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SECONDA PARTE

Di cosa tratta l’economia internazionale?


•L’economia internazionale si occupa dell’interazione tra paesi attraverso:
– scambi di beni e servizi;
– flussi monetari;
– flussi di investimenti.
• Può essere divisa in due sottoinsiemi:
– studio del commercio internazionale;
– studio dell’economia monetaria internazionale
Il grado di apertura di un paese viene misurato nel seguente modo:
Rapporto tra la somma di esportazioni e importazioni e la misura del reddito nazionale
X +M
PNL
Vantaggi dallo scambio
1. Un paese può guadagnare dallo scambio, pur essendo il produttore più (meno) efficiente di qualsiasi bene
(Teoria dei vantaggi comparati) Smith.
2. Il commercio agisce a beneficio di un paese aumentandone l’efficienza, grazie alla possibilità di esportare i
beni la cui produzione utilizza le risorse abbondanti e di importare i beni la cui produzione utilizza le risorse
scarse. Riccardo
3. Quando i paesi si specializzano, possono diventare più efficienti anche grazie alla possibilità di realizzare
economie di scala. Quando c’è flessibilità dei fattori, i fattori più mobili hanno più vantaggi, come ad esempio il
capitale ha più vantaggi del lavoro.
4. Ogni paese può trarre beneficio anche dallo scambio di attività finanziarie rischiose, come azioni e
obbligazioni, che gli permettono di diversificare e consolidare il proprio reddito (diversificazione internazionale
sfruttando le correlazioni minori di altri paesi).
Svantaggi dallo scambio
• Il commercio può agire a beneficio dei paesi nel loro insieme in molti modi, ma può danneggiare specifici
gruppi in ciascun paese.
• Il commercio internazionale può colpire negativamente i titolari delle risorse che vengono utilizzate
intensivamente in settori che competono con le importazioni.
• Pertanto, il commercio può avere effetti sulla distribuzione del reddito all’interno dei paesi.
• Politiche di Dumping (di prezzo, fiscale, sociale, ambientale) forme di competizione sleale, ad esempio lo stato
può aiutare alcuni settori per far guadagnare quote sul mercato, o ad esempio può consentire produzioni
inquinanti per ridurre i prezzi.
La Bilancia dei Pagamenti (BP)
• Nella bilancia dei pagamenti vengono contabilizzati tre tipi di transazioni internazionali + errori e omissioni.
1. Le transazioni associate a importazioni ed esportazioni di beni e servizi, il conto corrente (CC)
2. I flussi di categorie speciali di attività, tipicamente attività non di mercato, non prodotte, o intangibili, come le
cancellazioni del debito, i diritti d’autore e i trademark che sono registrati nel conto capitale (CK).
3. Le transazioni associate ai movimenti di capitale. Il conto finanziario (CF) registra i flussi delle attività
finanziarie.
4. Errori ed omissioni
• La BP è redatta con un criterio di cassa: hanno segno positivo le operazioni che determinano un afflusso di
valuta nel paese, negativo quelle che determinano un deflusso.
In virtù della contabilizzazione a partita doppia, il pareggio della bilancia dei pagamenti implica la seguente
equazione:
conto corrente + conto capitale = conto finanziario
Essendo il conto capitale ≈ 0
Di fatto si ha:
conto corrente = conto finanziario
Saldo di Conto Corrente
Il saldo delle partite correnti suddivide le importazioni e le esportazioni in 4 categorie ulteriori.
1) Saldo merci, che corrisponde alla voce più importante.
2) Saldo servizi (pagamenti per le prestazioni legali, per i servizi di trasporto, le spese turistiche…).
3) Saldo redditi (pagamenti di interessi e dividendi, redditi percepiti dai lavoratori e dalle imprese che operano in
paesi esteri).
4) Saldo trasferimenti correnti (rimesse degli emigrati)
Importazioni ed esportazioni delle merci costituiscono la componente più importante del conto corrente
Si ricorda che
Prodotto Nazionale Lordo = Prodotto Interno Lordo + Redditi netti dall’estero
Saldo Conto Capitale
• Il conto capitale registra trasferimenti di attività speciali: attività non di mercato, non prodotte, o intangibili,
come le cancellazioni del debito, i diritti d’autore e i trademark.
• Nel 2010 avevano dimensioni molto limitate sia per gli Stati Uniti sia per l’Italia:
o per gli Stati Uniti circa 0,2 miliardi di dollari;
o per l’Italia circa 0,5 miliardi di dollari.
Saldo conto finanziario
Il conto finanziario misura la differenza fra vendita di attività nazionali a residenti esteri e acquisti di attività
estere da parte di residenti nazionali.
Il conto finanziario può essere disaggregato nelle 4 voci seguenti.
1. Investimenti diretti
2. Investimenti di portafoglio
3. Investimenti in derivati
4. Riserve internazionali ufficiali.
Discrepanza statistica
– I dati riguardanti una determinata transazione possono provenire da fonti diverse, che differiscono per
copertura, accuratezza e tempi di registrazione.
– Pertanto, nella realtà, solo raramente la bilancia dei pagamenti raggiunge il pareggio.
– La discrepanza statistica è la voce che viene aggiunta al, o sottratta dal, conto finanziario per far sì che
esso bilanci la somma del conto corrente e del conto capitale
Riserve Ufficiali
• Le riserve internazionali ufficiali sono attività estere detenute dalle banche centrali come copertura dal
rischio di instabilità dei mercati internazionali.
○ Oggi sono costituite perlopiù da consistenti quantitativi di attività finanziarie soprattutto americane, come i
titoli emessi dal Tesoro statunitense.
Quando le banche acquistano o vendono le proprie riserve internazionali su mercati internazionali per
influenzare le proprie macroeconomie effettuano degli interventi ufficiali sul mercato dei cambi.
La variazione delle Riserve Ufficiali (RU), con un segno meno davanti, è detto bilancia delle transazioni
ufficiali o bilancia dei pagamenti (BP).
BP=−△ RU
Un’entrata di titoli esteri significa un’uscita di valuta nazionale e ciò porta ad un apprezzamento che
avvantaggerà le importazioni a discapito delle esportazioni e determinerà un peggioramento della bilancia
commerciale
• È la somma del conto corrente, del conto capitale, della parte del conto finanziario non rappresentata da
riserve ufficiali e dalla discrepanza statistica.
• Un valore negativo della bilancia delle transazioni ufficiali può essere indice di una crisi, perché significa che
il paese:
• sta consumando le sue riserve di attività estere oppure;
• sta aumentando il proprio debito verso le autorità monetarie straniere.
Esempi

A. In surplus di CC esporta tutti i suoi capitali accumulati


B. In surplus di CC in parte esporta cap in parte accumula RU
C. In surplus di CC + arrivo di cap dall’estero
D. In deficit di CC ma finanziato dai mercati internazionali
E. In deficit di CC parzialmente finanziato dai mercati
F. In deficit di CC + rimborso di precedenti prestiti internazionali
G. In deficit di CC ma con eccesso di finanziamenti rispetto al deficit
Bilancia dei pagamenti degli Stati Uniti
• Gli Stati Uniti hanno il più alto valore negativo al mondo della ricchezza estera netta e sono pertanto il
maggiore paese debitore.
• Il disavanzo del conto corrente ammontava nel 2009 a 378 biliardi di dollari;
• Il valore delle attività estere detenute dagli Stati Uniti è cresciuto dal 1980, ma le passività degli Stati Uniti
(debiti nei confronti dei residenti esteri) sono cresciute più rapidamente.
• Paese piu’ sviluppato ma anche quello piu’ indebitato (afflusso di capitiali) -> contrario alla teoria economica:
investimenti dovrebbero andare nei paesi in via di sviluppo con maggior opportunità di investimento
Definizione dei tassi di cambio
• Il tasso di cambio (nominale) è il prezzo relativo di una valuta nei confronti di un’altra.
• Può essere quotato come:
• certo per incerto: rappresenta il valore di 1 unità di valuta nazionale espressa in termini di valuta estera
(questa la convenzione utilizzata da quando è stato introdotto l'euro). Es. 1,32$ / 1€ quanti dollari posso
comprare con un euro
• incerto per certo: rappresenta il prezzo di 1 unità di una valuta estera espressa in termini di valuta nazionale
Es. 0.757€/ 1$ quanti euro posso comprare con un dollaro
Esempio:
– Quanto si può ricevere per un euro? $1,32/€
– Quanto si può ricevere per un dollaro? €0,757/$
Quando la valuta nazionale è al denominatore un aumento del tasso di cambio si assiste ad un
apprezzamento
Quando la valuta nazionale è al numeratore un aumento del cambio si assiste ad un deprezzamento
Tasso di cambio incrociato
Ogni tasso di cambio può essere calcolato anche passando per altri cambi intermedi: ma tutto ciò deve
essere equivalente altrimenti si verificherebbe il c.d. arbitraggio triangolare.
Ad esempio, il tasso di cambio $C/1Yen ($C = dollaro canadese) può essere ottenuto a partire dai tassi di
cambio
$C/1US$ e $/1Yen:

Importante poiché molte valute hanno solo una quotazione nei confronti del dollaro americano e per passare
a quotazioni con altre valute è quindi necessario usare i tassi incrociati.
Deprezzamento e apprezzamento
Si parla di:
– Svalutazione e rivalutazione IN CAMBI FISSI
– Apprezzamento e deprezzamento IN CAMBI FLESSIBILI
• Il deprezzamento è una diminuzione del valore di una valuta rispetto ad un’altra.
• Una valuta deprezzata ha meno valore (è meno costosa) e perciò può essere scambiata con (può
acquistare) una quantità inferiore di valuta estera.
• Esempio: 1€= 1$ 1€= 1.50$ significa che il dollaro si è deprezzato rispetto all’euro. Ora servono $1,50 per
comprare un euro, quindi il dollaro vale di meno.
• L’apprezzamento è un aumento del valore di una valuta rispetto a un’altra.
•Una valuta apprezzata vale di più (è più costosa) e perciò può essere scambiata con (può comprare) una
quantità maggiore di valuta estera.
•$1,5/€ $1,25/€ significa che il dollaro si è apprezzato rispetto all’euro. Ora servono $1,25 per comprare
un euro, perciò il dollaro vale di più
Il mercato dei cambi
Il mercato dei cambi è l’insieme di mercati dove la valuta straniera e altri titoli vengono scambiati con quelli
domestici.
• Le istituzioni finanziarie comprano e vendono depositi di valute o altri titoli a scopo di investimento.
→ Il volume giornaliero di transazioni in valuta estera ammontava a $4000 miliardi nell’aprile 2010.
→ Nel 1989 era di circa $600 miliardi.
La maggior parte delle transazioni comporta uno scambio di valuta estera contro dollari statunitensi (circa
85% ad aprile 2010).
Tassi di cambio a pronti e a termine
• I tassi a pronti sono tassi di cambio per transazioni in valuta a pronti (tassi spot), ovvero quando lo scambio
si realizza nell’immediato.
• I tassi a termine sono tassi di cambio per scambi di valuta che si verificano a una data futura (tassi forward).
– Le date di scadenza sono tipicamente 30, 90, 180 giorni, ma possono arrivare ad anni.
– Le istituzioni negoziano i tassi oggi, ma lo scambio avviene in futuro.
Altri modi per scambiare valuta
– Uno swap in valute estere è una combinazione di vendita a pronti con un riacquisto a termine.
– Contratti future: sostanzialmente contratti forward standardizzati che hanno come controparte una
clearing house che garantisce la riduzione del rischio di controparte.
– Con le opzioni, il contratto dà al possessore l’opzione, ma non l’obbligo, di acquistare o vendere
valuta ad un prezzo prefissato e ad una certa scadenza
I contratti a termine, gli swap, i future e le opzioni sono tutti esempi di derivati.
Chi domanda valuta nazionale
• Consumatori esteri di beni e servizi interni. Gli esportatori nazionali (che ricevono il pagamento della merce
in valuta estera) domandano valuta nazionale in cambio di valuta estera. La domanda di valuta nazionale in
termini di valuta estera coincide con le esportazioni: X.
• Acquirenti esteri di attività tangibili non prodotte e attività non tangibili (Esempio: acquirenti stranieri di
terreni, brevetti, invenzioni): CK(+).
• Movimenti di capitale di acquirenti esteri di titoli nazionali CF(+) (denominati in valuta nazionale):
• Autorità monetarie che vogliano sostenere la domanda di valuta nazionale nei confronti di un’altra valuta
estera per evitarne il deprezzamento;
Chi offre valuta nazionale
• Importazioni: Consumatori nazionali di beni e servizi esteri
• Acquirenti nazionali di attività estere tangibili non prodotte e attività non tangibili provenienti dall’estero
CK(-)
• Acquirenti nazionali di titoli esteri CF(-)
• Autorità monetarie che vogliano contrastare un eventuale apprezzamento.
Tasso di cambio e saldo delle partite correnti
Cosa accade al saldo delle partite correnti (CC) se la moneta nazionale si apprezza (rivalutazione) ?
1. Le esportazioni diventano più care per i consumatori esteri → ↓X
2. Le importazioni diventano meno care per i consumatori nazionali → ↑ M
3. Entrambi vanno nella direzione di peggiorare il saldo di conto corrente
Cosa accade al saldo delle partite correnti (CC) se la moneta nazionale si deprezza (svalutazione)?
1. Le esportazioni diventano meno care per i consumatori esteri → ↑ X
2. Le importazioni diventano più care per i consumatori nazionali ma adesso non è chiaro cosa accada al
valore totale M delle importazioni dato che:
• Le q.tà importate si riducono
• Ma il loro costo aumenta
Le c.d. condizioni di Marshall-Lerner sono delle condizioni sulle elasticità delle importazioni ed esportazioni
che garantiscono che CC migliori
3. (Sotto le condizioni di Marshall-Lerner) il saldo CC migliora (almeno nel medio-lungo periodo, c.d. ‘‘effetto
J’’)
Saldo dei movimenti dei capitali
Nel prosieguo faremo le seguenti assunzioni:
1. I titoli nazionali ed esteri sono perfetti sostituti.
Cioè ipotizziamo che il rischio e la liquidità dei titoli nazionali ed esteri siano gli stessi.
2. Perfetta mobilità dei capitali.
3. Investitori esclusivamente interessati ai tassi di rendimento.
I tassi di rendimento sono determinati da:
1. i tassi di interesse che le attività fruttano;
2. le aspettative di apprezzamento o deprezzamento del cambio
Esempio
• Supponiamo che il tasso di interesse su un deposito in dollari sia il 2%.
• Supponiamo che il tasso di interesse su un deposito in euro sia 4%.
• Supponiamo che oggi il tasso di cambio sia $1/€1 e il tasso atteso a 1 anno sia $0,97/€1.
• Un deposito in euro frutta un tasso di rendimento atteso maggiore?
– $100 oggi si possono scambiare per €100.
– Questi €100 frutteranno €104 dopo1 anno.
– Ci si aspetta che questi €104 equivalgano a $0,97/€1 x €104 = $100,88.
Il tasso di rendimento in dollari dell’investimento in depositi in euro è ($100,88-$100)/$100 = 0,88%.
• Paragoniamo questo tasso di rendimento con quello che deriva da un deposito in dollari.
– Il tasso di rendimento è semplicemente il tasso di interesse.
– Dopo 1 anno, ci si aspetta che i $100 fruttino $102: ($102-$100)/$100 = 2%
• Il deposito in euro ha un tasso di rendimento atteso inferiore: tutti gli investitori preferiranno i depositi in
dollari e nessuno vorrà detenere depositi in euro, ma se tutti chiederanno dollari piuttosto che euro si avrà
un eccesso di offerta di euro che porterà ad un deprezzamento e il tasso di cambio aumenterà fino a
riportare la parità dei tassi d’interesse.
Il carry trade
• Spesso gli investitori internazionali prendono a prestito valuta con bassi tassi di interesse (valute di
“finanziamento”) e comprano valute con alti tassi di interesse (valute di “investimento”) e ottengono profitti
per periodi prolungati. Questa attività è detta carry trade.
• Può diffondersi in modo significativo quando si aprono consistenti differenziali tra i tassi di interesse
internazionali.
• Rischio: le valute di investimento possono subire dei crolli improvvisi.
• Il carry trade è self-fullfilling nel breve periodo
La legge del prezzo unico
• La legge del prezzo unico dice semplicemente che lo stesso bene in diversi mercati concorrenziali deve
essere venduto allo stesso prezzo, quando i costi di trasporto e le barriere tra i mercati non sono importanti.
• Supponiamo che il prezzo di un maglione in un negozio sia di $30, mentre il prezzo dello stesso maglione in
un negozio simile dall’altro lato della strada sia di $45.
• Che cosa succederà?
Consideriamo una pizzeria di Seattle e una oltre confine a Vancouver.
• La legge del prezzo unico dice che il prezzo della stessa pizza (usando una valuta comune per misurare il
prezzo) nelle due città deve essere lo stesso se le barriere tra i mercati competitivi e i costi di trasporto non
sono rilevanti.
PpizzaUS= (EUS$/Canada$) ×(PpizzaCanada)
PpizzaUS = prezzo della pizza a Seattle
PpizzaCanada= prezzo della pizza a Vancouver
EUS$/Canada$= tasso di cambio dollaro USA/dollaro canadese
La parità dei poteri di acquisto
• La parità dei poteri di acquisto (PPP) è l’applicazione della legge del prezzo unico tra paesi per tutti beni e
servizi, o per gruppi rappresentativi (“panieri”) di beni e servizi.
PUS= (EUS$/Canada$) ×(PCanada)
PUS = livello dei prezzi di beni e servizi negli USA
PCanada= livello dei prezzi di beni e servizi in Canada
EUS$/Canada$= tasso di cambio dollaro USA/dollaro canadese
La parità dei poteri di acquisto implica che, nel lungo periodo, il tasso di cambio è determinato dal livello dei
prezzi medi, ovvero dal rapporto tra i prezzi:
EUS$/Canada$= PUS/PCanada
– Se il livello dei prezzi negli USA è US$200 per paniere, mentre in Canada è di C$400 per paniere, la
PPP implica che il tasso di cambio US$/C$ deve essere US$200/C$400 = US$ 1/C$ 2
– La parità dei poteri di acquisto dice che la valuta di ogni paese ha lo stesso potere di acquisto: 2
dollari canadesi comprano la stessa quantità di beni e sevizi di 1 dollaro USA, poiché i prezzi in
Canada sono il doppio di quelli USA
• La parità dei poteri di acquisto ha due forme.
1. PPP assoluta: la parità dei poteri di acquisto già discussa. I tassi di cambio sono uguali al rapporto
tra i livelli dei prezzi medi dei paesi.
E$/€= PUS/PUE

2.PPP relativa: le variazioni dei tassi di cambio sono uguali alle variazioni dei prezzi (inflazione) tra
due periodi.
(E$/€,t –E$/€, t–1)/E$/€, t–1 = πUS, t –πUE, t
Dove: πt = tasso di inflazione da t–1a t

Problemi relativi alla PPP


•Il supporto empirico alla parità dei poteri di acquisto è limitato.
–I prezzi di panieri di beni identici, convertiti in una sola valuta, differiscono sostanzialmente tra paesi.
• La PPP relativa è più coerente con i dati, ma anch’essa ha una performance scarsa nel prevedere i tassi di
cambio.

Ragioni per cui la PPP potrebbe non essere accurata: la legge del prezzo unico non è valida perché nella realtà
vi sono:
o barriere allo scambio, costi di trasporto e beni non commerciati (in particolare molti servizi non sono
commerciati);
o concorrenza imperfetta (pricingto market);
o differenze nelle misurazioni del livello dei prezzi.

L’approccio del Tasso di Cambio Reale


A causa dei problemi relativi alla PPP, gli economisti hanno cercato di generalizzare l’approccio monetario alla
PPP per ottenere una teoria migliore.
• Se il tasso di cambio nominale è il prezzo relativo di due monete.
• Il tasso di cambio reale è il prezzo relativo di beni e servizi fra due paesi.
• Per esempio, è il prezzo in dollari di un gruppo di beni e servizi europeo rispetto al prezzo in dollari di un
gruppo di beni e servizi americano:
q$/€= E$/€×(PUE/PUS)
Se il paniere UE costa €100, il paniere USA costa $120 e il tasso di cambio nominale è $1,20 per euro, allora il
tasso di cambio reale è 1 paniere USA per paniere UE.

Un deprezzamento reale del valore dei beni USA è una caduta nel potere di acquisto del dollaro nei prodotti
UE rispetto al potere di acquisto del dollaro nei prodotti USA.
○ Ciò implica che i beni USA diventano meno cari e di meno valore rispetto ai beni UE.
○ Ciò implica che il valore dei beni USA rispetto al valore dei beni UE si riduce.

Un apprezzamento reale del valore dei beni USA significa un aumento del potere di acquisto del dollaro in
prodotti UE rispetto al potere di acquisto di un dollaro in prodotti USA.
○ Ciò implica che i beni USA diventano più cari e di maggior valore rispetto ai beni UE.
○ Ciò significa che il valore dei beni USA rispetto al valore dei beni UE aumenta.
Un deprezzamento reale ↑q$/€può avvenire per:
1. ↑ E$/€dollaro si deprezza in termini nominali (a parità dei prezzi)
2. ↑ PUE aumento dei prezzi in Europa
3. ↓ PUS riduzione dei prezzi in US

Un apprezzamento reale ↓q$/€può avvenire per:


1. ↓ E$/€dollaro si apprezza in termini nominali (a parità dei prezzi)
2. ↓ PUE diminuzione dei prezzi in Europa
3. ↑ PUS aumento dei prezzi in US

Secondo la PPP, i tassi di cambio sono determinati dal rapporto tra i prezzi relativi:
E$/€= PUS/PUE → q$/€= 1

•Secondo questo approccio più generale invece il tasso di cambio reale q$/€può anche essere
diverso da 1.
E$/€= q$/€×PUS/PUE

•E si ha:
– se q$/€< 1 → merci USA meno competitive
– se q$/€= 1 → merci dei 2 paesi hanno uguale convenienza
– se q$/€> 1 → merci USA più competitive

Differenze dei tassi di interesse


• Un’equazione più generale delle differenze dei tassi di interesse nominali tra paesi può essere
derivata partendo da:
(qe$/€–q$/€)/q$/€= [(Ee$/€–E$/€)/E$/€] –(πeUS-πeUE)

• E ricordando l’eq. della parità dei tassi di interesse


R$–R€= (Ee$/€–E$/€)/E$/€

•Sostituendo si ha:
R$–R€= (qe$/€–q$/€)/q$/€+ (πeUS-πeUE)

•La differenza nei tassi di interesse nominali tra due paesi è la somma di:
– tasso atteso di deprezzamento dei beni domestici rispetto ai beni esteri e
– differenza dei tassi attesi di inflazione tra l’economia domestica e straniera.
Tassi di interesse reali
• I tassi di interesse reali sono i tassi di interesse aggiustati per l’inflazione:
re = R –πe
• dove πe rappresenta l’inflazione attesa ed R rappresenta i tassi di interesse nominali.
•I differenziali dei tassi di interesse reali derivano da:
reUS–reUE= (R$–πUES) –(R €–πeUE)
R$–R€= (qe$/€–q$/€)/q$/€+ (πeUS–πeUE)
reUS–reUE= (qe$/€–q$/€)/q$/€
• L’ultima equazione è chiamata parità dei tassi di interesse reali

IL MODELLO IS-LM-BP (Modello Mundell-Fleming)


Il modello IS-LM-BP, anche noto come “Modello Mundell-Fleming” dal nome dei due economisti che lo esposero per la
prima volta, è un’estensione ad un’economia aperta del modello IS-LM.

