare, dopodiché inizia una fase di analisi simile a quella a cui è esposta l’impresa quando opera
nel mercato nazionale
- fornisce prodotti e servizi che soddisfino in modo competitivo i bisogni e i desideri di gruppi differenti di consumatori. Definizione delle
politiche di prodotti in modo competitivo rispetto all’offerta dei concorrenti che non saranno solo le imprese del mercato in cui si entra,
ma anche le imprese straniere che operano in quel mercato (competizione sovranazionale).
- definisce strategie di comunicazione, prezzo e distribuzione circa i prodotti e i servizi offerti in relazione ai bisogni del consumatore. Il
prezzo deve essere definito tenendo conto della domanda, dei costi dell’impresa di produzione e commerciali.

Approccio delle imprese allo sviluppo internazionale commerciale


Le imprese che si internazionalizzano si espongono a una complessità che non riguarda le imprese nazionali, perché si confrontano con
mercati differenti dal punto di vista economico, culturale, tecnologico, legislativo (analisi SLEPT) rispetto al mercato nazionale e si
confronta anche con mercati diversi tra di loro.
Non tutte le imprese reagiscono allo stesso modo, il 90% delle imprese italiane riesco a realizzare infatti soltanto il 10%, questo perché le
imprese approcciano i mercati esteri in modo diverso
Atteggiamenti assunti dalle imprese nello sviluppo e implementazione delle strategie di sviluppo internazionale commerciale:
- Atteggiamento reattivo
- Atteggiamento proattivo (es. Unilever ha acquisito Grom in modo strutturato)

ATTEGGIAMENTO REATTIVO
Vendita occasionale sul mercato estero. È l’atteggiamento tipico delle imprese di micro e piccole dimensioni, in quanto un’impresa di piccole
dimensioni che ha poche risorse e competenze è in grado di rispondere a stimoli piuttosto che provocare la decisione di entrata in un contesto
estero.

11
Tuttavia la stessa impresa di grandi dimensioni può assumere rispetto ad alcuni mercati un atteggiamento reattivo e rispetto ad altri un
atteggiamento proattivo
È reattivo l’atteggiamento dell’impresa che opera nel contesto internazionale in modo discontinuo e di tipo adattativo rispetto al manifestarsi
di opportunità contingenti
Vendono sui mercati esteri se si genere a una domanda inattesa, quindi in risposta alle richieste di operatori esteri (tramite web, incontri in
fiere domestiche). Le imprese vendono sul mercato estero se si genera una domanda, non è l’impresa che si attiva autonomamente, ma sono
gli operatori esteri che chiedono il prodotto o servizio di quell’impresa partecipando alle fiere, con il passaparola, attraverso altri soggetti etc.
Le imprese commerciali che si internazionalizzano fanno da veicolo di trasferimento del prodotto nel mercato estero. Ecco perché è
importante guardare al sistema produttivo dell’intero sistema economico perché non guardo solo all’internazionalizzazione delle imprese
produttive, ma anche commerciali che possono essere da stimolo per le imprese produttive.
Internazionalizzazione è una estensione geografica dell’attività commerciale dell’impresa, per cui la sola funzione commerciale è coinvolta.
I dati citati prima sul dinamismo delle imprese internazionale sono un segnale per lo stato o per le regioni nel definire le politiche di supporto
all’economia che vanno a favore dell’internazionalizzazione, in quanto aiutare le imprese ad entrare nel commercio internazionale significa
accrescere il dinamismo dell’intera economia. I servizi a supporto dell’internazionalizzazione reali o finanziari aiutano l’impresa ad entrare
nel contesto estero. Quindi le imprese colgono un input
Inoltre, non è automatico che a fronte di uno stimolo, ossia da una domanda che avviene da un operativo straniero, l’impresa risponda.
Alcune imprese se vi è la richiesta dei propri prodotti da un distributore estero lontano geograficamente e culturalmente non è detto che
avvenga la vendita.
A fronte di una domanda non sollecitata gli operatori possono non rispondere a quella richiesta. Non rispondere ad un ordine fa sì che
un’altra impresa colga questa opportunità.
Manca una esplicita elaborazione della strategia di sviluppo internazionale. Nell’approccio reattivo l’impresa deve assumere una decisione di
natura operativa e amministrativa, cioè deve fare un’analisi di solvibilità del cliente straniero (quando riceve l’ordine controlla che il cliente
sia in grado di pagare), deve capire come gestire la logistica. Queste decisioni non hanno nulla a che vedere con le decisioni strategiche, le
quali implicano a monte il fatto di conoscere i bisogni del cliente. Nel caso di un’impresa reattiva non c’è una necessità di conoscere i
bisogni del cliente straniero visto che è il cliente straniero ad attivarsi.
Tutto questo genera vendite sporadiche, occasioni perse, vendo finché il prodotto è competitivo e attrattivo che si vende da solo.
ATTEGGIAMENTO PROATTIVO
Atteggiamento di un impresa che attribuisce una valenza strategica al contesto internazionale. Vado a cercare l’operatore straniero per poter
vendere, non è lui che cerca me. L’atteggiamento proattivo dà continuità, dà una prospettiva di medio-lungo periodo non di breve periodo. È
un processo di internazionalizzazione inteso come progetto strategico strutturato, che implica:
• definizione degli obiettivi di sviluppo internazionale (perché voglio entrare in un nuovo mercato/segmento?)
• analisi delle condizioni ambientali attuali e tendenziali dei diversi mercati a cui si sta guardando
• definizione delle strategie di sviluppo più efficaci in relazione all’analisi interna delle risorse (finanziarie e umane) e dei punti di forza e di
debolezza dell’impresa. Fare un investimento può essere una buona soluzione, ma l’impresa potrebbe non avere le risorse finanziarie e
umane per internazionalizzarsi. Imprese che appartengono allo stesso settore non adottano necessariamente le stesse strategie per operare
nei mercati esteri. La stessa impresa nell’operare in mercati diversi può adottare strategie diverse. Non esiste la strategia di vendita sul
mercato estero, né per la stessa impresa, né per imprese diverse che operano nello stesso settore.
L’impresa quindi si interroga e analizza le condizioni del cliente, dell’ambiente esterno e interno definendo poi le modalità di sviluppo per
poter soddisfare quelle che sono le richieste di mercato.

Pianificazione strategica dello sviluppo commerciale internazionale


Un’impresa con un atteggiamento proattivo si dota di questo strumento di
pianificazione strategica. Insieme formalizzato di attività volte alla
definizione degli obiettivi dell'impresa e delle azioni a cui dare corso per il
loro raggiungimento
Schematizzazione di una pianificazione strategica di sviluppo
internazionale.
Questa tabella definisce le fasi della pianificazione strategica, di un piano
di marketing, partendo dalla definizione degli obiettivi da cui ne deriva
l’analisi SWOT (analisi interna ed esterna, quali sono i punti di forza e
debolezza, minacce ed opportunità rispetto ai mercati esteri) fino alla
definizione delle politiche di marketing mix.
Questo fa parte delle azioni di controllo sulla performance per adattare o
riformulare obiettivi, strategie e modalità di ingresso.
Questo strumento non è rigido, ma è uno strumento che deve essere
utilizzato nella sequenza delle fasi in modo flessibile. È uno strumento di natura anglosassone che le imprese italiane che assumono un
approccio proattivo utilizzano in maniera limitata. Deve essere utilizzato in modo flessibile in modo tale da poter rivedere le decisioni
precedentemente prese. Necessita di una fase di controllo, per questo motivo gli obiettivi devono essere quantificabili cosi nella fase di
controllo e di verifica dei risultati perseguiti c’è la possibilità di misurare oggettivamente i risultati e di confrontarli con gli obiettivi per
eventuali modifiche da apportare ad azioni future
Questo strumento aiuta l’impresa a coordinare le azioni, ciò significa comunicare anche ai soggetti che devono mettere in atto tali azioni.
Dotarsi di uno strumento di questo tipo significa:
• coordinarsi internamente;
• comunicare attribuendo azioni e responsabilità a chi dovrà operare e implementare le strategie così come vengono definite;
• raccogliere finanziamenti: per poter essere finanziati da una banca o da un ente pubblico, questi chiedono alle imprese di elaborare un
piano strategico.
08/11/2021
Cause del processo di espansione estera
Possiamo classificare le cause dell’internazionalizzane di un’impresa in:
- Cause interne all’impresa, connesse allo sviluppo della posizione competitiva dell’impresa con l’intento di sfruttare sui mercati esteri i
vantaggi competitivi detenuti dall’impresa nel paese di origine (es. sfruttare la stessa offerta, un’offerta datata oppure nuovi vantaggi
competitivi in quanto l’impresa potrebbe essere nelle condizioni di guardare ai mercati esteri per sperimentare soluzioni, prodotti e servizi
che possono essere più idonee per un mercato estero che per quello nazionale) —> approccio tipicamente proattivo

12
- Cause esterne all’impresa, connesse all’adattamento o allo sfruttamento degli stimoli proveniente dall’ambiente esterno. Più che causare
l’espansione internazionale, ne costituiscono uno stimolo (vincoli e opportunità). Sono stimoli che vengono
dall’ambiente esterno, non sono determinate dall’impresa ma l’impresa subisce gli effetti di questi stimoli. L’impresa di fronte a questo
stimolo potrebbe essere più passiva che attiva, infatti uno stimolo non necessariamente attiva un comportamento internazionale
dell’impresa. L’impresa potrebbe non cogliere questo stimolo ma subire una minaccia senza che vi sia una reazione —> approccio
tipicamente reattivo
Se le cause interne sono un’intenzione dell’impresa di sfruttare nel contesto internazionale i propri vantaggi competitivi mentre le cause
esterne sono uno stimolo a cui l’impresa può o meno reagire, possiamo comprendere che vi è un atteggiamento propositivo da parte
dell’impresa che si attiva nel contesto internazionale mossa da una motivazione interna e vi è un atteggiamento reattivo nel caso in cui
l’impresa reagisce agli stimoli che vengono dall’esterno.
Potremmo supporre che le imprese di piccole dimensioni, ossia quelle meno dotate di risorse e competenze interne, si muovono in un
contesto internazionale sulla spinta di input che vengono dall’esterno assumendo un atteggiamento reattivo; mentre assumono un
atteggiamento proattivo le imprese di maggiori dimensioni e che quindi hanno maggiori risorse e competenze interne e vantaggi competitivi
in grado di sfruttare sia nel contesto nazionale ma anche nel contesto estero. Tuttavia anche una piccola impresa può assumere un
atteggiamento proattivo così come una grande impresa può assumere un atteggiamento reattivo. Questo perché al di là delle risorse e
competenze interne, ci sono delle condizioni di mercato (condizioni esterne) alle quali le grandi imprese reagiscono.
Atteggiamento reattivo e proattivo possono riguardare sia piccole che grandi imprese.

A riguardo: caso di studio Tommasetto su Dolly che dà un’indicazione di come possono essere interpretati atteggiamenti proattivi o reattivi
di una specifica impresa. Tratta di un’impresa che opera nel settore di elettrodomestici che a seconda delle situazioni e anche nello stesso
contesto, mostra di assumere un atteggiamento sia reattivo che proattivo.

L’attivarsi di queste forze (interne ed esterne), o motivazioni, che attivano lo sviluppo internazionale dell’impresa dipendono non solo dalla
dimensione, ma anche dal livello di internazionalizzazione raggiunto dall’impresa e al patrimonio di conoscenze internazionali accumulate.
L’internazionalizzazione dell’impresa (come altri fenomeni aziendali) è frutto anche delle risorse e competenze disponibili, dell’esperienza
maturata (international experiential knowledge) e delle relazioni sviluppate con altri soggetti (business network). Dunque la capacità di
affrontare il contesto internazionale e subire gli stimoli che possono provenire dall’esterno dipendono dalle condizioni interne, ossia dal
patrimonio delle conoscenze e dal sistema di relazione che l’impresa ha instaurato con il contesto economico in cui opera (quindi con il
business network costituito tra fornitori, clienti, imprese concorrenti che possono fungere da fonti di conoscenza e di informazione).

Perché le imprese si internazionalizzano: obiettivi espansione estera


Sviluppo della posizione competitiva (FORZE INTERNE)
• necessità di saturare la capacità produttiva o di conseguire economie di scala: raggiungere una certa dimensione che non è conseguibile nel
contesto nazionale. Un settore che tipicamente risponde ad uno stimolo di questo tipo nell’operare nel contesto internazionale è quello
automobilistico, ossia un settore caratterizzato dal tema della dimensione, dal tema della necessità di sfruttare le economie di scala. Quindi
queste imprese devono guardare al contesto internazionale per poter soddisfare obiettivi di questo tipo
• ricercare opportunità di sviluppo sui mercati esteri (crescita fatturato): le imprese mirano ad accrescere il livello del fatturato e alcune
imprese trovano questa opportunità oltre che nel contesto nazionale anche nel contesto estero. A volte questa necessità può essere una
stimolo esterno che attiva la necessità di elevare il livello di fatturato guardando il contesto estero, ma semplicemente l’impresa può
ritenere che la sua strategia di crescita non si esaurisca nel contesto nazionale
• creare, sfruttare o rafforzare un vantaggio competitivo sui mercati esteri: sfruttare o rafforzare un vantaggio competitivo, ossia detengo un
prodotto e lo vendo anche su mercato estero perché ho colto l’opportunità della vendita del mio prodotto anche nei mercati esteri. Oppure
si può creare ex-novo un vantaggio competitivo per il mercato estero; ci sono imprese che creano ad hoc prodotti per uno specifico
mercato estero che poi può diventare un prodotto che trova sbocco non solo per quello specifico mercato estero, ma anche per il mercato
nazionale o per altri mercati esteri.
• sperimentare nuove linee di prodotto e/o affermare l’immagine di marca in ambito internazionale: imprese come Nike, Coca-Cola, ossia
brand che hanno una risonanza internazionale, hanno adottato lo sviluppo internazionale anche come strategia per rafforzare l’immagine di
marca, del brand che altrimenti non sarebbe stato possibile creare questo rafforzamento del brand operando solo nel mercato nazionale
• opportunità di essere pionieri rispetto ai concorrenti in un determinato mercato: entrare in un nuovo mercato prima dei concorrenti vuol
dire cogliere prima opportunità di mercato, quote di mercato. A livello macro, è quello che le imprese più dinamiche hanno fatto nel
cogliere le opportunità che vengono da paesi di nuova industrializzazione (Cina, India, America del Sud), ossia quei mercati che stanno
crescendo e che diventano più attrattivi per le imprese straniere. Nel settore moda, le imprese che sono state in grado di cogliere le
opportunità di mercato in Cina in quanto si è affermata la nuova fascia di reddito della classe media, sono le imprese che hanno visto
crescere il loro fatturato e quindi le loro quote del mercato estero. Diventa più complesso per le imprese che seguono l’atteggiamento di
quei pionieri entrare in quel mercato. Imprese pioniere poi dovranno confrontarsi con svantaggi di altro tipo
• diversificare il rischio paese e del portafoglio clienti: la spinta all’internazionalizzazione può derivare dalla necessità di non dipendere da
uno o pochi mercati.
• allungare il ciclo di vita del prodotto (strumento che descrive il tasso di crescita del prodotto dalla fase di introduzione alla fase di declino):
ad esempio nel settore della telefonia il ciclo di vita del prodotto è molto breve perché un modello di telefono viene superato da un altro
modello in poco tempo. La necessità delle imprese è quello di proporre il prodotto in contemporanea in più mercati per sfruttare l’entrata
del prodotto sul mercato. Alcune imprese poi hanno un prodotto che si trova nella fase di maturità del ciclo di vita e l’impresa può
decidere di mantenere e sostenere la vendita del prodotto rispetto a quel mercato fino a interrompere la produzione di quel prodotto,
oppure ci sono imprese che decidono di estendere il ciclo di vita del prodotto e di inserirlo in nuovi mercati. Ma quali mercati? Se
l’obiettivo dell’impresa è estendere il ciclo di vita del prodotto individuando mercati nei quali il prodotto può essere venduto, l’analisi dei
mercati esteri deve essere guidata da questo obiettivo. Questo è possibile perché tutt’oggi vi sono economie che hanno un tasso di sviluppo
e di crescita differenti tra di loro soprattutto dal punto di vista tecnologico e per questo è probabile che un prodotto che in un mercato è
maturo, in un altro è nuovo. Esempio: impresa che opera nel settore
della produzione di macchine per il lavaggio di indumenti a livello industriale. Il prodotto in questo caso era entrato in una fase di maturità
per il mercato nazionale e europeo perché erano state introdotte normative sulla modalità di lavaggio a tutela dell’ambiente. Dunque questi
vincoli normativi hanno indotto l’impresa a dover rivedere la struttura del macchinario per vedere che potesse essere adatta ad usare
detergenti di altra natura. La decisione che ha adottato l’impresa non è stata quella di eliminare il vecchio macchinario dal processo
produttivo, ma quella di identificare nuovi mercati dove quel macchinario potesse essere ancora venduto in quanto ancora non esistevano

13
quelle normative. Questo significa allungare il ciclo di vita del prodotto e questo è possibile grazie all’esistenza del divario tecnologico o
normativo come in questo ultimo caso.
• maturare conoscenze di mercato: entro nei mercati esteri oltre che per vendere anche per acquisire conoscenza (learning market), captare
nuove innovazioni e tendenze

Adeguamento/sfruttamento stimoli ambientali (FORZE ESTERNE)


• maturità e/o declino del mercato interno (pressione competitiva locale): dovuti da una contrazione del mercato per un effetto esogeno
come le crisi. Esempio: la crisi economica del 2008
colpisce le economie domestiche di alcuni mercati che poi per l’effetto di integrazione dei mercati si propaga. A quel punto le imprese più
dinamiche per rispondere a questa crisi guardano ai mercati che mantengono una certa dinamicità come quello cinese
• reazione a comportamenti della concorrenza; azione di un concorrente straniero che entra nel proprio mercato (scambio di minaccia);
imitazione azione concorrenti diretti (effetto trascinamento): quando un concorrente straniero entra nel proprio settore, un’impresa
dinamica che non si è ancora internazionalizzata reagisce, quindi risponde ad una minaccia. Lo può fare entrando nel mercato del
concorrente straniero intaccando le sue azioni e strategie di vendita, oppure entro in un altro mercato straniero in cui è comunque presente
il concorrente (scambio di minaccia). In questo modo l’intenzione è quella di reagire per preservare le quote e quella di indebolire e
ostacolare le strategie del concorrente straniero per non lasciargli pieno campo sul mercato domestico.
L’altro stimolo che può avvenire dai concorrenti, oltre a quello di risposta ad una minaccia, è anche quello di imitare il comportamento dei
concorrenti (effetto trascinamento). Esempio distretto
ceramico: all’interno del distretto ceramico vi sono imprese pioneristiche, imprese che per prime sono entrate in un determinato mercato,
che hanno sostenuto dei costi per entrare in quel mercato, ma che hanno acquisito delle quote di mercato prima dei concorrenti. Gli altri
vengono dopo (follower) perché sono coloro che sono più deboli rispetto alle risorse e alle competenze e osservando il comportamento
delle imprese pioneristiche sono in grado di colmare quei limiti di risorse e competenze interne. Imitare è una buona strategia perché
riduco i temi e i costi.
• internazionalizzazione dei propri clienti: le imprese entrano in alcuni mercati perché in quei mercati sono presenti i clienti più importanti.
Questo atteggiamento è molto diffuso nel settore automobilistico: le grandi case automobilistiche funzionano da traino per i loro principali
fornitori di componentistica. Perché per un fornitore è necessario entrare nel mercato del cliente principale e non continuare a produrre e
vendere dal mercato nazionale anche per il mercato estero nel quale è entrato il cliente? È lo stesso cliente, quindi la stessa casa
automobilistica, che chiede al suo fornitore principale di seguirla nel suo processo di internazionalizzazione. Quindi se la casa
automobilistica va a produrre in Polonia, chiede ai suoi fornitori principali di andare a produrre anche loro in Polonia in quanto è
necessaria la vicinanza geografica.
La crisi sanitaria che ha avuto un impatto sul sistema economico ha messo in crisi il sistema di approvvigionamento estero perché durante
il lockdown questi sistemi si sono interrotti. Queste situazioni possono essere risolte chiedendo al proprio fornitore principale di seguire
l’impresa nel suo processo di delocalizzazione produttiva, questa potrebbe essere una risposta alla necessità di limitare i rischi di
interruzione della fornitura.
• ordini non sollecitati: le imprese vendono nel mercato estero per rispondere alla richiesta di un cliente straniero attraverso il passaparola,
nelle fiere nazionali o internazionali, etc. “Non sollecitato” perché non è l’impresa che si è attivata, altrimenti saremmo nell’ambito delle
forze interne. Tuttavia, non è automatico che un’impresa che riceva un ordine non sollecitato risponda a questo ordine. Laddove non vi è
un’opportunità colta da un’impresa, vi è sempre un’altra che la coglie (dinamicità).
• sviluppi nei sistemi di trasporto e di telecomunicazione: la capacità e la possibilità di collegarsi più facilmente con il mercato estero sono
uno stimolo all’internazionalizzazione. Imprese di piccole e medie dimensioni sono facilitate ad entrare sui mercati esteri
• servizi di supporto all’internazionalizzazione finanziari e reali.

Fattori che impattano su queste motivazioni (forze interne ed esterne):


L’attivazione di queste forze interne ed esterne dipende da:
- Risorse e competenze disponibili
- Esperienza maturata
- Relazioni di network

Risorse, conoscenze e relazioni interne ed esterne quali driver dello sviluppo internazionale
Impegno (commitment) di risorse (umane e finanziarie) necessarie per attuare le operazioni sui mercati esteri.
È molto importante la presenza dell’orientamento internazionale della direzione di impresa e un’esperienza consolidata del management in
ambito internazionale. Un manager orientato all’internazionalizzazione, quindi attento al contesto internazionale, che ha una esperienza
internazionale è sicuramente una componente dell’imprese che può sostenere il processo dell’internazionalizzazione dell’impresa. Favorisce
la capacità di cogliere le forze interne (sfruttare il vantaggio competitivo) e di cogliere anche gli stimoli che vengono dall’esterno.

L’altro elemento che supporta l’impresa in questo processo è il livello di conoscenze ed esperienze maturate (Eriksson et at., 1997):
- international experiential knowledge: deriva dall’esperienza maturata dai soggetti coinvolti all’interno dell’impresa nella gestione delle
operazioni estere; supporta l’acquisizione di nuova conoscenza, di tipo market specifc. Un’impresa consegue ed accresce il livello di
conoscenza nell’operare nel contesto internazionale man mano che entra in un numero crescente di mercati. L’impresa che entra per la
prima volta in un contesto estero deve affrontare un limite che deriva dal fatto di non sapere cosa significa operare nel contesto
internazionale. Entrare in un secondo mercato estero è un’attività ancora complicata, ma l’impresa ha già acquisito la conoscenza
dell’operare nel contesto internazionale. Una piccola impresa che opera in un numero di mercati ridotto ha sicuramente una esperienza e
una conoscenza dell’agire nel contesto internazionale molto più contenuta di una grande impresa che opera in più mercati
- Questo tipo di conoscenza ed esperienza supporta l’acquisizione di tipo market specific knowledge: conoscenza relativa ad uno specifico
mercato
• business knowledge (relativa al sistema competitivo locale): è la conoscenza relativa ad uno specifico mercato (per entrare in Cina quale
conoscenza devo acquisire per capire qual è il livello della domanda e il sistema competitivo del mercato cinese?)
• institutional knowledge (relativa al sistema istituzionale e culturale locale): devo conoscere come si negozia in quel mercato, quali sono
le leggi che possono ostacolare o favorire l’entrata nel sistema economico estero, devo conoscere il sistema culturale perché questo può
impattare sul comportamento del cliente industriale o del consumatore finale

14
Questi autori dicono che la capacità dell’impresa nell’acquisire questa conoscenza è supportata dalla sua esperienza nell’operare nel contesto
internazionale.
Un’impresa che opera in uno o due mercati, entrare nel mercato cinese è decisamente più complicato rispetto ad un’impresa che opera in n
mercati, anche se il mercato cinese è nuovo per entrambe le imprese.
La differenza è che la prima impresa ha un livello di internazionalizzazione molto basso ed ha operato una scarsa esperienza nell’operare nel
contesto estero. L’impresa con un livello di internazionalizzazione alto ha maturato un buon livello di conoscenza ed esperienza nell’operare
nel contesto internazionale, quindi anche ad affrontare un mercato nuovo

Relazioni interne ed esterne


• interne: tra le unità che costituiscono l’impresa nel suo insieme.
• esterne: tra l’impresa e i soggetti presenti nelle aree geografiche di presenza (fornitori, clienti, concorrenti, ambiente istituzionale). Le
imprese che hanno sviluppato relazioni con questi soggetti possono captare da questi attori del business network informazioni, conoscenze,
possono osservarne il comportamento. Queste fonti supportano l’impresa nell’entrare la prima volta in un mercato estero o nei mercati
esteri o nell’entrare in nuovi mercati esteri per un’impresa che già opera nel contesto internazionale
Lo sviluppo di queste relazioni influenza l’acquisizione di conoscenza, ed è fonte di nuovi vantaggi competitivi.
Esse influenzano la direzione internazionale dell’impresa e il coinvolgimento (commitment) sui mercati esteri.

Fattori che possono ostacolare l’entrata sui mercati internazionali


Le imprese devono confrontarsi anche con difficolta ed ostacoli nell’operare nel contesto internazionale:
• Inadeguatezza delle risorse umane a gestire le attività commerciali sul mercato estero: mancanza di personale interno, personale che non
ha competenze linguistiche per negoziare e confrontarsi con clienti esteri, l’inadeguatezza delle risorse umane ha un impatto su come
entrare nel mercato estero. Lo stesso ostacolo può indurre l’impresa dinamica a dotarsi di competenze interne e può rivolgersi anche a
soggetti esterni per entrare sul mercato estero
• Scarsa similarità dell’ambiente culturale, sociale ed economico: qui abbiamo il concetto di distanza psichica; definisce le differenze
culturali, economiche, sociali e politiche tra mercato nazionale ed estero. È una distanza di natura soggettiva perché riguarda il modo in cui
vengono percepite le differenze culturali che dipendono dall’esperienza che l’impresa ha maturato e dalla capacità di gestire queste
differenze. Questo può essere un ostacolo perché ad esempio, andare in Cina
per la prima volta è complicato e quindi vi sono imprese che se ricevono dal cliente cinese un invito a vendere, non colgono quest’invito;
in quanto vi è la percezione della distanza che rappresenta un ostacolo in quanto significa scarsa conoscenza di quel mercato. Un’impresa
che opera già in Cina avrà una percezione della distanza culturale minore rispetto alla situazione in un sono entrati per la prima volta in
Cina. Ha accumulato una conoscenza ed esperienza di quel mercato che ha impattato la percezione della distanza.
• Scarse informazioni relative al mercato: se non ho conoscenza di quel mercato, ho una percezione elevata di rischio di operare in quel
mercato. Non basta avere la conoscenza di potenziali clienti stranieri, devo anche sapere come negoziare con essi e con vendere in quel
mercato.
• Difficoltà nell’identificare gli interlocutori esteri di riferimento
• Scarso orientamento del management alle relazioni internazionali: imprese che non hanno una propensione al rischio, dato che operare nel
contesto estero è una strategia rischiosa, possono decidere di frenare lo sviluppo internazionale. Quindi l’orientamento del manager può
essere uno stimolo o un freno all’internazionalizzazione dell’impresa
• Scarsa predisposizione al rischio economico-paese
• Elevati costi commerciali connessi all’entrata in un mercato straniero: più è lontano il paese, maggiori sono i costi di trasporto in relazione
alla tipologia di prodotto (costo di trasporto delle piastrelle più elevate del trasporto di scarpe o quaderni) C’è un rapporto tra prezzo e
peso/volume del prodotto che può impattare sul costo di trasporto e può diventare un disincentivo alla vendita.
• Presenza di barriere istituzionali-governative, doganali
• Difficoltà nella gestione delle pratiche doganali-amministrative
• Scarsa competitività di prezzo (fenomeno price escalation): il prezzo al quale il prodotto viene venduto sul mercato nazionale, può subire
un incremento quando viene venduto sul mercato estero per effetto dei costi commerciali, delle barriere, …
• Scarse risorse finanziarie a supporto dell’attività commerciale
• Difficoltà logistiche (difficoltà nel trasporto del prodotto esportato)
• Elevata pressione competitiva nel mercato estero: posso decidere di non entrare nel mercato oppure questo ostacolo può impattare su come
entrare in quel mercato
• Scarsa attrattività del prodotto sui nuovi mercati

Alcune imprese, di fronte a questi ostacoli decidono di non operare nel contesto internazionale. Altre invece affrontano questi ostacoli
tramite l’attuazione di strategie per superare tali ostacoli ed entrare nel contesto estero.
Gli ostacoli possono avere una natura oggettiva e/o soggettiva; barriere tariffarie e non sono un ostacolo oggettivo perché sono misurabili e si
possono quantificare. Sia i dazi, le imposte che le normative sono dati oggettivi e sono ostacoli per le imprese.
Vi è però anche una componente soggettiva di questi dazi: alcune imprese possono non essere in grado di superare quell’ostacolo e quindi di
fronte ad un dazio decidono di non vendere in quel mercato; imprese dello stesso settore e probabilmente anche della stessa dimensione
possono essere invece in grado di affrontare quell’ostacolo.
Esiste una componente soggettiva legata alle caratteristiche delle imprese dello stesso settore, le quali possono rispondere in modo differente
agli ostacoli.
Dato oggettivo: normativa
Componente soggettiva: imprese che riescono o meno a rispondere alla normativa

Capitolo 4:
Analisi dei mercati esteri

Selezione dei mercati esteri: International Markets Selection (ISM)


Come l’impresa analizza e individua i mercati esteri in cui entrare?
Mercato estero: area geografica presente oltre i confini nazionali
Obiettivi dell’analisi:

15
- Individuare nuovi mercati esteri: o il primo mercato in cui entrare oppure entrare in nuovi mercati per imprese che già operano nel
contesto internazionale
- Monitorare i mercati in cui l’impresa già opera per cogliere tempestivamente eventuali variazioni del mercato (comportamento clienti e
concorrenti): conviene ancora operare su quel mercato? Se lo confronto con altri mercati, può risultare conveniente uscire da quel mercato
perché meno promettente ed entrare in un altro? Analisi che ci induce a valutare di modificare il modo di essere
presenti in quel mercato, ad esempio se l’impresa è entrata con esportazioni indirette attraverso un intermediario commerciale e poi a
seguito dell’analisi dell’esperienza maturata su quel mercato può decidere di operare direttamente su quel mercato con investimenti di
natura commerciale.
L’impresa può inoltre decidere di uscire da quel mercato perché valuta che non sia più promittente
L’analisi dei mercati esteri può significare entrare in nuovi mercati o fare un’analisi dei mercati in cui si è già presenti

Selezione dei mercati esteri: Perché è importante questa analisi?


• Decisione da cui dipende la formulazione della strategia di sviluppo internazionale, che significa definire come entrare in quel mercato
(esportazione diretta o indiretta, accordi, IDE) e come definire la strategia di vendita (quale prodotto (adattato o standardizzato), quale
prezzo, come distribuirlo e come comunicarlo). Questi elementi (leve del marketing mix e strategie di entrata) dipendono dall’analisi dei
mercati esteri.
• La scelta impatta sul successo o fallimento delle strategie di sviluppo internazionale in quanto espone l’impresa a due tipi di costo: costi
reali e costi opportunità. I costi reali sono quelli causati dal fatto di essere entrati in un mercato non promittente così come erano le attese,
ciò significa uscire poi dal mercato a causa di un’analisi non corretta.
Esempio: un’impresa ha realizzato IDE in un mercato sulla base di un’analisi non corretta. Ha investito in un impianto, abbiamo esposto
l’impresa a un fallimento. I costi opportunità è il costo di aver
rinunciato, seguo da la strategia, alla decisione di entrare in un altro mercato che in realtà era più promettente dal punto di vista della
crescita e della domanda. Un’analisi precisa è quindi importante.
• Impossibilità di entrare in tutti i mercati a cause di scarse risorse e investimenti country-specific. Le imprese, sia piccole che grandi, hanno
scarse risorse umane, finanziarie e di competenze. Quindi è opportuno fare un’analisi per collocare in modo appropriato le risorse scarse.
Un’analisi dei mercati esteri significa che l’impresa debba assumere un atteggiamento proattivo, ossia si dota di una pianificazione di
marketing.
Dopo aver deciso se entrare nel mercato o su diversi mercati contemporaneamente, è necessario decidere come entrare sul mercato estero.
Le grandi imprese hanno la capacità di definire la redistribuzione della catena del valore sui mercati esteri.
Spesso effettuano una segmentazione dei mercati esteri, in base ai tipi di prodotto e all’ampiezza e profondità della propria offerta.
Le piccole imprese invece risentono maggiormente della scarsità delle risorse.
Quindi dovendo investire risorse scarse devono definire delle priorità. Non hanno la capacità di gestire la propria presenza in più paesi infatti
spesso hanno un portafoglio mercati contenuto che prevede solo due o tre paesi

Decisione di internazionalizzazione di imprese di grandi dimensioni


Questa rappresentazione è della Canon (impresa di grandi
dimensioni)
I pallini in azzurro scuro sulla mappa ci dicono che un’impresa di
grandi dimensioni non guarda aree limitate di mercato, ma l’intero
mondo, ossia le possibilità di entrata in un numero elevato di
mercati.
L’analisi dei mercati esteri per queste imprese non ha l’obiettivo
soltanto di individuare i mercati nei quali entrare e vendere (attività
di marketing), ma guardano ai mercati esteri per redistribuire in
modo più efficace le attività della catena di valore (ricerca e
sviluppo, attività di produzione, attività di approvvigionamento,
attività di vendita) o l’insieme di queste attività.

Decisione di internazionalizzazione di imprese di piccole dimensioni


Le imprese di piccole dimensioni devono investire risorse scarse definendo
delle priorità, si muovono in modo graduale. Si muovono verso mercati che
sono più prossimi, i primi mercati a cui guardano sono quelli confinanti
(un’impresa italiana va in Germania, Francia, ..). Solo dopo l’entrata nel
mercato confinate è in grado di guardare mercati geograficamente più lontani e
dal punto di vista culturale (distanza psichica). Questo perché l’impresa inizia a
maturare quella conoscenza ed esperienza che le consente di poter guardare a
mercati più lontani (es. Russia).
Il processo nella foto descritto dai numeri 1, 2 e 3 descrive il processo di
internazionalizzazione tipico delle imprese di piccole dimensioni di muoversi
prima nei mercati più vicini e man mano in quelli più lontani. Questa è la Teoria
del Processo di Internazionalizzazione della scuola di uppsala che richiama il
concetto di distanza psichica

Esercitazione: Caso tommasetti


Analizzare:
3. Caratteristiche dell’impresa: dimensione, prodotto, stile manageriale. Azienda familiare,
produce componentistica per l'autotrazione a Gpl e metano, ha un'ottantina di dipendenti, lo scorso anno ha fatturato 21,9 milioni di
euro e per il 2005 punta a superare la soglia dei 25, con una quota export abbondantemente sopra l'80 per cento.

16
4. Forme di internazionalizzazione
5. Approccio internazionale (reattivo o proattivo?). Approccio reattivo
in quanto hanno risposto ad una domanda inattesa dalla Nuova Zelanda
6. Elementi pianificazione sviluppo internazionale: obiettivi, risorse e competenze, ostacoli, modalità di entrata. Ostacoli:
settore estremamente instabile in cui è impossibile fare programmazione di medio periodo, la nicchia delle componenti per auto a Gpl e
metano è da un lato legata all'andamento del prezzo del petrolio, che condiziona l'andamento della domanda, dall'altro alle normative
che vengono applicate. Risorse e competenze: maturata una maggiore flessibilità.
Modalità di entrata: vendita su mercati esteri senza delocalizzazione. Diversificazione dell’attività per evitare rischio paese
09/11/2021
Analisi e selezione dei mercati esteri: Tipologie di approcci alla scelta dei mercati esteri
A fronte di questo diverso comportamento che si registra guardando la realtà, qual è l’approccio all’analisi dei mercati esteri di una grande
impresa rispetto a una piccola?
Approccio sistemico e strutturato è tipico delle grandi imprese perché si sta dotando di strumenti per approcciare i mercati esteri e quindi di
studenti anche per svolgere l’analisi dei mercati esteri.
Questo approccio consiste nella valutazione del livello di attrattività e accessibilità dei mercati esteri. Il più delle volte si svolgerà una analisi
di tipo comparativa rispetto ai mercati esteri, ma potrebbe avvenire anche solo per un mercato estero.
Questo approccio dovrebbe essere l’approccio più diffuso, non solo nelle grandi imprese, in quanto i mercati esteri sono complessi, mercati
che presentano una forte differenza tra di loro e rispetto al mercato domestico. Quindi necessitano di una valutazione attenta delle loro
caratteristiche. Ma è proprio la complessità nell’operare nei mercati esteri che agisce nel senso opposto nei confronti dell’impresa, questa
complessità frena le imprese, soprattutto quelle dotate di minori risorse e competenze, ad assumere questo atteggiamento.
Approcci di natura comportamentale e basati sull’opportunità è tipico delle piccole-medie imprese
Si tratta di un approccio basata su stimoli che possono spesso venire dall’estero. La letteratura ci dice che queste imprese (teoria di Uppsala)
decidono di entrare in mercati caratterizzati da:
1. Ridotta distanza geografica e/o psichica (differenze di natura culturale, economica, sociale e politica tra mercati). Spesso la distanza
geografica coincide con la distanza psichica (es. Francia è abbastanza vicina all’Italia anche dal punto di vista psichico; mentre la Cina è
distante fisicamente e psichicamente). Non sempre questa correlazione è confermata nella
realtà (es. per gli operatori del mercato inglese è più ridotta la distanza psichica rispetto al mercato americano, seppure è
geograficamente distanze. Le imprese inglese hanno una maggiore facilita a negoziare con mercato americano piuttosto che mercati
come Francia e Spagna perché nella scelta delle imprese impatta molto l’elemento della differenza culturale). La differenza culturale
accresce la mancanza di conoscenza di quel mercato. Le imprese istintivamente entrano nei mercati vicini e rinunciano a priori di
entrare in mercati lontani dal punto di vista geografico che psichico
2. Esperienza manageriale e preferenze personali. L’imprenditore che ha una mentalità aperta e che ha viaggiato, è più propenso ad entrare
in mercati esteri e a spingersi in mercati lontani. Manager che hanno una esperienza relativamente a un dato mercato portano la propria
esperienza all’interno dell’impresa e quindi facilitano l’entrata dell’impresa in un mercato anche distante. L’orientamento, l’esperienza,
la provenienza del manager possono impattare sulla decisone di entrare in un mercato
3. Ordini non sollecitati. Vendo al cliente straniero che ha fatto richiesta del mio ordine, è il mercato che ha scelto l’impresa
4. Imitazione delle imprese pionieristiche. Se imito il comportamento dei concorrenti, delle imprese del distretto al quale appartengo entro
nel mercato perché altre imprese sono entrate, imito la strategia perché è più facile acquisire una conoscenza di quel mercato
5. Concentrazione clienti. Seguo il cliente principale, entro nel mercato dove si trova il cliente principale

L’approccio di natura comportamentale, basato sull’opportunità è più un approccio che:


• Reazione ad uno stimolo
• Decisioni ad hoc: decido di cogliere quell’opportunità
• Sostenuto dall’intuito manageriale
Che tipo di efficacia ha una strategia di questo tipo? Visto che è un approccio molto diffuso e i risultati ci sono, non possiamo dire che è un
approccio completamente negativo. È sicuramente un approccio che può supportare l’impresa nel breve periodo, ma può minare la scelta
dell’impresa di operare sui mercati esteri nel medio-lungo periodo.
Questo perché riesco a vendere in Cina finche l’operatore cinese è interessato al mio prodotto, finché ho quel manager; ma se non acquisisco
un’autonomia nella capacità di valutare i mercati esteri può essere
rischioso perché mi espongo a costi reali e costi opportunità. Sono
entrato in un mercato che può rilevarsi non all’altezza delle mie
aspettative perché ho effettuato un’analisi non accurata; entrando in
quel mercato non ho tenuto consto che vi possono essere mercati più
attrattivi e accessibili

Modello sistemico per la selezione dei mercati


Questo modello include in parte l’approccio comportamentale delle
imprese
Questa tabella mostra il metodo per svolgere l’analisi dei mercati
esteri.
Stiamo parlando di un approccio strutturato in cui l’impresa analizza e
selezione. L’approccio ci dice che l’impresa che ancora non opera sui
mercati esteri si chiede: a fronte di 200 mercati come si fa ad
effettuare l’analisi? Possiamo già comprendere la difficolta
nell’effettuare l’analisi e la necessità di adottare un metodo di
scrematura che ci porta a ridurre il nuderemo dei mercati. Quindi da
200 ad 1 o pochi altri mercati.
Questo modello va adattato in relazione alle caratteristiche
dell’impresa, non esiste un modello; sono le caratteristiche dell’impresa che porteranno a definire il modello seguendo delle linee guida.
Si tratta di un modello a screening che ci permette di applicare l’analisi quando il numero dei paesi è elevato:
PRIMO SCREENING PRELIMINARE: di fronte a 200 mercati, si adottano degli indicatori filtro (go-no go) (analisi SLEPT (PEST in inglese) —>
analisi del livello politico, economico, sociale e tecnologico del mercato estero). Queste variabili go-no-go possono guidare nella scrematura
di questi mercati.

17
Cosa significa indicatore go-no go? Devo individuare uno/due indicatori e stabilire una soglia. Rispetto a quella social devo escludere tutti
quei mercati rispetto ai quali l’indicatore non raggiugne la soglia fissata
Es: impresa che produce condizionatori. Quale può essere un indicatore secco per scremare 200 mercati? Il clima. Escludo tutti quei mercati
che non sono potenzialmente interessanti per l’impresa in quanto non è pensabile che si possa raggiugnere una dimensione della domanda
significativa in mercati dove il clima è tale per cui non è necessario l’utilizzo di un condizionatore. Tuttavia il clima sta cambiando quindi
potrei ripensare la mia analisi nel futuro
Es: sono un’impresa che produce beni di lusso (gioielli, abbigliamento nella fascia medio-alta, auto), potrei pensare di fissare come variabile
go-no go il PIL, quindi escludere tutti i mercati che si trovano al di sotto di una certa soglia
La definizione di questa soglia sta nell’esperienza del manager, vi devono essere degli elementi strutturali dell’impresa che la mettono nella
condizione di poter applicare uno strumento di questo tipo.
C’è qualche elemento di approccio comportamentale? Si, non c’è nulla di scientifico o statistico. Vi è una componente comportamentale
all’intero di questo modello. Scelgo queste variabili in base all’esperienza dell’imprenditore, in oltre si tratta di una scelta strettamente legata
al settore di appartenenza dell’impresa. Va comunque fatta una scelta in relazione alle caratteristiche del settore in cui l’impresa appartiene e
le caratteristiche dell’impresa
Per individuare queste variabili occorre conoscere l’impresa. Per implementare un’analisi di questa impresa, il team deve acquisire i dati
necessari per conoscere il settore e l’impresa. Il primo passaggio è la conoscenza del settore (consultare banche dati, sito dell’impresa) e
dell’impresa (consultare sito dell’impresa ed entrare in relazione con l’impresa)
Quindi il primo screening è l’individuazione di paesi accettabili, ossia coerenti con le caratteristiche del settore al quale l’impresa appartiene
SECONDO SCREENING (DA ANALISI PEST): ragiona su un numero più contenuto di mercati. Più scremo dal primo screening, più è agevole
l’analisi successiva. Nel secondo screening su un numero più ridotto di mercati, l’impresa o l’analista deve individuare delle variabili che
misurano il livello di attrattività e accessibilità di quei n mercati.
Che cosa significa attrattività e accessibilità? L’attrattività misura il livello di domanda industry specific potenziale del mercato. Non sto
misurando la domanda del prodotto specifico dell’impresa, ma sto stimando la domanda degli elettrodomestici, dei capi d’abbigliamento di
lusso la quale appartiene una casa di moda come Armani. Svolgo quindi un’analisi di attrattività dei mercati a livello di settore.
Poi misuro l’accessibilità, ossia entrare in quei mercati cosa comporta, quali costi occorre sostenere, quali ostacoli occorre superare. In
termini di accessibilità parleremo di barriere all’entrata.
Nel contesto internazionale queste barriere sono articolate, perché non sono solo le barriere naturali legate alle caratteristiche e alla struttura
del mercato estero (pressione competitiva, infrastrutture, differenze culturale) ma vi sono anche le barriere artificiali (tariffarie e non).
Per misurare questa attrattività e accessibilità degli n mercati vi sono degli indicatori che posso desumere dall’analisi PEST. Ancora una
volta questi indicatori devono essere individuati in relazione alle caratteristiche del settore e dell’impresa.
È inutile andare ad analizzare l’elemento come la cultura se questo non impatta in alcun modo sul comportamento d’acquisto del prodotto
dell’impresa.
Non esiste l’indicatore assoluto per misurare l’attrattività e accessibilità, in quanto sono strettamente collegati alle caratteristiche del settore e
dell’impresa.
Qual è l’esito dell’analisi del secondo screening? È un ranking paese, vale a dire di quegli n mercati come si classificano in base alla
dimensione di attrattività e accessibilità. L’output del secondo screening è un ranking di quei mercati che derivano dallo screening
preliminare rispetto alla quale l’impresa sta svolgendo un’analisi a livello settoriale. Solitamente il ranking deve essere oggetto di confronto
con l’impresa, perché questo modello ingloba comunque una parte comportamentale dell’impresa.
Un elemento importante è che l’analisi del secondo screening è un’analisi comparativa perché faccio un’analisi di attrattività e accessibilità
sugli n mercati; si tratta inoltre di un’analisi desk (a tavolino). Ciò significa che utilizzerò per misurare le variabili che ho utilizzato, per
dimensionare l’attrattività e l’accessibilità devo individuare delle fonti secondarie
Le fonti secondarie sono tutti quegli enti che dispongono di banche dati da cui è possibile attingere il dato per misurare il PIL pro capite,
livello tecnologico, … per misurare il livello di attrattività e accessibilità di quegli n mercati. Si tratta di un’analisi comparativa che è
complessa sebbene sia un’analisi desk. La complessità deriva dal fatto che non sempre si hanno tutti i dati relativi alle variabili che si hanno
individuato
TERZO SCREENING: abbiamo individuato un ranking, una classifica degli n mercati. Ora bisogna fare un’analisi in profondità del primo
mercato che è l’output del secondo screening per capire come entrare in quel mercato. Quindi il terzo screening è un’analisi a livello firm
specific. Il livello di analisi non è più il settore ma il prodotto specifico dell’impresa; significa svolgere rispetto ai primi o al primo mercato
un’analisi di attrattività e accessibilità firm specific. Va ad analizzare quanto il prodotto dell’impresa è coerente con le caratteristiche del
prodotto specifico dell’impresa.
A livello di terzo screening si tratta di un’analisi in profondità, ossia da fonti primarie dovrò svolgere ricerche di mercato. Questa analisi si
svolgerà attraverso un’analisi qualitativa piuttosto che quantitativa, Focus Group piuttosto che a interviste. Svolgere un’analisi in profondità,
da fonti primarie per comprendere quanto il prodotto dell’impresa è attrattiva e accessibile, questa analisi deve essere fatta su un numero
ridotto di mercati
Qual è la finalità dell’analisi del terzo screening? La finalità è quella di conoscere le caratteristiche di quel mercato in cui si vuole entrare per
definire la modalità di entrata e come vendere il prodotto (adattamento o standardizzato), come promuoverlo, come distribuirlo
Questo tipo di analisi che riguarda lo specifico prodotto dell’impresa può essere fatta in profondità ma su un numero ristretto di mercati
Quindi nel primo e secondo screening utilizzo fonti secondarie, nel terzo screening
utilizzo fonti primarie

Classificazione dei paesi in funzione della loro attrattività/accessibilità


L’impresa potrebbe dotarsi anche di uno strumento di questo tipo.
I paesi che si collocano nel ranking potrebbero essere posizionati all’interno di
questa matrice che ha sugli assi attrattività e accessibilità
I mercati che si collocano nel quadrante caratterizzato da elevata accessibilità e
attrattività saranno i mercati prioritari che sono posizionati primi in graduatoria;
mercati su cui puntare l’attenzione ed approfondire l’analisi del terzo screening. Dovremmo trovare coerenza con l’atteggiamento
dell’impresa.
All’estremo opposto abbiamo i paesi da escludere, ossia tutti i paesi che si trovano in fondo alla graduatoria. Si tratta di paesi poco accessibili
e attrattivi, in quanto non ho un livello di domanda di settore rilevante e ci sono barriere all’entrata naturali o artificiali importanti
Gli altri due quadranti propongo delle valutazioni. Per quanto riguarda i paesi da conquistare abbiamo elevata attrattività, vi è un livello di
domanda importante ma sono poco accessibili. Saranno paesi che si trovano subito dopo nella graduatoria; tuttavia dipende tutto
dall’importanza che l’impresa attribuisce alle dimensioni di attrattività e accessibilità.

18
Le barriere all’entrata sono oggettive ma possono anche essere percepite in modo diverso da un’impresa rispetto ad un’altra.
La pressione competitiva è un dato oggettivo ma un’impresa può rispondere in un modo diverso rispetto ad un’altra, pur appartenendo allo
stesso settore.
Si tratta di paesi da conquistare perché vi è un’elevata attrattività, vi è una domanda potenziale elevata però bassa accessibilità. Queste
situazioni possono allertare l’impresa su un interesse verso questi mercati che si trovano in posizione inferiore rispetto ai paesi a elevata
priorità; rispetto ai quali l’impresa potrebbe decidere di posticipare l’entrata. Su questo tipo di mercato poi l’impresa deve valutare come
entrare e questo potrebbe aiutare a superare l’elemento della bassa accessibilità e a sfruttare l’elevata attrattività del mercato dei paesi ad
elevata priorità
Nei paesi da conquistare potrei decidere di non entrare subito, ma in un momento successivo oppure valutare di entrarvi
contemporaneamente ai paesi ad elevata priorità ma dotandosi di strategia di entrata costruita sull’esportazione indiretta, quindi affidandosi a
degli importatori in quanto con la strategia di esportazione indiretta si possono
superare degli ostacoli che caratterizzano l’accessibilità del mercato.
Questa matrice porta a comprendere come entrare nei mercati. Si tratta di un
approfondimento del secondo screening

Approccio sistemico: livello di analisi


A livello di terzo screening abbiamo un’analisi in profondità
Si può fare un analisi PEST in base alle caratteristiche del settore e dell’impresa.
Occorre razionalizzare la raccolta delle informazioni altrimenti vi è una
difficolta nell’elaborazione dei dati
A livello di terzo screening, l’analisi è un’analisi prodotto-mercato, analisi della
competitività e della domanda rispetto allo specifico prodotto dell’impresa
Domande di ricerca: qual è la dimensione del mercato e quanto cresce? Il
mercato è coerente con il prodotto e le strategie dell’impresa? È difficile entrare
e competere in questo mercato?
Sulla base della risposta a queste domande l’impresa definisce come entrare in quel mercato e come definire le strategie di marketing mix
(strategia di prodotto, prezzo, distribuzione e comunicazione)
Si tratta di un’analisi complessa che non può essere fatta su un numero elevato di mercati, per questo motivo è necessario restringere il
numero di mercati su ci effettuare un’analisi in profondità attraverso fonti primarie (analisi sul campo)

Il processo a screening: Sistema informativo di marketing internazionale


Primo e secondo screening:
1. Selezione degli indicatori, ossia le variabili (International Market Selection)—> gli indicatori vanno selezionati guardando alle
specifiche caratteristiche dell’impresa e quindi al settore di appartenenza dell’impresa. Dipendono quindi dagli obiettivi strategici (la
pianificazione strategica parte dall’identificazione degli obiettivi) perché quegli obiettivi possono guidare la scelta degli indicatori che
misurano l’attrattività e l’accessibilità a livello settoriale dei mercati a livello di secondo screening e misurano i paesi accettabili a
livello di primo screening. Gli indicatori possono essere selezionati sulla base delle quattro macro categorie PEST
2. Raccolta dati relativi agli indicatori —> si tratta di dati che possiamo acquisire dalle banche dati, quindi consultando fonti secondarie
(database, riviste economiche specializzate, website)
3. Modellizzazione —> occorre costruire un modello di elaborazione di questi dati per misurare l’attrattività e l’accessibilità. Devo
stabilire come elaborare i dati di questi indicatori. La modellizzazione è un sistema di elaborazione dei dati relativi alle variabili
selezionale, il che significa la determinazione dell’importanza relativa degli indicatori (pesi) e classificare le variabili (individuare degli
score). La modellizzazione dipende da ciò che l’impresa riesce a fare.
4. Rating paesi —> risultato ranking, classifica degli n paesi a livello di secondo screening che derivano dal primo screening
5. Scelta del/i paese/i

Terzo screening:
6. Analisi in profondità del paese/i scelto/i mediante fonti primarie, ossia analisi sul campo (indagini qualitative e quantitative)

Quali possono essere le fonti secondarie?


Fonti di dati secondari: organizzazioni internazionali
Sono banche dati degli uffici di statistica che svolgono un ruolo rilevante nella raccolta di un numero significativo di dati, sistematizzazione,
pubblicazione e diffusione di informazioni di carattere economico, politico, sociale e culturale di un numero elevato di paesi dell’economica
mondiale
• Organizzazione delle Nazioni Unite - United Nations (UN) (www.un.org) → Istituto di statistica UNSTAT (https://unstats.un.org/home/)
• Banca mondiale – World Bank (WB) (www.worldbank.org) → Link alle banche dati https://data.worldbank.org/. → Link agli
indicatori statistici https://data.worldbank.org/indicator
• European Commission (https://ec.europa.eu/commission/index_en) → Istituto di statistica delle UE Eurostat (http://ec.europa.eu/eurostat)
• Organizzazione per la cooperazione e per lo sviluppo economico (OCSE)- Organization for economic cooperation and development
(OECD) (www.oecd.org) → Link alle banche dati http://www.oecd-ilibrary.org/statistics
• Organizzazione mondiale per il commercio - World Trade Organization (WTO) (www.wto.org) → Link alle banche dati
https://www.wto.org/english/res_e/statis_e/statis_e.htm
• United Nations (UN) - Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) (www.un.org) → Istituto di statistica
UNSTAT(https://unstats.un.org/home)

United Nations (UN) - Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) → Istituto di statistica UNSTAT
UN è una organizzazione intergovernativa a carattere internazionale nata (24 ottobre 1945) per promuovere la cooperazione internazionale.
Vi aderiscono 193 stati del mondo su un totale di 205. Sede New York
Gli articoli 1 e 2 dello Statuto delle Nazioni Unite riassumono gli scopi e i principi dell'organizzazione:
• mantenere la pace e la sicurezza internazionale;
• promuovere la soluzione delle controversie internazionali e risolvere pacificamente le situazioni che
• potrebbero portare a una rottura della pace;

19
• sviluppare le relazioni amichevoli tra le nazioni sulla base del rispetto del principio di uguaglianza tra gli Stati e l'autodeterminazione dei
popoli;
• promuovere la cooperazione economica e sociale;
• promuovere il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali a vantaggio di tutti gli individui;
• promuovere il disarmo e la disciplina degli armamenti;
• promuovere il rispetto per il diritto internazionale e incoraggiarne lo sviluppo progressivo e la sua codificazione
Attraverso la sua divisione di statistica (UNSTAT https://unstats.un.org/home), UN pubblica statistiche e informazioni sui suoi stati membri
relativamente a dati sociali, demografici ed economici → http://data.un.org/

UNSTAT: i topics a cui rimanda per macro categoria sono il database sul dato dell’energia, le informazioni sul genere, etc. Guardando a
questi topics possiamo individuare quegli indicatori di nostro interesse che rimandano agli uffici di statistica delle agenzie speciali delle
Nazioni Unite.
Questo sito infatti è popolato di dati degli uffici di statistica delle agenzie speciali delle Nazioni Unite. Le Nazioni Unite hanno delle agenzie
specializzate (15) tra cui il fondo monetario internazionale FMI, l’organizzazione per lo sviluppo industriale UNIDO, l’Agenzia delle
Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura FAO, e così via.
Se ad esempio ci interessano dati che riguardano il settore dell’agricoltura, può essere che l’ufficio di statistica della FAO ci dia informazioni
di nostro interesse, se ci interessano dati che riguardano il livello di istruzione dei paesi li vado a trovare nell’ufficio statistica dell’UNESCO.
Nel sito del FMI troviamo dati che riguardano il PIL aggregato e il PIL pro-capite.

United Nations (www.un.org)


UNdata (http://data.un.org/): collects a variety of statistical resources of the UN system. The database covers a number of different areas such
as Employment, Industry, and Trade, and many others

UNCTAD (United Nations Conference on Trade and Development, Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo)
Organo principale dell'Assemblea generale delle UN per gli aspetti legati al commercio, agli investimenti e allo sviluppo
Mission: incrementare le opportunità commerciali, di investimento e sviluppo dei paesi in via di sviluppo e aiutare tali paesi ad integrarsi
nell'economia mondiale
Sede Ginevra, Svizzera
http://www.unctad.org; http://unctadstat.unctad.org/wds/ReportFolders/reportFolders.aspx?sCS_ChosenLang=en (documents and analyses
global and regional trends on FDI, trade,...)
Specialized agencies of UN (alcuni esempi)
IMF (International Monetary Found, Fondo Monetario Internazionale)
Mission: promuovere la cooperazione monetaria globale, assicurare la stabilità finanziaria, facilitare il commercio internazionale,
promuovere un alto livello di occupazione e una crescita economica sostenibile, favorire la riduzione della povertà nel mondo.
Sede Washington, Stati Uniti.

UNIDO (United Nations Industrial Development Organization, Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale)
Mission: promuovere lo sviluppo industriale sostenibile e inclusivo per ridurre la povertà nei paesi in via di sviluppo. Sede Vienna, Austria

FAO (Food and Agriculture Organization, Organizzazione delle Nazioni Unite per l‘alimentazione e l‘agricoltura)
Mission: guidare gli sforzi internazionali per sconfiggere la fame nel mondo, aiutando sia i paesi sviluppati che quelli in via di sviluppo.
Agisce come forum neutrale dove tutte le Nazioni si incontrano per negoziare accordi e per discutere politiche e iniziative. Sede Roma

UNESCO (United Nations Educational, Scientific, and Cultural Organization, Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la
Scienza e la Cultura)
Mission: contribuire alla costruzione della pace, allo sradicamento della povertà, allo sviluppo sostenibile e al dialogo interculturale
attraverso l'educazione, le scienze, la cultura, la comunicazione e l'informazione. Creare le condizioni per il dialogo tra le civiltà, le culture e
le popolazioni sulla base del rispetto di valori comuni e condivisi. Sede Parigi, Francia

World Bank (WB) - Banca mondiale (www.worldbank.org)


Opera allo scopo di fornire assistenza finanziaria e tecnica ai paesi in via di sviluppo, combattere la povertà, aiutare le popolazioni a
promuovere uno sviluppo sostenibile, condividendo conoscenze e capacità e creando collaborazioni nel settore privato e pubblico. Sede
Washington, Stati Uniti
Forniscono informazioni relative a oltre 800 indicatori per 208 Paesi, riguardanti dati demografici, GNP per capita e trend, stima potere
d’acquisto, dati economici (es.: crescita per settori, consumi, commercio ...)

World Bank Group


The World Development Report: Fornisce ogni anno report su specifici aspetti dello sviluppo economico
Doing Business Abroad: fornisce dati sui sistemi normativi che regolano le attività economiche confrontando le economie di 190 paesi.
Analisi del livello di facilità nella conduzione degli affari in un paese
Enterprise surveys: company-level data about business climate in emerging markets and developing economies.
Topics: access to finance, corruption, crime, infrastructure, competition, performance measure.
Data from face-to face interviews with top manager in over 130.000 companies in 135 economies

Fonti di dati secondari: Organizzazioni Internazionali


European Commission (https://europa.eu/european-union/_en) Organo esecutivo della UE a cui compete di redigere e proporre nuovi atti
legislativi della UE, la cui approvazione spetta al Parlamento europeo e al Consiglio dell'Unione europea. Gestisce i programmi UE e la
spesa dei suoi fondi. Sede: Bruxelles (Belgio)

Eurostat (http://ec.europa.eu/eurostat) → Istituto di statistica delle UE (in Lussemburgo) [vedere approfondimenti]


Fornisce statistiche relative alla crescita degli Stati membri della EU e al commercio tra i Paesi membri e tra questi e i Paesi terzi.
Il ruolo chiave dell’istituto di statistica della UE è di fornire statistiche alla Commissione Europea e alle altre istituzione della UE al fine di
definire, implementare e analizzare le politiche comunitarie.

20
I dati elaborati da Eurostat vengono forniti dagli istituti di statistica degli Stati membri

Organization for economic cooperation and development (OECD) - Organizzazione per la cooperazione e per lo sviluppo economico
(OCSE) (www.oecd.org)
Formato da 36 paesi Membri, paesi sviluppati e paesi emergenti (Nord e Sud America, Europa, Asia)
Mission: aiutare i Paesi promuovendo politiche per migliorare le condizioni di benessere sociale ed economico delle popolazioni nel mondo.
Sede Parigi, Francia
Statistiche relative a indicatori economici degli stati membri: produzione industriale, commercio nazionale, occupazione, salari

World Trade Organization (WTO) - Organizzazione mondiale per il commercio (www.wto.org)


Il WTO (sede: Geneva, Svizzera), a cui aderiscono 164 Paesi (luglio 2016), è nata nel 1995 per sostituirsi al GATT (General Agreement on
Tariffs and Trade).
Obiettivo: progressiva liberalizzazione del commercio mondiale, da perseguire con lo strumento della negoziazione di accordi commerciali
tra i governi dei Paesi membri.
Forniscono informazioni relative agli scambi commerciali e alle barriere tariffarie e non

Fonti di dati secondarie: organismi pubblici nazionali


• Ministero dello sviluppo Economico (MiSE)
• Istituti nazionali di statistica e di studi economici (ISTAT-COEWEB http://www.coeweb.istat.it/)
• Uffici commerciali delle ambasciate e dei consolati italiani all’estero ed esteri in Italia
• Camere di Commercio (www.camcom.it)
• Aziende speciali delle camere di commercio (infoimpresa, promec)
• Camere di commercio italiane all’estero ed estere in Italia (www.assocamerestero.com)
• Organismi e istituti di assistenza alle imprese, es. l’ICE (www.ice.it)

Fonti di dati secondarie: Organismi privati


• Banche e altre istituzioni finanziare
• Associazioni di categoria (es. Lapam) e consorzi di imprese
• Banche dati internazionali (vedi data locator)
• Editori specializzati (forniscono report, non database, come riviste, annuari, rapporti, ...).
• Economist Intelligence Unit (EIU) http://www.eiu.com/home.aspx. Supportano le
imprese nella soluzione di problemi specifici, offrendo informazioni di natura diversa, come: previsioni economiche, politiche socio-
demografiche; andamento della domanda, dimensione del mercato; analisi del rischio paese; analisi del settore economico; ...
Analisi personalizzate. Accesso con registrazione

Fonti di dati secondarie: caratteristiche


- Facilmente accessibili (rispetto ai dati da fonti primarie)
- Chi fornisce i dati: Istituzioni e organizzazioni (private e pubbliche). Si tratta di soggetti accreditati
- Dove sono reperibili i dati:
1) Biblioteche (formato cartaceo e elettronico – CD-ROM)
2) Website dataset
• Motori di ricerca generalistici (es. Google)
• Piattaforme WEB di accesso ai dati gestiti da enti pubblici/privati (data
→ Forniscono informazioni relative a specifici topic (paese, regione, settore, prodotto)
→ Forniscono informazioni erogate da una particolare fonte (es.: Eurostat) o da una varietà di fonti (es.: Nation Master: raccolta
dati da circa 100 fonti, come UN, OECD ...)
- La maggior parte sono relativamente economiche (rispetto ai dati da fonti primarie). Accesso gratuito (conoscenza registrazione). Si tratta
di un’analisi desk, quindi molto più economica rispetto ad un’analisi in profondità
- Utilizzate per:
• Valutare opportunità di mercato in paesi non noti (mancanza di dati primari interni)
• Selezionare i mercati più interessanti (rispetto ad un numero molto elevato di mercati)
• Valutare le opportunità di mercato del prodotto
- Svantaggi:
• A livello di secondo screening deve essere fatta un’analisi comparativa. Quindi i dati che devo individuare per gli indicatori che ho
selezionato per la misurazione dell’attrattività e accessibilità devono essere dati misurabili per gli n mercati. Questo a volte non è
sempre possibile perché potrebbero mancare i dati per alcuni mercati. In quel caso bisogna fare una valutazione sulla volontà di tenere o
meno l’indicatore, perché altrimenti salta l’analisi comparativa
• Non tutti i mercati dispongono di informazioni relativamente a determinate variabili
• Per alcuni mercati oppure per alcuni indicatori è difficile la misurazione, ad esempio se pensiamo a una variabile che riguarda
l’accessibilità come il sistema distributivo, può diventare difficile da fonti secondarie poter misurare la struttura del sistema distributivo
in modo comparato sugli n mercati
• Dati forzati. La letteratura mette in evidenza che un altro limite del dato di fonti secondarie è la forzatura di alcuni dati

Definizione dei dati primari


I dati primari sono dati originati per la prima volta dal ricercatore attraverso sforzi diretti ed esperienza, specificamente allo scopo di
affrontare il suo problema di ricerca. Conosciuto anche come la prima mano o i dati grezzi.
La raccolta di dati primari è piuttosto costosa, in quanto la ricerca è condotta dall'organizzazione o dall'agenzia stessa, che richiede risorse
come investimenti e risorse umane.
21
La raccolta dei dati è sotto il controllo diretto e la supervisione dello sperimentatore.
I dati possono essere raccolti attraverso vari metodi come sondaggi, osservazioni, test fisici, questionari inviati per posta, questionari
compilati e inviati da enumeratori, interviste personali, interviste telefoniche, focus group, studi di casi, ecc..

