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29 settembre 2021

I primi 10 esportatori mondiali di


merci (quote di mercato)
Molte delle aziende che possiamo trovare
in Italia si occupano anche di esportare i
propri prodotti. Vediamo una diminuzione
delle quote di mercato estere dal 2003
(3,9) al 2019 (2,8) e questo per la crisi
economica vissuta intorno al 2007/2008
ma anche per altri fenomeni come lo
spostamento di imprese all’estero, che si
sono sempre più intensificati con la crisi
e che poi hanno continuato.

FLUSSI COMMERCIALI DI MERCI (MILIARDI DI DOLLARI)

Questo grafico ci indica la direzione dei flussi commerciali di merci.


- Le frecce sono di dimensioni proporzionali al volume degli scambi (+ grandi sono le
frecce > sono i flussi).
- Le cifre all’interno delle ellissi si riferisce al volume degli scambi interni.
Questo grafico ribadisce che il commercio mondiale è dominato da una triade: Stati Uniti,
Europa e Asia. Gli stati uniti presentano una bilancia commerciale in passivo ovvero,
importano più di quello che esportano, l’Asia invece esporta più di quello che importa

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(bilancia commerciale in attivo/positivo → surplus commerciale = il paese ha realizzato
profitti dal commercio internazionale). Il Medio Oriente presenta un grande volume di
esportazioni soprattutto verso l’Asia, questo probabilmente ci fa pensare allo scambio di
combustibili e beni energetici (es. petrolio) di cui il Medio Oriente è fortemente provvisto.
In questo grafico possiamo anche vedere la rete di produzione globale che comporta non solo
lo scambio di beni finiti ma anche di parti di beni.
Il grafico è stato sviluppato nel 2008/2009, studi recenti su dati attuali mettono in evidenza
che la situazione non è cambiata e che il commercio è dominato dalla triade: Stati Uniti,
Europa e Asia.

INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI


Investimenti diretti esteri (IDE): flussi di investimenti effettuati da soggetti (investitori) in
paesi diversi rispetto a quelli in un cui ha sede l’attività, finalizzati all’acquisizione di
partecipazioni durevoli in un’impresa estera (fusioni e acquisizioni o investimenti
brownfields) o alla costituzione di una filiale all’estero (investimenti greenfields).
Gli IDE sono non solo una misura del processo di globalizzazione, ma sono una misura
dell’importanza crescente che hanno assunto, nel panorama globale, le grandi imprese
multinazionali. Sono espressione dell’attività delle grandi imprese multinazionali.
Solitamente si distingue tra:
- IDE orizzontali, investimento in cui l’impresa va alla ricerca di un nuovo mercato di
sbocco per i suoi prodotti o nel caso in cui l’impresa va a proteggere alcuni mercati di
sbocco dei propri servizi. In questo caso si “duplicano” dell parti del processo
produttivo acquisendo o costruendo nuovi impianti per fornire nuove aree geografiche
(acquisire altre imprese o costruire una filiale). Gli IDE orizzontali sono una
sostituzione dei flussi commerciali perché l’impresa si colloca direttamente sul
mercato estero e importa direttamente su quello.
- IDE verticali, si vanno a cercare degli input strategici, ad esempio le materie prime
(es. in antichità le imprese andavano nei territori coloniali per impossessarsi di
materie prime da utilizzare nella propria produzione). Oggi, in particolare, le imprese
vanno alla ricerca dell’abbassamento dei costi di produzione (acquisire altre imprese o
costruire una filiale). Gli IDE verticali vanno ad incrementare le esportazioni e le
importazioni perché permettono il movimento di input intermedi tra i vari luoghi in
cui è distribuita la catena produttiva.
Si stima che cerca ⅓ del commercio internazionale oggi avvenga all’interno di imprese
multinazionali (tra sedi, filiali e centri operativi).
Le operazioni delle imprese multinazionali hanno subito un incremento a partire dagli anni
60/70 del secolo scorso.