Ipotizza:

• che vi sia mobilità dei capitali

• che il paese in esame sia rappresentato da una piccola economia non in grado di influenzare il
reddito e il tasso di interesse internazionale (dati).

• che i prezzi nazionali ed esteri siano costanti

Per studiare il comportamento di quest’economia dovremo distinguere tra tassi di cambio fissi e
tassi di cambio flessibili.

Avremo che

o Il saldo di Conto corrente CC= F ( Y* +, Y- , EP*/P +) ovvero sarà una funzione che
dipenderà in maniera positiva dal reddito estero, in maniera negativa dal reddito
nazionale e in maniera positiva dal tasso di cambio.

o Il saldo del Conto Finanziario CF= (G(i-i*)+ ) ovvero sarà una funzione che
dipenderà in maniera positiva dal differenziale dei tassi d’interesse nazionale meno
il tasso d’interesse estero.

se i > i* avremo un aumento di capitale proveniente dall’estero, un SCF positivo e


quindi SBP>0;

viceversa, se i < i* avremo un’uscita di capitale verso l’estero, un SCF negativo e


quindi un SBP < 0.

Assumendo costanti Y*,P*,P,i*

La Bilancia dei Pagamenti è quindi funzione di:

BP= CC + CF = F(Y-,E +,i +) ovvero sarò una funzione che dipenderà in maniera negativa dal
reddito nazionale, in maniera positiva dal tasso di cambio e in maniera positiva dal tasso d’interesse
nazionale.

La curva BP rappresenterà tutte le coppie di reddito e tasso d’interesse che assicurano l’equilibrio
della bilancia dei pagamenti

Il differenziale tra i tassi può dipendere da:

– Rischio paese: Il rischio che il paese debitore faccia bancarotta a causa di fattori politici o
economici. I creditori richiedono un maggiore interesse: premio per il rischio.

– Aspettative sulle variazioni di tassi di cambio: Se esistono aspettative di deprezzamento del


tasso di cambio (che scende) allora i debitori devono pagare tassi di interesse più elevati per
compensare delle perdite attese dovute ai cambi
In caso imperfetta mobilità dei capitali, se il
reddito di equilibrio Y aumenta, peggiorando la
bilancia commerciale, è necessario che il tasso
di interesse nazionale aumenti per mantenere
l’equilibrio della BP, per cui la curva BP è
inclinata positivamente.

Tuttavia, nell’ipotesi di libera mobilità dei


capitali, una differenza tra tassi di interesse
domestico e mondiali porta ad
un’entrata/uscita di capitali dal resto del
mondo verso il paese nazionale e viceversa
potenzialmente infinita: la curva BP è una
semiretta parallela all’asse delle ascisse, i
punti sopra alla BP saranno contraddistinti
da un surplus del bilancia dei pagamenti e
viceversa i punti al disotto da un deficit della
bilancia dei pagamenti, ed il tasso di
interesse domestico è uguale al tasso di
interesse estero i=i* (parità internazionale
dei tassi di interesse).
MODELLO IS - LM - BP: CAMBIO FLESSIBILE
Nel regime di cambi flessibili, gli squilibri nel mercato valutario decidono la dinamica del tasso di cambio nominale e,
così da assicurare l’equilibrio tra domanda e offerta di valuta:
• Un surplus nella bilancia dei pagamenti, per cui SBP > 0, equivale ad una entrata di capitale (domanda di valuta nazionale) e
apprezza il tasso di cambio (e↓). Questa variazione risulta in una ridotta competitività dei beni e servizi domestici nei
mercati esteri, ed una contrazione della IS.
• Un deficit nella bilancia dei pagamenti, per cui SBP < 0, equivale ad un’uscita di capitale (aumento della domanda per valuta
estera) porta al deprezzamento del tasso di cambio (e↑). Questo cambiamento dei prezzi relativi in favore dei beni e servizi
domestici risulta in una espansione della IS in seguito l’aumento delle esportazioni domestiche.

• In regime di cambi flessibili il tasso di cambio è determinato dalla domanda e offerta di valuta
nazionale. Se:
• Domanda > Offerta → apprezzamento → ↓X e ↑M → ↓Y
• Domanda < Offerta → deprezzamento → ↑X e ↓M → ↑Y

SBP > 0
Se, ad esempio, viene attuata una politica fiscale espansiva G↑
si ha un’espansione della curva IS (IS —> IS’), determinando un
nuovo equilibrio E1, con un più alto tasso di interesse domestico
e di reddito. L’aumento di i > i* determina un afflusso di capitali
dall’estero, e quindi un avanzo del SBP > 0, e un conseguente
eccesso di domanda di valuta nazionale.
Il risultato è un apprezzamento del tasso di cambio (e↓). Ciò
determina una diminuzione delle esportazioni, e quindi un
peggioramento della SBC fino a che SBP=0. Analogamente la
curva IS tenderà a traslare finché non tornerà al punto di
partenza (IS <— IS’), in corrispondenza dell’equilibrio di partenza
E, ma cambiando l’inclinazione perché a questo
punto avremo avuto uno spiazzamento della spesa
pubblica con le esportazioni.

SBP < 0
Se, ad esempio, si attua una politica monetaria espansiva M↑ si
ha un’espansione della curva LM (LM —> LM’), determinando un
nuovo equilibrio E1, con tasso di interesse i < i*. Questo
determina un flusso di capitali in uscita verso l’estero, e quindi un
disavanzo del SBP < 0, e un conseguente eccesso di offerta di
valuta nazionale.
Il risultato è deprezzamento del tasso di cambio (e↑). Ciò
determina un aumento delle esportazioni, e quindi un
miglioramento del SBP fino a che SBP = 0. Analogamente,
l’aumento delle esportazioni determinerà una traslazione verso
l’alto della IS (IS —> IS’), fino a raggiungere il nuovo equilibrio
E2.

Quindi, con il tasso di cambio flessibile avanzi/disavanzi della BP risultano in un tasso di cambio più basso/alto e una
riduzione/aumento della competitività dei prodotti domestici. In altri termini, il tasso di cambio ha un impatto sulle
esportazioni e quindi sulla curva IS, quindi l’equilibrio è determinato dall’intersezione da LMxBP.
Inoltre dagli esempi emerge che:
• la politica fiscale è completamente inefficace in un regime di cambi flessibili, in quanto non è in grado di promuovere
variazioni di reddito di equilibrio e al tempo stesso determina un cambiamento della composizione della domanda aggregata,
con una maggiore spesa pubblica e una riduzione delle esportazioni;
• la politica monetaria è estremamente efficace in un regime di cambi flessibili
MODELLO IS - LM - BP: CAMBIO FISSO

Il regime di cambio fisso era più comune nel passato e più raro nel tempo corrente, pur cercando evitare una grande
volatilità dei tassi di cambio anche nel sistema a cambio flessibile.

Nel regime a cambio fisso la BC si impegna a mantenere costante il tasso di cambio e, attuando sul mercato valutario delle
operazioni di compra-vendita di riserve di valuta estera al fine di compensare eventuali eccessi di domanda o di offerta di
valuta nazionale, con una conseguente variazione della base monetaria e della LM:
• SBP > 0 —> MS↑ —> i↓ —> spostamento a destra della LM => Per mantenere il cambio fisso e compensare l’aumento di
domanda di valuta nazionale, la BC aumenta l’offerta di valuta nazionale in cambio di valuta estera fino al raggiungimento
dell’equilibrio.
• SBP < 0 —> MS↓ —> i↑ —> spostamento a sinistra della LM => Per mantenere il cambio fisso e compensare la
contrazione della domanda di valuta nazionale, la BC diminuisce l’offerta di valuta nazionale a offre valuta estera, fino al
raggiungimento dell’equilibrio.
Poiché le variazioni di domanda di valuta nazionale tendono alla variazione del tasso di cambio, per mantenere il cambio
fisso la BC attua l’operazione inversa.

POLITICA MONETARIA
‣ Politica monetaria espansiva —> Se la BC attua una politica monetaria espansiva
(M↑) si ha una traslazione della curva LM verso destra, mentre lascia inalterata la
curva IS, individuando un nuovo punto di equilibrio E’, caratterizzato da un aumento
del reddito ma anche una diminuzione del tasso di interesse i. Questo comporta uno
squilibrio del SBP < 0, e quindi un eccesso di offerta di valuta nazionale. Per mantenere
fisso il tasso di cambio la BC contrae l’offerta di valuta nazionale (aumenta la
domanda di valuta nazionale) in cambio di valuta estera. Questa diminuzione farà
traslare la LM a sinistra fino al raggiungimento dell’equilibrio di partenza E.

‣ Politica monetaria restrittiva —> Se la BC attua una politica


monetaria restrittiva (M↓) si ha una traslazione
della LM a sinistra, individuando un nuovo punto di equilibrio E1
caratterizzato da un più alto livello del tasso di interesse. Questo
determina un surplus della bilancia dei pagamenti SBP > 0, e quindi
un eccesso di domanda di valuta nazionale. Per mantenere il cambio
fisso e compensare l’eccesso di valuta nazionale, la BC aumenta
l’offerta di valuta nazionale in cambio di valuta estera, fino al
raggiungimento dell’equilibrio di partenza E0.

➡ La politica monetaria è inefficace per perseguire un aumento del


reddito.

POLITICA FISCALE
Se il Governo attua una politica fiscale espansiva (G Se il Governo attua
una politica fiscale espansiva (G↑), si ha una traslazione della curva IS in
IS’ raggiungendo così un nuovo equilibrio E’, caratterizzato da un tasso
di interesse più elevato. Questo determina un surplus della bilancia dei
pagamenti SBP > 0. Per mantenere il tasso di cambio fisso, la BC
aumenta l’offerta di moneta in cambio di valuta estera, determinando una
traslazione della curva LM verso destra, fino al raggiungimento di un
nuovo equilibrio E’’.
➡ La politica fiscale è efficace.
L’equilibrio è determinato da ISxBP

In conclusione, in un regime di cambi fissi e assenza di sterilizzazione la politica fiscale è efficace, mentre la politica
monetaria è inefficace.
IS - LM - BP: CAMBIO FISSO E STERILIZZAZIONE
Sterilizzazione: Operazione con cui la BC modifica la quantità di moneta presente nel sistema, vendendo o comprando
titoli pubblici (operazioni di mercato aperto), al fine di neutralizzare gli effetti generati da squilibri della bilancia dei
pagamenti e mantenere il cambio fisso.
Con sistema tassi fissi e politica di sterilizzazione, la BC riesce a mantenere il controllo sia sulla politica fiscale sia sulla
politica monetaria.

• SBP > 0 —> Un surplus del SBP equivale ad un’entrata di valuta estera ( aumento di domanda di valuta nazionale), che tende
ad apprezzare il tasso di cambio (e↓). Per mantenere il cambio fisso e compensare l’aumento di domanda di valuta
nazionale, la BC aumenta l’offerta di valuta nazionale acquistando valuta estera, con un conseguente aumento della base
monetaria. Per evitare uno spostamento della LM, la BC attua in contemporanea una operazione domestica in cui vende titoli
di Stato per un importo pari al surplus della bilancia dei pagamenti (operazione nella direzione opposta), così da ridurre la
base monetaria. Essenzialmente, l’aumento della base monetaria dovuto ad un aumento di offerta di valuta nazionale, è
compensata dalla riduzione di base monetaria dovuta alla vendita di titoli di Stato.
• SBP < 0 —> Un deficit del SBP equivale ad un’uscita di capitale (aumento della domanda per valuta estera), che tende ad un
deprezzamento del tasso di cambio (e↑). Per mantenere il cambio fisso e compensare la contrazione della domanda di valuta
nazionale, la BC compra valuta nazionale e a offre valuta estera, con un conseguente riduzione della base monetaria. Per
evitare uno spostamento della LM, la BC attua in contemporanea una operazione domestica in cui compra titoli di Stato per
un importo pari al deficit della bilancia dei pagamenti, così da aumentare la base monetaria. Essenzialmente, la riduzione
della base monetaria dovuta alla diminuzione di offerta di valuta nazionale è compensata con un aumento della base
monetaria attraverso l’aumento di titoli di Stato.