Fonti di dati primarie: confronto caratteristiche indagine qualitative vs indagine quantitativa


Per quanto riguarda i dati primari si tratta di un’analisi in
profondità.
Questa tabella mette a confronto i vantaggi delle analisi qualitative
e quantitative che caratterizzano l’analisi in profondità dei mercati.
Le maggiori differenze tra le due analisi fanno riferimento al
numero di variabili oggetto d’analisi e alla numerosità della
popolazione oggetto di analisi (oggetto descritto).
L’analisi qualitativa sono interviste presso gruppi ristretti di
potenziali clienti dell’impresa e viene applicata quando il
fenomeno è poco noto, quando non conoscono come può essere
percepito il prodotto da parte dei consumatori e svolgo analisi
attraverso un focus group in cui guido l’analisi tramite questionari.
L’analisi quantitativa è di tipo statistico su un campione di
potenziali clienti dell’impresa (numero rappresentativo
dell’universo di riferimento), la svolgo quando conosco il
fenomeno e voglio descriverne alcune ipotesi (es. conoscere la
reazione al prezzo da parte de consumatori per il prodotto x,
oppure meglio definire quali sono i benefici ricercati del prodotto
x).
Il tipo di ricerca di un’analisi quantitativa è descrittiva o di verifica delle ipotesi; mentre è esplorativa nel caso dell’analisi qualitativa.
15/11/2021
Possibile descrizione degli indicatori
Principali aree informative per l’analisi di 1° e 2° screening Indicatori PEST

(1) PROFILO DESCRITTIVO DEL PAESE: caratteristiche generali


Per alcune categorie di prodotto, come abbigliamento, prodotti alimentari, mezzi di trasporto, elettrodomestici, … potrebbe essere
interessante avere un’analisi degli aspetti morfologici del territorio di riferimento, come struttura della superficie, clima, morfologia
territorio, questi potrebbero essere degli indicatori go-no go (es. se la temperatura dei paesi non è al di sopra del .. non sono da considerare
per la vendita dei condizionatori)
La morfologia del territorio (montuoso, lunghe distante, pianeggiante) impattano sul sistema di trasporto, può impattare sul sistema
distributivo. Sono tutti aspetti che possono impattare oltre che sulle caratteristiche del prodotto da vendere anche sul come vendere sul
mercato.
Impattano sulle infrastrutture per la mobilità (merci, persone), accessibilità prodotto (es.: abbigliamento, prodotti alimentari, mezzi di
trasporto, elettrodomestici, ...)

Dotazione di risorse naturali → impatto su delocalizzazione produttiva. L’analisi dei mercati esteri può essere fatta sia per invidiare il
mercato nel quale vendere (obiettivo della nostra analisi: internazionalizzazione del mercato di sbocco), ma anche per individuare il mercato
in cui andare a produrre perché più ricco di quel fattore produttivo utile per la produzione dell’impresa, perché quel fattore presenta
determinate caratteristiche di prezzo o qualitative.
Un’analisi delle dotazione di risorse naturali può essere interessante se l’obbiettivo dell’analisi dei mercati esteri dell’impresa è quello di
definire il mercato in cui andare a produrre.
La materia prima necessaria per la produzione è disponibile sul territorio estero? Quanto costa? Quindi se un’impresa sa di non voler
delocalizzare, non prende in considerazione questo indicatore

Fattori politici (sistema politico e stabilità politica, sistema normativo, sistema burocratico e livello di corruzione, politiche internazionali) →
indicatori che impattano sulla valutazione del rischio paese e quindi ha effetti sulla attrattività
Es: un’impresa produce auto. In alcuni paesi vi sono normative che richiedono un certo standard per l’emissione dei gas. In relazione alla
produzione dell’impresa oppure all’esigenza di allungare il ciclo di vita del prodotto e in relazione ai vincoli normativi che possono esistere,
questo tipo di fattore può essere interessante per l’impresa e quindi impatta sul livello di attrattività, della domanda di quel paese in quanto
limita e condiziona il tipo di prodotto che può essere venduto su quel mercato
Il sistema politico può impattare anche sulla capacità dell’impresa di svolgere l’attività economica sul mercato estero, di non vedere messa a
rischio la sua attività
Esempio: Bosch. Un indicatore interessante per sviluppare la prima fase riguarda proprio la stabilità politica perché per la classe dirigente di
Bosch è importante operare in paesi che garantiscono una certa stabilità politica che si riflette sulle normative che impattano sulla domanda
del prodotto
Come può essere misurato un indicatore di questo tipo? Un indicatore che può aiutare a definire il livello di rischio paese è il Doing Business
Abroad [http://www.doingbusiness.org/rankings] messo a disposizione dalla World Bank che costruisce un ranking
Il primo è un indicatore di sintesi sulla base del quale possiamo costruire una prima graduatoria
Da cosa è costituito questo indicatore? Costituito da: richiedere permessi di costruzione, ottenere l’elettricità, registrare un atto di proprietà,
ottenere finanziamenti, protezione azionisti di minoranza, livello delle tasse, far applicare contratti, commerciare attraverso le frontiere,
risolvere problemi di insolvenza.
Questi sono le variabili che compongono l’indicatore Doing Business
L’Italia si trova in 58esima posizione, si potrebbe leggere la posizione dell’Italia in ciascuna variabile (avviare un business: 98esima
posizione)
Questo indicatore è una proxy per misurare il rischio paese di un mercato estero.
Si tratta di una sintesi del livello del sistema politico e stabilità che potrebbe interessarmi a livello di mercato estero. Anche in questo caso
posso fare un’analisi comparativa tra n mercati

22
Per alcune tipologie di prodotti, come prodotti con dimensione elevata (rapporto prezzo/volume elevato) è importante la variabile: distanza
geografica (es.: Km tra Italia e paese target) —> incidenza su costi di trasporto, maggiore è il volume dei prodotti, maggiore sarà il costo di
trasporto.
Banalmente si può misurare questa distanza geografica come km tra italia e paese target. Una misura di questo tipo impatta sull’accessibilità
in quanto impatta sul costo per entrare nel mercato estero. Questa misura può essere rilevante, quando arrivo a livello di terzo screening, per
definire il prezzo del prodotto e sulla decisione del come entrare nel mercato estero (se esporto mi espongo a un costo di questo tipo, le
imprese potrebbero valutare di andare a produrre direttamente sul mercato estero per annullare, a parità di altra condizione, tutti i costi
commerciali che riguardano il trasferimento del prodotto dalla casa madre al paese estero considerato)

(2) PROFILO SOCIALE (demografico e culturale)


Indicatori per misurare la dimensione del mercato potenziale, indicatori che impattano il livello della domanda del mercato estero.
Popolazione (numero complessivo popolazione, tasso di sviluppo demografico) → indicatori proxy per la domanda potenziale di beni di
largo consumo e a basso prezzo (es.: bevande; detergenti per la casa, per la persona; prodotti alimentari ...)
Indicatore che viene quasi sempre preso in considerazione soprattutto quando bisogna misurare la domanda di largo consumo, la cui
domanda è correlata al livello della popolazione di un determinato mercato

Potrei essere interessata anche a vedere la composizione della popolazione per genere e fasce d’età
Composizione età → dimensione del segmento di popolazione propensa ad acquistare/consumare determinati prodotti (es.: prodotti per
l’infanzia; propensione tecnologica della fascia adulta oltre i 65 anni; ...)
È importante vedere il trend di queste fasce. Se nei mercati occidentali c’è una contrazione dell’incidenza della popolazione nella fascia d’età
dell’infanzia perché il tasso di natalità è piuttosto contenuto, guardo invece ad altri mercati dove il tasso di natalità è elevato.
Un’impresa che produce beni ad alto contenuto tecnologico come telefonini si può chiedere qual è l’incidenza della popolazione anziana per
capire come configurare anche la produzione rispetto a quella classe d’età
Si tratta di indicatori proxy, perché guardando all’incidenza della popolazione nella fascia d’età che mi interessa, non è detto che tutta la
popolazione di quell’età è interessata al prodotto di quella specifica categoria merceologica
Questa approssimazione è necessaria per in alcuni casi è difficile da fonti secondarie trovare il dato puntuale sul consumo di un determinato
prodotto; quindi ci arrivo per approssimazioni
La difficolta nell’analisi è quando non ho il dato puntuale che mi consente di misurare la domanda potenziale per un determinato prodotto,
quindi devo costruire il dato tramite altri indicatori che si compongono tra di loro

Grado di concentrazione/dispersione geografica della popolazione; densità per centri abitati della popolazione (% popolazione urbana/rurale)
→ impatto sulla leva distributiva (modalità e costi); considerazioni in termini economici e culturali relativamente al comportamento di
acquisto della popolazione.
In letteratura vi è una idea che la popolazione urbana ha un comportamento d’acquisto diverso dalla popolazione rurale. Misurare il grado di
concentrazione della popolazione nelle principali città può dare un’indicazione del comportamento di acquisto della popolazione
Questi elementi impattano anche sulla decisione dell’impresa di come entrare sul mercato: se il sistema distributivo, perché la popolazione è
prevalentemente rurale, è caratterizzato da piccoli punti vendita allora per l’impresa può essere non conveniente entrare con forme dirette ma
con intermediari commerciali

Posizione sul mercato del lavoro (tassi di attività, disoccupazione) → indicatori per la misurazione della capacità di spesa di una
popolazione. Potrebbe essere interessante per prodotti come beni di lusso, prodotti voluttuari quindi prodotti per i quali una capacità
d’acquisto può variare in relazione al tasso di occupazione e al livello del reddito pro capite

Sempre nell’ambito del profilo sociale, demografico e culturale è importante anche il sistema culturale: indicatori che influenzano il
comportamento di acquisto
Livello di alfabetizzazione e di istruzione della popolazione (es.: % laureati; % spesa pubblica in formazione, istruzione, ricerca & sviluppo)
→ impatto su predisposizione all’acquisto di prodotti con diversi gradi di complessità (es.: elettronica di consumo, prodotti a contenuto
tecnologico)
I prodotti biologici si diffondono soprattutto nelle popolazioni che hanno un livello di istruzione elevata. Prodotti ad elevato livello
tecnologico sono strettamente legati al livello di istruzione e alla percentuale di PIL dedicato all’attività di ricerca e sviluppo nel campo
dell’information technology
Vi sono degli indicatori che misurano il livello di sviluppo tecnologico dei mercati. Questi indicatori impattano su beni come elettronica di
consumo e ad elevato contenuto tecnologico

Cultura paese (lingua, religione, valori sociali) → impatto su comportamento acquirenti (es. prodotti: cibo, abbigliamento, bevande, prodotti
per la cura della persona, ...); modalità di negoziazione commerciale
La cultura di un paese impatta sulle abitudini di acquisito e di consumo, soprattutto prodotti alimentari, abbigliamento ed elettrodomestici
risentono delle differenze culturali
Da un’analisi desk è possibile misurare le differenze culturali tra i paesi? Una proxy è quella dell’indicatore di similarità: indice di sviluppo
umano (human development index - HDI) [http://hdr.undp.org/en/composite/HDI].
Questo indicatore è composto da alcune variabili: speranza di vita alla nascita, livello culturale (composto da livello di scolarizzazione e
numero medio di scuola), tenore di vita (composto da PIL e PIL pro capite)
La misurazione va da 0 a 1. La Norvegia ha un indice di sviluppo umano prossimo all’1 (dato 2019)
L’Italia invece dal 2019 si colloca insieme all’Estonia in 29esima posizione
Come può essere utilizzato questo indicatore? Se il livello dell’Italia è 0,892 e voglio cercare paesi simili all’Italia guarderò tutti i paesi che
sono sopra. Tutti quelli al di sotto sono paesi che si allontanano.
Un altro indicatore che approssima di più le differenze culturali è quello fatto da uno studioso americano che ha utilizzato il concetto di
distanza psichica (differenze culturali, politiche, economiche e sociali) e l’ha misurata tra un paese e n paesi: misurazione distanza culturale
[http://dow.net.au/?p=1]
Viene misurata la distanza culturale come indicatore complessivo, ma anche con riferimento alla differenza linguistica, distanza a livello
economico, della religione, a livello di istruzione, distanza in termini di caratteristiche demografiche e socio-economiche.
Per usare questo indicatore bisogna farlo con cautela

23
(3) STRUTTURA DEL SISTEMA ECONOMICO-PRODUTTIVO
Prodotto Interno Lordo (PIL) aggregato e suo trend di crescita → misura del livello di dinamicità economica di un paese (impatto su
attrattività della domanda locale).
Se il trend è in crescita (es. Cina), c’è un livello economico crescente quindi si forma la classe media e ci può essere un forte interesse per
quel mercato

Composizione del PIL per rami di attività (agricoltura, industria, servizi) e principali settori manifatturieri → forniscono una misura del
livello di industrializzazione di un paese (composizione della domanda di beni industriali).
Se sono un’impresa che opera nel settore B2B voglio vedere la composizione della ricchezza a livello settoriale

Reddito pro capite, propensione al consumo e al risparmio; pressione fiscale; tasso di inflazione → indicatori di capacità di spesa, in
particolare per beni di consumo durevole (impatto sul livello di attrattività di un paese)

Un altro blocco che fa parte del sistema economico produttivo è l’apertura internazionale
Potremmo misurare il grado di apertura internazionale di un mercato attraverso l’analisi della struttura della bilancia commerciale:
- volume e composizione importazioni → indicazione di chi sono i principali concorrenti stranieri (misura indiretta della pressione
competitiva locale e straniera); tipologia di prodotti importati. Se vi è un’elevata incidenza dei prodotti importati significa che vi è
apertura internazionale nella categoria merceologica considerata verso prodotti stranieri.
L’analisi del prodotto relativo alle importazioni posso meglio dettagliarlo analizzando da dove vengono le importazioni. Questo è
interessante per capire se vi è un interesse verso quel prodotto e mi da una misura di chi possono essere i concorrenti stranieri
- import penetration (incidenza % delle importazioni sui consumi totali) → misura indiretta di accessibilità. Mi misura il grado di apertura
verso i mercati esteri, e posso analizzare questo dato con specifico riferimento al livello di importazione dal mio paese. Indica quanta
parte dei consumi totali è soddisfatta da importazioni piuttosto che da produzione locale. La crescita dell’incidenza può dare
un’indicazione dell’eventuale apertura di quel mercato ai prodotti stranieri o viceversa qual è la forza della produzione locale nel
soddisfare il consumo interno
- volume esportazioni → da informazioni relative alla dinamicità economica del paese. Guardo il livello di esportazione a livello settoriale.
Se un’economia esporta significa che è molto dinamica. Esempio: se nel settore
abbigliamento ho un elevato livello di export vuol dire che ho dei concorrenti locali molto dinamici perché sono in grado di proporre i
loro prodotti sia nel mercato nazionale sia nel mercato estero. Il livello di esportazione mi dà anche
una misura della pressione competitiva del settore. Più il mercato esporta in quel settore, più vuol dire che ho una concorrenza locale
molto accesa
- saldo bilancia commerciale (esportazioni - importazioni) → misura indiretta del grado di accessibilità del paese. Quando in un
paese (es. USA con politiche di Trump) la bilancia commerciale è sbilanciata in negativo, quello stato, che ha un margine di manovra nel
definire le sue politiche verso i volumi di import e export, tenderà a chiudersi, ossia a introdurre rotative restrittive per ridurre il volume
delle importazioni ed equilibrarle con le esportazioni. Possiamo leggere la bilancia commerciale come un indicatore del grado di apertura
di quel mercato o di quello specifico settore
In maniera più diretta posso guardare le barriere tariffarie e non tariffarie (quote, embarghi, rispetto standard di qualità prodotto). Possiamo
misurarle tramite il sito della WTO
Un indicatore che potrebbe essere costruito è quello che misura dell’effetto Made in
Es.: Made in Italy: Incidenza delle importazioni Made in Italy (Import Italia (PTAC e PC)) su Totale Import (PTAC e PC)
(PTAC = Prodotti Tessile Abbigliamento Calzature; PC = Prodotti Casa —> settori che identificano il made in Italy)
Il senso di un indicatore di questo tipo è andare a vedere quanto indicono il totale delle importazioni dell’Italia relative a quel settore sul
totale delle importazioni di quel paese
Es: se volessi costruire un indicatore di questo tipo devo individuare le importazioni dei paesi come Francia, Germania e Canada,
importazioni del PTAC dall’Italia, importazioni complessive di quei settori da tutto il mondo e costruire l’incidenza
Sono interessata a un indicatore di questo tipo perché voglio vedere attraverso questo indicatore se vi è un effetto made in Italy su quel
prodotto. Se noto che questo indicatore è alto vuol dire che vi è un’attenzione verso il prodotto tessile-abbigliamento italiano.

(4) SISTEMA INFRASTRUTTURALE E TECNOLOGICO


Infrastrutture di mercato:
Sistema di trasporto, sistema distributivo → impatto sulla efficienza della distribuzione e relativi costi, sulla scelta del canale (corto/lungo).
Un indicatore di questo tipo impatta sull’accessibilità in quanto mi dice le barriere all’entrata di tipo naturale. È molto difficile trovare dati su
indicatori di questo tipo.

Sistema di comunicazione (es.: diffusione giornali/riviste; percentuale diffusione televisione; caratteristiche dell’audience; regolamentazione
in materia pubblicitaria...) → impatto sulla visibilità del prodotto, sulle scelte comunicative utilizzate nel mercato estero e relativi costi
Il sistema di trasporto, sistema distributivo e di comunicazione concorrono alla misurazione del livello di accessibilità dei mercati esteri

Livello di sviluppo tecnologico (assoluto, tasso di crescita: popolazione connessa ad internet; spesa in pc, giochi elettronici, servizi internet,
infrastrutture tecnologiche del paese... ) → stima della domanda di prodotti a contenuto tecnologico e di prodotti ad essi complementari;
considerazioni relative al ciclo di vita del prodotto; impatto su decisione delocalizzazione e sui sistemi distributivi (diffusione e-commerce).
Questi ci danno una misura del livello di sviluppo tecnologico dei mercati esteri e di un numero significativo di mercati
Questo indicatore è molto utile oggi, soprattutto per le imprese che si vogliono dotare di un sistema distributivo e-commerce.

11/11/2021
Fonti statistiche per l’analisi dei mercati esteri

ISTAT —> https://www.istat.it/it/


L’Istituto nazionale di statistica è un ente di ricerca pubblico
E’ il principale produttore di statistica ufficiale a supporto dei cittadini e dei decisori pubblici
Opera in piena autonomia e in continua interazione con il mondo accademico e scientifico

24
Tutte le pubblicazioni sono disponibili gratuitamente in PDF

ISTAT: Canali di accesso


Dati e pubblicazioni di vario genere divisi per macrotemi anche con accessi diretti alle banche dati:
• Popolazione e famiglie
• Società e istituzioni
• Istruzione e lavoro
• Economia
• Ambiente e territorio
Accesso da menù in alto a sinistra … più «tecnico»
• Banche dati possono essere generali o settoriali
• Microdati
• Visualizzazioni
• Calcolatori

ISTAT – Banche dati


Sia su temi trasversali (banche dati generali), che a carattere tematico (banche dati settoriali); forniscono una visione globale e accurata del
fenomeno indagato
Ogni banca dati è corredata di metainformazioni (note metodologie, classificazioni, definizioni) relative all'argomento trattato per dare
informazioni su come sono stati estratti i dati nello specifico

COEWEB
Accesso: Banche dati —> Banche dati settoriali
Contiene dati su tutte le merci importate ed esportate da e nei paesi che commerciano con l'Italia.
I dati, aggiornati mensilmente, sono disponibili dal 1991 ad oggi (ultimo aggiornamento: dati fino a luglio 2021).
E’ necessario registrarsi per l’utilizzo della banca dati con funzionalità piena (la biblioteca è registrata*).
Se vogliamo entrare nelle banche dati più storiche —> Sezione Archivio storico: accesso alle statistiche del commercio estero dal 1970 al
1990.
*Nome utente: bibecostat password: ECOSTAT

Esempio 1: COEWEB
Esempio: import/export tra Italia e altri paesi nel settore vinicolo
Entriamo in Consultazione tematica (merce, paese, territorio)
Noi dobbiamo andare nella merce
Utilizziamo la funzione Merce selezionata (Ateco 2007) per tutti i paesi —> Categorie (Ateco 2007) (5 cifre, livello più specifico).
Selezione categorie (Ateco 2007) >> CA11021 >> flag su “Format XLS” e pulsante “Continua”
In questo modo ci scarica una tabella excel con i flussi di import e export per il triennio di tutti i paesi. Inoltre ci da il valore, il volume e i
metadati (annotazioni relativamente ai paesi)
NB: l’estrazione dei dati è fatta ogni 3 anni, quindi se si vogliono avere dati su più anni occorre fare più estrazioni

Ateco 2007: classificazione delle attività economiche dell’ISTAT


Il codice Ateco misura tutte le attività economiche
Se noi mettiamo vini, ci vengono proposte tutte le descrizioni dell’Ateco che ha la parola vini

Esempio 2: COEWEB
Ricerca puntuale: questo tipo di estrazione prevede di vedere il flusso di import e export tra una città/provincia e un paese Esempio:
import/export tra Modena e la Russia nel settore maglieria
Andiamo nella sezione ricerca puntuale >> Dati territoriali >> Attività economica - Valori (Ateco 2007) >> Seleziona la riga >> Merce
(Ateco 2007) >> pulsante “Continua”
• Paesi: selezioniamo Russia (seleziona gli item evidenziati per confermare la selezione)
• Territorio Italiano: selezioniamo Modena
• Classificazione merci per attività Economica (Ateco 2007): CB 143 – Articoli di maglieria (massimo livello di specificità)
Flag su “formato XLS” >> Pulsante “Esegui” per il dowload del file in excel
NB: estrazione dati per biennio

Ministeri
Nei siti dei Ministeri in genere sono presenti sezioni o pubblicazioni vere e proprie dedicate alla presentazione di dati statistici di varia
qualità e tempestività di aggiornamento

Ministero dello Sviluppo economico —> http://www.sviluppoeconomico.gov.it/


Osservatorio dei prezzi (Per il cittadino >> Tutela del consumatore)
Start-up e PMI innovative (Per le aziende)
Relazione annuale e Rapporti periodici
Programmi: pagina in cui vengono presentate alcune iniziative a supporto della creazione di startup in Italia
Start-up Act - Normativa

Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale —> https://www.esteri.it/mae/it


Commercio Internazionale: osservatorio economico sul commercio internazionale: mette a disposizione molte schede Paese, un bollettino
sugli scambi con l'estero, statistiche import-export, pubblicazioni sugli strumenti di sostegno e le prospettive di internazionalizzazione. NB:
Link utili
Info MercatiEsteri: piattaforma ad accesso libero e gratuito, realizzata per soddisfare la richiesta di informazioni sui mercati esteri
proveniente dagli operatori economici nazionali. Strumento ricco di informazioni utili per le scelte di internazionalizzazione.
La consultazione può essere fatta per Paese oppure per Settore

25
AGENZIA ICE —> https://www.ice.it/it/statistiche
• Statistiche e studi
• Le statistiche in breve
• Cerca la tua tavola
• Schede prodotto
• Dati sugli investimenti diretti esteri in Italia (IDE)
• Tariffe doganali
• Dati macroeconomici

EUROSTAT —> http://ec.europa.eu/eurostat/


Struttura dell’Unione europea incaricata di raccogliere, armonizzare, elaborare, pubblicare i dati statistici dell’insieme dei paesi membri. Sul
sito, oltre ad informazioni complete su attività e pubblicazioni, troviamo anche informazioni statistiche sintetiche sull'Europa.

EUROSTAT – Database Modalità di accesso dalla home page


La pagina di apertura del sito è suddivisa in diverse sezioni, fra le quali Data e Publications
Selezionare Data oppure accesso diretto tramite Icona blu Complete database
Nella pagina che segue si troverà l’albero del database distinto tra: Database by themes e Tables by themes che propone una serie di tabelle
precompilate e non modificabili.
Database by themes è il percorso da seguire per l’estrazione personalizzata dei dati.
Statistics explained da voce di menù Publications per integrazione con articoli, paper e altre fonti

Esempio: EUROSTAT- Database by Themes


Esempio: prezzi del gas per i consumatori non domestici in Romania, Bulgaria e Moldavia dal 2016 al 2020
Andremo nel macro tema Environment and energy >> Energy >> Energy statistics – prices of natural gas and electricity >> Energy statistics
– natural gas and electricity prices (from 2007 onwards)
Ora siamo arrivati dai data set. A noi interessa l’icona Gas prices for non-household consumers bi-annual data (from 2007 onwards) >>>
icona Data explorer
Selezione dimensioni:
• Time: clic sull’icona + e flag sugli anni dal 2016 al 2020
• Geo: flag su Bulgaria, Romania, Moldova – pulsante Update
Abbiamo finito la selezione in quanto erano anni e paesi
Icona dischetto per il download >> Download in excel format

OCSE
L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico nasce nel 1961 allo scopo di favorire e coordinare lo sviluppo economico dei
paesi membri.
Realizza studi su molti settori dell’economia, della ricerca, dell’educazione e su tutto ciò che possa influenzare lo sviluppo. Una delle
principali attività è la raccolta, l’elaborazione e pubblicazione, su carta e su formato elettronico, di molte serie statistiche.

OECD ILibrary —> http://www.oecd-ilibrary.org/


OECD iLibrary è la biblioteca on-line dell'OCSE (OECD) che riunisce in un unico portale i full-text delle pubblicazioni monografiche (studi,
relazioni e rapporti) e periodiche, nonché i dati di oltre 25 databases statistici
Di tutte le pubblicazioni, monografiche e periodiche, vengono resi disponibili i full-text a partire dall'ed. 1998. I databases statistici hanno
decorrenza media dei dati: 1970.
Al momento Unimore non ha abbonamento, pertanto i full text sono solo leggibili e non scaricabili

OECDiLibrary
Dalla sezione Statistics:
• Search statistics (ricerca libera)
• Databases – Extract data from across datasets
• OECD.Stat
• Indicators
• Country statistical profile: solo tabelle precompilate non modificabili Statistical series

OECD.Stat
Accesso: Extract data from across datasets >>> icona rosa DATA
Presenta dati e metadati relativamente ai paesi OCSE oltre a una selezione di paesi non membri
Permette di effettuare ricerche ed estrazioni di dati dai vari dataset inclusi sotto i diversi temi
E' possibile costruire la propria tabella personalizzata, selezionando le variabili di interesse, ed esportarla in formato Excel

OECD.Stat
Accesso ai dati:
• search: stringa di ricerca libera
• selezione dei dataset con le funzioni:
• Data by theme
• Popular queries (FAQ dei dati più richiesti)
• possibilità di scaricare i dati in vari formati

Esempio: OECD.Stat
Esempio: livello di sviluppo tecnologico in Argentina, Romania e Russia dal 2015 al 2019 per confronto:
Andiamo nel tema Science, Technology and Patents >> Science and Technology Indicators >> Main Science and Technology Indicators
(MSTI database)

26
Per personalizzare la tabella: Selezione delle dimensioni >> Customise selection
• Country: selezionare Argentina, Romania, Russia
• Year: selezionare gli anni dal 2015 al 2019
Pulsante View data per visualizzare la tabella modificata
Customise > layout per cambiare disposizione variabili
Possiamo fare il download di quello che abbiamo estratto: Export >>> excel >>> export to xls file
Ci scarica il file Excel

World Trade Orgaization —> https://www.wto.org/


Accesso: voce di menù >> Documents, data and resources
Statistics tra cui:
• Merchandise trade
• Trade in services
• Tariffs: voce molto utile
For each country: selezionando «list of members» si accede ai dati specifici per paese
World Tariff profiles scaricabile free online

Esempio: WTO
Esempio: ricerca profilo tariffe e profilo commerciale della Cina
Dobbiamo andare in Tariffs >> For each country >>> List of members >> Selezionare China
• >> Tariff profile in pdf, in xls e note tecniche
• >> Trade profile in pdf e note tecniche

World Bank —> http://databank.worldbank.org/data/home.aspx


La Banca mondiale raccoglie dalle istituzioni statistiche nazionali dati relativi alle condizioni economiche e sociali di ogni paese, che
vengono elaborati secondo metodologie sviluppate dalla banca stessa, in modo da consentire comparazioni tra vari paesi
La sezione statistica offre dati relativi a 208 paesi. I dati riguardano non solo aspetti economici ma anche sociali, sanitari, educativi,
l’ambiente, le infrastrutture e le tecnologie.

World Databank
Offre la possibilità di reperire statistiche ed indicatori su molti settori quali istruzione, salute, sviluppo in Africa, popolazione, riuniti in
specifici databases
Open Data:
• More Resources
• DataBank
Il principale database è World Development Indicators
World Development Indicator
Possibilità di selezionare:
• Country
• Series
• Time
estrazioni di dati personalizzate sotto forma di tabelle, oppure grafici esportabili in diversi formati

Esempio: World Development Indicators


Esempio: analisi del Business environment in Brasile dal 2015 al 2019
• Country: flag su Brazil
• Series: dal menù a tendina Filter (icona imbuto) sotto la macrovoce Private sector & Trade selezionare > Business environment: flag sulle
variabili di interesse oppure funzione select all
• Time: flag sugli anni dal 2015 al 2019
Finita la selezione cliccare su Apply changes per visualizzare la tabella
Download options per scaricare la tabella in excel

United Nations
L’Ufficio statistico delle Nazioni Unite è punto di raccolta di dati a livello mondiale per demografia, aspetti sociali, commercio
internazionale, contabilità nazionale, energia, industria, ambiente, trasporti.
• Le informazioni sono derivate dalle principali fonti nazionali e internazionali
• Statistical Yearbook: è la principale pubblicazione; raccoglie dati su oltre 200 paesi documentando il quadro demografico, sociale,
economico e delle relazioni internazionali, con serie storiche di un decennio.

UNdata —> http://data.un.org/


Permette la ricerca tramite 32 diversi database fra quelli prodotti dalle Nazioni Unite e dalle maggiori organizzazioni internazionali (ILO,
FAO, IMF, OCSE, ecc...), per oltre 60 milioni di record relativi ad un ampio raggio di settori (popolazione, industria, energia, commercio,
conti nazionali, ecc...) e con decorrenza dati a partire dal 1948 (dove disponibili).

UNdata
Modalità di ricerca:
• Per parola chiave nella stringa di ricerca
• Datamarts: si visualizza l’elenco di tutti i database
• Glossary
• More permette di utilizzare l'opzione di ricerca avanzata
• Popular statistical tables, country and regional profiles

Esempio: Undata

27
Esempio: commercio di prodotti ceramici nei paesi emergenti (BRICS) e Italia dal 2015 al 2019
Usiamo la Ricerca libera: trade ceramic products, si ottiene come risultato il dataset corrispondente
Select filters:
• Country or Area: flag su Brazil, China, India, Russian Federation, South Africa e Italia
• Time: flag negli anni dal 2015 al 2019
Selezionare apply filters
Download per scaricare la tabella (solo CSV, da convertire in XLS)
16/11/2021
Analisi dei mercati esteri (2° parte) - Scelta del/i mercato/i di sbocco

Paesi accettabili secondo screening: Analisi a livello settoriale


Finalità dell’analisi: individuazione dei paesi che risultano essere maggiormente attrattivi e accessibili in relazione alla tipologie di prodotto
offerto dall’impresa.
L’analisi di secondo screening si tratta di un’analisi desk perché viene svolta consultando le fonti secondarie
Es: la casa di moda Armani vuole stimare l’attrattività e l’accessibilità dell’ operare nell’area del sud est asiatico e ne fa una prima
scrematura per poi fare un’analisi desk più puntuale nei mercati che derivano dalla prima analisi. Per fare questo non lo fa con riferimento
allo specify prodotto Armani, ma con riferimento al settore di appartenenza, ossia prodotto moda alto di gamma
Identificazione del settore quanto più vicino alle caratteristiche specifiche del prodotto dell’impresa
Informazioni relative a:
1) Attrattività industry specific
- Attrattività significa misurazione della domanda corrente del prodotto in oggetto.
- Misura che mi consente di stimare i possibili ricavi, dati relativi alle vendite del prodotto o al consumo/uso del prodotto; serie storiche
relative ai dati di vendita o consumo/uso del prodotto
- Stima della domanda potenziale, effettiva e previsione relativa allo sviluppo della medesima.
2) Accessibilità del mercato industry specific
- Accessibilità significa misurazione degli ostacoli che l’impresa può incontrare nell’entrare in uno specifico mercato
- Misurazione delle barriere artificiali: facciamo riferimento a tutti gli ostacoli che derivano da normative imposte dai governi nazionali o
da soggetti sovranazionali (nel caso Italia, UE), quindi barriere tariffarie e non tariffarie, manipolazioni amministrative che ostacolano il
libero svolgimento degli scambi internazionali di beni, fattori produttivi, informazioni. Sia quelle tariffarie sia quelle non tariffarie
gravano sulla merce che viene importata, in quanto riducono la competitività dei prodotti stranieri rispetto a quelli locali.
- Misurazione delle barriere naturali: barriere relative alla configurazione dei mercati esteri, facciamo riferimento alla struttura competitiva
del mercato, infrastrutture di marketing (sistema distributivo e di comunicazione), distanza geografica e culturale

Attrattività industry specific: Dimensione del mercato del prodotto


L’analisi PEST ci da indicazione dei possibili indicatori da cui poter estrapolare gli indicatori più opportuni e coerenti con il profilo
dell’impresa per misurare l’attrattività e accessibilità. Passaggio necessario è sempre partire da ciò che l’azienda fa.
Sulla base della conoscenza dell’impresa iniziamo a individuare le variabili che possono essere utili per misurare attrattività e
accessibilità
L’operazione di misurazione dell’attrattività, ossia misurare la domanda corrente o potenziale, può essere un’analisi agevole
se, con rifermentò alla categoria di prodotto, esistono dati per misurare:
• Volume/valore delle vendite del prodotto (corrente e serie storiche).
• Dati relativi alla frequenza d’uso del prodotto (beni di largo consumo)
Questi sono misure dirette. Il problema è che spesso non esiste una misura diretta, non esiste dalle fonti secondarie una misura
diretta del volume/valore delle vendite o dei dati relativi alla frequenza d’uso del prodotto.
Quindi come ci arriviamo? Ci si arriva attraverso misure meno dirette, come:
• Volumi/valori delle vendite di prodotti complementari, sostitutivi, o collegati (domanda derivata, dati proxy).
Quando non abbiamo una misura diretta utilizziamo dati derivati che vengono definiti proxy. Es:
guardo per quanto riguarda i computer la penna per scriverci sopra. Se non ho il dato diretto della vendita delle penne per
scrivere sul computer vado a misurare il valore o volume delle vendite di computer. Se non ho il dato relativo ai computer
che è complementare alle penne posso guardare il livello di sviluppo tecnologico oppure investimento e innovazione nei
mercati che sto analizzando, o il tasso di alfabetizzazione. Sono tutti indicatori che concorrono a misurare la domanda
potenziale. In molti casi la domanda derivata di un prodotto
industriale come macchine industriali dipende dalla produzione dei tessuti, la quale dipende dalla produzione dei capi
d’abbigliamento, la quale dipende dalla domanda di consumatori finali. La domanda derivata esiste perché esiste il
consumo di altri prodotti (non esisterebbe una domanda di produzione di macchine industriali se non esistesse la domanda
di capi d’abbigliamento); laddove non esiste una misura precisa del livello di vendita delle macchine per realizzare tessuti,
allora ne stimo la domanda attraverso la domanda derivata
• Consumo apparente (produzione domestica + importazioni – esportazioni). Io vado a misurare la produzione domestica di
tessuti, misuro il livello di importazioni e esportazioni; la soma aritmetica di queste operazioni mi da la misura del consumo
apparente. Ciò significa che la domanda locale è soddisfatta dalla produzione locale + le importazioni - quanto della
produzione locale viene esportata. Il consumo apparente è una misura indiretta del domanda di un prodotto di un
determinato mercato. Il presupposto è che la domanda di un mercato può essere soddisfatta dalla produzione locale ma
anche dalla produzione straniera (produzione locale + importazioni); però la produzione locale può essere anche destinata alle esportazioni
quindi quella parte non soddisfa la domanda locale, allora la sottraggo.
Produzione locale + importazioni - esportazioni mi da la misura della domanda locale
• Dati demografici (come proxy della domanda di un prodotto: Popolazione urbana; Consumo di Elettricità). Dato molto meno diretto. Dato
utilizzato sopratutto per beni di largo consumo come prodotti alimentare, guardo come proxy la popolazione in una determinata fascia
d’età. Consumo di elettrodomestici dipenderà dalla diffusione di elettricità e sistema idrico di un determinato paese.
Utilizzare delle proxy ha dei limiti, è molto importante la capacità dell’analista nel cogliere in modo opportuno quegli indicatori che
approssimano la domanda corrente dei prodotti di riferimento

28
• Stima della domanda per analogia e analisi lead-lag. Il presupposto di entrambe le tecniche è che sono noti i trend della domanda di un
prodotto in un determinato mercato, è noto il consumo di un prodotto in un mercato. Es: voglio stimare la domanda
di frigoriferi nel mercato tedesco ed è noto il trend del consumo di elettrodomestici del mercato inglese. Sto supponendo che il mercato
inglese e tedesco siano simili, ossia il comportamento d’acquisto del consumatore tedesco e inglese relativamente al consumo di
elettrodomestici, nello specifico di frigoriferi, siano simili. Questo presupposto è importante per l’applicazione di un metodo di stima della
domanda di un mercato, noti i dati di un’altra mercato. Il fattore che utilizzo per determinare la domanda nel mercato tedesco è la
percentuale di utilizzo di frigoriferi nel mercato inglese. Noto che il 10% della popolazione e noto il numero della popolazione del mercato
tedesco, applico quella percentuale di utilizzo di frigoriferi al mercato tedesco. Questa traslazione la possiamo fare sulla base dell’ipotesi
iniziale: i due mercati sono simili dal punto di vista economico, sociale, culturale e questo impatta sul comportamento d’acquisto.
Il presupposto di partenza dell’analisi lead-lag è sempre che due mercati di riferimento possono avere dei sistemi culturali, sociali ed
economici molto simili; ma la somiglianza avviene in un momento temporale differente. Io suppongo che vi
possa essere una convergenza tra il mercato A e il mercato B non nel sistema economico, culturale al tempo 0 ma al tempo +1. Il
consumatore del mercato B assumerà un comportamento d’acquisto simile al consumatore del mercato A al tempo +1. Sulla base di questa
ipotesi dico che il prodotto oggetto di analisi nel mercato B sarà uguale al tempo 1 alla domanda dello stesso prodotto del mercato A al
tempo 0. Quindi vuol dire che devo stimare questo tempo ritardato.
Supponiamo come nell’esempio di voler stimare il potenziale di video on-
demand nel mercato italiano, avendo nota la serie storica della domanda
di video on-demand del mercato americano. Le due curve si muovono in
modo parallelo, questo indica che la struttura delle due curve è analoga
ma con una distanza temporale. Il comportamento del consumatore
Italiano è simile al comportamento del consumatore americano ma con
una distanza di 2 anni. Nel 2013 il mercato americano ha un tasso di
diffusione del video on-demand del 60% delle famiglie; questo dato lo
ritroviamo nel mercato italiano nel 2015. Per cui nel 2020 vado a vedere
cosa succede nel mercato americano e poi faccio una proiezione sul
mercato italiano con un ritardo di 2 anni. La convergenza nel
comportamento di acquisito e di consumo dei due mercati avviene con un
ritardo di 2 anni, quindi la proiezione del consumo che si è verificato nel
mercato americano di riferimento lo proietto i quello italiano con un
ritardo di 2 anni. Vado a vedere oggi qual era il consumo nel mercato
americano 2 anni fa. Il limite di questo tipo di analisi è stimare il ritardo temporale, ossia stimare in quanto
tempo si può verificare la convergenza del comportamento di consumo dei due mercati. È difficile applicare questo modello in quanto è
complicato stimare il ritardo temporale; tuttavia la letteratura ci dice che i manager hanno una buona consapevolezza in base alla loro
esperienza e intuito nello stimare qual è questo tempo ritardato che consente la convergenza nei comportamenti dei consumatori. Se oggi
voglio stimare, sulla base di questo modello, il consumo del prodotto del mercato italiano, di cui mi è nota una serie storica di un mercato
di riferimento che può essere quello USA, dico che vi è un ritardo temporale di 2 anni; vado a vedere qual è stato il consumo del prodotto
rispetto a due anni prima (oggi rispetto al 2019).
Mi è nota la serie storica, mi è nota quali sono i consumi di videocassette nel mercato americano (serie storica dal 2010 al 2020). Io oggi
voglio stimare e non ho la stessa serie storica del mercato italiano e parto dal presupposto che i due mercati sono caratterizzati da modelli
di consumo simili tra di loro ma con un ritardo nell’acquisizione di un comportamento. Andrò a individuare il livello della domanda del
mercato americano due anni prima perché questa è la stima del manager di videocassette del mercato italiano.

Esempio: mercato potenziale per impianti di aria condizionata domestici.


Non abbiamo il dato puntuale, l’indicatore diretto della domanda di questi impianti. Come possiamo costruirlo?
NB: siamo a livello di secondo screening, quindi nel primo screening abbiamo eliminati tutti quei paesi che hanno condizioni climatiche per
le quali risulta incompatibile l’uso di un impianto come l’aria condizionata.
(1) Tasso di urbanizzazione (% di popolazione che vive nelle città): si presume che la popolazione che vive nelle città urbane faccia
maggiore ricorso all’uso degli impianti di aria condizionata.
(2) Percentuale della popolazione che ha accesso all’elettricità, in quanto l’uso dell’impianto dipende dalla possibilità di avere accesso
all’elettricità.
L’indicatore della domanda potenziale di impianti di aria condizionata si ottiene quindi moltiplicando fattori/indicatori appena indicati.
Stima della domanda di mercato potenziale (domanda primaria)
Questo modello di calcolo della domanda potenziale, qui riferito a un prodotto non durevole, che dovrei fare su n mercati presuppone che sia
noto il modello di consumo degli n mercati. Questo perché la stima della domanda di mercato potenziale mi consente di calcolare il massimo
livello della domanda del bene o servizio che si verificherebbe in un determinato paese se tutti i soggetti di domanda manifestassero il
bisogno di acquisto del prodotto nella massima quantità possibile
Se voglio stimare la domanda potenziale del consumo della categoria merceologica dentifricio (posso anche aggiungere per fascia d’età dai 2
ai 10 anni), questo modello presuppone che sia noto come questo prodotto viene utilizzato dagli n mercati. Dom p = P * Pt x Nu x Qu
Pt = entità della popolazione che vive nel mercato di cui si vuole stimare il potenziale;
P = % della popolazione che acquisterebbe il prodotto. La percentuale (P) varia in relazione alle caratteristiche del prodotto (es: per il bene di
consumo auto si considera la percentuale della popolazione compresa tra la fascia di età 18 anni-limite di rinnovo della patente).
Nu = numero massimo di utilizzazioni del prodotto nell’unità di tempo; quante volte viene utilizzato il dentifricio. È legata alle abitudini di
consumo del consumatore, abitudini che possono variare da un paese ad un altro.
Qu = quantità massima utilizzabile per ogni occasione d’uso, cioè quanto dentifricio viene utilizzato in ogni lavaggio
La complessità maggiore è applicare la formula per tutti gli n mercati, anche perché devo partire dal presupposto che tutti gli n mercati si
comportano in un certo modo (analogia di comportamento).
Questo tipo di analisi è più opportuna quando si ha un numero più contenuto di mercati, quindi a livello di terzo screening
Se a livello di secondo screening faccio un’analisi su 4/5 mercati è ancora possibile applicarlo con delle ipotesi

Attrattività industry specific: Stima del rischio paese


L’altro elemento che definisce l’attrattività è la stima del rischio paese. In realtà è un indicatore che può agire sia come un indicatore che
incide sulla dimensione dell’attrattività e quindi della domanda potenziale perché può ridurre il volume/valore della domanda, sia come
elemento che indice sull’accessibilità.
29
Con la stima del rischio paese parliamo di provvedimenti adottabili dalle autorità pubbliche locali in grado di compromettere lo sviluppo
dell’impresa sul mercato di riferimento. Le componenti del rischio paese sono:
• Rischi di instabilità: rischi legati allo scenario sociopolitico. Incertezza circa l’insorgere di conflitti interni al paese estero, la stabilità del
governo, l’avvio di ostilità verso altri paesi. I paesi a rischio conflitto sono a rischio chiusura di mercato e quindi ci potrebbe essere una
riduzione delle vendite in quel mercato.
• Rischi operativi correlati alle negative conseguenze derivanti dall’imposizione di norme penalizzanti: regimi fiscali più stringenti, selettivi
o discriminatori; controllo pubblico di alcune decisioni aziendali; vincoli nell’imposizione di personale locale nella gestione dell’impresa;
requisiti di contenuto minimo nazionale nella produzione dell’impresa estera; controlli pubblici sui prezzi; vincoli al trasferimento e al
controllo del capitale straniero o al rimpatrio degli utili. Anche in letteratura l’indicazione è che la variabile del rischio operativo può
anche essere considerato come un indicatore di accessibilità, si può collocare sia nella misurazione del livello di attrattività sia come
indicatore di accessibilità
Questi rischi possono condizionare la capacità di entrata nel mercato e il livello della domanda del mercato estero
Esempio: situazione politica in Arabia Saudita in cui lo stato medio orientale ha imposto il SASO, marchio di qualità obbligatorio necessario
per esportare nel paese. Dalla sua applicazione a partire da settembre 2019 il marchio di qualità SASO ha penalizzato l’accesso degli
esportatori ceramici europei al mercato dell’Arabia Saudita con una perdita mensile media di circa 15 milioni di euro di fatturato.
Un altro esempio di quanto l’ambiente politico influenzi l’attrattività di un paese riguarda il Libano che oltre ad avere un difficile ambiente
sociale, rende complesso effettuare all’estero bonifici bancari per evitare fughe di capitale. Questo va a danno dell’impresa che non può
essere pagata in breve tempo
Questi due esempi dimostrano come il sistema politico può impattare sul livello della domanda nel mercato estero
Nel caso Bosch il gruppo dirigente impegnato nell’analisi dei mercati esteri decide di non entrare nei mercati instabili dal puto di vista
politico
L’impresa a fronte di questi rischi può decidere di non entrare su quel mercato oppure, poiché si tratta di mercati con elevata dimensione
della domanda, di entrarvi ma la dimensione del paese può incidere sul come entrare nel paese, ad esempio livelli di rischio politico piuttosto
elevato potrebbero indurre l’impresa anche laddove fosse conveniente a non realizzare un investimento diretto ma di affidarsi a operatori
esterni, intermediari commerciali. Essendo un dato oggettivo, può essere effettuata una comparazione tra mercati. Nonostante sia un rischio
oggettivo vi è un elemento di percezione da parte dell’impresa, le imprese possono percepire un rischio paese in modo differente.
Nell’impresa che si sta analizzando il fattore rischio può assumere un peso molto elevato nel processo decisionale oppure meno rilevante
rispetto alle altre dimensioni che impattano sulla sua decisione. Può essere una dimensione importante da analizzare per l’impresa con la
finalità innanzitutto di decidere se entrare o meno, poi come entrare nel mercato, con quale strategia.
Può essere anche una dimensione per un’impresa già presente sul mercato estero per valutare l’andamento del mercato, ad esempio a fronte
di un peggioramento del rischio paese l’impresa potrebbe decidere di disinvestire/modificare la strategia di presenza nel mercato o addirittura
uscire dal mercato.

Grado di accessibilità dei mercati selezionati


L’accessibilità misura gli ostacoli che l’impresa incontra e che quindi deve superare per poter entrare nel/nei mercato/i che sta analizzando. È
una dimensione che consente in modo comparato di poter arrivare a individuare una classifica dei paesi, ovvero misurare l’entità degli
ostacoli da superare per ciascun mercato. I mercati più accessibili, insieme al dato dell’attrattività, definiscono per l’impresa i paesi più
interessanti in cui entrare.
Il grado di accessibilità è riconducibile a due macro categorie: barriere naturali e artificiali che l’impresa deve valutare

1. L’analisi delle BARRIERE NATURALI che caratterizzano un paese riguarda l’analisi:


• Dell’ambiente competitivo
• Delle infrastrutture di marketing
• Della distanza geografica e culturale

2. L’analisi delle BARRIERE ARTIFICIALI che l’impresa estera deve affrontare per collocare la propria offerta in un determinato paese riguarda
l’analisi:
• Delle barriere tariffarie, dazi e imposte che gravano sulle importazioni se le vedo dal punto di vista del paese verso cui sono destinati i
nostri prodotti o sulle esportazioni se lo vedo dal punto di vista del paese da cui provengono i prodotti.
Tributo che grava sulle merci che fanno ingresso nel paese, riducendone la competitività rispetto alla produzione locale, per effetto
dell’aumento del prezzo. Le barriere tariffarie impattano sulla economicità del prodotto, questo ostacolo può rendere il mercato estero più
o meno accessibile. L’impresa infatti deve valutare il costo del dazio sul prezzo del prodotto, deve decidere e aumentare il prezzo per
assorbire il dazio oppure deve ridurre il proprio margine a parità di prezzo (impatto sulla profittabilità in quanto o riduce il margine oppure
rischia di non conquistare quote di mercato sul mercato estero dato che il suo prodotto deve competere con i prodotti locali che non
risentono dell’effetto del dazio).
Es: immaginiamo le esportazioni auto mercato americano. Dazi sulle importazioni di auto straniere. Le auto straniere risultato meno
competitive sul mercato americano rispetto alle auto americane prodotte dalle case automobilistiche americane. Per mantenere il livello di
competizione l’impresa può decidere di andare a produrre in America oppure di ridurre i propri margini di guadagno non traslando il dazio
sul prezzo
• Delle barriere non tariffarie, tutte le misure e normative che impattano sulla capacità di vendita nel mercato estero. Possono essere
normative che impattano sulla composizione del prodotto (richiesta di certificazione di qualità), sulla quantità di prodotto che può essere
importato in quel paese, e cosi via. Sono più difficili da quantificare come impatto sul prezzo e sulla profittabilità dell’impresa. Non si
traducono nella corresponsione di un tributo, ma producono lo stesso effetto economico di quelle tariffarie. Al crescere del numero di
normative, si riduce l’accessibilità verso quel mercato.
[Banca dati della commissione europea sulle barriere artificiali: http://madb.europa.eu/madb/indexPubli.htm]

Accessibilità dei mercati selezionati - barriere naturali: Analisi del contesto competitivo (concorrenza locale/estera)
L’intensità della competizione in un dato mercato è un importante fattore che influenza:
• la facilità di entrata nel mercato
• l’entità delle esportazioni potenziali in quel mercato, quindi sul livello della domanda in quel mercato
• la modalità di operare in quel mercato, perché a fronte di una forte concorrenza l’impresa può decidere di entrare affidando le esportazioni
a intermediari commerciali, acquisendo un concorrente molto forte facendo investimenti diretti esteri o facendo un accordo col
concorrente

30
• la potenziale profittabilità
L’intensità competitiva è molto importante perché permette di misurare la profittabilità del mercato estero

L’analisi della concorrenza locale del mercato estero sarà costituita sia dalle imprese nazionali che operano in quel mercato o quelle straniere
che vendono sul mercato in questione.
Quindi l’analisi della concorrenza locale significa identificare:
- Provenienza del prodotto consumato nel mercato in questione: produzione locale o importazione
- Numero, dimensione e forza finanziaria e relazionale delle imprese concorrenti del mercato e studiare anche il sistema di relazione che le
imprese operanti nel mercato estero locali oppure straniere hanno instaurato con il sistema della distribuzione locale
- Quota di mercato dei concorrenti e relativo tasso di crescita
- Strategie competitive dei concorrenti: livello qualitativo dei prodotti, prezzo, distribuzione, comunicazione
Tutto questo da fonti secondarie è complicato, non è agevole fare un’analisi di questo tipo che invece in modo più puntuale può essere fatta a
livello di terzo screening

Intensità della competizione in un dato mercato: misure indirette


Tuttavia a livello di secondo screening possiamo misurare delle misure indirette
Posso misure la capacità esportativa delle imprese del mercato estero. Si tratta di una misura indiretta della competitività del prodotto di quel
mercato/paese perché tanto più le imprese del mercato estero sono in grado di esportare, tanto più hanno una produzione che soddisfa sia il
mercato nazionale che quelle del mercato estero (ipotesi)
Eccezione: nei paesi industrializzati le esportazioni possono derivare non necessariamente dalle imprese locali, ma dalle imprese straniere
che hanno delocalizzato l’attività di produzione in quei mercati. I paesi in via di sviluppo quali mercati di produzione del prodotto per le
imprese straniere e che non hanno ancora un mercato domestico per quel prodotto
Se penso al settore moda o della ceramica e guardiamo le esportazioni in questi settori del mercato cinese; non abbiamo la certezza di dire
che le esportazioni sono delle imprese cinesi, ma possono essere di altre imprese che hanno investito in Cina.
Un mercato straniero è potenzialmente più accessibile e quindi meno competitivo se allo stesso tempo:
• sta aumentando le importazioni di un determinato prodotto
• sta perdendo quote di esportazione di quel prodotto (ciò riflette una riduzione della competitività delle imprese locali). Ciò significa che la
domanda locale è soddisfatta da prodotto straniero e meno dal prodotto locale
Se aumentano le importazioni e si riducono le esportazioni relativamente alla categoria merceologica di riferimento significa che il mercato
risulta più accessibile e quindi l’intensità competitiva è più contenuta
Quindi un mercato straniero è potenzialmente più accessibile se allo stesso tempo sta aumentando le importazioni di un determinato prodotto,
vuol dire che non ci sono correnti locali in grado di soddisfare pienamente le esigenze del mercato locale e quindi il paese importa, e sta
perdendo quote di esportazione di quel prodotto (ciò riflette una riduzione della competitività delle imprese locali), vuol dire che il prodotto
locale diventa poco attrattivo non solo per il mercato nazionale ma anche per i mercati esteri.
Analisi delle infrastrutture di marketing
Per le infrastrutture di marketing facciamo riferimento al sistema della distribuzione e struttura della comunicazione

Analisi della struttura dei canali di distribuzione esistenti nei paesi esteri considerati (disponibilità e caratteristiche).
Vogliamo analizzare di quegli n mercati com’è struttura la distribuzione (corto, dal produttore al cliente finale o passaggio al dettagliante e
grossista).
Perché dovrebbe essere utile conoscere il sistema distributivo del mercato estero e perché questa informazione rientra nel concetto di
accessibilità? In relazione al sistema distributivo del mercato estero l’impresa deve definire come entrare e qual è il costo dell’entrata nel
mercato estero. Se il sistema distributivo è molto frastagliato l’impresa deve mettere in conto di doversi rapportare con un numero di grossisti
e dettaglianti elevato
Il sistema distributivo indiano è molto frastagliato, è tipico del sistema italiano il passaggio da molti grossisti e dettaglianti. Catena
distributiva molto lunga
L’altro discorso è esiste la grande distribuzione nel mercato estero? Ha un potere molto forte? Qual è la relazione tra la grande distribuzione
e la concorrenza locale? Tutto questo crea una barriera all’entrata, barriera del potere contrattuale del cliente. Crea il potere del cliente
intermedio nei confronti del prodotto e, in particolare straniero
Influenza le possibilità di penetrazione del mercato, come entrare nel mercato e le scelte distributive:
- struttura dei canali di vendita: grado di concentrazione della distribuzione; presenza/assenza della grande distribuzione
- presenza di marchi commerciali affermati nel contesto locale e loro relazione con i produttori locali.
- diffusione sul territorio delle principali insegne mondiali. Possono essere un veicolo per la penetrazione commerciale del prodotto
dell’impresa straniera
- presenza di personale di vendita qualificato (es.: agenti di vendita presenti sul mercato estero).
Questo tipo di analisi non è agevole farla tramite fonti secondarie. È un tipo di indicatore molto interessante ma difficile da misurare
attraverso fonti secondarie. Vi possono essere delle proxy, come livello di urbanizzazione nel mercato, configurazione del territorio. Nei
paesi con un’elevata concentrazione di zone urbane rispetto a quelle rurali, è molto facile che ci sia una maggiore diffusione della grade
distribuzione rispetto alla piccola, sistema corto rispetto al sistema lungo
Questo tipo di analisi può essere meglio sviluppata a livello di terzo screening

Più agevole è misurare la struttura della comunicazione perché può impattare sui come promuovere e comunicare il prodotto sul mercato
estero.
Questa analisi della struttura della comunicazione è importante per capire:
- il ruolo della pubblicità e delle altre forme di comunicazione (fiere, personale di vendita, sponsorizzazioni, promozioni …)
- disponibilità dei mezzi e infrastrutture (grado di diffusione mezzi di informazione: tv, radio, internet, giornali, cinema, teatri …)

Distanza geografica e culturale

31
La distanza geografica influenza i costi di trasporto (impatto sul prezzo) e il come entrare nel mercato estero.
La distanza culturale ha un impatto sul comportamento d’acquisto. Influenza le strategie di marketing (decisioni di adattamento del prodotto
e delle altre leve del marketing mix). Questo è un indicatore che può essere utile analizzare da fonti secondarie perché possiamo avere
un’indicazione del livello di similarità o differenza culturale tra il mercato nazionale e il mercato estero, soprattutto per le imprese meno
propense a modificare le strategia di vendita, di prodotto, di comunicazione e distribuzione, quindi sono interessate a trovare mercati simili al
mercato nazionale.
Nell’analisi comparativa tra i mercati l’impresa può decidere di eliminare a livello di secondo screening i mercati che hanno un’elevata
differenza culturale rispetto a quello nazionale, perché questo significa andare ad adattare o pensare a un nuovo prodotto per il mercato
estero.
Cultura del paese: valori, (usi, costumi ..), ruolo della donna (es.: tassi di occupazione femminile), composizione della famiglia, religione
Questa misura è importante perché per alcune tipologie di prodotto può modificare il comportamento dei consumatori da un consumatore
all’altro. Per un’impresa invece è importante perché influenza le strategie di marketing (decisioni di adattamento del prodotto e delle altre
leve del marketing mix), infatti maggiore è il livello di similarità minore è l’esigenza per l’impresa di dover adattare il prodotto e le altre
strategie di vendita rispetto a quel mercato. Le differenze culturali possono impattare anche sulle strategie di entrata, come negoziare con
consumatori del mercato estero può indurre un’impresa a una strategia di collaborazione, di esportazione indiretta ecc
La distanza culturale può essere misurata con indicatori di similarità:
• indice di sviluppo umano → aspettativa di vita, PIL pro capite, livello di istruzione (livello di alfabetizzazione) → human development
index (HDI) http://hdr.undp.org/en/composite/HDI
• misurazione distanza culturale consultando il database dei due studiosi americani: http://dow.net.au/?p=1
18/11/2021
Modello di analisi del mercato: Definizione Pesi e Range
Dobbiamo risolvere due problemi: le variabili individuate hanno tutte la stessa importanza nel processo decisionale che sto implementando
and per valutare e analizzare i mercati esteri? L’impresa valuta allo stesso modo un mercato dal punto di vista dell’attrattività e
dell’accessibilità? Per l’impresa è importante allo stesso modo che il mercato abbia una buona domanda potenziale e corrente relativamente
alla categoria di prodotto e allo stesso modo è importante che il mercato sia accessibile?
Oppure è un’impresa che, date le sue caratteristiche interne, valuta in maniera molto più rilevante l’accessibilità (perché superare gli ostacoli
di entrata per questa impresa è molto complesso in quanto dotarsi di una certificazione è impegnativo) rispetto alla dimensione della
domanda (questa piccola impresa occupandosi di una nicchia di mercato non ha necessità di volumi di domanda significativi quindi elevata
attrattività)? Le variabili hanno tutte la stessa importanza?
Questo concetto ci rimanda all’importanza, peso che le singoli variabili hanno nel processo decisionale.
Per questa impresa di piccole dimensioni, dato il vincolo interno di risorse e competenza, valuterà l’accessibilità con un peso maggiore
rispetto all’attrattività
Diversamente un’impresa dotata di risorse e competenze in grado di poter affrontare gli ostacoli, la pressione competitiva e barriere
interessate è interessata ad individuare mercati con livelli significativi di domanda.
Nel suo processo decisionale l’attrattività ha un peso maggiore nella valutazione rispetto all’accessibilità. Tradotto in numeri: su una scalda
in termini percentuali, l’attrattività peserà per il 70%, l’accessibilità per il 30%.
Non esiste una regola perché dipende dal processo decisionale dell’imprenditore e del manager che fa l’analisi dei mercati esteri.
Per definire questi pesi il team che sta svolgendo l’analisi dovrà relazionarsi con quel decisore e valutare insieme quali possono essere i pesi
da attribuire alle variabili. La prima colonna della tabella è un’indicazione del peso in termini percentuali che va stabilito insieme a chi
deciderà o meno di entrare sui mercati esteri.
L’analista può decidere come misurare il peso: in termini percentuali, su una scala da 0 a 1, …
I dati inoltre possono essere misurati con unità diverse, il PIL pro capite per esempio con unità valuta, l’incidenza della popolazione per
fascia d’età con una percentuale
Come faccio a elaborare dati che sono espressi in unita di misura differenti?
Non sono sommabili i valori che hanno unita diverse. C’è un problema di riclassificazione di questi valori. Affinché possa nell’elaborazione
dei dati sommare il valore relativo al PIL pro capite e l’incidenza della popolazione per fascia d’età, devo riclassificare questi variabili su una
scala da 1 a 10 o da 1 a 5, sarà l’analista a scegliere che scala utilizzare. Una scala da 1 a 10 mi da una gradualità maggiore mentre una scala
da 1 a 5 mi da una scala di riclassificazione più ristretta, ho una minore precisione nella riclassificazione

Ad esempio dobbiamo riclassificare il PIL pro capite. Il valore è 1 quando è estremamente basso, 10 quando è estremamente alto. Nel mezzo
ci sono i valori intermedi.
Dico che per quell’impresa, come nell’esempio che il PIL pro capite è molto basso se è inferiore a 1000 dollari al mese; è invece considerato
estremamente alto se superiore a 5000 dollari al mese. Nel mezzo abbiamo le fasce intermedie (considerato poco più che basso nel 2, medio
tra 2 e 3, …)
Per quanto riguarda l’indicatore di incidenza della popolazione per fascia d’età, l’analista potrebbe decidere che è considerata molto bassa
un’incidenza inferiore al 15%, media tra il 20% e il 22% e molto alta quando superiore al 33%. Un’altro analista potrebbe benissimo
modificare questi numeri. Questo rispecchia una configurazione diversa di un’impresa; per una piccola impresa lo schema potrebbe essere
questo, invece una grande impresa che ha l’ambizione di entrare in un mercato con maggiore capacità di acquisito e maggiore capacità di
domanda potrebbe considerare valori diversi. Per esempio un paese che
produce beni di lusso fisserà delle soglie, soprattutto per il PIL pro capite,
La definizione di questi pesi non può prescindere dalla specifica realtà

Modello di analisi del mercato: Schema di analisi

32
Supponiamo che la nostra analisi i attrattività si paesi sul PIL pro capite e l’incidenza della popolazione per fascia d’età. Supponiamo che i
pesi siano il 10% per il PIL e il 15% per l’incidenza della popolazione.
Per il paese 1 il PIL pro capite è 4500 dollari. Questo valore nella scala che sto costruendo lo posso riclassificare come 9, in quanto poco
inferiore di 5000
Questo lavoro di riclassificazione lo farò per gli n mercati, sulla base della scala che mi sono data
Io so che questa variabile pesa per il 10%, quindi a questo punto il valore relativo al PIL pro capite del paese 1 sarà 0,1 (10%) * 9 = 0,9
Quindi l’indicatore di PIL pro capite per il paese 1 lo traduco pesato in 0,9
Nel momento in cui devo sommare PIL pro capite e percentuale dell’indicazione della popolazione, a questo punto posso sommare i valori.
Supponiamo che l’incidenza della popolazione nella classe d’età 10-30 sia il 30%, riclassificabile come 3. Questi 9 e 3 devono essere
ponderati per 0,1 e 0,15 per poter effettuare la somma
Per il paese 2 supponiamo che il PIL pro capite sia di 1500 dollari, quindi
lo riclassifichiamo come 2. Traduco il 1500 dollari nel numero 2: 0,1 * 2 =
0,2
Possiamo pensare che per il paese 2 l’incidenza nella popolazione nella
classe d’età 10-30 è pari al 20%, lo riclassifico nella scala da 1 a 10 in 2:
0,15 * 2 = 0,3
Quindi io non posso sommare 1500 e il 20% perché non hanno la stessa
unità e non posso sommare nemmeno i valori 2 in quanto non sono pesati
allo stesso modo perché per l’analista il PIL pro capite ha un’incidenza del
10% mentre l’incidenza della popolazione il 15%. Per il decisore è più
importante che ci sia una popolazione con una certa fascia d’età piuttosto
che il PIL pro capite
Quindi i valori 2, valore di riclassificazione, non assumono lo stesso
valore perché devono essere pesati per 0,1 (PIL) e per 0,15 (incidenza
popolazione). Così procedo per le n variabili considerate e gli n paesi

Modello di analisi del mercato: caso Bosch


Il caso Bosch fa riferimento a sistemi di impianto anti incendio
Questo sistema di rilevazione comprende un sistema di allarme, rilevazione e di irrigazione in caso di incendio.
La domanda verso questo prodotto dipende dalla dimensione del mercato del safety (numero di abitazioni coinvolte), dalle normative
presenti nei mercati che possono normare in modo diverso i sistemi antincendio e dalla dimensione del mercato
Il gruppo dirigente della Bosch è interessato a espandersi nel mercato del medio oriente (8 paesi).
La loro analisi dello sviluppo commerciale nel medio oriente parte dalla valutazione degli 8 mercati (primo screening)
Si chiedono: Come possiamo individuare il primo mercato in cui crescere ulteriormente nel medio oriente? Individuano indicatori go-no go
definiti in termini di stabilità politica e paesi che sono già presidiati dall’impresa. I mercati in cui sono già presenti è un indicatore
qualitativo; il concetto di stabilità o instabilità politica lo posso definire
oggettivamente tramite il doing business abroad, ma tuttavia dipende anche
dalla esperienza maturata dal manager quindi c’è sempre una componente
soggettiva.
Sulla base di questi 2 elementi vengono eliminati l’Egitto (paese già
presidiato) e Iran (paese giudicato non stabile)
Il secondo screening riguarda la costruzione di una matrice che riguarda
l’attrattività del mercato (MA) e la forza competitiva (CS).
Nella prima tabella possiamo vedere che l’attrattività del mercato viene
misurata con diversi indicatori: PIL pro capite misurato in dollari, rapporto
prezzo-qualità (market focus), tasso di crescita del mercato, …
Questi indicatori sono scelti cosi perché questo team ha individuato queste
variabili, sulla base delle caratteristiche del settore, del prodotto e
dell’impresa, per poter misurare l’attrattività.
Dobbiamo riclassificare le variabili perché presentano unità di
misure diverse in quanto non si possono sommare
La riclassificazione che eseguono si può vedere nella tabella. Per
loro il PIL pro capite e molto basso se inferiore a 10 mila dollari,
medio se è compreso tra 11 mila e 20 mila, molto alto se maggiore
di 21 mila dollari, e corrispondono a 1, 3 e 5
Lo stesso ragionamento viene fatto per le variabili che riguardano la
forza competitiva.
In termini di accessibilità io potrei considerare variabili che fanno
riferimento alla conoscenza che posso acquisire nei mercati esteri e
la qualità delle relazioni che posso instaurare con il network locale
Questo perché l’accessibilità dipende dal livello di conoscenza che
ho con il mercato estero (distanza psichica); se ho conoscenza di un
mercato e più facile superare la percezione di rischio di operare in quel mercato quindi avrò una maggiore propensione ad entrare in quel
mercato.
Per questi analisti è stato rilevante inserire tale tipo di valutazione percettiva; loro hanno valutato la conoscenza che hanno dei mercati esteri
e il livello di qualità delle relazioni con il network locale e le hanno classificati come si può vedere nella seconda tabella

In questa tabella posizionano nelle righe gli indicatori, nelle colonne i paesi
La prima colonna indica il peso, ossia l’importanza attribuita alle variabili oggetto di analisi. La somma dei decimali da 1, quindi è misurato
su una scala da 0 a 1
Il peso è lo stesso per le stesse variabili nei diversi mercati; cambia però il valore dell’indicatore economic position
Questi dati nella tabella sono già la moltiplicazione tra il peso e lo scoro

33
0,05 mi sta dicendo che la posizione economica della Giordania si può classificare in una scala tra 1, 3 e 5 come 1
Successivamente hanno fatto la somma. Per quanto riguarda l’attrattività del mercato dalla tabella deriva che il paese che presenta lo score
maggiore è costituito dagli Emirati Arabi Uniti. La riga del totale mi da una graduatoria rispetto alla market attractiveness
5 è il punteggio più elevato. Come secondo c’è l’Arabia Saudita
Lo stesso viene fatto sul fronte dell’accessibilità o forza competitiva. Anche gli Emirati Arabi Uniti sono primi.
A questo punto abbiamo una graduatoria sul fronte dell’attrattività e accessibilità
Tuttavia nel processo decisionale attrattività e accessibilità avranno un’importanza differente. Quindi il totale dell’attrattività e della forza
competitiva vanno pesati e sommati
Se fosse il 50% sarebbe 0,5 * 3,70 guardando agli Emirati Arabi Uniti e 0,5 * 5
In questo modo la somma ponderata di attrattività e forza competitiva per ciascun mercato mi da la graduatoria finale.
Abbiamo costruito un ranking paesi sulla base della loro dimensione di attrattività e accessibilità
A questo punto gli analisti hanno individuato che il primo mercato rilevante sono gli Emirati Arabi Uniti.
Ora si apre la terza fase in cui l’impresa deve entrare nella conoscenza più dettagliata del primo mercato dove potenzialmente sta decidendo
di entrare per acquisire ulteriori informazioni in modo fa rispondere alla domanda: date le caratteristiche del mercato e del prodotto, qual è la
dimensione del mercato? Il mercato è coerente con il prodotto e le strategie d’impresa (vi è un attrattività firm specific, l’impresa è in grado
con il suo prodotto di soddisfare le esigenze del mercato)? È difficile entrare e competere in questo mercato?
L’impresa deve acquisire ulteriori informazioni per definire come entrare sul mercato, come vendere sul mercato e stabilire le strategie di
prezzo, prodotto, distribuzione e comunicazione

Terzo screening: Grado di attrattività e accessibilità per l’impresa


A livello di terzo screening (analisi dei mercati primi nella graduatoria derivanti dal secondo screening) devo svolgere un’analisi
DELL’ATTRATTIVITÀ FIRM SPECIFIC: verifica della misura in cui l’offerta aziendale corrisponde alle caratteristiche quali/quantitative della
domanda locale.
Devo svolgere un’analisi sul campo, quindi da fonti primarie (analisi di tipo qualitativo o quantitativo a seconda se sto svolgendo un’analisi
di tipo esplorativo tramite focus group oppure un’analisi di tipo descrittivo tramite questionari presso un campione di consumatori). Rispetto
alle tecniche di analisi in profondità possiamo dire che un’indagine quantitativa può essere fatta face to face, oppure telefonicamente o
tramite email. La propensione all’uso di uno strumento di somministrazione di un’indagine può essere differente da un mercato all’altro.
Occorre capire come utilizzare gli strumenti di indagine per fare analisi quantitative o qualitative.
Questo tipo di analisi serve per poter cogliere le caratteristiche della domanda e del mercato oggetto d’analisi e capire se il prodotto della
impresa è in grado di soddisfare le esigenze del consumatore nel mercato estero oppure debba essere adattato oppure ne debba essere creato
uno nuovo
- Analisi delle caratteristiche della domanda: analisi delle variabili legate all’ambiente sociale e culturale che influenzano il comportamento
di acquisto del consumatore; misurazione della capacità di assorbimento dell’offerta (e relativi tassi di crescita)
- Individuazione dei segmenti di mercato
- Formulazione delle strategie di vendita (politiche di marketing mix): se è necessario un adattamento, adattare il prodotto per meglio
rispondere alle caratteristiche del mercato, o una standardizzazione, vendere lo stesso prodotto sul mercato nazionale.