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ANDAMENTO DEGLI INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI 1970-2020
(valori in miliardi di $) (flussi in entrata)

Fonte: elaborazioni su dati UNCTAD

Possiamo notare a metà degli anni ‘90 fino agli inizi del 2000 una crescita esponenziale degli
investimenti diretti esteri, esattamente in concomitanza con la fase espansiva della
globalizzazione. Anche qui possiamo vedere delle cadute relative alle varie crisi vissute dal
mercato.

ANDAMENTO DEGLI INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI 2003-2020


(valori in miliardi di $) (flussi in entrata)

Fonte: elaborazioni su dati UNCTAD

Gli IDE possono essere valutati in due modalità, in entrata, ovvero valutando i paesi o le
macro aree che attraggono tali tipi di investimenti, oppure in uscita, ovvero quali paesi o zone
investono all’estero.

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Investimenti diretti esteri IN ENTRATA per area 2008 e 2019 (milioni di dollari)

Fonte: elaborazioni su dati UNCTAD

Oggi L’Unione Europea attrae la fetta più consistente di investimenti diretti esteri, gli Stati
Uniti erano il maggior attrattore nel 2008 mentre oggi la loro forza è diminuita. L’Asia
Orientale, grazie al forte sviluppo degli ultimi decenni, mostra una grande diversità tra i dati
del 2008 e quelli del 2019, sta sicuramente cambiando molto in positivo. Anche qui
ritroviamo la triade: Stati Uniti, Europa e Asia.

Investimenti diretti esteri IN USCITA per area 2008 e 2019 (milioni di dollari)

Fonte: elaborazioni su dati UNCTAD


Per quanto riguarda gli IDE in uscita possiamo notare che in questo caso l’Unione Europea
riporta un brusco calo dal 2008 al 2019, così come gli Stati Uniti mentre l’Asia Orientale
presenta una forte crescita degli investimenti in paesi esteri. Questo significa che la posizione
di questi paesi è cambiata nel tempo, ad esempio, la Cina non è più solo un paese in cui negli
anni gli altri paesi andavano a investire per diminuire i costi di produzione, ma è diventata
essa stessa un paese che a sua volta investe in altri (da passiva ad attiva, la Cina non è più
solo la “fabbrica del Mondo”).

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Primi dieci paesi per volume degli investimenti diretti esteri IN ENTRATA 2019
(milioni di dollari)

Fonte: elaborazioni su
dati UNCTAD
In questi grafico
possiamo trovare i
paesi che “attraggono”
maggiormente gli
IDE, ovvero
investimenti da parte
di altri paesi. Al primo
posto notiamo gli Stati
Uniti e la Cina.

Primi dieci paesi per volume degli investimenti diretti esteri IN USCITA 2019
(milioni di dollari)
Fonte: elaborazioni su dati
UNCTAD
In questi grafico possiamo
trovare i paesi che investono
maggiormente Al primo posto
notiamo la Cina e gli Stati
Uniti. Anche in questo caso,
se valutiamo i dati degli scorsi
anni, possiamo notare che la
Cina ha scalato le classifiche è
si è sempre più fatta largo in
diversi tipi di settori.

TREND IDE, COMMERCIO ESTERO E PIL GLOBALE 1990-2019

Fonte: UNCTAD, 2020

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I PRINCIPALI ATTORI/REGOLATORI DEL SISTEMA ECONOMICO GLOBALE
Gli ATTORI del sistema economico globale NON SONO I PAESI che vi partecipano ma
SONO delle ORGANIZZAZIONI che sono grandi istituzioni internazionali o le
multinazionali (organizzazioni private).
Chi sono i principali attori?
❖ Organismi internazionali usciti da Bretton Woods (conferenza tenuta dagli USA nel 1944.
Lo scopo era quello di capire a che punto sarebbe stato il sistema monetario finita la
seconda guerra mondiale e capire quale sarebbe dovuto essere il sistema globale creando
un insieme di regole con lo scopo di portare alla liberalizzazione dei commerci e favorire
il pieno sviluppo di tutte le economie. Questo perché si cercava una ripresa dopo la grande
depressione del 1929 la cui principale causa fu la seconda guerra mondiale poiché tutti i
paesi, dopo la crisi, avevano adottato delle misure di tipo protezionistico, questo ha portato
ad una brusca caduta del commercio internazionale). A cosa ha portato questa conferenza?

