Sei sulla pagina 1di 16

BIOTECNOLOGIE E TECNOLOGIE MEDICO-CHIRURGICHE

Modulo di Biotecnologie applicate all’apparato locomotore


Uomo bionico: essere costituito da un insieme di organi artificiali e organi biologici, si può avere
protesi meccaniche cardiache, protesi acustiche, protesi vascolari, protesi di
spalla/anca/ginocchio, legamento artificiali o arti veri e proprie; in particolare una protesi è un
dispositivo che sostituisce parti del corpo o corregge il funzionamento dei suoi organi.
Chirurgia protesica: parte dell’ortopedia dove viene sostituita un’articolazione.
Ingegneria tissutale: sostituire parte di un tessuto.
Un’articolazione è un rapporto reciproco tra due capi articolari (cavità acetibolare e testa del
femore)
Protesi in ortopedia:
- Parziale: viene sostituito solo un capo articolare (endoprotesi - spalla o anca) può essere
utilizzato in causa di artrosi in età avanzata.
- Totale: sostituisce entrambi i capi articolari (artroprotesi – anca, spalla, caviglia)
- Monocompartimentale: protesi che ha sostituito solo un compartimento, impiantata sul
ginocchio per sostituire un unico compartimento (mediano o laterale) ma pur sempre è
una protesi totale (artroprotesi)
- Ad ampia resezione: utilizzata in tumori o grossa perdita di ossa, con la possibilità di
sostituire una grossa parte di un osso con metallo (es. femore).

Un ulteriore suddivisione può essere in base a che la protesi sia cementificata o non cementificata,
con la possibilità di utilizzare cemento acrilico (PMMA) oppure osteointegrazione (crescita
naturale dell’osso a livello della protesi).
Se utilizzo un materiale a specchio non cresce l’osso sopra, altrimenti se con materiale ruvido
tende a crescere meglio.

La finalità dell’artroprotesi serve principalmente per eliminare dolore e recuperare la funzione di


quella parte.
Indicazioni delle protesi in ortopedia:
- Artrosi: patologia degenerativa (-osi degenerazione, -ite infiammazione)
- Fratture
- Altre patologie minori.
Controindicazioni:
- Infezione in fase attiva
- Gravi patologie neuromuscolari
- Pazienti non collaboranti
Problemi:
- Usura dei materiali
-  Reazione infiammatoria ai detriti
-  Scollamento protesi.
Tipologie di protesi d’anca:
fissazione
- cementate: tutti e 2 i componenti cellulari sono fissati con cemento.
- ibride: una cementata e una non cementata.
- Non cementate: nessuna delle due componenti è cementata.
Stelo
- Titanio (maggiore capacità di osteointegrazione) e sue leghe  non cementato
- Acciaio al Cr-Co cementato
Testina
- Acciaio
- Ceramica
- Acciai speciali
Materiali inserto
- UHMWPE Polietilene ad altissimo peso molecolare
- UHMWPE speciali a lunga durata

Accoppiamenti testa – acetabolo


- ceramica-polietilene (più utilizzate)
- metallo-metallo
- metallo-polietilene (non più utilizzato)
- ceramica-ceramica (con minore usura)

COMPLICANZE GENERALI:
 Infezioni: per prevenire le infezioni si attua una terapia antibiotica perioperatoria,
l’ambiente e la sala devono essere puliti
 Malattie tromboembolica: a livello delle gambe viene somministrata eparina in quanto le
gambe lavorano contro gravità e quindi sono maggiormente soggette ad una condizione di
stasi determinando la formazione di trombi.
 Lesioni vascolo-nervose: la protesi viene inserita in vicinanza di strutture nobili.

COMPLICANZE CORRELATE ALLA SEDE D’IMPIANTO:


 ANCA
Lussazioni: perdita definitiva dei rapporti articolari. Esse possono essere di due tipi:
anteriore o posteriori. Nella lussazione anteriore la testa è uscita davanti mentre
nella posteriore è uscita dietro l’acetabolo, necessario un intervento chirurgico.
Distorsione: perdita temporanea rapporti articolari, risolvibile tramite
manipolazione del medico.
Eterometria: lunghezza differente tra arto protesizzato ed arto non protesizzato,
dato dalla lunghezza eccessiva della protesi, ora risolvibile tramite planning e
pianificazione 3D,

Le protesi in seconda giornata camminano subito e dopo 3 mesi cammina senza l’ausilio di
stampelle.
FISSAZIONE PROSTERICA
Suddivisa in osteointegrazione (tramite materiali dove tenderà a svilupparsi l’osso) e
cementificazione (cemento acrilico), entrambe con lo scopo di ottenere una protesi rigida e
permanente.

