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DON PASQUALE

Donizetti, dopo essere giunto a Parigini, verso la fine di settembre del 1842, ricevette dal direttore del
Theatre-Italien, uno schema di contratto composto di sette articoli. Il documento non faceva menzione al
titolo e all’argomento dell’opera, ma specificava che avrebbe dovuto essere un’opera buffa e che i suoi
interpreti sarebbero stati la Grisi, Mario, Lablanche e Tamburini. Il suo sodalizio con Lablanche e Tamburini
durava da più di vent’anni, quello con Giulia Grisi da più di dieci, e solo per il tenore Mario non aveva scritto
alcuna parte.

Durante la collaborazione con Ruffini per la stesura del libretto, il poeta diventò sempre più impaziente
davanti all’intransigenza di Donizetti al punto che si rifiutò di far figurare il suo nome sulle edizioni a stampa
del libretto e dello spartito. La sua identità è nascosta dietro la iniziali M.A.

È probabile che alla firma del contratto Donizetti avesse già individuato un argomento adatto nel Ser
Marcantonio di Pavesi su libretto di Anelli. Infatti in una lettera al cognato del 12 novembre 1842 scriveva
che il Don Pasquale è il vecchio Ser Marcantonio, e uno settimana dopo gli ribadiva il fatto che fosse un
“soggetto antico” e di non dirlo a nessuno. Questo “vecchio soggetto” trapelava non solo nel rifacimento
ma anche nei frammenti di versi interamente ripresi. Ser Marcantonio infatti ancora non era uscito di
repertorio e fin dal suo debutto nel 1810 aveva avuto molto successo, fino a registrare 54 recite.

Data la frequenza con cui essa apparve nei palco scenici fino agli anni ’20 dell’800, si può ipotizzare che
Donizetti lo conoscesse direttamente. Ashbrook osserva che benché Donizetti avesse lasciato Vienne circa
due mesi prima di questa riesumazione, quasi certamente sapeva che doveva avere luogo e ciò potrebbe
avergli suggerito di usare il libretto di Anelli come punto di partenza di una propria opera buffa. Infatti il
compositore sfiorò una tarda ripresa a Vienna nell’estate-autunno 1842, poco prima che gli venisse l’idea
del suo rifacimento. Donizetti aveva lasciato Vienna due mesi prima e dunque non poté assistere.

Il tipo del vecchio in amore era stato a suo tempo portato in scena nella commedia omonima di Donato
Giannotti che a ritroso rimandava al Mercator di Plauto. Ad Anelli però l’idea del soggetto forse gli venne da
un modello più recente, l’Hypocondre, oh La femme qui ne parle point di Rousseau, già usata come base
per il libretto di Angiolina, o sia il matrimonio per sussurro di De Franceschi-Salieri e Dritto e rovescio di
Foppa-Gardi. Si trattava di una rielaborazione di una precedente commedia inglese di Ben Jonson intitolata
Epicoene, the silent woman, rappresentata nel 1609.

La vicenda di Ser Marcantonio ripercorre quella dell’Hypocondre ma allontanandosene negli espedienti e


facendo confluire in un unico personaggio (Tobia) quello che invece nell’Hypocondre è distribuito in più di
uno.

Nel passaggio da Ser Marcantonio a Don Pasquale , il lavoro di Ruffini e Donizetti tenne conto anche di
quanto fatto da Anelli. Il soggetto è identico: un vecchio che decide di ammogliarsi, la burla esemplare del
falso matrimonio con una finta semplice che si rivelerà dispotica e vitale appena siglato il patto nunziale.

Le differenze sono:

- Riduzione dell’organico: marcantonio ha due nipoti, innamorati di una coppia di fratello e sorella.
Un paio di servi completano il cast. Donizetti e Ruffini restringono a un quartetto vocale i
protagonisti, eliminando la nipote femm e gli aiutanti.
- Modifica le relazioni reciproche: malatesta e Norina non hanno rapporti di parentela, mentre in
Anelli l’ideatore della beffa e l’esecutore sono fratello e sorella e sono motivati da questioni ideali e
da presupposti pratici.

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- Il libretto di Anelli mette in scena una trama burlesca tipica dell’opera comica tardo settecentesca
con intrighi, mascheramenti e finte identità. Ruffini e Donizetti se ne sbarazzano dando alle vicende
più verosimiglianza e una profonda analisi psicologica.

Guccini si chiede se Donizetti abbia iniziato a pensare al Ser Marcantonio prima o dopo il contratto del 27
settembre. A seconda che si adotti la prima o la seconda possibilità, ci sono diverse implicazioni. Se
Donizetti aveva iniziato a pensare già prima del contratto all’idea di riprendere le vecchie tematiche del Ser
Marcantonio, la scelta di fare un’opera buffa rientrano in una strategia di rinnovamento definita dal
compositore. Se invece aveva iniziato a rifletterci in seguito alla proposta di contratto, ciò rivela la capacità
di Donizetti di stabilire reti progettuali che comprendono la dimensione storica del teatro musicale.