● Fondo monetario internazionale, istituito per regolare i fenomeni di natura
monetaria attraverso il sistema di cambi Bretton Woods, poi abolito nel 1971. Oggi
mantiene la sua funzione di concedere prestiti a lungo termine agli stati membri
quando hanno problemi di squilibrio della bilancia dei pagamenti intervenendo con i
capitali conferitigli dagli stati membri (il potere di voto del paese viene ponderato in
base alla quota donata, e per questo viene spesso criticato questo sistema). Il paese
destinatario del prestito deve però sottostare a delle regole imposte per poter tornare
ad un equilibrio finanziario.
● Banca mondiale, inizialmente conosciuta come ‘banca per la ricostruzione e lo
sviluppo’, aveva lo scopo di aiutare a risanare le economie dei paesi coinvolti nel
secondo conflitto mondiale. Successivamente, venuta meno la sua funzione
originale, la sua attenzione si è spostata verso il finanziamento di progetti (es. grandi
infrastrutture) in paesi in via di sviluppo, per questo è stata molto criticata per aver
creato grandi danni al territorio e alla società e non aver invece contribuito in modo
positivo. Oggi, ha spostato nuovamente la sua attenzione, ora si occupa di
contrastare la povertà tramite microprogetti di sviluppo locale (finanziamenti per le
imprese locali, coltivazione in piccole aree, etc.).
● Organizzazione mondiale del commercio (World Trade Organization; WTO),
nasce con il nome di International Trade Organization (ITO) con lo scopo di
liberalizzare il commercio internazionale, questo però resta solo sulla carta e al suo
posto resta il ‘General Agreement on Tariffs and Trade’ (accordo generale sulle
tariffe doganali e sul commercio) che ha regolato il commercio internazionale dal
1947 fino al 1995, ovvero fino a che non è entrata in funzione la WTO per cui i
paesi che ne facevano parte si impegnavano a ridurre i dazi doganali, portando ad
una prima liberalizzazione del commercio internazionale. A partire dal 1986,
pensando che il GATT fosse insufficiente per regolare il commercio internazionale, è

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partita una serie di negoziati (round) che hanno portato nel 1994 alla costituzione
della WTO, organizzazione mondiale del commercio, così come la intendiamo oggi,
che ha iniziato ad operare l’1 gennaio 1995, la quale è una vera e propria
organizzazione e che è l’organismo regolatore del commercio mondiale. Siamo
arrivati così ad un abbattimento dei dazi ma anche di altre barriere definite ‘non
tariffarie’ (es. standard tecnici, standard igienico-sanitari), ma che comunque
limitano il commercio internazionale. La WTO, a differenza della GATT, si occupa
delle barriere nella loro totalità e quindi non solo del commercio di beni e servizi ma
anche di tutelare i diritti relativi alla proprietà intellettuale. Un’altra funzione
importante della WTO è quella di “tribunale” per cui i paesi che ritengono di essere
stati danneggiati da altri paesi, si possono appellare ad essa è il paese “incriminato”
viene sanzionato in base alle leggi non rispettate.
Questi sono i principali organismi che regolano e presiedono al sistema economico globale.
Altri due attori che possiamo trovare nello scenario del sistema economico globale sono:
❖ Agenzie di rating finanziario (es. Moody’s, Standard and Poor’s), imprese private che
assegnano un giudizio (rating) sulla solidità e sulla rischiosità di titolo azionari, nel caso di
imprese private o banche, ma anche di obbligazioni di interi paesi. Il giudizio viene
espresso in leggere a partire dalla A, la più positiva a quelle successive, più rischiose.
Queste agenzie sono molto contestate perché hanno una posizione di potere straordinaria e
le loro valutazioni possono essere compromesse.
❖ Imprese multinazionali.

