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ARTI E MESTIERI NEL MONDO ROMANO ANTICO

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Francesca Diosono

COLLEGIA
Le associazioni professionali nel mondo romano

EDIZIONI QUASAR
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INTRODUZIONE

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Ai miei nonni,
mio zio Carlo
e mio fratello Marco,
perché non possono leggerlo

Per una storia dei collegi professionali romani

I collegi rappresentano un fenomeno sociale fondamentale nel mondo romano per


diffusione e quantità di individui coinvolti; proprio per questo esaminarne la storia
e le caratteristiche rappresenta un compito assai duro. Si ritiene che, in età imperiale,
almeno un terzo della popolazione urbana facesse parte di un collegio e questo ne spiega
l’importanza, ma, nello stesso tempo, fa sì che quelli che in latino si chiamavano collegia,
corpora, societates, sodalitates, sodalicia ed in greco thiasoi, koinai, technai, eranoi, sunergasia
siano ancora oggi soggetti che sfuggono ad una semplice definizione.
La terminologia stessa utilizzata nel mondo romano per indicarli è piuttosto varia e
non ne determina né chiarisce le differenze, che non appaiono rigide o non sono percepite
come tali; avveniva di frequente che la stessa associazione si identificasse, in più iscrizioni,
con differenti termini intercambiabili tra loro e che i suoi membri si definissero socii,
sodales, corporati o collegiati senza far intravedere un distinto significato attribuibile alle
diverse parole. Probabilmente le differenze tecniche tra le varie definizioni non erano
avvertite dal popolo, che utilizzava indifferentemente l’uno o l’altro termine. D’altronde,
la distinzione non appare molto chiara neppure nei testi giuridici che se ne occupano:
nonostante la giurisprudenza romana sia la fonte storica caratterizzata dalla maggior
ricerca di precisione ed esattezza terminologica, tanto da avere intere sezioni dedicate
al corretto significato delle parole, nel riferirsi alle associazioni essa è spesso costretta a
ricorrere a perifrasi o a riportare uno dopo l’altro tutti i termini più diffusi e considerati
significativi.
Una definizione moderna1 che si può proporre per le associazioni è quella che identifica
in esse delle unioni volontarie di individui che perseguano uno scopo comune e permanente
in base a delle regole comuni. Nel caso delle associazioni professionali, la finalità che viene
perseguita è collegata al mestiere esercitato dai soci. I soci possono decidere di costituire
un’associazione per perseguire, attraverso la propria organizzazione, un fine comune che si
mantiene nel tempo, oppure possono essere spinti da un interesse, anche temporaneo, di
natura totalmente privata e pratica, quale la conclusione di un affare o di un investimento.
In quest’ultimo caso, però, non siamo davanti ad un collegio quanto ad una società di
capitali. Inoltre, è possibile formare sia un collegio che presenti caratteristiche, anche
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se non esclusive, di finalità pubblica, sia un collegio volto a soddisfare mere esigenze di