Osteointegrazione: capacità di alcuni materiali, in microscopia ottica, di ottenere un contatto


diretto con l’osso.
Reazione osteogenica: l’osso cresce al di sopra del materiale della protesi
Perché una protesi si deve attaccare? Il chirurgo va a determinare un effetto traumatico, creando il danno,
quindi il buco per la protesi. Questo danno determinato dall’atto chirurgico stimola cellule osteo-
progenitrici che danno un effetto osteogenico in modo che l’osso possa crescere sul materiale. Non è una
reazione che possiamo avere a livello di tutti i materiali, l’effetto corpo estraneo dipende dal tipo di
materiale.
L’osso va a crescere sull’impianto e stabilizza l’impianto  osteointegrato.
Se mettiamo un qualsiasi impianto nell’osso questo non per forza deve integrarsi, perché esistono due
tempi, la fissazione primaria e quella secondaria.
Primario altro che non è quella che ottengo con il martello per impiantare un chiodo su un legno, se questi
materiali fossero inerti, il chiodo fa il suo effetto fino a che il legno non cede- se i materiali sono
biologicamente attivi, il muro in cui c’è il chiodo, cresce su di esso e lo stabilizza quindi è una fissazione
secondaria. L’osteointegrazione è ciò che ottengo con la fissazione secondaria
 Primaria è la stabilità inziale legata alle caratteristiche geometriche dell’impianto a cui affidarsi
prima che si completi l’osteointegrazione. Devo fornire una stabilità meccanica corretta, così che
poi possa avvenire la stabilità secondaria.

La stabilità primaria è importante, quando più micromovimenti ci sono tra l’osso e l’impianto, e
condizionano il tipo di fissazione dell’impianto.
Ci identifica il reale fattore della stabilità meccanica, devo impiantare una protesi con meno
micromovimenti possibili, quindi si realizza più facilmente la crescita di osso sull’impianto stesso

2 tempi di fissazione:
 fissazione primaria:
tramite martello che inserisce protesi con forza  stabilità iniziale dovuta a caratteristiche
geometriche dell’impianto a cui affidarsi prima che si completi l’osteointegrazione (meccanica),
assenza di micromovimenti tra osso e protesi.
Due modelli diversi di stabilità meccanica:
- FIT (capacità di uno stelo di essere impiantato saldamente nel canale femorale grazie alla
sua forma, cosi da ottenere contatto per punti),
- FILL (capacità di uno stelo di riempire quando più possibile il canale femorale)
Si può cosi suddividere le protesi in protesi anatomiche e protesi retta (contatto per punti nella
pro-curvatura femorale, inserimento di alette negli angoli per garantire una maggiore stabilità)
Cotile (o acetabolo) si suddividono in stabilità primaria in:
- cotile emisferico: fissazione a press FIT, avendo il cotile leggermente sovradimensionato (di
circa 2mm) che quando poi si andrà a battere si inserirà saldamente.
È possibile in oltre aumentare la stabilità tramite l’aggiunta di viti nella struttura.
- cotile avvitato: Struttura in cui il cotile viene messo, si dà un giro in senso orario al cotile,
così che le alette entrano nell’osso e lo stabilizzano; oggi quasi più utilizzati perché si è
scoperto dare molti problemi.
 fissazione secondaria: l’osso cresce sulla protesi stabilizzandola  è una stabilità che si
ottiene dopo alcuni mesi ed è dovuta all’integrazione tra le protesi e l’osso spongioso.
(biologica).
Superficie dell’impianto:
- porosa (tanti buchi, l’osso penetra all’interno dell’impianto – ingrowth)
- rugosa (l’osso cresce sull’impianto - ongrowth)

Finitura, devo capire quelli che sono i materiali migliori:


- Leghe di cromo-cobalto viene usato solo per steli cementati
- Il titanio favorisce l’ongrpwth
Ha una grossa resistenza alla corrosione ed ha un modulo di elasticità. La protesi la
inserisco su un tessuto biologico che ha un suo coefficiente di elastici, tanto più è elastico il
materiale che inserisco tanto più mi avvicino alla biologia dell’osso. Il titanio a circa la metà
del cromo e dell’acciaio.
Viene usato su tutte le protesi non cementate, è usato per lo stelo, il metal back (parte
posteriore di un cotile) rivestimenti di mesh wire (rete) o un rivestimento in microsfere
(struttura più prosa) o rivestimenti in plasma e dava un ongrowth.