LE IMPRESE MULTINAZIONALI
Non esiste un’unica definizione, né una definizione giuridica di impresa multinazionale.
Si distingue in base a tre caratteristiche:
1. Coordinamento e controllo di varie fasi della catena di produzione localizzate in
diversi paesi;
2. Capacità di trarre vantaggio dalle differenze geografiche nella distribuzione dei fattori
di produzione e nelle politiche nazionali;
3. Potenziale flessibilità: capacità di mutare o inter-cambiare forniture e operazioni tra le
varie località geografiche, su scala globale.

LE IMPRESE MULTINAZIONALI NEL MONDO (UNCTAD)

2009 2016

82.000 Imprese multinazionali 320.000 Imprese multinazionali

807.000 Filiali straniere 1.116.000 Filiali straniere

77 Milioni di occupati 130 Milioni di occupati

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2. La localizzazione delle industrie: i fattori localizzativi
L’industria è importante per le economie nazionali e per i territori, nonostante ad oggi nella
maggior parte dei paesi avanzati la maggior parte dell’occupazione è nel settore terziario.
L’industria ha una grande capacità di generare ricchezza per le economie nazionali nel suo
complesso e per i territori. La deindustrializzazione ci ha aiutato a capire che l’industria è
molto importante per i nostri territori perché ha capacità di generare reddito, occupazione ma
anche molte ricadute su altri settori dell’economia. Inoltre sappiamo che separere la fase di
produzione e quella di progettazione non è sempre ottimale anzi, a volte è negativo per cui
gestire da lontano un’impresa non è facile. Alcuni paesi hanno persino favorito, attraverso
incentivi, il rientro in patria delle imprese (es. USA).
Localizzazione = processo di insediamento di un'industria in un determinato territorio. La
localizzazione industriale va analizzata da due punti di vista:
I. Le cause della localizzazione → Dove e perché si localizzano le imprese?
- Analisi dei fattori (es. con scale geografiche);
- Modelli di localizzazione, partono da 1 o più
fattori di localizzazione e creano un modello
matematico che spiega la localizzazione (modelli
teorici applicabili in qualsiasi contesto).
II. Gli effetti della localizzazione → Che cosa succede dopo che le imprese si sono
localizzate?
- Organizzazione territoriale alle diverse scale
geografiche (es. posso studiarla sia a livello
globale e che locale.
L’analisi delle cause e degli effetti della localizzazione è utile soprattutto per l’imprenditore
che vuole capire in che luogo è meglio aprire o espandere la propria industria, in base alla
valutazione di benefici e rischi. Questo serve anche alle istituzioni per disporre le politiche
industriali (livello nazionale e locale). I fattori localizzativi vanno considerati in relazione a
determinate caratteristiche dell’impresa:

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A seconda del settore produttivo saranno valutati determinati fattori rispetto che altri. Ad
esempio, per imprese manifatturiere la manodopera sarà fondamentale e quindi il fattore
‘costo del lavoro’ sarà un fattore localizzativo importante al contrario di industrie in cui la
manodopera è meno importante. In base alla tipologia dimensionale dell’industria valuterò
determinati fattori rispetto ad altri; ci sono casi in cui piccole industrie non compaiono
nemmeno l’analisi preliminare dei fattori localizzativi, invece importantissima per le
industrie più grandi. Le fasi del processo produttivo sono un altro elemento da cui dipende
la valutazione dei fattori localizzativi, cambio molto se devo compiere delle fasi di analisi e
progettazione del lavoro o se devo produrre fisicamente qualcosa. Anche in base alla
tipologia organizzativa (es. imprese singole, grandi imprese multinazionali con
un’articolazione spaziale molto complessa, etc.) della mia industria, valuterò maggiormente
alcuni fattori rispetto che altri. Ci sono fattori di più grande portata, come l’evoluzione
tecnologica, lo scenario economico, etc., da cui l’impresa non può prescindere e non può
modificare ma alla quale si deve adattare modificando le proprie scelte localizzative.