Questo tipo di analisi la facciamo al livello di terzo screening perché è complesso fare un’analisi in profondità, che richiede risorse
finanziarie, umane, analisi molto dispendiosa che richiede tempo, quando abbiamo tanti mercati. È un’analisi che non si può fare tramite
fonti secondarie perché bisogna farlo sul campo, quindi bisogna ridurre l’indagine su un numero limitato di mercati

Decisioni di Marketing mix: politiche di prodotto


Attraverso questa analisi in profondità l’impresa può acquisire informazioni che riguardano le politiche di prodotto (focus group e ricerche
qualitative), come adattare il prodotto e le altre leve
Decisioni di politiche di prodotto:
• Focus Groups e ricerche qualitative (idee per nuovi prodotti o adattamenti)
• Indagini di mercato (analisi quantitative): ricerche relative ai benefici di prodotto ricercati e atteggiamento verso il prodotto
• Formulazione del prodotto
• Testing di prodotto, test di marketing: se è un nuovo prodotto o un prodotto adattato vado a testare il prodotto

Spesso le indagini qualitative e quantitative si combinano. Faccio prima un’analisi qualitativa per acquisire informazione sugli attributi
ricercati dal prodotto perché non ho questo dato già acquisito relativamente a un determinato mercato
Successivamente individuo un campione di consumatori, intervisto questo campione in base a un questionario precedentemente costituito per
capire l’atteggiamento verso gli attributi invidiati nella prima analisi qualitativa

Le stesse indagini mi danno delle informazioni sulle decisioni di prezzo. Il prezzo può essere definito in base alla struttura dei costi, tuttavia
non può prescindere anche dall’atteggiamento della domanda rispetto al prezzo
• Indagine sui prezzi di vendita
• Studi sulla sensibilità al prezzo

Decisioni di distribuzione
• Indagini su comportamento e modelli di acquisto del consumatore
• Attitudine dei consumatori verso differenti tipologie di punti vendita (preferenza
per l’acquisto del prodotto nei supermercati piuttosto che nei punti vendita
specializzati)
• Indagine sui comportamenti e le politiche dei distributori. Analizzare il rapporto
di relazione tra la distribuzione e la concorrenza locale/estera; misurare il grado
di concentrazione (presenza o meno della grande distribuzione o presenza di
canali distributivi frastagliati). Questo tipo di informazione è più facile
acquisirle da fonti primarie o secondarie da dettagliate su uno specifico mercato
sopratutto se dobbiamo fare delle comparazione

34
Decisioni di comunicazione – pubblicità
• Pre-testing sulla pubblicità
• Indagine sugli atteggiamenti verso i media. Questo è uno di quei dati su cui posso lavorare considerando le informazioni da fonti
secondarie

Decisioni sulle promozioni


• Indagine sull’atteggiamento ai diversi tipi di promozione.

Sono tutte attività che si possono svolgere su un solo specifico mercato al massimo due non di più, in quanto richiedono tempo e sono
costose, e facendo analisi sul campo. Questa analisi fa capire quindi quanta domanda potenziale può essere soddisfatta e in che modo
organizzare l’offerta dell’impresa.

L’analisi a livello di terzo screening riguarda l’analisi dell’accessibilità e attrattività firm specific
ACCESSIBILITÀ FIRM SPECIFIC: analisi dell’ambiente competitivo, tenuto conto delle caratteristiche dell’impresa e della sua offerta.
Analizzare un mercato estero dal punto di vista della forza competitiva significa adottare il modello di Porter.
Bisogna riuscire a distinguere tra concorrenti locali nazionali e concorrenti esteri presenti sul mercato, dopodiché analizzare le loro strategie
di vendita in termini di eventuali adattamenti del prodotto, di capacità e competenze dei concorrenti.
Si fa una comparazione tra la forza competitiva (l’offerta) dell’impresa e i possibili concorrenti di quello specifico mercato su cui si sta
svolgendo l’analisi.
- Analisi volta a individuare i vantaggi competitivi che differenziano l’impresa rispetto ai concorrenti: strategia perseguita dai concorrenti;
capacità, competenze e risorse di cui i concorrenti dispongono; capacità di risposta dei concorrenti
- Analisi delle altre forze competitive (fornitori, clienti intermedi o industriali) —> modello di Porter
Si tratta di analisi che devono essere fatte in profondità analizzando uno specifico mercato; impossibile farlo da fonti secondarie

PROFITTABILITÀ POTENZIALE DEL/I MERCATO/I SELEZIONATO/I in termini di:


- A questo punto l’impresa ha un analisi di attrattività a livello di secondo screening e un’analisi firm specific del primo mercato, per cui
posso misurare:
• Volumi di fatturato: analisi della struttura e dell’evoluzione della domanda e della composizione del/i segmento/i di consumatori
- Dopodiché abbiamo un’analisi di accessibilità, in termini di:
• Pressione competitiva: valutazione delle quote di mercato conseguibili
• Costi di adattamento del prodotto, dovuti a vincoli normativi, comportamento dei consumatori del mercato. Vi possono essere anche dei
vincoli normativi che mi obbligano ad adattare il prodotto
• Costi di gestione dell’entrata: costi di trasporto, logistica, magazzinaggio, coperture assicurative, dazi
• Costi di distribuzione, derivanti dalle condizioni negoziali degli intermediari commerciali locali
Dopo aver acquisito queste informazioni si costruisce una matrice di attrattività/accessibilità e compatibilità/competitività

Matrice: Attrattività/ accessibilità mercato - Compatibilità/Competitività d’impresa


Le priorità per l’entrata sui mercati esteri
Su un’asse mettiamo la competitività/ compatibilità dell’impresa
(analisi terzo screening) e sull’altra attrattività/accessibilità del paese
(analisi secondo screening)
Non sarà una matrice ricca perché il numero dei mercati da analizzare
a livello di terzo screening sarà ridotto
Se abbiamo analizzato due/tre mercati a livello di terzo screening si
potrebbe applicare una matrice di questo tipo, se invece è stato
analizzato un solo mercato no
Una matrice di questo tipo adattata può essere anche utilizzata a
livello di secondo screening, dove su un’asse metto l’attrattività e
sull’altra l’accessibilità
Devo definire delle dimensioni: bassa, media, alta (valutazione
soggettiva)
Il mercato che si colloca nel quadrante di opportunità primaria è
caratterizzato da alta compatibilità/competitività e
accessibilità/attrattività. Dall’analisi del secondo screening posso
sapere che questo mercato presenta un’elevata domanda potenziale e
in termini di barriere naturali e artificiale queste sono basse
Sull’analisi del terzo screening posso capire che l’offerta dell’impresa è compatibile con le caratteristiche del mercato, quindi può richiedere
o limitate strategie di adattamento oppure che le strategie di adattamento che l’impresa è in grado di realizzare rispondono alle esigenze di
quel mercato; si tratta inoltre di un mercato in cui la forza competitiva è ridotta in relazione all’offerta dell’impresa. I paesi che si collocano
nel quadrante rosso sono paesi in cui l’impresa ha convenienza ad entrare
In un mercato caratterizzato da opportunità primaria l’impresa ha la necessità di presidiare dall’interno quel mercato con investimenti di
natura produttiva o commerciale; l’impresa ha necessità di avere un controllo diretto per quel mercato
I mercati nel quadrante delle opportunità secondarie sono caratterizzate da alta competitività/comparabilità e media attrattività/accessibilità.
Significa che l’impresa ha un’offerta in grado di soddisfare, una buona forza competitiva. Ma ha livelli di attrattività e accessibilità contenuta
Esempio: impresa del settore alimentare italiano. Entrare in un mercato caratterizzato da una media accessibilità e attrattività non consente
all’impresa di presidiare il mercato.
L’impresa nel quadrante opportunità secondarie ha una convenienza ad entrare con una forma come accordo, esportazioni dirette
Nel quadrante delle opportunità di terz’ordine sono posizionati i mercati in cui è conveniente vendere con investimenti molto bassi. Quindi
vendo se c’è richiesta da parte dei clienti stranieri, vendo a un importatore con investimenti molto contenuti
I quadranti in bianco non sono da considerare nell’analisi in quanto sono in basso nella graduatoria a partire dal secondo screening

35
Questa matrice mi permette di capire su quale mercato entrare e come entrare sul mercato considerata la combinazione di
compatibilità/competitività e attrattività/accessibilità
22/11/2021
Matrice: Attrattività mercato/Compatibilità d’impresa: caso Bosh
Questa matrice può essere costruita anche in modo diverso, in questa matrice abbiamo
combinato i risultati del secondo screening: attrattività e accessibilità
Questa matrice può essere utile per collocare un numero maggiore di dati, basandosi solo su
dati secondari, quindi un’analisi industry specific e non firm specific
Nel caso Bosh la dimensione dei cerchi rappresentati da’ una dimensione del mercato, quello
collocato in alto a sx, Emirati Arabi Uniti, è molto ampio, l’impresa ha una buona forza
competitiva sulla base delle dimensioni analizzate a livello di secondo screening quindi
rappresenta il mercato in cui la Bosh avrebbe convenienza ad entrare come primo mercato, ad
entrare con un investimento diretto.

Grado di diversificazione geografica


Decisione relativa al numero di paesi da considerare nel processo di sviluppo internazionale. In
definitiva, la decisione che si pone ora all’impresa è se entrare in uno o più mercati di quella
classificazione, se entrare in parallelo quindi con strategie diverse.

Scelta tra:
- Concentrazione geografica —> L’impresa concentra l’interesse su un numero ridotto di aree del mercato internazionale tra quelli frutto
dell’analisi. Decide di entrare in un numero limitato di mercati geograficamente e culturalmente simili (ma non necessariamente!)
Vantaggi: si focalizzano gli sforzi e le azioni su pochi mercati (solitamente, ma non necessariamente geograficamente e
culturalmente vicini al paese di origine e quindi caratterizzati da elevato grado di similarità). Concentrare risorse e competenze, che
sono elementi scarsi, in un numero ridotto di mercati per utilizzarle in modo opportuno.
Svantaggio: esporsi al rischio paese
- Diversificazione geografica —> L’impresa suddivide le risorse aziendali su un ampio ventaglio di paesi.
Vantaggi: costruire un portafoglio equilibrato di paesi, con caratteristiche economiche, ambientali e di mercato differenti,
diversificando il rischio paese. In questo modo si diversifica il rischio paese, se si entra in mercati non integrati tra di loro si
compensa l’andamento negativo di un mercato con l’andamento positivo di un altro
Svantaggio: diversificazione geografica implica dover ripartire le risorse scarse su più mercati, avere una capacità di risorse,
competenze, capacità di coordinamento dell’azione attuata su mercati diversi (strategia adottata da imprese di grandi dimensioni)

Concentrazione e diversificazione geografica: Fattori condizionanti la scelta - Fattori Esterni


Quando analizziamo fattori di questo tipo vale sempre la raccomandazione che non è mai un fattore che impatta sulla decisione, ma è una
combinazione di fattori interni o esterni che impattano sulla decisone di concentrare o diversificare
• Tasso di crescita della domanda: Il basso tasso di crescita della domanda nei singoli mercati induce, in genere, alla diversificazione
geografica, dati gli obiettivi di sviluppo dell’impresa.
Esempio: caso Paperfruit. Vuole crescere del 10% rispetto al proprio fatturato;
• Stabilità delle vendite: Le vendite aleatorie con andamenti poco prevedibili, mercati instabili inducono a diversificare. La stabilità delle
vendite risponde alla diversificazione del rischio paese
• Tempi di imitazione dell’innovazione: Se il processo di imitazione da parte dei concorrenti è veloce conviene diversificare, conviene
entrare in un numero elevato di mercati. Esempio: comportamento della apple,
samsung. Quando lanciano un nuovo modello di telefono, l’entrata non è in un mercato ma la decisione è quella di entrare in
contemporanea in un numero elevato di mercati per recuperare velocemente i costi dell’investimento e perché l’innovazione viene
velocemente e facilmente imitata
• Barriere economiche, competitive ed istituzionali: Possono vincolare la scelta strategica di diversificazione geografica perché hanno un
impatto negativo sul costo dell’entrata, quindi tendono a spingere l’impresa verso una decisione di concentrazione

Concentrazione e diversificazione geografica: Fattori condizionanti la scelta - Fattori interni


I fattori interni fanno riferimento alla necessita di rispondere in modo coerente alle esigenze del consumatore di un mercato estero
• Adattamento del prodotto: L’adattamento sostanziale del prodotto con ingenti investimenti induce a concentrare. La presenza di
un’impresa su un elevato numero di mercati la espone maggiormente al problema di dover adattare il prodotto ai diversi mercati, per
renderlo compatibile con ciascuno di essi.
• Adattamento dell’azione di marketing e della comunicazione: Piani di marketing (strategie di comunicazione, di prezzo e di distribuzione)
adattati richiedono risorse dedicate ed inducono alla concentrazione. Capire come adattare significa svolgere analisi, decidere di fare e-
commerce, di distribuire in modo diretto il prodotto tramite piccoli punti vendita richiede una capacità di coordinamento/logistica verso la
casa madre che determina costi e struttura organizzativa che potrebbe non essere quella dell’impresa.
• Controllo e monitoraggio delle relazioni con la clientela: Prodotti problematici che richiedono attività di contatto e di relazione complesse
(es. imprese che operano nel settore B2B ma anche B2C) e costose possono indurre a preferire strategie di concentrazione, ossia dedicare
l’entrata a pochi mercati
• Dotazione di risorse interne: Vincoli strutturali alla crescita dovuti a scarsità di risorse (finanziarie e umane) possono indurre a
circoscrivere l’area geografica di influenza strategica e operativa, per cui la scelta di concentrazione è più probabile

Grado di diversificazione geografica / Similarità dei mercati


Il grado di concentrazione, cioè pochi mercati non necessariamente sono mercati geograficamente e culturalmente vicini, l’impresa potrebbe
decidere di andare anche in mercati diversi
1) Similarità concentrata: entrata in pochi mercati tra loro simili (strategia di concentrazione e standardizzazione dell’offerta (stesso
prodotto, possibilmente stesso prezzo, stessa strategia di distribuzione e concentrazione)).

36
I mercati sono piuttosto simili alle caratteristiche del prodotto dell’impresa, il cosiddetto prodotto globale/universale che non richiede
grossi processi di adattamento. Presenza in un numero significativo di mercati che però date le caratteristiche del prodotto, il segmento
del mercato a cui ci si sta rivolgendo non sono necessari processi di adattamento.
Tipica delle imprese di piccole dimensioni
2) Similarità diffusa: entrata in molti mercati tra loro simili (strategia di diversificazione e standardizzazione dell’offerta)
3) Diversità concentrata: entrata in pochi mercati tra loro diversi (strategia di concentrazione e adattamento dell’offerta)
4) Diversità diffusa: entrata in molti mercati tra loro diversi (strategia di diversificazione e adattamento dell’offerta). Strategie che imprese
di grandi dimensioni sono in grado di adottare

I criteri per la segmentazione dei mercati esteri


Stiamo valutando la segmentazione all’interno del singolo mercato. Scelto il mercato, si pone la necessità di segmentare il mercato
• Socio- demografiche: segmento sulla base della composizione della popolazione per sesso e classi di età, la struttura dei nuclei familiari, il
livello di istruzione, la distribuzione della capacità di reddito e di spesa ecc.
• Attributi/benefici ricercati: valutare la popolazione di riferimento in base all’analisi dei vantaggi ricercati dagli acquirenti nel loro processo
di acquisto e consumo nel prodotto (analisi in profondità)
• Stile di vita: Attività delle persone, loro interessi e loro opinioni su temi generali, riguardanti l’economia, l’ambiente, la società
• Comportamento d’acquisto: Tasso di utilizzazione di un prodotto, struttura delle occasioni d’acquisto, tasso di esclusività di marca,
preferenza per il canale di distribuzione adottato, tipologia di strumenti di pagamento utilizzati
Attraverso un’analisi della segmentazione l’impresa potrebbe individuare che il mercato che sta analizzando in profondità non è omogeneo,
ma è segmentato. Allora possono essere individuati gruppi di consumatori con profili di comportamenti di acquisto, di domanda differenti e
successivamente viene individuato il segmento che meglio risponde alle caratteristiche del prodotto dell’impresa o rispetto al quale l’impresa
può meglio soddisfare le esigenze. L’impresa individua il segmento target, ne misura la profittabilità in termini di attrattività, volume di
domanda, e accessibilità, costi per operare all’interno del segmento, e ne definisce poi le strategie di entrata e di vendita. Quando l’impresa
decide di operare in più mercati si pone il problema di mettere a confronto i vari segmenti individuati all’interno dei singoli mercati per
capire come rapportarsi rispetto a questi segmenti nel contesto internazionale.

Tipologie di segmentazione
1) I singoli mercati presentano SEGMENTI MOLTO DIVERSI tra loro → opportunità di approcciarsi in modo differente adottando opportune
strategie di marketing. L’impresa opera in più mercati, ma all’interno di ciascun mercato si rivolge a un target di consumatori differente.
Adattare in questo modo richiede un processo di coordinamento e di costi che rende l’operazione più complessa
Esempio: imprese che operano nel settore alimentare adattano il sistema distributivo e di comunicazione
2) I singoli mercati presentano SEGMENTI NON OMOGENEI ma con alcune IMPORTANTI SIMILARITÀ → possibilità di uniformare alcune
attività di marketing, differenziandone altre. In alternativa, progettare e implementare politiche di marketing destinate a segmenti di
paesi giudicati strategici, da proporre anche in altri mercati
Es: prodotto Made in Italy. Lo vendo com’è per non fargli perdere gli elementi di originalità tipici del prodotto italiano, però assume
strategie di prezzo, distribuzione e comunicazione diverse a seconda del segmento.
3) Presenza di SEGMENTI GLOBALI/TRANSAZIONALE con modelli di acquisto e consumo ricorrenti in diversi mercati geografici → l’impresa
adotterà una strategia di omogeneizzazione dell’offerta, o progettazione di innovazioni da diffondere su scala mondiale. Quindi stesso
prodotto con lo stesso posizionamento sul mercato estero. Esempio: Ikea, McDonald’s, Nike.
Tuttavia parlare di prodotto globale è una forzatura. Queste aziende hanno un posizionamento globale ma vi possono essere adattamenti
globali (glocalizzazione). L’Ikea quando è entrata in Cina si è rivolta anche a consumatori di fascia medio alta (la ferrari si rivolge a
segmenti transazionali ma ci possono essere degli adattamenti in base alle specificità dei mercati locali)
È difficile identificare una linea di comportamento univoca

Analisi dei mercati esteri. Scelta del/i mercato/i di sbocco (case study)

Piccole imprese: Problemi con gli approcci IMS


• I modelli IMS richiedono un sistema di informazione complesso e un elevato quantitativo di risorse da impiegare nelle ricerche di mercato
• Vincoli temporali
• I modelli di selezione devono essere allineati con i modelli cognitivi dell’imprenditori → preferenze per approcci decisionali debolmente
definiti
• I modelli formali per la selezione dei mercati sono di difficile implementazione nelle piccole imprese

Analisi dei mercati esteri per una piccola impresa: caso aziendale Paperfruit
Analisi dell’attrattività e accessibilità dei mercati esteri per un’impresa di medio-piccole dimensioni del comparto della cartotecnica
Fonte: Marchi G., Vignola M., Facchinetti G., Mastroleo G. (2014). International market selection for small firms: a fuzzy-based decision
process, European journal of marketing - n. volume 48 issue 11/12 (in dolly)

Elementi informativi (di cui siamo venuti a conoscenza tramite interviste effettuate attraverso la formulazione di in questionario) finalizzati
all’individuazione dei principali indicatori per misurare l’attrattività e l’accessibilità dei mercati esteri
1) Caratteristiche dell’impresa: dimensione, propensione all’export, caratteristiche dell’offerta e posizionamento (caratteristiche target di
riferimento)
2) Strategie di sviluppo dell’impresa
3) Approccio ai mercati esteri adottato dall’azienda fino ad oggi
4) Nuovo approccio ai mercati esteri
5) Obiettivi della strategia di sviluppo internazionale dell’azienda
6) Risorse e competenze aziendali che supportano la strategia di crescita internazionale
7) Ostacoli all’entrata sui mercati esteri percepiti dal management dell’azienda

IMS per piccole imprese: caso aziendale Paper fruit


Portafoglio prodotti (comparto cartotecnica): blocchi per appunti, rubriche, quaderni, cartelline con elastico, raccoglitori ad anelli, blocchi da
disegno, carte e buste per stampanti ink-jet e laser
L’analisi si è focalizzata su una linea di prodotto

37
Paper fruit: principali caratteristiche
Dimensione:
• 2 mln. € fatturato
• 13 impiegati
Caratteristiche del consumatore target:
• attento alla qualità, all’originalità, all’innovazione e al design (fattori distintivi della personalità)
• segmento di mercato medio-alto
• fascia di età giovane: 10-30 anni, età scolare
• distribuzione: punti vendita specializzati (cartolerie, librerie), grandi magazzini, multimedia store
Posizionamento del prodotto:
• prodotto di qualità elevata, design originale, forte connotazione del made in Italy (relativamente al design)
• prezzo alto
Processo di internazionalizzazione (precede analisi mercati):
• Propensione all’export: 0,5% fatturato
• Presenza occasionale
• Ordini non sollecitati (iniziativa da parte di buyer della distribuzione dei mercati esteri)
Mercati:
• Emirati Arabi
• Olanda
• Danimarca
• Germania
• Giappone
• Grecia, Russia, Ucraina (solo invio di campioni)
Atteggiamento reattivo

Risorse e competenze aziendali


Elemento importante per capire come indirizzare l’analisi e individuare le variabili
• Apertura internazionale del management
• Prodotto di alta qualità e innovativo nel design
• Produzione flessibile: capacità di rispondere in tempi brevi alle commesse dei clienti
• Conoscenze internazionali di tipo esperienziale: precedenti vendite occasionali, partecipazioni a fiere, contatti con distributori esteri

Vincoli all’internazionalizzazione
Tutti i vincoli di cui parleremo sono soggettivi, ovvero dipendono dal modo in cui l’impresa percepisce questi ostacoli. In questa piccola
impresa con pochi dipendenti ad occuparsi delle decisioni commerciali, nazionali, internazionali (sporadiche) sono solo due imprenditori (i
due fratelli manager). Tuttavia, avendo già occasionalmente sperimentato il mercato internazionale, è stato possibile intravedere quali sono
gli ostacoli che l’impresa percepisce relativamente alla possibilità di avviare un processo di internazionalizzazione.
• Elevata pressione competitiva da parte di imprese di grandi dimensioni e affermate in ambito internazionale
• Rischio imitazione, prodotto facilmente copiabile
• Costi commerciali significativi
• Difficoltà logistiche: controllo dei tempi di consegna
• Scarsa competitività di prezzo perché se i costi aumentano si aumenta il prezzo
• Problemi di adattamento del prodotto su alcuni mercati esteri
• Risorse finanziarie e umane limitate

Analisi dei mercati esteri: obiettivi


• Rispondere al comportamento della concorrenza nazionale e internazionale
• Saturare la capacità produttiva perché per effetto della pressione competitiva si è ridotta la capacità di vendita nel mercato interno
• Sfruttare i vantaggi competitivi sui mercati esteri
• Aumentare il volume di fatturato (max 10%). Si pone questo obiettivo di massimo 10% perché non dispone di risorse finanziarie per poter
crescere più del 10% (andare oltre al 10% significa crescere la dimensione dell’impresa)
• Diversificare il rischio paese rispetto al mercato nazionale. È un’impresa che vuole entrate in un solo mercato, quindi la diversificazione
geografica la vive in relazione al mercato nazionale

Paper fruit: Orientamento Strategico - Approccio maggiormente proattivo


Dati gli obiettivi, per poter consolidare la presenza sul mercato estero provocata da ordini non sollecitati è necessario assumere un
atteggiamento proattivo
• Individuare ed entrare in nicchie di mercati simili a quello domestico, più adatti ad assorbire il prodotto dell’impresa senza subire
adattamenti (mercati meno distanti). Questo serve per rispondere anche all’obiettivo di saturare la capacità competitiva e rispondere alla
necessità di non adattare il prodotto (offrire al mercato estero un prodotto concepito per il mercato nazionale con le stese caratteristiche). È
un’azienda che si muove guidata da un limite di risorse umane e finanziarie
• Investire solo in un mercato (approccio graduale di entrata) —> tipico delle imprese di piccole-micro dimensioni, come possiamo testare
dai dati osservando il movimento delle piccole-micro imprese italiane. Il decisore deve decidere sulla base di quali variabili selezionare e
valutare il mercato estero.
• Poche risorse da investire
• Basso rischio
• Assenza di formalizzazione di strategie internazionali —> incertezza circa il modello
di selezione dei mercati: quali variabili individuare, quale modello di elaborazione
delle variabili, quale relazione tra variabili, ...
23/11/2021
Paper fruit: Modello a screening tre-step

38
Il modello è stato applicato sui primi due step, il terzo screening non è stato implementato. L’analisi si è chiusa con la scelta del mercato
individuato
Si tratta di un’azienda che non opera in modo stabile sui mercati esteri, opera in modo occasionale con vendite provocate da clienti stranieri,
non ricercati. Si presenta un panorama costituito circa da 200 mercati.
L’azienda ha già una lista di mercati sui quali focalizzare l’attenzione. Il decisore ha già ristretto i 200 mercati a 43, si tratta di mercati che
presentano in comune un PIL pro capite inferiore di un 10%, uguale o superiore a quello italiano (variabile go-no go).
Questo permette di individuare i mercati accettabili in relazione agli obiettivi di dirupo internazionale dell’impresa.
L’indicatore individuato è stato il PIL pro capite e la soglia di riferimento è il PIL italiano. Sono stati rimossi i paesi che si discostavano o in
meno del 10% o in più rispetto a quello italiano. Una volta individuato l’indicatore, bisogna definire la soglia per capire in base a che cosa
scremare i mercati. Il decisore ha deciso di considerare anche i paesi con un PIL pro capite inferiore del 10% di quello italiano
Questa è l’analisi del primo screening, si tratta di una analisi veloce da condurre.
Sui 43 mercati selezionata, si è concentrata la parte più corposa dell’analisi. Sono state individuate le variabili per misurare l’attrattività e
accessibilità in modo comparativo (analisi desk). Si tratta di una analisi multi variabile, perché sono state individuate 10 variabili per
misurare attrattività e accessibilità con 21 indicatori.
La maggior parte di queste 10 variabili sono state misurate con più di un indicatore. Il risultato della ricerca di questi indicatori ha prodotto
un modello ad albero mostrato successivamente
Gli indicatori li troviamo a sinistra come elementi di entrate (barriere commerciali, ..) che aggregati tra di loro portano alla definizione delle
due macro categorie attrattività e accessibilità che portano alla valutazione dei mercati (output finale, ossia ranking).
L’output del modello è il ranking dei 43 mercati stranieri su cui concentriamo l’analisi.
Terzo screening: su quale mercato decidiamo di entrare da cui poi seguirà una analisi in profondità tramite fonti primarie

Analisi dei mercati esteri: principali aree informative (fonti secondarie)


Le aree informative sono le variabili
Attrattività, misurata da:
- Struttura della domanda
- Rischio paese
Accessibilità, misurata da:
- Barriere istituzionali
- Pressione competitiva
- Distanza geografica
- Infrastrutture di mercato
Questa analisi va adattata alla specifica realtà, quindi questo schema è stato adattato alla realtà aziendale.
Infatti non è stata misurata la pressione competitiva, le infrastrutture di mercato e le barriere istituzionali sono state misurare con proxy.

Paper fruit: processo di selezione delle variabili


Questa tabella mostra come sono stati individuati i 21
indicatori
Questi indicatori sono stati individuati dopo aver effettuato una
analisi dell’azienda e di un confronto costante con l’azienda
In alto ci sono gli obiettivi tracciati con parole chiavi, si tratta di
un pensiero del decisore non la valutazione dell’analista
‘Abbastanza ricchi e con domanda potenziale da assorbire il
prodotto’, ‘ Abbastanza simili per non richiedere adattamenti
del prodotto’, ‘No mercati rischiosi’
L’azienda sta cercando mercati con tali caratteristiche Queste
tre definizioni descrivono il concetto di attrattività del mercato
estero che l’imprenditore ha nella sua mente.
Intervistando un’altra azienda avremo potuto trovare un’altra
definizione del concetto di attrattività per il decisore
A questo punto interviene l’analista e si chiede come poter
misurare l’attrattività per l’azienda
Per il primo obiettivo si considera un indicatore di redditività,
ossia il PIL pro capire. Dopodiché proviamo a misurare la
domanda potenziale e l’effetto COO (Country of Origin uguale
nel linguaggio comune uguale al made in Italy). Abbiamo
inserito quest’ultimo indicatore per misurare, tramite fonti secondarie, la percezione che i consumatori stranieri possono avere dei prodotti
made in Italy. Infatti l’oggetto nello specifico di questa azienda è un quadernone che si caratterizza per il design, e il design richiama il
concetto di italianità. Il consumatore straniero a cui stiamo rivolgendo la nostra attenzione è un consumatore attratto dai prodotti italiani
Per il secondo obiettivo si considerano indicatori per misurare la similarità di mercato.
Per il terzo obbiettivo invece si considerato indicatori come rischio paese
Le variabili descritte fino a qui sono misurabili tramite fonti secondarie. Nella sezione in basso (in verde) sono state riportate alcune variabili,
indicando che sono variabili misurati con dati percettivi.
Per quanto riguarda il primo obiettivo si considera la superiorità del prodotto di questa impresa da offrire nel mercato estero. Per il secondo
la distanza psichica e percezione dell’adeguatezza dell’offerta. Per il terzo il rischio imitazione. Sono state misurate tramite una intervista
fatta all’azienda
Per quanto riguarda l’accessibilità sono state individuate variabili individuate da fonti secondarie e variabili percettive
L’obiettivo è ‘Accessibili con poche risorse da investire’. Le variabili sono le barriere commerciali e la distanza geografica; queste due
variabili sono risultati rilevanti per l’analisi
Il manager ha individuato come ulteriore elemento oggetto di indagine l’infrastruttura di mercato e sopratutto il sistema distributivo del
mercato estero, tuttavia questo dato non è stato misurato per la difficoltà di individuare il dato da fonti secondarie per i 43 paesi oggetto di

39
analisi. Un’altro elemento che concorre alla dedizione
dell’accessibilità è la pressione competitiva, anche rispetto a
questa variabile è stata omessa la misurazione
I dati percettivi sono le competenze manageriali e le conoscenze
di mercato. La capacità di affrontare i mercati esteri è legata alle
competenze manageriali, quindi la dotazione di competenze
rende un mercato estero accessibile, così come le competenze di
mercato

Paper fruit: variabili oggettive


Ora vediamo i 21 indicatori, di questi 13 sono misurati da dati
secondari e 8 da elementi percettivi (conoscenze informazioni
che il manager aveva già acquisito)
Per quanto riguarda l’attrattività abbiamo detto domanda
potenziale, caratteristiche della domanda e rischio paese. Queste
tre variabili in questa analisi concorrono alla definizione
dell’attrattività
Come misurare la domanda potenziale? Come potenziale di
mercato (popolazione), domanda del prodotto (utilizzata la
domanda proxy della carta e cartoncino) e domanda di prodotti
sostitutivi (come computer e tablet) che agiscono negativamente sulla domanda dei quadernoni. Se cresce la domanda del tablet, si riduce
quella del quadernone
Per quanto riguarda le caratteristiche della domanda facciamo riferimento all’effetto paese di origine e similarità di mercato
Per quanto riguarda il potenziale di mercato facciamo riferimento a una proxy che è la popolazione, più specificamente la % popolazione
fascia di età 10-30 + % iscritti università (il target di questa azienda sono in particolare gli studenti universitarie)
La domanda prodotto è stata misurata con una proxy calcolata con consumo apparente prodotti cartotecnica (produzione interna -
esportazioni + importazioni). Il consumo apparente è la produzione di carta e cartoncino (non c’era il dato relativo di quadernoni) -
esportazioni (produzione che non viene consumata non deve essere considerata) + importazioni. La domanda interna può essere soddisfatta
da una produzione interna e da importazioni, ma la produzione interna può non essere destinata interamente alla domanda interna ma anche
alle esportazioni (per questo le sottraggo)
Laddove non si ha una misura diretta della domanda di quello specifico prodotto bisogna individuare altri prodotti che approssimano la
domanda, in questo caso è stata individuata la domanda di carta e cartoncino
È interessante calcolare un trend, perché calcolare un dato in un anno secco da un’informazione parziale. È più utile completare
l’informazione cercando di misurare il trend del dato. Quindi calcoliamo il consumo apparente non solo nell’anno dell’indagine, ma
estendere il calcolo agli anni precedenti tramite un trend su due anni precedenti (di quanti anni fare il trend dipende dell’analista) quello di
riferimento
Il prodotto sostitutivo è uno strumento a contenuto tecnologico, quindi dobbiamo guardare la domanda di beni tecnologici, un indicatore
potrebbe essere la misurazione del tasso diffusione di computer per abitanti (come 1000 computer per 10.000 abitanti)
Per quanto riguarda le caratteristiche della domanda in termini di propensione verso un prodotto che gode dell’effetto made in Italy,
calcoliamo l’effetto paese d’origine
Per calcolare il COO utilizziamo incidenza delle importazioni made in Italy dall’Italia su totale import (PTAC e PC)
PTAC e PC= prodotti tesili, abbigliamento, calzature, prodotti casa. Si tratta di settori che tipicamente identificano i prodotti made in Italy, Il
design è un elemento che identifica i settori citati e i quadernoni dell’impresa
Questa incidenza ci dice che i mercati che presentano un’elevata incidenza sono i paesi che manifestano una maggiore attenzione verso
prodotto di origine italiana, si tratta di una proxy. Tramite una proxy posso fare una deduzione di questo tipo, ma da fonti secondarie è una
buona approssimazione
Il prodotto deve essere coerente con i bisogni del consumatore, quindi può essere considerato come indicatore la similarità di mercato. La
similarità di mercato è stata misurata con tre indicatori (PIL pro capite a parità di potere d’acquisto, propensione al consumo e indice di
sviluppo umano). Si potrebbe arrivare a misurare la similarità anche con indicatori differenti, come l’indice di sviluppo umano, indicatore di
distanza psichica
Il rischio paese si misura tramite l’indice di stabilita, l’azienda vuole entrare
in un mercato con un rischio paese basso, quindi è stato identificato
l’indicatore di Ease of Doing Business.

Paper fruit: variabili oggettive


Le variabili considerate per l’accessibilità sono state le barriere all’entrata e
la distanza geografica
Non abbiamo considerato la pressione competitiva, nonostante sia un’azienda mossa dall’esigenza di entrare nei mercati esteri per contrastare
la pressione competitiva, in quanto si tratta di un’azienda che vuole conseguire una quota di mercato pari al massimo al 10% del fatturato (2
milioni). Un’azienda di questo tipo, non è un’azienda che può costituire una minaccia per concorrenti presenti sui mercati esteri
Per questo tipo di impresa una variabile che fa riferimento alla pressione competitiva non è rilevante ai fini dell’indagine
L’accessibilità viene misurata tramite la distanza geografica perché è un’azienda che ha poche risorse da investire, quindi occorre entrare in
un mercato che non faccia crescere in modo significativo i costi commerciali del vendere nel mercato estero, su questi commerciali
impattano i costi di trasporto. La distanza geografica dunque è risultata essere una variabile importante per questa azienda
Le barriere all’entrata sono un altro ostacolo che impattano sulla dimensione del prezzo e quindi sulla struttura dei costi. L’impresa ha già un
prodotto che viene venduto ad un prezzo alto, incrementare il prezzo per effetto delle barriere avrebbe reso il prodotto meno competitivo.
Quindi la dimensione delle barriere risultava essere interessante. In questo caso sono state considerate solo le barriere tariffarie di prodotto
non relativamente al quadernone (non ci sono dati), ma una proxy che fa riferimento alla carta, quindi barriere tariffarie che gravano
sull’impostazione di materia prima come la carta che poi trasla l’effetto del costo sul quadernone
Le barriere all’entrata sono state misurate tramite import penetration (importazioni totali / consumi totali), non si ha fatto riferimento allo
specifico prodotto, ma considerando l’accessibilità del mercato. Maggiore è l’incidenza delle importazioni totali sui consumi totali, maggiore
è l’apertura del mercato su prodotti stranieri (modo indiretto di calcolare barriere tariffarie e non)

40
Accessibilità: altre possibili variabili
Altre variabili che non sono state considerate sono la pressione
competitiva interna ed estera, prezzo medio prodotto cartotecnica per
una difficoltà di individuare i dati
Altre variabili che non sono state considerato sono il sistema di trasporto
interno, sistema distributivo, barriere istituzionali e l’import penetration
riferito al prodotto cartotecnica perché non avevamo il dato. Abbiamo

considerato la proxy, incidenza delle importazioni complessive / consumo complessivo riferito a quel prodotto, non guardando a quello
specifico prodotto di riferimento
Non è stato possibile misurare il costo di trasporto dall’Italia e il sistema di trasporto interno.
L’accessibilità è stata quindi misurata solo come distanza km dall’Italia, barriere tariffarie si prodotto legno e carta e import penetration
generali

Paper fruit: variabili percettive


La percezione del rischio imitazione da parte dei concorrenti locali è stata misurata tramite un questionario
Per quanto riguarda la percezione del rischio imitazione è stato chiesto all’azienda, ‘per ciascuno dei 43 marcati come percepisci il rischio
imitazione del tuo prodotto sul mercato x, y, … su una scala da 0 a 10?’ (nessun rischio - estremamente elevato).
Abbiamo svolto una intervista all’azienda per misurare questi indicatori

Paper fruit: modello di analisi - Fuzzy Expert System


Gli indicatori sono stati aggregati in categorie, poi nella macro categoria di attrattività e accessibilità
Dopo aver costruito il modello sulla carta occorre misurare le variabili
È stato opportuno individuare i pesi di ciascun indicatore. Nel nostro modello di analisi abbiamo adottato una scala -2 e +2. Il meno indica
l’impatto negativo (come prodotti sostitutivi). Faccio una soma algebrica dove vado a sottrarre il valore che ha un impatto negativo.
Dopodiché abbiamo costruito i range su una scala da 1 a 5 (estremamente basso, basso, medio, alto, estremamente alto)
Per poter orientarci nel riclassificare questi valori ci siamo ancorati ai dati del mercato italiano. Abbiamo invidiato il dato relativamente al
mercato italiano
Sulla base di questi dati e considerando i valori massimo e minimo dei valori individuati per i 43 mercati, abbiamo poi declinato
È stata una valutazione fatta con l’imprenditore, chiedendo qual è la percentuale che definisce estremamente bassa l’attrattività di un mercato
con rifletto all’incidenza nella classe 10-30, …
Per Paper fruit un mercato è del tutto poco attrattivo quando l’incidenza della popolazione è inferiore al 10%, e cosi via fino ad arrivare
all’estremamente alto.
Queste definizioni sono strettamente legate a quel decisore.
Definiti i pesi e i range, abbiamo raccolto i dati per tutti i paesi. Sono state utilizzate diverse fonti statistiche, perché il dato per misurare
diversi indicatori è reperibile da data set di fonti statistiche diverse

41
Paper fruit: risultati ranking paesi
Questo è l’output dell’analisi. La graduatoria varia da 0 a 100
È stato messo in evidenza il macro aggregato grado di accessibilità e grado di attrattività. La scelta del mercato è una elaborazione dei due
macro aggregati
Questo ranking vede l’Olanda, la Svizzera e la Finlandia nelle prime tre posizioni.
È stato chiesto all’imprenditore se si riconoscono in questa graduatorio, hanno che di si ma che la Svizzera era il mercato più coerente con il
profilo, il prodotto e le risorse e competenze interne
La Svizzera si distanzia dall’Olanda per pochi decimali (77,78 76,53), quindi significa che la valutazione è corretta anche se l’imprenditore
preferisce entrare in Svizzera. La Svizzera ha un grado di accessibilità più elevato rispetto all’Olanda
Quindi un’azienda mossa dall’esigenza di contenere i costi e di entrare in mercati facilmente accessibili, a fronte di un risultato molto vicino
al primo mercato, l’azienda decide di entrare in Svizzera. L’attrattività è molto vicina al primo mercato.
La decisone è di entrare in un mercato che è il secondo ma è il migliore in termini di accessibilità
La validazione è importante perché bisogna cercare di riprodurre un modello di analisi che approssimi il processo decisionale del decisore.
Se il decisore avesse detto che il primo mercato in cui entrare era Austria (l’ottavo), questo avrebbe evidenziato un problema nell’analisi.
Mentre dato che è stata scelta la Svizzera, data la distanza che definisce i dati, possiamo dire che l’analisi è corretta per questo decisore

Data acquired* for the 43 target markets selected from the preliminary screening stage (Indicator: GNP per capita; minimum level: Italian
GNP per capita)
Choice made on the basis not only of the final result (SceltaM) but also on the intermediate evaluation related to the attractiveness and
accessibility
Switzerland chosen as first market to penetrate: The 2nd country for overall score, but the best for accessibility
Ranking validation: top scorer countries are all small and rich markets, in line with the declared international strategy of the firm

Capitolo 5:
Strategie di entrata sui mercati esteri - Esportazione indirette e diretta, accordi internazionali di collaborazione, investimenti diretti
esteri (IDE)

Ora occorre capire come entrare nei mercati esteri. Descriviamo come una impresa può portare il proprio prodotto dal mercato nazionale al
mercato estero. Queste modalità di entrata o strategie di entrata sono le ESPORTAZIONI DIRETTE O INDIRETTE, gli ACCORDI INTERNAZIONALI
DI COLLABORAZIONE e gli INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI DI NATURA PRODUTTIVA A SCOPO COMMERCIALE

Modalità di entrata sui mercati esteri


Rappresentano la soluzione con la quale trova attuazione l’orientamento internazionale dell’impresa e le sue strategie competitive
Forme organizzative che permettono all’imprese di operare in un certo mercato estero in un modo che corrisponda alle caratteristiche
dell’impresa e del mercato
Queste modalità condizionano il posizionamento competitivo, viceversa l’impresa che vuole raggiungere un determinato posizionamento
competitivo sui mercati esteri dovrà scegliere un certo modo di operare sui mercati esteri

Modalità di entrata basata sulle esportazioni


Quando parliamo delle modalità di entrata parliamo di macro categorie all’interno del quale ci possono essere diverse forme e modalità di
attuazione.
Le esportazioni dirette e indirette hanno una matrice comune, l’impresa mantiene la produzione sul mercato nazionale e trasferisce
fisicamente il prodotto dal mercato nazionale al mercato estero
L’impresa produce nel paese di origine e adotta forma organizzative
indirette o dirette per operare oltre i confini nazionali.
La decisione di esportare rispetto alla decisone di fare un accordo con un
partner straniero o di andare a produrre direttamente sul mercato estero ha
implicazioni diverse

Esportazione indiretta implica che l’impresa entra sul mercato estero


attraverso l’ausilio, il supporto di intermediari commerciali, ci sono figure
che aiutano l’impresa a trasferire il prodotto dal mercato nazionale al
mercato estero
L’impresa affida la gestione del mercato estero ad un intermediario
commerciale specializzato che funge da collegamento con il cliente straniero
Chi sono questi intermediari commerciali? Forme: importatore/distributore, società di esportazione (imprese nazionali export), trading
company, grandi compratori, agente di acquisto, consorzi per l’esportazione
Sono figure diverse che svolgono questa attività di trasferire il prodotto per conto dell’impresa sul mercato estero; hanno come elemento in
comune di essere soggetti terzi rispetto all’impresa, operatori economici indipendenti dall’impresa; non vi è una relazione di controllo
dell’impresa attraverso questi soggetti
L’impresa delega le attività di vendita sul mercato estero alle figure citate

Esportazione diretta, significa che l’impresa assorbe internamente l’attività di vendita del prodotto sul mercato estero. Nell’esportazioni
indiretta l’impresa delega a un intermediario commerciale l’attività di vendita sul mercato estero, con l’esportazione diretta l’impresa
riconduce internamente la gestione di tali attività (attività di ricerca del mercato, ricerca degli operatori sul mercato estero, ricerca del sistema
di distribuzione, prezzo, prodotto e comunicazione)
L’impresa gestisce direttamente le relazioni con il cliente estero, mediante la propria organizzazione commerciale
Forme: figure prevalentemente interne, personale interno di vendita, rete di agenti, filiale/consociata commerciale
La filiale/consociata commerciale è un investimento diretto estero ma si tratta di un investimento diretto estero che ha come oggetto
esclusivamente l’attività commerciale. L’impresa acquisisce sul mercato estero un unita operativa per svolgere solo l’attività commerciale sul
mercato estero non l’attività produttiva

42
Quali sono le attività di vendita sul mercato estero delegate (indiretta) o svolte internamente (diretta)?
Si tratta di attività di vendita che fanno riferimento al mercato in cui entro. Con l’esportazione indiretta questa attività è delegata
all’intermediario commerciale, l’impresa non svolge l’attività di ricerca.
Fanno riferito inoltre a chi vendere. L’impresa nell’esportazione indiretta non cerca a chi vendere, non cerca il distributore. Fanno
riferimento a quel prodotto vedere, a quale prezzo, come comunicarlo, come distribuirlo. Nell’esportazione indiretta l’impresa non individua
il prodotto da vendere sul mercato estero, il prezzo, come comunicarlo e distribuirlo. Si tratta di decisioni che vengono delegate
all’intermediario commerciale
Queste stesse attività invece nel caso di esportazioni diretta vengono portate sotto il controllo dell’impresa
L’impresa deve individuare il mercato estero, l’operatore sul mercato estero (distributore), capire il prodotto da vendere (prodotto
standardizzato, adattato, nuovo), individuare il prezzo a cui vendere il prodotto, sostenere i costi, identificare il sistema distributivo. Quindi
assume internamente molte decisioni critiche per un’impresa che deve operare sui mercati esteri, quindi hanno un elemento di rischio
importante

Rappresentazione grafica esportazione indiretta


Le figure degli intermediari commerciali sono tutte quelle figure nel mezzo:
grandi compratori (grandi distribuzioni, grandi magazzini),
importatori/distributori, imprese nazionali export, trading companies, agente
di acquisito, consorzi export
Queste figure si interpongono tra l’impresa di distribuzione e il sistema di
distribuzione del mercato estero, sono figure che possono in alcuni casi
coincidere con il sistema di distribuzione (grandi compratori) oppure no
I grandi compratori hanno un proprio sistema di distribuzione, quindi in
questo caso la modalità di entrata coincide con il sistema di distribuzione.
Nell’esportazione indiretta il funzionario dell’ufficio acquisito dei grandi
compratori (es. galleria Lafayette) ha individuato nell’impresa italiana il
produttore per comporre l’assortimento della galleria Lafayette per quanto
riguarda il settore dell’abbigliamento. Quindi la galleria Lafayette ha
internazionalizzato la funzione acquisti.
Se lo vedo dal punto di vista del grande compratore sto dicendo che l’ufficio
acquisto della galleria Lafayette si approvvigiona non solo presso i produttori
di abbigliamento francesi ma anche italiani. Si tratta di un processo di internazionalizzazione della funzione approvvigionamento
Se lo vediamo dal nostro punto di vista di una impresa italiana che vende a un grande distributore ma non ha deciso direttamente di
intercettare la funzione acquisti della gallerie Lafayette e proporre il proprio prodotto, è l’ufficio acquisti della galleria Lafayette che ha
intercettato l’impresa
Un conto è essere intercettati dall’ufficio acquisti del mercato estero, altro è se l’impresa italiana si è attivata e definito tutte le operazioni,
che richiede un processo decisionale più complesso e rischioso.
L’importatore e distributore può essere un grossista che si approvvigiona sui mercati esteri, oppure una figura che importa e poi vende al
grossista
Le imprese nazionali export sono la controfigura dell’importatore, sarebbe un ufficio commercia esterno all’impresa ma gestito
autonomamente da imprenditori del mercato nazionale
In tutti i casi la freccia va da queste figure verso l’impresa; non c’è un atteggiamento che porta l’impresa ad attivarsi direttamente verso
queste figure perché significa doverle individuare e fare un’analisi dei mercati esteri, richiederebbe quindi un approccio proattivo piuttosto
che reattivo

Rappresentazione grafica esportazione diretta


Quando rientriamo nella categoria dell’esportazione diretta la situazione
cambia, cambia l’atteggiamento dell’impresa.
In questo caso è l’impresa che cerca il grande compratore, il grossista, il
dettagliante.
È l’ufficio commerciale estero dell’impresa di produzione che si attiva per
contattare l’ufficio acquisito dei grandi compratori. Il dialogo è ufficio
commerciale estero intercetta ufficio acquisito dei grandi compratori, oppure
grossisti e altri dettaglianti
Gli agenti di vendita sono soggetti indipendenti dall’impresa con il quale
l’impresa stipula un contratto di agenzia, non sono intermediari commerciali
La caratteristica degli intermediari commerciali è che nella quasi totalità dei
casi acquistano il prodotto dall’impresa. La modalità di rapporto è come se
l’acquisto fosse fatto sul mercato nazionale, come se l’impresa vendesse sul
mercato nazionale
L’agente di vendita non acquista la proprietà della merce, agisce per conto
dell’impresa promuovendo il prodotto ma non acquista il suo prodotto. Per
questo l’agente di vendita viene classificato come esportazione diretta
La filiale o consociata commerciale sono collocati sul mercato estero, si tratta di un investimento di natura solo commerciale (molto diffusa
nel settore moda. Le imprese del settore moda possono ricorrere alla figura del franchising o possono avere punti vendita di proprietà. I punti
vendita Benetton la maggior parte sono franchising, ma in alcuni casi sono punti vendita di proprietà). I punti vendita di proprietà sui mercati
esteri, quando sono più di uno, possono essere gestiti attraverso un investimento in una consociata/filiale commerciale della casa madre nel
mercato estero
L’ufficio commerciale estero è il personale interno di vendita (personale dipendente) che per conto dell’impresa svolge l’analisi di mercato,
individua i partner sul mercato estero, …
Assumerà una configurazione diversa a seconda del grado di internazionalizzazione dell’impresa e struttura organizzativa dell’impresa

Accordi internazionali di collaborazione e Investimento Diretto Estero (IDE)

43
Accordi internazionali di collaborazione, sono forme di cooperazione di medio-lungo termine tra imprese locali che vogliono entrare sui
mercati esteri e uno o più partner stranieri tra loro indipendenti, per gestire in comune attività commerciali/marketing e/o di produzione sui
mercati esteri.
I partner sono soggetti che si trovano sul mercato estero per poter svolgere alcune attività sul mercato estero
Forme: Piggyback, Franchising internazionale, Joint venture internazionale con finalità commerciale; Contratti di produzione, Licensing e
Joint-venture internazionale con finalità produttive/commerciale
Vi possono essere delle modalità di esportazione come nel caso delle Piggyback, Franchising e Joint-venture. Sono forme di appoggio che
generano comunque una transazione commerciale dal mercato nazionale al mercato estero, l’impresa produce e trasferisce il prodotto sul
mercato estero attraverso la collaborazione con questi soggetti nelle modalità di Piggyback, Franchising e Joint-venture. Vi sono invece altre
forme di collaborazione che prevedono una delocalizzazione produttiva indiretta: l’impesa non va a produrre direttamente sul mercato estero,
come nel caso degli investimenti produttivi all’estero, ma lo fa fare ad un partner straniero, e sono i casi di Joint venture internazionale con
finalità commerciale, contratti di produzione, Licensing e Joint-venture internazionale con finalità produttive/commerciale.

Insediamenti produttivi all’estero (IDE produttivo), in cui l’impresa gestisce direttamente le relazioni con il cliente estero, mediante la
costituzione di insediamenti produttivi in loco finalizzata alla realizzazione di prodotti da collocare nel paese di insediamento e/o nei paesi
vicini
Questa decisione ha diverse implicazioni (a parte in termini di investimento, capitale sia finanziario che umano) in quanto produrre
direttamente sul mercato estero significa anche essere maggiormente vicini alle esigenze del mercato, quindi rispondere da insider nel
mercato estero alle caratteristiche di quella domanda.
Dovremmo considerare comunque IDE anche quelli di sola natura commerciale, ossia le esportazioni dirette tramite la forma della consociata
commerciale. La differenza è che nelle esportazioni dirette si tratta solo di una attività commerciali, mentre quando parliamo di IDE
produttivi stiamo parlando di una delocalizzazione produttiva, ossia andare a produrre sul mercato estero
Gli IDE commerciali li teniamo distinti dagli IDE produttivi, perché la filiale consociata commerciale dà origine a esportazioni perché la
produzione sul mercato nazionale si esporta poi sul mercato estero, la gestione delle attività sul mercato estero viene coordinata da questa
filiale consociata creata o acquisita dalla casa madre
Forme: New venture (greenfield o brownfield); acquisizione di impresa

Rappresentazione grafica accordi internazionali di collaborazione


L’impresa di produzione è collocata sul mercato nazionale, sul mercato estero
abbiamo gli accordi di licensing e joint venture produttiva o commerciale.
Queste forme hanno la loro rete di vendita dell’impresa partner, ossia il
licenseese joint venture nel mercato estero (partner nel mercato estero) hanno il
loro ufficio commerciale che coordina le attività sul mercato estero, quindi
contattano il sistema di distribuzione presente sul mercato estero (rete di venta
≠ punti vendita)
Il piggyback lo mettiamo a cavallo tra mercato nazione e mercato estero in
quanto può essere anche un partner nazionale. Poi abbiamo il franchising
internazionale, in quanto il franchisee è un partner che si trova sul mercato
estero

Distinzione tra modalità di entrata e sistema di distribuzione


Le modalità di entrata sono licensing, joint venture, piggyback che sono distinti
dalla distribuzione, a seconda di come è organizzato il sistema distribuzione nel
mercato estero sono grossista, dettagliante
Questo implica che l’impresa deve identificare decisioni distinte: come entrare nel mercato estero e come distribuire, ossia come portare il
prodotto presso il consumatore finale. Sono decisioni distinte, quindi quando parliamo di modalità di entrata non stiamo parlando di modalità
di distribuzione.
decidere come entrare avrà poi un impatto su come decidere di distribuire sul mercato estero, ma sono decisioni distinti
Se nella maggior parte delle forme di entrata che stiamo analizzando vi è una distinzione tra queste decisioni, in alcuni casi possono
coincidere
Il franchising è quella forma che nello stesso momento mi consente di portare il prodotto sul mercato estero e di distribuirlo
Io mi avvalgo del franchisee per portare fisicamente il prodotto sul mercato estero e per distribuirlo, in quanto il franchisee è un dettagliante.
In questo caso la decisione di come entrare e come distribuire coincidono

Rappresentazione grafica insediamenti produttivi esteri (IDE produttivo)


La freccia ci sta dicendo che in alcuni mercati l’impresa decide di andare a
produrre (la stessa linea di produzione, una linea di produzione adattata alle
esigenze del mercato estero o un nuovo prodotto creato specificamente per il
mercato estero) per vendere in quel mercato
Ci può essere una combinazione di forme di entrata.
La consociata di produzione si può avvalere di una rete di agenti sul mercato
estero per promuovere il prodotto, per contattare il sistema distributivo
locale (grossisti, dettaglianti), oppure può avvalersi del franchising, in
questo caso non si intende come modalità di entrata in quanto la modalità di
entrata è IDE. Oppure la consociata produttiva può avvalersi di propri punti
vendita (come nel caso dei grandi brand nella moda che hanno punti vendita
di proprietà)

Le strategie di entrata sui mercati esteri: risorse, soggetti, attività


Queste modalità di portare il prodotto sul mercato estero si differenziano tra
di loro per:
• Livello di risorse impiegate
• Soggetti coinvolti nella relazione con il mercato estero

44
• Natura delle attività svolte sul mercato estero
Esportazione indiretta:
• Scarse risorse dedicate all’operatività su un paese estero: volontà, o impossibilità di farlo, per ragioni strutturali, competitive o
economiche. Questo perché la maggior parte delle attività commerciale viene svolta dall’intermediario commerciale.
• I soggetti coinvolti non è soltanto l’impresa e la distribuzione del mercato estero, ma ci sono anche intermediari commerciali esterni
all’impresa in quanto l’impresa delega alcune attività (esclusivamente attività commerciale) all’intermediario commerciale. L’impresa
adotta questa modalità di entrata perché il coinvolgimento di risorse è basso.
• Viene coinvolta l’attività commerciale, mentre l’attività di marketing no in quanto tale attività è completamente delegata
all’intermediario commerciale. È l’intermediario commerciale che definisce le politiche di prezzo, prodotto, distribuzione e
comunicazione; sarà l’intermediario ad invidiare il prodotto dell’impresa più adatto al mercato estero, eventualmente suggerisce
all’impresa eventuali adattamenti al prodotto. Sono indicazioni che vengono da un soggetto esterno, non avviene da un’analisi svolta
dall’impresa
Esportazione diretta:
• Aumento sostanziale dell’impegno di risorse finanziarie e umane sui mercati esteri, con la decisione di dotarsi di strutture organizzative
capaci di garantire e sostenere una presenza diretta.
• Coinvolgimento di soggetti interni.
• Vengono coinvolte attività commerciale e di marketing (analisi dei mercati esteri, analisi del comportamento del consumatore, analisi
del comportamento della concorrenza, definizione delle strategie di prodotto, prezzo, distribuzione e comunicazione)
Accordi internazionali di collaborazione con partner del mercato estero:
• Competenze e conoscenze rese disponibili dai partner per realizzare obiettivi specifici sul mercato estero; le risorse e competenze sono
condivise con il partner.
• Coinvolgimento di soggetti esterni e interni perché vi è un coinvolgimento anche delle funzioni produttive/commerciali interne
all’impresa in modo complementare con quella del partner
• Vengono coinvolte più attività della catena del valore, come attività commerciale/marketing, produttiva, produttiva/commerciale,
approvvigionamento, ricerca e sviluppo. Nel caso del franchising e della joint venture commerciale viene coinvolta la sola attività
commerciale e di marketing. Nel caso del licensing viene coinvolta l’attività di produzione e di marketing. Viene coinvolta l’attività
commerciale e di marketing nel caso del piggyback
Insediamento produttivo all’estero (IDE produttivo):
• Ricorso a forme di investimento diretto sia commerciale/marketing che produttivo, per sfruttare e consolidare il vantaggio competitivo
in una logica di adattamento alle specificità ambientali di ciascun mercato presidiato. Livello di coinvolgimento di risorse e competenze
più elevato, perché effettuare investimento produttivo sul mercato estero richiede risorse finanziarie e umane (competenze interne
all’impresa)
• Coinvolgimento di soggetti interni.
• Vengono coinvolte attività produttiva, produttiva/commerciale, attività di ricerca e sviluppo. L’impresa può decidere anche di produrre
quella produzione destinata al mercato estero direttamente in quel mercato godendo di benefici e vantaggi che derivano da questa
decisione. Io impresa nazionale decido di andare a produrre all’estero con mie risorse, mentre negli accordi è comunque una
delocalizzazione produttiva ma chi produce è il partner

Strategie di entrata sui mercati esteri


Scelta tra le forme di entrata dipende da:
• soggetti coinvolti nello svolgimento dell’attività: interni all’impresa o esterni (stessa nazionalità dell’impresa o nazionalità diversa,
prevalentemente del mercato estero target). Si tratta di decidere se far svolgere le attività da soggetti esterni piuttosto che attribuirli
internamente alla struttura organizzativa dell’impresa
• attività della catena del valore svolta sul mercato estero
• caratteristiche del mercato estero
Quindi dipende dalle condizioni interne all’impresa, obiettivi dell’impresa, posizionamento competitivo dell’impresa che desidera
raggiungere e dalle caratteristiche specifiche del mercato estero
La scelta della modalità di entrata influenza la posizione competitiva. Il come entro sul mercato estero ha un impatto sulla definizione delle
politiche di vendita sul mercato estero
A sua volta, la definizione della posizione competitiva influenza la scelta della modalità di entrata. Sono valutazioni bidirezionali

Principali differenze tra le modalità di entrata sui mercati esteri


Se declino il:
• grado di coinvolgimento (impegno di risorse e competenze),
• livello di rischio (livello di coinvolgimento delle risorse è
strettamente correlato con il livello di rischio),
• grado di controllo sulle leve del marketing mix (strategie di vendita
sul mercato estero, quindi il grado di controllo sulle strategie di
prodotto, prezzo, comunicazione),
• grado di flessibilità (capacità dell’impresa di uscire dal mercato
sostenendo costi contenuti in un tempo ridotto),
• politiche di penetrazione commerciale (se l’impresa consegue una
presenza occasionale piuttosto che stabile sul mercato estero)
Quindi possiamo definire l’esportazione indiretta come la modalità di
entrata che richiede un livello di coinvolgimento di riscorse contenuto,
forma meno rischiosa in quanto il livello di coinvolgimento è più basso.
Un contro è che il livello di controllo delle leve del marketing mix è più
basso in quanto delego questa attività agli intermediari commerciali. Il grado di flessibilità è elevato perché è facile uscire dal mercato
quando l’attività è svolta con un operatore con cui ho stabilito un contratto di fornitura e non di collaborazione. La politica di penetrazione
commerciale è occasionale perché dipende dalle decisioni dell’intermediario commerciale.
All’estremo opposto possiamo classificare su dimensioni completamente opposte l’investimento diretto di natura produttiva. Il livello di
risorse e di rischio operativo è elevato. Per contro l’impresa ha un elevato controllo delle leve del marketing mix, l’impresa attraverso l’IDE

45
prodotti può definire come vendere il prodotto, come adattare il prodotto e ha un pieno controllo sulle politiche di prezzo, distribuzione e
comunicazione
Nel caso delle esportazioni dirette il grado di coinvolgimento è medio-alto (richiede un investimento più contenuto rispetto all’IDE), ma vi è
un alto grado di controllo perché l’impresa decide come vendere sul mercato estero. Si ha un basso grado di flessibilità e presenza stabile
Nel caso di accordi di collaborazione condivido le risorse con il partner, condivido le decisioni sulle leve del marketing mix con il partner. Il
grado di flessibilità può essere più elevato rispetto all’investimento produttivo, ma più basso rispetto alle esportazioni indirette e si ha una
presenza stabile
Modalità di entrata: caratteristiche
Questa rappresentazione grafica sintetizza graficamente il confronto tra le quattro
modalità di entrata rispetto al grado di coinvolgimento, grado di controllo e grado
di flessibilità
La retta descrive in maniera opportuna come si posizionano tra di loro le modalità
di entrata

Modalità
di entrata,

radicamento nel mercato estero e coinvolgimento

In questo grado mettiamo a confronto il grado di coinvolgimento


con radicamento nel mercato estero (controllo delle relazioni con gli
operatori del mercato estero, ossia controllo delle relazioni con il
distributore e consumatore finale)
Andiamo dalle esportazioni dirette che hanno il più basso grado di coinvolgimento e basso grado di radicamento, fino ad arrivare agli
investimenti diretti produttivi

Portafoglio modalità di entrata Es. Yogurt Muller


[Fonte: Hollesen S. (2016), Global Marketing, Pearson, seventh edition]
Un’impresa che opera si mercati esteri non opera in tutti i mercati con la stessa forma di entrata, ma può entrare con forme diverse in quanto
la scelta della modalità dipende anche dalle caratteristiche del mercato estero. Le condizioni di operatività dell’impresa non sono stabili ma si
modificano nel corso della sua operatività
Per cui un’impresa, soprattutto di grandi dimensioni come Müller, sono imprese che hanno un portafoglio di modalità di entrata in relazione
ai diversi mercati
Lo spettro delle modalità di entrata non è costituito solo da forme ad elevato coinvolgimento ma anche da forme di entrata a basso
coinvolgimento, come esportazioni indirette
Un’impresa che ha un portafoglio prodotto, quando valutiamo l’entrata sui mercati esteri bisogna valutare la singola linea di prodotto.
Con riferimento alla linea dello yogurt, la Müller entra nel mercato americano tramite joint venture con la PepsiCo, poi la Müller ha delle
consociate commerciali nei vicini mercati europei (UK, Italia, Spagna), mentre nella maggior parte degli altri mercati al di fuori dell’Europa
la Müller è presente prevalentemente con forme di entrata indirette avvalendosi di soggetti esterni che operano nella grande distribuzione
Dunque più modalità di entrata in relazione alle caratteristiche del mercato, alle caratteristiche del prodotto e in relazione alla vicinanza con il
mercato
Infatti la Müller, impresa tedesca, decide di avvalersi di consociate commerciali nei paesi vicini.