Si cerca di ottenere impianti con un’integrazione sempre maggiore. Partendo dall’osso e la sua
componente minerale, è un connettivo con cellule che producono la matrice ossea che poi
mineralizzano, ed è presente l’idrossiapatite, fa da stimolo per un osteointegrazione, rapida e
stabile.
 Se l’idrossiapatite non veniva attaccata in maniera solida all’impianto poteva dare
problemi.

Stelo diversi da cotile, quindi l’idrossiapatite la potevi usare solo sullo stelo, perché non si sapeva
come usarlo. Cotili di idrossiapatite però davano una maggiore mobilizzazione, si staccava e
andava nel cotile, terzo corpo che usurava e procurava un’osteolisi.

- Cotile con idrossiapatite, ha grossi fallimenti.


A dieci anni dall’impianto il 20% di coppe era già stato rivisitato, ma avendo una buona parte
già di usura. Addirittura si determinava un’osteolisi e l’osso si riassorbiva tutto. La testa era
risalita verso l’alto perché si era usurata la parte interna. All’interno dell’inserto si trovavano
frammenti di calcio e fosforo di idrossiapatite che si spostava e dava l’usura da terzo corpo.

Se preparo un cotile asimmetrico, ottengo un ovale non asimmetrico. Oggi si usano materiali
porosi per avere un grosso coefficiente di attrito, anche strutture 3D che da vicino assomigliano
all’osso.
La parte esterna è quella che ha le dimensioni del cotile, quella interna ha le teste 32-36. Le
trabecole osseo crescono attorno al cotile impiantato.

Il modulo di elasticità offre una misura della rigidità del materiale, più il modulo è basso, più il
materiale è flessibile (simile al valore osseo di 00.10), se crei un sistema troppo rigido l’osso
potrebbe risentirne, mentre cosi è tutto più fisiologico.
L’utilizzo di viti di fissaggio sono state utilizzare solo nel 21% dei casi, soprattutto all’inizio della
carriera clinica.
 design, presa, elasticità, superficie e caratteristiche biomeccaniche del Titanium
consentono un semplice impianto con risultati immediati ottimali.

CEMENTAZIONE
Il cemento utilizzato per la cementificazione è costituito da particelle di PMMA (10-15 micron),
componente radio-opaca (10%) ed un iniziatore della polimerizzazione (benzoyl perossido).
Sono presenti 3 fasi: preparazione (2-3 minuti), fase di lavoro (5-8 minuti) e fase di presa (8-10
minuti)  temperatura ed umidità possono influenzare la durata delle fasi.

Lo sviluppo tecnologico porta ad un miglioramento delle caratteristiche intrinseche del cemento,


la sua preparazione ed introduzione.

A livello acetabolare la mancanza di effettivi vantaggi, unita alla difficoltà di evitare radio-lucenza
tra cemento acetabolare e l’osso, rendono oggi marginale il ruolo del cemento nella fissazione
acetabolare.

I tipi di cementazione si suddividono in:


Man mano che è passato il tempo sono succedute generazione differenti di cementazione.
La differenza tra le varie generazioni è il modo con cui viene preparato e introdotto il cemento e
alcune variazioni nello stelo.
- cementazione di I generazione (1979): dove si ha preparazione ed introduzione manuale
del cemento e la presenza di stelo in acciaio.
- Cementazione di II generazione (1990): preparazione manuale del cemento, accurato
lavaggio della sede ossea, inserimento per via retrogada attraverso una siringa, utilizzo di
un “plug”, tappo per non permettere l’entrata del cemento nell’osso spongioso.
- Cementazione di III generazione: lavaggio pulsante della sede ossea, preparazione
sottovuoto del cemento e sua pressurizzazione con una siringa, “plug” distale.
- Cementazione di IV generazione: centralizzatore prossimale e distale  ottimizzazione
della distribuzione del cemento.

L’indicazione della tipologia di cementazione da utilizzare è data da vari parametri come:


caratteristiche del paziente (sesso, peso, livello di attività, età), valutazione biologica dell’osso e
qualità dell’osso (patologie sistemiche artrite o anemia, terapie radiate, utilizzo di farmaci come
cortisonici o antiblastici, endoprotesi nelle fratture del collo femorale dell’anziano).