I°CELLA: cambio flessibile


I° + II° CELLA: cambio fisso
I° + II* + III° CELLA: cambio fisso e sterilizzazione

Deficit persistenti portano ad un esaurimento delle riserve valutarie. E un continuo accumulo di riserve può
anch’esso costituire un problema nel medio lungo periodo

Riassumendo:
Cambi fissi → offerta di moneta è endogena → spostamenti LM
Cambi flessibili → tasso di cambio è endogeno → spostamenti IS

E quindi le funzioni che determinano l’equilibrio sono:


Cambi fissi → equilibrio è determinato solo da IS e BP
Cambi flessibili → equilibrio è determinato solo da LM e BP
Cambi fissi → equilibrio è determinato solo da IS e BP
Cambi flessibili → equilibrio è determinato solo da LM e BP

IL TRILEMMA
Il trilemma (o trio inconciliabile, o terzetto incoerente) indica l’impossibilità che possano
coesistere i tre elementi seguenti, ma solo due di essi abbandonando il terzo:
• Regime di cambi fissi
• Politica monetaria autonoma, e quindi mantenere il controllo sui tassi di interesse
domestici
• Libera mobilità di capitali

‣ CASO I: Libera mobilità di capitali + Cambi fissi —> Rinuncio alla politica monetaria autonoma.
In questo caso non sarebbe possibile avere autonomia nella politica monetaria, perché qualsiasi modifica del tasso
di interesse interno che modifichi la parità con il tasso di interesse internazionale, provocherebbe un afflusso di
capitali verso il paese con il tasso di interesse maggiore. Questo afflusso porterebbe all’apprezzamento della
moneta appartenente al paese verso cui fluiscono i capitali rispetto a quella del paese dal quale questi capitali
defluiscono, modificando la parità del tasso di cambio insita in un regime di cambi fissi.
CASO II: Libera mobilità di capitali + Politica monetari autonoma —> Rinuncio al regime di cambi fissi.
Optando per un regime di cambi flessibili, la libera mobilità di capitali e la politica monetaria autonoma sono
perfettamente conciliabili: l’eventuale variazione del tasso di interesse provocherebbe un movimento di capitali che,
a sua volta, provocherebbe una variazione del tasso di cambio.
‣ CASO III: Politica monetaria autonoma + Cambi fissi —> Rinuncio alla mobilità di capitale
È possibile far convivere politica monetaria autonoma e regime a cambi fissi, rinunciando però alla libera mobilità di
capitali: la presenza di barriere che limitano o bloccano l’afflusso e il deflusso di capitali, impedendo il movimento
potenzialmente infinito di capitali causato dal differenziale tra tassi di interesse, permette di mantenere i cambi fissi.
=> Sistema di Bretton Woods, il quale prevedeva un sistema di cambio fisso tra i paesi appartenenti all’UE ed un elevato grado di autonomia nella
conduzione della politica monetaria, ponendo però un forte controllo sulla mobilità di capita
DAL SISTEMA DI BRETTON WOODS (BW) ALLA CADUTA DEL SISTEMA
MONETARIO EUROPEO (SME)
Alla fine della II Guerra Mondiale i paesi vincitori - tra cui la Gran Bretagna, grande potenza in declino, e gli Stati Uniti,
grande potenza in ascesa - si riunirono a Bretton Woods per dare una struttura più coerente all’architettura monetaria
internazionale.
Gli ACCORDI DI BRETTON-WOODS (1944) individuarono un’architettura del sistema monetario internazionale, mantenuta dal 1945 al
1971, basata su:
• Sistema di tassi a cambio fisso (regolabile) in relazione al dollaro americano.
• Convertibilità dei dollari in oro: gold exchange standard
• Limitazione della mobilità dei capitali per il mantenimento di una politica monetaria autonoma, nonostante i tassi di cambio
fissi.

Questo periodo post-guerra è ricordato come


Golden Age (1948 - 1973), in quanto
caratterizzato da alti tassi di crescita, processo
di convergenza dei livelli di reddito pro capite
dei paesi che erano stati distrutti dalla guerra
verso il reddito pro capite degli Stati Uniti, e
stabilità monetaria.

➡ Caratteristiche già delineate nella prima


parte.

LA CADUTA DI BW
L’aumento del deficit fiscale del governo degli Stati Uniti, legato anche a spese militari come la Guerra Fredda o la
guerra del Vietnam, ed il conseguente aumento della quantità totale di dollari risultano necessariamente in un aumento
del rapporto tra base monetaria USA e riserve auree: vi erano troppi dollari in giro rispetto alle riserve in oro. Di
conseguenza nell’agosto del 1971 Nixon dichiara l’inconvertibilità del dollaro in oro, il che ha reso impossibile il
mantenimento delle fluttuazioni dei tassi di cambio entro i limiti di +-1% previsti dal sistema di BW.
Questa sospensione, grazie alla posizione di Superpotenza degli USA, non intaccò il ruolo del dollaro che anzi vide più
che mai confermare il suo stato di moneta internazionale, consentendo agli USA di mantenere il privilegio esorbitante,
ossia la capacità di pagare le spese internazionali in valuta domestica.
➡ Si definisce moneta internazionale quella valuta che assolve a una o più delle tre tradizionali funzioni della moneta
al di fuori dei confini del paese che la emette.
Alla caduta di BW, nel 1972 gli Stati dell’allora Comunità economica europea (Germania Occidentale, Francia, Italia,
Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo) stipularono un accordo, c.d. serpente monetario, per mantenere una banda di
oscillazione predeterminata e ridotta, pari al +-2,25%, tra le monete europee.

Questo tuttavia non fu sufficiente per mantenere la stabilità monetaria, in quanto altre fonti di instabilità seguirono la fine
del sistema di Bretton Woods:
‣ Negli anni ’70, ossia si assiste ad un aumento delle pressioni inflazionistiche soprattutto dal lato dell’offerta:
• Richiesta di salari più alti da parte dei lavoratori, e il conseguente aumento dei prezzi finali a causa dell’aumento dei costi
di produzione.
• Il verificarsi di due shock petroliferi (1973 e 1979), il primo caratterizzato da un forte aumento del prezzo del petrolio da
parte dell’OPEC (Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio) in seguito alla guerra del Kippur come ritorsione nei
confronti dei paesi occidentali sostenitori dello stato di Israele, e il secondo caratterizzato da un forte aumento del costo
del petrolio in seguito alla rivoluzione iraniana e all’interruzione delle esportazioni da parte dell’Iran: lo shock petrolifero,
ossia l’aumento del prezzo del petrolio e dei suoi derivati, rese inevitabile per i produttori riversare tale aumento dei costi
sui prezzi, trasmettendosi quindi come uno shock d inflazione nei paesi importatori.
Poiché a questi fenomeni inflazionistici (inflazione da offerta) si
accompagnava anche una seria stagnazione economia e
disoccupazione, negli anni ’70 in seguito al primo shock petrolifero fu
coniato il termine “STAGFLAZIONE”, ad indicare la contemporanea
presenza di stagnazione economica ed inflazione.
La contemporanea presenza di stagnazione ed inflazione mese in crisi la
teoria di J.M.Keynes, nella cui visione l’ inflazione è giustificata sol
quando il mercato raggiunge il pieno impiego e si realizza un eccesso di
domanda aggregata rispetto all’offerta aggregata, mentre la
disoccupazione è causata da un livello non sufficiente di domanda
aggregata e pertanto non è compatibile con una situazione di inflazione,
ma solo con prezzi in diminuzione in linea con il calo della domanda in
regime di recessione. La combinazione di recessione e inflazione, ossia
la stagflazione, è spiegata alla luce del fatto che le pressioni
inflazionistiche derivano non da uno shock di domanda ma da uno shock
di offerta, ossia si è in presenza di inflazione di offerta, per cui
l’aumento dei prezzi è dovuto ad un aumento dei costi delle imprese e
non da una maggiore domanda dei consumatori.
‣ Attuazione di politiche monetarie e fiscali restrittive, con il conseguente aumento del tasso di disoccupazione, riduzione
del potere contrattuale dei lavoratori ed inizio di un lungo processo di perdita di valore dei salari (spiegabile attraverso la
dinamica del mercato del lavoro: essendoci meno posti disponibili, pur di accedervi le persone tendono ad accontentarsi
di paghe e condizioni meno vantaggiose): fine della Golden Age.
Più precisamente, al primo shock (1973) la risposta dei Paesi industrializzati, conformemente alla teoria keynesiana,
fu quella di adottare politiche monetari e fiscali espansive, che non fecero altro che aggravare la tendenza
inflazionistica per di più senza neanche cali nel tasso di disoccupazione. Al secondo shock allora i paesi
industrializzati attuarono politiche monetarie e fiscali restrittive al fine di contrastare la tendenza inflazionistica anche
se con i forti costi sociali che ne sono derivati, quali aumento del tasso di disoccupazione, riduzione del potere
contrattuale dei lavoratori ed inizio di un lungo processo di perdita di valore dei salari.

La politica fortemente restrittiva attuata costituiva una medicina troppo amara rispetto alla malattia diagnosticata e
che contribuì ad alimentare una recessione mondiale: trattandosi di inflazione di offerta, per altro originata da un
aumento del prezzo di un bene importato, e non di inflazione di domanda, un aumento del tasso di interesse nazionale e
la conseguente riduzione della domanda aggregata, da un lato non ha nessun motivo di impattare sul prezzo più elevato
del petrolio in quanto bene importato dall’estero, e dall’altro penalizza anche la crescita economica comportando elevati
costi sociali in termini di disoccupazione e riduzione dei salari reali.
Motivazioni alla base della nascita del Sistema Monetario Europeo (SME)
1. Elevato grado di apertura e integrazione intra-Europea
2. Arrestare le svalutazioni competitive tra le monete europee 1 + 2 → rischio di una spirale
svalutazione-inflazione.
3. Facilitare le politiche agricole comuni
4. Fornire un ancoraggio credibile per paesi con scarsa credibilità
5. Impedire l’apprezzamento del Marco

Le pressioni inflazionistiche dovute agli shock di offerta, la variazione del dollaro e le difficoltà di coordinamento tra Paesi
all’interno dell’Europa, fecero sì che nel serpente monetario rimasero solo Olanda, Belgio e Lussemburgo.
Questo esponeva al rischio di attuazione, da parte dei paesi che avevano perso competitività in seguito all’inflazione
domestica, di svalutazioni competitive per evitare perdite di competitività nel commercio internazionale, e che in virtù
dell’elevato grado di apertura ed integrazione intra-Europea si traducevano in inflazione domestica (le importazioni sono
più costose) e pressione inflazionistica nei paesi importatori aumentando il rischio di una spirale svalutazione-
inflazione: si parla di pass trough, per cui l’inflazione domestica si traduce in una pressione inflazionistica all’estero e
viceversa.

Per meglio comprendere si consideri che il ruolo della BC attiene principalmente a:


• Stabilizzare i prezzi domestici (controllo dell’inflazione) — conseguito attraverso —> manovre sui tassi di interesse/ offerta
di moneta
• Mantenere il tasso di cambio fisso — conseguito attraverso —> manovre sulle riserve di valuta estera

Il controllo del tasso di cambio rappresenta un’alto strumento per controllare l’inflazione ed impedire la trasmissione delle
pressioni inflazionistiche tra i vari Stati in conseguenza dell’elevato grado di apertura ed integrazione tra le economie
europee
Si definisce il tasso di cambio reale —>
- e = tasso di cambio nominale
- P* = prezzi esteri
- P = prezzi domestici

dove le variazioni dei tassi cambio reale dipendono dalle variazioni del tasso di cambio nominale, nonché dal tasso
d’inflazione estero e domestico. Segue che mantenere il tasso di cambio fisso può contribuire alla stabilità del livello dei
prezzi.