CLASSIFICAZIONE DELLE INDUSTRIE PER SETTORI


I settori principali in cui suddividiamo l’economia, ad oggi, sono 4:
1. Settore primario: agricoltura, silvicoltura, allevamento, pesca, attività estrattive, etc.,
ovvero tutte quelle attività che producono dei beni che derivano da risorse naturali e
che sono destinati al consumo alimentare o alla trasformazione industriale.
2. Settore secondario: ne fanno parte tutte quelle attività che producono semilavorati o
prodotti finiti.
3. Settore terziario (settore residuale, va a confluire tutto ciò che non è nel primario e
nel secondario): ne fanno parte tutte quelle attività che producono servizi per la
persona (es. trasporti, istruzione, etc.) oppure servizi per altre attività economiche
(servizi per l’impresa).
4. Settore quaternario (alcuni lo vedono come un sottosettore del terziario, altri invece
come un settore a sé) comprende le attività direzionali del sistema economico,
culturale e politico.

L’industria è un settore molto ampio e diversificato:

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Prodotti dell’industria di base o pesante: acciaio, combustibili, prodotti chimici grezzi, beni
durevoli di grandi dimensioni (es. navi, armamenti, etc.).

Prodotti dell’industria manifatturiera o di trasformazione: beni strumentali (es. macchinari,


strumenti di precisione, strumenti ospedalieri, etc.) o beni di consumo, beni che arrivano ai
consumatori (es. auto, abbigliamento, alimentari, etc.)

Prodotti dell’industria dell’edilizia e delle costruzioni: settore che va ad alimentare


l’edilizia privata e le opere pubbliche.

TIPOLOGIE DIMENSIONALI (definizione UE 2003)


Per definire la tipologia dimensionale di un’impresa si considerano 3 fattori:
- occupati;
- fatturato annuo;
- totale del bilancio annuo.

Fonte: Raccomandazione n. 2003/361/CE della Commissione Europea

Classificare le imprese per dimensione è importante perché, non solo l’UE ma anche anche
tutti i paesi, danno dei finanziamenti alle imprese, soprattutto alle piccole e medie imprese, le
quali in questo contesto globale molto competitivo sono le più fragili e le più bisognose di
supporto. Nel nostro paese la maggior parte delle imprese è di piccola dimensione mentre se
consideriamo l’UE il 90% delle imprese è di piccola-media dimensione.

L’impresa artigiana NON VA confusa con la piccola impresa. L’impresa artigiana è spesso
una piccola impresa, una piccola impresa non necessariamente è un’impresa artigiana. La
legge 443 del 1985 stabilisce i criteri per definire un’impresa come artigiana (es.
l’imprenditore artigiano deve intervenire direttamente nel processo produttivo, ci sono limiti
dimensionali, e settori in cui non può operare. Oggi si parla di artigiani digitali per far
riferimento al carattere innovativo e al passo con i tempi di queste imprese (si fa ampio uso
delle tecnologie della quarta rivoluzione industriale).

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FASI DEL PROCESSO PRODUTTIVO

Le fasi del processo produttivo sono 3:


- Approvvigionamento, fase di “assiemaggio” delle materie prime o dei semilavorati,
le materie confluiscono verso lo stabilimento industriale. Questa fase può essere più o
meno complessa in base alla quantità di materie prime che vengono utilizzate. In
questa fase viene coinvolto un numero limitato di luoghi e di relazioni.
- Produzione, il bene acquisisce un valore aggiunto dato dal processo di
trasformazione (differenza tra il valore finale del prodotto finito e il valore del
materiale iniziale) tramite gli input e le azioni che noi compiamo in questa fase.
- Distribuzione, il prodotto finito va al consumatore finale oppure, nel caso di
macchinari, etc., sarà destinato ad altre imprese, le quali avvieranno un altro ciclo
produttivo.