VANTAGGI:
 Immediata e tenace fissazione dell’impianto osseo
 Distribuzione dei carichi su un’ampia superficie metafisaria e diafisaria di femore
 Progressivo adattamento del modulo elastico tra stelo ed osso
 Ostacolo all’ingresso di particelle (detriti) nell’interfaccia con l’osso
 Minor dolore nell’immediato post-operatorio rispetto alle non cementate
 Più rapido recupero difficile da considerare e valutare tale parametro
SVANTAGGI:
 Bone cement limpiation syndrome Sconsigliato nei cardiopatici; dovuto a microembolie
in quanto durante la reazione esotermica il calore potrebbe causare vasodilatazione con
ipotensione.
 Complicanze tardive mobilizzazione asettica
Fase esotermica: miscelo, inserisco nel femore e durante il processo di polimerizzazione il
cemento si solidifica. Quando esso diventa duro diventa anche caldissimo e rilascia calore il quale
potrebbe determinare vasodilatazione (diminuisce la pressione). Un’eccessiva vasodilatazione può
far si che il sangue non arrivi al cuore

PROTESI CEMENTARE VS NON CEMENTATE


 Nessuna differenza clinica a distanza di 5 anni
 Nessuna differenza nella qualità di vita nei primi 4 anni
 Non differenze significative nella calcificazione eterotopiche
 Aumento del tempo chirurgico

ARTROPROTESI NON CEMENTATE NELL’ANZIANO (>80)


Si ottengono ottimi risultati.

Le basi scientifiche riguardo il metodo di fissazione risulta non esservi nessun vantaggio nell’uno
che nell’altro ma ciò che fa la differenza è seguire le indicazioni.
ACCOPPIAMENTI TESTINA-COTILE
È la zona principale dove si verifica il
movimento, provoca una produzione
di detriti nella zona e il corpo
riconosce i detriti provocando una
reazione da corpo estraneo,
chiamando cellule con enzimi utili al
riassorbimento (macrofagi) delle
particelle di usura (reazione da corpo
estraneo).
Il primo fattore causale dell’usura è il
movimento (senza movimento non si
produce usura)

usura lineare: quanto materiale asporto in un anno (es. il polietilene perde 0,1 mm l’anno).
L’accoppiamento polietilene ceramica risulta essere il più utilizzato ed il più sviluppato in ambito.
 Logica, usammo ceramica-ceramica in tutti i pazienti perché ho bassissima usura. Non è così! Quello
più usato ora è polietilene-ceramica, quello con il metallo è stato abbandonato. Perché polietilene-
ceramica ha un comportamento vicino al tasso ceramica-ceramica, siccome ho migliorato le
caratteristiche del polietilene.
Metallo-metallo può comportare danni biologici massivi, quindi il suo utilizzo è assolutamente ridotto.
Ceramica-ceramica ha anche degli svantaggi in base su chi lo usa, lo inserisco in un giovane e in
anziano preferisco polietilene-ceramica.

- Metallo/polietilene: non si usa più perché si sono incontrati problemi nel punto di
ancoraggio tra testina e stelo, fenomeno di trunnionosi (verificatosi tra collo e testina,
corrosione con rottura del collo). Il vantaggio nell’utilizzo del polietilene è l’economia, la
semplicità costruttiva, il materiale plastico e la possibilità di sostituzione delle testine. Lo
svantaggio principale è invece il “pericolo di 3° corpo” ed un’alta usura con tasso di usura
crescente.
 Semplicità costruttiva x alta usura e molti detriti
 Economica x pericolo da 3° corpo
 Sostituzione testine x tasso usura crescente

- Ceramica/polietilene: simile a quello sopra, il maggiormente utilizzato.


Tra i due materiali quello con più usura è il polietilene, si è pensato di utilizzare il polietilene
(catena di –CH2) reticolato (cross-linked) che presenta bassa usura ed una minore osteolisi
rispetto al PE convenzionale, la metodica è utilizzare legami crociati, producibile
principalmente tramite il fenomeno di “irraggiamento” dove porta all’eliminazione di due
atomi di idrogeno e forma radicali liberi pronti per un legame covalente fra le due molecole
interne adiacenti, cosi si ha una conservazione di circa del 97% invece di quello tradizionale
(67%). Possibile addizionare vitamina E, antiossidante liposolubile che neutralizza i radicali
liberi prodotti durante il processo di crosslinking.
In una visione microscopica del polietilene, la singola cellula macrofagica non è riuscita ad
inglobare il frammento, quindi avviene un arrivo di cellule multinucleate che cercano di
inglobare il frammento dell’abrasione del polietilene.
 Buon compromesso
 Usura modesta (50-130 micrometri l’anno)
 Detriti di polietilene
 Rottura testa
Il problema è la mobilizzazione che produce i detriti di polietilene, a causa dell’usura data da movimento,
produce detriti, risposta immunitaria, osteolisi, mobilitazione.
Il polietilene è il materiale più debole in un accoppiamento ed è quello che si consuma di più. Come ridurre
il problema: usare materiali di scorrimento a bassa usura, quindi il polietilene reticolato! Catene parallele
con legami crociati tra i singoli strati, opporre all’usura. Come produrre la reticolazione?
 Il polietilene reticolato, grazie alla struttura tridimensionale, offre una buona resistenza alle forze di
usura.
 La metodica è radiare i materiali, così da scindere un atomo di idrogeno, liberando due atomi di
carbonio che formano un legame covalente.