Capitolo 6:
Strategie di entrata sui mercati esteri: Esportazioni Indirette

Modalità di entrata basata sulle esportazioni


Esportazioni: mantenimento della produzione sul mercato nazionale,
trasferimento fisico del prodotto dal mercato nazionale al mercato estero.
Vi sono costi commerciali da sostenere, come barriere che agiscono sulla
composizione del prezzo
Se mettiamo a confronto esportazioni dirette e indirette, evidenziamo che
l’esportazione indiretta presenta un minor livello di coinvolgimento di risorse
finanziere, rischio contenuto, minore controllo sulle leve del marketing mix
rispetto all’esportazione diretta

Esportazioni indirette
L’impresa non si dota di una organizzazione propria di vendita per entrare su
un mercato estero ma cede i propri prodotti ad un’impresa specializzata
nell’intermediazione commerciale internazionale la quale si occupa
dell’esportazione e della distribuzione; quindi delega ad altre imprese le attività
commerciali e di marketing che non sono sotto il controllo dell’impresa ma sotto il controllo del soggetto specializzato nell’attività di
esportazione e distribuzione nel mercato estero.
La vendita può avvenire sul mercato nazionale.

46
Se guardiamo ad un’impresa di piccole dimensioni, vendere sul mercato nazionale all’intermediario commerciale significa non modificare
nulla sulla sua attività di vendita, non doversi dotare di risorse e competenze (competenza linguistica); ma sarà all’intermediario che
nell’agire con l’impresa nazionale dovrà attivarsi nella comprensione linguistica
Tuttavia questo non basta, nel caso Tommasetto abbiamo visto che anche quando il soggetto esterno (distributore della Nuova Zelanda) ha
dimostrato interesse nel prodotto dell’impresa, quell’imprenditore non ha voluto rischiare
Anche in quel caso non è detto che ha inizio l’attività di vendita sul mercato estero attraverso l’esportazione indiretta

Esportazioni indirette: forme


1. Importatori/Distributori (grossista, dettagliante)
2. Imprese nazionali di export
3. Trading Companies
4. Grandi Compratori (buyer interni)
5. Agenti di acquisto (buyer indipendenti)
6. Consorzi per l’esportazione
L’impresa delega a questi soggetti l’attività di commercializzazione e di marketing.
Caratteristiche in comune delle forme:
• Hanno una propria rete di vendita (rete di vendita ≠ punto vendita). La rete di vendita è il personale interno che si occupa della gestione
delle relazioni con la distribuzione del mercato estero, o con il cliente intermedio, cliente finale
• Ricercano le offerte più vantaggiose (in termini di prezzo/qualità). Questi intermediari commerciali operano prevalentemente nel proprio
interesse che può coincidere con l’impresa nazionale. Il loro obiettivo di breve periodo è costruire un portafoglio prodotti in un modo
variegato con l’obiettivo di raggiungere margini di guadagno di breve periodo.
• Possono o meno avere l’esclusiva su un determinato prodotto in un dato mercato, ossia essere gli unici a promuovere e distribuire il
prodotto dell’impresa
Attività che possono essere svolte dagli intermediari commerciali:
• Gestione delle scorte, quindi avere un proprio deposito merci sui mercati esteri. Per l’impresa di produzione il fatto che un soggetto terzo
gestisca per conto suo un deposito significa che l’impresa non deve investire in questo deposito sul mercato estero, non deve gestire tutta
l’attività di logistica collegata al funzionamento di quel deposito
• Promozione e distribuzione fisica del prodotto. Per capire come promuovere e distribuire il prodotto l’impresa dovrebbe avere una
conoscenza puntuale del mercato estero
• Concessione del credito alla clientela locale (più soggetti). La clientela locale possono essere più soggetti, quindi ci può essere un
frazionamento del rischio del venduto che in questo caso è in capo all’intermediario commerciale
• Erogazione di servizi di assistenza post vendita. Diversamente, laddove il prodotto richiede servizi di assistenza, l’impresa dovrebbe
occuparsene direttamente

Esportazioni indirette: motivazioni


Perché l’impresa può decidere di avvalersi delle esportazioni indirette?
1. l’attività svolta sul mercato interno è prevalente rispetto all’attività svolta sul mercato estero (tipicamente imprese di piccole dimensioni
che sono concentrate sul mercato nazionale. Esportano all’estero una percentuale contenuta del proprio fatturato quindi non hanno
ancora maturato l’interesse e non hanno le risorse per operare sul mercato estero)
2. non prevede di realizzare un flusso rilevante e regolare di vendita all’estero. Un’impresa di piccole dimensioni nell’operare su mercati
esteri dice che il flusso di vendite è contento quindi si avvale di intermediari esteri; ma anche una grande impresa, in relazione alle
caratteristiche di uno specifico mercato estero, può ritenere conveniente entrare delegando l’attività di vendita all’intermediario
commerciale quando i volumi di fatturato conseguibili il mercato non sono significativi. Laddove i mercati sono caratterizzati da una
medio bassa attrattività/accessibilità e elevata comparabilità/competitività (mercati di terzo/secondo ordine), l’impresa non ha
convenienza ad investire sul quel mercato perché il costo dell’entrata in quel mercato non è compensato con i volumi di fatturato. Allora
ne consegue che può essere convivente te entrare in quei mercato ma avvalendosi delle risorse dell’intermediario commerciale, quindi
non farlo direttamente
3. elevati costi di penetrazione commerciale (in relazione ai volumi di vendita conseguibili). Le esportazioni implicano costi di trasporto,
costi commerciali del personale che devono gestire l’attività, costi di superamento delle barriere
4. possibilità di ridurre i costi e i rischi dell’attività commerciale (in quanto non vengono impiegate risorse finanziarie e umane nello
svolgimento dell’attività estera). È l’intermediario commerciale, che con il suo personale di vendita, si occupa di promuovere il prodotto
dell’impresa, di individuare il cliente intermedio/finale e di sostenere anche dei rischi.
Perché l’intermediario commerciale dovrebbe essere in grado di sostenere dei costi che sarebbero più elevati se sostenuti dall’impresa?
La singola impresa che entra sul mercato estero promuove il suo prodotto; supponiamo che l’impresa decida di entrare sul mercato
estero con la sua forza di vendita (proprio ufficio commedia le, personale dedicato, personale che deve viaggiare, deve avere un proprio
deposito merci, deve gestire la logistica, deve sostenere i costi di copertura del rischio di insolvenza). Nel caso dell’esportazione
indiretta tutte queste attività e costi vengono sostenuti dall’intermediario commerciale, che coprirà questi costi nell’attività di acquisito
del prodotto dall’impresa di produzione. Il guadagno dell’intermediario commerciale è la differenza di prezzo tra l’acquisto dall’impresa
di produzione e il prezzo di vendita sul mercato estero; questo margine di guadagno dovrà essere tale da coprire i costi sostenuti per
l’attività di intermediazione con il suo guadagno. Perché l’intermediario
commerciale dovrebbe essere in grado di ridurre per conto dell’impresa questi costi? L’intermediario commerciale non lavora per una
sola impresa, ma è una figura che ricerca le offerte più vantaggiose; quindi compone un portafoglio prodotti di prodotti di imprese
diverse, dove la composizione consente di ottenere un equilibrio tra costi e guadagni, quindi di ottenere un margine. Quindi
l’intermediario costruendo il suo portafoglio prodotti, riesce a conseguire delle economica di scala che l’impresa da sola non sarebbe in
grado di realizzare. L’intermediario commerciale quindi utilizzerà il suo deposito merci per immagazzinare prodotti di altre imprese, in
questo modo quindi si ha un effetto di economie di scala (si abbatte il costo unitario della gestione del magazzino per la singola unità di
prodotto). Questo vale anche per la logistica, il trasporto, l’attività che i funzionari dovranno svolgere nel contattare gli intermediari
commerciali. Si attiva un meccanismo di economie di scala nell’attività che svolge l’intermediario commerciale di cui può beneficiare
indirettamente l’impresa di produzione. Vi è la possibilità anche di ridurre i rischi dell’attività commerciale, in quanto l’attività è in
capo all’intermediario. L’intermediario acquista la proprietà dei prodotti dell’impresa e nel momento in cui hanno acquisito il rischio
della rivendita e il rischio di insolvenza ricade sull’intermediario commerciale. L’impresa ha solo il rischio di insolvenza nella relazione
con l’intermediario commerciale

47
5. non dispone delle risorse (finanziarie e umane) necessarie per creare una propria rete di vendita sul mercato estero. Non avere le
competenze significa non avere competenze linguistiche, non sapere come negoziare con il mercato estero. Se quel mercato inizia ad
essere un mercato di rilievo per l’impresa ha senso passare ad altre modalità di entrata (esportazioni dirette, investimento o forma di
collaborazione), ma se quel mercato non mi consente di avere volumi di vendita significativi ha senso avvalersi di un soggetto terzo
6. riceve ordini non sollecitati provenienti dagli operatori esteri
7. dispone di un vantaggio competitivo di tipo esclusivo (prezzo, qualità, immagine del prodotto). Se ho un prodotto competitivo in termini
di qualità e prezzo, si tratta di un prodotto che si promuove abbastanza bene sul mercato estero, ma non ho la convenienza di gestire
direttamente la vendita perché il mercato non ha le dimensioni tali da conseguire volumi di fatturato che coprano i costi conseguiti
8. economie di velocità nella penetrazione del mercato estero a causa della mancanza o delle scarse informazioni relativamente al mercato
straniero (mancanza di contatti con la rete distributiva del mercato estero) → possibilità di sfruttare le competenze tecnico-commerciali,
le conoscenze e la rete di relazioni che gli operatori di tale canale hanno dei mercati di destinazione. L’intermediario commerciale che
ha conoscenza di quel mercato (sa quali sono le abitudini di acquisito e di consumo, ha rapporti con la rete di vendita e distributori,
figure istituzionali del mercato estero), tutto questo rende veloce la vendita sul mercato estero. Diversamente l’impresa dovrebbe
attivare delle relazioni con il cliente intermedio/finale, questo richiede tempo e costi (individuare il cliente, stabilire la relazione, …).
Mentre questi tempi e costi sono abbattuti grazie all’intermediario commerciale che hanno già tali conoscenze e un sistema di relazione.
9. possibilità di usufruire dei servizi di assistenza post vendita forniti dagli operatori del canale (figure dell’esportazione indiretta)
10. possibilità di accesso alle risorse finanziarie dell’intermediario commerciale (per i prodotti venduti mediante dilazione di pagamento,
chi produce può contare sull’intervento finanziario di chi distribuisce, risolvendo eventuali problemi di liquidità). Il credito commerciale
è gestito dall’intermediario commerciale. Esempio: settore food. L’impresa è un’azienda
vinicola, vendere vino significa contattare la catena di distribuzione, catena di alberghi, catena di ristorazione, enoteche. Avere la
relazione con tanti piccoli punti vendita significa una maggiore complessità e una maggiore esposizione al rischio di insolvenze e la
necessita di trovare copertura al credito commerciale perché vi è sempre una dilazione temporale tra la vendita e il pagamento. Questo
impegno finanziario viene tra lato sul l’intermediario commerciale
11. mancanza di competenze nella gestione delle specificità culturali, legali, istituzionali del paese estero
12. modo di vincere la diffidenza del cliente estero verso i prodotti stranieri. Molto spesso la figura dell’intermediario commerciale è una
figura che media laddove il prodotto non è noto in un determinato contesto estero.
Esempio: Ducati in Giappone. Inizialmente la Ducati vende tramite importatori perché fanno da tramite nel comunicare e promuove
l’immagine del brand presso i concessionari, questo perché c’è una pressione competitiva sul mercato giapponese molto forte. La
difficoltà di entrare in contatto con i concessionari del mercato giapponese ha richiesto la mediazione di un intermediario;
l’intermediario quindi in alcuni casi funge da mediatore dell’immagine del brand dell’impresa di produzione verso il sistema di
produzione del mercato estero.
29/11/2021
La modalità d’entrata delle esportazioni indirette spesso non è una scelta, spesso l’impresa subisce l’azione degli intermediari commerciali in
quanto danno origine a ordini non sollecitati.
In altri contesti invece è una scelta quando l’impresa può assumere un approccio proattivo anche attraverso un’esportazione indiretta,
laddove non è conveniente per l’impresa assumere direttamente il controllo delle attività necessarie per operare sui mercati esteri attraverso
le esportazioni dati i vincoli e limiti interni (dimensionali, risorse e competenze). Questi vincoli non riguardano solo le piccole imprese che
hanno vincoli generali nell’operare nel contesto internazionale, ma possono caratterizzare anche una grande impresa in relazione alle
caratteristiche di uno specifico mercato.
Es: ducati è una azienda di grandi dimensioni che ha le competenze per operare nel contesto internazionale, ma ha un limite di competenze,
soprattutto di conoscenza e di relazione con il sistema della distribuzione del mercato giapponese. Per cui diventa difficile inizialmente
entrare con forme dirette di controllo di quelle relazioni, quindi la ducati opta per un importatore, che poi diventa dealer. Quindi modalità
attraverso le quali la ducati affida la gestione delle relazioni sul mercato estero a un soggetto terzo. Dopodiché però la ducati, intensificando
la presenza sul mercato estero attraverso questa figura, riesce a trovare convenienza ad adottare una forma di presenza diretta.
Quindi adottare come modalità di entrata le esportazioni indirette può essere una scelta in funzione dei limiti di risorse interne in relazione
allo specifico mercato estero, ma può essere anche una scelta dettata dalle caratteristiche specifiche del mercato estero

Esportazioni indirette: inconvenienti


1. scarso controllo sul mercato e sulle azioni degli operatori della modalità di entrata. Controllo sul mercato significa controllo sulle
attività commerciali e di marketing svolte dall’intermediario commerciale sul mercato estero, l’intermediario ha le informazioni e la
conoscenza su quale prodotto è più adatto con le caratteristiche del mercato estero. Per questo motivo l’intermediario indirizza le
strategie dell’impresa sul mercato estero. Per l’impresa, non avendo il controllo, può diventare difficile consolidare le azioni su uno
specifico mercato estero. Infatti la ducati nel momento in cui si creano le condizioni per una forma di presenza più diretta, decide di
operare direttamente sul mercato estero tramite l’apertura di una consociata commerciale nel mercato giapponese che gli permette di
avere un controllo diretto sulle strategia dal prodotto alla comunicazione
2. scarsa informazione di ritorno dagli intermediari sulle dinamiche della domanda (preferenze e comportamento di acquisto), sulla
distribuzione e sulle strategie dei concorrenti. In alcuni casi si può creare una relazione, seppure non di lunga durata, di conseguenza è
frequente che non vi sia uno scambio di informazione dall’intermediario all’impresa.
La conoscenza è un ingrediente improntante delle strategie dell’impresa. Avere la conoscenza consente all’impresa di superare la
percezione di rischio, se non vi è questo ritorno dagli intermediari sulle dinamiche della domanda, preferenze d’acquisto, strategie di
distribuzione e dei concorrenti, allora si può comprendere perché la presenza sul mercato estero è instabile e non garantisce un
consolidamento dei risultati raggiunti.
Se cambiano le preferenze del concorrente o se si rafforza la strategia competitiva del concorrente e tutto questo avviene senza che
l’impresa ne sia a conoscenza; l’intermediario essendo guidato da obiettivi di breve periodo, compone il suo portafoglio guardando
all’equilibrio tra prezzo-qualità dei prodotti. Se questo equilibrio si indebolisce senza che vi sia la capacità da parte dell’impresa di
rispondere, l’intermediario sceglie di non approvvigionarsi più dal prodotto di quella impresa. Il controllo è nelle capacità
dell’intermediario, non dell’impresa
3. gli intermediari commerciali possono rivolgersi ad altri fornitori concorrenti, quando si riducono i vantaggi competitivi in termini di
prezzo/qualità. Il portafoglio prodotti dell’intermediario è costruito dall’intermediario. Se un’impresa gode di determinati vantaggi
competitivi in termini di prezzo/qualità e in un momento successivo perde questa forza competitiva, è dovuto al fatto che cambiano le
esigenze del cliente o le strategie del concorrente; se l’impresa non è informata di questo non può reagire
4. inefficienza dell’intermediario commerciale. La figura dell’intermediario può essere una figura importante per l’impresa nel momento
in cui riesce a svolgere anche una serie di servizi per l’impresa (magazzino, servizi di supporto oltre che a promuovere adeguatamente il

48
prodotto dell’impresa). Nel momento in cui l’intermediario non è in grado di svolger tali funzioni per conto dell’impresa, la sua attività
può risultare inefficiente in relazione alla natura dell’offerta dell’impresa.
Quindi l’impresa ha l’opportunità di cambiare, laddove possibile, intermediario oppure cambiare modalità di entrata (controllo diretto)
oppure abbandonare il mercato (tipico delle imprese di piccoli dimensioni)
5. scarso potere contrattuale nei confronti dell’intermediario commerciale. A volte vi può essere uno squilibrio nella relazione tra queste
figure e l’impresa di produzione. L’impresa potrebbe subire il potere dell’intermediario, soprattutto nella definizione del prezzo di
transazione tra l’impresa di produzione e l’intermediario. Mentre il prezzo sul mercato estero viene definito dall’intermediario, se non vi
è un rapporto di scambio di informazione o il rapporto è squilibrato, l’impresa potrebbe risentire di questo potere contrattuale perché il
prezzo potrebbe essere troppo alto o poco competitivo quindi l’impresa potrebbe vedere sacrificato il posizionamento competitivo per le
scelte operate dall’intermediario
6. costi di intermediazione (margine di contribuzione a copertura dei costi relativi ai servizi ricevuti, quali attività di consulenza, di
trasporto e di magazzinaggio). Il costo di intermediazione è la differenza tra il prezzo di acquisto da parte dell’intermediario e il prezzo
di vendita sul mercato estero.
Con questo prezzo l’intermediario deve essere in grado di coprire tutti i costi che deve sostenere per svolgere le attività di promozione e
vendita del prodotto sul mercato estero. In alcuni contesti questo costo può essere coerente con i livelli di vendita raggiunti sul mercato
estero (i livelli di vendita sono tali da non giustificare una presenza diretta sul mercato estero); laddove invece il livello di vendita cresce
allora questi costi di intermediazione possono diventare elevati
Si tratta di inconvenienti rispetto ai quali l’impresa può decidere di cambiare
intermediario, modificare la modalità di entrata oppure uscire dal mercato.

Esportazioni indirette
Quindi gli intermediari si trovano al centro nella relazione tra l’impresa di
produzione e il canale di distribuzione

Esportazioni indirette: importatori/distributori


Questo soggetto è una impresa indipendente (persona singola, società) che opera in uno specifico mercato, quindi ha una conoscenza
specifica di un mercato estero. Questo soggetto guarda le offerte presenti in mercati esteri diversi oppure in un’area specifica
(specializzazione per area geografica/merceologica).
Imprese specializzate nell’acquisto dei prodotti in un mercato (quello del produttore) e nella loro importazione in uno specifico mercato
estero (agiscono in nome e per conto proprio). Questi soggetti acquistano dall’impresa di produzione, vi è un prezzo che definisce la
transazione tra l’impresa di produzione e l’intermediario. Il rischio di insolvenza è in capo all’intermediario, il rischio per l’impresa è la
vendita all’intermediario commerciale non ai clienti sui mercati esteri
Possono assumere la figura di concessionario di vendita (dealer), soprattutto nell’ambito del settore automobilistico. I concessionari
assumono sia la caratteristica di importatore che di distributore. In questo caso vi è una sovrapposizione tra canale di entrata e canale di
distribuzione

Caratteristiche:
 buona conoscenza di mercato in cui operano
 estesa rete di relazione con la distribuzione locale, se non sono essi stessi dei dealer. La difficoltà per l’impresa di produzione è proprio
entrare in relazione con la distribuzione estera, la difficoltà è anche rompere delle relazioni già consolidate tra le imprese di produzione
locale e la distribuzione.
L’importatore nel momento in cui decide di approvvigionarsi sia con prodotti locali che con prodotti stranieri cerca di veicolare
l’immagine di quel prodotto e farsi garante nei confronti del distributore del mercato estero
 propria rete di vendita (spesso sono grossisti che acquistano e vendono in nome e per conto proprio; guadagno sul margine di
contribuzione), proprio personale interno che svolgono le attività di vendita sul mercato estero. Questo rappresenta un primo elemento che
richiede il concetto di economie di scala. Laddove i fatturati conseguibili sul mercato estero sono di un certo livello, il vantaggio è
sfruttare indirettamente le economie di scala che l’intermediario consegue, in quanto con il suo personale promuove i prodotti di più
imprese quindi i costi fissi vengono spalmati su più tipologie di prodotto. Dati determinati livelli di vendite sul mercato estero, può essere
conveniente la figura dell’intermediario commerciale perché consente di comprimere i costi legati alla vendita sul mercato estero
 capacità di ricercare le offerte più vantaggiose in termini di prezzo/qualità. È l’importatore che rivolgendosi al prodotto dell’impresa ha
conoscenza delle potenzialità del prodotto in termini di prezzo e qualità; non è l’impresa che ha una conoscenza diretta della forza
competitiva del suo prodotto. Ecco perché vi può essere una dipendenza nei confronti dell’intermediario commerciale
Ciò che caratterizza fortemente l’importatore è il forte legale con il mercato nel quale operano in quanto sono imprese di quel mercato

Attività svolte:
 Gestione assortimenti e scorte
 Promozione e distribuzione fisica del prodotto
 Concessione del credito alla clientela locale
 Erogazione di servizi di assistenza post vendita

Forma di entrata utilizzata:


 per la vendita di beni strumentali e beni che richiedono servizi post- vendita (forniti dal distributore o da imprese specializzate).
Es.: attrezzature agricole, mezzi di trasporto, attrezzature sanitarie, alcuni tipi di beni di consumo durevole (es.: elettrodomestici)
 quando la distribuzione al dettaglio nel mercato estero dei beni di consumo è frazionata e i volumi commercializzati da un singolo punto
vendita sono bassi (es. settore alimentare).
Esempio: l’economia indiana mantiene un sistema di distribuzione caratterizzato da numerosi passaggi e punti vendita di piccole
dimensioni. A fronte di un sistema di distribuzione fortemente frammentato, per un’impresa di produzione estera vendere sul quel

49
mercato può caratterizzare dei costi piuttosto elevati nella gestione dell’attività di vendita e coordinamento dell’attività, rivolgersi a un
importatore significa rivolgersi a uno o pochi soggetti
 quando il mantenimento di scorte è un fattore importante per garantire consegne tempestive (es. settore alimentare).
 quando il mercato non giustifica una presenza diretta dell’impresa

Vantaggi:
 buona conoscenza del mercato e estesa rete di contatti con i dettaglianti e con i grossisti (riduzione percezione rischio paese e operativo;
possibilità di superamento della riluttanza della distribuzione locale verso i prodotti stranieri)
 capacità di trattare elevati volumi di vendita in quanto sono specializzati nella vendita su quello specifico mercato (riduzione costi
amministrativi, di gestione delle scorte, di trasporto; stabilizzazione della capacità produttiva perché da continuità alla vendita sul mercato
estero)
 capacità finanziarie e di pagamento in tempi brevi (traslazione rischio di insolvenza). La copertura del credito commerciale è in capo
all’intermediario commerciale, quindi il rischio di insolvenza è traslato all’intermediario commerciale dato che acquista la proprietà della
merce. L’unico rischio di insolvenza rimane collegato alla transazione tra l’impresa di produzione e l’intermediario commerciale

Svantaggi:
 scarso potere del produttore nel vincolare l’azione commerciale dell’importatore (politiche di prezzo, promozione, distribuzione,
immagine/brand)
 concorrenza tra le imprese i cui prodotti sono presenti nel portafoglio dell’importatore/distributore
 rapporti di breve periodo (contratti spot). Dipende dalla convenienza dell’importatore oppure dalla decisione dell’impresa di cambiare la
modalità di entrata oppure di rinunciare alla vendita sul mercato estero

Esempio: http://www.bestfoodimporters.com/it/importatori-alimentari-per-prodotto/?lang=it
Sito inglese rivolto a potenziali produttori in Europa, il quale fornisce una lista di nominativi di possibili importatori alimentari di mercati
diversi.

Esportazioni indirette: Imprese nazionali specializzate nelle esportazioni


Possono essere chiamate anche Export house o Export Management Company - EMC
Imprese aventi la stessa nazionalità dell’impresa che produce, ma indipendenti da questa e non in concorrenza con essa.
La principale differenza con l’importatore è che l’export house si trova sul mercato nazionale. Il vantaggio è effettuare una transazione sul
mercato nazionale (no barriere linguistiche, distanza geografica)
L’esportatore può operare con uno specifico mercato estero, quindi gestisce le compravendite solamente con uno specifico mercato estero
oppure hanno un portafoglio paesi o aree mercato.
Di conseguenza devono intercettare grossista o dettagliante, in questo caso è evidente la distinzione tra modalità di entrata e sistema di
distribuzione

Caratteristiche:
 Acquistano dai produttori nazionali (assumono il rischio della compravendita) e vendono i prodotti sui mercati esteri solitamente ad un
grossista, o a un dettagliante o ancora al cliente finale se si tratta di beni strumentali. La decisione del come distribuire è in capo
all’esportatore
 Possono agire in nome e per conto del produttore come uffici di esportazione indipendenti (remunerazione: commissione variabile tra il
10% e il 20% sul valore della transazione). L’impresa si rivolge ad un’impresa commerciale estera che svolge l’attività come ufficio di
export, ma è indipendente dall’impresa.
Quindi anche gli uffici di export house o export management company possono avere una specializzazione per area geografica ed hanno
un loro portafoglio prodotti.
Importante differenza è che non acquistano il prodotto e guadagnano tramite una commissione

Attività:
 ricerca di mercati e clienti. Operano in più mercati quindi a differenza dell’importatore che ha una conoscenza specifica di un mercato,
l’export house va alla ricerca dei mercati e dei clienti. Questo è un vantaggio per l’impresa nazionale perché accresce la potenzialità
della penetrazione commerciale del prodotto a livello internazionale L’importatore porta il prodotto dell’impresa in uno specifico
mercato, l’esportatore che ha una conoscenza di più mercati esteri è in grado di collocare il prodotto dell’impresa nei mercati più adatti a
quel prodotto in quanto le caratteristiche della domanda sono maggiormente coerenti con le caratteristiche del prodotto.
 definizione delle condizioni contrattuali (oggetto della transazione, prezzo di vendita, materiale informativo). In virtù di questa
conoscenza è l’export house che può dare dei suggerimenti all’impresa su come promuovere il prodotto, suggerisce di modificare la
confezione, il materiale informativo per uno specifico mercato estero. Tuttavia non sempre c’è una risposta positiva da parte
dell’impresa di produzione
 movimentazione della merce.
 predisposizione della documentazione per l’estero
 supporto di natura commerciale e tecnica alla clientela estera

Esempio: https://www.winesoul.it/presentazione/

Vantaggi/benefici:
 conoscenza di mercato e della rete di relazioni commerciali dei mercati esteri
 predisposizione di portafoglio prodotti ampi e complementari (presenza di prodotti di imprese non in concorrenza tra loro).
Questo passaggio lo possiamo ritrovare anche con riferimento alle caratteristiche generali dell’intermediario commerciale. Costruire un
portafoglio prodotti complementari è un vantaggio per l’impresa di produzione perché permette un frazionamento del rischio inoltre la
distribuzione favorisce quelle proposte che hanno una maggiore completezza perché a sua volta il distributore ha dei costi
nell’approvvigionamento. Avere un portafoglio prodotti complementare è un vantaggio per l’impresa di produzione, che tuttavia non è
in grado di realizzare tutti quei prodotti. Anziché esternalizzare la produzione l’impresa può raggiungere un vantaggio di ampliamento

50
del portafoglio tramite questi soggetti, è una maggiore facilità di collocamento del singolo prodotto quando rientra in una offerta più
ricca.
 costi di trasporto e logistica contenuti per effetto delle economie di scala nell’organizzazione dei trasporti internazionali
 pagamento in valuta nazionale in quanto la transazione avviene sul mercato nazionale. Io vendo sul mercato nazionale, dopodiché il
prodotto viene collocato nella distribuzione estera
 comunicazione nella lingua del produttore. Lingua implica anche cultura, negozio quindi con un soggetto di cui conosco le modalità di
negoziazione

Svantaggi:
 rischio di non convergenza tra le esigenze dell’impresa di produzione e le politiche dell’esportatore in termini di copertura dei mercati e
specializzazione per aree geografiche e per tipologie di prodotti e clientela. Queste sono tutte decisioni in capo all’intermediario
commerciale, rispetto alle quale le imprese di produzione hanno scarsa possibilità di interferenza.
 l’ampiezza del portafoglio prodotto dell’intermediario può presentare il rischio che l’intermediario possa privilegiare i prodotti a
maggiore potenziale di vendita.
Il rischio di coabitare nel portafoglio prodotti dell’intermediario (rischio di cannibalizzazione) è quello di non essere sostenuti e quindi
intermediario potrebbe rinunciare al prodotto dell’impresa nazionale

Esportazioni indirette: Trading Companies


La trading company è un intermediario commerciale specializzato sia nella funzione di importare sia di esportare.
Si tratta di imprese che sono tendenzialmente sul mercato estero, nascono all’inizio del ‘900 nel mercato giapponese per contrastare la forza
economica delle imprese europee che entrano nel mercato giapponese.
Possono essere sia imprese autonome oppure divisioni all’interno di gruppi più grandi
Imprese, spesso di grandi dimensioni, che gestiscono sia l’attività di importazione che di esportazione, fornendo i servizi connessi.

Caratteristiche:
• operano in una molteplicità di mercati perché sono tendenzialmente imprese di grandi dimensioni, hanno quindi una buona conoscenza del
contesto internazionale. Per l’impresa di produzione entrare nel portafoglio prodotti di una trading company è vantaggioso in quanto le
permette di entrare nel mercato più adeguato, tuttavia il rischio è che il potere contrattuale delle trading company è molto elevato. Anche le
grandi imprese che si avvalgono delle trading company vi può essere questo sbilanciamento del potere a favore delle trading company
• operano con portafogli prodotti con diversi gradi di specializzazione
• forniscono diversi servizi, oltre l’attività di acquisto e vendita (servizi finanziari, analisi di mercato, ricerca del cliente intermedio o finale,
negoziazione ...). L’offerta è ancora più ricca nella composizione, possono contemporaneamente svolgere servizi finanziari, analisi di
mercato …
• possono essere dello stesso paese dell’impresa produttrice, o di un paese diverso (non necessariamente di quello nel quale i prodotti
vengono venduti)
• possono essere indipendenti (in questo caso di minori dimensioni) o appartenere ad un gruppo che comprende al suo interno anche imprese
di produzione

Trading Companies: Mitsui & Co [http://www.mitsui.com/it/it/]


Mitsui & Co. Ltd è una multinazionale giapponese (sede Tokyo) di trading che eroga servizi di intermediazione commerciale relativi a
operazioni di importazione ed esportazione di prodotti come tessile-abbigliamento, gioielli, chimici, plastici, macchinari, farmaceutici,
attrezzature industriali, elettronica, ... (fortemente diversificato)
Con un fatturato di circa 56.000 milioni di $, occupa 6.000 addetti distribuiti in 140 uffici presenti in 65 paesi a livello mondiale (presenza
internazionale elevata). In Italia opera dal 1969 con la consociata Mitsui & Co. Italia S.p.A.
Alcuni Prodotti e servizi gestiti per promuoverli sul mercato giapponese ma anche in altri mercati:
• Moda e Accessori. Nel settore della moda, organizzazione di operazioni commerciali nei mercati asiatici, per conto di aziende italiane
della moda.
• Alimentari. Il Foods Department si occupa principalmente dell'esportazione di prodotti alimentari italiani in Giappone ed in particolar
modo vino e riso.
• Automobili e Macchinari Industriali. Commercializzazione di prodotti tecnologicamente innovativi dal Giappone e possibilità di
cooperazione con società italiane desiderose di proporsi sul mercato giapponese.
• Progetti Infrastrutturali. Creare collegamenti tra le società italiane e quelle giapponesi nel campo dei progetti chimici, petrolchimici, e nel
campo ferroviario.

Trading Companies: Funzioni


Si tratta di funzioni con una maggiore articolazioni in quanto essendo di grandi dimensioni hanno personale altamente qualificato
1. organizzare e gestire l’acquisto (selezione del fornitore, controllo qualità) e la vendita di prodotti (definizione delle politiche di vendita,
distribuzione, promozione)
2. fornire specifici servizi come analisi dei mercati (raccolta informazioni, analisi della concorrenza ...)
3. definire il portafoglio prodotti
4. svolgere attività di ricerca del cliente intermedio o finale
5. fornire servizi di trasporto e magazzinaggio (movimentazione, stoccaggio, ecc..)
6. gestire le operazioni di finanziamento nei confronti dei clienti

Vantaggi:
• Elevata conoscenza dei mercati esteri; si tratta di una conoscenza estesa di mercati a livello mondiale.
Se l’impresa decidesse di operare autonomamente nel mercato estero senza avvalersi di tali figure, dovrebbe svolgere per proprio conto
l’analisi dei mercati esteri. Questa attività genera un costo che è sostenuto dalla trading company, questo intermediario riesce a sfruttare le
economie di scala. È un costo che la trading company copre con la transazione con l’impresa di produzione
• Capacità di fornire servizi di assistenza post vendita
• Buone capacità finanziarie

Svantaggi:

51
• elevato potere contrattuale della trading company
• costi dell’intermediazione (margine di contribuzione a copertura anche dei costi dell’attività di consulenza, di trasporto e di
magazzinaggio)
• scarso controllo sul mercato di destinazione, scarsa conoscenza della destinazione finale della fornitura. L’impresa di produzione potrebbe
perdere completamente conoscenza relativa a dove il prodotto viene collocato, perde di vista la conoscenza della destinazione finale della
distributura

General Electric
Technology Infrastructure
• Aviation ( jet engines for commercial, corporate, marine, and military clients)
• Aviation Financial Services (leasing services; financial plans for purchase an aircraft)
• Transportation (locomotives, mining trucks, marine engines, drill motors...)
• Water & Process Technologies (water treatment materials, remote water-monitoring technology)
Healthcare (assistenza sanitaria)
• Life Sciences (discovery and development of new drugs)
• Diagnostic Imaging (x-ray, magnetic resonance imaging, computed topography) & Medical Diagnostics
• Global Services & Integrated IT Solutons
• Clinical Systems (patient monitoring systems, incubators,...)
Energy Infrastructure
• Energy (wind turbines, nuclear energy reactors, solar panels)
• Energy Financial Services
• Oil & Gas (pipelines, gas turbines, and valves)
NBC Universal (settore mediatico)
• Television Stations (10 NBC television stations within the United States, 16 Telemundo Spanish- language stations.... Reach: almost 1/3 of
US households; Advertisement revenue: $1.5 billion). Television programs (ER, The Office, Law & Order, Scrubs, Deal or No Deal,...)
• NBC Universal Digital Media (NBC material via the Internet and other digital media)
• Universal Pictures ('King Kong', 'Brokeback Mountain', 'Ray', 'A Beautiful Mind',...)
• Universal Studios Home Entertainment (DVD versions of Universal Pictures' films)
• Universal Parks and Resorts (theme parks in the U.S., Japan, and Spain)
Capital Finance
• loans, financial management advice, and equipment leasing
Consumer & Industrial
• appliances
• lighting
• factory automation systems
• plastics and resins
• security and sensing technologies

Esportazioni indirette: Grandi compratori


Imprese della grande distribuzione commerciale (centrali di acquisto, grandi magazzini come galleria Lafayette, Tesco in Inghilterra, la
Rinascente in Italia, Lidl in Germania) presenti sui mercati esteri che compongono il proprio assortimento attraverso una pluralità di fonti di
fornitura a livello nazionale e internazionale e che gestiscono differenti categorie merceologiche (abbigliamento, alimentari, elettrodomestici,
arredo casa ...).
Sono imprese che non guardano soltanto alla produzione sul mercato nazionale ma anche sui mercati esteri, hanno quindi internazionalizzato
la funzione di approvvigionamento
Utilizzano la figura del buyer interno per comprare direttamente dal fornitore estero partite di merci sulla base della migliore offerta (in
termine di rapporto qualità/prezzo).
Questo buyer può risiedere all’interno dell’impresa sul mercato in cui è collocato, oppure, laddove hanno sviluppato delle relazioni
consolidate con le imprese di produzione di specifici mercati, possono avere delocalizzato la funzione acquisti su quei mercati; quindi il
buyer opera direttamente sul mercato estero
Si tratta comunque di un soggetto interno.

Ricercano fornitori con:


- Buona organizzazione produttiva (per garantire volumi e standard di qualità)
- Buona capacità di adattamento del prodotto (per rispondere alle esigenze della domanda locale)
- Buon rapporto prezzo/qualità
- Buona efficienza sul piano logistico con riferimento ai tempi di consegna (di particolare importanza in settori come l’abbigliamento, food,
...)

Esempio: la galleria Lafayette ha la sua divisone che riguarda l’abbigliamento. Nel definire la categoria merceologica abbigliamento può
rifornirsi di produttori francesi, ma guarderà anche quei fornitori italiani che sono in grado di garantire volumi e standard di qualità. Può
decidere di vendere o con il brand del produttore italiano oppure con il brand della galleria Lafayette.
Quindi il fornitore deve avere un buon prodotto, un buon prezzo, deve garantire la continuità di approvvigionamento e una capacità di
adattamento del prodotto in quanto deve rispondere alle esigenze del mercato in cui è collocata la galleria Lafayette.
Quindi cerca un’impresa italiana che sia in grado di adattare l’offerta in base alle esigenze del consumatore francese.
Ma sarà il buyer della galleria Lafayette che dirà di produrre prodotti con determinate caratteristiche per poterlo vendere meglio.
L’impresa Italia non deve svolgere un’indagine di mercato, è il grande compratore che dice questo all’impresa italiana nell’interesse della
galleria Lafayette ma anche nell’interesse indiretto dell’impresa italiana

52
Grandi compratori: Il caso C&A
Catena internazionale (di origine olandese) di distribuzione di prodotti di abbigliamento, a conduzione familiare da 6 generazioni, fondata nel
1841 dai fratelli Clemens e August Brenninkmeijer (dalle cui iniziali prende il nome la società).
C&A è un’azienda con filiali in 21 Paesi europei e la cui presenza a livello mondiale è destinata a crescere, con sedi in Cina, Brasile e
Messico.
 Ogni giorno oltre 2.000.000 di clienti visitano i 1.575 punti vendita di C&A.
 C&A offre abbigliamento a prezzi accessibili a sempre più persone in tutto il mondo
 C&A offre circa 20.000 proposte diverse, suddivise in oltre 200 gruppi di prodotto in qualsiasi stagione e mese dell’anno,
commercializzati con 10 diversi brand di proprietà (private label)
 C&A si approvvigiona da 600 fornitori presenti in 40 Paesi. Questo significa internazionalizzazione della funzione approvvigionamento
visto dal punto di vista di C&A. Visto dal punto di vista di uno dei 600 fornitori significa entrare nel portafoglio prodotti di C&A ed
essere collocati nei mercato in cui C&A è presente senza aver svolto un’analisi dei mercati esteri.
 C&A conta circa 35.000 dipendenti, tra cui oltre 350 designer, stilisti e buyer presso le sedi principali di Bruxelles e Düsseldorf
30/11/2021
Esportazioni indirette: Agente di acquisto (buyer indipendenti)
La nostra prospettiva è quella di un’impresa nazionale che vuole entrare sui mercati esteri, e una modalità per entrarvi è il buyer indipendente
che fa parte delle esportazioni indirette
Organizzazioni indipendenti (anche persona singola) che operano nel paese dell’impresa esportatrice. Si tratta di soggetti indipendenti che
ricevono un mandato dal cliente straniero per contattare i fornitori presenti sui mercati esteri.
L’indipendenza è in relazione al potenziale cliente estero. Questo passaggio è importante perché definisce la differenza tra l’agente di vendita
e l’agente di acquisto
Agiscono per conto di clienti esteri, che possono essere:
- imprese di produzione (approvvigionamenti esteri, integrazione portafoglio- prodotti per differenziare l’offerta sul mercato domestico)
- catene di distribuzione (grandi compratori)
Operano sulla base di mandati definiti da una lettera di intenti in cui si specificano gli elementi relativi all’esecuzione dell’ordine di acquisto
(quantità, qualità, prezzo, tempi di consegna) ricevuti dal cliente estero. Nella lettera di intenti questi elementi sono definiti tra l’agente di
acquisto e il cliente estero. L’impresa nazionale che vende sul mercato estero non ha un rapporto diretto con l’ufficio acquisti del cliente
estero, la relazione è mediata dall’agente di acquisto il quale ha a sua volta il proprio portafoglio prodotti e che guadagna su una
commissione pagata dal cliente estero. L’agente d’acquisto ha tutto l’interesse a influenzare la transazione e dunque la sua mediazione si
interpone tra l’impresa nazionale e il cliente estero. L’impresa nazionale attraverso questa figura non ha un controllo diretto sulle vendite che
avvengono sul mercato estero.
Ricevono dal cliente estero che rappresentano una commissione (3-8%) calcolata sul valore dei beni acquistati.
Hanno relazioni solitamente stabili con gli acquirenti internazionali, non hanno una relazione stabile con l’impresa nazionale. Le vendite sul
mercato estero possono essere anche spot, occasioni perché dipende dalla convenienza che è in capo non solo al cliente estero, ma anche
all’agente. Ci sono due soggetti che impongono la loro convenienza e che controllano la transazione che può non essere controllata
direttamente dall’impresa nazionale. L’impresa nazionale però può rifiutarsi di vendere, può cercare di negoziare il prezzo anche se la
negoziazione non avviene direttamente con il cliente estero.
L’impresa nazionale viene il più delle volte individuata dall’agente di acquisto

Agente d’acquisto e buyer


L’agente di acquisto si trova sul mercato nazionale dell’impresa di
produzione. Le frecce indicano una relazione tra l’agente di
acquisto e il cliente estero. Il cliente estero può essere un’impresa
di produzione estera nel caso di una impresa che lavora nel B2B.
In questo caso la relazione che stiamo analizzando è tra l’agente di
acquisto e il cliente estero, indipendente rispetto al cliente perché
l’agente d’acquisto riceve un mandato per l’approvvigionamento
sui mercati esteri dal cliente estero.
L’impresa di produzione estera (cliente) e similmente le imprese
di distribuzione (gruppi di acquisto, grandi comprato) possono o
agire autonomamente attraverso il loro ufficio acquisto e quindi
con i buyer interni oppure l’ufficio acquisto viene delocalizzato
sul mercato dei principali fornitori, ad esempio sul mercato
dell’impresa di produzione nazionale. Questa relazione tuttavia
non è la nostra prospettiva.
L’altra alternativa per l’impresa è quella di rivolgersi ad un buyer
indipendente, l’agente di acquisto, ossia un imprenditore
indipendente per individuare i fornitori sul mercato nazionale in
quanto l’agente d’acquisto ha una localizzazione strettamente territoriale e quindi lavora sul mercato nazionale.
Prima relazione: l’agente d’acquisto si relaziona con l’impresa cliente sul mercato estero e riceve un mandato dal cliente straniero attraverso
una lettera di intenti in cui vengono definite le attività che l’agente d’acquisto deve svolgere per conto del cliente estero e il modo in cui si
deve relazionare con il fornitore, ossia con l’impresa nazionale.
La freccia tratteggiata mi dice che l’impresa di produzione estera oppure il grande compratore nella figura dei gruppi d’acquisto o la grande
distribuzione può decidere di delocalizzare l’ufficio acquisto, quindi decentrare il buyer interno, figura ancora diversa dall’agente di acquisto
in quanto dipendente dall’impresa

Esportazioni indirette: agente di acquisito (buyer indipendenti)


Attività svolte:
• studi di mercato (ricerca e selezione del fornitore per conto del cliente estero). Individua il fornitore per conto del cliente estero, sceglie
l’impresa nazionale. Può capitare che l’impresa nazionale a volte intercetti l’agente di acquisto essa stessa, ma il più delle volte è l’agente
d’acquisto che cerca il fornitore sullo specifico mercato in cui opera;

53
• partecipazione a fiere e altre manifestazioni promozionali; suggerimento di adattamenti del prodotto. Non vi è una azione diretta da parte
dell’impresa nazionale, ma è l’agente che chiede all’impresa nazionale di adattare il prodotto
• negoziazione dei termini contrattuali;
• predisposizione dell’ordine; controllo della qualità dei prodotti;
• predisposizione degli adempimenti per l’esportazione;
• predisposizione della fattura a carico del committente estero (impresa produttiva/commerciale estera).
Non vi è controllo da parte dell’impresa nazionale su queste attività. Il vantaggio è quello di affidarsi ad un intermediario che svolge delle
attività per conto dell’impresa nazionale

Vantaggi per l’impresa esportatrice


• essere presenti nel portafoglio fornitori del buyer
• modalità di esportazione poco onerosa: pagamenti veloci, movimentazione del prodotto a carico dell’agente di acquisto e del cliente estero.
Molte delle attività sono a carico dell’agente

Svantaggi per l’impresa esportatrice


• limitata profittabilità (ridotto potere negoziale sul prezzo); la negoziazione avviene con l’agente, non direttamente con il cliente estero
• scarso/nullo controllo sulle politiche di marketing del cliente estero perché la negoziazione è mediata
• incertezza sulla continuità della relazione con il cliente estero (mediata dall’agente) perché dipende dalla valutazione dell’agente di
acquisto senza che vi possa essere un contatto diretto con il cliente , il che significa che potrebbe essere un flusso di informazione che
passa dall’agente di acquisto all’impresa nazionale. Se c’è un’informazione corretta allora, l’impresa nazionale può intervenire sulle
strategie di vendita sul mercato estero, ma spesso questo flusso è controllato dall’agente
• non visibilità del marchio del prodotto esportato perché a volte i fornitori possono diventare dei fornitori di imprese straniere che si
riforniscono sui mercati esteri attraverso la figura dell’agente di acquisto ponendo sul prodotto il loro brand.

Esportazioni indirette: Consorzi per l’esportazione


I consorzi sono degli istituti normati dalla legge italiana. Sono strutture associative (regolamentate dell’art. 2602 del cod. civ.).
Sono delle forme di aggregazione di imprese (spesso di piccole dimensioni) che decidono di svolgere in comune (creare delle sinergie)
attività legate alla promozione (consorzi promozionali: attività 1-4) e alla vendite (consorzi di vendita all’estero: attività 1-5) di beni e servizi
sui mercati esteri. Diventano quindi consorzi di vendita all’estero se svolgono anche l’attività n. 5, cioè quella di vendere il prodotto delle
imprese che fanno parte del consorzio sul mercato estero.
Servizi offerti dal consorzio:
1. Servizi connessi all’attività export: assistenza nelle pratiche doganali, fiscali, legali, logistiche; traduzioni.
Il vantaggio da parte delle imprese, in particolare per quelle che hanno ridotte risorse interne umane e finanziarie, di aderire all’attività
del consorzio è che l’impresa non deve disporre internamente di competenze per gestire queste attività. Inoltre, i servizi in capo al
consorzio che generano dei costi, gestiti dal consorzio, danno origine ad economie di scala in quanto il consorzio svolge tutte queste
attività non per la singola impresa ma a favore di più imprese, cioè delle imprese consorziate. Quindi quei costi che generanno degli
elementi di costo fisso vengono ripartiti sui costi di più impresa, quindi avviene un abbattimento dei costi
2. Assistenza nello sviluppo delle strategie di vendita: raccolta di informazioni di mercato, costituzione di basi operative all’estero. È il
consorzio che si occupa, per conto delle imprese consorziate, di individuare i mercati più convenienti per quel portafoglio prodotti nel
quale rientra l’impresa in analisi. La valutazione è sempre di natura strategica ed economica
3. Rappresentanza presso le istituzioni pubbliche e private (banche) operanti nell’ambito dell’internazionalizzazione. Potere contrattuale
più elevato in capo a un consorzio piuttosto che in capo a una singola impresa, per esempio in fase di raccolta di fonti di finanziamento
4. Servizi di promozione: partecipazione a fiere, azioni pubblicitarie, allestimenti di show-room; segnalazioni di gare d’appalto, visite ad
operatori stranieri
Un consorzio potrebbe fermarsi qui per le attività che svolge. Se l’attività del consorzio è un’attività di promozione, l’attività di vendita, cioè
la decisione di vendere al cliente estero e di definire le politiche di vendita rimangono in capo all’impresa nazionale.
Tuttavia esistono anche i consorzi di vendita, che svolgono anche:
5. Attività di intermediazione commerciale: vendita (per conto delle imprese consorziate o in nome proprio) dei prodotti delle imprese
consorziate, apponendo in alcuni casi il marchio consortile.
L’attività si estende fino alla vendita che può avvenire o in nome e per conto dell’impresa consorziata quindi si occupano fino alla
consegna gestendo anche la logistica, oppure il consorzio opera in nome e per conto proprio: acquista dalle imprese consorziate e vende
sul mercato estero con il nome del consorzio. Questa è una pratica diffusa nel food.
Molte imprese però più sono piccole e più sono restie a lavorare insieme e quindi ad aderire ad un consorzio perché vuol dire
condividere obiettivi comuni e questo può creare degli attriti.
Anche il fatto di dover condividere delle strategie comuni può agire negativamente sulla decisione dell’impresa ad aderire al consorzio.
Ecco perché nonostante la forza e la validità del consorzio, non ha un livello di diffusione altissimo

Consorzi per l’esportazione: alcuni esempi Tradizione Italiana


Consorzio export per 12 imprese dell’eccellenza alimentare italiana
Vedi caso Consorzio Tradizione Italiana [tratto da http://www.foodweb.it/2012/11/tradizione-italiana-consorzio-export-per-11- imprese-del-
sud; http://www.italianfoodtradition.com/ita/]
Questo tipo di consorzio aggrega imprese del settore alimentate non su un’area geografica definita, ma prodotti italiani richiamando al Made
in Italy.
È un consorzio alimentare per promuovere (attività 1-4), non si occupa della vendita. Portafoglio variegato, prodotti correlati tra loro.
Oltre alla promozione e valorizzazione il consorzio mira a sostenere le aziende associate nella commercializzazione sia nel retail che nella
ristorazione.
Obiettivo prioritario è anche lo sviluppo di sinergie. Un elemento evidente è la possibilità attraverso i consorzi di attuare progetti di
internazionalizzazione e di entrata in un mercato, progetti che la singola impresa da sola non sarebbe in grado di realizzare.
L’aggregazione tra aziende e la condivisione di esperienze, obiettivi e informazioni è la strategia vincente per accedere più facilmente e con
successo sui nuovi mercati poiché siamo fermamente convinti che unire le forze e le competenze moltiplica i risultati
Questo caso da delle indicazioni sull’attività del consorzio

54
Consorzi per l’esportazione: alcuni esempi
Consorzio Export Quality Wines – Promozione di Vini e prodotti tipici del Piemonte e di altre regioni d'Italia. Aggrega imprese che
producono vino
Il consorzio EQW è un’associazione di aziende agricole nato nel 2002 con lo scopo di promuovere i vini ed i prodotti tipici locali all’estero.
E
’ costituito ai sensi degli articoli 2602 ss. e 2612 ss. del Codice Civile.
Il Consorzio EQW, attraverso la realizzazione di progetti specifici, assiste le aziende consorziate nelle fasi di internazionalizzazione e
promozione.
Per le proprie missioni si avvale di strumenti finanziari delle leggi italiane e di quelle emanate dall’Unione Europea e da altri Organismi
internazionali (doppio piano nell’accesso ai finanziamenti). [http://exportqualitywines.com/consor zio/]
Alcune aziende agricole.
• Zanatta S.S società agricola
• Weingut Klaus Lentsch
• Tenute Dettori Soc. agricola semplice
• Tenuta Rocca

Esportazioni indirette: Consorzi per l’esportazione


Federexport (Confindustria)
Federexport – Federazione italiana fra i consorzi per l’internazionalizzazione – opera dal 1974 per la diffusione internazionale dei prodotti e
dei servizi delle piccole e medie imprese e per il sostegno della loro presenza nei mercati esteri.
Il Consorzio per l’internazionalizzazione cura tutto il processo che rende possibile l'esportazione delle piccole e medie imprese associate,
dalla formazione di personale “capace” di esportare o di espandere l’attività di chi già esporta, alla ricerca di prodotti innovativi adatti ai
mercati da raggiungere.
Federexport associa 90 consorzi

Consorzi per l’esportazione


Vantaggi:
• ridurre i costi dell’internazionalizzazione, sfruttando le economie di scala del consorzio
• beneficiare dei servizi offerti dal consorzio che consentono di implementare progetti difficilmente realizzabili dalla singola impresa (in
particolare di piccole dimensioni) per sopperire alla mancanza di risorse e competenze interne
• beneficiare delle risorse materiali (es. accesso ai finanziamenti pubblici) e delle conoscenze e competenze manageriali specifiche del
consorzio
• accrescere la forza contrattuale nei confronti di organismi pubblici e privati (banche: crediti agevolati, finanziamenti)
• ampliare la gamma prodotti, con l’offerta delle altre consorziate

Dei veri e propri svantaggi non ci sono, se non in quell’atteggiamento restio da parte delle piccole imprese nello svolgere attività d’impresa
assieme ad altre imprese, quindi decidere insieme. Più sono piccole imprese, maggiore è la resistenza a fare insieme

Capitolo 7:
Strategie di entrata sui mercati esteri: Esportazioni dirette

Esportazione diretta  controllo diretto della gestione delle attività sui mercati
esteri. Si declinano in modo diverso le dimensioni che descrivono le modalità
di entrata dal punto di vista del coinvolgimento, flessibilità, rischio e grado di
controllo. Con l’esportazione diretta vi è un maggiore coinvolgimento di
risorse e quindi la richiesta di maggiori competenze; sono più rischiose perché
se crescono gli investimenti cresce anche il rischio operativo; l’impresa ha
maggiore controllo sulle attività perché negozia direttamente con il cliente
estero; è la forma di entrata con un minore grado di flessibilità cioè minore
capacità di uscire dal mercato in tempi brevi e costi contenuti.
Le forme di entrata sono: personale interno di vendita (ufficio vendita destinato
ai mercati esteri). Possiamo capire perché vi è una minore flessibilità
soprattutto per quelle imprese che operano su aree di mercato importanti e
quindi costituiscono ad hoc un ufficio commerciale estero assumendo
personale dedicato a quell’attività, tuttavia se il mercato estero non corrisponde
alle attese dell’impresa ho un personale che non posso licenziare dall’oggi al
domani e questo crea una rigidità nella struttura dei costi. Se entro nel mercato estero con un’agente di vendita e voglio uscire dal mercato
devo pagare delle penali
Elevato controllo perché queste figure non mediamo ma lavorano direttamente per l’impresa, anche nel caso degli agenti di vendita seppure
siano soggetti indipendenti.

Esportazioni dirette
L’impresa si serve di una propria organizzazione per vendere direttamente ad un operatore del mercato estero senza passare attraverso un
intermediario commerciale. Il cliente può essere un cliente estero nel B2B o un cliente commerciale (grossista, dettagliante, compratore)
Entrare con questa modalità comporta, quindi con una forma organizzativa propria comporta due scelte:
1) modalità per portare il prodotto sul mercato estero; quindi scegliere con quale figura dell’esportazione diretta entrare sul mercato estero
(se con il personale di vendita, agente di vendita, consociata, etc.)
2) scelta distributori presenti sul mercato estero. La decisione di come distribuire il prodotto sul mercato estero è una decisione in capo
all’impresa di produzione.

55
Modalità di entrata ≠ modalità di distribuzione. Nel caso delle esportazioni dirette l’impresa decide come entrare e successivamente come
distribuire il prodotto: due decisioni distinte entrambe in capo all’impresa.

Modalità di entrata adottata quando i maggiori costi sostenuti sono giustificati da:
• alti volumi di vendita all’estero
• mancanza di intermediari efficienti. Vi sono situazioni in cui l’impresa non trova soggetti in grado di promuovere il suo prodotto
La premessa di tutto questo è che l’impresa abbia internamente le risorse e competenze per poter agire sul mercato estero.

Caratteristiche:
- iniziativa dell’impresa di produzione: è l’impresa produttrice che va all’estero, accollandosi l’onere di varcare i confini nazionali.
- standard di negoziazione: più frequentemente, è il produttore che si adegua agli standard di negoziazione dei mercati esteri.
Se voglio vendere in Cina non devo aspettarmi che il distributore cinese si adegui ai miei standard, ma è il contrario. Adeguare significa
capire come negoziare con l’operatore cinese, capire la cultura di quel mercato e per far questo sono necessarie risorse, competenze e
conoscenze che non servivano per l’esportazione indiretta perché in quel caso è il cinese che si sarebbe occupato di portare il prodotto
dell’impresa nazionale sul mercato estero.

Nell’esportazione diretta l’impresa deve assumere decisioni su come vendere sul


mercato estero, decisioni che sono strategiche.
Impresa nazionale  mercato estero. È l’impresa che va verso il mercato estero, non è il
cliente o l’intermediario commerciale. È l’ufficio commerciale estero dell’impresa
nazionale che contatta l’ufficio acquisto dei grandi compratori, l’ufficio acquisti
dell’impresa di produzione nel B2B oppure che va direttamente sul sistema della
distribuzione locale (grossista, dettagliante).
Il grande compratore in questo caso diventa la scelta di come distribuire sul mercato
estero e non è più una modalità d’entrata (cambio di prospettiva). Le modalità di entrata
sono ufficio acquisti, filiali, …
Questo significa che l’impresa deve avere conoscenza del sistema della distribuzione del
mercato estero, deve sapere quali sono le abitudini di acquisto del consumatore sul
mercato estero.

Esportazioni dirette: figure tipiche


a. Forza di vendita del produttore (personale interno di vendita)
b. Agenti di vendita (monomandatari/plurimandatari)
a. agente esclusivo
b. agente non esclusivo
c. Unità operative all’estero – IDE commerciali
a. filiali commerciali (branch), senza personalità giuridica
b. consociata (subsidiary) con propria personalità giuridica
d. Commercio elettronico

Esportazioni dirette: Motivazioni


1. Necessità di presidiare direttamente il mercato (controllare direttamente il mercato di sbocco). Ripensando alla matrice
attrattività/accessibilità siamo nella situazione delle scelte di primo ordine, dove vi è un’elevata attrattività e un’elevata accessibilità
grazie al contenimento dei costi di accesso al mercato a carico dell’impresa che entra direttamente sul mercato estero e sono mercati in
cui l’impresa ha un’elevata compatibilità, cioè il suo prodotto è molto attrattivo e riesce a rispondere alle esigenze del mercato estero.
Quando vi è una situazione di questo tipo, l’impresa sia da un punto di vista strategico che economico ha convenienza ad entrare
direttamente su quel mercato continuando a produrre però sul mercato nazionale.
a. Necessità di acquisire informazioni dirette sul mercato e di seguirne le evoluzioni (evitare distorsioni della domanda da valle verso
monte della filiera logistica, favorendo una migliore programmazione della produzione). Il flusso di informazioni relativa al
comportamento del cliente, alle azioni e strategie dei concorrenti, etc. avviene direttamente tra l’impresa e il mercato estero.
L’impresa così potrebbe meglio avere un maggiore controllo sulla programmazione della produzione.
b. Necessità di gestire direttamente le strategie di marketing sui mercati esteri (gestione più efficace delle leve del mktg mix), di
presentare il prodotto con il proprio marchio, di gestire/proporre l’intera gamma di prodotti sul mercato estero. L’impresa ha una
maggiore compatibilità, cioè maggiore capacità di rispondere ai bisogni del mercato estero. Questo richiede un maggiore presidio e
una maggiore tempestività di cogliere i cambiamenti nelle esigenze del consumatore del mercato estero al fine di poter meglio
gestire le politiche di marketing mix.
L’impresa può avere la necessità di presentare il prodotto con il proprio marchio, ma anche laddove dovesse decidere di non
presentarlo con il proprio marchio perché vende alla grande distribuzione con il marchio della grande distribuzione, si tratta
comunque di una decisione presa direttamente dall’impresa.
L’impresa può decidere di gestire/proporre l’intera gamma di prodotti sul mercato estero: se l’azienda ha buone conoscenze di
mercato per promuovere la vendita di un prodotto che si vende meno può attuare delle politiche di sostegno che non può trovare
nell’intermediario.
c. Opportunità di offrire servizi di assistenza pre e post vendita (in particolare nella vendita di beni strumentali).
d. Necessità di soddisfare tempestivamente le esigenze del cliente rispetto anche a cambiamenti che si possono verificare
e. Necessità di fronteggiare direttamente le azioni dei concorrenti in virtù del controllo dell’informazione
2. Necessità di dare stabilità alle politiche di vendita sui mercati esteri
3. Semplificazione della modalità di entrata in termini di soggetti coinvolti.
Fenomeno della price escalation: incremento di prezzo che si può verificare quando il prodotto realizzato sul mercato nazionale viene
venduto sul mercato estero. Nell’esportazione diretta ci sono costi commerciali legati all’esportazione però l’impresa ha un controllo di

56
questi costi e può decidere come influenzare e come contenere la price escalation. Il prezzo è un elemento che impatta sulla forza
competitiva dell’impresa, soprattutto per i beni di largo consumo
4. Inefficienza degli intermediari commerciali (si elimina il fattore incertezza circa il comportamento degli intermediari commerciali)
5. Volontà di appropriarsi e controllare la formazione dell’intero margine di guadagno quando gli intermediari applicano margini elevati
6. Disponibilità di capacità organizzative e di risorse umane di tipo tecnico-commerciali (il personale impiegato dal produttore nei canali
di entrata ha una conoscenza dettagliata del prodotto e delle tecniche di vendita)

Esportazioni dirette: Principali attività di marketing con un approccio diretto al mercato estero
Cosa comporta passare dall’esportazione indiretta all’esportazione diretta?
Comporta avere un controllo diretto sulla:
- Politica di prodotto. Posso avere un controllo diretto sulla politica di prodotto se ho delle risorse. Per adattare il mio prodotto ho bisogno
di sapere come adattare, quindi devo conoscere il mercato, il comportamento del cliente. Devo svolgere analisi di mercato che comporta
un costo sostenuto dall’impresa nell’esportazione diretta
 Selezione dei prodotti per i mercati esteri
 Sviluppo/adattamento dei prodotti
 Completamento gamma dei prodotti
- Politica di distribuzione
 Organizzazione e motivazione della forza vendita interna (prevedere dei benefit)
 Costituzione rete di agenti/distributori
 Definizione/mantenimento scorte prodotti a magazzino
 Attività di logistica e distribuzione dei prodotti
- Politica di comunicazione
 Attività di promozione/pubblicità
 Produzione materiali a supporto dell’attività di promozione
 Partecipazione a fiere ed eventi
- Politica di prezzo
 Definizione prezzi, sconti
 Raccolta informazioni sulla politica dei concorrenti
- Servizi e assistenza alla vendita
 Produzione cataloghi e manuali di assistenza
 Training ad agenti/distributori per l’assistenza alla clientela
 Garanzie e ricambi
 Meeting con agenti e distributori
- Attività finanziarie e di amministrazione
 Gestione documentazione con la clientela (fatture, pagamenti, ecc.)
 Credito alla clientela
- Attività di supporto tecnico
 Adeguamento del prodotto agli standard di mercato
 Test di prodotto
 Controllo di qualità
 Dotazione di parti componenti e ricami
Queste attività comportano un costo, in quanto c’è un personale che svolge tali attività. Nelle esportazioni indirette tali attività vengono
delegate all’intermediario commerciale, ma sono attività che generano delle economie di scala nell’intermediario commerciale. Quindi ha un
senso rivolgere all’intermediario commerciale dal punto di vista economico nella misura in cui il costo d queste attività sostenute
dall’intermediario si riducono indirettamente per la singola impresa
Nel momento in cui il mercato estero diventa importante per l’impresa, si modificano le condizioni economiche; maggiore fatturato che va a
coprire i costi e che quindi va a generare margini di guadagno, ecco perché ha senso passare nella situazione delle esportazioni dirette.