In queste fasi del processo produttivo si attivano delle relazioni spaziali con altri luoghi
(relazioni orizzontali) e con il territorio (relazioni verticali). Le relazioni che si sviluppano in
queste tre fasi sono importanti da riconoscere, soprattutto quelle della fase produttiva, e
saranno più o meno complesse in base al tipo di organizzazione del modello produttivo:
● verticale, l’impresa realizza tutte le fasi di produzione all’interno e è in grado di
svolgere da sola tutte le attività di servizio (es. marketing, progettazione del prodotto,
etc.), necessarie al supporto della produzione. In questo caso il numero di relazioni
con l’esterno sarà alquanto limitato, ad esempio, sarà necessario solo per recuperare le
materie prime e per distribuire il prodotto una volta finito.
● orizzontale, l’impresa scompone la fase di produzione e attiva una serie di relazioni
con tutti i luoghi in cui vengono realizzate le varie parti del prodotto. In questo caso si
parla di relazioni di corto raggio, differente è il caso della delocalizzazione, in cui
avviene una scomposizione della produzione su scala globale, anche le relazioni che
si creano con i vari luoghi in cui le parti del prodotto vengono lavorate, saranno da

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considerare su scala globale (lungo raggio). Nel caso della deindustrializzazione
anche la distribuzione acquisirà margini più ampi e di livello globale.

Il processo produttivo è costituito dalle fasi della produzione mentre la filiera produttiva
comprende anche tutto l’insieme delle relazioni e attività che fanno da supporto alla
produzione.

PRINCIPALI TIPOLOGIE DI FATTORI DI LOCALIZZAZIONE

I fattori fisico-ambientali oggi hanno perso la capacità di attrarre la localizzazione


industriale poiché il progresso tecnologico, la sostituzione delle risorse energetiche, lo
sviluppo dei trasporti, etc., li hanno resi meno importanti. La morfologia permette di capire se
il territorio è adeguato per la creazione di un’impresa (es. grandezza, terreno pianeggiante o
meno, facilmente accessibile o no, etc.), ad esempio, la Pianura Padana presenta moltissime
industrie e questo perché il suo territorio è pianeggiante e quindi favorevole per la
costruzione industriale.
Forno bonomi (roverè
veronese)
Ci sono sempre le
eccezioni, in questo caso
l'industria è stata costruita
in un territorio poco
pianeggiante e difficile da raggiungere. Nonostante ciò è il primo produttore
mondiale di savoiardi con: 65.000 mq – 150 dipendenti – 65 ton di prodotto
finito. 45 milioni di euro di fatturato (di cui ⅗ all’estero). Certificazioni di qualità - prodotti
biologici - azioni di risparmio energetico.