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carattere privato, siano esse commerciali, religiose o di mutua assistenza.
Quale che sia l’attività prevalente che caratterizzi il collegio, essa non deve far
dimenticare tutte le altre che venivano comunque condotte all’interno di ogni associazione.
Sarebbe infatti fuorviante identificare l’interno complesso delle attività svolte da
un’associazione solo con l’elemento costitutivo da cui questa prende il nome ufficiale,
mentre esso va considerato all’interno di un quadro storico-sociale assai più articolato.
Un aspetto che va compreso prima di addentrarsi nel mondo delle organizzazioni antiche,
professionali o meno, è che la vita ed ogni attività, anche la più umile ai nostri occhi,
erano all’epoca permeate di religiosità. Ma non bisogna farsi disorientare da questo e di
conseguenza affermare, ad esempio, come ancora spesso si fa, che un collegio artigianale
come quello dei fabri nascesse con il solo scopo di onorare Minerva; è più corretto ritenere
che i membri si riunissero spinti dai loro interessi professionali e che, nello stesso tempo,
onorassero la loro dea protettrice. Sarebbe stato impensabile per la mentalità dell’epoca
non unire questi due interessi tra loro. Invertire il rapporto causa/effetto impedisce di
comprendere appieno i vari obiettivi ed aspetti di un collegium, finendo col fraintendere
o col sottovalutare anche alcune caratteristiche dell’economia romana; se ci si attiene ad
una interpretazione troppo religiosa delle attività dei collegiati, si finisce per proporre di
essi un ritratto meno “mercantile” di quanto in realtà non fosse. Lo scopo economico
delle associazioni è addirittura dubbio per la maggior parte degli studiosi che se ne
sono occupati. Mentre Mommsen affermava che almeno alcuni collegi professionali
dovevano essere sorti per tutelare i propri interessi, ottenere monopoli commerciali e
privilegi economici o controllare i mercati ed i prezzi, gli storici di fine Ottocento misero
decisamente da parte questi aspetti e l’abbandono di una tale concezione non è ancora
del tutto avvenuto2.
I collegi professionali rappresentano anche un indicatore di attività economica, in
quanto sono le zone economicamente marginali o non interessate da rotte commerciali o
traffici quelle in cui i collegi sono più rari. Rappresenta un approccio errato, spesso dettato
da una volontà di catalogare piuttosto che di comprendere in profondità, il voler attribuire
ad un collegio un’attività esclusiva, un aspetto predominante. Questo perché nei collegia
si intrecciano tra loro in maniera indissolubile caratteristiche professionali (è un’unione di
persone che esercitano lo stesso mestiere e mettono in comune vantaggi e svantaggi della
loro attività), economiche (la gestione della cassa comune e di altri beni mobili, immobili
e rendite, nonché la gestione di monopoli e di concessioni statali), territoriali (in grandi
centri i membri spesso lavorano nella stessa zone, nei piccoli centri rappresentano un
settore produttivo cittadino di fronte a quelli di altre realtà vicine), religiose (i soci fanno
dediche alle divinità specifiche protettrici del collegio o ad altre, praticano insieme gli
stessi culti, compreso quello imperiale), sociali (si pongono collettivamente nei confronti
dello stato, dei notabili, delle alte cariche amministrative, dei personaggi influenti, ed in
cambio viene loro riconosciuto un ruolo civile ed una posizione nella gerarchia cittadina),
politiche (intessono rapporti di mutuo interesse con patroni e personaggi pubblici ed
influenti), assistenziali (nei confronti dei membri più poveri o delle famiglie dei defunti),
funerarie (la maggior parte delle associazioni si occupa delle esequie dei soci o partecipa
alle cerimonie in loro memoria), conviviali (con lo svolgimento di banchetti, feste,
cerimonie, riunioni, distribuzioni), giurisdizionali (hanno il diritto di assegnare multe e
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Fig. 1. Pompei. Termopolio di via dell’Abbon- Fig. 3. Pompei. Larario del Sarno (da Pompei pit-
danza (da Pompei pitture e mosaici). Il termo- ture e mosaici). Il proprietario di questa domus,
polio è un’osteria in cui si possono consumare probabilmente un commerciante, fa dipingere sul-
vino e varie pietanze, anche calde, aperta la base del proprio larario domestico una scena che
sulla strada. In questo caso il bancone, in cui illustra la raccolta di prodotti agricoli ed il loro
si aprono i contenitori dei cibi, ha a fianco il trasporto per via fluviale sul Sarno, fiume alla cui
larario del proprietario, a dimostrazione della foce sorgeva il porto di Pompei. Il proprietario in-
commistione tipica della mentalità romana tra voca così la protezione divina anche sulle sue atti-
elementi sacri ed aspetti della vita materiale. vità commerciali.

Fig. 2 Roma. Minerva in una


bottega di falegname (da Adam).
In questo rilievo il falegname è
rappresentato nella sua bottega
mentre lavora sotto la protezio-
ne della dea Minerva, che nella
mentalità popolare è la protet-
trice degli artigiani.