Caso ducati
Ducati nel 1998 entra nel mercato giapponese. Il mercato giapponese è molto competitivo, c’è una concorrenza interna molto forte sia di
brand giapponesi ma anche di brand stranieri (BMW, Harley Davidson). In quello scenario, nella prima fase di entrata sul mercato
giapponese la ducati si avvale di un importatore giapponese che promuove il brand della ducati nei confronti dei concessionari, vi è un
intermediazione di un distributore giapponese. I concessionari giapponesi si approvvigionano prevalentemente dei brand nazionali
Nell’essere presente su quel mercato la ducati si rende conto che c’è potenziale per il suo prodotto perché cresce l’interesse del consumatore
giapponese per un prodotto non nazionale e che ha un effetto immagine made in Italy. Inoltre si rende conto che il distributore con il quale
entra sul mercato in quel momento non è in grado di sfruttare le potenzialità del prodotto della ducati; non risulta efficiente nel
promuovere/sostenere la vendita del prodotto del brand ducati
La ducati quindi, vedendo che vi è attenzione verso il prodotto, vedendo che i brand stranieri crescono di fatturato, ha la necessità di avere un
presidio diretto del mercato. Quindi decide di entrare da sola, costituendo una società locale (unità operativa commerciale, non va a produrre
in Giappone) gestendo direttamente la relazione con i concessionari. Decide di costruire una propria società controllata al 100%, si tratta di
una scelta costosa e coraggiosa in termini di maggiore coinvolgimento
Il problema è: Assumo personale locale? Mando del personale interno?
I risultati sono a favore di questa scelta in quanto le quote di mercato crescono a seguito di questo investimento. C’è anche un sorpasso
rispetto ai concorrenti stranieri
Si verifica anche che i concorrenti locali fanno degli accordi per contrastare l’entrata dei concorrenti stranieri. Quindi vuol dire che il
controllo diretto sta mettendo in difficoltà i concorrenti locali
Questa consociata riorganizza la rete di concessionari, cresce la quota di monomarca, vendono aperti dei franchising (modifica la rete di
distribuzione sul mercato estero), apre centri di vendita e assistenza con il design e l’impostazione generale decisi a bologna.

57
Questo perché si rende conto che i giapponesi sono maniaci con le loro moto, quindi l’impresa ha la necessita di essere vicino al cliente. È
una forza di personalizzazione dell’offerta alle esigenze del cliente straniero
Viene inoltre aperto un centro logistico a Tokyo per soddisfare in fretta le esigenze della clientela

Esportazioni dirette: inconvenienti/svantaggi


1. elevati investimenti iniziali, elevato coinvolgimento
2. impegno sul piano organizzativo per gestire le diverse attività (competenze interne)
3. necessità di disporre di personale qualificato, sia all’interno dell’azienda sia nei mercati esteri, per disbrigo pratiche e attività
commerciali. Deve avere personale interno per comunicare con il cliente straniero che avrà abitudini e comportamenti d’acquisto e
negoziali differenti dal cliente nazionale
4. rigidità della struttura produttiva e distributiva: gli elevati costi associati alla presenza diretta comportano elevati volumi di produzione e
vendita. L’impresa deve produrre volumi per realizzare fatturati che consentono di recuperare e coprire i costi sostenuti
5. onerosità associata ad un’eventuale chiusura della propria rete di vendita sui mercati esteri o alla rescissione del contratto con gli agenti
di vendita (pagamento di penali). Minore flessibilità, ossia minore capacità di uscita dal mercato in tempi e costi contenuti
02/12/2021
Esportazioni dirette: Forza di vendita del produttore (personale interno di vendita)
L’impresa decide di gestire le attività di vendita sul mercato estero direttamente con il proprio personale che costituisce un ufficio
commerciale che può assumere una configurazione diversa a seconda della struttura organizzativa dell’impresa. Si tratta di personale che
dall’ufficio della casa madre si spostano e vanno a promuovere il prodotto sul mercato estero di loro competenza.
Direzione commerciale dell’impresa dedicata ai mercati esteri con funzionari che entrano in diretto contatto con il cliente intermedio
(imprese commerciali) e finale (imprese industriali).
L’impresa ha un ufficio commerciale estero che può essere organizzato in aree geografiche di mercato, cioè ha personale che dagli uffici
della casa madre viaggia promuovendo il prodotto sul mercato estero di loro competenza (e questo implica dei costi, implica che il personale
debba avere delle competenze commerciali e operative vale a dire competenze nella gestione delle procedure doganali, competenze fiscali e
contrattualistiche, etc.).
Questi uffici vedono a capo degli area manager, ossia delle figure che coordinano i funzionari di vendita.
Vi è un personale dipendente dall’impresa, quindi stipendiato dall’impresa (questo differenzia il personale interno di vendita dall’agente di
vendita).
Si rapportano con un cliente intermedio, che può essere la distribuzione sia nel caso del B2B o B2C oppure possono rapportarsi direttamente
con l’ufficio acquisti dell’impresa di produzione con cui si relazionano.
La struttura organizzativa dipende dalla dimensione dell’impresa e da come è organizzata; vi può essere un ufficio commerciale che si
occupa del mercato nazionale e dei pochi mercati esteri. Se cresce la presenza sui mercati esteri, l’impresa riorganizza la funzione
commerciale creando uffici commerciali dedicati al mercato americano, asiatici, … a seconda del grado di internazionalizzazione che sta
conseguendo l’impresa sul mercato estero e in relazione all’importanza dei mercati esteri
A prescindere dall’organizzazione, vi è un personale dipendente dell’impresa (stipendiato dall’impresa) che si muove dalla casa madre verso
i mercati esteri di loro competenza. Ciò implica dei costi, implica che questo personale deve avere delle competenze.

Attività svolte:
a) Contattare i potenziali clienti, o mantenere i contatti con quelli in essere
b) Individuare nuove esigenze del mercato. Se il mercato è noto si sostiene la vendita del prodotto in quel mercato, tuttavia i mercati sono
entità dinamiche e bisogna costantemente mantenere monitorato l’andamento della domanda e dell’offerta.
c) Promuovere il prodotto e monitorare la sua immagine
d) Fornire la necessaria assistenza alla vendita, quindi assistenza tecnica soprattutto quando si tratta di beni complessi da un punto di vista
tecnologico. Spesso in questi ambiti la figura del personale interno di vendita viene utilizzata per entrare sui mercati esteri

Modalità del contatto:


a. senza base permanente all’estero. Soggetto che viaggia dalla casa madre verso i mercati esteri, quindi senza aver costituito un’unità
commerciale estera
b. con un ufficio di rappresentanza nel mercato estero (branch/consociata). Il personale interno di vendita potrebbe essere espatriato per
dirigere un unità operativa all’estero, oppure si assume un soggetto di quel mercato estero. Si tratta sempre di dipendenti dell’impresa
che operano sul mercato estero

Esempio InterPuls:
Azienda meccatronica di piccole-medie dimensioni (85 dipendenti, 15 milioni fatturato, 2014) con sede ad Albinea (RE) che opera nel
settore della mungitura degli animali. Ha due linee di produzione principali, una più manuale e l’altra impostata sulla meccatronica quindi
con un contenuto tecnologico di complessità elevata.
Produce soluzioni e componenti per impianti di mungitura (pulsatori elettronici, gruppi di mungitura manuale, sensori e dispositivi ad alta
tecnologia per monitorare il ciclo riproduttivo e la salute delle mucche, trasporto latte, macchine per il lavaggio …); forte attenzione ai
dettagli per garantire una mungitura fisiologicamente corretta, rapida, igienica, e senza causare stress per l’animale. Si tratta di un prodotto
complesso che richiede una forte interazione con il cliente estero
Opera nel B2B con un portafoglio di 260 clienti:
- OEM (Original Equipment Manufacturer), clienti di maggiori dimensioni in termini di fatturato;
- impiantisti indipendenti (technical dealers)
- distributori
Si tratta di una azienda che innova tantissimo, quindi costantemente deve promuovere nuovi prodotti. Necessita di forte supporto di un
personale estremamente qualificato.
Rispetto a queste caratteristiche del prodotto risultava difficile per l’impresa affidarsi ad intermediari commerciali, dunque ha scelto di
affidarsi ad un personale interno.

80% dei clienti localizzati in oltre 70 paesi (il principale dei quali è l’Europa, seguita da Russia, Cina e Brasile), da cui realizza oltre il 90%
del fatturato.

58
 Gestione diretta dei clienti esteri con proprio personale di vendita, non avvalendosi di agenti, se non nel caso del mercato italiano
seguito da un agente plurimandatario (in quanto la vicinanza geografica e culturale consente una maggiore gestione di questa figura).
 Cinque capi area: Comunità degli Stati Indipendenti (CIS), l’Europa occidentale, il Sud America, il Far East, Nord Europa e i clienti più
importanti dell’azienda. Da queste macro aree nasce la figura dell’area manager, soggetto responsabile della gestione delle vendite in
queste macro aree.
 Obiettivo: fornire valore aggiunto ai clienti, attraverso componenti per impianti di mungitura innovativi, di qualità e competitivi nel
prezzo. Per conseguire questo tipo di obiettivo era importante una forte integrazione con il cliente: lavoro in team con i clienti per
garantire elevati standard di servizi e prodotti di qualità e competitivi.
 Elevata attività di formazione per i propri dipendenti estese anche a Clienti e Fornitori. Si tratta del tema di trasferimento della
conoscenza, è nata l’esigenza di capire come comunicare con i clienti oltre che con i propri dipendenti e il miglior modo per fare ciò è
attraverso un personale proprio. L’interazione forte con il cliente consente quello scambio di conoscenza dal cliente al produttore e dal
produttore al cliente che consente di definire un prodotto tagliato sulle caratteristiche ed esigenze specifiche di quel cliente.

Esportazioni dirette: Forza di vendita del produttore (personale interno di vendita)


Modalità scelta in relaziona alla natura del prodotto, tipologia della clientela, specificità del mercato rispetto alla possibilità di trovare su un
mercato, considerato attrattivo, accessibile e con buona capacità competitiva e di compatibilità del prodotto dell’impresa rispetto alla
domanda, intermediari in grado di sostenere la vendita dell’impresa. Utilizzato da imprese che:
 realizzano prodotti su commessa (prodotti realizzati sulla base di specifiche fornite dall’acquirente)
Es: settore della distribuzione dei grandi compratori come H&M o C&A che sono imprese commerciali che costituiscono il loro
portafoglio prodotti anche con il loro brand avvalendosi della produzione di fornitori che possono essere anche stranieri. Quindi possono
richiedere ai loro fornitori di realizzare una determinata linea di abbigliamento. In quel caso la relazione con il personale interno di
vendita diretto non mediato dall’intermediario può essere il modo migliore per gestire la relazione. Non ho vendite spot con il grande
compratore, si tratta di un cliente importante che devono essere seguiti dall’impresa.
 realizzano prodotti a elevato contenuto tecnologico (impianti e macchinari che richiedono assistenza dopo la vendita al cliente estero)
 fanno ricorso al commercio elettronico
 in generale, necessitano di presidiare direttamente i mercati esteri

Vantaggi:
1. Riduzione dei costi di intermediazione (migliora la competitività di prezzo) perché non ho più la figura dell’intermediario commerciale.
Vi può essere un impatto sul prezzo perché tolgo questo passaggio: effetto crescita del margine di contribuzione e l’impresa ha un
diretto contatto con il cliente, sa quale è il livello di prezzo più adeguato per quel mercato e quindi può gestire direttamente la leva del
prezzo (gestione che era mediata dall’intermediario commerciale nell’esportazione indiretta).
2. Accesso diretto alla domanda dal punto di vista della capacità di conoscere il comportamento della clientela industriale o commerciale
(cliente intermedio nel B2B o consumatore finale nel B2C)
a. approfondimento della conoscenza e consolidamento del rapporto con la clientela estera
b. possibilità di seguire direttamente le personalizzazioni e gli adattamenti richiesti
3. Scambio di informazioni e acquisizione di nuove competenze tecniche e commerciali (stimoli all’innovazione) spendibili anche su altri
clienti/mercati. L’effetto di operare nel contesto internazionale è acquisire conoscenza dal mercato, acquisire gli stimoli dal mercato
estero a favore dell’innovazione.

Svantaggi:
1. Elevato impegno economico, tecnico-commerciale, e di risorse umane interne. Se decido di espandermi su un mercato con personale
interno potrebbe esservi la decisione dell’impresa di assumere un manager dedicato a quell’area di mercato e questo è un impegno
economico da parte dell’impresa e dunque impatta sul tema della flessibilità.
2. Attenta valutazione preventiva dei clienti. Il rischio di insolvenza dei clienti (n soggetti della distribuzione del mercato estero oppure
cliente industriale) è in capo all’impresa (nel caso dell’esportazione indiretta il rischio di insolvenza nella relazione con i cliente della
distribuzione estera è in capo all0intermediario).

Esportazioni dirette: agenti di vendita


Imprenditori indipendenti (persona fisica o società) che ricevono un mandato di agenzia dall’impresa produttrice.
Non si tratta di soggetti dipendenti all’impresa e si relazionano con l’impresa di produzione.
Agente di vendita ≠ agente di acquisto. L’agente di acquisto si relaziona con il cliente estero (acquirente), l’agente di vendita si relaziona con
l’impresa di produzione. Il mandato di agenzia nel caso dell’agente d’acquisto è ricevuto dal cliente straniero, nel caso dell’agente di vendita
il mandato è ricevuto dall’impresa di produzione.
L’agente di vendita si trova il più delle volte direttamente sul mercato estero. Se vendo in Cina, il più delle volte sarà un cinese che ha una
conoscenza approfondita del mercato in cui opera

Attività:
 rappresentano il marchio del produttore nei mercati esteri (non acquistano la proprietà della merce, per questo non è un intermediario
commerciale). Se la transazione non è con l’agente di vendita ma con il cliente finale l’impresa mantiene completamente il controllo
della relazione con il cliente finale. Vuol dire che una buona parte del flusso di conoscenza non viene perso. C’è quindi un effetto di
distorsione nel flusso di comunicazione che è mediato dall’agente, ma non quanto nel caso dell’intermediario commerciale.
 sono il collegamento tra il produttore e l’acquirente. Mentre con l’agente di acquisto il contratto di agenzia è con il cliente, con l’agente
di vendita il mandato è dall’impresa di produzione
 contattano i potenziali clienti, raccolgono gli ordini e le informazioni relative ai mercati (su distribuzione, concorrenti …) utili per
orientare le strategie dell’impresa su tali mercati.
Forma di remunerazione: Provvigione proporzionale al volume degli affari realizzati (percentuali calcolate sui volumi di ordini che l’agente
di vendita ha raccolto per conto dell’impresa, non su quanto ha venduto ma sugli ordini che ha tramesso all’impresa).
Non sono dipendenti dell’impresa quindi non vi è una forma di remunerazione fissa in un’unità di tempo.
Vi può tuttavia essere una componente fissa, se l’agente svolge altre attività come la tenuta di un magazzino in quanto l’agente può avere un
deposito nel quale viene stoccata la merce dell’impresa (anche in questo caso la merce non diventa di proprietà dell’agente). A fronte di un

59
servizio di questo tipo e quindi del costo collegato ci può essere una parte del compenso fissa e non in relazione al volume degli affari
realizzati

Queste quattro categorie di agenti possono combinarsi tra di loro. L’esclusività è una clausola del contratto di agenzia che si può trovare sia
nella figura dell’agente monomandatario che plurimandatario.
 Agente monomandatario  L’agente monomandatario ha ricevuto il mandato di agenzia da una sola impresa, quindi, ha un portafoglio
prodotti costituito da uno o più marchi di una sola impresa. Le sue azioni strategiche coincidono maggiormente con quelle dell’impresa.
Vi è una forte coincidenza tra gli obiettivi dell’impresa e gli obiettivi dell’agente. L’agente guadagna sulla commissione, quindi ha un
obiettivo di breve periodo.
Il prezzo viene definito dall’impresa, ma anche l’agente ha interesse che venga definito in un certo modo perché impatta sulla
competitività del prodotto, sulla possibilità di realizzare gli affari e quindi sul suo guadagno.

 Agente plurimandatario  L’agente riceve il mandato da più imprese quindi ha un portafoglio prodotti è costituito da marchi di
imprese diverse. Queste imprese possono essere imprese che operano nella stessa categoria merceologica.
Es: nel settore della ceramica la figura dell’agente di vendita plurimandatario è molto diffusa.
Vi può essere questa composizione di prodotti della stessa categoria merceologica che si collocano su un posizionamento diverso, che
hanno caratteristiche diverse e che vanno a soddisfare un’offerta più articolata per l’opportunità che vi può essere nella composizione di
un portafoglio prodotti articolato. Oppure si può avere una stessa categoria merceologica con prodotti complementari, ossia che hanno
tra di loro un elemento di correlazione.
Es: nel caso della ceramica un portafoglio prodotto dell’agente complementare può essere piastrelle in ceramica che vengono utilizzati
per impieghi diversi come per l’arredo del bagno, per le piscine o della cucina.
Questo spiega perché anche le stesse imprese possono trovare convenienza ad essere presenti nel portafoglio prodotti di un agente
plurimandatario, ossia perché accresce la forza contrattuale nei confronti del cliente con cui ci si relazione. Il cliente (grossista o
dettagliante) può essere interessato ad acquisire più prodotti tra loro collegati. Questa è la forza competitiva di un portafoglio prodotti
articolato.
L’agente di vendita plurimandatario deve definire un suo obiettivo per la gestione di quel portafoglio prodotti e i suoi obiettivi possono
non coincidere con gli obiettivi delle singole imprese che fanno parte del suo portafoglio prodotti. In questo caso possono sorgere
maggiori attriti tra l’impresa di produzione e l’agente di vendita.
Le sue strategie di vendita e marketing possono non coincidere con quelle dell’impresa produttrice. Ha un potere decisionale autonomo.
 Agente esclusivo  L’agente ha l’esclusiva in una determinata area geografica nel rappresentare il prodotto dell’impresa

 Agente non esclusivo  L’agente non è l’unico a rappresentare il prodotto dell’impresa in una determinata area geografica

Definire un’esclusiva è conveniente maggiormente per l’agente di vendita, perché non ha concorrenti e nel caso di realizzazione degli affari
il guadagno è direttamente in capo a quell’agente di vendita.
Se ce ne sono di più entrano in competizione tra di loro. Dal punto di vista dell’impresa è più conveniente avere più agenti di vendita, anche
se avere più agenti significa avere delle forze interne che devono monitorare gli agenti.
L’esclusività la possiamo trovare sia nella figura del plurimandatario, sia nella figura del monomandatario.
Il rapporto tra l’impresa e l’agente di vendita è un rapporto di lunga durata, il mandato di agenzia non è un mandato spot.
La clausola di esclusività è concordata e dipende dalle forze contrattuale delle parti, dipende quanto l’agente è rilevante su quel mercato (se
ha un portafoglio clienti importante, se ha una buona reputazione). Se è un agente con un potere contrattuale elevata potrà avere una clausola
di esclusiva.

Ricerca, selezione e definizione del rapporto con l’agente


È importante per l’impresa individuare questa figura perché è l’occhio operativo dell’impresa sul mercato estero. È questo soggetto che
guarda dove può essere collocato il prodotto dell’impesa e che quindi fa una pre-analisi del comportamento del cliente sul mercato estero.
1. ricerca degli agenti: attraverso possibili fonti come le associazioni di categoria, camere di commercio, ICE, fiere, visite in loco, clienti,
fornitori, stampa specializzata come riviste di settore, etc.
2. valutazione e selezione del profilo professionale dell’agente, sulla base di criteri come: relazioni e grado di copertura di mercato
(capacità che fa riferimento all’ampiezza del portafoglio clienti, ossia con quanti clienti l’agente è in grado di relazionarsi. Maggiore è il
numero dei clienti, maggiore è la possibilità per l’impresa di concludere affari sul mercato estero), portafoglio prodotti, portafoglio
clienti, servizi alla clientela, strutture commerciali e logistiche (l’agente può disporre di propri magazzini dove effettuare il deposito
della merce e questo è un elemento importante nella valutazione di un’agente), competenze nella contrattualistica o logistica e così via,
reputazione (una buona reputazione dell’agente si trasferisce anche al prodotto dell’impresa), capacità finanziarie (investire in strutture,
in logistica, nella tenuta di un magazzino ad esempio) e disponibilità a cooperare (se c’è la cooperazione vuol dire che c’è la possibilità
di andare verso obiettivi comuni).
3. negoziazione e stipula del contratto di agenzia

Contenuti del contratto di agenzia


a) condizioni economiche (forma di remunerazione), ossia la commissione riconosciuta all’agente;
b) esclusività del rapporto (area geografica da coprire);
c) attività da svolgere (definizione portafoglio prodotti, servizi …). Riguarda quali sono le attività che l’agente deve svolgere perché
l’agente viene valutato in base agli obiettivi raggiunti;
d) definizione della durata del mandato (eventuali clausole di rinnovo automatico alla scadenza). L’agente di vendita rientra nelle figure
dell’esportazione diretta con la caratteristica di essere meno flessibile rispetto all’intermediario commerciale, in quanto se l’impresa

60
entra in un mercato con l’agente di vendita, si attende risultati da questa figura che però non arrivano. L’impresa può decidere, per non
perdere tempo, di sostituirlo ma recedere da un contratto ancora in corso significa per l’impresa pagare delle penali;
e) condizioni per eventuale risoluzione del contratto.
Un conto è definire un mandato di agenzia con un agente di vendita che opera sul mercato italiano in quanto il nostro sistema legislativo
prevede un contratto di agenzia, quindi è normato e ci sono degli elementi standard. Questo significa infatti fare riferimento alla legge
italiana.
Definire un contratto di agenzia con un soggetto straniero è più difficile perché bisogna stabilire qual è il paese a cui si fa riferimento in
caso di controversie e chi è il soggetto che deve essere interpellato nel caso di risoluzione del contratto.
È opportuno quindi definire tutte le possibili risoluzioni del contratto. Quanto più si è precisi tanto più l’impresa si mette al riparo dagli
effetti conseguenti da un’anticipata risoluzione del contratto.
Definire la risoluzione del contratto richiede delle competenze e conoscenze che l’impresa spesso non ha internamente, quindi per far
ciò il più delle volte l’impresa si rivolge a soggetti esterni (studio di avvocati, commercialisti…).

Contratto di agenzia tra impresa esportatrice e agente di vendita: contenuti


1. Disposizioni generali
a. Identificazione delle parti del contratto
b. Durata del contratto
c. Definizione dei prodotti oggetto del mandato
d. Definizione area/e di mercato: l’agente svolge la su attività in un’area definita (es: un’area della Francia)
e. Funzione dell’agente
2. Funzioni e obblighi dell’agente
a. Promozione delle vendite
b. Fissazione di un minimo di affari da concludere
c. Organizzazione della rete di vendita
d. Pubblicità, fiere ed esposizioni
e. Condizioni di vendita
f. Mantenimento degli stock
g. Servizi post-vendita
h. Riservatezza
i. Obbligo di non concorrenza
3. Obblighi dell’impresa esportatrice
a. Provvigione: affari su cui spetta, ammontare, calcolo, diritto e modalità di pagamento della provvigione
b. Invio di materiale pubblicitario
c. Assistenza tecnica
4. Cessazione del contratto
a. Durata del contratto: entrata in vigore, periodo di prova, data cessazione, durata, modalità di comunicazione, risoluzione
anticipata, conseguenze della cessazione del contratto, indennità di risoluzione
b. Disposizioni finali: legge applicabile, foro competente/arbitrato, testo originale/lingua

Esportazioni dirette: agenti di vendita


Vantaggi
1. I costi sono variabili in funzione dei risultati ottenuti (provvigioni)
2. Buona conoscenza del mercato estero (si conoscono i mercati in cui i prodotti sono venduti). Spesso la nazionalità dell’agente di vendita
coincide con il mercato in cui si opera.
3. Elevato controllo sulle strategie di vendita (controllo marketing mix). L’impresa mantiene il controllo sulle strategie di vendita anche
attraverso la figura dell’agente di vendita. Non è un pieno controllo perché comunque questa figura può interferire sul flusso di
conoscenza in quanto media sulla definizione del prezzo, sulla definizione del portafoglio prodotti.

Svantaggi:
1. l’agente può non seguire la strategia dell’impresa esportatrice (possibilità di conflitti con l’agente, in particolare quando agente
plurimandatario).
2. l’agente può non assumere la gestione delle scorte e non sempre si occupa dell’intera gamma di prodotti dell’impresa (in particolare nel
caso di agente plurimandatario)
3. il rischio di insolvenza resta in capo all’impresa perché non vi è un meccanismo di compravendita tra l’impresa di produzione e
l’impresa

Esportazioni dirette: Unità operative all’estero, IDE commerciale


Unità operativa (filiale/consociata) costituita nel mercato estero per svolgere attività commerciali e/o di marketing
Forma di maggiore coinvolgimento nell’ambito dell’esportazione diretta.
L’impresa, anziché gestire le relazioni con il cliente del mercato estero dall’ufficio commerciale che risiede all’interno della casa madre lo fa
direttamente dal mercato nel quale il prodotto viene collocato dove il personale può essere personale locale o un espatriato. Svolge un’attività
solo commerciale e si tratta di un IDE commerciale: l’unità operativa sul mercato estero non produce ma svolge attività di raccordo rispetto
al cliente presente sul mercato estero.

Motivazioni strategiche:
 entrare direttamente in contatto con la rete distributiva locale che può essere il grossista, dettagliante, punti di vendita di proprietà
dell’impresa o franchising.
Es: nei mercati più importanti un’impresa del settore moda dove deve preservare l’immagine del brand lo fa attraverso una stretta
relazione con il dettagliante che può essere un Grande Magazzino all’interno del quale ha un corner dedicato al brand oppure si rapporta
con un franchisee o con punti di vendita di propria proprietà direttamente sul mercato estero.

61
 coordinare direttamente la rete di vendita, l’attività degli agenti, eventuali punti vendita di proprietà (in particolare nel sistema moda)
 monitorare direttamente il mercato locale (domanda, concorrenza)
 controllare direttamente le leve del marketing mix
 monitorare l’immagine di marca, in particolare per beni di qualità con marca affermata (es.: settore moda)
 offrire alla clientela (in particolare se esigente) una rete di assistenza efficiente ed efficace
 contrastare in modo diretto la concorrenza

Questa foto descrive la relazione che l’impresa può instaurare


con la filiale o consociata.
La filiale o la consociata commerciale non sono intermediari
commerciali, agenti di vendita o soggetti terzi rispetto alla casa
madre.
Se la chiamiamo casa madre vuol dire che queste unità operative
sono definite figlie. Possono anche avere un’autonomia giuridica
ma dipendono dalla casa madre alla quale devono riportare i
risultati della loro attività, il fatturato realizzato e il bilancio di
questi soggetti confluisce nel bilancio della casa madre. Non vi è
un’autonomia strategica anche quando alla consociata viene
delegato un potere di definire strategie di vendita sul mercato
estero.
Fa parte del gruppo dell’impresa!
Può essere quel soggetto che organizza l’attività di vendita
rispetto ad una distribuzione che inizia con il grossista, oppure la filiale o consociata si rapporta direttamente con il dettagliante oppure
gestisce punti vendita di proprietà o franchising.

La transazione commerciale tra la casa madre e le sue filiali o consociate commerciali può essere:
- L’impresa vende alla sua consociata, non ad un soggetto terzo. La vendita avviene con il cosiddetto prezzo di trasferimento interno, è un
prezzo che tiene conto della competitività, ossia mette a confronto il prezzo di vendita che fa alla consociata rispetto al prezzo di vendita
che potrebbe fare ad un importatore. Con questo prezzo la consociata fa un fatturato con il quale copre i costi che sostiene. Dopodiché
vende e la consociata poi definisce le attività di negoziazione con il cliente intermedio o finale.
Oppure
- La consociata svolge un ruolo puramente di rappresentanza, raccoglie gli ordini, li trasferisce alla casa madre e poi è la casa madre che
vende direttamente sul mercato estero e non la filiale o consociata. In questo caso la consociata che continua a generare dei costi è
remunerata dalla casa madre con una percentuale sul valore degli affari realizzati sul mercato estero.
Sono relazioni interne economiche che si stabiliscono tra madre (casa madre e figlia (filiale o consociata)

Esempio Luxottica
Fondata nel 1961 da Leonardo Del Vecchio, è leader nel design, produzione e distribuzione di occhiali da sole e da vista di fascia alta, di
lusso e sportivi. Impresa altamente presente sul mercato internazionale
 Realtà verticalmente integrata: dalla produzione di montature da vista e occhiali da sole alla rete wholesale (distribuzione indiretta
composta da punti vendita e catene di ottici di terzi; 42% fatturato) e rete retail (distribuzione diretta, composta da punti vendita di
proprietà e in franchising; 58% fatturato).
E’ un’impresa fortemente integrata rispetto alle attività della catena del valore fino ad arrivare alla distribuzione, cioè vi è un forte
controllo da parte della Luxottica anche sul sistema della distribuzione, tanto è che ha tanti punti vendita di proprietà.
 Fatturato 2014: 7,6 miliardi di Euro (in crescita del 5,3%)
 Produzione 2014: circa 83 Milioni di montature (impianti produttivi in Italia, Cina, Stati Uniti e Brasile)
 Organico del Gruppo: 77.734 dipendenti
 Quotata alla Borsa di Milano e New York
 Portafoglio marchi: 69% del fatturato marchi di proprietà (Ray-Ban, Oakley, Persol, Oliver Peoples, Alain Mikli, Arnette, Vogue
Eyewear); 31% marchi in licenza (Giorgio Armani, Emporio Armani, Burberry, Bvlgari, Chanel, Dolce&Gabbana, Prada, Versace…).
Portafoglio molto variegato
 Espansione Internazionale 130 paesi nel mondo; in crescita nei mercati emergenti
 Esteso network retail: 7.084 negozi, di cui 613 in franchising, gestiti da un’unica struttura centralizzata: Nord America (4631); Europa
(442); Asia-Pacifico (1120); America Latina (714); Africa e Medio-Oriente (177)
 Presenza diretta: Consociate commerciali (50) nei principali mercati: Americhe (Stati Uniti, Argentina, Brasile, Canada, Messico); Asia
pacifico (Australia, Cina, Corea del Sud, Giappone, Hong Kong, India, Malesia, Singapore, Tailandia, Taiwan); africa & medio oriente
(Emirati Arabi Uniti, Israele, Sudafrica); Europa (Italia, Austria, Belgio, Croazia, Federazione Russa, Finlandia, Francia, Germania,
Grecia, Irlanda, Norvegia, Olanda, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Spagna).
Ha una modalità di presenza diretta con le consociate commerciali, ma in altri mercati è presente con la forma
dell’importatore/distributore (forma di presenza indiretta)
 Funzione consociate: gestione della relazione con clienti intermedi per assicurare; assistenza e servizi pre- e post-vendita; monitoraggio
delle vendite e standard qualità dei negozi che vendono prodotti Luxottica; livelli adeguati di magazzino nei singoli punti vendita;
attività di scelta del prodotto attraverso la consociata commerciale che svolge un’attività di analisi del mercato, di pianificazione delle
forniture e di riassortimento dei prodotti Luxottica all’interno del negozio attraverso sistemi informatici
 Principali clienti intermedi: rivenditori al dettaglio di occhiali di fascia medio-alta e alta come ottici indipendenti, catene di ottica,
negozi specializzati nella vendita di occhiali da sole, department store, duty-free, negozi di articoli sportivi (negozi di attrezzature da
ciclismo, surf, neve, pattinaggio, golf e motociclismo per alcuni marchi, tra cui Oakley)

62
 Distributori indipendenti: in altri mercati, 100 distributori indipendenti per la vendita a clienti intermedi. Questo sottolinea che c’è una
varietà delle forme di entrata che può andare dalle esportazioni dirette fino agli investimenti. Anche un impresa di un grande gruppo
sceglie di entrare con forme diverse
 E-commerce: siti web di Oakley, Ray-Ban, Sunglass Hut.

Questo esempio ci serve per vedere come un’impresa di queste dimensioni è presente sui mercati esteri con modalità che possono essere
variegate in relazione alle caratteristiche del mercato.

Esportazioni dirette: Unità operative all’estero – Tipologie


Branch - divisione commerciale
Filiale commerciale senza personalità giuridica (ufficio di rappresentanza), non è costituita secondo l’ordinamento del mercato estero. Non
produce un proprio bilancio, ma tutte le sua attività (ricavi e costi) confluiscono direttamente nel bilancio della casa madre. Non si tratta di
un soggetto indipendente
La filiale o Branch è un’unità operativa che non ha una sua autonomia giuridica. L’impresa non detiene quote di capitale perché non esiste un
capitale sociale della filiale.
La Branch monitora il mercato, tiene i rapporti con i partner e le autorità locali, organizza la logistica, coordina le attività della rete di
venditori.

Consociata
Sussidiaria (controllata) o affiliata (collegata) commerciale con propria personalità giuridica (autonomia economica e amministrativa; è
sempre proprietà della casa-madre (quote del capitale sociale sono detenute dalla casa-madre): la casa madre ha una quota di proprietà del
capitale sociale della consociata. Nel caso della filiale è il 100% perché non ha un’autonomia giuridica, è una divisione commerciale
localizzata sul mercato estero; mentre per la consociata le quote non coincidono necessariamente per il 100%).
L’impresa è in grado di esercitare un controllo strategico di queste unità operative; è un investimento che permette all’impresa di entrare nel
mercato estero e quindi di gestire attraverso la consociata commerciale le relazioni con i clienti presenti sul mercato estero.
Può operare come
 ufficio di importazione/distribuzione (acquista dalla casa madre e sviluppa la strategia di vendita per il mercato locale; eroga servizi di
assistenza post vendita)
 ufficio di rappresentanza (studi di mercato, supporto alla rete distributiva locale)

Filiale e consociata (subsidiary): principali vantaggi


Dal punto di vista strategico possono essere abbastanza simili, dal punto di vista organizzativo e normativo può essere più leggera la forma
della filiale perché non viene costituita nell’ordinamento del mercato estero, il suo bilancio rientra direttamente nel bilancio della casa madre;
quindi, la forma della filiale è più facile da gestire.
Molto spesso però l’investimento avviene nella forma della consociata perché è una richiesta del mercato estero, spesso sono i clienti del
mercato estero che vogliono che l’impresa operi sul mercato estero con un’unità costituita secondo l’ordinamento del mercato estero perché
in questo modo eventuali controversie nella negoziazione possono essere risolte direttamente facendo riferimento al sistema giuridico del
mercato estero. Con la filiale si ha sempre il problema della giurisdizione: di quale paese?

Filiale (branch)
 Facilità (relativa) di gestione, minori adempimenti formali di tipo amministrativo e contabile;
 Assenza di obbligo di residenza nel paese degli amministratori o soci;
 Profitti della filiale rimessi alla casa madre;
 Possibilità di portare le perdite, in detrazione degli utili della casa madre

Consociata (Subsidiary)
 Regime di responsabilità al capitale conferito;
 Pubblicità dei risultati economici; produce un proprio bilancio che poi confluisce nel bilancio consolidato della
casa madre
 Beneficio di eventuali incentivi ed agevolazioni offerti su scala locale;
 Arbitraggio fiscale: ritenzione degli utili nel paese estero in presenza di aliquota inferiore. I profitti rimangono in
capo alla consociata, quindi, vengono soggetti alla tassazione del mercato estero.
06/12/2021
Esportazioni dirette: Scelta tra filiale commerciale e importatori/distributori (o rete di agenti)
Ora effettuiamo un confronto dal punto di vista strategico ed economico tra una forma diretta (IDE di natura commerciale) rispetto alle altre
forme commerciali, come importatori. In entrambi i casi la produzione rimane sul mercato nazionale

Controllo sulle strategie di vendita – motivazione strategica


La consociata consente un maggior monitoraggio, mentre con l’importatore questo monitoraggio è più debole perché è sotto il controllo
dell’intermediario, le strategie di vendita vendono decise dall’intermediario e l’impresa ha una scarsa capacità di influenzarle.
Una base operativa locale consente di coordinare le variabili del marketing in modo più efficace e tempestivo, assicurando il consolidamento
dell’attività (maggiore monitoraggio sulle relazioni con la distribuzione, sulle fluttuazioni della domanda, sul tasso di rinnovo e sviluppo dei
prodotti, sulle azioni promozionali).
Laddove il mercato lo rende necessario in termini di dimensioni e rapporto tra offerta dell’impresa ed esigenze del mercato sarebbe
necessario entrare con una consociata, quindi un presidio diretto.
Gli importatori (o gli agenti) possono essere guidati da risultati di breve periodo per questo può venire meno questa coincidenza di interessi
tra l’impresa e l’intermediario

Costi – motivazione economica


L’unità operativa locale richiede investimenti iniziali più elevati quindi genera una maggiore incidenza dei CF sui CT; gli importatori
guadagnano sul margine di contribuzione (prezzo di acquisto – prezzo di vendita) (gli agenti sono retribuiti prevalentemente a provvigioni)

63
con una maggiore incidenza dei costi variabili. L’importatore ha un costo variabile nella misura in cui esiste la transazione nei confronti
dell’importatore. Il costo variabile totale cresce, al crescere delle transazioni; mentre il costo fisso unitario si riduce all’aumentare dei volumi
di vendita

Esportazioni dirette: Valutazione economica delle modalità di presenza diretta


Possiamo applicare il break even in questo caso. Abbiamo una retta che descrive i costi dell’apertura della consociata commerciale, l’altra
descrive i costi collegati all’importatore/distribuzione. L’interazione
ci consente di trovare il livello di fatturato in corrispondenza del
quale il costo delle due modalità di presenza sul mercato estero è
uguale. Se non conosco il livello di fatturato impongo un’equazione:
costo della consociata = costo dell’importatore
La retta rossa ha un intersezione con l’asse verticale che definisce il
costo fisso, mentre non ho costi fissi nel caso dell’importatore
A sinistra del punto di pareggio abbiamo livelli di fatturato in
corrispondenza dei quali il costo dell’importatore è inferiore rispetto
ai costi della consociata. Se invece si consegue un livello di fatturato
maggiore rispetto a quello di pareggio la situazione è opposta. Questo
perché il costo variabile totale cresce al crescere del volume del
fatturato, mentre il costo variabile unitario rimane fisso, ossia il
margine di contribuzione. Infatti l’inclinazione della retta che
descrive i costi dell’importatore è rappresentato dal margine di
contribuzione

Se facciamo un confronto tra la costruzione di una consociata commerciale, piuttosto che la costruzione di una rete di vendita attraverso
agenti di vendita.
La retta è diversa da quella dell’importatore in quanto potrebbe prevedere
anche la presenza di costi fissi dell’agente, in quanto l’agente di vendita
può essere remunerato oltre che con una provvigione ancorata al volume
delle transazioni conseguite sul mercato estero, il costo può essere
costituito anche da una componente fissa a copertura degli investimenti
che l’agente sostiene per l’apertura di un deposito di magazzino, per le
attività da svolgere sul mercato estero qualora l’agente eroga servizio a
servizio dell’impresa. Quindi la retta non parte dall’origine degli assi, ma
da un livello che definisce i costi fissi dell’agente che saranno sempre
inferiori rispetto ai costi dell’apertura di una consociata.
A sinistra troviamo convenienza ad entrare con agenti di vendita, a destra
con una consociata

Esportazioni dirette: Valutazione economica delle modalità di presenza


diretta
Esempio: Costi apertura unità commerciale (magazzini, centri di
assistenza, personale, ecc..) = 250.000 € annui
Margine di contribuzione dell’importatore/distributore= 15% del fatturato
Punto di pareggio: F = fatturato in corrispondenza del quale i costi associati alle due modalità di entrata sono uguali = Costi di esercizio
stimati per filiale = Margine di contribuzione dell’importatore/distributore (% F)
ES.: 250.000 € = 15% F
F = Costi di esercizio filiale / Mc importatore = 250.000€ / 0,15 = 1.666.667€
Se l’impresa è presente sul mercato già con un importatore e ha già un dato relativo del fatturato, può effettuare una valutazione rispetto a
questo strumento. Se realizza un livello di fatturato pari a 2 milioni e mezzo (destra del punto di pareggio), conviene la consociata perché il
costo fisso si riduce mentre i costi variabili dell’importatore crescono
A destra di 1.666.667 l’impresa ha convenienza a sostituire la figura dell’importatore costituendo un’unità commerciale
Esempio: Costi apertura unità commerciale (magazzini, centri di assistenza ecc..) = 250.000 €
Provvigioni da corrispondere all’agente = 15% del fatturato + quota fissa = 20.000 €
Punto di pareggio: F = fatturato in corrispondenza del quale i costi associati alle due modalità di entrata sono uguali = Costi di esercizio
stimati per filiale = Provvigioni da corrispondere all’agente (% F) + Costi fissi agente
ES.: 250.000 € = 15% F + 20.000 €
F = (Costi di esercizio – Costi fissi agente) / Provvigioni agente = (250.000€ - 20.000€) / 0,15 = 1.533.333€
Se il livello di fatturato conseguito con l’agente è inferiore a questo livello di fatturato, conviene continuare ad essere presente con l’agente;
diversamente ci potrebbe essere la possibilità di entrare con una consociata

Caso di studio: apertura di una consociata commerciale da parte di Angelo Po in Cina


Si tratta di un’azienda che si muove in modo significativo con una propria rete di agenti con un contratto di vendita in esclusiva e alcune
filiali commerciali
L’apertura a Shangai ha richiesto anni di indagine per maturare una convenienza a realizzare un investimento di questo tipo, non è una
operazione che si realizza in poco tempo.
Angelo Po era già presente sul mercato di Shangai, ha rilevato la dimensione e l’attenzione di questo mercato per un prodotto Made in Italy,
dunque la potenzialità di questo mercato non ancora totalmente sfruttata e quindi la possibilità di presiedere direttamente il mercato
I consumatori iniziano a crescere l’interesse verso i prodotti stranieri, in particolare di un prodotto italiano. Si tratta di un mercato difficile da
penetrare a causa dei dazi (barriere artificiali), ci sono anche barriere naturali, ossia il potere negoziale dei distributori locali che tende a
mettere in una posizione di minore forza le imprese straniere concorrenti con le imprese locali.
L’apertura della filiale ha richiesto 1 milione di euro, con l’obiettivo di recuperare l’investimento in 3 anni, a partire dal quale si genera il
profitto. Noi abbiamo letto il break even in termini di livello di fatturato, qui si legge in termini di tempo
Alla filiale è stata affidata l’attività di importazione e commercializzazione degli impianti e attrezzature per la ristorazione professionale

64
I prodotti sono commercializzati con il brand aziendale, questo rafforza l’immagine del brand, ne favorisce la riconoscibilità e contrasta il
rischio di imitazione.
Angelo Po controlla il 100% della consociata estera, ma è sottoposta alla normativa e giurisdizione cinese. La negoziazione avviene tra
l’unità cinese e gli operatori, clienti del mercato cinese, questo è un punto di forza di questa forma di presenza.
La direzione e la gestione sono affidate a un soggetto italiano con esperienze sul mercato cinese, che porterà maggiormente l’identità e
l’immagine dell’azienda sul mercato estero. Spesso le acquisizioni avvengono per lo più lasciando il personale dell’impresa acquisita, perché
si vogliono valorizzare le competenze del personale che deve dirigere l’unità operativa estera.
Nel caso di Angelo Po si vuole imprimere un’identità italiana.
A livelli non dirigenziali il personale è locale per ridurre i costi (espatriare dei soggetti dall’Italia verso l’estero determina costi maggiori),
con il vantaggio che questo personale parlerà con i clienti del mercato estero (stessa lingua, stessa cultura).
Il ruolo della consociata è importante quando il mercato diventa di particolare importanza

Esportazioni dirette: Commercio elettronico


Si tratta prevalentemente di una forma di distribuzione, in quanto per attivare l’e-commerce occorre un manager e un personale che abbia
competenze nell’ambito internazionale e di natura digitali (gestione di un sito e-commerce). Questa attenzione alle competenze digitali si è
intensificato in conseguenza della crisi sanitaria a causa del lockdown
Si tratta di una modalità di entrata diretta sul mercato estero
Attività:
 forma di commercializzare on line: gestione diretta della transazione commerciale con clienti presenti anche su mercati lontani,
attraverso le reti telematiche
 modo di comunicare: dialogare e diffondere informazioni ai propri interlocutori (intermediari commerciali, sedi distaccate, fornitori
ecc…). Consente una forma di comunicazione bidirezionale, attraverso la comunicazione bidirezionale permette di raccogliere dati dai
clienti
 offrire servizi: assistenza alla clientela intermedia e finale

Vendite tramite e-commerce nel mondo


Questi dati fanno riferimento al 2018 e 2019, ci dicono che la transazione delle vendite e-commerce a livello mondiale è concentrata nelle
prime dieci economie. In testa vediamo Stati Uniti, Giappone e Cina
L’Italia si colloca ottava e detiene l’1% nell’ambito B2C (verso consumatori finali) e più bassa nel segmento del B2B (transazioni
commerciali tra imprese industriali). Oltre ¾ dei volumi mondiali imputabili all’e-commerce fanno riferimento allo scambio di materie
prime, semilavorati, beni intermedi tra imprese, ossia nel settore B2B.
Nel caso dell’Italia è il 92%, quindi solo l8% è da
attribuirsi alle vendite nell’ambito del B2C
Il motivo di questa forte presenza nell’ambito del
settore B2B per le vendite online è la sicurezza che
può derivare dalle transazioni tramite le piattaforme
digitali, in quanto vi è una tracciabilità delle
transazioni che accresce la presenza e una più facile
gestione delle transazioni attraverso i canali online

Vendite tramite e-commerce in Italia


L’e-commerce ha costituito un traino importante per
la crescita delle vendite al dettaglio in Italia. Oltre il
65% della crescita retail complessiva è imputabile
all’online (dati 2019)
Il valore degli acquisti online dei consumatori italiani da siti sia italiani che stranieri è stato pari a
31,6 miliardi a fine 2019, con un incremento del 15% rispetto al 2018.
Principali categorie di prodotto interessati dall’e-commerce (dati 2019): informatica ed elettronica
(+19%), principalmente smartphone, smartwatch, tv, piccoli elettrodomestici; settore
abbigliamento, scarpe e accessori (+ 16%); prodotti per la casa e l’arredo (+30%), principalmente
complementi d’arredo e piccoli mobili, oggettistica di design, decorazioni e accessori per la cucina;
comparto alimentare (+42%), principalmente prodotti di largo consumo (spesa da supermercato,
prodotti enogastronomici (specialità territoriali), vino e cibo pronto (Food delivery); editoria (+8%)
acquisti di libri, anche scolastici
Nei servizi, il settore del turismo e dei trasporti (+9%), è il primo comparto dell’e-commerce
italiano.
Il commercio tra imprese (B2B), sia online che offline è molto più rilevante degli scambi generati
tra imprese e privati (B2C). L’e-commerce B2B ha generato sul territorio italiano un’incidenza del
19% rispetto al transato interno B2B (+14% nel 2019 rispetto al 2018)

65
Vendite tramite e-commerce cross-border nel mondo
La maggior parte degli acquirenti
online acquista principalmente da
fornitori nazionali, ma l’interesse per
l’acquisto da fornitori esteri ha
continuato ad espandersi
La percentuale di acquirenti online
transfrontalieri rispetto a tutti gli
acquirenti online è aumentata dal 17%
nel 2016 al 23% nel 2018
Questa tabella ci dice chi usa
maggiormente l’e-commerce nella
vendita sui mercati esteri.
I primi 10 paesi riescono a
movimentare il traffico dell’e-
commerce a livello internazionale in
modo significativo (270 miliardi su
412 a livello totale). I primi sono USA
e Cina. L’Italia si colloca ottava.
L’online incide per un 3% per i primi 10 rispetto a un 2,3% a livello mondiale
Predominanza del segmento moda e a abbigliamento, a seguire, elettronica, giocattoli, hobby e “fai da te”, arredamento e prodotti alimentari

Vendite tramite e-commerce cross-border in Italia


Per quanto riguarda l’Italia nel 2019, l’export digitale di prodotti destinati a consumatori finali in modo diretto (B2C) o intermediato
(B2B2C) ha raggiunto un valore di 11,8 miliardi (con una crescita del +15%). Il peso dell’export digitale B2C su quello tradizionale è pari a
poco più del 7%
Settori più importanti: comparto moda (capi di abbigliamento, calzature e accessori) che rappresenta il 66% dell’export online di beni di
consumo (14,5% dell’export totale di settore); comparto alimentare con l’11% (3% dell’export totale di settore); comparto dell’arredamento
che pesa poco più dell’8% dell’export online di beni di consumo (10% dell’export complessivo di mobili).

L’export digitale
B2B nel 2019 ha
raggiunto un
valore di 134 miliardi (+1,5% rispetto al 2018) e rappresenta il 28% dell’export complessivo (online
e offline), superiore al tasso di penetrazione (Tasso di penetrazione dell’e-commerce: rapporto tra le
vendite online e il totale delle vendite retail (online e offline)) legato solo agli scambi su territorio
italiano (19%).
Crescita più significativa nel B2C, sebbene l’incidenza del traffico è maggiore nel caso del B2B
Motivazioni: negli scambi internazionali, ricorrere al digitale conferisce alle imprese maggiore
sicurezza (dovuta al monitoraggio e alla certificazione dei documenti) e velocità nell’espletamento
dei processi.
Principali settori: automobilistico, con un peso del 22,5% dell’export digitale B2B (73% del totale di
settore); tessile e abbigliamento, con un peso del 15% (38% del totale di settore); meccanica che pesa
per l’11% dell’export digitale B2B (18% del totale di settore)

Cosa significa usare l’e-commerce in ambito internazionale? C’è una maggiore complessità che sta nelle procedure, nelle conoscenze, nella
capacità dell’impresa di poter individuare l’uso dell’e-commerce anche nel contesto internazionale. Non basta dire facciamo un investimento
nell’e-commerce, in quanto richiede una forte competenza che non riguarda solo l’uso delle piattaforme digitali (digital manager e export
manager)
L’investimento non è solo finanziario, ma è un investimento sulle competenze.
L’e-commerce aiuta le imprese a vendere nel contesto internazionale, ma questo prodotto comunque deve arrivarci. Ci sono problemi di
logistica, di normative, di costi legati alla transazione e alla vendita
Per avere successo occorre studiare, ossia fare un’analisi dei mercati d’interesse per fare una strategia solida. Bisogna essere consapevoli
della struttura del mercato e-commerce di destinazioni in termini di attori digitali rilevanti e abitudini del consumatore

Modalità di implementazione dell’e-commerce transfrontaliero: Sito e-commerce proprio


Vantaggi
 Maggiore controllo sulla marca e sul prodotto: l’impresa gestisce in prima persona comunicazione, promozione e distribuzione. È come
dire entro sui mercati esteri con la forza vendita propria. Quindi l’impresa gestisce direttamente la vendita sui mercati esteri

66
 Interazione diretta con il cliente: uso di strumenti di analytics disponibile sul web che offrono utili informazioni per creare offerte
personalizzare in linea con le esigenze dei singoli clienti. Flusso di informazioni più corposo (l’impresa collezione una quantità di dati
significativa) che deriva direttamente dal cliente per poter rispondere in modo stringente alle esigenze del cliente e personalizzare anche
il prodotto

Difficoltà:
 Complessità e onerosità insita nella costruzione, promozione e gestione del sito e-commerce per raggiungere i potenziali clienti nei
mercati esteri. Occorrono competenze interne per gestire il sito nel contesto internazionale, non basta solo una traduzione del sito per
dire che il prodotto viene venduto nel mercato straniero. Ma bisogna comprendere come il sito e-commerce può essere strutturato
 Permangono le difficoltà legali (procedure doganali, fiscali e contrattuali) in quanto il prodotto deve essere fisicamente distribuito e
difficoltà legate alla comunicazione, alla logistica e ai pagamenti. Occorre avere un deposito prontamente disponibili per le vendite in
un arco temporale contenuto

Modalità di implementazione dell’e-commerce transfrontaliero: Sito e-commerce di terzi


Sito e-commerce di terzi: piattaforme B2C o B2B, specializzate nella vendita online che aggregano offerte di più marche, e in possesso delle
competenze tecnologiche e logistiche necessarie per l’e-commerce.
Tipologie di operatori:
 Marketplace (o piattaforma multimarca): aziende commerciali online che aggregano un’offerta molto frammentata e costituita da
qualsiasi tipologia di prodotto senza acquisire la proprietà della merce (no rischio invenduto). Es.: eBay, Amazon, Alibaba, Allegro. Si
tratta di intermediari che non acquistano la proprietà della merce, ma si intermediano; in questo modo risolvano le problematiche legali,
logistiche, di comunicazione per conto dell’impresa i cui prodotti transitano attraverso i market place. La maggior parte delle transazioni
attraverso Amazon, sono solo transazioni di passaggio: Amazon opera in conto e per conto dell’impresa i cui prodotti sono posti in
vetrina nel sito di Amazon
Questi marketplace possono essere generalisti, ossia vendere di tutto oppure degli aggregatori di offerte di aziende legate da un tratto
comune, quindi specializzate per settore, categoria merceologica, paese o area geografia di provenienza … Es.: Cortilia, Gourmant,
Fruttaweb, …)
 Retailer: aziende commerciali che acquistano la proprietà dei prodotti dalle imprese di produzione e distribuiscano direttamente ai
consumatori finali.
Possono usare solo l’online (es.: Yoox Net-Aporter Gtoup, Zelando, JD.com, Sunting) o integrare negozi fisici (retailer multicanale, es.:
LuisaViaRoma, Eatitaly)
 Siti di vendite private (flash sale): aziende commerciali online che propongono una selezione di offerte di marche note e organizzano
campagne di vendita di pochi giorni o ore (vendite lampo) a prezzi ribassati; acquistano sulla base degli ordini ottenuti dai clienti (no
rischio invenduto). Es.: Groupon, BuyVip, Vente-privée

Modalità di implementazione dell’e-commerce transfrontaliero : Sito e-commerce di terzi


Vantaggi per imprese di produzione
 maggiore visibilità dei siti e-commerce di terzi a livello internazionale (soprattutto per imprese che non godono di marche note
all’estero), facendo leva sulla notorietà e la marca dell’intermediario digitale. Un sito come Amazon ha una forte visibilità a livello
internazionale, in questo modo veicola l’immagine del brand poco conosciuto nel contesto internazionale
 gestione dell’intero processo commerciale (competenze relative a logistiche, gestione dei pagamenti, problematiche legali, doganali e
contrattuali). Hanno internamente le competenze e dunque i siti e-commerce terzi possono sfruttare delle economie di scala. Come
ragionamento ripetiamo delle cose che abbiamo già incontrato nell’offline, tramite gli intermediari. Nel caso del retailer si assume anche
il rischio del non venduto
Rischi:
 scomparsa dei propri prodotti dal vasto assortimento offerto on line dai grandi marketplace generalisti (preferenza per aggregatori di
offerte che effettuano una selezione mirata di prodotti e marche, più indicata per le piccole imprese che usano per la prima volta l’online
in modo da avere una configurazione più specialistica)  stesso rischio presente con intermediari commerciali offline, ossia il rischio di
vedere scomparire la propria offerta nel portafoglio prodotti dell’intermediario

Combinazione Sito e-commerce proprio e Sito e-commerce di terzi


Approccio multicanale adottato da alcune imprese nei mercati esteri
Motivazioni:
1. Adozione del canale più idoneo allo specifico mercato estero di riferimento. Maggiore possibilità di usare di utilizzare la forma di
gestione dell’online sui mercati esteri in funzione alle preferenze del consumatore o cliente straniero
2. Opportunità di utilizzare in modo sinergico più canali anche nell’ambito dello stesso mercato estero (es.: nel mercato americano c’è una
preferenza per acquisti su siti di terzi – Amazon, eBay – e sito e-commerce dell’impresa.)
➢ Possibilità di raggiungere un target ampio di clienti e di consolidare la notorietà del brand
3. Integrazione dettaglio fisico: l’impresa può trovare conveniente vendere nel mercato anche sullo stesso mercato sia con online sia con
offline (molto evidente nel settore moda).
➢ possibilità di agevolare la diffusione e il consolidamento della brand awareness presso la domande locale;
➢ sviluppo di percorsi di acquisto omnicanale importanti per migliorare il valore per il cliente
Esportazioni dirette: Commercio elettronico
Punti di forza:
 riduzione dei livelli di intermediazione (se non si usa intermediario commerciale digitale. Quando l’impresa lo usa arriva direttamente al
consumatore finale, quindi un processo di disintermediazione c’è)
 conoscenza diretta della clientela: possibilità di acquisire e dare informazioni alla clientela (maggiore bi-direzionalità)
 estensione raggio di azione (ampliamento mercati raggiungibili)
 contenimento dei costi (disintermediazione del canale, maggiori margini, riduzione costi di comunicazione, di trasferimento fisico di
persone, di gestione scorte)
 personalizzazione della relazione, grazie allo scambio di informazioni dall’impresa al cliente e dal cliente all’impresa, e del contenuto
dell’offerta (uso dei database clienti)
 miglioramento della qualità del servizio (rapidità di risposta alle esigenze della clientela)

67
Elementi di debolezza:
 diffusione della rete internet non omogenea in termini di aree geografiche e utilizzatori
 maggiore mobilità degli acquirenti(spostamento del cliente da un brand ad un altro amplificato dalla visibilità che può dare un sito e-
commerce, a maggior ragione quando questo avviene attraverso l’intermediario commerciale digitale) e loro minore fedeltà
(conseguente alla quantità di prodotti offerti on line e alla loro facile confrontabilità)
 preferenza per la vicinanza fisica manifestata da alcune categorie di clienti (in relazione ad alcune tipologia di prodotto e mercato). Es:
l’abbigliamento si preferisce acquistarlo in punti vendita fisici
 preparazione, competenze, propensione al cambiamento, investimenti.

Elementi a supporto della strategia di e-commerce in ambito internazionale


Per utilizzare l’e-commerce e per costruire un sito e-commerce le imprese devono essere in grado di sviluppare alcuni elementi che attengono
al marketing, alla logistica, ai sistemi di pagamento e alla conoscenza delle procedute di natura legale, doganale e contrattuale
1) Marketing: uno degli elementi più importanti che riguarda la capacità di attrarre l’attenzione visitatori sul proprio sito o sulle schede di
prodotto di uno degli intermediari digitali. Nel caso dell’e-commerce vi è una maggior mobilità e minore fedeltà del consumatore
internazionale nell’uso di questa modalità
Diversi canali di comunicazione per attrarre i visitatori
 Canali classici (stampa, televisione, cinema, radio, affissioni)
 Attività di digital marketing:
a) Search Engine Optimization (SEO): attività per conseguire un buon posizionamento nei risultati di un motore di ricerca
b) Search Engine Marketing (SEM): attività di web marketing per aumentare la visibilità e rintracciabilità di un sito tramite i motori
di ricerca
c) Social Media Marketing: attività volte ad ottenere visibilità sui social network
d) Display advertising: spazi a pagamento in pagine web di interesse dell’utente in cui promuovere un bene/servizio
e) E-mail marketing: comunicazione che si avvale della posta elettronica per raggiungere in modo personalizzato i clienti acquisiti o
potenziali
2) Logistica (elemento critico dell’e-commerce): il consumatore si aspetta attraverso l’acquisto tramite e-commerce velocità, costi,
modalità di consegna, gestione dei resi elementi che impattano sul livello di soddisfazione dei clienti online. L’impresa deve essere in
grado di gestire questi elementi per trasferire valore al cliente finale.
Problema legata alla complessità logistica generata dalla necessità di dover gestire la spedizione di numerosi lotti di piccole dimensioni
(frequentemente le imprese ricevono ordini online per piccoli quantitativi di prodotto) e conseguente aumento delle procedure doganali
→ necessità di individuare soluzioni efficaci ed efficienti per raggiungere un determinato mercato estero: configurazione della rete
distributiva (n. di livelli della rete), dimensione e localizzazione dei depositi; modalità di trasporto (gomma, nave, aereo, treno); livello
di esternalizzazione del processo logistico a soggetti terzi. La logistica non è il core business dell’impresa, quindi deve decidere se
gestirlo internamente o affidarlo a terzi
3) Sistemi di pagamento: scarsa fiducia dei consumatori online nei sistemi di pagamento e di sicurezza online (rilascio dati personali in
rete).
 Importanza di conoscere i sistemi di pagamenti preferiti nel paese obiettivo (preferenza per la carta di credito in Europa e in alcuni paesi
americani; preferenza per il pagamento della merce alla consegna in Russia e in India) in quanto il tema del pagamento è legato alla
sicurezza del pagamento online
 Importanza di prestare attenzione a strumenti di pagamento offerti (carte di credito, bonifici, contante ecc…); costo di utilizzo dello
specifico strumento di pagamento; livello di scurezza reale e percepito dal cliente; grado di integrazione tra i sistemi di pagamento scelti
e la piattaforma aziendale di gestione delle vendite. L’impresa deve dotarsi internamente dei sistemi di gestione di questi pagamento
(costo e competenza da attivare)
4) Conoscenza delle procedure di natura legale, doganale e contrattuale similmente alla vendita nell’offline
07/12/2021
Capitolo 8:
Strategie di entrata sui mercati esteri: Accordi di collaborazione internazionale

Accordi di collaborazione internazionale


È una modalità di entrata che ha trovato e continua a trovare un forte sviluppo in questi ultimi decenni a fronte di un intensificarsi della
complessità che caratterizza il contesto internazionale. Questa complessità genera incertezza ed è determinata dalla presenza di attori diversi
che operano nel contesto internazionale (imprese dirette concorrenti, fornitori, clienti); questi soggetti sono oltre che numerosi anche di
diversa provenienza, quindi c’è una difficoltà nella gestione delle relazione. A questi soggetti possiamo aggiungere anche il soggetto
istituzionale, ossia doversi confrontare con i sistemi normativi e legislativi del mercato estero
A fronte di questi elementi che caratterizzano l’operare delle imprese nel contesto internazionale, le imprese più dinamiche e proattive
reagiscono attraverso strategie che portano alla costruzione di accordi di collaborazione con gli attori del contesto internazionale che sono
alla base di questo elemento di complessità e incertezza. Quindi accordi di collaborazione con concorrenti, con clienti e fornitori; in modo
tale da governare meglio la complessità dei mercati, trasformando un potenziale cliente in un alleato.
Questo concetto spiega l’elevat5a diffusione di questa forma di presenza nel contesto internazionale, che dovrebbe interessare le imprese più
piccole, ma in realtà sono quelle più restie ad agire in collaborazione con altre imprese.
È frequente che questi accordi di collaborazione internazionali si espongano all’insuccesso, questo fa capire come costruire un accordo di
collaborazione con un soggetto terzo.

Definizione
Un accordo strategico internazionale è una cooperazione di durata significativa tra due o più imprese indipendenti di cui almeno una è
collocata sul mercato estero in cui si svolge in tutto o in parte l’attività oggetto dell’accordo, che può riguardare l’approvvigionamento, la
produzione, la commercializzazione, il marketing, la ricerca e sviluppo. Noi guardiamo soprattutto le forme di accordo che riguardano
l’attività di marketing (commercializzazione) e/o produzione
Le imprese partner, attraverso tale accordo, intendono perseguire in modo congiunto interessi comuni, condividendo e scambiando risorse
(umane, organizzative, finanziarie …) e conoscenze (di mercato, tecnologiche …) difficilmente sviluppabili internamente.
Si tratta di una modalità intermedia tra le esportazioni indirette e le esportazioni dirette. È una forma che sta nel mezzo tra l’esternalizzazione
(esportazioni indiretta tramite intermediari) delle attività di gestione e relazioni con il mercato estero e l’internalizzazione; è una modalità
ibrida.