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Le materie prime hanno perso, negli anni, la loro importanza come fattore attrattivo. Avevano
un’enorme importanza nelle prime fasi della rivoluzione industriale, le industrie si
sviluppavano nei luoghi in cui era possibile estrarre la materia prima, questo soprattutto per
abbattere i costi del trasporto, ancora molto alti all’epoca. Oggi utilizziamo meno queste
risorse e i costi di trasporto si sono radicalmente abbassati. Un fattore di localizzazione molto
attrattivo nei secoli scorsi ma anche attualmente è l’acqua, una volta veniva utilizzata per
produrre energia elettrica, oggi questo non è più necessario grazie all’avvento dell’elettricità
ma resta importante per alcuni settori industriali perché è parte integrante di alcune parti del
processo produttivo (es. concerie, industrie metallurgiche, etc.).
I fattori tecnici riguardano i trasporti e l’organizzazione dei trasporti ma anche le
comunicazioni (ICT - Information Communication Technology). La tecnologia negli ultimi
anni è diventata sempre più importante, le industrie si sono trovate a dover seguire il
progresso tecnologico, questo anche per la necessità di comunicare velocemente e in tempo
reale, in certe localizzazioni anche in paesi avanzati, l’accesso veloce ancora non c’è. Anche i
trasporti sono molto importanti e questo per tutti i tipi di attività e industria. I trasporti sono
un settore cosiddetto trasversale perchè non esiste un comparto industriale che non faccia
riferimento ai trasporti.
I fattori economici sono i fattori della produzione a cui gli economisti hanno sempre fatto
riferimento e questo perché possiamo vederne una differenziazione spaziale. La terra (≠
terreno) è il valore economico dello spazio, che si esprime nel costo dei terreni e dei
fabbricati, tale prezzo varia anche in una stessa area in base a diversi fattori (es. edificabilità,
accessibilità ai principali assi e nodi di trasporto, etc.). Il lavoro, quantitativamente (stipendio
medio), sembra un fattore poco differenziato perché è il fattore di produzione la cui offerta ci
sembra più uniformemente distribuita nello spazio perché il fattore lavoro è in relazione al
popolamento. Inoltre il lavoro si sposta là dove c’è richiesta di lavoro. Il lavoro, dal punto di
vista qualitativo è localizzato, prima di tutto perché i differenziali salariali variano
spazialmente (scala globale), in secondo luogo perché varia anche la produttività del lavoro a
seconda dei luoghi, molte professionalità incorporate nel capitale umano, sono legate al
territorio. Questo spiega perché molte aziende si sono spostate all’estero o hanno spostato
solo alcune fasi produttive, ovviamente per avvantaggiarsi di un minor costo del lavoro (nei
paesi poveri o in via di sviluppo il costo del lavoro è basso). Il capitale fisso, componente
tecnica del capitale, caratterizzato da beni immobili (es. terreni, edifici, attrezzature) è già
ubicato nei luoghi della produzione e sono questi i luoghi dove andranno a localizzarsi gli
investimenti (es. modernizzazione, ristrutturazione, ampliamento, etc.), per i settori ad alta
intensità di capitale. Il capitale finanziario è molto mobile, oggi il denaro si sposta
virtualmente, ciò che è spazialmente localizzato non è tanto la disponibilità del capitale ma il
suo costo, ovvero gli interessi sui prestiti che gravano sugli imprenditori (no mobili e ben
differenziati) poiché dipendono dalle caratteristiche delle aree in cui si dirigono gli
investimenti e dei soggetti che realizzano gli investimenti (es. In alcune aree gli investimenti
sono rischiosi e quindi il tasso di interesse è alto). I mercati sono un’altro fattore di

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localizzazione poiché, per le imprese, poter accedere ai mercati è importantissimo per poter
vendere e distribuire i propri prodotti.
I fattori politici è l'insieme degli incentivi e dei vantaggi messi in atto da singoli paesi,
governi regionali o locali per attrarre la localizzazione industriale (es. La Cina in alcune parti
del proprio territorio ha offerto delle condizioni favorevoli e vantaggiose per gli investitori
stranieri). Questi vantaggi possono essere messi in campo da politiche nazionali, regionali e
locali e non hanno solo lo scopo di attrarre imprese (paesi in via di sviluppo) ma anche di
mantenere una certa competitività tra le industrie e far si che si mettano in gioco (paesi già
sviluppati). In passato la politica interveniva laddove si trovavano condizioni negative per il
paese e per l’economia, oggi invece non è più così, gli interventi avvengono anche laddove
non vi è un’esplicita necessità ma lo si fa per mantenere condizioni favorevoli. Il rischio
geopolitico (es. presenza di terrorismo, rivencizioni azizonaliste, governi poco affidabili) è un
vero e proprio rischio per le imprese, sono anche stati svilupati degli indiatori che ci
permettono di valutare questo tipo di rischio, e che guidano le decisioni localizzative delle
imprese; questo ha senso quando si vuole fare un ragionamento localizzativo su scala globale
(in altri paesi).
I fattori socio-culturali riguardano la cultura del lavoro, in alcuni territori, a differenza di
altri, c’è una cultura improntata all'imprenditorialità e al lavoro; le conoscenze, soprattutto
quelle tacite che riguardano alcuni tipi di attività e lavori tipici di una zona; caratteristiche
della popolazione.