Si osserva che in caso di aumento del tasso di inflazione domestica si ha un’apprezzamento del tasso di cambio reale,
per cui i beni domestici diventano più costosi all’estero, e quindi una perdita di competitività. La competitività persa in
conseguenza a pressioni inflazionistiche può essere recuperata attraverso una svalutazione del tasso di cambio
nominale (svalutazione competitiva) per recuperare la competitività del tasso di cambio reale, ma che in virtù
dell’elevato grado di apertura ed integrazione intra-Europea si traducevano in inflazione domestica (le importazioni sono
più costose) e pressione inflazionistica nei paesi importatori aumentando il rischio di una spirale svalutazione-
inflazione.
Maggiore è il grado di apertura maggiore sarà il rischio di spirale svalutazione-inflazione.
SME: CREAZIONE E SVILUPPI
A fronte di ciò, nel 1979 è stato istituito il SME (Sistema Monetario Europeo), il quale prevedeva il mantenimento di un
cambio fisso e l’adozione di una banda di oscillazione di +-2.25% (6% per la lira), e la cooperazione fra le banche
centrali per il coordinamento delle politiche, in particolare politiche monetarie e attinenti alle valute estere, al fine di
evitare fenomeni inflazionistici e la conseguente spirale di svalutazione-inflazione.
Tuttavia il sistema diventa presto asimmetrico con il marco tedesco come ancora monetaria e riserva di valore del
sistema monetario europeo.

Lo sviluppo del SME si articola in tre fasi:


I. FASE (1979 - 1983): Il pragmatismo iniziale —> La fase del pragmatismo iniziale è caratterizzata da riallineamenti
frequenti e svalutazioni competitive per recuperare la competitività perduta a causa degli alti differenziali inflazionistici
osservati tra Spagna, Italia e Francia rispetto alla Germania. Essendo permessa questa frequente svalutazione, vi era un basso
incentivo al perseguimento della stabilità dei prezzi tramite l’attuazione di politiche monetarie restrittive, le quali avrebbero
permesso di contrastare l’inflazione e stabilizzare il livello dei prezzi rispetto a quelli tedeschi.

II. FASE (1983 - 1987): Maggiore rigidità —> Con un’impostazione più rigida, si pone fine ai riallineamenti e quindi alla
possibilità di manovrare il tasso di cambio attuando svalutazioni competitive per il recupero della competitività. Questo pone
un maggiore incentivo al controllo dei tassi di inflazione via politica monetaria e ad un conseguente aumento dei costi, in
termini di perdita della competitività e peggioramento della bilancia commerciale, derivanti dal seguire delle politiche
monetarie divergenti.
III. FASE (1987 - 1992): Liberalizzazione dei flussi dei capitali —> Con un cambiamento strutturale del sistema
monetario europeo, si pone fine al controllo sul movimento dei capitali. La controparte della liberalizzazione dei flussi di
capitale è la necessità di valuta estera per mantenere il cambio fisso: i controlli sul movimento dei capitali limitavano la
formazione di posizioni speculative contro le monete “deboli” e permettevano al tempo stesso di mantenere il cambio fisso,
per contro la liberalizzazione dei flussi di capitale, permettendo la formazione di posizioni speculative e il deflusso di capitali dai
paesi più deboli verso quelli più forti, rendevano necessario per il paese sotto attacco un’ingente quantità di valuta estera per
mantenere la stabilità dei cambi.
Allo scopo di adeguare gli accordi di cambio dello SME e riuscire a conciliare cambio fisso + politica monetari autonoma
+ mobilità dei capitali, c.d. trilemma, nel 1987 vengono firmati gli Accordi di Basilea-Nyborg (1987), con cui le banche
centrali dei Paesi partecipanti allo SME si impegnavano ad un’assistenza reciproca illimitata, nella forma di finanziamenti
“virtualmente illimitati” di riserve internazionali (di valuta estera), al fine di contrastare eventuali attacchi speculativi che,
potendo contare su ingenti risorse, avrebbero potuto sovvertire il sistema a cambi fissi, anche se periodicamente
aggiustabili, previsto dallo SME.
Difesa del cambio in caso di apprezzamento non presuppone particolari problemi perché posso stampare moneta e
acquistare moneta.
LA CRISI DEL SME
Si individuano tre diverse interpretazioni della crisi del SME, tra loro non indipendenti ma interconnesse:
‣ Riunificazione tedesca (1989) —>

• Cancelliere Kohl decide un cambio 1:1 tra Marchi est e ovest (di mercato 4:1)
• Massiccio aumento della domanda aggregata dalla Germania dell’Est con conseguente elevato rischio di
inflazione.
• La Bundesbank prima si oppone poi propone una rivalutazione del Marco
• La Francia rifiuta sdegnata la svalutazione del Franco per ragioni di prestigio
• La Bundesbank alza i tassi di interesse aumentando i costi di partecipazione al sistema di cambio fisso → crisi
economico-finanziaria negli altri paesi

Dopo la riunificazione tedesca, la Germania incrementò la sua economia attuando una politica fiscale espansiva, con massicci
trasferimenti di risorse pubbliche verso la Germani dell’Est. Questi interventi hanno portato ad un forte aumento dell’inflazione, per cui
la Bundesbank è intervenuta con una politica monetaria fortemente restrittiva aumentando il tasso di interesse (i) per il contenimento
dell’inflazione domestica, causando però per tal via un aumento dei costi di partecipazione al sistema di cambio fisso per tutti gli altri
paesi in quanto:
1. poiché il marco ed i titoli pubblici tedeschi, percepiti come meno rischiosi, costituivano la moneta ancora del SME,
l’aumento del tasso di interesse tedesco ha innescato un afflusso di capitali dagli altri paesi europei verso la
Germania (formazione di posizioni speculative);
2. la formazione di posizioni speculative e gli afflussi di capitale verso la Germania creavano una tendenza alla
svalutazione delle valute nazionali dei Paesi europei rispetto al marco tedesco, per contrastare la quale le BC dei paesi
sotto attacco avevano bisogno di un’ingente quantità di riserve di marchi il cui costo (i) però era aumentato.

‣ Differenziali di inflazione e Insufficienza delle riserve estere —> Tassi di cambio fissi con divergenti tassi di inflazione e
interesse favoriscono attacchi speculativi verso le economie percepite più deboli e risultano in riserve estere più costose:
l’accordo di B-N funzionerebbe meglio se il paese sotto attacco fosse solamente uno e non tutti i paesi partecipanti al SME.
‣ Aspettative autorealizzanti e terzetto incoerente —> Grandi flussi di capitali dovuti a aspettative negative, complice
l’insufficienza di riserve estere, rendono più difficile mantenere tassi di cambio fissi.

L’Italia non poteva più far parte dello SME in quanto Banca D’Italia si dissanguò per
proteggere la lira. Si assistette a delle manovre da parte di Ciampi che porto ad alzare i
tassi per carcare di proteggere la valuta fino al punto che non furono più sostenibili al
punto che dovette cedere e svalutare e si privò di molte riserve estere. Si ricorda nella
storia economica dell'Europa, il mercoledì nero il 16 settembre 1992 quando la lira italiana e
la sterlina inglese furono costrette ad uscire dallo SME, in conseguenza di una speculazione
finanziaria da cui ricavò profitto soprattutto il finanziere George Soros tramite il suo fondo
Quantum.
AREE MONETARIE O VALUTARIE OTTIMALI

L’unione valutaria prevede l’adozione di una valuta unica, come l’euro, mentre l’unione monetaria prevede l’adozione
di un sistema a tassi di cambio fissi, pur mantenendo ciascuna nazione la propria valuta nazionale.

Stabilire un’unione monetaria o valutaria risulta nella rinuncia agli strumenti di politica economica anticiclica, in
particolare politica monetaria e svalutazioni competitive del tasso di cambio. Segue pertanto che:
• Il costo dell’entrata nell’unione monetaria o valutaria, costo crescente se la politica monetaria e le svalutazioni competitive
del cambio sono strumenti anticiclici efficaci, dipende dalla probabilità che un paese sia colpito da shock asimmetrici,
per far fronte ai quali l’adozione di una politica monetaria o valutaria anticiclica unica non sarebbe efficace.
• I benefici dell’entrata nell’unione monetaria o valutaria includono l’abolizione dei costi di conversione tra valute (AVO),
l’eliminazione del rischio di cambio, e di conseguenza una maggiore stabilità dei prezzi ed incremento degli scambi
commerciali.

Schematicamente, i principali fattori da tenere in considerazione per comprendere se l’adesione ad un’unione monetaria
o valutaria è una buona scelta sono:

PROBABILITÀ DI SHOCK ASIMMETRICI
Gli shock asimmetrici sono eventi esogeni che hanno un impatto diverso sui paesi appartenenti all’unione monetaria/
valutaria, tale per cui il paese colpito avrà bisogno di una politica monetaria o valutaria anticiclica unica: in caso di
recessione dovrà essere attuata una politica espansiva, viceversa in una situazione inflazionistica e con troppa
domanda aggregata rispetto alla capacità di offerta dovrà essere attuata una politica restrittiva.
Vi è una correlazione positivi tra il costo dell’adesione all’unione monetaria e la probabilità di shock asimmetrici, la quale
dipende dal grado di diversificazione produttiva dell’economia: maggiore è la diversificazione produttiva nell’economia,
più i paesi sono tra loro omogenei e quindi lo shock avrebbe un uguale impatto su di essi; diversamente una maggiore
specializzazione produttiva aumenta l’impatto di uno shock specifico sui settori produttivi principali, ed in questa
circostanza in seguito allo shock asimmetrico la politica monetaria anticiclica appropriata sarà diversa nei diversi paesi.

Fleming (1971) sostiene che la somiglianza nei tassi di inflazione costituisce una precondizione per l’adesione ad
un’area valutaria o monetaria: la somiglianza dei tassi di inflazione indica che le autorità monetarie di due paesi hanno
preferenze anti-inflazionistiche simili e che quindi le strutture produttive e istituzionali sono simili, perciò è meno
probabile che siano colpite diversamente da uno shock esogeno; diversamente tassi di inflazione diversi, che possono
derivare da politiche monetarie diverse nonché differenze nelle strutture produttive/istituzionali, implicano variazioni di
competitività di un paese rispetto all’altro.

EFFICACIA DELLA POLITICA MONETARIA
Come detto prima, il costo dell’entrata nell’unione monetaria o valutaria è crescente se la politica monetaria e le
svalutazioni competitive del cambio sono strumenti anticiclici efficaci, pertanto rinunciare all’indipendenza è meno
costoso quando questa indipendenza è inefficace.
Al riguardo assume un ruolo fondamentale la credibilità dell’autorità monetaria, tale per cui il tasso di inflazione
dipende dallo stato delle aspettative del settore privato in merito alle preferenze effettive della BC:
• se il settore privato ritiene che la BC attribuisca un alto costo all’inflazione si aspetterà una bassa inflazione e quindi manterrà
i prezzi bassi;
• se il settore privato ritiene invece che la BC abbia una (percepita) bassa avversione all’inflazione, la discrezionalità nella
politica monetaria risulterà soltanto in una maggiore inflazione senza ridurre la disoccupazione, per cui il settore privato
anticipa l’aumento dei prezzi.
➡ In assenza di credibilità è quindi preferibile abbandonare ogni discrezionalità ed adottare regole fisse: quindi, per un
paese con basse preferenze anti-inflaionistiche, in cui non c’è credibilità della BC ma il settore privato anticipa
l’aumento dei prezzi, il costo di rinunciare all’autonomia monetaria è bassa.