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sanzioni ai membri che non rispettino le regole). Ne consegue che, per quanto un collegio

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professionale sia formato principalmente da individui che svolgono lo stesso mestiere o
conducono lo stesso tipo di attività commerciale, esso vedrà i propri membri, oltre che
discutere dei propri affari, anche partecipare alle stesse cerimonie religiose, banchettare
insieme od occuparsi dei funerali dei colleghi defunti, senza per questo perdere la propria
natura originaria. Nello stesso tempo, un’associazione che nel nome si proclami di natura
religiosa avrà al suo interno individui appartenenti allo stesso livello sociale e che spesso
si trovano a lavorare gomito a gomito l’uno con l’altro, per cui non si può negare la
componente sociale e culturale propria a tale organizzazione, anche se non prettamente
professionale.
Le attività delle associazioni non possono, dunque, essere ridotte ad una sola, ma
questo rende difficile, agli occhi dei moderni, comprenderle. Perciò gli studi che se ne
occupano scelgono di solito di affrontare la questione da un punto di vista in particolare,
ricostruendone la storia politica o le disposizioni giuridiche, privilegiando la componente
sociale o la funzione religiosa, studiando un solo tipo di collegio oppure quelli di una sola
regione, esaminando i dati epigrafici o quelli archeologici. Ne deriva una visione, anche se
metodologicamente corretta dal punto di vista scientifico, comunque parziale.
D’altronde, ogni disciplina storica non può che fornire dati su un solo aspetto della
questione. Fondamentalmente ignorati dalle fonti letterarie di matrice aristocratica, che
se ne occupano solo se la storia li pone sul loro cammino come pericolo per il sistema
costituito (vedi il caso di Cicerone, che critica i collegia politici a lui contemporanei
e li teme), i collegi sono noti soprattutto attraverso fonti storiche più vicine alla loro
condizione sociale e materialmente a loro disposizione per lasciare memoria di sé, come
l’epigrafia e l’archeologia, con le iscrizioni da loro commissionate, i loro documenti,
i loro monumenti (espressione di una concezione artistica “popolare”), le loro sedi di
rappresentanza e le loro tombe. Un’altra fondamentale testimonianza è quella fornita dai
testi giuridici, che ne disciplinano e ne illustrano materialmente l’organizzazione, i limiti,
gli obblighi, i privilegi, anche se in buona parte essi rappresentano un periodo tardo della
secolare storia dei collegi romani.
Affrontare la questione in maniera critica ed approfondita in tutti i suoi molteplici
aspetti richiede competenze che non si pretende né ci si può proporre di dimostrare in
questa sede. Il presente lavoro, piuttosto, vuole rappresentare un tentativo di fornire una
visione complessiva ed il più possibile corretta dell’importanza che il collegio professionale
romano ha rivestito come uno dei principali soggetti nell’economia e nella vita quotidiana,
soprattutto in quella delle sempre poco considerate classi inferiori. I collegia sono infatti
espressione delle classi medio-basse del mondo romano, sia in Occidente che in Oriente,
della loro volontà di affermazione, delle loro possibilità ed attività economiche, della loro
cultura. Non attribuire loro il giusto rilievo significa perdere un elemento fondamentale
per la comprensione della società romana e della sua organizzazione economica.

Fare bene il proprio lavoro


è una regola che non salva il mondo
ma che lo tiene in piedi
Piero Chiara
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INDICE

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INTRODUZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
Per una storia dei collegi professionali romani

LA BASE SOCIALE DI SOCIETÀ E COLLEGI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9


Economia e lavoro: il punto di vista aristocratico. Mercanti su vasta scala, armatori e publicani.
Artigiani, piccoli commercianti e funzionari di basso rango. Schiavi e mercennarii.

IL RAPPORTO TRA STATO ROMANO E ASSOCIAZIONI . . . . . . . . . . . . . 24


Le origini. L’età repubblicana. I collegi “politici” tardo-repubblicani. Autorizzazione e controllo
statale durante l’impero. Il servizio pubblico dei collegi in età tardo-antica. Gli scioperi e le
rivolte.

SACRO E PROFANO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43
Attività religiosa e attività commerciale. Collegi semi-ufficiali e para-religiosi. I collegi di
mutua assistenza e quelli rurali. I tre collegi principali: fabri, centonarii e dendrophori.

LA GESTIONE E LE ATTIVITÀ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68
L’organizzazione e la gerarchia interna. I patroni. Le attività pubbliche, civili e religiose.
Obblighi e privilegi: munus e immunitas. La cassa comune, l’amministrazione e le rendite.
Le sedi e le attività private.

NOTE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103

ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 108

BIBLIOGRAFIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 109

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Finito di stampare nel mese di marzo 2007


presso la tipolitografia La Moderna di Roma

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