68
Accordi di collaborazione internazionale: Elementi definitori
 Indipendenza tra le imprese partner, non c’è il controllo del capitale sociale di uno verso l’altro. Non si tratta di un accordo tra l’impresa
casa madre e la consociata, in quanto vi è un controllo strategico e proprietario dalla casa madre
Questi partner sono quelli del business network, ossia clienti, fornitori, concorrenti, clienti intermedi. In alcuni casi questi accordi
possono avvenire anche con lo Stato tramite le imprese concorrenti.
Es. in Cina le imprese straniere hanno stretto accordi necessariamente con imprese cinesi di proprietà dello stato cinse, quindi è come se
si facesse un accordo con lo stato cinese
 Nazionalità delle imprese partner, è fondamentale che almeno una è collocata sul mercato estero. Questo perché cerchiamo un soggetto
con il quale entrare nel mercato estero e che ci possa aiutare ad entrare sul mercato estero. A volte può capitare che il partner sia della
stessa nazionalità o di nazionalità diversa per operare in un mercato terzo, abbiamo stretto un accordo con quel partner perché ha le
competenze
 Durata della relazione medio-lunga. La relazione con un intermediario commerciale non può essere definita un accordo se la relazione è
occasionale, mentre può essere definita cosi se la relazione è consolidata, di medio-lunga durata.
Questo è un tema rilevante perché gli accordi hanno successo se si crea una relazione consolidata con il partner, perché in questo modo
si possono creare degli scambi di conoscenza che consentono alle parti di perseguire l’attività sul mercato estero, inoltre la durata
favorisce processi relazionali; no transazioni di mercato regolate solo dal prezzo di mercato.
Nella relazione con l’intermediario commerciale la relazione è gestita dal prezzo di compravendita. Negli accordi il prezzo ha una
rilevanza, ma ha rilevanza anche che l’attività oggetto dell’accordo sia svolta in un certo modo. L’accordo non serve solo per conseguire
l’attività da svolgere sul mercato estero, ma è fondamentale che vi sia un flusso di conoscenza che consente di arricchire l’attività che
deriva dall’accordo stesso
 Condivisione di interessi comuni e attività (approvvigionamento, produzione, commercializzazione, marketing, Ricerca e Sviluppo) da
perseguire in modo congiunto. Dal nostro punto di vista l’attenzione si pone verso quegli accordi che riguardano l’area marketing e di
produzione. Gli accordi hanno successo se i partener perseguono interessi comuni. Non vi è successo di un accordo se un partner deve
sacrificare i propri interessi a vantaggio dell’altro partner.
Un accordo di collaborazione internazionale si basa su due elementi, collaborazione e competizione. Non sta nel meccanismo della
collaborazione che uno lavori a favore dell’altro, vi deve essere un perseguimento del proprio interesse che però deve convergere in un
interesse comune
 Condivisione e scambio di risorse (umane, organizzative, finanziarie…) e conoscenze (di mercato, tecnologiche…), difficilmente
acquisibili internamente perché richiede tempo e costi, in un’ottica di reciprocità. Gli accordi si fanno quando per operare sui mercati
esteri, l’impresa che usa l’accordo non ha le conoscenze, risorse e competenze per opere sul mercato estero e trova nel partner il modo
di sopperire alla mancanza o inadeguato livello di competenze per operare sul mercato estero.
L’alternativa è delegare all’intermediario commerciale (in questo modo non governo nulla) o internalizzo tutto (controllo direttamente
queste attività); in entrambi i casi vada incontro a degli inconvenienti in relazione alle caratteristiche del mercato estero.
Quindi la forma ibrida dell’accordo consente di scambiare queste risorse, questo ha un impatto in termini di efficacia dell’azione e di
flessibilità.
Risulta essere una modalità meno flessibile dell’esportazione indiretta in quanto uscire dall’accordo significa pagare delle penali, ma più
flessibile rispetto a un investimento diretto estero che comporta tempi e costi più elevati
Sfruttare la complementarietà tra i partner, per conseguire benefici non realizzabili attraverso lo sviluppo interno, se non a tempi e costi
elevati
Gli accordi si fanno quando l’impresa ha delle fonti di vantaggio competitivo in relazione al mercato estero, ma non è in grado di sfruttarle
da sola ma riesce a farle tramite un partner.
Quindi non ci troviamo nei mercati di primo ordine, ma in quei mercati dove l’impresa ha elevata competitività/compatibilità, ma il mercato
è mediamente attrattivo e accessibile.
Oppure l’impresa si trova di fronte a un mercato molto attrattivo e accessibile, ma ha un livello di compatibilità/competitività medio

Tipologia di accordi classificati in relazione alla funzione della catena del valore coinvolta
 Area marketing
Accordi che consentono di accedere alle competenze di marketing del partner (conoscenze di mercato, sistema di relazione con la
distribuzione locale, reputazione di marca), per sviluppare attività commerciali e di assistenza ai clienti. Accordi che vengono stretti con un
partner per svolgere insieme le attività a valle della catena del valore, quindi l’attività di commercializzazione e di marketing
Noi cerchiamo un partner che ha specifiche competenze relative a quel mercato che riguardano l’area commerciale e di marketing; l’impresa
potrebbe non avere competenze per operare in uno specifico mercato e svilupparle internamente richiede costi e tempi lunghi. Attraverso il
partner del mercato estero c’è una relazione che consente di condividere la definizione delle strategie
Tipologie: Piggyback (accordo di fornitura), Franchising internazionale, Joint venture internazionale con finalità commerciale.

 Area tecnico-produttiva
Accordi che consentono di trasferire il prodotto sul mercato estero delocalizzando la produzione affidata a imprese locali. Si accede alle
competenze del partner di tipo produttivo (fattori produttivi, manodopera), e/o di tipo commerciale (risorse e competenze di marketing)
quando anche la vendita è affidata al partner
Facciamo produrre al partner, anziché andare a produrre direttamente. Si tratta di una modalità più flessibile rispetto ad entrare sul mercato
estero tramite un unità operativa di natura produttiva.
Quindi cerco un partner che ha competenze nell’area tecnico-produttiva al quale chiedo di eseguire il prodotto secondo i nostri standard
Tipologie: Contratti di produzione (in questo caso cerchiamo solo un partner per la produzione in quanto l’attività commerciale e di vendita
rimangono in capo all’impresa), Licensing e Joint-venture internazionale con finalità produttive/commerciali.

Nel caso dell’area tecnico produttiva gli accordi sono tutti di natura orizzontale, ossia accordi tra imprese concorrenti. Mentre sono accordi
verticali la maggior parte degli accordi dell’area commerciale e di marketing perché cerchiamo un partner specializzato in quell’attività
Mentre il Piggyback è un accordo orizzontale in quanto la caratteristica del piggyback è di stringere un accordo con un partner che produce.
Ma non produrrà per noi, completerà il portafoglio prodotti con i prodotti dell’impresa. Si tratta di un accordo orizzontale in quanto il partner
non è un’impresa commerciale ma un’impresa di produzione

69
Tutte queste forme hanno l’elemento della indipendenza, della durata, della nazionalità, della condizione degli interessi nello svolgimento
delle attività specifiche di quell’accordo e dello scambio di risorse e competenze. Poi ciascuna forma ha le sue specificità che porterà
l’impresa a sceglierne una rispetto ad un’altra in relazione alle sue caratteristiche interne o alle caratteristiche del mercato

Accordi area marketing: Piggyback


Accordo di fornitura tramite il quale un’impresa produttrice (rider) si avvale della rete di vendita (forza vendita, rete di agenti, consociate
commerciali, punti vendita di proprietà) di un’altra impresa produttrice (carrier) per esportare e distribuire i suoi prodotti
È un accordo orizzontale perché è tra concorrenti, anche se non sono sempre concorrenti diretti. Gli accordi possono essere anche con
imprese che producono prodotti complementari
Parliamo di un accordo che riguarda prevalentemente l’attività di commercializzazione, perché in un accordo di questo tipo è frequente che
l’attività di marketing è definita dal carrier
Dal punto di vista del rider e del carrier vi è la convenienza di articolare un portafoglio più ricco, mettendo in comune prodotti diversi per
accrescere la forza contrattuale del cliente intermedio/finale o del distributore.

Vantaggi:
Per l’impresa partner (carrier):
- ottimizzazione dell’uso della rete di distribuzione. Promuove prodotti diversi (economie di scala)
- ampliamento della gamma
Per l’impresa (rider):
- utilizzo della rete di vendita dell’impresa partner, in particolare quando il sistema distributivo estero è frammentato o concentrato;
- sfruttamento di competenze e conoscenze dell'impresa estera rispetto al mercato in cui opera;
- relazione elastica (elasticità rimanda al concetto di flessibilità) in quanto è più che altro un contratto di fornitura che non poggia su un
contratto di media-lunga durata. Ma poggia su un contratto che viene ripetuto nel momento in cui avviene la fornitura

Svantaggi
1. Rischio di deteriorare l’immagine del prodotto sul mercato estero
Il prodotto del rider può essere venduto dal carrier con il brand del rider se è un brand forte che ha una sua immagine nel contesto
internazionale, altrimenti sarebbe meglio utilizzare il brand del carrier se nel mercato estero il rider non è noto.
Anche nel caso in cui il brand rimane quello del rider ci può essere il rischio di deterioramento dell’immagine del prodotto del rider
perché se le strategie di vendita del carrier non sono adeguate possono danneggiare l’immagine del rider
Si tratta di un accordo che accresce il rischio di scarso controllo sulle strategie di vendita del carrier).
Laddove il mercato è particolarmente importante il piggyback potrebbe non essere la forma più conveniente
2. Accordi di breve durata: possono cambiare gli interessi dei partner e/o gli obiettivi dell’accordo
C’è una maggiore facilità di uscire dal mercato e le vendite sono legate a una singola transazione
3. Contatto indiretto con il mercato estero (il portafoglio clienti gestito dal carrier)

Esempio: Piggyback - Accordo tra Gruppo Fiat e Tata Motors


Il Gruppo Fiat e Tata Motors Ltd (Tata Motors è la più grande società automobilistica indiana) hanno firmato un accordo per la condivisione
della rete di concessionari, che include la vendita di vetture con marchio Fiat attraverso concessionarie selezionate di Tata in India.
Fiat nel 2006 era già presente nel mercato indiano, ma la difficoltà di entrare in un mercato controllato da un concorrente molto forte ha
richiesto di sviluppare un accordo con esso
Tata Motors gestirà marketing e distribuzione delle vetture Fiat nel Paese. Alcuni modelli Fiat e la gamma completa di Tata saranno
disponibili presso la rete di concessionari congiunta a partire da marzo 2006. La forza vendita di Tata promuoverà non solo le linee di Tata
ma anche di Fiat.
Tale rete, che esporrà il nuovo logo Fiat accanto a quello di Tata, offrirà anche assistenza e vendita di parti di ricambio.
Commentando l’accordo, Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat SpA, ha detto: “L’accordo ci consente di ampliare la clientela
e di offrire servizi di qualità superiore in un contesto di eccellenza ai nostri attuali clienti. Il team congiunto sta facendo un ottimo lavoro e
sono fiducioso che la nostra collaborazione con Tata si espanderà ulteriormente nelle aree dello sviluppo prodotto, della produzione e
dell’approvvigionamento di componenti.” Un accordo di questo tipo funziona perché ci è un completamente della gamma con prodotti che si
collocano in segmenti differenti
Ratan Tata, Presidente del Gruppo Tata e di Tata Motors, ha commentato: “Sono molto lieto della veloce definizione dell’inizio di una
potenziale collaborazione a lungo termine. Crediamo che questa alleanza si svilupperà in accordi ancora più strategici tra le due aziende sui
vari mercati”.
Fonte: Comunicato stampa congiunto Fiat e Tata Motors (13 gennaio 2006)

Accordi di collaborazione internazionale: Franchising internazionale


Contratto con il quale un’impresa (affiliante o franchisor) cede al gestore di un punto vendita (affiliato o franchisee) presente sul mercato
estero il diritto di vendere prodotti/servizi utilizzando la propria formula commerciale (business concept). Si tratta di un accordo di tipo
verticale
L’affiliato ha l’obbligo di acquistare e vendere con il marchio del produttore solo i suoi prodotti.
In questo caso la modalità di entrata coincide anche con la strategie di distribuzione
Se guardiamo al modello di Porter delle cinque forze competitive e se ricordiamo all’utilità degli accordi per entrare sui mercati esteri per
controllare la complessità dei mercati il franchising risponde a questo perché il contratto di franchising è un contratto di media-lunga durata
(3-4 anni), non sono contratti spot.
Stringendo una relazione di questo tipo sottopongo sotto il controllo del franchisor l’attività del franchisee che deve avere un interesse
reciproco. L’impresa non lo fa direttamente con risorse e competenze proprie, ma lo fa con il capitale del soggetto del franchisee, controlla le
strategie in maniera duratura che viene condivisa con il franchisee e garantisco un rapporto di medio-lunga durata. Con un distributore corro
il rischio che questo rapporto si interrompa abbastanza velocemente, è solitamente un rapporto di breve durata.
Inglobo nella relazione un potenziale concorrente perché il cliente è un concorrente e dunque ho la possibilità di controllarne le azioni.

70
Il franchising non regge se viene tutelato solo l’interesse del franchisor, ci deve essere un accordo di reciproco interesse anche quando il
potere contrattuale è sbilanciato
Perché ci può essere un interesse dal punto di vista del franchisee nell’operare in un sistema franchising? Il soggetto deve avere una forza di
attrazione del cliente verso il punto vendita, il cliente entra automaticamente in un punto vendita franchising perché gode della forza del
brand del prodotto che commercializza. Inoltre il franchisee acquisisce le competenze attraverso il franchisor di come vendere il prodotto
Nel contesto internazionale riceve materiale informativo, le campagne di promozione sono fatte dal franchisor e non dal franchisee. Il
franchisee ha una competenza su come rapportarsi con il cliente finale, trasferisce la conoscenza al franchisor relativamente al
comportamento del consumatore e della concorrenza
Esempio: McDonald’s in Egitto. Il franchisee dice che il consumatore egiziano, visto anche i concorrenti, ha una preferenza nella consegna a
domicilio. McDonald’s recepisce questo input e adotta questa strategia nel mercato egiziano e poi viene estesa anche ad altri mercati

Business concept (oggetto dell’accordo di franchising): conferire da parte del franchisor un prodotto (es. zara, Calzedonia, Benetton)
/servizio (es. McDonald’s), marchio commerciale, insegna, modalità di gestione del business, servizi di supporto alle ricerche di mercato,
assistenza manageriale per l’avvio e la gestione dell’attività
Nell’ambito del settore manifatturieri il franchising è un accordo verticale, in quanto il partner è un’impresa commerciale, quindi le attività
della catena del valore coinvolte sono quelle di marketing e di commercializzazione. Nel caso del settore dei servizi (ristorazione, settore
alberghiero) l’erogazione del servizio richiede la produzione del servizio. Quindi in quel caso il franchising è un accordo verticale in quanto
sto cercando un partner in grado di realizzare il prodotto
La modalità di gestione del business è un elemento fondamentale e anche critico perché il cliente internazionale cerca la stessa formula (es.
cliente di McDonald’s cerca lo stesso panino); quindi è nell’interesse del franchisor fornire supporto e traferire la dovuta conoscenza
all’attività del franchisee. L’elemento caratterizzante del franchising è la standardizzazione dell’offerta che crea notorietà e riconoscibilità del
brand. Questo avviene se nel business concept è ben definita la modalità di gestione del business.
Forme di pagamento del franchisee al franchisor: corrispettivo iniziale (una fee di ingresso) e/o royalties periodiche (percentuali ancorate al
volume di fatturate realizzato dal franchisee nei confronti del franchisor). È il franchisee che paga il franchisor perché utilizza la sua formula
commerciale. La composizione del corrispettivo dipende dal potere negoziale, è convenienza del franchisee il pagamento delle royalties in
quanto sono legati al volume di fatturato realizzato, mentre è convenienza del franchisor ricevere una fee di ingresso in quanto viene
incassata a prescindere dall’esito dell’attività svolta dal franchisee sul mercato
Motivazione del franchising: l’impresa utilizza il franchising quando vuole essere ampiamente presente in modo decentrato nel sistema della
distribuzione di un numero elevato di mercati esteri, mantenendo una relativa uniformità dell’immagine aziendale e del prodotto

Vantaggi:
 struttura organizzativa e commerciale più snella perché utilizziamo la struttura organizzativa del partner
 minore esposizione al rischio di entrata sui mercati esteri perché utilizziamo le risorse finanziarie e competenze del partner
 modesti impieghi di risorse finanziarie
 impiego della capacità imprenditoriale presente sui mercati locali.
 forte motivazione del partner locale e conoscenze del mercato. È nell’interesse del franchisee lavorare ed impegnarsi nella sua attività
perché ci guadagna il franchisee con la vendita e di conseguenza il franchisor. Il punto vendita viene gestito da dipendenti dell’impresa,
quindi ci sono forme di incentivo a favore di questi soggetti, ma il personale dipendente può risultare meno motivato rispetto
all’imprenditore commerciale, al franchisee

Svantaggi:
 difficoltà nel controllare la qualità dei servizi, con il rischio di compromettere l’immagine del franchisor e della rete franchising. La
difficoltà è di dover gestire la formula commerciale. La standardizzazione richiede forte controllo, quindi richiede che il franchisor
possa monitorare l’attività del franchisee.
Nel settore moda i grandi brand che utilizzano il franchising combinano nei mercati più importanti la presenza con una consociata
commerciale e punti vendita in franchising perché la consociata consente di meglio monitorare l’attività del franchisee in quanto il
rischio è di compromettere l’immagine del brand. Questo rischio è amplificato a livello internazionale
 necessità di investire in formazione e aggiornamento continuo del personale e del franchisee
 scarsa disponibilità del franchisee a condividere proprie informazioni con il franchisor. Il franchisee è l’occhio operativo del franchisor
sul mercato estero, se non vi è questo flusso la formula franchising potrebbe non funzionare correttamente
 non condivisione degli obiettivi dell’accordo e delle strategie di prezzo. Ecco perché è necessario definire a monte la relazione tra
franchisor e franchisee
Ci potrebbe essere un forte attrito tra il franchisor e franchisee. Il franchisor guadagna in misura percentuale sulle vendite realizzate dal
franchisee sugli n mercati, quindi più il prezzo è basso, più il volume di vendita possono essere elevati. Sommato a livello
internazionale questo accresce il guadagno del franchisor, quindi dal punto di vista internazionale c’è una convenienza a tenere il prezzo
di vendita basso. Diverso invece è l’interesse del franchisee che guadagna sul margine di contribuzione. Gestendo piccoli punti vendita
non si può permettere prezzi bassi, quindi ha convenienza a tenere il prezzo più elevato. Ma questo può impattare sulla competitività di
prezzo del franchisor e allora si gioca la negoziazione tra franchisor e franchisee. Questo può essere un elemento che può inclinare i
rapporti tra i due soggetti e potrebbe portare a una conclusione dell’accordo. Gli elementi dell’accordo sono definiti all’inizio ma
possono mutare
La difficoltà di gestire la leva del prezzo nell’ambito del franchising a livello internazionale aumenta

Esempio: franchising internazionale - Stefanel apre 50 boutique in Cina e Taiwan con Carnival
Stefanel ha siglato un accordo di distribuzione per la Cina e Taiwan con Carnival International, società cinese attiva nel fashion retail.
L'accordo, della durata di cinque anni, prevede l'apertura di 50 nuovi negozi nei più prestigiosi shopping mall e department store per la
distribuzione in esclusiva delle linee abbigliamento e accessori del marchio veneto sul mercato cinese e taiwanese.
Il piano di sviluppo concordato vedrà le prime aperture di nuovi store Stefanel nel 2012 nelle città di Pechino, Shenyang e Chengdu. Gli store
cinesi utilizzeranno il nuovo concept Stefanel progettato dallo studio londinese Sybarite e studiato per esaltare la collezione maglieria e
trasmettere i valori che contraddistinguono il brand trevigiano: sensualità, positività e armonia.
«Il mercato cinese – ha detto Giuseppe Stefanel, presidente del gruppo – ha enormi potenzialità ed è fondamentale essere presenti. Tuttavia è
indispensabile trovare il giusto partner locale e noi lo abbiamo individuato in Carnival, società leader nei mercati di riferimento che ci
permetterà di rafforzare la nostra strategia di sviluppo nei mercati del Far East dove Stefanel è peraltro già presente in Giappone, Corea del
Sud e Hong Kong».

71
Fonte adattamento da Il Sole 24 ore, 20 dicembre 2011

Esempio: franchising internazionale - Zara


Zara ha una particolarità, ossia è un’azienda fortemente integrata. La quasi totalità del processo produttivo, a differenza delle altre imprese
del settore fashion moda che esternalizzano molto, integra fortemente dalla produzione alla commercializzazione, fino a detenere punti
vendita di proprietà
Modifica la sua modalità di presenza in relazione alla distanza culturale dei mercati esteri. Zara è una impresa spagnola di abbigliamento e
accessori con sede ad Arteixo in Galizia, nel nord della Spagna, fondata nel 1975 da Amancio Ortega e sua moglie Rosalía Mera.
Ha adottato un peculiare modello aziendale, che integra design, produzione, distribuzione e vendita, attraverso un'ampia rete di punti vendita
di proprietà.
La modalità di entrata preferita da Zara è l’investimento diretto in punti vendita di proprietà, utilizzato diffusamente nei paesi Europei. Nel
2014, l’85% dei punti vendita Zara erano gestite direttamente dalla casa madre. I mercati in cui l’impresa è presente con forme dirette sono
caratterizzati da potenziale di crescita elevata e distanza socioculturale bassa (basso rischio paese) rispetto al mercato spagnolo. Quindi anche
un gruppo come zara ha adottato forme di controllo diretto ma in mercati più simili e vicini geograficamente e culturalmente al mercato
spagnolo
Zara è invece presente con il Franchising nei paesi altamente rischiosi, distanti culturalmente o nei quali le quote di mercato sono contenute e
le previsioni di crescita ridotte, come Kuwait, Puerto Rico, Panama, Philippines.
La principale caratteristica dei punti vendita della rete franchising di Zara è la loro completa integrazione nelle modalità gestionali
dell’azienda in termini di prodotto, risorse umane, formazione, allestimento delle vetrine, design interno, ottimizzazione della logistica. Per
dare un’impostazione fortemente standardizzata occorre una forte capacità di coordinamento interno
In tal modo, Zara si assicura uniformità nella gestione dei punti vendita e una immagine globale agli occhi dei consumatori di tutti i Paesi nel
mondo.
Fonte: adattato da Hollesen S. (2016), Global Marketing, Pearson, seventh edition
09/12/2021
Area tecnico-produttiva: Contratto di produzione
Accordi di collaborazione orizzontale che ha come oggetto dell’accordo la sola produzione.
Un’impresa (contractor) affida la produzione o l’assemblaggio dei suoi prodotti ad un produttore del mercato estero (contracted),
mantenendo il controllo internamente della R&S, del marketing e della distribuzione. Modalità di outsourcing internazionale della
produzione, cioè mi rivolgo a un fornitore estero
Il posizionamento del contracted sul mercato estero può avere un ruolo ai fini dell’entrata nel mercato estero se la produzione realizzata dal
contracted viene anche collocata nel mercato del contracted.
Con un contratto di produzione un’impresa individua un’impresa concorrente, quindi un’impresa che produce per la produzione e
l’assemblaggio dei suoi prodotti
Il contracted è colui che produce per conto dell’impresa, ma non vende. In questo caso è il contractor che paga il contracted con una
percentuale del prodotto realizzato. Le strategie di vendita sono definite dal contractor, quindi deve avere una conoscenza del mercato in cui
avviene la vendita. Il prodotto realizzato dal contracted può essere anche rivenduto nel mercato del contractor sfruttando i costi della
produzione o sfrutta una competenza nella realizzazione del prodotto
Questa forma può essere utile quando non mi conviene andare a produrre direttamente sul mercato estero con IDE in quanto determina costi
elevati, ma sfrutto la capacità produttiva di un’altra impresa. Attraverso la produzione del contractor il contracted può sfruttare a pieno la
propria capacità produttiva e sfruttare le economie di scala che si ribaltano anche a favore del contracted sulla sua produzione sul
contenimento dei costi (motivazione economica)
Un’altra motivazione è che in alcuni contesti è richiesta una produzione locale per vendere il prodotto di un’impresa straniera. Questo si
verifica nel mercato americano e cinese come strategia per trasferire conoscenza al sistema economico di quel mercato. Se produco per conto
dell’impresa italiana, acquisisco una capacità di realizzare un certo prodotto.
La scelta del contratto id produzione è per non produrre direttamente e quindi non sostenere i costi della produzione diretta.
L’altro elemento è quello del superamento delle barriere all’entrata, in quanto se produco direttamente sul mercato estero supero barriere
artificiali e competitive

Vantaggi:
 Riduzione di tempi, costi e i rischi della delocalizzazione produttiva
 Possibilità di valutare le potenzialità del mercato. Non entro da subito con un investimento, valuto la convenienza di andare a produrre
direttamente su quel mercato estero attraverso l’attività produttiva di un terzo. Se l’esito della valutazione è positiva può decidere di
entrare direttamente con un proprio investimento
 Possibilità di marcare il prodotto come produzione locale. Riguarda la richiesta della domanda che quel prodotto venga realizzato in
quel mercato (forma di nazionalismo presente nei consumatori). In alcuni mercati questo connotato di nazionalità nella produzione può
essere fortemente richiesto. L’attività di produzione, quindi i costi legati alla produzione, rimangono in capo al contracted per i quali il
contractor pagherà una percentuale sulla produzione.
 Possibilità di esternalizzare l’attività di produzione non core business (tipico nel settore moda, in quanto il core business è la creazione
di nuove linee di prodotto, non la produzione)
 Elementi di flessibilità: durata breve del contratto; possibilità di rescindere a costi contenuti il contratto; uscita prematura dal mercato
non onerosa
Svantaggi:
 Rischio che il prodotto non risponda ai requisiti di qualità attesi perché il contracted realizza il prodotto secondo la sua capacità
produttiva e secondo le indicazioni che vengono dal contractor; ma potrebbe non essere in grado di applicare correttamente le
indicazioni che vengono dal contractor
 Rischio opportunismo da parte del partner (appropriazione di conoscenze) possibilità di rescindere a costi contenuti il contratto; uscita
prematura dal mercato non onerosa
Rischio che si può vedere in tutte le forme di accordo ma in quelli di produzione diventa più complesso. E’ uno dei principali rischi
laddove l’impresa traferisce una conoscenza legata alla realizzazione del prodotto, cbe dal punto di vista del contracted è un elemento
importante perché cresce la capacità di innovare. Questo fa si che il contracted al termine dell’accordo possa diventare un concorrente
nei confronti del contractor
Questi aspetti possono essere limitati contrattualmente, vi possono essere delle clausole di non concorrenza alla fine del contratto.
Le armi di cui il contractor può servirsi per limitare ciò sono due:

72
- rapporto di fiducia che si instaura con il partner. La caratteristica degli accordi è quello della durata che consente di instaurare
una relazione consolidata tra le parti e quindi all’interno di questa relazione si sviluppa la fiducia che aiuta a contenere
elementi di opportunismo (atteggiamento del contracted a danno del contractor) del contracted a danno del contractor. Quando
la fiducia è reciproca può contenere questi elementi di opportunismo da parte dei partner
- Capacità di innovare. Il contractor che cede al partner un prodotto e una conoscenza di come realizzarlo può proteggersi
innovando in continuazione. Attraverso l’innovazione il partner, seppur apprende un modo di produrre, questa conoscenza
viene poi superata dalla continua innovazione che mette in atto il contractor. Quindi l’innovazione è uno strumento di
protezione delle imprese che potrebbe aiutare le imprese a superare questa resistenza a svolgere determinate attività con un
partner

Area tecnico-produttiva: Licensing internazionale


Stiamo ancora parlando di accordi che riguardano l’area di produzione
L’impresa nazionale (licensor, licenziante) concede ad un’impresa estera (licensee, licenziataria) una licenza (regolata da contratto) a
produrre e a distribuire un determinato bene (più attività della catena del valore coinvolte).
E’ una forma di accordo di imprese in un contesto internazionale. Il licensee (il partner) è quell’impresa che si torva sul mercato estero,
perché la finalità è quella di entrare in un mercato estero, per questo motivo mi serve un partner estero
Con il contratto di produzione solo la produzione era coinvolta, con il licensing sia la produzione che la distribuzione. Il che significa che
l’impresa licensor definisce insieme al licensee le strategie di vendita, di comunicazione, di distribuzione e di prezzo; questo non si verifica
nel contratto di produzione in cui è l’impresa che vende sul mercato del contracted
Qui si trasferisce una conoscenza su come realizzare ma anche su come distribuire il prodotto.

Natura della relazione: relazione contrattuale tra imprese spesso concorrenti (prodotti non complementari, ma della stessa categoria
merceologica). Si tratta di una relazione di tipo orizzontale, in quanto è un accordo tra imprese di produzione, come nei contratti di
produzione. Questo perché il partner (contracted e licensee) deve disporre di un sistema di produzione per realizzare il prodotto del licensor
secondo le indicazioni del licensor, non si rivolge ad un impresa che deve investire nel sistema produttivo.
Gli accordi sono quelle forme per governare la complessità dei mercati esteri, stringendo un accordo con un concorrente, trasformo il
concorrente in un alleato finché la relazione esiste e funziona
Es: Armani che opera in settori molto variegati (abbigliamento, occhiali, profumi) cede il suo brand (fa un licensing out), cede la produzione
degli occhiali secondo le indicazioni che vengono da Armani. Armani (licensor) trova Luxottica (impresa italiana ma molto presente sui
mercati esteri) e cede il suo brand e le sue indicazioni su come realizzare una linea di occhiali a Luxottica che realizza per conto di Armani
gli occhiali e che verranno venduti attraverso la distribuzione di Luxottica ed entreranno a far parte del portafoglio prodotti di Luxottica.
La relazione deve essere solida, di fiducia e non solo contrattuale.

Contenuto della licenza: si cedono brevetti, know-how e competenze non coperte da diritti legali (disegni industriali e tecnologie di
produzione); formazione del personale; fornitura di impianti; uso del marchio.

Contenuti del contratto: definizione degli standard produttivi per garantire il rispetto della qualità; definizione dei mercati da servire (il
licensee si deve occupare anche della vendita dei prodotti del licensor, quindi la strategia di distribuzione viene concordata tra i due soggetti,
sempre che la relazione sia solida e poggi su elementi contrattuali e di fiducia) e del modo in cui servirli; durata del contratto (più di 10 anni).

Natura del compenso da parte del licensee: immediato (somma di denaro/fee di ingresso) e/o dilazionato (royalty annua: % sul volume delle
vendite realizzate dal licensee). Il licensor cede quindi deve essere pagato
La prima modalità tutela maggiormente il licensor perché è una somma certa, quella dilazionata è legata alle vendite quindi può esserci il
rischio del non venduto, ma è una modalità di pagamento che avvantaggia maggiormente il licensee.

Vantaggi:
 realizzare una presenza produttiva riducendo l’impiego di risorse proprie (non si produce direttamente)
 superamento delle barriere istituzionali e competitive
 accesso a fonti locali di MP a basso costo (impatta sui costi di produzione)
 riduzione dei costi di trasporto
 accedere al capitale finanziario, al potenziale competitivo, alle conoscenze di mercato e alle risorse manageriali del partner.
Modalità per svolgere una determinata attività sul mercato estero e per accedere a quel bagaglio di risorse, conoscenze e competenze del
partner che in alternativa l’impresa dovrebbe sviluppare internamente. In questo modo accedo al business network del partner. Se devo
produrre direttamente devo avere sviluppato relazioni con i distributori e con i fornitori, questo tipo di relazioni li ha già il licensee
 maggiore flessibilità rispetto agli IDE produttivi. Maggiore flessibilità perché se l’impresa entra in un mercato estero con un contratto di
licensing ma si accorge che o che il licensee non è il partner giusto o che il mercato non risponde alle attese o che l’impresa ha
convenienza ad operare direttamente, uscire da un contratto di licensing richiede meno tempo, minori costi (devo pagare una penale, ma
il costo di una penali è inferiore rispetto all’investimento che ho realizzato in un impianto produttivo sul mercato estero, in quel caso o
lo vendo oppure devo dismetterlo con tutti i costi e tempi che comporta una scelta del genere)
 contenimento dei rischi politici ed economici del mercato obiettivo perché chi produce è il partner. L’impresa si espone a rischi
economici e operativi ma lo condivide con il partner, quindi vengono contenuti
 aggirare le restrizioni imposte dai governi locali alla realizzazione di investimenti diretti esteri.
In alcuni contesti vi sono governi che impediscono l’entrata nel proprio mercato ad imprese straniere attraverso la realizzazione di un
investimento di natura produttiva controllato al 100% e impongono la possibilità di entrare nel proprio mercato attraverso un accordo,
quindi con un partner locale.
Ad esempio la Cina ha aperto i propri confini ai capitali stranieri in modo molto graduale a differenza della Russia che li ha aperti
selvaggiamente oppure l’Africa in cui c’è una svendita del territorio nei confronti soprattutto dei cinesi.
La motivazione che sta dietro a ciò è che attraverso accordi di questo tipo il partner locale (del mercato estero) si trova in una situazione
di apprendimento, quindi di acquisizione di una conoscenza. Sono quelle modalità strumentali alle politiche industriali dei governi per
sostenere lo sviluppo economico del proprio paese.
Oggi la Cina ha superato questo vincolo e permette agli investitori stranieri di realizzare un investimento completamente detenuto e
quindi non necessariamente nella forma di accordo. Il modo di attuare queste restrizioni da parte dei governi dei mercati di riferimento
può avvenire sia richiedendo una forma di compartecipazione alla produzione da parte dell’investitore delle imprese locali, sia

73
imponendo delle forme di imposizioni molto alte sulle importazioni (dazi molto alti, per aggirare le barriere mi conviene andare a
produrre con un partner sul mercato estero)

Svantaggi:
 difficoltà nel verificare il rispetto degli standard di produzione e conseguente rischio di deterioramento dell’immagine dell’impresa
committente (licensor)
 rischio di diffusione delle conoscenze a favore del partner (rischio opportunismo)
 necessità di addestrare il personale locale, elemento contenuto nel contratto e nella relazione. Vi è un’onerosità in capo all’impresa
committente
 ripartizione degli utili con il produttore locale
 mancanza di conoscenze dirette del mercato. È punto debole della relazione se questa relazione non viene costituita sulla fiducia, perché
un vero scambio di conoscenza si fonda non su obblighi contrattuali ma solo se esiste un elemento di fiducia

Un accordo ha successo se entrambi i partner possono trarre beneficio dall’accordo.


Nel contratto di produzione  Beneficio contracted: attraverso un accordo di produzione ho una domanda certa perché il contractor mi ha
chiesto di realizzare un determinato prodotto per un periodo di tempo, e una capacità di poter apprendere
Nel licensing  Beneficio licensee: stabilizzazione delle vendite e della capacità produttiva, arricchimento portafoglio prodotti e
trasferimento di conoscenza.
Non esiste un accordo di successo se non si basa su uno scambio reciproco di interessi

Accordi di collaborazione internazionale: Joint venture internazionale


La joint venture è quella forma di accordo che più approssima l’investimento diretto estero in termini di grado coinvolgimento, rischio e
controllo. Forma di accordo caratterizzata da maggior grado di coinvolgimento e maggior rischio
Accordo formato per perseguire obiettivi strategici più rilevanti; maggiore livello di coinvolgimento in termini di criticità strategica e
finanziaria delle risorse e delle competenze apportate
Parliamo di un accoro dove l’elementi delle criticità delle risorse apportate e delle attività da svolgere è elevato. Quando si apportano delle
risorse e conoscenze importanti, quando il mercato è particolarmente rilevante o entriamo in autonomia tramite un IDE, oppure l’impresa
entra con un partner, se è una scelta mentre in altri casi potrebbe essere un obbligo in quanto è il governo del mercato che dice che si può
andare a produrre con un partner di quel mercato
Equity joint venture: Struttura societaria giuridicamente autonoma controllata congiuntamente dai partner al fine di svolgere un’attività
produttiva e/o commerciale tendenzialmente illimitata nel tempo. Forma di accordo che da vita a una terza impresa, la new venture.
Equity significa che non solo si decide di svolgere insieme un’attività, che può essere solo commerciale oppure produttiva/commerciale,
ma lo si fa attraverso una terza impresa giuridicamente autonoma, il quale capitale sociale viene controllato dai due partner che hanno
dato vita alla Joint Venture.
Questa forma di accordo viene scelta quando si presuppone che l’attività da svolgere sul mercato estero è illimitata nel tempo.
Non equity joint venture: Joint venture contrattuale nata dalla condivisione di determinate attività da parte dei partner al fine del
compimento di uno specifico progetto (es.: partecipazione a gare di appalto). È un contratto per svolgere un’attività limitata nel tempo,
non vede l’origine di una terza impresa.
L’imprese italiana che vuole partecipare a una gara di appalto per la costruzione di un ponte nel mercato cinese, deve avere un partner
sul mercato estero. Ma data la criticità dell’attività da svolgere che è limitata nel tempo (realizzazione di un’opera pubblica è limitato
nel tempo), allora si opta per una Joint Venture contrattuale dove i partner mettono a disposizione le proprie competenze per poter
partecipare alla gara di appalto nel mercato cinese. È importante avere come partner un’impresa cinese in questo caso.

Caratteristiche: indipendenza tra i partner dell’accordo di JV; uno dei partner opera nel mercato obiettivo

Joint venture internazionale: due tipi di Joint Venture


La equity joint venture da origine a tre soggetti: impresa
entrante A e impresta B nel mercato estero stipulano un
contratto che supporta la costituzione della new venture C che
opererà nel mercato estero di B.
Spesso IDE e equity joint venture possono essere confuse. In
un IDE non esiste l’impresa B, ma esiste l’impresa A e C;
quindi l’impresa A costituisce l’impresa C oppure la
acquisisce ma non lo fa con un partner, ma lo fa da sola
Supponiamo che l’Investimento sia un’acquisizione, l’impresa
A che vuole entrare nel mercato dove si torva l’impresa C,
rileva quote di capitale dell’impresa C. Il complemento è
detenuto dall’impresa rilevata, da terzi soggetti, etc.
L’acquisizione non avviene con un altro soggetto, ossia con
l’impresa B. Nel caso di IDE non esiste un partner con cui
realizzare l’investimento, non devo definire la modalità di
gestione dell’impresa C con un partner, ma sarà solo
l’impresa A che le definirà.
Nella non equity joint venture non esiste il terzo soggetto,
esiste un contratto per svolgere insieme un’attività
Nella realizzazione del ponte sul mercato cinese ci avvarremmo delle competenze produttive del partner e noi apportiamo la nostra idea
progettuale. Se dovesse essere decisa questa cosa attraverso un equity joint venture non avrebbe senso perché si tratta di un progetto di durata
limitata

Accordi di collaborazione internazionale: Joint Venture


Elementi del contratto che disciplina la costituzione e la gestione della Equity JV
 obiettivi alla base dell’accordo, cioè cosa deve fare la New venture (cosa e come produrre, come distribuire). La New venture può
occuparsi sia della produzione, sia della distribuzione (joint venture commerciale). L’impresa A e l’impresa B decidono di vendere

74
insieme i propri prodotti attraverso una rete di vendita che non è quella del partner B ma quella della New venture, ossia di questa nuova
impresa costituita che si occuperà del portafoglio prodotti costituito con prodotti dell’impresa A e B. Tuttavia la New venture può
occuparsi solo della produzione o solo della distribuzione oppure di entrambe le attività.
Es. fiat e Tata costituiscono una equity joint venture, e la new venture si occuperà della vendita della linea di fiat e di tata
 entità e forme degli apporti (modalità di trasferimento del know how necessario per la gestione produttiva della JV). Cosa devono
apportare i partner, conoscenza sul prodotto, conoscenza sul mercato, conoscenza delle reti di vendita
 forma giuridica del nuovo soggetto. Sarà costituita seconda la normativa prevista dal mercato estero
 determinazione del prezzo delle azioni rappresentative delle rispettive quote di partecipazione. La quota di capitale detenuta sulla New
venture dia partner A e B dipende dai conferimenti apportati (denaro, know-how apportato per il funzionamento della new Venture).
Non necessariamente le equity joint venture sono paritarie, ossia detenute al 50% dai due partner, ma uno dei due partner può detenere
anche più del 50% del c.s. della New Venture (new Venture maggioritaria) e la restante quota detenuta dall’altro partner. Questo perché
corrisponde al diverso apporto di risorse finanziarie e non dei due partner all’interno di questa relazione.
Come viene gestita una equity joint venture dove vi è una quota di maggioranza di un partner rispetto ad un altro? Il partner di
maggioranza ha una forma di controllo maggiore quindi deciderà le linee strategiche della new venture, ma potrebbe non essere così.
Chi sarà l’amministratore delegato? Non necessaria chi ha la quota di maggioranza. Le parti possono decidere che l’amministratore
delegato è rappresentato dal partner di minoranza perché è colui che ha le competenze necessarie per gestire la New Venture.
 definizione delle politiche strategiche, finanziarie e organizzative. Contrattualmente viene deciso qual è l’orientamento strategico, quali
sono le forme di finanziamento, qual è la struttura organizzativa della new venture perché la gestione è condivisa. Anche se è paritaria la
direzione può essere affidata all’altro partner
 modalità di ripartizioni degli utili e dell’eventuale copertura finanziaria conseguente a perdite di esercizio
 durata della JV ed eventuali ipotesi di scioglimento. Si tratta di una durata “illimitata” nel tempo, cioè molto estesa, ma in qualsiasi
contratto comunque si deve prevedere una durata.
Le ipotesi di scioglimento possono anche implicare da parte di uno dei due partner l’acquisizione della quota di capitale dell’altro nella
new venture (trasformazione della joint venture nell’acquisizione)
 modalità di risoluzione degli eventuali disaccordi intervenuti tra i partner. Siccome si tratta di accordi societari ci sono molte più
problematiche nella gestione di questo accordo rispetto alle forme precedenti.

Vantaggi:
 possibilità di utilizzare competenze manageriali, tecnologiche, conoscenze di mercato e del sistema della distribuzione locale del partner
 rapidità di entrata in un mercato nuovo o in un numero elevato di mercati. Rapidità di entrata non lo mettiamo in assoluto; entrare in un
mercato estero con equity joint venture richiede tempi di realizzazione dell’accordo lunghi. Tuttavia, è più veloce all’investimento
diretto estero, soprattutto se si tratta di una costituzione ex-novo
 ripartizione dei rischi perché vengono condivisi con il partner
 investimenti condivisi perché li condivido con il partner
 superamento di barriere protezionistiche (possibilità di aggirare le restrizioni alla realizzazione di investimenti diretti). È un modo di
superare le restrizioni alla realizzazione dell’investimento diretto, qualora vi è un vincolo su come poter operare nel mercato estero

Svantaggi:
 possibili conflitti latenti tra i partner (difficoltà di gestione della relazione in presenza di culture manageriali differenti). I conflitti tra i
partner su come gestire l’accordo possono essere rilevanti
 rischio di concorrenza da parte del partner che acquisisce conoscenze, tecnologie, metodi di gestione e di distribuzione conferiti
dall’altro partner
riguarda tutte le forme di accordo, da quella meno coinvolgente piggyback, a quella più coinvolgerne la joint venture. Più coinvolgente
in termini di risorse apportate, di conoscenze, di attività della catena del valore coinvolte.

Esempio: espressamente Illy


«Espressamente Illy» apre 105 locali in Cina Illycaffè ha siglato nel 2006 due accordi di Joint Venture con imprese cinesi per rafforzare la
sua presenza su tale mercato con l'apertura di 105 negozi monomarca "Espressamente Illy". à stiamo parlando di una joint venture
commerciale.
Illycaffè era già presente sul mercato cinese dal 2005 con una società con sede a Shanghai con l'obiettivo di «avviare un primo contatto
commerciale e studiare le potenzialità di consumo del caffè espresso nel grande mercato cinese».
I partner:
- Great Wall Enterprise corporation, gruppo diversificato nel settore alimentare quotato alla Borsa di Taipei a cui la partnership
affida la realizzazione di 75 punti vendita, di cui 58 nella Repubblica Popolare e 17 nell'isola di Taiwan.
- Gruppo Cafe de Coral di Hong Kong, quotata alla borsa di Hong Kong, gestisce una fitta rete di ristoranti in tutta la Cina. La JV
con l’impresa italiana prevede l’apertura in franchising di 30 Espressamente Illy nelle regioni di Hong Kong e di
Macao. à combinazione equity joint venture,
franchising e punti vendita di proprietà. Non riesco a
gestire da solo un franchising sul mercato cinese, ma
ho bisogno di un partner.
Risorse apportate dai partner cinesi: competenza gestionale e
conoscenza dei mercati locali
Risorse apportate dal partner italiano: business di successo
Espressamente Illy basato sull'eccellenza del caffè espresso
made in Italy.

Gli accordi di collaborazione internazionale


Differenza tra gli accordi di collaborazione internazionale in
relazione alla criticità delle risorse (importanza delle risorse) e
competenze condivise e alla numerosità delle attività della
catena del valore coinvolte.
75
Il punto di vista è quello dell’impresa italiana che vuole entrare in un mercato estero, quindi che reali8zza questa entrata con un partner
(franchisor, contractor, licensor, partner italiano).
Piggyback è un contratto di breve durata dove le attività coinvolte sono quelle commerciali. La risorsa apportata è una risorsa meno critica,
con una bassa complessità della relazione e quindi con una elevata flessibilità (non rinnovo il rapporto di vendita con il partner)
All’esterno opposto abbiamo la Joint venture, in particolare la equity dove l’elemento della criticità delle risorse è elevato, più attività della
catena del valore possono essere coinvolte (anche R&S), maggiore complessità, maggiore rischio e minore flessibilità.
Il confine tra equity joint venture e IDE è molto sottile, rispetto a questi elementi. La natura dell’operaizone poi è significativamente diversa

Accordi di collaborazione internazionale: Fattori di scelta della forma di accordo internazionale


 Criticità delle risorse condivise: più è elevata, maggiore è la preferenza per strutture a più intenso controllo (per tutelare gli asset e il
know how conferito, come la EJV).
 Incertezza comportamentale (difficoltà di prevedere l’aderenza alle disposizioni contrattuali): più è elevata, maggiore è la preferenza per
strutture a più intenso controllo (per prevenire i comportamenti opportunistici e limitare rischi di conflitto, come la EJV). Non ho una
garanzia sul comportamento del partner
 Incertezza ambientale (rischio paese, rischio economico e grado di familiarità con il mercato estero): più è elevata, maggiore è la
preferenza per strutture più flessibili (uscita più rapida e meno onerosa dal mercato,
es.: Piggyback, Franchising, Licensing). Prima testo il mercato con forme più sensibili, come piggyback, licensing, franchising; già la
joint venture diventa una forma impegnativa a fronte di un rischio elevato
 Natura degli obiettivi dell’accordo: più sono strategici, e quindi maggiore è la rilevanza di acquisire nuove competenze, maggiore è la
preferenza per relazioni stabili e durature (es. EJV).
Anche nel caso dell’Equity joint venture non faccio l’investimento da sola perché l’accessibilità di quel mercato è medio-alta, ossia non
ho una piena conoscenza di quel mercato (nel comportamento del consumatore, del concorrente, conoscenza della normativa).
L’accessibilità quindi mi può portare verso forme di accordo e quindi verso forme di equity joint venture.

Accordi di collaborazione internazionale : Processo di formazione di un accordo internazionale


L’accordo è molto importante ma espone a livelli di insuccesso molto elevati; quindi è molto importante la costruzione dell’accordo
Fasi di progettazione e avvio della forma collaborativa:
1) identificazione del fabbisogno cooperativo: motivazioni che supportano la scelta della cooperazione e della sua forma;
2) ricerca e selezione dell’impresa partner: individuazione dei criteri;
3) negoziazione: definizione della forma collaborativa e dei suoi contenuti; valutazione degli asset conferiti; redazione del contratto. Come
definiamo questo accordo, questa fase si conclude con il contratto, quindi la definizione della forma
Fasi di funzionamento dell’accordo:
4) attuazione dell’accordo: insieme di operazioni che portano all’implementazione. Ruolo della fiducia e del controllo;
5) ridefinizione dei contenuti dell’accordo, relativamente a: natura e entità dei conferimenti, profili professionali del personale,
riconfigurazione degli organi;
6) gestione delle aree problematiche: gestione dei conflitti tra i partner.

Accordi di collaborazione internazionale: 1° fase: motivazioni alla cooperazione


A. Acquisire risorse e conoscenze non conveniente ad acquisire internamente a costi e tempi contenuti, quali: conoscenze di marketing
(franchising, piggyback); accesso ai canali distributivi (il partner ha accesso ai canali distributivi e di fornitura), ai grandi compratori
industriali e alla rete di relazione del partner (business network costituito da clienti, fornitori, istituzioni); ampliamento o completamento
di gamma; risorse tecnologiche e finanziarie; accesso alle fonti di approvvigionamento; capacità produttive e manodopera qualificata del
partner; apprendimento.
Gli accordi funzionano se il processo di apprendimento è reciproco, l’impresa italiana che fa un accordo con l’impresa cinese trasferisce
una conoscenza nel prodotto ma apprende anche dal partner cinese come operare nel mercato cinese
B. Ottenere vantaggi di costo: sfruttamento delle economie di scala, decentramento produttivo e efficienza gestionale (a differenza dei
contratti di vendita, se stipulo un contratto di franchising con quel partner stabilisco una relazione duratura, quindi non devo rinegoziare
ogni volta. Il contratto di franchising, licensing e joint venture da stabilità nella relazione, quindi limita tutti i costi insiti nella gestione
della relazione)
Sfrutto la capacità produttiva del partner, quindi si possono originare economie di scala.
C. Ridurre il rischio e l’incertezza di mercato: rischio investimento (si condividono i capitali son il partner); rischio legato all’innovazione (
se è un accordo per innovare, gli investimenti vengono condivisi con il partner e sfruttiamo la rete di vendita del partner per accrescere
più velocemente la copertura dei costi sostenuti); incertezza di mercato riconducibile al livello di familiarità nei confronti del mercato
estero (il partner aiuta l’impresa a superare il rischio dovuto alla mancanza di conoscenza).
Il livello di familiarità nei confronti del mercato estero fa riferimento al livello della conoscenza di mercato, domanda e concorrenza
D. Velocizzare l’entrata e l’uscita dal mercato: essere first mover nel cogliere le opportunità; rendere più semplice e meno onerosa l’uscita
dal mercato rispetto alla liquidazione o alla riconversione di una unità operativa. È più veloce entrare con la forma dell’accordo rispetto
all’IDE ed è più facile uscire. Sono simili tra loro EJV e IDE.
E. Superare le barriere istituzionali al commercio e agli investimenti esteri: modalità di entrata obbligata. L’accordo è la forma necessaria
per operare nel mercato perché lo impone il governo di quel mercato
F. Modificare la dinamica concorrenziale: trasformare un rivale attuale o potenziale in un alleato, evitare un distruttivo confronto
concorrenziale (accordi di tipo difensivo e accordi di tipo offensivo).
Es. accordo difensivo. Le case automobilistiche cinesi a fronte dell’entrata nel mercato di concorrenti esteri si alleano, quindi fanno un
accordo di tipo difensivo per proteggersi contro un concorrente straniero.
L’accordo è offensivo invece per potere contrastare le quote di un partner, quindi forme che nascono per tutelarsi dai concorrenti

Accordi di collaborazione internazionale: 2° fase: la selezione del partner – i criteri


La scelta del partner è collegata al motivo per cui entriamo nel mercato estero con la forma di accordo.
Coerenza tra motivazioni alla base dell’accordo e criteri di valutazione del partner. Quindi devo trovare quel partner che mi consente di
perseguire gli obiettivi alla base dell’accordo
Criteri task-related: risorse e competenze strategiche di cui dispone il partner per la formazione di vantaggio competitivo.
 disponibilità di: risorse tecnologiche, capacità produttive, capacità manageriali, manodopera qualificata, capacità finanziaria (redditività,
solidità, liquidità), competenze e conoscenze di mercato, sistema di relazione con la distribuzione e le fonti di approvvigionamento,

76
conoscenze di marketing, esperienza internazionale, sistema di relazione con gli operatori pubblici (autorità e istituzioni) e privati
(banche) locali.
 importanza del partner sul mercato: quota di mercato, portafoglio clienti, capacità negoziale con le autorità locali, reputazione sul suo
mercato.
Criteri partner-related: elementi che incidono sulla capacità cooperativa delle imprese (capacità del partner di stare in una relazione, di
cooperare e di sviluppare un elemento di fiducia). Tutti questi elementi i partner li acquisiscono studiandosi reciprocamente, per questo
motivo i temi sono lunghi. Per tale motivo è più facile stringere una relazione tra soggetti che si conoscono già
 atteggiamento verso la collaborazione (livello di coinvolgimento nella collaborazione);
 predisposizione a conferire le risorse;
 predisposizione alla condivisione delle decisioni;
 apertura informativa del partner;
 condivisione delle finalità e della forma dell’accordo e delle forme di governance;
 capacità di tipo organizzativo (cultura e struttura organizzativa, procedure operative);
 reputazione e affidabilità del partner;
 precedenti rapporti di collaborazione con il partner;
 precedenti esperienze del partner nel fare accordi.

Accordi di collaborazione internazionale: 2a fase: La selezione del partner - come valutare il partner
1) Raccogliere informazioni sui potenziali partner; fonti:
 terze parti informate (es.: imprese che hanno formato accordi con quel potenziale partner)
 banche, ambiente istituzionale (associazioni di categoria, camere di commercio), ex dipendenti dell’impresa potenziale partner;
 ricerche di mercato (via più lunga)
 fornitori, clienti (business network)
2) Precedenti esperienze lavorative dell’impresa con quel potenziale partner;
3) Conoscere il partner prima di vincolarsi con un’alleanza formale (interazione tra i dirigenti delle due compagini per assicurarsi che vi
sia una visione comune del progetto).
13/12/2021
Capitolo 9:
Strategie di entrata sui mercati esteri: Investimenti Diretti Esteri - insediamenti produttivi all’estero (IDE produttivo)

Insediamenti produttivi all’estero (IDE produttivo)


L’insediamento sul mercato estero avviene con un unità che svolge attività produttiva (attività a monte della catena del valore) e commerciale
(attività di marketing, attività a valle della catena del valore).
Dal nostro punto di vista quando parliamo di investimenti esteri è importante che all’attività produttiva sia combinata quella commerciale in
quanto questo ci dice che l’impresa produce nel mercato estero per poi vendere in quel mercato.
Nel caso in cui vi fosse un investimento in un’unità operativa per la sola produzione, ossia quella che viene chiamata resource seeking o
efficienty seeking (realizzare un investimento in un mercato estero perché trovo costi più contenuti), questa è una prospettiva non di nostro
interesse.
L’ambito di nostro interesse è la ricerca di mercati nei quali vendere (market seeking) e anche efficenty seeking cioè una ricerca di efficienza
nel sistema di produzione ma che deve essere combinata con la precedente. Questi concetti sono alla base della motivazione per cui un
impresa decide di andare a produrre in un mercato estero
Efficienty seeking quindi significa che guardo ai mercati esteri dove poter realizzare la produzione a costi più contenuti, non vado alla ricerca
della materia prima, ma alla ricerca di un costo più contenuta della materia prima.
Quindi cerco mercati particolarmente attrattivi, accessibili, rispetto ai quali l’impresa può vantare dei vantaggi competitivi e quindi è
compatibile e competitiva sul mercato di riferimento (market seeking) e/o mercati resource seeking, ossia dove vado a cercare le risorse per
produrre perché le materie prime non sono presenti nel mercato in cui un’impresa opera. A noi non interessa la ricerca del mercato estero per
approvvigionarsi, e quindi l’investimento per realizzare l’approvvigionamento.
Market seeking, efficiency seeking, resource seeking e l’ultima è la knowledge seeking, cioè vado sui mercati esteri a realizzare investimenti
di natura produttiva perché sono luoghi di apprendimento.
Es. Imprese cinesi che stanno man mano entrando nei paesi sviluppati con processi di acquisizione come in Italia nel settore moda, per
apprendere da un mercato che nell’ambito del settore moda è un settore importante a livello internazionale.
La nostra prospettiva è quella di un’impresa che cerca mercati sia dove vendere e sia dove produrre anche a costi convenienti.

Mettendo a confronto le modalità di entrata e combinandole secondo il


grado di rischio, l’impegno di risorse e il controllo del mercato, è
evidente che l’investimento diretto estero di natura produttiva è quello
che presenta il maggiore impegno di risorse perché occorre capitale sia
finanziario che umano per realizzare questi investimenti.
Conseguentemente al maggiore impiego di risorse vi è un maggiore
rischio operativo legato all’attività da svolgere sul mercato estero.
Associato a tutto questo vi è una minore flessibilità, ossia una minore
capacità di uscire dal mercato a tempi e costi contenuti.
Tuttavia, tutti questi elementi consentono un maggiore controllo sul
mercato: mi avvicino totalmente alla domanda e all’offerta del
mercato quindi lo guardo da vicino. L’insediamento produttivo
consente di recepire nella produzione le dinamiche del mercato
(esigenze della domanda in relazione all’offerta e la possibilità di
adattare la produzione alle esigenze di quel mercato).

IDE produttivo
Costituzione di insediamenti produttivi in loco finalizzata alla
realizzazione di prodotti da collocare nel paese di
insediamento e/o nei paesi appartenenti alla stessa area mercato

77
Principali motivazioni:
1. Stabilire una presenza/controllo diretta sul mercato estero (market seeking)
2. Ottenere vantaggi di costo (efficiency seeking). Questa non è la nostra prospettiva perché significherebbe andare a produrre nel mercato
estero e poi reimportare nel mercato nazionale.
3. Agevolare l’entrata in altri paesi appartenenti alla stessa area-mercato.

Insediamenti produttivi esteri (IDE produttivo)


Vi è una delocalizzazione produttiva sul mercato estero con una
consociata di produzione che può essere realizzata con una new
venture (costituzione ex-novo) o con acquisizione. Quando
parliamo di delocalizzazione significa che vi è una crescita
dimensionale dell’impresa attraverso processi di acquisizione o
costituzione ex-novo e non viene chiusa la casa madre.
Questo processo di delocalizzazione è il modo di entrare nel
mercato estero.
La vendita sul mercato estero la gestisco con il sistema di
distribuzione locale dove l’ufficio acquisti dell’unità produttiva
contatterà tutto il sistema della distribuzione a seconda delle
politiche distributive individuate, oppure con un sistema
franchising (in questo caso il franchising riguarda solo la modalità
di distribuzione sul mercato estero, non la modalità di entrata).
Come entrare e come distribuire sul mercato estero sono due
decisioni diverse.
Ci può essere anche un sistema di punti vendita di proprietà che si
può combinare con quelle in franchising e che si può combinare
ancora una volta con il sistema della distribuzione locale e in
questo caso tutte le strategie distributive si mettono in capo. La
consociata si avvale di una rete di agenti di vendita, che anche in questo caso non sono la modalità per entrare sul mercato estero, ma
l’impresa si avvale della rete degli agenti di vendita per gestire la vendita sul mercato.
Con “controllo sulle leve del marketing mix, sulle relazioni con gli operatori sul mercato estero” significa che l’impresa assume tutte le
decisioni che riguardano cosa vendere, come definire l’offerta in termini di prodotto, a quale prezzo e come distribuirlo. Il controllo diretto
significa controllare queste leve ed è qualcosa che può fare direttamente l’impresa quando entra con l’esportazione diretta o con un
investimento diretto estero di natura produttiva o commerciale.
Ciò non avviene con gli intermediari commerciali e si verifica in condivisione nel caso degli accordi.

Motivazioni
Queste motivazioni corrispondono al market seeking e efficiency seeking.
1) Stabilire una presenza diretta nel paese estero al fine di avere un maggior presidio:
 superare gli svantaggi legati ad altre forme di presenza.
Ad esempio nell’esportazione indiretta non controllo le strategie di vendita e anche negli accordi devo condividere le strategie di
vendita con il partner. Con l’esportazione diretta abbiamo anche degli svantaggi come i costi commerciali, di trasporto e barriere;
 captare in modo diretto e tempestivo le caratteristiche e gli andamenti del mercato (domanda e concorrenti). Ci avviciniamo
direttamente al mercato. Nei mercati più complessi l’investimento, qualora regga l’impianto dal punto di vista economico, può
essere più conveniente;
 ridurre i tempi di fornitura alla clientela locale. La produzione e i depositi sono nello stesso mercato, in questo modo il deposito
può essere rifornito più facilmente. Si evitano rotture di stock.
Es: nel periodo del lockdown le imprese con IDE produttivi e commerciali, cioè che producevano in Cina, America e Giappone
non hanno visto un blocco della fornitura in quei mercati perché la produzione era già lì. Le imprese che invece dall’Italia
dovevano trasferire il prodotto sul mercato estero hanno visto una chiusura. Il problema vale all’inverso per gli
approvvigionamenti. Le imprese che hanno delocalizzato la funzione degli approvvigionamenti nel periodo della crisi sanitaria
hanno avuto delle ripercussioni importanti.
 erogare servizi di assistenza pre e post-vendita. L’assistenza spesso è fatta da personale competente dal punto di vista tecnologico,
dal punto di vista delle caratteristiche del prodotto ma è anche un personale locale che ha competenze nel relazionarsi con operatori
del mercato locale;
 controllare in modo diretto i canali distributivi al fine di aumentare il livello di soddisfazione della clientela. Si ha una produzione
sul posto e spesso i clienti apprezzano il prodotto che è realizzato nel mercato in cui viene venduto. Questo può impattare sulla
relazione con la distribuzione che è il primo anello prima di giungere al consumatore finale e questo può anche aumentare il livello
di soddisfazione della clientela;
 superare le barriere tariffarie e non tariffarie. Questo è un elemento che ha un impatto sul prezzo e sul fenomeno di price
escalation, cioè l’incremento di prezzo che si verifica quando il prodotto è venduto dal mercato nazionale sul mercato estero. La
price escalation è dovuta ai costi di commercializzazione (costo di vendita, costi di trasporto, barriere) del prodotto. Se vado a
produrre nel mercato in cui esistono le barriere questo elemento di accessibilità viene superato.
In un mercato molto attrattivo, in cui abbiamo un’elevata compatibilità del prodotto, ma poco accessibili perché vi sono barriere
elevate allora l’investimento diretto potrebbe essere la soluzione per aggirare questo elemento di scarsa accessibilità del mercato.
 ottenere accreditamento presso clienti diretti e governo locale. Avere un contenuto di produzione locale e anche il fatto di parlare
con un soggetto che è stato costituito secondo l’ordinamento del mercato locale. I contratti, la negoziazione, eventuali dispute e la
risoluzione di queste dispute avviene secondo la normativa del mercato in cui si trova l’unità produttiva. Diversamente nel caso
delle esportazioni chi negozia è un’impresa italiana con un’impresa americana. Se invece vado a produrre direttamente in America,
o commercializzo con un’unità commerciale americana sebbene controllata da un’impresa italiana, la negoziazione è tra un cliente
americano e l’impresa americana anche se l’impresa è controllata dalla casa madre italiana.
Questo può essere anche un elemento ricercato dalle politiche economiche e industriali di quel mercato, quindi può essere una via
obbligata per andare a vendere in quel mercato: devi produrre in questo mercato. Tuttavia, ci sono modi indiretti per ottenere

78
questo risultato perché nessuno può costringere a realizzare investimenti (barriere molto elevate alle importazioni, politiche di
attrazione degli investimenti diretti esteri per attrarre gli investitori dall’estero e favorire l’insediamento produttivo su quel
mercato)
 beneficiare degli incentivi delle autorità governative locali per attrarre investimenti esteri (finanziamenti, agevolazioni fiscali;
snellimento procedure burocratiche e normative; aree logistico-industriali attrezzate e buone infrastrutture di trasporto; offerta di
terreni e fabbricati a basso costo; centri di formazione del personale specializzato; incentivi pubblici alla ricerca scientifica
applicata). Sono alcune delle politiche che possono essere messe in campo dai governi locali per attrarre investimenti dall’estero.

2) Ottenere vantaggi di costo che agevolino la penetrazione commerciale nel paese di destinazione. à Solo questa non è la nostra prospettiva
perché non è un investimento nel mercato estero per vendere in quel mercato. Qui non facciamo riferimento solo alla disponibilità della
materia prima ma al fatto che sul mercato estero trovo quella materia prima a costo più contenuto.
 approvvigionamento di materie prime a basso costo. La materia prima potrebbe essere disponibile anche sul mercato nazionale, ma
sul mercato estero la trovo ad un costo più contenuto. Questa ricerca di efficienza del costo va completata con il fatto che si sta
vendendo anche in quel mercato estero, questa è la nostra prospettiva.
 riduzione dei costi di trasporto e doganali (voce di costo particolarmente significativa con riferimento ai prodotti di dimensioni
elevate).
Per i prodotti di elevato volume o peso, come auto, piastrelle o elettrodomestici, il costo di trasporto può avere un’incidenza elevata
sul costo complessivo di realizzazione del prodotto rendendo il prodotto straniero meno competitivo del prodotto locale.
 eliminazione effetto volatilità dei tassi di cambio perché non devo esportare ma vendo direttamente nella valuta del mercato di
riferimento.
 manodopera a basso costo (fattore rilevante in relazione alle caratteristiche del processo produttivo: maggiormente rilevante nelle
produzioni labour intensive rispetto alle produzioni capital intensive). È un altro elemento che impatta l’efficienty seeking, quindi
la riduzione dei costi, soprattutto in quei settori caratterizzati da un’elevata incidenza della manodopera.
Es: settore della moda dove l’incidenza del costo del lavoro è un fattore importante sulla struttura dei costi, vi è un forte processo
di delocalizzazione produttiva sia con un’unità produttive proprie sia nella forma dell’outsourcing (faccio produrre ad altri tramite
contratti di produzione).

3) Agevolare l’entrata anche in altri paesi appartenenti alla stessa area-mercato, seguire la propria clientela che si internazionalizza.
In settori come quello automobilistico, le case automobilistiche che vanno a produrre sui mercati esteri tirano con sé la produzione anche dei
loro principali fornitori. Dal punto di vista del fornitore, l’avvicinamento alla sede di produzione del cliente ha insito l’elemento della
continuità della relazione.
Il cliente vuole che sia vicino a lui per una continuità dell’approvvigionamento, per uno sviluppo sul prodotto, ossia tutti elementi che
rafforzano la necessità anche per un fornitore di seguire il cliente sul mercato estero con la produzione.
Se l’internazionalizzazione del fornitore avviene per seguire il cliente ma il cliente poi è in difficoltà sul mercato estero; questa difficoltà si
ripercuote poi sul fornitore che ha già delocalizzato. Quindi la diversificazione del portafoglio clienti rimane il concetto di fondo
Inconvenienti:
1. Alti investimenti iniziali (costituzione dell’unità produttiva, apertura dei magazzini e dei centri di assistenza; costi di esercizio).
2. Rigidità della struttura produttiva: necessità di realizzare elevati volumi di produzione per compensare gli elevati costi di struttura e
mantenere un certo livello di redditività. Per realizzare economie di scala e abbattere i costi fissi.
3. Esposizione al rischio paese (politico ed economico). Vi possono essere ripercussioni sull’attività con espropri nazionali, difficoltà nella
gestione del rapporto con la forza lavoro, rischi di guerre, etc.
4. Perdita di valore del prodotto e della marca quando tale valore è strettamente legato alla provenienza geografica del prodotto medesimo
(es.: alcuni prodotti alimentari tipici: Parmigiano reggiano, aceto balsamico sono prodotti che hanno un loro brand legato ad una
specifica provincia italiana. Per queste imprese l’investimento non è assolutamente un’operazione percorribile se l’immagine di quel
prodotto è legato al paese di provenienza, ciò significa che il prodotto deve essere realizzato in quel paese.).
5. Produrre direttamente sul mercato estero quando l‘immagine del brand è legata all’immagine del paese di provenienza, la produzione
sul mercato estero può danneggiare l’immagine del brand.
6. Disponibilità e onerosità di personale qualificato sia sul mercato di destinazione che nella casa madre per dirigere e coordinare l’attività
sul nuovo mercato. Occorre non solo avere capitale finanziario, ma anche umano cioè disponibilità di personale per gestire l’unità
produttiva sul mercato estero.