SVALUTAZIONI COMPETITIVE E IL GRADO DI APERTURA
L’entrata nell’unione valutaria è più costosa se le svalutazioni del tasso di cambio sono efficaci, ossia in grado di
stimolare le esportazioni e la domanda aggregata (condizione di Marshall-Lerner).
Tuttavia occorre tenere in considerazione che, anche se le svalutazioni competitive sono efficaci:
- lo strumento del tasso di cambio nominale non può essere usato sistematicamente al fine di evitare la c.d. spirale
svalutazione-inflazione: la svalutazione del tasso di cambio determina una riduzione del prezzo dei beni domestici e quindi
un’aumento di competitività e delle esportazioni verso l’estero; tuttavia per effetto della svalutazione le importazioni
diventeranno più costose e ciò si traduce in inflazione domestica, la quale in virtù dell’integrazione esistente tra i paesi si
traduce in una pressione inflazionistica nei paesi importatori (pass through), generando una spirale svalutazione-inflazione in
grado di cancellare il guadagno di competitività. pressione inflazionistica nei paesi importatori
- le variazioni del tasso di cambio sono efficaci solo dopo un elevato lag temporale: ciò implica che la sostituzione dei prodotti
importati, più costosi, con i prodotti domestici, sempre se possibile, avviene solo dopo un elevato lag temporale, per cui
sicuramente è meno veloce rispetto all’inflazione conseguente alla svalutazione;
- McKinnon, mettendo insieme questi due aspetti, afferma che in un paese con un alto grado di apertura, ossia che importa
una parte rilevante per il consumo domestico, e bassa (o lenta) elasticità al prezzo delle importazioni, le svalutazioni tendono
ad alzare i prezzi interni via importazioni: la svalutazione è parzialmente neutralizzata
dall’aumento dei prezzi. —> Un paese con un grado di apertura maggiore ha quindi un costo più basso legato
all’entrata in un AVO/AMO in virtù di questo pass-through, per cui la svalutazione (aumento) del tasso di cambio viene
convertita in inflazione domestica.

MOBILITÀ DEI FATTORI PRODUTTIVI E MECCANISMI DI AGGIUSTAMENTO AUTOMATICO
Secondo Mundell (1961) rinunciare all’indipendenza monetaria e valutaria non sarà costoso quando è possibile
neutralizzare shock asimmetrici con la mobilità e la flessibilità del mercato del lavoro e dei capitali:
• Mobilità del lavoro: attiene alla possibilità, a fronte di uno shock asimmetrico, per i lavoratori del paese/settore colpito dallo
shock di spostarsi verso il paese/settore non colpito o addirittura avvantaggiato in modo tale da non far aumentare
vertiginosamente il tasso di disoccupazione; tuttavia occorre considerare che queste migrazioni in prevalenza interessato i
lavoratori più giovani/produttivi e ciò rende più difficile la ripresa economica delle regioni colpite.
• Mercato del credito efficiente e mobilità del capitale: se il mercato del credito è efficiente, a fronte di uno shock
asimmetrico, la regione non colpita può erogare fondi verso la regione più colpita; inoltre, a fronte di uno shock asimmetrico
che ha lasciato un paese in deficit nella bilancia commerciale causando un aumento del tasso di interesse nei titoli pubblici
emessi dal quel paese, i flussi dei capitali liberi permettono lo sfruttamento di piccole variazioni dei tassi di interesse per
riequilibrare la bilancia dei pagamenti.
• Flessibilità dei salari: se i salari reali sono flessibili, il settore colpito da uno shock riesce ad assorbirlo (cioè i lavoratori
sono disposti ad accettare una riduzione del salario reale) e a mantenere il livello di occupazione; diversamente in
presenza di salari reali rigidi non si riesce ad assorbire lo shock e si determina un aumento del livello di disoccupazione.
Quindi, in presenza alta mobilità dei fattori produttivi, può essere una buona scelta aderire all’unione valutaria/monetaria.

DIFFERENZE STRUTTURALI E DIVERSIFICAZIONE PRODUTTIVA
Come detto prima, i differenziali di inflazione, e di conseguenza il costo di entrate nell’unione, possono derivare non solo
da l’attuazione di politiche monetarie diverse ma anche da fattori istituzionali e strutturali:
• Centralizzazione del mercato di lavoro —> In un’economia con un sistema di contrattazione completamente centralizzato
(NOR, Svez), il sindacato è in grado di internalizzare i rischi, chiedendo meno aumento di salari dopo uno shock asimmetrico
per mantenere il livello di occupazione. Diversamente, senza i sindacati (UK, US) i singoli lavoratori non hanno alcun potere
contrattuale, tale per cui non riescono a richiedere alcun aumento salariale, determinando un minor contributo all’inflazione.
Infine, in presenza di forme intermedie di sindacalizzazione (IT, DE, ES) i sindacati di settori colpiti possono chiedere aumenti
che non consentano ale imprese di essere competitive, in quanto si va a genare una spirale salari-prezzi.
• Diversificazione produttiva —> Le economie più diversificate, e quindi più omogenee tra loro, sono meno soggette a shock
asimmetrici: la diversificazione produttiva favorisce quindi l’equilibrio esterno e rende non necessario il ricorso alla
variazione del tasso di cambio.
• Livello di sviluppo —> L’ingresso in un’unione monetaria o valutaria da parte di paesi con un diverso livello di sviluppo fa si
che, a fronte della maggiore integrazione, i paesi meno sviluppati conoscono un processo di catching up. Tuttavia i paesi con
tassi di crescita più elevata, cioè i paesi meno sviluppati dell’unione e che stanno affrontando il processo di crescita, tendono
ad avere tassi di inflazione più alti, cosa che comporta un problema per l’amministrazione della politica monetaria centrale
dell’area monetaria/valutaria: una politica monetaria decisa su un unico tasso di interesse nominale risulterà in tassi di
interesse reali minori sui paesi più inflazionati, con effetti diversi su consumi e investimenti.
DALLA CRISI DELLO SME ALLA CRISI DELL’AREA EURO

Il 7 febbraio 1992 viene stipulato il Trattato di Maastricht, il quale definisce i criteri di convergenza per entrare a far
parte dell’Unione Monetaria Europea (UME), quale logica continuazione di un processo di integrazione portato avanti da
tempo:
• Limite al rapporto debito pubblico/PIL pari a 60% e il rapporto defcit/PIL pari a 3% —> Le regole non tenevano
conto dei diversi punti di partenza dei paesi.
• Tassi di inflazione non sopra l’1,5% della media dei tre Paesi più “virtuosi”, ossia paesi con il tasso di inflazione più basso
(non deflazionistici e non uguale a 0).
• Tassi di interesse non sopra il 2% della media dei 3 Paesi più “virtuosi” (in prezzi) per evitare spostamenti dei capitali:
differenziali di interesse molto elevati determinano una pressione al movimento di capitali, e di conseguenza una
pressione alla svalutazione del tasso di cambio, tendendo quindi estremamente oneroso il mantenimento di un
tasso di cambio fisso.
• Nessun riallineamento del tasso di cambio nei due anni primi dell’ingresso nell’unione monetaria: i tassi di cambio tra le
valute nazionali sono fissati in modo irrevocabile.

In seguito alla crisi dello SME diventa insostenibile mantenere le bande di oscillazione dei tassi di cambio previste, per
cui vengono adottate delle bande di oscillazione più ampie (+-30%) tale da configurare un sostanziale ritorno ai cambi
flessibili.
Nel 1997 viene firmato il Patto di stabilità e crescita.
Nel 1999 viene formalmente istituita l’UEM.
Nel 2002 si ha l’introduzione fisica dell’euro.

Le Ragioni economiche dell’Unione Monetaria Europa, con l’adozione quindi una valuta unica, sono:
• Mantenere la stabilità valutaria ed evitare o quantomeno mitigare attacchi speculativi senza restrizione sul
movimento dei capitali.
• Possibilità di condurre una politica monetaria comune, cosa che può essere vista come un vantaggio rispetto ad un sistema di
cambi fissi guidato da una moneta leader (nel SME il marco tedesco): in un sistema di cambi fissi guidato da una moneta
leader, quale il marco tedesco, non è possibile condurre una politica monetaria autonoma in assoluto in quanto è necessario
seguire l’orientamento della politica perseguita dalla Bundesbank, soprattuto nel caso di una politica di aumento dei tassi di
interesse in quanto altrimenti ne sarebbe derivata una forte uscita di capitali verso la Germania come di fatto è accaduto
durante la crisi.
• Diffusione dell’Euro come valuta di riserva internazionale: volontà di creare una valuta solida guardando al mito
americano.

Le Ragioni storiche e politiche dell’UME sono:


• La riunificazione tedesca ha determinato una modifica significativa dei pesi politici Europei, quindi l’UEM viene vista come un
segno credibile della rinuncia della Germania ad ambizioni di egemonia economica sull’Europa.
• Maggiore peso politico ed economico dell’Unione Europea a livello mondiale.
• Estendere l’integrazione alla sfera monetaria avrebbe portato ulteriori benefici ai cittadini europei, consentendo quindi
un’unione ancora più forte tra i paesi europei soprattutto sotto il profilo politico (unione politica).
LA CRISI DELL’AREA EURO

• I primi 9 anni conseguenti all’istituzione dell’UEM (1999) furono anni di stabilità, caratterizzati da tassi di interesse in
ribasso in favore delle finanze pubbliche dei paesi aderenti (in particolare sud Europa) e pertanto dalla convergenza degli
spread dei titoli pubblici.
• Nel 2008 ha inizio la Crisi Finanziaria Globale (GFC), a fronte della quale venne adottato un piano di ripresa
europeo consistente in uno stimolo fiscale di circa 200 miliardi di euro.
• Nel 2009 c’è lo Shock Greco —> La rivelazione del neo-eletto primo ministro socialista greco, per cui il precedente governo
greco aveva imbrogliato nel riportare lo stato delle finanze pubbliche, aveva causato un secondo shock, c.d shock greco, dopo
la GFC ed è stato responsabile della diffusione del contagio nei paesi dell’area euro, determinando un progressivo aumento
degli spread rispetto alla Germania, in particolare si ha un esplosione dello spread greco rispetto al Bund. Lo shock greco ha
cambiato il quadro in cui operavano le autorità fiscali e monetarie dell’area euro, inducendo l’adozione della c.d. austerità
fiscale.
• Nel 2010 la Commissione Europea annuncia l’European Stability Fund il quale prevede pacchetti di salvataggio fino a
750 miliardi di euro.
• Nei mesi successivi del 2010 la BC pone in essere il Securities Market Programme, consistente nell’acquisto di titoli
di Stati in difficoltà nel mercato secondario.
• A fine 2010 la Merkel e Sarkozy dichiarano che i detentori di buoni di governi Europei devono essere pronti ad accettare
una probabile inadempienza, ad indicare in tal modo che la BCE in concerto non sarebbe stata disposta ad assumere il ruolo
di prestatore di ultima istanza intervenendo a sostegno di ogni paese in difficoltà.
• Dopo Grecia, Portogallo e Irlanda, primi paesi colpiti dalla crisi e soccorsi direttamente dall’UE, si ha un allargamento
del contagio in Spagna, Italia e Francia, e contemporaneamente si ha un rafforzamento delle politiche di austerità e
consolidamento fiscale con il c.d. Six Pack.
• Nel luglio 2011 la BCE aumenta i tassi di interesse (0,5% —> 0,75%) insieme ad una maggiore offerta di liquidità alle
banche commerciali.
• Nel marzo 2012 vengono ulteriormente rafforzare le misure di austerity con il Fiscal Compact, il quale implica
l’imposizione automatica di sanzioni ai Paesi che viola le norme sul deficit o sul debito, in un momento in cui i paesi europei
versavano in una situazione di crisi tale per cui una politica fiscale espansiva sarebbe stata necessaria.
• Nel luglio 2012 ha inizio il mandato di Draghi alla BCE, il quale pronuncia la frase “whatever it takes”, ad indicare l’impegno
della BCE a fare tutto quanto possibile per mantenere il debito stabile e ridurre gli spread tramite la riduzione dei tassi di
interesse, ed annuncia l’inizio delle Outright Monetary Transactions, quali piani di acquisti diretti della BCE di Titoli di Stato
a breve termine, ponendosi quindi come prestatore di ultima istanza a sostegno dei Paesi appartenenti all’area Euro.
INTERPRETAZIONI DELLA CRISI
Alcune interpretazioni della crisi nell’area euro fanno riferimento alle DIVERGENZE NELLE VARIABILI
FONDAMENTALI dei paesi appartenenti all’area Euro in conseguenza alla crisi finanziaria globale, in particolare:

‣ Divergenza nei conti pubblici, per cui la difficoltà di finanziamento di alcuni Paesi è vista come una conseguenza dell’indisciplina
del settore pubblico nel controllo del debito, facendo al riguardo riferimento al rapporto debito/ pubblico/PIL e Defict/PIL —>
Questa spiegazione non è tuttavia sostenibile, in quanto in realtà la situazione fiscale dell’area euro e dell’intera UE negli anni
precedenti alla crisi era sostanzialmente in ordine o comunque convergente (addirittura la Spagna, il cui rapporto debito
pubblico/Pil è aumentato notevolmente durante la crisi a causa della necessità per il governo di intervenire per evitare il
collasso del settore bancario, negli anni precedenti alla crisi presentava un performance migliore di tutti sia in termini di
rapporto Defict/Pil sia di Debito/Pil), ed è solo dopo la crisi finanziaria globale che si osservano squilibri di bilancio nell’area
dell’euro generalizzati, ossia non esclusivi per i soli paesi più colpiti dalla crisi (es: Grecia, Italia, Spagna), ma ha interessato
anche altri paesi meno colpiti come la Germania.