- Ceramica/ceramica: il vantaggio è l’usura praticamente nulla, lo svantaggio è la difficoltà di


posizionamento della protesi, che può provocare un “effetto valanga” causato dai detriti,
può portare alla rottura della protesi.
Queste protesi hanno però un costo particolarmente elevato, le loro forme devono essere
molto precise
 Usura praticamente nulla
 Attrito bassissimo
 Fragilità
 Rigidità
 Effetto valanga

- Metallo/metallo: via via abbandonate, devono essere particolarmente lisce per non
permettere un’eccessiva usura, preferibile in soggetti giovani ed attivi. Si è visto che si
possono verificare fenomeni di allergia ai metalli (ARMD – reazione immunitaria innata da
corpo estraneo o ipersensibilità di IV tipo), con iperplasia tissutale e presenza di “pseudo
tumor” (69% dei casi). Il pro è la diminuzione del tempo do usura, il contro è un eccessivo
costo.
 Usura irrilevante
 Attrito basso
 Resistente all’uso
 Resistente a particelle di PMMA
 COSTOSO

Protesi metallo – metallo


1. Materiale
Alcune caratteristiche del materiale tribologicamente importanti sono
La durezza e la bagnabilità, la resistenza al taglio e la resistenza alla fatica.
2. Realizzazione
L’accuratezza richiesta impone macchine con precisione di un ordine di accuratezza
superiore a quelle per gli impianti “normali” fa aumentare il costo.
3. Caratteristiche essenziali
Diametri (tolleranza dimensionale)
Sfericità (tolleranza di forma)
Superfici
 Ottima congruenza
Unico accoppiamento possibile nelle protesi di rivestimento. Non produce particelle in polietilene.
Minor volume di usura paragonato al polietilene. Minor rischio di rottura rispetto alla ceramica. Le
protesi totali d’anca con teste di grande diametro (≥36 mm) così come le protesi di rivestimento
hanno un minor rischio di lussazione. Le protesi di rivestimento risparmiano tessuto osseo sul
versante femorale.
L’usura con la produzione di detriti metallici può favorire l’osteolisi e di conseguenza la
mobilizzazione dell’impianto. I detriti metallici possono provocare reazioni avverse locali o
sistemiche.
Nei primi mesi postoperatori maggior produzione di detriti. Picco di livelli di ioni Cobalto nel
sangue a 6 mesi dall’intervento e di ioni Cromo a 9 mesi, seguito da un declino nel tempo.
A causa della piccola dimensione delle particelle prodotte dall’usura del MoM la capsula articolare
è esposta a un maggior numero di particelle rispetto al polietilene.
MM teste di piccolo diametro: lieve aumento del rischio di reazione avversa all’usura del metallo
(ARMD: Adverse Reaction to Metal Debris) in confronto agli accoppiamenti convenzionali. MM
teste di grande diametro: elevato rischio di ARMD in confronto agli accoppiamenti convenzionali.
Protesi di rivestimento: il rischio di ARMD aumenta al diminuire della taglia dell’impianto.
USURA
Usura: particolato, i prodotti che vengono asportati da un materiale a seguito di uno scorrimento
reciproco, il materiale più debole vede un’asportazione di piccole particelle ad opera del secondo
più duro. Il polietilene se accoppiato con ceramica/metallo ha un tasso di usura più alto rispetto
agli altri accoppiamenti.
Le particelle rilasciate in un ambiente biologico, dove il corpo reagendo porterà alla “malattia
d’usura”, una serie di alterazioni: mobilizzazione e scorrimento della protesi.
Questa malattia d’usura dipende dalle caratteristiche dell’impianto, quindi la qualità e l’età del
polietilene utilizzato (se di prima generazione il coeff. d’usura sarà molto più alto).