Insediamenti produttivi all’estero (IDE produttivo): Forme di investimento


New venture (Greenfield o Brownfield): costituzione di nuova realtà economica, cioè di un nuovo soggetto giuridico; implica un
incremento della capacità produttiva nel territorio ospitante in quanto si aggiunge un nuovo concorrente. Modalità diffusa in particolare
nei paesi meno avanzati in quanto vi è disponibilità di territorio, vi sono incentivi locali per attrarre investitori e nei paesi in via di
sviluppo non vi sono interessanti imprese da acquisire. In alcune realtà la costituzione è la strada necessaria per realizzare un’unità
operativa perché non vi sono imprese da acquisire.
New venture significa costituire un nuovo soggetto giuridico da zero

Acquisizione di impresa: non genera un aumento del capitale investito in un dato paese; implica un cambiamento nel controllo
proprietario dell’attività acquisita. Modalità diffusa nei paesi avanzati in quanto si hanno scarsità di territorio destinabili alla
realizzazione di investimenti di natura industriale, ma maggiore disponibilità di imprese che possono essere oggetto di acquisizione
perché ci stiamo rivolgendo a mercati più dinamici e con un livello di sviluppo economico più elevato.
L’acquisizione consiste nel rilevare quote significative di capitale sociale di imprese già esistenti e operative. Noi parliamo di quelle
acquisizioni che permettono il controllo su quell’impresa e non è una joint venture perché l’acquisizione la faccio da sola e non con un
partner (questa è la differenza tra IDE e Joint Venture)

Es. Barilla negli anni ’90 era già presente sul mercato americano, sfrutta il fenomeno della migrazione (elementi sociali che impattano sulle
scelte e sulla presenza nei mercati esteri), poi cresce la sua notorietà e nasce l’esigenza di rafforzare la presenza e quindi di andare a produrre
direttamente su quel mercato anche per avvicinarsi a fonti di approvvigionamento quali il grano e i cereali. Ma in questo caso non ci son
imprese interessanti da acquisire perché l’America non è un mercato tipicamente caratterizzato per la produzione di pasta, quindi si procede

79
con una costituzione ex novo anche in un mercato di economia avanzata. In relazione al settore non si evidenziano opportunità di
acquisizione.

New venture
L’impresa costruisce impianti e reti di vendita nei mercati ritenuti più convenienti, utilizzando tecnologie recenti, sfruttando il minor costo
del lavoro, dei terreni e dei trasporti e i vantaggi degli incentivi offerti dai governi locali.
 Modalità greenfield: la nuova struttura produttiva viene collocata in un sito precedentemente non utilizzato per attività produttive. Non
esiste un edificio, lo costruisco mattone su mattone, strade, etc.
Si costruisce da zero dopo aver scelto la sede in cui delocalizzare l’impianto, che sarà vicino a sistemi di trasporto sia per il trasporto sul
territorio ma anche al di fuori di quella nazione perché può essere utile anche una vendita fuori
 Modalità brownfield: l’investimento viene localizzato in un’area già utilizzata per attività produttive e ora nuovamente disponibile. E’
comunque una costituzione ex-novo in quanto costituisco l’unità operativa in un’area produttiva che prima esisteva e quindi c’è già
l’edificio dove prima esisteva un’attività economica.
Acquisto l’assets fisico e non l’attività economica. Non è un’acquisizione perché non si acquistano quote di capitale, ma un edificio.

Vantaggi
 sceglie la forza lavoro (ma deve addestrarla)
 sceglie la localizzazione più conveniente
Svantaggi
 tempi lunghi di ricerca della localizzazione e di costruzione ex novo della rete di relazione con i pubblici locali (fornitori, clienti,
autorità pubbliche, banche). Tempi lunghi non solo perché bisogna costruire l’impianto ma anche perché bisogna costruire una lunga
rete di relazioni a monte e a valle (fornitori e clienti). Devo costruire un business network.
 incognita della reazione dei potenziali clienti all’offerta. È un’offerta nuova che si aggiunge a quella già esistente quindi devo tenere
conto della reazione dei clienti e dei concorrenti.
Inoltre, non si ha uno storico e fare previsioni di vendita senza avere uno storico è più complicato rispetto all’acquisizione. L’incognita è
sia perché non ho uno storico e quindi non posso fare previsioni attendibili e perché la clientela può essere restia ad acquistare un
prodotto di un’impresa straniera in quanto realizza ex novo.

Acquisizione di impresa
Acquisizione di un’impresa e/o di un marchio già esistente
Tipologie:
 Orizzontale: appartenenza delle due imprese allo stesso settore di attività (abbigliamento/abbigliamento). In questo modo sto acquisendo
un concorrente. Ho il controllo sulla proprietà del concorrente e riesco a controllare direttamente le sue strategie.
 Verticale: posizione a monte o a valle dell’impresa acquisita (tessuti/abbigliamento, abbigliamento/distribuzione commerciale).
Un’impresa di produzione rileva un’impresa di distribuzione con tutte le implicazioni che questo ha sulle strategie di vendita, sulla
continuità della relazione, sul controllo del prezzo, etc.
 Conglomerale: appartenenza dell’impresa acquisita a settori distanti (abbigliamento/bevande). È un’acquisizione in settori più o meno
correlati (es. Unilever, Procter & Gamble rilevano brand che operano in settori diversi con un livello di correlazione tra di loro di grado
più o meno elevato).

Esempio: acquisizione orizzontale campari Esempio: acquisizione verticale Luxottica


Ha acquisito imprese che producono drink sul mercato
brasiliano

Vantaggi
 rapidità di entrata (ricadute economiche): rilevo un’impresa già esistente e quindi rapidità di entrata rispetto ai tempi necessari per la
costituzione, individuazione della sede, logistica, il dove creare l’impianto, di sviluppo delle reti di relazioni a monte o a valle, etc.
perché tutto ciò esiste già in un’impresa acquisita.
Tuttavia, il processo di acquisizione non si esplica in un tempo breve in quanto bisogna individuare l’azienda da acquisire, vi è tutta una
fase di negoziazione e vi deve essere la disponibilità da parte dell’impresa ad essere acquisita, processo di negoziazione sul prezzo e
quindi di studio dell’impresa oggetto di acquisizione.
Tempi brevi rispetto all’efficacia dell’operazione in quanto l’impresa acquisita produce già risultati economici. Ma con l’acquisizione vi
può essere un processo di ristrutturazione e di riorganizzazioni quindi si ha un allungamento dei tempi di realizzazione di questo
progetto
 acquisizione di una marca nota (in particola in settori food e drink)
 utilizzo struttura esistente e operante (accesso alla rete di clienti già consolidata e ai canali di fornitura e di distribuzione dell’acquisita)

80
 possibilità di acquisire l’esperienza e le conoscenze del management locale. L’acquisizione richiede una capacità di gestione molto
puntuale dell’impresa oggetto di acquisizione perché a volte non viene acquisita solamente un’attività di produzione o un prodotto che
viene realizzato e venduto su quel mercato, ma si acquisisce anche un’esperienza. Bisogna essere capaci di gestire le relazioni a monte e
a valle, e si ha difficoltà se l’impresa acquirente entra nel meccanismo di relazione di gestione ad esempio togliendo l’export
management che aveva tenuto relazioni con il mercato, direttore acquisti, etc. Queste operazioni di ristrutturazione in alcuni casi
possono produrre effetti negativi. E’ importante valorizzare il personale che viene acquisito.
 possibilità di eliminare un potenziale concorrente, non alterando la struttura della concorrenza esistente.
Non viene alterata la struttura concorrenziale, almeno nel breve periodo, perché stiamo acquisendo un concorrente. Nel lungo periodo
può avvenire che, a seguito dell’acquisizione, l’impresa acquisita si può potenziare e accrescere la sua forza competitiva nei confronti
delle altre imprese del settore. Non è come la costituzione che si aggiunge un nuovo soggetto

Svantaggi
 rilevanti investimenti iniziali e possibili obbligazioni sommerse (debiti).
A volte l’investimento dell’acquisizione può essere più oneroso della costituzione perché quando si rileva un’attività economica vi può
essere un good will, cioè un valore di avviamento che sta nel brand e negli assets che può fare aumentare di molto il prezzo delle azioni
che costituiscono il capitale sociale dell’impresa oggetto di acquisizione. Quel prezzo può aumentare in relazione al posizionamento
dell’impresa sul mercato.
Inoltre, quando un’impresa viene acquisita si analizzano i bilanci e vi possono essere debiti non noti/sommersi al momento
dell’acquisizione e questo può essere un rischio per l’impresa.
 necessità di adattamenti a livello produttivo e distributivo.
 costi e tempi di integrazione della forza lavoro locale nella logica di gruppo e problemi di integrazione con la cultura e gli stilli del
precedente management. Il periodo post-acquisizione è l’integrazione del corpo dei dirigenti, della forza lavoro, etc. A volte
l’acquisizione comporta un processo di ristrutturazione anche della casa madre oltre che nella consociata per evitare una duplicazione
dei processi produttivi.
Rispetto al mercato nazionale, interviene l’elemento delle differenze culturali che impattano in maniera significativa sui processi di
negoziazione e sulle relazioni con chi gestisce l’unità operativa sul mercato estero tanto è che per superare il problema delle differenze
culturali, il processo di ristrutturazione dell’azienda acquisita può portare ad un’estromissione di una buona parte del management
locale con propri manager che vanno a gestire quelle unità. Tuttavia, ci sarebbe il rischio di perdere quel bagaglio di esperienza fatto di
sistema di relazioni con il mercato nel quale è collocata l’impresa acquisita.
 rischi di conflitti in caso di ristrutturazioni e possibili intromissioni dei governi locali nelle trattative. Questo può impattare sul prezzo
dell’acquisizione.

Insediamenti produttivi all’estero (IDE produttivo): Fattori di scelta tra acquisizione e greenfield
 Entità investimento: Investimento relativo al superamento delle barriere competitive all’entrata (competenze di marketing: conoscenze
del mercato, immagine, relazioni con i pubblici locali, …) → correlata positivamente alla scelta dell’acquisizione. Se investimenti di
questo tipo sono elevati perché bisogna costruire un’immagine, una reputazione sul brand e i sistemi di relazione, allora l’acquisizione è
la via più conveniente per realizzare l’investimento sul mercato estero.
 Economie di velocità: Vantaggi competitivi connessi al tempestivo sfruttamento di opportunità e alla conquista di posizioni competitive
dominanti → correlata positivamente alla scelta dell’acquisizione.
 Percezione rischio: Rischio economico insito nell’iniziativa internazionale → correlata positivamente alla scelta dell’acquisizione. Se
questo rischio è elevato, la costituzione lo accresce perché non si ha uno storico e quindi la valutazione dell’andamento dell’impresa sul
mercato e quindi diventa difficile fare delle previsioni. Con l’acquisizione si ha un’indagine più dettagliata sullo storico dell’impresa.
 Mercato target: Entrata in mercati in fase di sviluppo → correlata positivamente alla scelta di investimento greenfield. Se il mercato in
cui entrare è un mercato in via di sviluppo allora è conveniente la costituzione diversamente di procede con l’acquisizione.
 Grado di controllo: elevato controllo → investimento greenfield (management casa madre) basso controllo → acquisizione
(management locale). Se l’impresa ha necessità di esercitare un elevato controllo, allora il greenfield è l’operazione migliore di
realizzazione dell’investimento perché realizzo da zero un’impresa, decido quale personale mettere, ma non supero il problema di
eventuali conflitti. Se invece non vi è una forte esigenza di controllo da parte dell’impresa, ma si apprezzano le sinergie che possano
derivare da un’impresa già esistente allora si opta per l’acquisizione.

Questi sono i fattori di scelta. Non è mai un solo fattore che impatta sulla decisione tra acquisizione o costituzione, ma una combinazione di
essi.

Insediamenti produttivi
all’estero (IDE
produttivo): Valutazione
comparativa tra le due
forme di IDE: greenfield e
acquisizione

81
Capitolo 10:
Strategie di entrata sui mercati esteri: Fattori di scelta delle modalità di entrata

Come entrare sul mercato estero è estremamente rilevante perché ha un impatto sul come definire le strategie competitive sul mercato estero,
quindi che tipo di posizionamento l’impresa vuole raggiungere sul mercato estero e dunque la scelta è collegata alle caratteristiche della
modalità di entrata e a fattori interni (risorse e competenze) ed esterni (condizioni di mercato) all’impresa.
Ecco perché la partenza è dell’analisi dei mercati esteri perché questa mi dà una conoscenza delle condizioni del mercato estero rispetto ai
quali parametriamo ciò che l’impresa è in grado di fare e le risorse che dispone per operare nel mercato eventualmente scelto. Da questa
analisi deriva il come operare nel mercato (modalità di entrata)

Principali differenze tra le strategie di entrata sui mercati esteri

Modalità di entrata, radicamento nel mercato estero e


coinvolgimento
Radicamento: operare in un modo tale da poter
influenzare e agire sulle relazioni con gli operatori sul
mercato estero.
Nessuno radicamento dell’impresa sul mercato con
l’esportazione indiretta, massimo radicamento sul
mercato con gli IDE produttivi.

Criteri di scelta delle modalità di entrata: Fattori interni


 Disponibilità di risorse tangibili e
intangibili impatta sulla modalità di entrata. La sola
disponibilità di risorse finanziarie non è l’elemento
sufficiente per operare sui mercati esteri perché non avere anche risorse umane (competenze) per operare sui mercati esteri significa
avere delle risorse ma non saperle utilizzare.
 Le risorse tangibili ed intangibili sono fondamentali soprattutto quando l’impresa vuole entrare nel mercato estero con forme ad elevato
controllo.
 Grado di esperienza internazionale maturata dal management. Disporre di un personale con le competenze per gestire le attività sul
mercato estero con una disponibilità che sia aperta al contesto internazionale. Parliamo di un manager formato, professionale che sia
capace di gestire le relazioni con gli operatori del mercato estero.
 Presenza di vantaggi competitivi (vantaggi di differenziazione, notorietà del brand ...). Quando siamo di fronte a vantaggi competitivi di
questo tipo, l’impresa ha una necessità di controllare direttamente tali vantaggi e quindi ha bisogno di forme di controllo dirette, ossia
gli investimenti
Es: caso Ducati, quando cresce la notorietà del brand, l’azienda coglie potenziale del mercato e quindi coglie la necessità di stringere le
relazioni con gli attori del mercato e di avere un controllo diretto su quelle attività. Non più la necessità di avere un distributore
attraverso cui vendere il proprio prodotto sul mercato estero, ma avere una propria consociata per gestire direttamente le relazioni con i
concessionari e con le reti di vendita.
 Controllo sulle leve del marketing mix. Attraverso il controllo diretto io acquisisco le informazioni sul mercato che non sono mediate
dall’intermediario o dal partner.
 Caratteristica e tipologia di prodotto (complessità, deperibilità, rapporto prezzo/peso unitario …). Un prodotto complesso, deperibile
richiede una maggiore vicinanza al mercato. Quando il rapporto prezzo/peso unitario è tale per cui conviene produrre direttamente allora
la scelta più conveniente è l’investimento.
 Importanza dell’erogazione dei servizi di assistenza pre e post-vendita. Conviene produrre direttamente.
 Criticità delle risorse interne e grado di imitazione e trasferibilità. Un’impresa con un processo di innovazione importante e che ha
risorse critiche da tutelare, allora deve mantenere un controllo su quell’attività produttiva; le forme di accordo non sono più convenienti,
ma è più conveniente gestire direttamente l’attività sul mercato estero

Criteri di scelta delle modalità di entrata: Fattori esterni


 Tasso di crescita dei mercati impatta sulle scelte della modalità di entrata. Devo trovare un mercato attrattivo che consente di realizzare
determinati ritmi di vendita. Un livello di attrattività medio-basso porterà l’impresa a forme di entrata leggere, cioè con un minore
coinvolgimento come l’esportazione indiretta.

82
 Struttura competitiva. Quando la forza competitiva del mercato estero è molto elevata, può essere conveniente entrare con forme leggere
in quanto un intermediario commerciale può aiutare a superare questa forza competitiva. Diversamente può essere un accordo con un
partner la soluzione o l’acquisizione, ossia vado ad acquisire un partner molto forte sul mercato.
 Costi di produzione nel mercato estero e interno.
 Distanza geografica (impatta sui costo di trasporto e sulla capacità di erogazione di servizi)
 Politiche di importazione e relative agli investimenti esteri (barriere tariffarie e non, restrizioni agli investimenti esteri). Se vi sono
elevati dazi sulle importazioni, barriere non tariffarie oppure incentivi a favore degli investimenti esteri o a favore degli accordi, questi
impattano sulla scelta di andare ad investire direttamente o fare degli accordi.
 Analogie e differenze di tipo culturale. Le differenze culturali impattano sul comportamento del consumatore e impattano sulle
negoziazioni. Le differenze culturali, dal punto di vista del consumatore (quindi il comportamento dei consumatori), possono essere
difficilmente comprese soprattutto in una fase inziale di entrata sul mercato. Quindi qualora la cosiddetta distanza psichica è elevata,
l’impresa ha convenienza ad entrare attraverso l’intermediario commerciale piuttosto che con un accordo. Entrare da soli con un
investimento in un mercato dove l’elemento delle differenze culturali è importante, è un’operazione rischiosa dal punto di vista
economico. Tuttavia, con l’acquisizione posso superare questo problema, perché acquistando un’impresa che già opera su quel mercato
posso gestire il problema delle differenze culturali che impattano sul comportamento del consumatore. Ma se lo guardo dal punto di
vista delle differenze culturali che impattano sulle relazioni con gli operatori, allora può essere l’esportazione indiretta la modalità
necessaria per entrare sul mercato estero
 Rischio economico e politico del paese. Può portare a forme leggere di investimento, ossia a basso grado di coinvolgimento, a basso
impiego di risorse. Minore è l’impiego di risorse, minore è il rischio. Se questo è l’elemento che impatta sulle decisioni dell’impresa,
allora si va sulle esportazioni indirette perché sono le forme di entrata a minore rischio. Minore rischio non significa assenza di rischio,
ma esiste comunque un rischio con l’intermediario commerciale insito a come esso svolge l’attività sul mercato estero e si relaziona con
l’impresa.
Es: Il prezzo lo definisce l’intermediario commerciale sul mercato estero e questo potrebbe falsare l’informazione relativa al prezzo sul
mercato estero dicendo che tutti i concorrenti vendono a 10, quando in realtà vendono a 12. Il rischio è quello che l’impresa si vede
erodere ulteriormente il margine di guadagno.
L’intermediario dice che lui vende a 10, di conseguenza esso per avere un margine di guadagno non può acquistare dall’impresa a 9
altrimenti avrebbe solo 1 di margine, ma acquisterà dall’impresa a 8; quindi l’impresa vende il prodotto ad 8 all’intermediario. Tuttavia
l’intermedio poi venderà a 12 e non a 10 e il suo margine di guadagno diventerà 4 e non 2. Dall’altra parte l’impresa si vede erodere
margine di guadagno a vantaggio dell’intermediario perché non vende a 9, ma ad 8 quindi si riduce di 1. Questo si verifica perché è
l’intermediario che veicola un’informazione all’impresa distorcendo la realtà del mercato finale. Il rischio economico esiste infatti anche
nella relazione con l’intermediario. (rischio opportunismo).

Capitolo 10:
Strategie di marketing mix sui mercati esteri: politiche internazionali di prodotto

Dalla nostra prospettiva noi guardiamo come le strategie di prodotto prezzo e distribuzione vengono declinate nel contesto internazionale. I
concetti che vengono richiamati con riferimento alle leve del marketing mix sono quelli di standardizzazione e adattamento. L’impresa ha già
un prodotto che deve vendere sul mercato estero e deve decidere come deve essere venduto, se può essere venduto allo stesso modo sul
mercato estero, se soddisfa le esigenze del consumatore o del cliente del mercato estero o se quelle esigenze sono diverse dalle esigenze dei
consumatori sul marcato nazionale e nel caso quali adattamenti sono necessari. L’impresa deve rispondere a queste domande con riferimento
al prodotto quando si affaccia al mercato estero.
Lo stesso tipo di ragionamento vale anche per le strategie di prezzo, il prodotto può essere venduto allo stesso prezzo al quale viene venduto
nel mercato nazionale o devono esserci degli adattamenti per tener conto delle specificità del mercato estero? Tuttavia, nel prezzo vi è una
componente che non è strettamente legata al comportamento dei consumatori, ma al costo commerciale e che inevitabilmente possono avere
un impatto anche su come il prodotto viene percepito dal consumatore.

Le politiche di marketing mix per i mercati esteri


Strategie di marketing mix  Insieme di azioni e decisioni che consentono all’impresa di rispondere con la propria offerta in modo
soddisfacente e migliore rispetto alla concorrenza alle esigenze della domanda.
Leve del Marketing mix:
 Prodotto
 Prezzo
 Distribuzione
 Comunicazione
L’impresa deve ragionare e capire se la propria offerta risponde alle esigenze del consumatore o cliente e deve essere in grado di rispondere
in modo differenziati rispetto al concorrente per garantirsi un posizionamento sul mercato estero. Parliamo di un’impresa che si sta
muovendo in un approccio proattivo sul mercato estero, di un’impresa che guarda ai mercati esteri come mercati nei quali vuole crescere
dimensionalmente. Il controllo delle strategie di marketing mix è un approccio che tengono quelle imprese che assumono un atteggiamento
proattivo.
La Leva di comunicazione non la trattiamo.

Politiche internazionali di prodotto


Si tratta di un insieme di decisioni che riguardano la selezione del prodotto da offrire nei mercati esteri. Vi è un primo tema che è quello della
selezione del prodotto per decidere quale prodotto vendere sul mercato estero e poi bisogna capire se si tratta di un prodotto che viene
considerato buono per il mercato estero.
Importanza e complessità nella definizione delle politiche di prodotto per i mercati esteri.
Scelta di un buon prodotto → affidabile (elevati standard qualitativi), innovativo, compatibile con gli usi e i costumi del consumatore locale.
Questo implica, per un’impresa che sta assumendo un approccio proattivo, avere internamente risorse e competenze (personale) in grado di
analizzare il comportamento del consumatore sul mercato estero e cogliere le differenze con il mercato nazionale dal punto di vista culturale
e dal punto di vista dell’atteggiamento verso il prodotto, per poter capire se e come adattare il prodotto.
Come conclusione si può avere anche che, date le condizioni e pur non rispondendo pienamente alle esigenze di mercato estero, la strategia
dell’impresa è quella di vendere comunque il prodotto e decidere di non avere necessariamente l’adattamento.

83
Prodotto come insieme di utilità per l'acquirente che comprende non solo attributi fisici, ma anche intangibili e di servizio, attributi oggetto di
possibili adattamenti per rispondere alle specifiche esigenze dei clienti esteri.
Gli attributi oggetto di possibili adattamenti sono elementi su cui si può differenziare la propria offerta rispetto a quella dei concorrenti.
Es: caso Ducati. Il consumatore giapponese non vuole solo una moto, ma siccome è molto attento e vuole un prodotto di alta qualità, vuole
un prodotto con dei servizi, come un’assistenza alla vendita e l’impresa deve essere in grado di garantire, oltre al prodotto, tutto ciò che è
intangibile intorno al prodotto.
In un contesto internazionale le variabili legate all’ambiente sociali e culturale influenzano il comportamento d’acquisto del cliente rispetto
a uso del prodotto (funzioni e situazione d’uso: il prodotto viene utilizzato nello stesso modo?) e benefici ricercati (come viene valutato un
prodotto, l’attenzione al prezzo o alle caratteristiche del prodotto stesso. Pongo attenzione a come il prodotto deve essere realizzato e
comunicato). Ci troviamo di fronte a differenze culturali e ad una concorrenza più variegata, ossia non solo la concorrenza di quel mercato
ma anche la concorrenza delle imprese straniere che vendono in quel mercato.
Es: funzione d’uso, In Spagna e in Grecia il dentifricio ha un uso cosmetico. In altri mercati come quello anglosassone invece vi è una
maggiore attenzione ad un uso di tipo terapeutico. Come il prodotto viene percepito può impattare sulle caratteristiche del prodotto (se è di
uso cosmetico ci sarà più attenzione nella composizione del prodotto per rendere i denti più luccicanti, quindi impatterà più sugli aspetti
estetici che sugli aspetti di igiene. Ma impatta anche sulle altre leve del marketing mix. Tuttavia, questa conoscenza deve essere acquisita)
Es. situazione d’uso. Il succo d’arancia viene bevuto a colazione in alcune culture, mentre viene bevuto come bevanda durante il giorno in
altre. Quindi vi può essere un diverso adattamento sulle leve del marketing mix come la comunicazione.

Alterazioni percettive del prodotto nei mercati esteri rispetto al mercato di origine
La percezione che un prodotto può avere sul mercato estero può essere letta attraverso l’effetto prisma per cui vi possono essere 4 tipi di
percezione di un prodotto proposto su un mercato estero
Alterazioni percettive del prodotto nei mercati esteri rispetto al mercato di origine
Effetto prisma:
 trasparente: il prodotto è percepito e si posiziona in modo analogo a quanto avviene nel paese di origine → si adotta una politica di
standardizzazione del prodotto.
 amplificante: il prodotto è percepito sul mercato estero di livello superiore rispetto al mercato di origine → adattamenti delle altre leve
del marketing mix.
Es. Ikea quando entrata in Cina, il suo prodotto veniva percepito di livello superiore. Stesso prodotto ma percepito su un segmento
medio-alto.
 riducente: il prodotto è percepito di livello inferiore rispetto al mercato di origine → adattamenti di prodotto e altre leve del marketing
mix
Es. Huawei, poiché ricollegato ad un’immagine non positiva della Cina viene percepito dal consumatore straniero di livello inferiore
rispetto a come può essere percepito nel mercato nazionale. In questo caso si può agire sul prodotto stesso, sulle altre leve del marketing
mix e con delle strategie di entrata di un certo tipo sul mercato come un investimento diretto sul mercato estero.
Infatti, vi è una forte relazione tra il come essere presenti sul mercato estero e l’impatto che ciò può avere sulle strategie del marketing
mix.
 deformante: il concetto di prodotto è vissuto in modo differente rispetto al paese di origine → adattamenti del prodotto e altre leve del
marketing mix. Si può agire quindi sul prodotto, sul prezzo e sulla distribuzione.
Es. scarpe da vela che vengono utilizzate anche come scarpe casual in altri mercati. Allora posso effettuare degli adattamenti sui colori,
sul modello, sul posizionamento, etc.

Principali strategie di prodotto per i mercati esteri


Questa rappresentazione semplifica le forme di strategie di prodotto che possono
essere adottate
 Strategia di standardizzazione: stesso prodotto del mercato di origine
 Prodotto globale: stesso prodotto in molti mercati
 Prodotto adattato: prodotto adattato per i mercati esteri
 Prodotto su misura: non solo il prodotto è adattato, ma viene pensato un nuovo
prodotto per il mercato estero.
Gli adattamenti avvengono per rispondere alle esigenze dei consumatori che possono
essere più o meno rilevanti. Rilevanti nella misura in cui possono più o meno
impattare sul processo produttivo dell’impresa. Si va da forme meno rilevanti per poi
arrivare alla progettazione dell’adattamento che impatta sulla capacità produttiva,
sulla capacità di innovare e creare il prodotto adattato, fino ad arrivare a forme elevate di progettazione quando si tratta di un prodotto nuovo
dove il sistema produttivo dovrà essere completamente adattato per realizzare questo nuovo prodotto. L’adattamento è quella strategia di
prodotto che ha forti ripercussioni su più fasi della catena del valore perché può coinvolgere non solo la produzione, ma anche l’attività di
ricerca e sviluppo attraverso la quale l’impresa riceve le informazioni per poter adattare il prodotto, a maggior ragione se si tratta di un
prodotto su misura

Politiche internazionali di prodotto


Politiche influenzate da fattori, come:
- le condizioni di impresa: l’impresa a seconda di ciò che sa fare può optare per la standardizzazione o per l’adattamento.
Se l’impresa non può modificare le proprie capacità produttive non può entrare in un mercato estero con un prodotto adattato e quindi vi
può essere la decisione di entrare comunque con lo stesso prodotto del mercato nazionale con le conseguenze che ciò ne può comportare
(vendere meno perché si è meno rispondenti alle caratteristiche del mercato), oppure si può decidere di non entrare in quel mercato
perché l’adattamento è talmente necessario (si riduce attrattività e accessibilità sul prodotto dell’impresa) ma l’impresa non è in grado di
soddisfare le esigenze del mercato con quel prodotto. Oppure l’impresa ha le risorse per adattare, i costi collegati all’adattamento sono
compensati dai maggiori ricavi che ne derivano dall’adattamento.
- il comportamento del consumatore: è il comportamento del cliente finale che impatta sulla decisione eventuale di adattare il prodotto
oppure no
- il contesto competitivo: l’offerta dei concorrenti può agire sulla decisione del che cosa vendere e con quali caratteristiche il prodotto
deve essere venduto per soddisfare le esigenze del consumatore in modo anche da differenziarsi dai concorrenti. Le strategie dei
concorrenti, quindi, impattano sulla decisione del se standardizzare o adattare

84
- la regolamentazione: le regolamentazioni possono imporre determinati standard e caratteristiche per quel prodotto e ciò impatta sulla
struttura del prodotto e quindi eventualmente sulla necessità di adattare il prodotto.
Se l’adattamento diventa un obbligo per entrare in un determinato mercato, ciò può portare l’impresa a non entrare in quel mercato se
non è in condizione di farlo.

Standardizzazione: prodotto uguale a quello offerto sul mercato nazionale, fatta eccezione per l’etichetta, la lingua utilizzata o per le
altre leve del marketing mix. (La modifica del libretto di istruzione non è un adattamento quindi rientriamo ancora nella
standardizzazione)
Prodotto globale: prodotto venduto in molti mercati esteri, considerati come un unico grande mercato
Adattamento: prodotto adattato rispetto a caratteristiche quali: confezione, qualità, design, formati, brand, colori, servizi assistenza
vendita. Vi possono essere diversi livelli di adattamento e quindi complessità differenti che si traducono in costi diversi.
Sviluppo nuovo prodotto – prodotto su misura: prodotto studiato per incontrare bisogni specifici del paese estero

Politica di standardizzazione : Stesso prodotto del mercato di origine


Standardizzazione: trasferire all’estero, senza apportare alcuna modifica, un prodotto ideato e realizzato per il mercato di origine.
Strategia implementata da imprese che:
 intraprendono per la prima volta una politica di penetrazione commerciale all’estero. Solitamente sono imprese che entrano attraverso
intermediari commerciali con nessuna intenzione di apportare modifiche al prodotto.
 hanno ottenuto positive performance sul mercato di origine con quel prodotto e lo vogliono proporre allo stesso modo perché anche sui
mercati esteri si possono avere delle potenzialità per quel prodotto.
Esempio: Paper Fruit L’impresa decide di vendere il prodotto concepito sul mercato italiano in mercati estero
 vendono sui mercati esteri un surplus di produzione, o un prodotto entrato nella fase di maturità sul mercato nazionale. Ho una capacità
produttiva in eccesso e per sfruttarla a pieno vendo lo stesso prodotto.
Se l’obiettivo di entrata nei mercati esteri è per poter saturare la capacità produttiva in quanto ciò non è conseguibile sul mercato
nazionale, l’adattamento non ha senso perché contrario a tale obiettivo. Ha senso cercare dei mercati simili al mercato nazionale per
poter vendere lo stesso prodotto.
 sono in grado di realizzare economie di scala
 sostengono costi elevati associati all’adattamento (es.: prodotti farmaceutici, prodotti chimici ecc…). L’adattamento non è conveniente
perché comporta costi elevati in relazione anche ai volumi di fatturato che possono essere realizzati sul mercato estero.
Si standardizzano elementi core del prodotto (aspetti tangibili), ma vi sono anche gli aspetti intangibili di quel prodotto che possono
essere oggetto di adattamento. Ad esempio, si può avere il farmaco in polvere, in compressa, etc. ma è l’adattamento sulla formula del
farmaco, non sul farmaco. Il farmaco è standardizzato perché i costi dell’adattamento sono elevati.
Vi possono essere adattamenti anche per quanto riguarda il servizio di assistenza che accompagna la vendita del prodotto chimico e che
può essere diverso da un mercato ad un altro.
Noi parliamo di standardizzazione come quella strategia di prodotto rivolta ad un numero ridotto di mercati. Quando entreremo nelle
strategie di prodotto globale (stesso prodotto in un numero elevato di mercati), attuare una strategia di standardizzazione diventa complicato.
Il prodotto globale nella realtà è molto difficile da trovare (es. Coca-Cola, McDonald, ristorazione, settore alberghiero). Tuttavia, in tutti i
prodotti globali vi è sempre un processo di adattamento.

Politica di standardizzazione
Adottata in relazione a:
1. Tipologia di prodotto
- beni destinati alla produzione: i beni industriali (macchinari, cavi elettrici, bulloni, pneumatici, …) sono meno sensibili agli aspetti
culturali rispetto ai beni di consumo, in particolare non durevole (alimentari, beni per la cura della persona …) quindi è più facile
adottare una strategia di standardizzazione
- beni di consumo durevole ad alto contenuto tecnologico (elettronica di consumo, elettrodomestici, auto …). Sono tutti i prodotti che
risentono meno degli aspetti culturali, quindi è più facile adottare una strategia di standardizzazione.

2. Origine del prodotto: beni fortemente associati all’immagine del paese di origine → effetto Country of Origine (COO) o Made in.
Es.: pasta italiana Buitoni, posizionata come tipico prodotto della tradizione culinaria italiana; prodotti tipici locali, espressione di un
territorio che modificati possono perdere la loro identità
I consumatori a volte sono in un contesto decisionale di razionalità limitata, ossia il sistema informativo per quanto riguarda la valutazione
del prodotto è tale per cui non si hanno tutte le informazioni necessarie per valutare la qualità di un prodotto. Il consumatore in questo caso è
guidato nell’acquisto del prodotto da fattori estrinseci cioè che non riguardano le caratteristiche del prodotto come il prezzo o l’immagine del
paese di origine.
Un prodotto di abbigliamento che viene dalla Cina viene valutato qualitativamente inferiore rispetto ad un prodotto di abbigliamento che
viene dall’Italia, il cinese invece valuterà il prodotto di abbigliamento italiano di qualità superiore rispetto al prodotto cinese
Si attribuiscono le caratteristiche distintive del prodotto all’immagine del paese da cui il prodotto proviene, ad esempio valutiamo le auto
tedesche con un livello superiore rispetto all’auto italiana in quanto la Germania è riconosciuta come un’immagine di sicurezza e affidabilità.
Il design dell’abbigliamento italiano è riconducile all’immagine paese di creatività e design, dunque è percepito di qualità superiore
L’immagine del paese di provenienza impatta sui processi decisionali de consumatore in assenza di completa disponibilità di informazione
sul prodotto. Laddove invece il consumatore ha una conoscenza più articolata del prodotto, è in grado di neutralizzare l’immagine del paese a
valutare gli aspetti tecnici del prodotto.
Quando il prodotto gode di un’immagine positiva, perché le caratteristiche principali del prodotto sono associate alle dimensioni del mercato
d’origine, il prodotto viene mantenuto standardizzato per preservare l’associazione positiva con il paese di origine. Questo ha anche un
impatto sulle decisione del come entrare nel mercato estero, ad esempio andare a produrre il cibo italiano sul mercato estero può indebolire
l’associazione positiva tra il paese e il prodotto.

Effetto Country of Origin (COO)


Identifica una influenza (positiva o negativa) esercitata sulla percezione del consumatore dal paese di origine nel quale un determinato
prodotto viene progettato/disegnato (country of design) e/o prodotto/assemblato (country of manufacture/assembly).
Il paese di origine è utilizzato dal consumatore come un sostituto di informazione e garanzia di qualità, relativamente agli attributi del
prodotto giudicati importanti nel processo decisionale di acquisto (es.: il tè inglese, la seta cinese, la tecnologia tedesca, la moda italiana)

85
Dimensioni dell’immagine di un paese che si possono ritrovare in un prodotto sono:
 Innovazione: livello di avanzamento tecnologico, qualità dei manufatti, affidabilità → Es.: auto tedesche; orologi svizzeri. Gli orologi
svizzeri sono considerati di qualità superiore rispetto a quelli realizzati in altri paesi perché la Svizzera viene vista come un paese
innovativo nel settore degli orologi.
 Design: stile, eleganza → Es.: abbigliamento moda italiano
 Prestigio: status symbol, esclusività → Es.: auto italiana Ferrari; profumo francese Coco Chanel

Associazioni stereotipate paese–prodotto: alcuni esempi


Ciò che la letteratura ci dice sulle differenze culturale. Stiamo parlando di stereotipi.

Associazione immagine del paese di origine e


caratteristiche del prodotto
Associazione tra la dimensione del prodotto e
l’immagine del paese. L’associazione può essere
nulla, mancata, negativa o positiva.

Quando l’effetto paese è positivo, quindi quando


le caratteristiche del prodotto sono collegate alle
dimensioni dell’immagine del paese percepite
positivamente (moda italiana collegata al design
che ricorda l’immagine di italianità del prodotto),
è evidente che le azioni di marketing sono tese a
mantenere il prodotto il più possibile standardizzato, lavorare sulla marca perché possa ricordare l’immagine di provenienza del prodotto,
progettare un packaging che evochi le associazioni tipiche del paese (es. uso dei colori), rinforzare la conoscenza degli attributi del prodotto e
del paese di provenienza attraverso la comunicazione (la comunicazione cercherà di preservare a rafforzare la relazione positiva tra il
prodotto e il suo paese di origine) e applicare una politica di premium price (se quel prodotto è italiano, sono disposto a pagare un prezzo più
alto pur di avere un prodotto italiano).

Quando l’effetto paese è negativo le caratteristiche rilevanti del prodotto fanno riferimento ad aspetti per i quali il paese è percepito
negativamente.
Le azioni di marketing sono tali da minimizzare il legame del paese di origine con il prodotto o attribuirne uno diverso
Es. giacche Napapijri. Azienda italiana che mette un simbolo e un nome che non ricorda per nulla l’Italia (nome finlandese e bandiera
norvegese). Nome e bandiera evocano paesi del nord molto freddi, quindi un prodotto che deve essere tecnico e che deve avere la capacità di
preservare dal freddo. Questi elementi, quindi, vengono evocati nel brand.
Oppure si può rilocalizzare la produzione in paesi che godono di immagine positiva rispetto agli attributi rilevanti del prodotto
Es. le imprese della moda cinese che acquistano imprese nella moda nei mercati in cui vi è questo elemento di spicco sul design e sullo style.

Quando l’effetto paese è nullo quando l’immagine negativa del paese si riflette su aspetti poco rilevanti del prodotto. Le azioni di marketing
sono tali da omettere qualsiasi riferimento al paese di origine del prodotto, non deve emergere nella comunicazione.
Es. Che il bullone dell’auto sia prodotto in Italia o in Cina fa poca differenza. L’associazione tra prodotto-paese è nulla.

Quando l’effetto paese è mancato quando l’immagine positiva del paese si riflette su aspetti poco rilevanti del prodotto. L’azione di
marketing è tale da adottare una comunicazione orientata a modificare la scala di attributi chiave e a servirsi dell’immagine paese come
attributi di rinforzo.
Es. Paper Fruit. Il design non è un elemento caratterizzante di quel prodotto, ma se il design è quell’elemento che mi richiama all’italianità di
quel prodotto allora si cercherà di enfatizzare questa dimensione del prodotto per sfruttare l’immagine positiva del prodotto italiano.

Politica di standardizzazione: Come scegliere il mercato estero


Scelta del mercato estero per poter adattare una scelta di standardizzazione
- mercati vicini da un punto di vista geografico o simili per tradizioni e grado di sviluppo a quello in cui il prodotto è stato lanciato con
successo per la prima volta dove è possibile identificare similitudini di comportamento d’acquisto del mercato in cui il prodotto è stato
concepito rispetto al mercato estero.
- mercati caratterizzati da innalzamento del reddito pro capite a cui corrisponde un elevato potenziale di domanda per certe tipologie di
beni di consumo → maggiore propensione ad acquistare prodotti stranieri (es.: mercati asiatici: diffusione di prodotti leisure come il
vino, la moda italiana). I produttori di moda italiana stanno guardando ai mercati asiatici perché sta crescendo la dimensione di quella
classe sociale attenta ai prodotti stranieri e che un cerca un prodotto di provenienza italiana.
- mercati caratterizzati da un determinato stadio di sviluppo economico a cui corrisponde la domanda di beni strumentali con certo grado
di complessità tecnologica (es.: InterPuls, due linee di prodotto).
È un modo anche per allungare il ciclo di vita del prodotto, guardo ai mercati dove posso vendere lo stesso prodotto anche laddove il
prodotto è già maturo nel mercato nazionale. Cerco mercati dove lo sviluppo tecnologico avviene con un certo ritardo e quindi posso
proporre gli stessi prodotti standardizzati.

Politica di standardizzazione
Il prodotto standardizzato può essere lanciato sul mercato estero per usi diversi senza alterarne le caratteristiche
 il prodotto può essere proposto per usi diversi sul mercato estero

86
Es: scarpe sportive americane ideate per i velisti, riposizionate in altri mercati come scarpe per il tempo libero e vendute ad un prezzo
superiore
 il prodotto può essere introdotto sul nuovo mercato in un segmento diverso da quello del mercato di origine
Es.: Cioccolatini Ferrero Rocher sul mercato cinese sono percepiti come prodotti di medio-alto posizionamento e rappresentativi di
elevato status sociale, oltre che per la qualità anche per l’immagine di italianità di cui godono, per i quali il consumatore cinese è
disposti a pagare un prezzo più elevato.

Politica di standardizzazione: Caso Ferrero Rocher in Cina


La Ferrero Rocher propone il suo prodotto al mercato cinese. Questo prodotto entra sul mercato cinese nel 2007 e il cioccolato non è un
prodotto alimentare che fa parte della cultura alimentare cinese. Quindi è un prodotto non noto al consumatore cinese, ma si sta formando
quella classe sociale che è sempre più attenta ai prodotti stranieri
Questo significa dover costruire una cultura in Cina del consumo di cioccolato, quindi gli italiani e gli americani investono sulla
comunicazione per vendere cioccolato in Cina e per creare un segmento attento ad un prodotto che non rientra nella loro cultura alimentare.
Le caratteristiche consumatore cinese di cioccolato (SUNNY ZHAO, Senior Brand Manager di Ferrero Cina):
o Consumo di cioccolato in aumentato ma mercato ancora di dimensioni modeste. Nel momento in cui inizia l’entrata della Ferreo Roche
in Cina si accorgono che vi è uno scarso consumo di cioccolata.
o Il consumatore cinese è ancora un consumatore inesperto di cioccolato
o In Cina, il cioccolato è considerato un prodotto 'straniero‘
o Buona parte dei consumatori ritiene che il cioccolato alla nocciola faccia bene alla mente, quello fondente al cuore.

Prodotto realizzato e disegnato nello stesso modo per tutti i mercati, quindi anche per il mercato Cinese.
In Cina le praline Rocher:
 è simbolo dell’arte pasticcera italiana e icona internazionale per un regalo di prestigio;
 viene percepito come un prodotto italiano di qualità apprezzato per il suo gusto e il design (creatività) della sua confezione
 è un prodotto che piace per il suo incarto dorato, sinonimo di ricchezza, e per la forma sferica di buon auspicio;
 in mandarino il nome Ferrero Rocher richiama quello di “sabbia dorata”;
Gli aspetti di packaging che ha utilizzato la Ferrero Rocher mantenendo inalterate le caratteristiche del prodotto richiama nella memoria del
consumatore cinese degli elementi che fanno attribuire a questo prodotto un elemento di status symbol.

Considerati i gusti dei consumatori cinesi, sono stati enfatizzati attraverso la comunicazione attributi del prodotto quali:
o Confezione color oro: ricorda la magnificenza dell’Impero Cinese, per i Cinesi simbolo di ricchezza;
o Forma sferica: simbolo di armonia
o Biscotto con la nocciola: i Cinesi sono grandi consumatori di nocciole
o Storia del prodotto raccontata attraverso un sito web
La comunicazione è uno strumento molto utilizzato dalla Ferrero in Cina per promuovere questo prodotto.
La comunicazione diventa molto importante, viene utilizzato anche un video per raccontare la storia del prodotto per rafforzare l’immagine
del paese di origine del prodotto e anche per contrastare il fenomeno della contraffazione. Il prodotto come il Ferrero Rocher è un prodotto
fortemente imitato. Il rischio è che, siccome è un prodotto non noto, è facile essere ingannati dalla contraffazione. Quindi la comunicazione è
un elemento importante sia per rafforzare l’immagine del prodotto italiano e anche per contrastare il problema della contraffazione.

Politica di standardizzazione: Prodotto globale


Prodotto in grado di soddisfare senza subire modifiche la domanda di più paesi-mercato con esigenze simili
Si tratta di un prodotto che soddisfa le esigenze di un consumatore che si colloca in un segmento transnazionale omogeneo: segmento di
mercato costituito da consumatori che hanno un comportamento di consumo omogeneo in più mercati. Ad esempio il consumatore italiano,
cinese, russo, etc. che acquista l’auto Ferrari ha un comportamento analogo nell’acquisto di quell’auto perché espressione di un certo status
symbol. La Ferrari è un prodotto globale perché è percepito allo stesso modo da consumatori appartenenti a mercati diversi.
Anche rispetto ai prodotti globali vi sono fenomeni di adattamento del prodotto.
Quando si ha un prodotto globale?
 Prodotti ad alto contenuto tecnologico
es.: informatica, telecomunicazioni, prodotti farmaceutici, …
 Beni di consumo percepiti come simboli di una certa modernità, in particolare da parte di consumatori giovani
es.: abbigliamento: jeans (levis) (nike); fast food: hamburger, bevande: coca-cola, etc.
 Prodotti che riflettono stereotipi di un certo paese, effetto immagine “made in
es.: vini e formaggi francesi; prodotti tipici italiani; brand della moda italiana: Valentino, Armani; moto giapponesi; auto tedesche; ….

Politica di standardizzazione: Come diventa globale un prodotto


- Prodotto nato per il mercato di origine e divenuto globale, attraverso un processo di graduale allargamento dei mercati serviti
Es.: Coca Cola e McDonald’s nascono per il mercato USA. Nascono come prodotti nazionali che sono poi diventati prodotti globale per
effetto del processo di internazionalizzazione.
- Prodotto ideato sin dalla nascita per essere destinato ai principali mercati di sbocco a livello mondiale
i. Prodotti ad elevato contenuto tecnologico
es.: iPad: prodotto ad elevato contenuto tecnologico in grado di soddisfare un segmento di domanda omogenea in diversi paesi-
mercato rispetto al bisogno di una comunicazione fluida e interattiva. L’iPad nasce come un prodotto già pensato per un mercato
internazionale in quanto i costi dell’innovazione sono tali che richiedono una produzione su larga scala.
ii. Prodotti progettati quale risposta innovativa a un bisogno universale
Es.: rasoi della Gillette (il problema della rasatura riguarda tutti quindi risponde ad un bisogno universale) e la penna Bic sono
esempi di prodotti semplici ma innovativi che hanno rivoluzionato, rispettivamente, il

87
settore della rasatura e della scrittura

Prodotto globale: Esempi


Nel settore alimentare abbiamo hamburger, coca cola.
Brand Armani in Italia, Levi’s negli stati uniti.

Chi è più globale? Mc Donald’s o Sassicaia?


Sassicaia è un brand di un vino italiano che è noto solo da alcuni in
Italia, e in un contesto internazionale è poco noto. Il brand di Mc
Donald è più globale.

Politica di adattamento: Prodotto adattato alle esigenze del mercato


estero.
Gli adattamenti incidono su elementi tangibili e intangibili del prodotto come: qualità, design, marca, confezioni, garanzie, assistenze alla
vendita
Si adatta quando:
 l’impresa vuole soddisfare le diverse esigenze dei mercati esteri a seguito delle differenti caratteristiche economiche, culturali,
legislative, geografiche
 l’incremento dei costi conseguente all’adattamento (minori economie di scala, costi di progettazione e di produzione, logistici, di
marketing) è più che remunerato dall’incremento dei volumi e dei ricavi derivanti dalla vendita del prodotto adattato.
È evidente che se non vi è un volume di vendita tale da recuperare i costi dell’adattamento, l’adattato non è conveniente.
L’impresa prima di adattare deve svolgere una valutazione strategica analizzando il comportamento del consumatore, ma vi deve essere
anche una valutazione economica del recuperare i costi legati all’adattamento.
L’adattamento sul prodotto sono tutti quegli interventi che consentono di far si che il prodotto dell’impresa sia compatibile con le esigenze
del mercato estero. Questo concetto di compatibilità l’abbiamo trovato nell’analisi dei mercati esteri (terzo screening). L’analisi in profondità
sul campo è volta ad individuare quali sono le esigenze del consumatore e del cliente sul mercato estero per verificare se il prodotto
dell’impresa è compatibile o diversamente in che modo il prodotto deve essere adattato per soddisfare quelle esigenze in modo differente
dalla concorrenza

Le componenti del prodotto


Questa rappresentazione ci dice che un prodotto è un insieme di attributi
tangibili e intangibili, per cui l’adattamento del prodotto sul mercato estero
può riguardare il packaging, la forma, la marca, assistenza post-vendita, le
garanzie, consegna, assistenza finanziaria.
Anche su un prodotto standardizzato vi possono essere elementi di
adattamento.
Es: bullone, è difficile su un bullone fare adattamenti sugli aspetti tangibili
(attributi tecnico-funzionali come lo stile e la forma), ma sugli aspetti
intangibili si possono invece effettuare adattamento (agire sulle garanzie,
assistenza finanziaria e post-vendita)

Perché si adatta?
Perché viene richiesto da:
 Regolamentazione locale
Normative imposte dalle istituzioni locali per il rispetto, a livello di
prodotto, di specifiche caratteristiche (organolettiche, standard tecnici, modalità di imballaggio, durata della garanzia, contenuto
dell’informativa) poste a difesa del consumatore → fattori country specific
 Tradizioni locali
Cultura, usi, costumi locali condizionano il comportamento di acquisto del consumatore (soprattutto per beni di largo consumo, beni
alimentari e per la cura della persona). I modi di vivere di un mercato estero, diversi da quelli del mercato di origine dell’impresa,
impediscono di mantenere invariate le caratteristiche del prodotto.
 Condizioni d’uso
Condizioni naturali (climatiche) e ambientali (luogo di consumo, quantità acquistate, caratteristiche fisiche della popolazione) incidono
sulle caratteristiche del prodotto

Esempi di adattamenti dettati dalla cultura, dalle normative e dalle condizioni d’uso locali
Questi esempi sono presi da studi che sono stati fatti sulle differenze culturali e come queste differenze culturali hanno impattato sulla
proposta dei prodotti nei vari mercati
o il gioco da tavola Trivial (i giocatori misurano la loro abilità nel rispondere a domande di cultura generale) è stato riprodotto in 40
edizioni internazionali: i britannici preferiscono domande sul cricket (piuttosto che sul baseball), i francesi amano domande su vita
notturna, arte, letteratura.
o Vi è un adattato nelle 40 edizioni per rispecchiare il profilo del consumatore rispetto a questo tipo di prodotto.
o differenze culturali nell’uso dei farmaci: i britannici e gli olandesi preferiscono le comprese, i francesi le supposte e i tedeschi le
iniezioni. Adattamento nella modalità di somministrazione del farmaco che può impattare sul sistema di produzione, il farmaco resta lo
stesso.
o i consumatori giapponesi sono attratti da prodotti che fondono la tecnologia con la cultura e lo stile di vita tradizionali giapponesi:
lavatrici silenziose, elettrodomestici per cucinare il riso; enfasi posta nel preservare la cultura giapponese nel mettere la tecnologia al
servizio dei consumatori
o la Francia ha proibito alla Coca-Cola di utilizzare dolcificanti artificiali nella sua Diet Coke; ha richiesto l’aggiunta di un quantitativo
maggiore di vitamina B1 nel Gatorade (aspetti normativi che entrano nella produzione)
o le cappe aspiranti per cucina acquistate dai consumatori americani sono di dimensioni maggiori rispetto a quelle vendute sul mercato
italiano e risultano molto simili a quelle che in Italia vengono destinate al settore della ristorazione. Le dimensioni abitative sono diverse
e quindi variano anche gli elettrodomestici.

88
o Heinz vende un Ketchup più dolce negli USA e più piccante in Europa
o lancio della Diet coke sui mercati internazionali: bibita dietetica diversamente percepita dai consumatori giapponesi rispetto a quelli
americani. In America vi è un problema di obesità quindi Coca Cola realizza un prodotto dietetico. In Giappone il posizionamento deve
cambiare in quanto i benefici ricercati non sono direttamente riconducibili a vantaggi di tipo dietetico: tra la popolazione nipponica il
problema del sovrappeso non è così diffusa come tra la popolazione americana. In Giappone Coca Cola ha dovuto cambiare il nome
della bibita Diet Coke (posizionata sul mercato americano come bibita che consente di dimagrire) trasformandolo in Coke Light e
posizionandola come bevanda leggera che mantiene in forma.

Esempi di adattamenti dettati dalla cultura


Significato dei colori:
o Nei paesi occidentali il lutto è associato al nero, mentre nei paesi orientali il colore del lutto è il bianco.
o Nei paesi occidentali il bianco è simbolo di purezza, mentre evoca la morte nella maggior parte delle culture asiatiche. Se il bianco per
un asiatico è associato a lutto, probabilmente non è il colore da usare per alcuni prodotti, per la comunicazione o per il packaging.
o Nelle culture anglo-sassoni il colore verde è espressione di invidia, evoca amore nella cultura giapponese, in altre culture asiatiche il
verde è indicatore di pericolo
o l’arancione è associato alla sacralità nelle popolazioni di religione induista e buddista
o il verde e il giallo sono colori associati alla maternità in alcune popolazioni del Sud Africa, in quanto rispettivamente espressione di
fertilità e nuova vita
o il colore nero è giudicato adatto ai prodotti più costosi nelle culture anglo-sassoni e nelle culture orientali, spesso abbinato ai prodotti di
lusso
o in USA il blu e il rosso sono spesso abbinati a giocattoli e servizi finanziari; il verde e il giallo a prodotti per la salute; il grigio per
prodotti tecnologici e costosi, indicatore di prodotti economici in Cina
o il blu identifica prodotti di alta qualità sia nella cultura anglo-sassone che in quella orientale (utilizzato per segnalare prodotti premium
nella gamma di prodotti di un’impresa)
o il giallo suscita gioia e piacevolezza in Cina e Giappone; evoca gelosia in Germania e UK
o il blu è un colore mascolino in Svezia, mentre espressione di femminilità in Olanda
o il nero suscita sensazioni di paure in Europa; debolezza in India; autorevolezza in Cina e Giappone

È rilevante che vi sia una conoscenza di questi elementi nella progettazione di un prodotto o per adattare il prodotto per un mercato
straniero.

Più sono innovativo, più sono in grado di sviluppare un prodotto con fonti di vantaggio competitivo, quindi ho un prodotto di qualità, un
prodotto in grado di bilanciare qualità e prezzo e maggiore è la capacità dell’impresa di essere presente sui mercati esteri. Viceversa più
l’impresa si apre ai mercati esteri, più è in grado di cogliere i bisogni presenti sul mercato. Questi elementi sono fonte di conoscenza che
possono alimentare l’innovazione.
14/12/2021
Il caso Luxottica
Emblema nel mondo di eccellenza nella produzione manifatturiera del Made in Italy nel comparto moda dell’occhialeria
Percezione del consumatore cinese rispetto al prodotto made in Italy: attributi di qualità, lusso, design, creatività, status sociale …
Consumatori cinesi di una certa classe sociale sono attenti al valore percepito del prodotto, propensi all’acquisto di brand espressione di
affidabilità e status (ciò che rappresenta Luxottica nel mercato cinese)
Fattori critici di successo nel mercato cinese:
o qualità del prodotto e del servizio offerto nel punto vendita, ma…
o capacità di adattamento della product offering alle specifiche istanze del consumatore locale, spesso molto diverse da quelle presenti nei
mercati occidentali
o enfatizzazione della modernità nel rispetto dei valori cinesi
Il prodotto straniero va bene, ma è importante che vi sia una corrispondenza rispetto ai bisogni e alle esigenze del consumatore
Tratto da Innovazione di business e adattamento al mercato: il caso Luxottica in Asia, di Giovanna Pegan, Patrizia De Luca, Monica dal Pont
in Le relazioni tra innovazione e internazionalizzazione. Percorsi di ricerca e casi aziendali, a cura di De Luca, Patrizia (2015) - EUT
Edizioni Università di Trieste

Adattamento del prodotto per il mercato cinese


Motivazioni:
o Più di 50 tipi di viso in Asia (fig. 1): da tale varietà di lineamenti nasce l’esigenza di
soddisfare le richieste dei clienti asiatici.
o Settore altamente globalizzato, dove il ciclo di vita del prodotto è sempre più breve e
la concorrenza sempre più agguerrita: importanza di proporsi sul mercato come first
mover sviluppando soluzioni in grado di soddisfare il cliente locale, che riconosce
nei prodotti uno stile e una qualità unici e di altissimo livello. Luxottica si pone
l’obiettivo di entrare per prima nel mercato cinese prima dei concorrenti; quindi di
essere first mover rispetto a uno specifico mercato e settore
Adattamenti tecnici degli occhiali alle caratteristiche fisiche peculiari del consumatore asiatico: il nasello viene allungato e incurvato; le aste
più lunghe e più incurvate rispetto agli occhiali internazionali; l’angolo frontale dell’occhiale ridotto per adattare l’occhiale al viso del cliente
asiatico e rendere più confortevole la vestibilità (fig. 2). Vari adattamenti che incidono sulla struttura degli occhiali

Oltre che questi adattamenti era importante anche cogliere aspetti che più attengono alla cultura della popolazione cinese
o Modifiche nei colori e nelle forme per inglobare il design asiatico e rendere i prodotti dell’impresa “più locali”. Colorazione degli
occhiali – tonalità più frequenti: nero (identificativo di prodotti di lusso), avana e blu (identificativo di prodotti di qualità).
o Modifiche nei materiali: uso del titanio, molto diffuso in Asia e utilizzato per le sue proprietà (materiale leggero, inossidabile e
resistente)
Risultati attesi degli adattamenti: Fulfill specific market needs leveraging on local design & taste, rispondere pienamente ai bisogni del
consumatore facendo leva su un disegno locale, sulle esigenze e sulle caratteristiche del prodotto che viene progettato per qual contesto

89
1. Progettazione di un’intera linea di Ray-Ban realizzata da una squadra di designer cinesi → Modello “Asian design” realizzati
direttamente in Asia per soddisfare i gusti dei clienti cinesi (Luxottica costituisce una unità produttiva per produrre tale linea di occhiali,
utilizzando quindi la risorsa locale nella progettazione).
Si tratta quindi di un prodotto su misura, per far ciò ci si avvale di una equipe sul mercato cinese perché sono in grado di cogliere le
esigenze e caratteristiche del consumatore cinese. Questa modalità di entrata serve per avere un maggiore controllo sulle leve del
marketing mix
2. Modelli più internazionali degli occhiali da sole Ray-Ban, ma con alcuni piccoli ritocchi per essere indossati dai volti asiatici. In questo
caso ho un adattamento che è meno incisivo rispetto al fatto di produrre una linea ad hoc per quel mercato
Risultati economici: incremento significativo del fatturato

Il caso Luxottica: presenza diretta


Entrata nel mercato cinese alla fine degli anni Novanta con investimenti diretti:
 creazione di impianti produttivi
 apertura di punti vendita.
Vantaggio: la presenza diretta ha favorito la penetrazione di Luxottica, consentendo un progressivo ma costante avvicinamento alla cultura e
alle esigenze specifiche del consumatore asiatico → innovazione dell’offering necessaria per potersi adattare a un mercato e un mondo in
costante mutamento, garantendo un’offerta ampia anche a livello di servizi.

Importanza di essere internazionali per Luxottica: correlazione tra internazionalizzazione e innovazione


Questo processo di creazione di una nuova linea di prodotto per il mercato cinese ha portato a studiare i materiali, quindi ad invidiare questo
materiale particolarmente utilizzato nella realizzazione di prodotto sui mercati asiatici di cui si evidenziato pregi
Il confronto con fasce di consumatori esteri – come quelli Cinesi, Coreani e Giapponesi – molto differenti da quelli occidentali è stato un
fattore di traino dell’innovazione, ispirate alle specificità della cultura e degli usi asiatici, e poi esportate e replicate anche in altri mercati. Lo
stimolo all’innovazione è stato acquisito da Luxottica per estendere questa innovazione anche agli altri mercati, quindi ha arricchito il suo
portafoglio prodotti con una linea da indirizzare non solo al mercato asiatico. Il confronto con abitudini diverse è servito per Luxottica di
stimolo all’innovazione da estendere a più mercati
Esempio Ultem: materiale iniettato plastico, caratterizzato da estrema flessibilità; materiale innovativo nato in Corea, scoperto e re-innovato
da Luxottica che lo ha trasferito nelle collezioni internazionali (Oakley e Vogue), e internazionalizzato, producendolo anche negli Stati Uniti
Il Gruppo tende a fare un’innovazione globale: «Le fonti per l’innovazione sono nel mondo; per innovare si deve guardare quello che
succede nel mondo; quando si è trovato qualcosa e quello va bene, va bene per tutti».
Le differenze dei visi asiatici hanno stimolato l’innovazione di prodotto e la creazione di una linea di occhiali ad hoc per l’Asia, poi estesa in
altri mercati.
Quindi questo esempio è molto significativo sia per collegare modalità di entrata e strategie di vendita sia per capire come
l’internazionalizzazione può supportare l’innovazione

Politica di adattamento
L’adattamento può produrre:
 un up-grading (arricchimento – effetto amplificante) del prodotto. L’up-grading è un effetto amplificante: l’adattamento incide
sull’arricchimento del prodotto per essere venduto ed essere meglio posizionato sul mercato estero
Es. Fontana Arte, impresa italiana specializzata nella progettazione e produzione di lampade e soluzioni illuminotecniche, di
complementi di arredo e oggettistica caratterizzati dal design contemporaneo, molto elegante ma anche minimalista; in Cina ha adattato
il suo prodotto con un effetto up-grading: ha impreziosito la sua offerta in quanto i cinesi ricercano prodotti di elevato gusto estetico per
i quali sono disposti a pagare un prezzo anche elevato.
 un down-grading (impoverimento – effetto riducente) del prodotto rispettivo alle sue funzioni e componenti.
Economie con un tasso di sviluppo economico e tecnologico inferiore rispetto a quello del mercato di provenienza dell’impresa possono
richiede prodotti impoveriti, cioè più semplici
Es.: alcune popolazioni preferiscono lavatrici semplici con un unico ciclo a freddo dato che spesso vivono in paesi in cui l’energia
elettrica è insufficiente o il prezzo medio è elevato
Vi deve essere una linea di prodotto riducendo la complessità tecnologica del prodotto per poterlo vendere in alcune economie
L’impresa potrebbe trovare conveniente andare a produrre direttamente in quel mercato se i volumi di fatturato che ne derivano sono in
grado di giustificare l’investimento, quindi dove vi è una buona attrattività e accessibilità, una compatibilità che può essere conseguita
con una produzione in loco del prodotto sul mercato

Politica di adattamento: Prodotto su misura


Si sviluppano prodotti ad hoc per i singoli paesi esteri individuati (prodotti su misura). È un prodotto che non esiste nel portafoglio
dell’impresa, ma avendo guardato al mercato estero si ritiene opportuno creare per quel mercato.
È una forma estrema di adattamento, quindi nella categoria delle strategie di adattamento è la forma più complessa e costosa, in quanto
implica la progettazione e la realizzazione di prodotti ad hoc sulla base di esigenze locali. Impatta su più funzioni della catena del valore, non
solo sulla produzione ma anche sulla funzione di ricerca e sviluppo.
Tale modalità è spesso adottata dai produttori di beni industriali e strumentali che operano su commessa per aziende pubbliche o private
perché sarà il cliente industriale che chiede di realizzare un prodotto che risponda alle proprie esigenze
Può essere adottata anche per beni di consumo di comparti come l’abbigliamento, i beni alimentari, l’arredamento e gli elettrodomestici (su
richiesta di big buyer, imprese clienti di grandi dimensione. Es.: C&A; H&M che sono imprese di distribuzione che fanno produrre ad altri e
chiedono ai produttori di realizzare un prodotto su commessa, quindi un prodotto che risponde alle loro specifiche esigenze e caratteristiche
di prodotto richieste dal grande compratore).