‣ Divergenze di conto corrente: i Paesi del Sud, ad eccezione dell’Italia, dall’istituzione dell’UEM fino alla crisi del 2008 erano
caratterizzati da un disavanzo delle partite correnti che venivano compensati da avanzi nel conto capitale. —> Questa
spiegazione non è sostenibile, in quanto tutte le unioni monetarie sono caratterizzate da divergenze nei conti correnti
regionali, senza che ciò costituisca un problema. In altri termini, l’assenza dei vincoli della bilancia dei pagamenti, data
l’assenza della necessità di riserve estere per compensare entrate/uscite di capitale in variazione del tasso di cambio,
costituisce un’importante implicazione dell’UME, che prima del verificarsi della crisi era stata interpretata come un segnale
del buon funzionamento dell’integrazione del mercato dei capitali. Inoltre, in un unione monetaria, almeno il linea di principio,
disavanzi di parte corrente possono essere semplicemente compensati con un entra di capitali originata da un finanziamento
estero generale (= emissione di titoli pubblici sottoscritti da investitori esteri, inducendo quindi all’accumulazione di capitale,
di conseguenza la produttività dovrebbe aumentare e, a sua volta, ciò dovrebbe indurre ad una riduzione del disavanzo iniziale
e del debito estero. In realtà, con la crisi si è osservato che l’afflusso di capitali è stato principalmente orientato verso consumi
e abitazioni piuttosto che investimenti produttivi, tuttavia anche s concludessimo che i disavanzi delle partite correnti fossero
i responsabili della crisi, in realtà dovremmo concentrare la nostra attenzione sulle cause di questa divergenza piuttosto che
sulle conseguenze, e quindi a far riferimento alla presenza di problemi strutturali che coinvolgono sia i paesi in deficit sia i
paesi in eccedenza, non solo i paesi meridionali, come la divergenza strutturale dei tassi di inflazione, che è stato
probabilmente il risultato di una divergenza nei costi unitari del lavoro.

‣ Divergenze di debito estero: il deficit corrente associato ad un’eccedenza del conto capitale, e quindi la compensazione dello
squilibrio attraverso un finanziamento estero, ha fatto sì che i Paesi del sud Europa avessero in prevalenza un debito estero,
ossia detenuto principalmente da soggetti stranieri, e quindi più esposto al rischio di arresti improvvisi o di inversione dei flussi
di capitale, poiché in caso di crisi gli investitori stranieri tendono ad orientarsi verso i paesi percepiti come più sicuri. N.B: il
debito pubblico all’interno dell’area euro è de facto denominato in valuta estera.

‣ Indisciplina del settore privato di vari Paesi Europei, in particolare si è osservato una crescita del debito privato delle famiglie
ed imprese in Irlanda, Spagna, Portogallo e Grecia.
Altre interpretazioni della crisi si ricollegano invece ai PROBLEMI STRUTTURALI, in particolare:
‣ Unione monetaria senza unione fiscale —> Diversamente, la presenza di un’unione fiscale, ossia di un’autorità di bilancio
centralizzato in grado di effettuare trasferimenti interni all’Unione automatici senza che debbano intervenire i singoli governi
statali, rende possibile l’attuazione di una politica fiscale adeguata in grado di sostituire i meccanismi di aggiustamento
automatico quando essi non funzionano perfettamente in quanto le barriere linguistiche e culturali contribuiscono a rendere
meno monile la forza lavoro. In altri termini, con un bilancio centralizzato aumenti di reddito e delle entrate in parte dell’UEM
possono finanziarie politiche fiscali espansive, sussidi di disoccupazione e compensare riduzione delle entrate in altri
paesi/regioni dell’UEM che sperimentano un caso del reddito. Diversamente, senza un bilancio centralizzato, la stessa
operazioni riequilibrante potrebbe essere realizzata attraverso finanziamenti da parte degli altri paesi dell’UEM, tuttavia ciò
richiede la presenta di mercati di capitali efficienti, cosa che non sempre è garantita, e al tempo stesso crea limiti futuri per la
politica fiscale nei paesi finanziati a causa del rimborso futuro di tali fondi.

‣ Il Debito pubblico all’interno dell’area euro è de facto denominato in valuta estera.

‣ Squilibri delle partite correnti dovuti a tassi di inflazione strutturalmente divergenti che hanno determinato un
apprezzamento del tasso di cambio reale dei paesi del Sud: i paesi dell’area euro, tipicamente i paesi del sud, che avvenne un
tasso di inflazione più alto della media hanno subito un apprezzamento indesiderato del tasso di cambio reale con una
conseguente perdita di competitività. In questo contesto, a fronte del tasso di cambio fisso dato dall’euro è impossibile
riequilibrare i tassi reali attraverso una svalutazione competitività del tasso di cambio nominale, ne attuare una politica
monetaria ad hoc, pertanto l’unico strumento possibile per riequilibrare il tasso di cambio reale e riacquistare competitività
risiede nella riduzione dei costi unitari del lavoro, con un costo sociale interno al paese interessato molto elevato.

‣ Tassi di interesse più alti nei paesi del Sud hanno attratto capitale creando un surplus nel conto capitale e deficit nel conto
corrente

‣ La crisi finanziaria globale ha colpito in modo asimmetrico i paesi dell’area euro, perciò alcuni governi sono dovuti
intervenire attuando una politica fiscale anticiclica per salvare il proprio sistema bancario. Ciò ha causato un aumento del
debito pubblico, che a sua volta ha aumentato il timore di instabilità del settore pubblico. Anche in questo caso tuttavia
questa spiegazione non consente di capire perché i paesi che si sono comportanti in questi modo abbiamo avuto esiti
diversi, una spiegazione può essere individuata nello shock greco e nell’adozione conseguente dell’austerità fiscale.

‣ Shock greco e adozione di austerità fiscale —> La rivelazione del neo-eletto primo ministro socialista greco, per cui il
precedente governo greco aveva imbrogliato nel riportare lo stato delle finanze pubbliche, aveva causato un secondo shock, c.d
shock greco, dopo la GFC ed è stato responsabile della diffusione del contagio nei paesi dell’area euro. Fino a questo
momento i paesi dell’area euro stavano attuando politiche monetarie e fiscali espansive per favorire la ripresa delle loro
economie, tuttavia il rischio di contagio della Grecia gli ha inetti ad adottare una politica di austerità fiscale, che in alcuni
momenti, almeno fino all’inizio della presidenza Draghi, come osservato è stata addirittura accompagnata da politiche
monetarie restrittive. L’austerità fiscale ha quindi ha causato una contrazione del PIL, che quindi ha aumentato il rapporto
debito pubblico/Pil nei paesi in cui è stata attuata.

L’UEM È UN’AREA VALUTARIA OTTIMALE? Probabilmente no:


• Un alto grado di apertura tra i paesi favorisce la partecipazione ad un AVO, tuttavia nell’UME si osserva una grande eterogeneità
nel grado di apertura dei paesi membri: minore grado di apertura di Bel, Irl e Ola ≠ maggiore apertura tra Ger, Ita e Fra =>
evidenza a sfavore
• Le variazioni dei tassi di cambio reali negli anni ’70 e ’80 suggerisce la presenza di shock asimmetrici tra i paesi dell’UEM
= evidenza a sfavore
• Tuttavia, la correlazione positiva tra i cicli economici nei paesi Europei osservata da decadi può derivare da un più elevato
grado di diversificazione => evidenza a favore
• La partecipazione all’AVO è favorita da un alta mobilità interna tra i paesi membri: storicamente, anche in virtù delle barriere
linguistiche e burocratiche, si è potuto osservare una più alta mobilità interna nei singoli paesi (es: Sicilia —
> Toscana) a fronte di una più limitata mobilità tra i paesi membri, la quale tuttavia ad oggi, nel corso del tempo, è
sicuramente aumentata notevolmente, tanto’è che praticamente tutti conosciamo qualcuno che lavora all’estero.
STRUMENTI DI POLITICA MONETARIA DELLA BCE
GLI STRUMENTI CONVENZIONALI
Gli strumenti convenzionali della politica monetaria sono:
• Operazioni di mercato aperto
• Operazioni su iniziativa delle controparti (corridor)
• Coefficiente di riserva obbligatoria

OPERAZIONI DI MERCATO APERTO


Le operazioni di mercato aperto, quali operazioni di acquisto e vendita di titoli sul mercato secondario, hanno
l’obiettivo di regolare la liquidità e fissare i tassi di interesse a breve termine attraverso ciò la BCE assicura il
finanziamento del sistema bancario. Nella pratica, ogni sei settimane, il Consiglio direttivo della BCE stabilisce il tasso di
rifinanziamento principale (MRO - main refinancing operations rate) che rappresenta la base dell’intera struttura dei tassi
di interesse dell’economia, e poi attraverso l’attuazione di operazioni di mercato aperto la banca centrale effettivamente
porta il tasso al valore deciso dal consiglio.

Le operazioni vengono eseguite attraverso aste a tasso fisso o aste a tasso variabile, dove il target è l’MRO. Queste si
articolano in:
- Operazioni di rifinanziamento principale (ORP)
- Operazioni di rifinanziamento a lungo termine
- Operazioni di fine tuning
- Operazioni strutturali

OPERAZIONI SU INIZIATIVA DELLE CONTROPARTI


Le operazioni su iniziativa delle controparti (cd. standing facilities) riguardano la possibilità offerta dalla BCE al
sistema bancario di depositare overnight presso essa i fondi in eccesso (deposit facilities) o di prendere in prestito nel
mercato overnight (marginale lending facilities).
Queste operazioni fissano il limite inferiore al tasso di mercato interbancario - ossia il tasso di remunerazione delle
riserve (ior, rate on reserves) - ed il limite superiore - quale il tasso di rifinanziamento marginale (id, discount rate) pagato
sui prestiti overnighy concessi dalla BCE al sistema bancario per finalità di rifinanziamento marginale -, ossia individuano
il corridoio dei tassi entro cui è collocato il tasso di mercato interbancario, EONIA (European Overnight Interest Average),
risultante dalla domanda e offerta di mercato di liquidità overnight, il cui valore sarà vicino al MRO per ovvie ragioni di
arbitraggio.
Ad oggi, dopo la GFC, la BC ha condotto il debosit facility in territorio negativo (tasso negativo) ed il tasso EONIA al zero
lower bund, ossia schiacciandolo al limite inferiore.