Sono stati distinti 3 parametri a livello di usura (meccanismo, tipo, danneggiamento):


Meccanismi di usura: meccanismi con cui queste particelle vengono asportate. Può essere di tipo
- -abrasivo (piccole irregolarità superficiali danno un’abrasione superficiale del materiale,
oppure data dalla presenza interposta di un terzo corpo come un frammento osseo),
- adesione (uno dei due materiali si attacca dall’altro che scorrendo stacca delle particelle),
- fatica (un materiale impiantato da tempo modifica le caratteristiche meccaniche ad opera
dell’invecchiamento ed inizia a perdere per fatica delle particelle di usura).  il materiale
più malleabile viene asportato rispetto a quello più duro.
Tipi di usura: classificato in 4 differenti tipi (1,2,3,4):
1. tipo 1: avviene tra due superfici articolari primarie, dove normalmente avviene il
movimento (testa della protesi asporta particelle di polietilene)
2. tipo 2: tra due superfici secondarie, che normalmente non sarebbero in contatto data dal
distruggimento dello strato di polietilene che porta un contatto metallo-metallo.
3. tipo 3: usura che si realizza quando viene l’interposizione di un terzo corpo, frammenti di
qualsiasi natura si interpongono tra due superfici articolari.
4. tipo 4: movimento tra due superfici articolari dove non dovrebbe esserci, provocando
usura.
le particelle d’usura saranno di natura diversa per le varie tipologie, ed inoltre è
possibile che i vari modelli si uniscano tra loro.
Danneggiamenti visibili: descrizione in modo microscopico delle superfici prelevate valutando il
danno d’usura. I tipi di danneggiamento possono variare per forma e dimensioni: surface
deformation (deformazione superficiale), piting (formazione di piccoli buchi), scratching
(formazione di solchi allungati), delaminazione, burnishing (assume colore brunastro come se
bruciato ossidazione).

Possono essere molti i fattori che contribuiscono all’usura come l’età, peso e sesso, che risultano
essere correlati, l’età indica il movimento che svolge durante la giornata, un maggiore movimento
comporterà una maggiore usura.
Altri fattori che contribuiscono all’usura sono riscontrabili in ambito operatorio, come la fissazione
dell’impianto, il posizionamento dei componenti utilizzati oppure il bilanciamento dei tessuti molli,
se non si ha questo bilanciamento la protesi lavorando male avrà una maggiore usura.
Ovviamente risulta anche importante l’accoppiamento che si è deciso di utilizzare per la data
articolazione:

in presenza a frammenti di usura il nostro organismo risponde con una reazione immunitaria, con
la particolarità che la particella d’usura non presenta antigeni di superfice per l’attivazione
anticorpale, quindi la nostra particella viene inglobata a livello cellulare, con il richiamo di enzimi
litici che portano alla morte della cellula stessa.
Interleuchine, fattori chemiotattici, mediatori dell’infiammazione ecc. (citochine in generale)
rilasciati hanno un’azione su cellule bersaglio che a livello dell’osso possono portare a un
riassorbimento dell’osso.

In base alla tipologia di detrito, se


sono particolarmente piccole attivano
un processo di fagocitosi in cui il
macrofago muore ed attiva una serie
di citochine infiammatorie che
mediano reazioni di osteolisi
(riassorbimento osseo).
Se le particelle sono più grandi
vengono attaccate dai fibroblasti che
producono uno strato di tessuto
connettivo intorno impedendogli di
danneggiare il nostro organismo.
Le tipologie delle particelle di usura possono essere di origine:
- metallica (cromo-cobalto, titanio, tantalio), il tessuto assume una colorazione scura data
dal rilascio di “ruggine” intorno alla protesi (metallosi), a livello istologico si notano puntini
neri di piccole dimensione colorando le cellule interne e la matrice extracellulare.
- Polietilene: per riscontrar scaglie è necessario utilizzare una microscopia ottica a luce
polarizzata in quanto il materiale assume una caratteristica tipica, la birifrangenza (riflette
la luce)
- ceramica: presenta un effetto valanga, ovvero l’inizio dell’usura porta quasi sempre ad una
rottura totale della protesi dato la sua natura fragile.
- PMMA (cemento): lascia dei buchi a livello del preparato istologico, perché viene via e la
cellula rimane introno.

L’osteolisi da terzo corpo spesso può venire dalle particelle di idrossiapatite, che veniva spesso
utilizzato come rivestimento del cotile e tendevano a staccarsi dall’impianto aumentando l’usura.