A cultural crash  Euro Disney e Disneyland Paris

Eurodisney
Risultati iniziali deludenti:
1992  9,8 MLN. di visitatori, contro 11 previsti per raggiungere b.e.p. nel ‘94.
Visita il parco la metà dei francesi previsti. Molti visitatori restano solo un giorno: basta un giorno per tutte le attrazioni
1992  i visitatori spendono a testa 12% in meno del previsto

90
1993  perdita
1994  rinegoziazione del debito con le banche francesi.
Risultati iniziali negativi rispetto alle attese.
Perché è successo? Perché i francesi vedono gli americani come coloro che vogliono colonizzare, come quelle imprese che vogliono imporre
il loro modo di essere
1994  “The French see Eurodisney as American Imperialism – plastics as it worst” (consulente US-based)
Errori posizionamento comunicazione:
 Non comprensione delle specificità culturali francesi (“I grandi assenti” nella strategia della Disneyland sul mercato francese). Si è
avuto un approccio del mercato europeo come un unico mercato.
 Nessun riferimento alla varietà delle attrazioni

Riposizionamento prezzo (1993): Offerta di pacchetti scontati, incominciano a lavorare sul prezzo
Riposizionamento comunicazione (1993): Non si sottolinea più la grandezza e il gigantismo americano
Pubblicità con Zorro, Cenerentola, Aladino che fanno una “magica vacanza” “Eurodisney: il miglior posto in Europa per fare una breve
vacanza (1-2-3 giorni)”
“Dopo tutto, il prezzo è accessibile”
Cambia il management (1993): Arriva un francese. Questo è un passaggio interessante perché gli americani solitamente hanno uno stile che
portano nei loro processi di acquisizione ad imporre la loro cultura manageriale. Questo passaggio di cambiare il management della
consociata che gestiva l’iniziativa sul mercato francese è stato un passaggio importante perché la direzione della casa madre capisce il
bisogno di avere un manager locale per cogliere le specificità del mercato francese

Cambia il marketing (1994)


Si abbandona l’approccio paneuropeo. Il mercato europeo viene segmentato per mercati nazionali
Uffici commerciali sono aperti in tutte le principali capitali europee
La pubblicità è adattata ai singoli mercati nazionali
I pacchetti d’offerta sono ritagliati sulle specifiche abitudini dei clienti
Ulteriori riduzioni di prezzo
Riposizionamento branding name (1994): Si cambia il nome  Disneyland Paris (offerta dedicata al mercato francese)
Risultati 1996: Disneyland Paris diventa la prima attrazione in Francia e i visitatori aumentano del 9%
Un processo di adattamento alle specifiche caratteristiche del mercato ha consentito di modificare i risultati e di essere performante
diversamente a quanto si stava verificando nella fase iniziale

Politiche internazionali di prodotto: Standardizzazione versus adattamento


Quando è preferibile standardizzare:
 costi di adattamento elevati
 beni prevalentemente industriali o beni di consumo durevoli
 convergenza e gusti simili nei diversi mercati nazionali, maggiori similitudini quindi è possibile standardizzare il prodotto
 economie di scala nella produzione, R&S, marketing
 mobilità dei consumatori e riconoscibilità del brand (es.: catene alberghi Hilton, Holiday Inn; catene fast food: McDonald's)
 immagine positiva del paese di produzione (effetto COO)
Quando è preferibile adattare:
 differenze negli standard tecnici
 la normativa lo richiede
 prevalentemente prodotti non durevoli (beni alimentari, beni per uso personale)
 variazione nelle esigenze dei consumatori per effetto di differenze culturali
 variazioni nelle condizioni di utilizzo (differenze ambientali, differenze nelle normative)
 il costo dell’adattamento è inferiore ai benefici che ne derivano

Con riferimento al concetto di prodotto globale dobbiamo correggere questa dicotomia tra standardizzazione e adattamento dicendo che
globalizzazione ≠ standardizzazione. Un prodotto globale non è necessariamente standardizzato al 100%
La standardizzazione è perseguibile da quelle imprese che entrano in pochi mercati
Quando andiamo in un numero elevato di mercati (coca cola, Nike, McDonald’s):
- La varietà e la variabilità dei bisogni, dei desideri e dei comportamenti dei consumatori e clienti non si attenua (specificità dei
consumatori) anche se gli studiosi affermano che la globalizzazione ha portato alla uniformità dei comportamenti dei consumatori
- Le distanze culturali si stanno ampliando perché vi è una riaffermazione delle identità locali. La globalizzazione ha esaltato le differenze
culturali
- Ubiquità, non uniformazione (si riducono alcune separazioni spaziali, non necessariamente le differenze). Grazie a queste differenze le
imprese possono adattare e differenziarsi, quindi trovare nei mercati esteri la possibilità di essere competitive
- La capacità di adattamento a livello locale resta importante. Il locale oggi non significa Cina, ma può essere anche il consumatore cinese
in Italia
- Le leve del marketing mix non sono sempre standardizzabili
- La globalizzazione trasporta nel mondo anche le differenze (es. prodotti etnici,…)
 globale e locale coesistono
 alta complessità domanda (non è facile uniformare la domanda)
 alta complessità offerta
La competizione esiste perché esiste una varietà di bisogni. Se vi fosse un bisogno uniforme sarebbe difficile un offerta differenziata, e
quindi la concorrenza
Quindi la globalizzazione non è necessariamente standardizzazione

Tra standardizzazione e adattamento: glocalizzazione


91
La standardizzazione e l'adattamento produttivi possono trovare una loro combinazione nella "glocalizzazione" .
Il posizionamento è globale, ma il contenuto è adattato

Strategia che consiste nel pensare a livello globale


agendo però a livello locale→ think global, act local Standardizzazione produttiva attenuata da adattamenti locali
Le imprese che seguono questo approccio utilizzano modelli globali con i dovuti adattamenti per soddisfare i gusti e le esigenze dei mercati
locali
Es.: McDonald’s è globale, ma ha una composizione diversa, infatti fa molto ricordo al franchising di natura produttiva e al licensing. Il Big
Mac ha una diversa composizione che sia venduto in Cina, in Europa, in America o in Europa.

Glocalizzazione: Esempi
Adattamento del menu McDonald's nel mercato indiano:

▪ 40% dei pasti offerti sono vegetariani per soddisfare i gusti indiani

▪ Rispetto per la cultura locale → no carne bovina

▪ Riformulazione di alcuni prodotti introducendo le spezie ampiamente utilizzate nella cucina indiana

▪ Uso di condimenti vegetali per la preparazione dei cibi


Le immagini richiamano comunque il brand, in quanto il posizionamento rimane globale, rimane uniforme

1. Il menu proposto da McDonald’s per quanto standardizzato viene adattato ai gusti locali: in Brasile comprende una bibita a base di frutti
di bosco, in Malaysia offre un frullato a base di frutta. In Giappone ha lanciato McChao, simile al riso alla cantonese; in Australia offre
pasticcio di carne di montone
2. In Giappone i jeans Levi’s sono più stretti per soddisfare le richieste dei consumatori nipponici; in Brasile ha creato il modello Femina
con taglio più attillato per le donne brasiliane
3. Le lavatrice Whirlpool vendute in Europa e negli Stati Uniti non erano adatte a lavare i sari delle donne indiane; l’azienda ha creato una
lavatrice automatica di tipo occidentale compatta per essere adattata alle case indiane e con speciali agitatori che non intrecciano i sari.
I francesi preferiscono le lavatrici che si caricano dall’alto, gli inglesi quelle con l’oblò sul davanti; i tedeschi vogliono centrifughe ad
alta velocità, gli italiani le voglio meno veloci. Per rispondere alle diverse esigenze locali la Whirlpool ha creato unità produttive locali,
lasciando immutati la tecnologia e il processo di produzione

Capitolo 11:
Strategie di marketing mix sui mercati esteri: Politiche internazionali di prezzo

Il prezzo è una leva del marketing mix che agisce direttamente sui profitti e indirettamente sui costi. In relazione a come il prezzo viene
definito, questo impatta sulle quote di mercato, sui volumi di vendita che impattano dunque sui volumi di produzione. Nel contesto
internazionale si pone il problema di come definire questo prezzo: uguale in tutti i mercati o adattato

Politiche internazionali di prezzo: Il prezzo nei mercati internazionali


 Il prezzo è una componente rilevante dell’international marketing mix: dal suo livello dipende quello del fatturato, della redditività e la
competitività che l’impresa è in grado di raggiungere nei mercati internazionali.
 Il prezzo è la leva del marketing mix che più direttamente influenza i ricavi.
 Il prezzo di un prodotto (anche standardizzato) può variare da nazione e nazione
Standardizzare non significa che il prezzo rimane esattamente lo stesso in tutti i mercati, perché anche se il prodotto rimane standardizzato
l’impresa deve sostenere dei costi per portare il prodotto sul mercato estero se utilizza delle modalità di entrata basate sulle esportazioni.
Quindi vi sono delle componenti di costo (dazi, costi di trasporto, costi di commercializzazione del prodotto) per cui il prezzo, anche se nelle
intenzioni dell’impresa è un prezzo standardizzato, inevitabilmente può variare

Il caso McDonald’s
Vi è un confronto tra i prezzi del Big Mac venduto nelle varie parti del mondo.
Possiamo vedere come varia un prodotto alimentare da mercato brasiliano, fino ad
arrivare al mercato indiano, con delle differenze di prezzo significative.
Queste differenze di prezzo come si giustificano? Vuol dire che ci sono diversi
elementi che possono impattare sul prezzo. Il prezzo risente degli effetti della
domanda locale, quindi delle condizioni economiche-sociali presenti in un
determinato mercato.
Dunque un prezzo che varia nel contesto internazionale, anche di un prodotto
standardizzato può subire delle oscillazioni significative per effetto di una serie di
elementi, come elementi relativi al costo che l’impresa sostiene per
commercializzare il prodotto sul mercato estero, oppure elementi che attengono
alla sfera economico-sociale e a come un prodotto viene percepito dal
consumatore

92
La gestione della leva del prezzo nel contesto internazionale sono complicate da gestire perché producono degli effetti sull’impresa e sulla
percezione che l’impresa ha nel contesto internazionale. L’impresa dovrebbe essere dotata di quelle competenze adatte per poter definire il
prezzo. Deve avere competenze di natura doganali, contrattualistiche, fiscali, finanziarie in quanto c’è un problema di copertura
sull’oscillazione del tasso di cambio. Purtroppo tutto questo non si verifica, soprattutto le imprese di piccole dimensioni non sono dotate di
competenze per gestire in modo opportuno una leva complessa come quella del prezzo sul contesto internazionale. Il prezzo, soprattutto nelle
imprese piccole, viene fissato dall’imprenditore che sulla base dei costi di realizzazione definisce un markup e definisce un prezzo che non
necessariamente corrisponde alle attese del mercato, in quanto non vi è una conoscenza di come definire questo prezzo

Fattori che incidono sulla definizione del prezzo nei mercati internazionali
Nella definizione del prezzo impattano diversi elementi che fanno riferimento sia a fattori d0impresa che a fattori del mercato:
Fattori interni d’impresa:
1. Il prezzo dipende dagli obiettivi della politica di sviluppo internazionale, obiettivi di sviluppo internazionale. Un conto è se l’impresa
vuole perseguire un obiettivo di rafforzare i vantaggi competitivi sul mercato estero, obiettivo di crescita del fatturato, obiettivo di quota
del mercato. La definizione del prezzo dovrà rispondere a questi obiettivi
2. Scelte relative alle altre leve del marketing mix. Il prezzo non può essere definito a prescindere dal prodotto, dalla distribuzione e dalla
comunicazione. Il prezzo deve essere coerente con il posizionamento dell’offerta.
Se ho un prodotto di qualità non posso fissare un prezzo basso, in quanto il prezzo è anche un segnale della qualità del prodotto.
3. Il prezzo dipende dalla ubicazione della struttura produttiva (mercato nazionale, delocalizzazione produttiva - vantaggi comparati di
costo). Per una impresa internazionalizzata vi è una relazione tra i processi produttivi e di prezzo. Se produco nella casa madre e vendo
sui mercati esteri ho un processo di esportazione, se produco direttamente sul mercato estero abbatto questi costi ma posso valutare
anche il differenziale di costo della produzione sul mercato estero rispetto al mercato nazionale. Quindi la delocalizzazione produttiva
può avere un impatto sul livello del prezzo, perché potrei riuscire a produrre ad un costo più basso per sfruttare i vantaggi di costo della
delocalizzazione produttiva (se riduco i costi, questa riduzione si riflette anche sul prezzo)
4. Struttura dei costi:
 Costi di produzione
 Costi di adattamento di prodotto
 Costi commerciali estero
 Oneri di natura finanziaria
 Spese di gestione estero
 Tasso di cambio, barriere tariffarie
Fattori di mercato:
1. Struttura della domanda e alternative di scelta del compratore. È sbagliato definire un prezzo senza tenere conto se quel prezzo risponde
alle attese del mercato estero, potrei fissare un prezzo troppo alto che non risponde alle caratteristiche socio-economiche del
consumatore e l’impresa rischia di non rispondere alle proprie attese. Viceversa fisso un prezzo troppo basso e nel mercato straniero il
prodotto viene percepito come un prodotto di bassa qualità
2. Comportamento della concorrenza. Se applico un prezzo al di sopra della media di mercato l’impresa non riesce a penetrare e a vendere
nel mercato.
3. Regolamentazioni locali in materia di prezzo. Vi possono essere anche dei limiti che vengono imposti dai governi locali per cui un
prodotto non può essere venduto ad un prezzo locale. Oppure vi sono anche degli interventi normativi contro le pratiche di dumping

Altri attori che possono intervenire nella definizione del prezzo:


 retailer
 intermediari commerciali
 agenti/rappresentanti di vendita

Fattori di costo che incidono sulla definizione del prezzo nei mercati internazionali
- Analisi dei costi
Costi di produzione (variabili e fissi): analisi dei costi al variare dei volumi di produzione.
Effetto di eventuali economie di scala su vendita di quote addizionali di prodotto sui mercati esteri. Valutazione incidenza eventuali
costi di adattamento del prodotto.
- Costi di vendita all’estero: costi di trasporto, dazi doganali, costi relativi all’utilizzo di intermediari commerciali, forza di vendita
diretta, agenti, comunicazione (pubblicità, partecipazione a fiere..), gestione scorte, imballaggio, etichettature;
- Spese gestione estero: costi del personale preposto alla gestione delle vendite estere (area manager, dirigenti, collaboratori); costi
amministrativi legati a tale attività (predisposizione contratti, gestione problematiche giuridiche). Nel caso di presenza diretta sul
mercato estero, tali costi sono relativi alla gestione della rete di vendita in loco
- Oneri di natura finanziaria: rischio mancato pagamento da parte del compratore (insolvenza; oneri assicurativi); rischio di svalutazione
in caso di fatturazione in valuta locale; oneri connessi alla necessità di concedere opportune dilazioni di pagamento.

Politiche di pricing sui mercati esteri


Per vendere in un mercato estero si pagano dei dazi, quindi questi costi si possono traslare sul prezzo ma il rischio è che il prodotto diventi
meno competitivo rispetto al prodotto locale. Infatti il dazio ha il compito di proteggere l’economia locale rispetto ai prodotti stranieri.
L’impresa potrebbe internalizzare questo costo riducendo il proprio margine di guadagno fino al punto in cui vi è un margine, altrimenti
l’impresa potrebbe decidere di non entrare nel mercato estero
La politica di prezzo può seguire due differenti logiche rispetto alle scelte realizzate nel mercato domestico.
 Standardizzazione: l’azienda adotta il medesimo livello di prezzo in tutti i mercati in cui il prodotto viene commercializzato. Tuttavia
questo è piuttosto difficile, a meno che l’impresa non decida di comprimere il proprio margine di guadagno
 Adattamento: l’impresa modifica il prezzo e le relative politiche realizzando scelte differenti nei paesi in cui distribuisce il prodotto.
L’adattamento sta nel fatto che l’impresa guarda al comportamento della domanda del mercato estero affiche il prezzo possa essere
maggiormente rispondente alle caratteristiche di quel consumatore, tenendo conto delle condizioni socio-economiche del mercato
estero.

93
Vi possono essere anche normative locali che impongono un adattamento del prezzo, come per esempio l’imposizione di un prezzo
massimo nella vendita di un bene.
 Forme ibride (più praticata): l’impresa, presente in un numero elevato di paesi, può optare per la strategia di standardizzazione in
mercati ritenuti omogenei, per l’adattamento in presenza di diversità (di mercato o legislative) o per perseguire determinati obiettivi
competitivi

Politiche di pricing sui mercati esteri: Strategia di Prezzi standardizzati


Fissare un Prezzo di riferimento per tutti i mercati e adattarlo tenendo conto solo dei cambi, del trattamento fiscale e delle normative locali in
materia di Prezzo.
Vantaggio: semplicità, in quanto fisso un pezzo che ho definito per il mercato nazionale tenendo conto delle oscillazioni dei cambi e dei dazi.
Svantaggio: non adatta l’offerta alle specifiche condizioni di mercato e alle esigenze. Quindi potrebbe rischiare di porre l’impresa
nell’incapacità di conseguire determinate quote di mercato
Difficoltà: individuazione del prezzo soglia che possa andar bene per tutti i mercati in cui si intende distribuire il prodotto, al fine di risultare
ovunque competitiva.

Strategia adottata quando:


 non esistono rilevanti differenze nelle caratteristiche della domanda tra i diversi mercati
 i prodotti sono standardizzati (es.: settore high-tech). Di fronte a prodotti standardizzati è più coerente adottare prezzi uniforme,
soprattutto oggi dove il consumatore ha un maggiore accesso alle informazioni. Si tratta di un consumatore che attraverso l’e-commerce
ha la possibilità di porre a confronto i prezzi, quindi perché pagare di più il prodotto acquistato sul mercato nazionale rispetto
all’acquisto che viene fatto sul mercato straniero attraverso un piattaforma di e-commerce.
Anche la tecnologia oggi sta accentuando il rischio legato alle strategie di adattamento perché accentua la capacità del consumatore di
acquisire informazioni relativamente ai prodotti e al prezzo al quale un prodotto può essere acquistato

Politiche di pricing sui mercati esteri: Strategia di Prezzi adattati


Il prezzo adattato in relazione alle specifiche caratteriste dei mercati esteri: condizione socio-economica del paese (livello di reddito pro
capite); struttura della domanda, struttura della concorrenza; volumi di vendita
Problemi: Individuazione del Prezzo più adeguato alle condizioni specifiche del mercato in quanto non deve essere fissato soltanto in base
alla struttura dei costi, ma deve anche riflettere le condizioni del mercato sul fronte della domanda e della offerta. Occorrono competente
interne manageriali in grado di cogliere le specificità dei mercati esteri

Strategia adottata quando:


 è possibile sfruttare la differente struttura della domanda e della concorrenza che caratterizza i mercati esteri
 i prodotti sono percepiti come differenziati

Politiche internazionali di prezzo


Essere presenti in mercati differenti impone al management una particolare attenzione nella fissazione del prezzo al fine di rispettare una:
 coerenza interna rispetto alle strategie complessive dell’azienda (strategia di prodotto, comunicazione e distribuzione); il prezzo deve
corrispondere alla percezione di qualità che il consumatore ha di quel prodotto. Un prodotto non globale può essere percepito nei suoi
elementi di qualità in modo differente da un consumatore ad un altro, quindi anche il prezzo deve tenere conto della diversa percezione
del valore ricercato nel prodotto
 coerenza esterna fra i vari mercati – paese (rispetto alle condizioni socio economiche e ai modelli di consumo presenti). Bisogna fare in
modo che vi sia una coerenza tra il mercato nazionale e il mercato estero e tra i mercati esteri e che vi sia una corrispondenza rispetto ai
modelli socio-economici dei singoli mercati, per cui il prezzo corrisponde alle esigenze del consumatore del mercato estero.
Se si determinano prezzi diversi da un mercato all’altro o rispetto al mercato nazionale si possono presentare due fenomeni, ossia il
rischio formazione mercati paralleli e effetto dumping

Formazione dei mercati paralleli


Se l’impresa vende nel mercato 1 e 2 a prezzi differenti, ad esempio nel
mercato 1 il prezzo è inferiore rispetto al prezzo nel mercato 2, si potrebbe
verificare la formazione di canali non ufficiali di vendita. L’impresa vende al
distributore A nel mercato 1 e al distributore B nel mercato 2, si possono
creare delle situazioni in cui distributori non ufficiali presenti nel mercato 2
acquistano nel mercato 1 ad un prezzo più basso. Quindi vi è una vendita del
prodotto dell’impresa nel mercato 2 che avviene ad un prezzo più basso
rispetto al canale ufficiale, danneggiando il distributore B per effetto
dell’azione del distributore non ufficiale con cui l’impresa non ha stabilito una
relazione.
Si verifica un mercato parallelo nella misura in cui un distributore x, non
intercettato dall’impresa, trova conveniente comprare dal distributore del
mercato dove il prezzo è più basso e rivendere nel mercato 2 ad un prezzo inferiore rispetto a quello al quale il distributore è autorizzato a
vendere il prodotto dell’impresa
Questa situazione che viene generato dal meccanismo della differenza dei prezzi si può verificare in diversi comparti e ha un impatto
negativo sull’impresa e sul distributore B in quanto si vede erodere quote di mercato e può accusare l’impresa di produzione di non avere
attuato strategie di difesa contro la formazione di questi meccanismi. Anche la stessa reddittività dell’impresa erode in quanto si vede
sottrarre margini di guadagno di cui si appropria il distributore non ufficiale
Rispetto a tali situazioni l’impresa può intervenire sul packaging, ad esempio con delle identificazioni del prodotto che caratterizzano la
vendita sul mercato A e sul mercato B, può intervenire con le clausole di esclusiva.
Per cui il distributore nel mercato in cui che si trova nel mercato il prezzo più basso è obbligato a vendere soltanto nel proprio mercato e non
può vendere per esempio ad un distributore straniero; in questo modo impedisce ad un distributore non ufficiale di poter acquistare dal
distributore che opera nel mercato dove il prezzo è più basso

94
Un altro rischio a cui si espone l’impresa è quello di prodotti che sono bollati con il marchio della comunità europea, ossia il marchio CE.
Quindi nell'ambito della comunità europea possono circolare soltanto prodotti, per motivi di sicurezza, che hanno il bollino CE e quindi
questo bollino garantisce il livello della sicurezza per quei prodotti.
Questa cosa invece non esiste in altri mercati, ad esempio per vendere in Cina l'impresa non è soggetta agli stessi standard di sicurezza che
sono previsti dalla comunità europea, quindi non esiste questo bollino CE
Quando si verifica una situazione dove il mercato in cui il prezzo più basso è quello cinese, un distributore non ufficiale, se ci sono tutte le
condizioni di convenienza anche nel trasferimento del prodotto dal distributore non ufficiale al mercato europeo, acquista dal mercato cinese
e fa transitare all'interno della comunità europea un prodotto che non ha il bollino CE. A questo punto l'impresa potrebbe essere accusata di
non aver rispettato gli standard di produzione facendo circolare un prodotto nel mercato europeo non assoggettato alle normative previste
dalla unione europea ma questo in realtà si è verificato perché si è formato un mercato parallelo tra un mercato dove non vi è il rispetto di
questo standard e il mercato europeo.

Regolamentazione del mercato estero


L’altro rischio delle differenze di prezzo è legato alle accuse di dumping che si verificano quanto l'impresa vende sul mercato estero ad un
prezzo inferiore rispetto a quello al quale il prodotto viene venduto sul mercato nazionale. Questo fenomeno potrebbe danneggiare
l’economia del mercato estero. In questo caso le autorità di quel mercato possono, laddove riescono a individuare le condizioni di un effetto
dumping, non sono sanzionare l'impresa ma possono porre delle misure a protezione
Ad esempio i produttori cinesi hanno cercato di vendere sul mercato europeo le piastrelle ad un prezzo molto basso, addirittura inferiore
rispetto al prezzo al quale il prodotto viene venduto sul mercato cinese, creando una situazione di dumping perché va a danneggiare la
produzione locale
Il problema del fenomeno dumping è che può essere difficile identificare che il fenomeno sia effettivamente in atto perché occorre dimostrare
che il prezzo al quale il prodotto viene venduto sul mercato estero è inferiore rispetto al quale il prodotto viene venuto sul mercato nazionale
e che questa differenza di prezzo va a danneggiare l’economia del mercato estero
Quando riescono a identificare queste situazioni allora scattano delle misure di sanzione nei confronti delle imprese straniere che vendono ad
un prezzo inferiore sul mercato terzo.
Un altro elemento che impatta su queste differenze di prezzo è quello del controllo pubblico del prezzo, vale a dire di una definizione del
prezzo massimo di vendita applicato per alcune tipologie di prodotto come prodotti farmaceutici e che può essere uno strumento di lotta
all'inflazione ed è molto diffuso in particolare nei paesi in via di sviluppo.
- legislazione anti-dumping – normativa che definisce una soglia minima di prezzo: divieto di vendita nel mercato estero ad un prezzo
inferiore a quello praticato sul mercato interno. Confronto tra il prezzo all’esportazione ed un valore equo definito dalle autorità sulla
base delle condizioni di mercato
- controllo pubblico del prezzo – definizione di un prezzo massimo di vendita: applicato per alcune tipologie di prodotto come i prodotti
farmaceutici; strumento di lotta contro l’inflazione; diffuso nei paesi in via di sviluppo

Fenomeno price escalation


Fenomeno che denota l’accrescimento del prezzo dal mercato domestico ai mercati internazionali, con effetti sulla competitività del prodotto.
Si verifica il fenomeno della price escalation in una esportazione, non in un processo di entrata sul mercato estero che vede la collaborazione
con un partner locale per produrre direttamente il prodotto sul mercato e venderlo; non si verifica nemmeno quando il prodotto viene
realizzato dall’impresa attraverso le proprie subsidiary. Questo fenomeno esiste anche nel contesto nazionale quando l’impresa decide di
adottare una strategia di distribuzione corta o medio-lunga. Noi guardiamo lo stesso tema con riferimento al contesto estero dove possono
intervenire altri attori. Questo fenomeno quindi può essere più significativo nel contesto internazionale
Elementi che determinano la price escalation:
1. Costi tecnici connessi alle attività esportative: costi logistici, assicurazione, imballaggio, spese di promozione all’estero, spese per la
gestione delle scorte (necessità di aprire punti di stoccaggio nel mercato estero). Tutte queste attività possono essere direttamente
sostenute dall’impresa (questo costo viene remunerato con un minore margine di contribuzione o con un incremento del prezzo) oppure
vengono traslati sull’intermediario commerciale nel caso dell’esportazione indiretta (questo costo viene ribaltato sul margine di
contribuzione negoziando un prezzo di acquisto dall’impresa nazionale più basso per ottenere un margine in grado di coprire tali costi)
2. Legislazione e presenza di imposte sul mercato estero (VAT o IVA), barriere tariffarie e non tariffarie e altri costi amministrativi:
licenze, permessi, certificazioni
Anche nella stessa UE l’IVA può variare da un contesto nazionale ad un altro (in Italia l’IVA è del 22%, in alcuni mercati dell’UE può
essere del 10% a parità di prodotto)
3. Problemi valutari e fluttuazione dei tassi di cambio: per i contratti a lungo termine, ricorso a strumenti finanziari per la copertura del
rischio di cambio. Vi può essere un oscillazione del prezzo in un momento successivo alla definizione del prezzo, a fronte di questi
rischi della svalutazione dei cambi l’impresa può coprirsi con strumenti finanziari, e questo comporta degli oneri finanziari che devono
essere ribaltati sul prezzo o sul margine di contribuzione
4. Sistema distributivo e intermediazione presente nel paese estero: canale corto versus canale lungo.
Se si fa ricorso all’esportazione indiretta dobbiamo considerare anche il margine di contribuzione dell’intermediario commerciale

Distribution of Italian wines in China

95
Questa rappresentazione grafica esemplifica
l’idea di che cosa significa esportare
dall’Italia e che cosa può succedere al vino
italiano prodotto in Italia e venduto in Cina.
Dato il sistema di distribuzione cinese vi è
il processo di trasferimento in cui si
possono avere tanti canali.
Prima di arrivare al consumatore finale o
intermedio il prodotto deve passare tanti
passaggi. Di conseguenza questa serie di
passaggi può diluire la strategia di
marketing dell’impresa di produzione
italiana quando non vi è una presenza
diretta del produttore sul primo anello della
distribuzione del mercato cinese. Questi
passaggi hanno indebolito l’eventuale
politica di vendita del produttore italiano
sul mercato cinese e di conseguenza questo
si riflette sul prezzo

Fenomeno price escalation: esempio


Questo esempio mette a confronto il
mercato interno, mercato A e il mercato B
nella definizione del prezzo e mostra come
questo prezzo cresce nelle tre situazioni.
Il mercato interno si differenzia dal mercato
A e B per il fatto che non ho tutti i costi
collegati alla vendita sul mercato estero
(costi di trasporto, dazi, costo per l’importatore)
Il mercato A e il mercato B si differenziano tra di loro in relazione alla modalità di vendita sul mercato estero e in relazione all’imposta sul
valore aggiunto
Il finale di questa storia è che, rispetto al mercato interno, il prezzo sul mercato A cresce del 138% mentre nel mercato B cresce del 246%, la
crescita tra mercato A e mercato B è del 52%. Questo è il fenomeno della price escalation

Che cosa provoca questo incremento del prezzo?

Il prezzo del produttore è di sei € sia che sia


rivolto al mercato interno sia al mercato A e B.
Dopodiché per vendere sia nel mercato A che nel
mercato B vi sono dei costi di assicurazione e di
trasporto pari a 2,50 €, per cui dopo questi
aggiungendo questi costi il prezzo arriva 8,50 in
entrambi i mercati.
Supponiamo che il dazio sia lo stesso cioè 1,20
calcolato includendo anche le assicurazioni di
trasporto perché è il prezzo che viene fatto tenendo
conto di questi elementi. La somma di tali
elementi determina il costo per l’importatore
Dopodiché abbiamo il margine per l'importatore,
ossia il ricarico che applica l'importatore che
supponiamo sia uguale pari al 25% calcolato sul
costo per l'importatore. Il costo totale mentre per il
mercato interno dove non c'è l'importatore rimane
6 € mentre nel mercato A e B è di 12,75.
Dopodiché dobbiamo andare ad applicare
l'imposta sul valore aggiunto che supponiamo
essere 15% per il mercato interno, 20% nel
mercato A e 25% nel mercato B calcolato sulla
voce 5. Quindi l'imposta sul valore aggiunto
comincia a creare dei valori differenti che sommati
quindi portano a una prima differenza dal mercato A al mercato B
Dopodiché abbiamo il grossista, quindi l'importatore vende al grossista anche nel mercato interno, ma non si passa per l'importatore e quindi
mentre nel caso del mercato A e B vi abbiamo un margine dell'importatore nel caso del mercato interno abbiamo direttamente il rapporto con
il grossista. Il costo per il primo grossista sarà 6,90 supponendo che il margine del grossista sia pari al 33% nelle tre situazioni.
A questo punto si va a calcolare l'imposta sul valore aggiunto perché l'imposta sul valore aggiunto si calcola su ogni margine, su ogni markup
per cui in questo caso si calcolerà non sul prezzo finale quindi non sui 6,90 ma verrà calcolato sul margine del grossista. Quindi 2,30 nel caso
del mercato interno 5,9 e 5,31 nel mercato A e nel mercato B Sono differenti perché partiamo da prezzi differenti dovuto alla differenza
dell'imposta sul valore aggiunto
In questo modo definiamo il costo per il secondo grossista perché stiamo ipotizzando che sul mercato B, data la struttura distributiva del
mercato B che prevede non solo grossista e poi dettagliante ma un secondo grossista e poi il dettagliante. È un sistema di distribuzione che
tipicamente si trova in alcune economie, come in quella giapponese caratterizzato da un sistema di una distribuzione non avanzato come
quello occidentale dove esiste la grande distribuzione. Il mercato giapponese è un mercato in cui la distribuzione è ancora di tipo
tradizionale, cioè con più passaggi che il prodotto compie; quindi non solo dal grossista al dettagliante ma ci possono essere anche più figura
di grossisti prima di arrivare al dettagliante, dove spesso il dettagliante non è la grande distribuzione ma sono piccoli punti vendita.

96
Quindi definiamo il costo per il secondo grossista sommando le voci precedenti. Si calcola il margine per il secondo grossista supponendo
che sia pari sempre il 33%. Successivamente si va
a calcolare l'imposta sul valore aggiunto del
secondo grossista solo sul margine 7,52 e poi
andiamo a definire in questo modo il costo per il
dettagliante che è la somma per ciascun mercato
delle voci fin qui definite.
Supponiamo che il margine del dettagliante sia
50%, calcoliamo l’imposta sul valore aggiunto sul
margine del dettagliante. Sul mercato interno il
prezzo è di 15 euro, sule mercato A di 34 e sul
mercato B di 51
Questo è il fenomeno della price escalation,
incrementi causati dal modo in cui siamo entrati
sul mercato estero (presenza di un importatore)
diversa imposta sul valore aggiunto, dazi e diverso
sistema di distribuzione.
Si tratta di un fenomeno abbastanza diffuso
soprattutto oggi dove i prodotti sono abbastanza
standardizzati, quindi per il consumatore diventa difficile trovare giustificazione di questa differenza significativa di prezzo

Soluzioni praticabili dall’impresa per ridurre le differenze di prezzo mercato estero – mercato interno
L’impresa può tutelarsi attraverso:
 riduzione dei costi di produzione e differenziare la produzione a seconda del mercato interno rispetto al mercato estero, con un livello
qualitativo differente e con una forma di approvvigionamento differente per abbattere i costi di produzione (es: costi di
approvvigionamento; delocalizzazione produttiva)
l’impresa può decidere di andare a produrre direttamente sul mercato estero con la delocalizzazione produttiva abbattendo così i costi di
trasporto, costi di assicurazione per muovere la merce dal mercato nazionale al mercato estero, abbattere il costo del dazio e il margine
dell’importatore. Potrebbero rimanere incrementi di costo collegati ai margini degli attori che caratterizzano il sistema della
distribuzione del mercato estero.
Se ci rivolgiamo all’importatore inoltre tutto ciò che succede dopo l’importatore l’impresa lo perde perché viene gestito
dall’importatore, quindi l’influenza dell’impresa di produzione si indebolisce fortemente. Infatti il fenomeno della price escalation è più
significativa quando l’impresa utilizza un esportazione indiretta rispetto all’esportazione diretta.
 scelta di un canale di distribuzione medio-corto (es: vendita diretta al dettagliante). Più ci si avvicina al cliente intermedio (dettagliante)
o finale, minore è l’impatto dell’incremento del prezzo
 scelta di una differente modalità di entrata (es: consociata commerciale/produttiva, accordi di licensing, per evitare i costi addizionali di
esportazione), come esportazione indiretta vs esportazione diretta oppure andare a produrre nel mercato estero attraverso il sistema di
produzione del partner (licensing)
Quando parliamo di price escalation non coincide esattamente con il concetto di adattamento del prezzo
Il prezzo sul mercato estero potrebbe essere anche più basso rispetto al prezzo di un altro mercato. Mentre il fenomeno della price escalation
è un incremento di prezzo sul mercato estero

Criteri per la determinazione del Prezzo


Il prezzo si definisce tenendo conto dei costi, perché il prezzo deve coprire i costi che l'impresa sostiene e possibilmente conseguire un
margine di guadagno sicuramente nel lungo periodo. Nel breve periodo l'impresa potrebbe anche giustificare un prezzo che non copra che
non permetta di conseguire un margine di guadagno se, considerando il ricavo complessivo del portafoglio prodotti, l'impresa per sostenere la
vendita di un prodotto può decidere di contenere il prezzo di questo prodotto ed eventualmente anche vendere in perdita, cioè ad un prezzo
anche leggermente inferiore ai costi sostenuti se dall'altra parte vi sono dei prodotti che consentono di realizzare dei ricavi che compensano le
perdite del precedente prodotto nel breve periodo
Tuttavia il prezzo non è corretto dire che va definito soltanto sulla base dei costi perché l'impresa può definire un prezzo anche sulla base dei
costi ma non essere competitivo sia dal punto di vista del comportamento della domanda e conseguentemente del comportamento dell'offerta.
Quando parliamo di competizione vuol dire che si ci troviamo in un mercato in concorrenza perfetta o in oligopolio, non siamo in una
condizione di monopolio perché se fossimo in una condizione di monopolio l'impresa definisce il prezzo sulla base dei propri costi e può
anche disinteressarsi della domanda perché non c'è un'offerta alternativa.
Nel momento in cui l'impresa non opera in una situazione di monopolio è evidente che il prezzo non può essere definito soltanto sulla base
dei propri costi ma deve tener conto anche della domanda e dell'offerta quindi del prezzo fatto della concorrenza.
Quindi i criteri per la definizione del prezzo sono criteri sulla base dei costi, sulla base della domanda e sulla base dell'offerta e dovrebbero
dialogare tra di loro
Il problema è che molto spesso gli imprenditori perdono di vista queste tre dimensioni nella definizione del prezzo concentrandosi, anche per
una questione di semplicità, più sulla definizione del prezzo sulla base di costi quindi non ponendosi anche nell'ottica della domanda e
dell'offerta e a volte questa svista viene comporta delle perdite per l'impresa perché si colloca il prodotto sul mercato ad un prezzo fuori
mercato, cioè un prezzo che non corrisponde alle attese del consumatore e all'offerta dei concorrenti.
Questo ragionamento che chiaramente vale per il contesto nazionale è amplificato nel contesto estero dalla difficoltà che l'imprenditore, il
dirigente o l'export manager può incontrare nel cogliere il comportamento della domanda rispetto al prezzo e nel cogliere anche l'offerta delle
dinamiche dal punto di vista della dell'offerta
Questo può produrre delle conseguenze negative amplificate nel contesto internazionale
Queste difficoltà sono accentuate dal come si opera all'interno delle impresa, vale a dire che se l'impresa non si avvale della conoscenze di
ritorno che possono derivare dai commerciali che operativamente agiscono sul territorio o non si avvalgono delle informazioni che possono
venire dall’agente di vendita o dall'intermediario commerciale, e invece la decisione è in capo all'imprenditore che fissa un prezzo sulla base
del suo intuito ed esperienza; questo può essere un errore organizzativo della relazione tra i vertici e la base

Definizione del prezzo sulla base dei costi


Criteri cost-based

97
A. Prezzo base (o prezzo minimo): è il prezzo che permette il recupero dei soli costi variabili di prodotto:
Prezzo base = costi variabili unitari (cv) [+ costi attività export (costi di gestione, di trasporto, assicurativi, dazi)]
B. Prezzo tecnico: corrispondente al punto di equilibrio (break-even point), ovvero il prezzo che permette un recupero totale dei costi
variabili e di quelli fissi:
Prezzo tecnico = cv + costi fissi (Cf) / qa (dove qa rappresenta la quantità attesa di vendite del prodotto)

Prezzo tecnico (B)


Break-even analysis: il modello si sviluppa applicando la formula
Ricavi totali (rt) = Costi totali (ct)
con rt = p*qa: prezzo (p) per quantità di vendite attese (qa)
e ct = cv*qa + Cf: costo variabile unitario (cv) per quantità di vendite attese (qa) sommate ai costi fissi (Cf)
Sviluppando la formula descritta si ottiene: p*qa = cv*qa + Cf
Da cui (p) prezzo è uguale a: p = cv + Cf/qa

C. Prezzo target: permette di recuperare oltre alla copertura dei costi (fissi e variabili) anche una parte di marginalità:
 Prezzo target = Prezzo tecnico + r*K/qa, dove r rappresenta la marginalità attesa e K il capitale investito, oppure
 Prezzo target = (cv + CFu)(1 + mr)/qa, dove mr = margine di ricarico (definito su base esperienziale)
Sono due modi alternativi di considerare il prezzo target ancorandolo o alla reddittività del capitale investito nella realizzazione di quel
prodotto oppure definendo il margine di ricarico, come percentuale del prezzo tecnico definita su base esperienziale, ossia l’esperienza
dell’export manager, dall’imprenditore nelle piccole imprese. L’errore è se questo margine viene definito senza tenere conto del
comportamento della domanda e della concorrenza sui mercati esteri

Esempio
Costo variabile unitario di prodotto (cvu): 20 €
Costi fissi (cf): 5.000.000€
Vendite attese (qa): 100.000 unità
Tasso di redditività atteso (r): 10%
Totale capitale investito: 20.000.000€

Differenti configurazioni di prezzo


Prezzo minimo = cvu = 20 €
Prezzo tecnico = cvu + cf/qa = 20 + 5.000.000/100.000 = 70 €
Prezzo target = cvu + cf/qa + (r*K)/qa = 70 + (0,10*20.000.000)/100.000 = 90 €

Prezzo base (o prezzo minimo): copertura dei costi variabili


Adottato quando:
1. l’impresa dispone di una capacità produttiva inutilizzata; è disposta a vendere ad un prezzo che sia in grado di coprire i soli costi
variabili → posizione difensiva per saturare la capacità produttiva e non vi è una progettualità di vendita di lungo periodo
2. l’impresa vuole avviare una politica di penetrazione commerciale di lungo periodo. L’impresa carica i CF sul mercato interno e
aggredisce il mercato estero praticando prezzi pari ai costi marginali (successivo eventuale rialzo del prezzo) → posizione aggressiva
per costruire una posizione competitiva sul mercato estero per stabilizzare la presenza sul mercato estero.
Con un prezzo che consente di coprire i costi variabili l’impresa può adottare una strategia di penetrazione sui mercati esteri con un
prezzo contenuto per l’impresa stessa in modo da conseguire delle quote di mercato
La logica che sottende all’applicazione di un criterio di questo tipo è la seguente: vendo sul mercato estero ad un prezzo che copre soltanto i
costi variabili perché i costi fissi comunque li sostengo anche se decido di un vendere sul mercato estero, quindi ha senso che in questa fase
di prima entrata sul mercato estero sostengo i costi fissi solo sul mercato nazionale. Nel momento in cui si raggiungono determinate quote sul
mercato estero si può poi pensare di incrementare il prezzo.

Vantaggi: Effetti positivi sull’incremento del volume delle vendite


Svantaggi:
 rischio competizione sui prezzi  concorrenti potrebbero reagire con una riduzione dei prezzi scatenando la cosiddetta guerra dei prezzi
 rischio dumping  vendo ad un prezzo inferiore rispetto a quello del mercato domestico
 rischio percezione ridotto livello qualitativo dell’offerta  se applichiamo questa strategia di prezzo minimo senza tenere conto delle
possibili percezioni della domanda e della reazione dei concorrenti e della normativa locale ci esponiamo a rischi importanti in quando i
consumatori potrebbero percepire il prodotto di bassa qualità

Prezzo tecnico: copertura di tutti i costi


Adottato quando:
1. l’impresa si trova in una situazione dominante nel mercato estero e in assenza di concorrenza oppure in una concorrenza non temibile
per l’impresa;
2. l’impresa vende prevalentemente sul mercato interno; decide di vendere sui mercati esteri solo se economicamente conveniente (no
politica di penetrazione commerciale aggressiva)
Vantaggio: Metodo sicuro perché consente il pieno recupero dei costi
Svantaggio: può non tenere conto delle condizioni locali della domanda e della concorrenza perché potrebbe applicare un prezzo al di sopra
del prezzo medio del mercato e quindi potrebbe non conseguire i risultati
attesi

Confronto tra metodo del prezzo base e prezzo tecnico


Questa tabella ci dice quale può essere l'incremento tra il prezzo tecnico e
prezzo base

98
Fattori di scelta tra metodo Prezzo tecnico e Prezzo base
Quando l'impresa ha un prodotto che può essere adattato,
quindi differenziato nel mercato adesso rispetto al mercato
interno o tra i mercati esteri allora può essere adottato un
prezzo tecnico perché il prezzo più alto rispetto alla media
del prezzo può essere giustificato dalla differenziazione
del prodotto. Mentre se questa differenziazione del
prodotto viene meno si può giustificare un prezzo base.

L'atteggiamento verso una politica commerciale estero può


essere di natura occasionale, quindi applico con prezzo
tecnico, oppure se è di medio lungo periodo applico un
prezzo base. Se voglio penetrare nel mercato, quindi
voglio conseguire delle quote di mercato sono aggressiva
rispetto al mercato.

Necessità di sfruttare capacità produttiva in eccesso: il


prezzo base mi consente di ottenere questo obiettivo non è invece l'obiettivo nel caso del prezzo tecnico

Possibilità di conseguire economie di scala è più elevata quando si applica il prezzo base perché si gioca sulla dimensione di scala

Se guardiamo la situazione del mercato e quindi abbiamo un


potenziale di crescita nel mercato estero si può applicare un
prezzo contenuto per arrivare ad ottenere delle quote di
mercato obiettivo, stabilizzare le vendite a quel punto poter
aumentare il prezzo.
Vi è un rischio insito nel passare da un prezzo ad un altro
soprattutto quando vi è un incremento di prezzo, vi può
essere un rischio di confusione nella nel consumatore.

Potenziale per vendite future: prospettive di crescita future


più elevato nel caso del prezzo base

Sensibilità al prezzo dell'utilizzatore finale: applico un


prezzo definito di scrematura quando vi è una scarsa
sensibilità il prezzo allora può essere questo mantenuto alto,
quando invece la sensibilità il prezzo è alta allora dobbiamo ottenere prezzi bassi quindi fino arrivare a un prezzo definito sulla base dei costi
variabili.

L'intensità della competizione quando è alta ci porta ad utilizzare ad applicare un prezzo base

Quando è necessario dover contrastare l'azione dei concorrenti potrebbe avere un senso applicare un prezzo base (attenzione al fenomeno
della guerra dei prezzi)

Criteri per la determinazione del Prezzo: Definizione del prezzo sulla base della domanda del mercato estero
La definizione del prezzo non può prescindere dalle caratteristiche della domanda e il suo andamento futuro (comportamento consumatori o
clienti industriali)
Si tratta di una domanda il cui comportamento può risentire delle preferenze dei consumatori legate a fattori geografici, demografici e
culturali, esistenza dei prodotti sostitutivi e informazione in possesso dei consumatori.
Uno strumento come l’e-commerce accresce la possibilità di accesso all’informazione da parte del consumatore rendendo più difficile per
l’impresa applicare prezzi differenti tra i mercati perché il consumatore può fare dei confronti anche in riferimento alla stessa impresa
Occorre:
- Valutare le caratteristiche della domanda e il suo possibile andamento futuro.
- Valutare l’elasticità della domanda rispetto al prezzo: stima della sensibilità degli acquirenti rispetto alle variazioni di prezzo, come la
domanda varia al variare del prezzo

Elasticità della domanda: è possibile individuare differenti situazioni in relazione alla conformazione della curva della domanda:
 domanda elastica: la domanda si riduce all’aumentare del prezzo (beni di largo consumo)
 domanda inelastica o rigida: la domanda non si modifica al variare del prezzo (beni indispensabili), questo si verifica anche quando il
consumatore non è in grado di conoscere le variazioni del prezzo per mancanza di informazioni
 domanda con elasticità positiva: la domanda cresce al crescere dei valori di prezzo (beni di lusso, beni ad elevata percezione di qualità
dove il prezzo svolge una funzione di sostituto nella valutazione di qualità del prodotto (fattori intrinseci))

Fattori che influenzano la sensibilità al prezzo del consumatore


 percezione della qualità del prodotto e dell’immagine del prodotto/marca
 grado di consapevolezza del consumatore circa i prodotti sostitutivi (caratteristiche e prezzo dei prodotti sostitutivi), tutto ciò che attiene
alla capacità di acquisire informazioni
 grado di difficoltà nell’effettuare confronti tra alternative con diverso rapporto qualità/prezzo
 incidenza del prezzo del prodotto sulla spesa complessiva del consumatore. L’importanza della spesa sostenuta dal consumatore rispetto
alla categoria di prodotto, cioè quanto più importante è l’acquisto del prodotto sulla spesa complessiva del consumatore, tanto più vi è

99
una sensibilità rispetto al prezzo (prodotti alimentari sono un elemento importante sulla spesa del consumatore, quindi l’elemento del
prezzo diventa una leva importante nel processo decisionale di acquisto del consumatore)
Tutto questo è collegato alle condizioni economiche del consumatore, quindi al reddito pro capite, propensione al risparmio
Questi elementi impattano sulla sensibilità del consumatore rispetto al prezzo, ossia alla elasticità della domanda

Come possono essere utilizzabili tutti questi ragionamenti per l'impresa che vuole definire il prezzo nel contesto estero? Tutte queste
considerazioni vengono prese in considerazione per comprendere a quale prezzo il prodotto può essere fissato.
Ad esempio se il prodotto gode di un'immagine di paese di origine ed è un prodotto che viene percepito dal consumatore straniero più che dal
consumatore domestico un prodotto di status allora vi è un elemento di domanda con l'elasticità positiva e l'impresa può applicare un
premium price, ossia un prezzo superiore rispetto a quello al quale viene venduto sul mercato nazionale perché corrisponde a una superiore
qualità attribuita al prodotto dal consumatore straniero. Lo stesso ragionamento vale l'opposto, se si tratta di un bene che viene da un paese
con un'immagine negativa quindi il prezzo verrà considerato al ribasso.
Questi elementi dovrebbero essere e noti all'impresa in modo tale da riflettere il comportamento del consumatore rispetto a come viene
percepito il prodotto nella definizione del prezzo, quindi se aumentare il prezzo ad un livello superiore rispetto a quella del mercato oppure a
un livello inferiore
Tuttavia si tratta di un operazione complessa perché non è facile per l'impresa poter conoscere qual è la reazione del consumatore al prezzo,
perché la reazione del consumatore al prezzo si ha quando il prezzo è stato già definito quindi incorporarlo prima può essere un'operazione
complessa
Questa difficoltà può essere ottenuta mediante differenti metodi. Il calcolo dell’elasticità può essere ottenuta mediante differenti metodi:
- osservazioni di serie storiche: risultati di vendite passate rispetto alle relative variazioni del prezzo.
Osservando quali sono i prezzi ai quali prodotti analoghi sono stati venduti o lo stesso prodotto dell'impresa può essere venduto per
poter adattarlo alle condizioni del mercato in un momento successivo.
- ricorrendo a metodi empirici: indagini dirette presso i consumatori, sperimentazioni, focus group, test di mercato, ecc….
E’ importante utilizzare le informazioni in possesso del commerciale, cioè di chi opera sul campo
L’utilizzo di queste metodologie presentano molte difficoltà applicative e nella prassi aziendale definire il prezzo sulla base della domanda
risulta poco diffuso soprattutto nelle imprese di piccola e media dimensione

Caso Paciotti: azienda che produce calzature nel segmento di lusso che distribuisce sul mercato nazionale attraverso reti di punti vendita
monomarca e plurimarca prodotti di fascia alta che vende anche all'estero
Nel definire il prezzo al quale vendere il prodotto sui mercati esteri si è fortemente affidata ai direttori dei punti vendita diretti sui mercati
esteri
Il risultato è la definizione di una procedura di rilevazione dei prezzi consigliati al pubblico sulla base del valore indicato dai manager di rete,
cioè dai direttori commerciali dei punti vendita
Solo in una fase successiva viene realizzato un processo di controllo di coerenza con i dati di costo.
Si procede al contrario: definisco il prezzo sulla base di come può essere percepito dalla domanda, dal consumatore.
Quindi se è opportuno che quel prodotto venga venduto a 100 costruisco gli elementi di costo a partire da quel prezzo definendo il margine di
contribuzione e i costi che dovrei sostenere per realizzare quel prodotto
Questo ha anche un impatto sul sistema di produzione e dunque sulla necessità eventualmente di comprimere determinati voci di costo per
poter conseguire quel prezzo finale e quel margine di guadagno

Criteri per la determinazione del Prezzo: Definizione del prezzo sulla base della concorrenza del mercato estero
La definizione del prezzo non può prescindere dal comportamento della concorrenza, questo può essere evitato in caso di condizioni di
monopolio
La complessità nel mercato estero è andare a studiare la concorrenza. Quindi nei mercati esteri bisogna:
- individuazione dei concorrenti diretti o che commercializzano prodotti sostitutivi (nazionali ed esteri)
- identificare i concorrenti rispetto alle quote di mercato controllate: struttura competitiva (concentrazione o frammentazione del mercato)
- studiare le strategie adottate dai concorrenti con riferimento ai Prezzi applicati, alle funzioni di costo e alle scelte relative alle strategie
di pricing (scrematura o penetrazione)
Più complicato è andare a studiare la struttura di costo dei concorrenti che giustificano le relative strategie di prezzo praticate dal
concorrente.
Studiare la struttura del costo significa capire qual è l'incidenza dei costi variabili rispetto ai costi fissi perché in base al prezzo praticato
e alla struttura dei costi l'impresa può comprendere quali possono essere le azioni dei concorrenti alle sue strategie di prezzo, quindi una
eventuale strategia aggressiva, piuttosto che difensiva o strategia di scrematura del prezzo e quindi la possibilità che si possa o meno
innescare una guerra dei prezzi o piuttosto la possibilità che il concorrente possa annullare un'eventuale strategia di innalzamento del
prezzo per valorizzare il prodotto differenziato nel momento in cui il concorrente è in grado di imitare il prodotto dell'impresa.
- comprendere le strategie di prezzo per valutare le possibili reazioni dei concorrenti alle strategie di prezzo dell’impresa (rischio price
competition)

Politiche di pricing sui mercati esteri: Approccio base mercato


Sulla base della conoscenza del comportamento anche dei concorrenti si possono attuare le tre strategie di prezzo:
1. prezzo di allineamento al prezzo di mercato
2. prezzo di scrematura
3. prezzo di penetrazione

P di allineamento: Prezzo in linea con i concorrenti diretti (Prezzo medio dei concorrenti diretti)
Conosciamo qual è il prezzo di mercato e ci alleniamo a quel prezzo, cioè entriamo sul mercato estero praticando un prezzo che è quello
medio di mercato
Dobbiamo andare a vedere che impatto ha questo prezzo sui margini di guadagno e quindi sulla struttura dei costi
Adottato quando l’impresa:
1. detiene una quota di mercato modesta e uno o più concorrenti locali sono leader e fanno il prezzo; entra in modo occasionale.
Qualunque prezzo che si discosti da quello medio di mercato potrebbe essere non competitivo per l’impresa
2. non è in grado di reperire dati e informazioni circa le variabili del mercato di destinazione, quindi circa la struttura dei costi dei
concorrenti quindi si adegua a quello di mercato

100
3. accetta quello di mercato per evitare ritorsioni da parte del concorrente-leader e forme di price competition
4. evitare accuse di pratiche illecite (dumping)

P di scrematura: differenziale positivo rispetto al prezzo di mercato → Premium price: percezione elevata della qualità del prodotto
(domanda tendenzialmente insensibile al prezzo); sviluppare ampi margini di guadagno
Un prezzo di scrematura quindi significa applicare un prezzo superiore rispetto alla media del mercato. Quando l'impresa ha un prodotto di
qualità sa che il consumatore lo percepisce come un prodotto di qualità con riferimento all'immagine paese di origine, all’idea di status
simbolo legato a un prodotto straniero; l'impresa è in grado di applicare un Premium price, quindi un incremento di prezzo rispetto a quello
medio di mercato
Si tratta di una domanda che è insensibile al prezzo e che vede nel prezzo quello strumento di valutazione della qualità, più alto il prezzo più
alta è la qualità del prodotto
Il rischio è che una strategia di questo tipo possa essere annullata o da una errata valutazione del comportamento della domanda che in realtà
non è così insensibile al prezzo, quindi in realtà un prezzo alto rispetto alla media del mercato non la porta comunque a valorizzare la qualità
del prodotto e quindi ad acquistare quel prodotto
Oppure perché i concorrenti sono in grado di imitare nel medio lungo periodo quegli elementi di qualità nel prodotto dell'impresa straniera,
annullando in questo modo gli elementi di differenziazione che possono giustificare il maggiore prezzo e dunque poi il rischio è quello di
trovarsi con un prodotto non competitivo sia sul fronte della qualità che sul fronte del prezzo

P di penetrazione: differenziale negativo rispetto al prezzo di mercato → Prezzo aggressivo: incrementare sensibilmente e velocemente le
vendite per acquisire quote di mercato significative (misurazione
degli effetti della riduzione del prezzo sull’incremento della domanda e sulla reazione di concorrenti)
Il prezzo di penetrazione è un prezzo aggressivo, vale a dire applicare un prezzo più basso rispetto alla media del mercato da incrementare in
una fase successiva quando si sono raggiunte determinate quote di mercato.
Bisogna effettivamente valutare se un prezzo più basso può avere un impatto negativo sulla percezione di qualità del prodotto da parte del
consumatore straniero
Il rischio di una reazione dei concorrenti è quella che a fronte di un prezzo contenuto a loro volta porteranno a ridurre il prezzo provocando la
guerra del dei prezzi a vantaggio del consumatore ma a danno quindi delle imprese presenti sul

Caso: introduzione dei pannolini in Brasile. Strategie attuate dal marchio Pampers della Procter & Gable e del marchio Aghis, i quali hanno
provocato una guerra dei prezzi quindi una progressiva riduzione del prezzo
Questo è stato fatto per favorire la penetrazione all'inizio dell’entrata sul mercato brasiliano a tutto vantaggio del consumatore e dei
produttori locali che si sono trovati con un prodotto che era noto e che erano in grado di realizzare a un costo ancora più basso, quindi in
grado di applicare un prezzo più contenuto sottraendo in questo modo quote di mercato ai concorrenti stranieri e quindi limitando le
opportunità di sviluppo per i due brand stranieri fin quando sono stati in grado di attuare una politica di prezzo aggressiva

Capitolo 12:
Strategie di marketing mix sui mercati esteri: Politiche internazionali di distribuzione

Canale di entrata e canale di distribuzione


Il canale di entrata/modalità di entrata nei mercati internazionali rappresenta la modalità attraverso la quale l’impresa oltrepassa il confine
nazionale per raggiungere il mercato estero
Il canale di distribuzione è l’insieme dei passaggi che il bene compie nel tragitto che lo porta da produttore al consumatore/utilizzatore finale.
Come il prodotto viene distribuito nel mercato estero
Questi due concetti sono distinti con riferimento a molte modalità di entrata, mentre coincidono nel caso di importatore/distributore e
franchising
Questi due concetti originano due scelte per l’impresa: come portare il prodotto sul mercato estero e come distribuirlo.
La decisione del come distribuire il prodotto sul mercato estero è in capo all’impresa direttamente quando entra con l’esportazione diretta
(personale di vendita, consociata commerciale, rete di agenti di vendita), quando realizza un investimento produttivo sul mercato estero,
assunto in condivisione nel caso di accordi di collaborazione ed è affisata totalmente parzialmente all’intermediario commerciale nel caso
delle esportazioni indirette

L’architettura delle scelte distributive internazionali


Quando si entra sui mercati esteri l’impresa deve fare qualcosa che già fa per i mercati nazionali. In uno specifico mercato estero l’impresa
definisce le strategie di distribuzione cosi come le definisce sul mercato interno
Scelte per il mercato estero (singolo paese di destinazione):
 Scelta del canale di distribuzione (diretto/indiretto; indiretto lungo/corto). La scelta dipenderà dalle abitudini del consumatore e vincoli
strutturali. A volte l’impresa è obbligata alla scelta di una strategia di distribuzione perché il sistema della distribuzione presenta un
vincolo strutturale per cui l’impresa deve vendere in un certo modo
 Scelta della copertura distributiva (quanti/quali intermediari utilizzare). Questa è una valutazione simile a quella che l’impresa fa già nel
mercato domestico

Ciò che si aggiunge nel contesto internazionale è la situazione di una impresa che opera in più mercati esteri
Scelte per i mercati esteri (insieme dei mercati internazionali)
 Politica integrata di distribuzione sui diversi mercati (attività connesse alla movimentazione delle merci da collocare nei punti vendita;
attività relative alla logistica e al trasporto, attraverso un centro di distribuzione utilizzato per servire attori distributivi collocati in
diversi mercati; vedi es. Luxottica). Come coordinare la vendita quando l’impresa opera in più mercati
 Gestione dei mercati paralleli generata dalla differenza di prezzo e del sistema di distribuzione
Sistema distributivo di Luxottica
Espansione Internazionale: 130 paesi nel mondo (Nord America, Europa; Asia-Pacifico; America Latina; Africa e Medio-Oriente; mercati
emergenti in crescita)
Siti Produttivi: 6 in Italia, 3 in Cina, 1 in India , 1 in California, 1 in Brasile

101
Rete distributiva: wholesale (distribuzione indiretta corta, composta da punti vendita e catene di ottici di terzi) e rete retail (distribuzione
diretta, composta da punti vendita di proprietà e in franchising). Gestione attraverso una struttura distributiva centralizzata
Funzionamento struttura distributiva centralizzata: sistema distributivo integrato a livello internazionale per servire le divisioni Wholesale e
Retail.
- Raccorda i centri logistici e di vendita con gli impianti produttivi, consentendo di: controllare giornalmente le vendite nel mondo e
i livelli delle scorte; programmare le risorse produttive e gli approvvigionamenti in base alle domande dei singoli mercati.
- Si avvale di 18 centri distributivi (11 nelle Americhe, 5 nella regione Asia-Pacifico e 2 in Europa), che consentono di ottimizzare il
lead time (tempi di consegna della merce) a livello globale. Tra questi centri distributivi,
- quattro centri distributivi principali, definiti “hub” situati in posizioni strategiche (Sedico, Italia; Atlanta, Stati Uniti; Ontario,
Canada; Dongguan, Cina). Operano come centri unificati per la gestione degli ordini mediante un sistema automatizzato per servire
gli altri centri distributivi del Gruppo e spedire direttamente i prodotti ai clienti in alcuni mercati.

Vincoli strutturali e possibili modelli distributivi internazionali


La scelta del canale di distribuzione in ogni singolo mercato paese in cui l’impresa intende
operare deve tener conto dei vincoli strutturali che incidono sulla configurazione del sistema
distributivo
Vi sono modelli diversi di sistema di distribuzione nei mercati esteri. Se in occidente, Italia,
Francia, USA esiste un modello di distribuzione delle cosiddette economie avanzate per cui
esiste il sistema della grande distribuzione; vi sono modelli dove non si è affermato un
sistema avanzato come quello della grande distribuzione (Giappone) dove il sistema di
distribuzione è lungo perché esiste la figura di un primo, secondo e terzo grossista fino ad
arrivare ai dettaglianti che sono piccoli punti vendita
Vi è anche un modello delle economie in transizione, come quello cinese e russo, dove
comincia a diffondersi accanto ai sistemi tradizionali 8secondo modello) anche il modello dei
paesi sviluppati e grande distribuzione
Il primo modello è quello delle economie meno evolute dove esistono solo piccoli punti vendita, non esiste la grande distribuzione, non esiste
il grossista
Questi sono vincoli strutturali; l’impresa nel momento in cui vuole vendere in un mercato dove esiste un mercato piuttosto che un altro deve
adeguarsi, deve inserire nelle sue strategie di vendita il modello di distribuzione presente nel mercato estero

Le alternative di canale per i prodotti alimentari confezionati nei mercati internazionali


A. Canale diretto (assenza stadi d’intermediazione): Produttore  Consumatore
B. Canale indiretto breve (uno stadio d’intermediazione - dettagliante): Produttore  Dettagliante  Consumatore
C. Canale indiretto medio (due stadi d’intermediazione – grossista e dettagliante): Produttore  Primo Grossista  Dettagliante 
Consumatore
D. Canale indiretto lungo (più di due stadi d’intermediazione)

I fattori della scelta del canale distributivo sui mercati esteri


Fattori di scelta nel mercato nazionale
 Caratteristiche della domanda: dispersione geografica, comportamento di acquisto, abitudini relative ai luoghi di acquisto
 Caratteristiche del prodotto: caratteristiche merceologiche (grado di deperibilità), tecniche e fisiche (livello di assistenza e servizi),
economiche (valore unitario del prodotto)
 Caratteristiche dell’impresa: dimensione aziendale e situazione finanziaria (→ quali funzioni attribuire al distributore) e posizionamento
competitivo (→ immagine aziendale)
 Caratteristiche della concorrenza: forme distributive utilizzate
 Caratteristiche dei distributori: dimensione e posizionamento competitivo; livello di servizi commerciali erogati

Fattori di scelta che acquisiscono centralità in ambito internazionale


 Cultura nazionale: condizioni storiche e ambiente culturale in cui si sono formati e sviluppati i sistemi distributivi
 Efficienza degli intermediari: gestione dei servizi commerciali
 Abitudini del consumatore: modalità di acquisto e preferenza per tipologia di punti vendita in relazione alla categoria merceologica da
acquistare
 Normativa attività commerciale: regolamentazione in materia di sistema distributivo (processi di liberalizzazione)
 Tipologia di prodotto: beni di consumo non durevoli (es.: beni alimentari) e durevoli (es.: elettronica di consumo); prodotti industriali
(materie prime e semilavorati) e beni strumentali (macchinari)

Il servizio post-vendita come forma di contatto diretto con il consumatore nei mercati
internazionali

Internazionalizzazione dei distributori al dettaglio Processo di internazionalizzazione in


crescita ma in ritardo rispetto all’industria manifatturiera a causa di:
- difficoltà di esportare un servizio rispetto ad un prodotto fisico
- relativa facilità con cui è possibile imitare e replicare la formula distributiva di successo
- necessità di adattare il servizio commerciale per aderire alla cultura e alle abitudini di acquisto e consumo dei prodotti sui diversi
mercati.
Direzione del Processo di internazionalizzazione delle imprese commerciali: dai paesi dotati di sistemi distributivi evoluti verso paesi con
livelli di modernizzazione distributiva inferiore (minore incidenza quota vendita della GDO rispetto al dettaglio indipendente tradizionale)

102
I motivi e le modalità di internazionalizzazione dei distributori al dettaglio: I motivi
Approccio reattivo (fattori di natura push)
 Livello di competizione interna: elevata concorrenza sul mercato domestico
 Grado di saturazione del mercato nazionale: bassi livelli di sviluppo del mercato retailer
 Normativa restrittiva nei confronti di nuovi formati distributivi (GDO)
Approccio proattivo (fattori di natura pull)
 Tasso di sviluppo del mercato estero: positive prospettive di crescita (popolazione con crescente potere di acquisto)
 Grado di apertura del mercato estero agli investimenti stranieri e liberalizzazione del commercio
 Similarità del mercato estero: condizioni di vicinanza geografica e culturale

I motivi e le modalità di internazionalizzazione dei distributori al dettaglio: Le modalità di ingresso nel paese estero
 Crescita per vie interne: apertura di punti vendita di proprietà.
Vantaggi: maggiore autonomia nell’organizzazione del servizio e maggiore controllo gestionale. Ostacoli: normative che impongono
partnership con attori locali; distanza culturale che rende preferibile forme di accordi; indisponibilità di localizzazione per
l’insediamento delle strutture distributive
 Fusioni ed acquisizioni di punti vendita o catene già esistenti. Necessaria quando non vi sono localizzazioni disponibili o le
localizzazioni attrattive (es.: centri storici) sono occupate dei competitor.
Vantaggi: entrata più veloce e con ritmi di crescita più rapidi.
Ostacoli: complessità dovuta alle diverse pratiche manageriali delle due imprese
 Joint venture: modalità utilizzata dai grandi distributori al dettaglio per insediarsi nei mercati emergenti. Necessaria per vincoli
normativi o per agevolare l’accesso ai network di fornitori locali
 Franchising: vantaggi quali elevato livello di autonomia dai partner locali; elevato livello di standardizzazione della formula distributiva
a livello internazionale; contenimento delle risorse economiche investite

Opportunità per le imprese manifatturiere derivanti dall’internazionalizzazione della distributori al dettaglio


 Minore livello di adattamento delle scelte di canale a livello internazionale: possibilità di utilizzare gli stessi canali di distribuzione del
paese di origine (es.: canale indiretto corto)
 Minore fabbisogno di competenze di natura interculturale necessarie per gestire le relazioni con il retail: presenza di uno stesso
distributori su più mercati con cui rapportarsi
 Possibilità di sviluppo, congiunto con il retailer, di nuovi mercati: possibilità di entrare in nuovi mercati sfruttando la relazione di
fornitura già in essere sul mercato domestico o in altro mercato con un distributore presente sul mercato estero da penetrare
 Maggiore sensibilità del consumo verso prodotti esteri generata dall’internazionalizzazione della struttura distributiva che integra
prodotti nazionali con prodotti stranieri
 Maggiore apertura del mercato distributivo a pratiche manageriali evolute: la presenza di distributori stranieri può favorire lo sviluppo
della distribuzione moderna nel mercato estero

103

Potrebbero piacerti anche