IL COEFFICIENTE DI RISERVA OBBLIGATORIA


Il terzo strumento convenzionale attiene alla fissazione del coefficiente di riserva obbligatoria, che la BCE aveva
inizialmente deciso di stabilire nella misura del 2%, ma che nel 2011, al fine di rispondere alla crisi dell’area euro
aumentando la liquidità circolante nell’economia, è stato abbassato all’1%. —> Problema: la teoria del moltiplicatore dei
depositi posta alla base dell’adozione di tale soluzione si scontra con il fatto che viviamo in sistema in cui la moneta è
endogena. La riserva bancaria permette alla BCE di controllare il deficit strutturale di liquidità del sistema bancario: il
sistema bancario domanderà rifinanziamento alla BCE se ha bisogno di avere riserve, e per tal via la BCE potrà meglio
controllare i tassi sul mercato monetario.
GLI STRUMENTI NON CONVENZIONALI
Durante la crisi finanziaria dell’area euro gli strumenti convenzionali di politica monetaria, anche a fronte del
raggiungimento dello zero lower bund da parte del tasso di rifinanziamento principale MRO, rendendo quindi necessario
andare oltre gli strumenti convenzionali e adottare strumenti non convenzionali.

Le misure non convenzionali servono a ristabilire il legame tra i tassi di interesse della BCE e la domanda aggregata in
un contesto di trappola della liquidità: difatti la prima ragione della perdita di efficacia degli strumenti convenzionali è
l’interruzione del legame che conduce dai tassi di interesse stabiliti dalla BCE ai tassi del mercato interbancario, nel
senso che nonostante la riduzione dei primi, i secondi non si riducevano a causa della mancanza di fiducia fra le banche
che evitavano di prestare liquidità nel timore di non vedersela restituita.
Gli strumenti a tal fine adottati sono:
‣ Credit Easing, per sbloccare il mercato del credito aumentando la liquidita del sistema bancario.
‣ Public o Sovereign Easing, per ridurre lo spread dei titoli di stati dei paesi in difficoltà e, dunque, anche i tassi di
interesse alle aziende e famiglie in questi paesi.
‣ Quantitative Easing
‣ Forward Guidance, per influenzare le aspettative dei mercati e la struttura a termine dei tassi di interesse, e di
conseguenza i comportamenti economici.

CREDIT EASING
Gli strumenti di credit easing avevano la finalità di immettere liquidità sostenendo il mercato bancario e le imprese per
aumentare i prestiti bancari ed evitare un credit crunch.

Al riguardo, la BCE attua:


‣ Enhanced Credit Support (2008), programma caratterizzato da:
• Assegnazione piena a tasso fisso —> Per non lasciare eventualmente insoddisfatta la domanda di mercato, nelle
operazioni di rifinanziamento la BCE ha adottato, a differenza del passato per cui la BCE stabiliva in anticipo il limite ai
finanziamenti disponibili, una procedura d’asta “a tasso fisso e con piena aggiudicazione degli importi”. In altri termini in
questo modo la BCE, di fatto, lasciava che fossero le controparti, cioè il mercato, attraverso la domanda, a determinare
la quantità di liquidità offerta.
• Ampliamento delle scadenze, cosa che ha contribuito a ridurre i tassi a lungo termine assicurando liquidità alle banche.
Ciò era particolarmente importante al fine di limitare il mismatching temporale tra scadenze e impieghi, dando così
respiro al sistema bancario.
• Ampliamento delle attività accettate come collaterale —> Si amplia la gamma delle attività che potevano essere accettate
come garanzia della liquidità richiesta e poter così partecipare ale operazioni di rifinanziamento. In questo modo il sistema
bancario poteva smobilizzare anche attività finanziarie illiquide, e per tal via ridurre lo stress in cui poteva trovarsi.
• Linee di swap di valuta estera (USD) —> In seguito al fallimento della Lehman Brothers, i timori circa la solvibilità delle
istituzioni finanziarie dell’area euro e l’accresciuta avversione al rischio avevano prosciugato la raccolta generando
carenza di liquidità, anche di quella denominata in valuta estera, soprattuto dollari USA. Fu quindi aperta una linea di
swap in valuta tra BCE e la Federal Reserve, così da consentire la provvista di dollari USA alla BCE e permetterle di
soddisfare la domanda proveniente dalle banche situate nell’Eurozona.

‣ Covered Bond Purchase Programme - CBPP (2009) —> Consiste in un programma di acquisto da parte della
BCE di obbligazioni garantite, ossia obbligazioni bancarie denominate in euro ed emesse nell’Eurozona, caratterizzate da un
profilo di rischio molto basso e un’elevata liquidità, e quindi un rendimento minore rispetto a titoli obbligazionari non
garantiti. La bassa rischiosità del titolo risiede nel fatto che l’emittente garantisce la restituzione del captale maggiorato di
una quota di interessi,, vincolando una quota dell’attivo patrimoniale di alta qualità esclusivamente al rimborso
dell’obbligazione.

‣ Operazione di rifinanziamento a lungo termine - LTRO (2011) —> Dopo la crisi del mercato dei debiti sovrani e
l’ulteriore indebolimento dei bilanci delle banche, le LTRO hanno permesso il rifinanziamento a lungo termine (36 mesi) a tassi
vantaggiosi delle banche. In cambio la BCE riceveva dalle banche una garanzia collaterale sul prestito rappresentata da
obbligazioni governative, cioè Titoli di Stato emessi dagli stai membri dell’UE scelte dalla BCE. Le LTRO hanno ricevuto un
notevole successo, ricevendo una forte domanda da parte delle banche mobilitando una massa complessiva di circa 2000
miliardi di euro. Tuttavia una notevole porzione della liquidità del programma viene convertita dalle banche in titoli di debito
sovrano oppure viene utilizzata dalle banche per riacquistare le proprie obbligazioni e ristrutturare il proprio capitale, e non per
favorire invece la ripresa dell’attività creditizia nei confronti delle famiglie e delle imprese, per questo motivo la BCE decide di
ricorrere ad un ulteriore strumento: le TLTRO.
‣ Operazioni mirate al rifinanziamento al lungo termine - TLTRO (2014) —> In risposta all’inflazione sotto il
livello target di “stabilità dei prezzi” adottato dalla BCE nel 2014, conseguenza della contrazione dell’attività economica, nel
2014 la BCE intraprese le TLTRO, dove T sta per “target” indicando quindi operazioni di rifinanziamento a lungo termine mirate,
per cui si concedevano fondi alle banche purché queste li impiegassero per la concessione di credito alle imprese e alle
famiglie. Queste operazioni miravano a sostenere l’economia in modo più diretto, incentivando le banche all’erogazione di
prestiti in favore di famiglie e imprese: infatti le banche inizialmente ricevono fondi nella misura del 7% dei prestiti in essere, e
successivamente questi fondi sono incrementati in funzione dell’aumento netto dei crediti concessi dalle banche nel periodo
considerato; per contro, le banche che non mantengono l’impegno di aumentare i finanziamenti all’economia reale, dovranno
rimborsare i prestiti ad un tasso maggiore a quello concesso inizialmente.

SOVEREIGN EASING
‣ Securities Market Programme - SMP (2010; 2011) —> Per ridurre lo spread dei Titoli di Stato dei paesi in difficoltà
(Grecia, Irlanda, Portogallo nel corso del 2010, Spagna e Italia nel corso del 2011), riportando quindi i tassi a livelli di
sostenibilità del debito pubblico, e ridurre dunque anche i tassi di interesse alle aziende e famiglie in questi paesi, la BCE nel
2010 avvia l’SMP, attraverso cui interviene sul mercato secondario dei titoli di stato dell’area euro di Grecia, Irlanda e
Portogallo. L’SMP viene attivato in due periodi: prima nel 2010, per l’acquisto dei Titoli di Stato di Grecia, Irlanda e Portogallo;
dopodiché venne temporaneamente sospeso proprio perché risultò efficace, almeno temporaneamente, nella riduzione degli
spread, però successivamente con le forti uscite di capitali ed i conseguenti aumenti degli spread di Italia e Spagna venne
riattivato nel 2011.

‣ Outright Monetary Transaction (2012) —> Nella prima parte del 2012 gli spread avevano ripreso a salire, pertanto
la BCE attiva le OMT, quali operazioni di acquisto definitivo di Titoli di Stato con vita residua tra 1-3 anni, che vanno a
sostituire il SMP. L’attivazione delle OMT è soggetta a diversi vincoli: il paese che ne beneficia deve concordare un piano di
stabilizzazione macroeconomica, firmando un Memorandum d’Intesa (Momerandum of Understanding) con i partner
europei; in caso di mancato rispetto delle condizioni contenute nel Memorandum, la BCE si tutela attraverso verifiche e
misure di sospensione del Programma. È opportuno notare che l’annuncio di questo programma è stato sufficiente per
stabilizzare il mercato e ridurre gli spread, senza cheppia mai stato effettivamente attivato.

QUANTITATIVE EASING (2015)


Nel 2015 la BCE attiva il Quantitative Easing (Expanded Asset Purchase Programme), consistenti operazioni di
acquisto in via definitiva da parte delle BC di grandi quantità di titoli pubblici e non a varie scadenze, presentandosi
quindi come operazioni che a differenza delle precedenti non sono rivolte solo al settore privato (come il credit easing) o
solo quelle pubblico (come le altre operazioni di sovereign easing). In questo caso la BCE agisce in maniera attiva,
accrescendo il proprio portafoglio titoli ed immettendo liquidità sul mercato, al contrario ad esempio delle LTRO, che
agiscono in maniera passiva perché lasciano al sistema bancario la decisione su quanta liquidità assorbire e che sono
acquisti temporanei.

Già nel 2014 la BCE aveva avviato il Covered Bondi Purchase Programme 3 e Asset Backed Securities Purchase
Programme, ma nonostante ciò nel 2015 le prospettive di inflazione peggiorarono nuovamente, così da indurre la BCE
ad attuare il programma di QE che viene rafforzato ulteriormente nel 2016.
FORWARD GUIDANCE
La forward guidance, a differenza delle altre operazioni non convenzionali, non implica l’attivazione di un’operazione
tecnica di tipo monetario, ma consiste semplicemente in una strategia di comunicazione pubblica consistente nel fornire
agli agenti economici indicazioni al fine di anticipare i lori che assumeranno i tassi di interesse futuri e le strategie
monetarie che saranno seguite, al fine di influenzarne in maniera trasparente le aspettative. Questa strategia è attuata
sia dalla BCE; che dalla FED, BoE e BoJapan.

La FG diventa particolarmente utile in una situazione di ZLB (trappola della liquidità), circostanza in cui la politica
monetaria è impotente nello stimolare la domanda aggregata a la produzione in quanto il tasso non può scendere
ulteriormente: se l’aspettativa fosse quella di un tasso di interesse nominale che non cresce nel breve-medio periodo,
neanche in caso di inflazione positiva, allora i mercati si attenderebbero un tasso di interesse reale negativo (i= r+ πe,
dove i è il tasso di interesse nominale, r è il tasso di interesse reale e πe è il tasso di inflazione attesa), e quindi da un
lato un tasso di interesse reale negativo stimolerebbe gli investimenti, e dall’altro lato l’aspettativa di una maggiore
inflazione futura indurrà gli agenti a sostituire il consumo futuro con il consumo corrente, stimolando così per tal via
anche la domanda aggregata. In altri termini, si è così trovato un modo ingegnoso per stimolare la produzione anche in
assenza di conduzione di politiche monetarie vere proprie, ma semplicemente orientando le aspettative.

Analogamente, i tassi a breve attesi futuri sono fondamentali per la determinazione del tasso di interesse a lungo
termine, i quali a loro volta sono essenziali pe il risparmio, il consumo e le decisioni di investimento nell’economia, quindi
dare indicazioni di bassi tassi di interesse nominali futuri significa influenzare la struttura a termine dei tassi di interesse
e ancora una volta, quindi, stimolare la domanda aggregata.

L’obiettivo è influenzare la struttura a termine dei tassi id interesse e stimolare la domanda aggregata, tuttavia il
problema risiede nel fatto che il funzionamento della strategia dipende dalla credibilità della BC: ad esempio, la
promessa di mantenere il tasso di interesse costante anche in presenza di un tasso di inflazione positivo π>0 potrebbe
non essere creduta dagli agenti economici se la BC è nota per la sua avversione all’inflazione.

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