Il processo finale è quello di cambiare la protesi e trovare la fissazione di una nuova protesi a
livello dell’osso non patologico, gli steli da revisione sono più lunghi infatti di quelli precedenti per
andare a fissarsi più saldamento a livello del canale diafisario con crescita d’osso e ri-fissazione
dell’impianto con anche una precedente rimozione dei tessuti molli intaccati nelle vicinanze.
 la durata media di una protesi risulta essere di circa 15 anni dove il 95% delle protesi non
riscontra problematiche particolari e risulta essere reimpiantabile.
PROTESI DA GINOCCHIO
Il ginocchio è un’articolazione particolare, come se fosse una palla che scorre su un piatto, questa
situazione configura un piano di instabilità compensata da strutture per garantire la stabilità stessa
come i menischi (esterno ed interno) che nell’ambito nella loro struttura sono cunei necessari per
stabilizzare il ginocchio perché rendono la superficie da piana a concava. Oltre a questo c’è la
presenza di legamenti (collaterale esterno – collaterale interno – crociato anteriore- crociato
posteriore) per stabilizzare il ginocchio durante la deambulazione.
Il ginocchio è costituito da due compartimenti, dei modelli di protesi possono sostituire solo
un’compartimento (esterno o interno) e vengono chiamate protesi monocompartimentali,
conseguentemente la sostituzione di entrambi i compartimenti porteranno a chiamare la protesi
come bicompartimentale.

L’indicazione principale per la sostituzione del ginocchio è la gonartrosi (artrosi del ginocchio)
ovvero un processo degenerativo  alterazione della struttura del tessuto.
Si suddivide in primaria (idiopatica, causa sconosciuta) o secondarie (traumi e fratture articolari,
deformità extrarticolari come ginocchio varo o valgo (verso l’interno), instabilità articolare)
determinando un sovraccarico a uno dei due compartimenti. Il peso (obesità) può scatenare un
processo artrosico.
Le finalità dell’artroprotesi sono risolvere la sintomatologia dolorosa e recuperare la funzione
completa del ginocchio.
Cenni storici:
le prime protesi (1940-1950) erano artroprotesi con modello a cerniera (aste con una cerniera
nella parte centrale), si passa nel 1970 ad una protesi a cerniera rotante, ma esercitavano un
troppo sovraccarico alle ossa dove entrava il perno. Con la comparsa delle protesi mono e
bicompartimentali si ha una svolta: resezione ossea limitata, sollecitazione meccaniche assorbite
da formazioni capsulo legamentose rispetto della normale cinetica articolare.
 per tricompartimentali si intende anche la sostituzione dell’articolazione rotula-femore.
I due concetti principali nell’innesto della protesi di ginocchio sono i compatimenti ed i vincoli
(legamenti sostituiti a livello della protesi) interessati. L’inquadramento del paziente consiste in Rx
(radiografia) AP su teleradiografia per capire le strutture interessate e la misura della protesi
necessaria da utilizzare nello specifico.
Si può scegliere se avere un menisco fisso o un menisco mobile ed inoltre decidere se conservare il
crociato posteriore oppure sacrificare il legamento crociato posteriore (più utilizzata per agevolare
operazione).
Il tipo di strumentario è diverso rispetto ad altri interventi di ortopedia perché prevedono
resezioni (asportazione parziale) più che sostituzioni per l’inserimento della protesi.
Le complicanze dell’intervento di ortopedia sono:
- infezioni: se una protesi si infetta va rimossa la protesi dal paziente, normalmente in
protesi primarie il rischio di infezione è sotto l’1%, generalmente si prescrive terapia
preoperatoria con antibiotici.
- lesioni vascolo-nervose.
- malattia tromboembolica: somministrazione di anticoagulanti (eparina a basso peso
molecolare) perché il paziente non cammina in postoperatorio ed il sangue ristagnerebbe a
livello delle vene.
Le complicanze di sede a livello del ginocchio possono essere: rigidità, instabilità, dolore rotuleo;
rimangono sempre le complicanze a lungo termine come mobilizzazione della protesi o usura del
polietilene.
La riabilitazione prescritta è il cammino con utilizzo di ausili, la deambulazione autosufficiente
avviene circa dopo 2-3 mesi.
MEZZI DI SINTESI
Dispositivi utilizzati per l’unione delle ossa non continue nell’ambito della traumatologia
Dando una definizione di Frattura si intende: interruzione della continuità di un osso.
Una frattura può essere di diverse tipologie:
- frattura traumatica: la causa è un agente esterno che supera la resistenza dell’osso, l’alta
energia d’impatto induce a frattura traumatica (incedente stradale) oppure una bassa
energia correlata ad una condizione di osteoporosi (anziano che cade).
il trauma può essere diretto (pugno sul naso determina frattura ossa nasali) oppure trauma
indiretto (carico eccentrico a livello scheletrico come torsione, flessine, compressione o
strappamento; succede spesso negli sciatori).
- frattura patologica: quando sono in corso patologie neoplastiche nell’organismo, fratture
principalmente correlate a patologie tumorali (tumore benigno osso).
- frattura chirurgica: interruzione di un osso per correggere un’irregolarità (asse scorretto)
con intervento chirurgico volontario (generalmente taglio tramite utilizzo di una sega).