Nell’agosto del 1842, mentre Ser Marcantonio debuttava a Vienna, Donizetti si trovava a Napoli dove vi era
giunto all’inizio del mese. Molto probabilmente in questo soggiorno aveva avuto modo di vedere il libretto
di Anelli della rappresentazione dell’opera al Teatro de Fiorentini nella primavera del 1827. Quindi ciò ci fa
dedurre che la fonte primaria del Don Pasquale non è il Ser Marcantonio del 1810 ne la versione bolognese
del 1811, ma la versione napoletana del 1817 dove figurano aggiunte e sostituzioni che altrove non si
possono riscontrare.

Nel Don Pasquale il tipo del vecchio in amore acquista maggiore complessità e sostituisce ai meccanismi del
ridicolo quelli del patetico. Ma questo processo di umanizzazione appare già impostato nella versione
napoletana del 1817 dove figura il celebre schiaffo di Norina a DP. Lo schiaffo della fanciulla al vecchio
innamorato non è un’invenzione ma uno sviluppo condotto su una base già impostata.

La minaccia di percosse subisce nelle diverse versioni delle modifiche: nella scena 4 dell’atto II Bettina dopo
aver firmato il contratto getta la “maschera” e si da alle spese pazze. Rinnova l’arredamento, modifica la
casa e si circonda di aiutanti. Ser Marcantonio vedendo questo comportamento di lei, minaccia di rompere
il contratto. Bettina chiama Pasquino con due servi per mettere a Ser Marcantonio il costume da cicisbeo ed
espone il vecchio a una derisione spietata. Questa soluzione edita per la rappresentazione al teatro di
Bologna non piacque al pubblico, così che un anonimo librettista sostituì la vestizione di Ser Marcantonio
con un momento di effusioni sensuali furiose e grottesche. Diversa è la versione andata in scena al teatro
de Fiorentini di Napoli nel 1817, nel quale Ser Marcantonio è consapevole della situazione e presenta a
Bettina delle condizioni per poter procedere al matrimonio, ma qui scatta la minaccia di percosse da parte
di Bettina.

Queste aderenze tra il Ser Marcantonio e il Don Pasquale, rendono probabile che Donizetti già durante la
permanenza a Napoli, abbia pensato a un argomento idoneo a far risaltare le qualità vocali e recitative dei
quattro grandi cantanti del Theatre Italien: Ser Marcantonio avrebbe dato modo a Lablache di dispiegare le
sue doti di grandi attore; bettina era adatta alla Grisi; Taddeo offriva a Tamburini un personaggio
onnipresente e dinamico; per Mario si sarebbe potuta ricavare una parte lavorando su Medoro.

Molto probabilmente Donizetti già coltivava l’idea di sorprendere la capitale europea del teatro con una
resurrezione del genere buffo. Infatti la vicenda del Ser Marcantonio avrebbe ripreso la trama del Barbiere
di Siviglia.

L’importanza dell’opera portò Donizetti a interferire continuamento nel lavoro di Ruffini (librettista), il cui
lavoro diventa tormentato. Ruffini infatti in una lettera ad Accursi (agente di Donizetti), dice che D non gli
lascia tregua. A fine ottobre infatti valuta la possibilità di non firmare il libretto, visto che non si tratta di un
testo nuovo ma di un rifacimento. Infatti il libretto di Don Pasquale attribuisce la stesura a un certo M.A.
che ha fatto a lungo pensare a Michele Accursi.

Le lamentele di Ruffini portano alla luce un comportamento di Donizetti volti a manipolare la stesura del
libretto senza però impostare con il librettista un rapporto entro precise coordinate.
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Il Don Pasquale occupa una posizione culturale complessa che risulta di malinconico recupero oppure di
licenziosa avanguardia.

Il 29 settembre del 1842 tramite il suo agente a Parigi, Accursi, Donizetti commissiona a Ruffini il libretto.

Il 7 ottobre combinano l’ossatura. Ruffini, che aveva un epistolario con la madre, dice che la struttura
dell’opera era già delineata. Possiamo infatti ricostruire il programma grazie a questa lettera.

Per un mese va avanti la versificazione del libretto e Donizetti compone la partitura scheletro.

Il 5-6 dicembre iniziano le prove al pianoforte perché non c’è la partitura completa. Il 21 dicembre iniziano
le prove con l’orchestra con la partitura completa.

Il 28 dicembre inizia la prova d’insieme con orchestra e cantanti che preludono alla prima rappresentazione
del 3 gennaio 1843.

Per la rappresentazione di maggio a Vienna Donizetti fa dei cambiamenti; poi di aggiungere versi al finale.

Fortuna del “vecchio in amore”

Nelle tradizioni dei comici italiani, le parti dei vecchi solevano essere ridicole, per essere innamorati. Anche
Goldoni rappresenta in Il mercante fallito un Pantalone conforme al vecchio tipo comico: attaccato alle
donne, disposto a comprarne l’amore e insaziabile. La seconda ondata di questo tipo drammatico venne
sollevata a partire dall’ultimo quarto dell’Ottocento dalle vaudeville (commedie leggere). In Italia questo
filone venne denominato con il termine francese di pochade che significa “abbozzo” e trovavamo un marito
libertino, una moglie gelosa, una suocera spaventevole, una cocotte desiderata dal marito, un vecchio
libertino che desidera la cocotte. Il vecchio in amore ritornava così a inseguire il prediletto tipo della
cortigiana, che gli si presentava ora sotto le vesti delle moderne cocotte.

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