ECONOMIE DI AGGLOMERAZIONE
in geografia economica il concetto di economie di agglomerazione è importantissimo perché
sono sia un fattore di localizzazione industriale sia un effetto del processo di
localizzazione (ovvero un mezzo per capire ciò che si mette in moto una volta che le imprese
si sono localizzate in una determinata area). Le economie di agglomerazione prendono piede
dopo che già si è localizzato un certo numero di imprese. Le economie di agglomerazione
sono dei vantaggi che si esprimono in termini di: riduzione dei costi unitari di produzione,
incrementi di produttività, aumento dell’efficienza, etc. ovvero vantaggi che le imprese
conseguono quando le imprese sono localizzate in aree in cui sono concentrati altri soggetti
economici (es. produttori) e si viene a creare un complesso di condizioni che facilita le
relazioni industriali. Le economie di agglomerazione si distinguono in:
● Economie di urbanizzazione, vantaggi che si realizzano laddove in un’area si
concentrano soggetti economici che appartengono a settori economici diversi. Si
chiamano ‘di urbanizzazione’ perché questa è la caratteristica tipica delle aree urbane.
I fattori che permettono ad un’impresa vantaggi come la riduzione dei costi di lavoro
o aumento dell'efficienza sono, ad esempio, la presenza di un mercato del lavoro
differenziato per qualifiche professionali o specializzazioni, questo è importante
perché l'industria può ridurre i costi di ricerca e di addestramento del personale
oppure può essere importante avere un ampio mercato di sbocco dei prodotti; oppure
il capitale fisso sociale (benefici che fanno riferimento alle infrastrutture di trasporto o

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servizi di diverso tipo che permette al territorio di diventare maggiormente attrattivo,
sia per le imprese, che per la popolazione).

● Economie di localizzazione, si mettono in modo laddove in un'area si concentrano


imprese che appartengono allo stesso settore produttivo. Quest tipo di economie sta
alla base di ciò che avviene nei distretti industriali. I vantaggi derivano da una
divisione del lavoro tra imprese che svolgono lo stesso tipo di lavoro oppure da
infrastrutture specializzate per quel determinato tipo di produzione. Anche la
reputazione e l’immagine di una determinata area riguarda le economie di
localizzazione, questo è un notevole vantaggio per le industrie che in un determinato
territorio decidono di avviare un certo tipo di produzione.

FATTORI DI LOCALIZZAZIONE INDUSTRIALE: SINTESI


- Le decisioni localizzative coinvolgono progressivamente livelli territoriali diversi, si
parte da una scala più grande individuando una rosa di paesi dove il fattore lavoro
costa meno e poi vado a diminuire sempre più la mia scala (regione → area più
piccola → sito).
- I problemi di scelta si complessificano con il crescere delle dimensioni e del grado di
organizzazione dell’impresa, ad esempio, le piccole imprese hanno minori
possibilità rispetto alle grandi imprese e quindi non possono sviluppare particolari
studi riguardanti la localizzazione ma dovranno valutare pochi fattori, i più rilevanti
per loro (es. l’imprenditore scegli un territorio perché è quello in cui vive, questo non
avviene per le grandi imprese).
- Nessun fattore ha valore in senso assoluto, alcuni fattori sono predominanti ma
nessuno è più importante degli altri, tutti vanno rapportati allo scenario economico,
tecnologico e alle caratteristiche dell’impresa.
- I fattori agiscono sulle scelte localizzative in modo sinergico, anche se la forza
localizzante di un fattore potrà essere predominante.
- Ruolo trasversale e imprescindibile delle infrastrutture di trasporto e
comunicazione: accessibilità, connessione con l’esterno, strutture logistiche e reti di
telecomunicazioni.

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