In oltre possono essere dati altri aggettivi per migliorare la comprensione della tipologia di frattura
con cui si ha a che fare, possono essere definite esposte o chiuse in base all’integrità della cute,
definibile in base alla lacerazione o meno della cute e dei tessuti molli.
In oltre, si possono definire epifisarie, metafisarie o diafisarie in base alla localizzazione della
frattura a livello dell’osso.
Un’altra suddivisione può essere:
- Frattura composta: dove si ha una rottura
dell’osso ma i due monconi restano a contatto
senza nessuno spostamento,
- Frattura scomposta: l’osso si sposta per l’effetto
del trauma in modo trasversale, longitudinale,
angolare o rotatorio (devo averne almeno 2).

il trattamento della frattura prevede alcuni capi saldi (continui tra loro):
- prima fase di riduzione: ripristinare l’allineamento anatomico; suddivisibile in incruenta
ovvero l’allineamento avviene tramite manipolazione del chirurgo (quindi non si ha
apertura della cute con intervento chirurgico) o cruenta dove è necessario un intervento
chirurgico per allineare la frattura.
- seconda fase di contenzione: mantenere l’allineamento osseo, incruenta o cruenta tramite
l’utilizzo di viti o placche necessarie per mantenere l’allineamento.
- riabilitazione
la fase di riduzione con tipologia incruenta può essere legata a una seconda fase di contenzione sia
cruenta che incruenta (RI+CI/CC), mentre se si ha una riduzione cruenta l’unica contenzione
possibile è anch’essa cruenta (RC+CC).
la sintesi può essere interna o esterna (vite, placche, chiodi, fissatori esterni, fili di K, cerchiaggi) 

- viti: possono essere di varie tipologie (da corticale, da spongiosa, cannulate), da corticale
sono viti con un filetto pronunciato e un passo ravvicinato, da spongiosa sono viti con
passo lungo, cannulate con l’utilizzo di un filo guida per poi inserire la vite.
La vite a livello della frattura viene messa a 90° (quindi spesso obliqua) per esercitare
compressione della frattura.
- Placche: placca metallica attraverso il quale si inseriscono le viti; una distinzione possibile a
livello della placca può essere la tipologia di foro presente (rotondo od ovale), spesso si
alternano le due tipologie per una maggiore stabilità; il foro ovale rispetto alla testa della
vite è necessario per esercitare compressione a livello della frattura (la vite viene avvitata
sul bordo dell’ovale per poi man mano spostarsi e stabilizzarsi al centro dell’ovale), i fori
rotondi sono utilizzati per la stabilità angolare, è presente un filetto sia a livello della testa
della vita che nel foro, stabilizzando maggiormente il legame tra placca/osso.
Dhs: utilizzata negli anziati a livello dell’anca per mantenere una complessione ed
allineamento più efficace

- Chiodi endo-midollari: vengono utilizzati a livello di fratture delle ossa lunghe per bloccare
le rotazioni, formate in titanio o acciaio compatibile; alesatura (tecnica di alesatura per
rendere liscia la superficie interna di un foro) prima con filo guida per poi piantare il
chiodo.
- Fissatori esterni: struttura temporanea per il controllo della frattura, posizionata per poi
programmare la cura definitiva dopo il miglioramento delle condizioni generali del
paziente.
- Fil di Kirschner: ormai non più utilizzati.
- Cerchiaggio: formare un anello per bloccare una frattura, usati poco.

L’obbiettivo nella traumatologia è ripristinare le capacità meccaniche dell’osso fratturato, non


deve quindi durare tutta la vita lo strumento di sintesi ma finché l’osso si è riformato
completamente; infatti sarebbe possibile togliere addirittura lo strumento di sintesi. I materiali
devono essere principalmente amagnetici nel caso sia necessaria risonanza magnetica a livello
della data zona (ad esempio dopo trauma cranico).

Potrebbero piacerti anche