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Generalità:
I Biomateriali sono materiali concepiti per interfacciarsi con i sistemi biologici al fine di valutare, dare
supporto o sostituire un qualsiasi tessuto, organo o funzione del corpo.
Perché vengono utilizzati?
L’utilizzo dei biomateriali in campo medico è in continua crescita.
MERCATO MONDIALE: 160 miliardi di euro nell’anno 2000
L’Europa è il secondo mercato in termini di fatturato dopo gli Stati Uniti.
DISPOSITIVO MEDICO:
Uno strumento, un apparato, una macchina, un’invenzione, un reagente in vitro o un altro oggetto similare o
correlato, compreso ciascun componente ciascuna parte e ciascun accessorio, per il quale è previsto l’uso in
medicina. Tale uso può riferirsi alla diagnosi di una malattia o di un altro stato, o alla cura, alleviamento,
trattamento o prevenzione di malattie dell’uomo.
I DISPOSITIVI MEDICI POSSONO ESSERE:
1. TOTALMENTE IMPIANTABILI.
(protesi oculari, protesi valvolari cardiache, protesi vascolari, protesi articolari, placche ossee).
2. PARZIALMENTE IMPIANTABILI.
(protesi dentali, suture, cateteri)
BIOFUNZIONALITA’:
MATERIALI BIOLOGICI:
Materiali biologici di origine sia umana che non umana.
Possono essere trattati chimicamente per aumentarne la stabilità.
Comprendono:
Valvole cardiache porcine, arterie carotidee bovine, vena ombelicale umana, fibre di collagene ricostruite.
Sono utilizzati soprattutto in applicazioni cardiovascolari, in quanto sono altamente emocompatibili e non
richiedono l’uso di terapie anticoagulanti.
Sia le protesi di origine umana che di origine animale possono provocare fenomeni di rigetto antigenico.
POLIMERI:
I polimeri sono ampiamente usati come biomateriali poiché hanno proprietà fisiche molto simili ai tessuti
naturali e sono facilmente lavorabili.
Controllo del flusso sanguigno e di altri fluidi corporali (cateteri, cannule, drenaggi…),
Superfici articolari nelle protesi ortopediche,
Cementi ossei,
Lenti a contatto e lenti intraoculari,
Membrane per dializzatori ed ossigenatori,
Riempimento di cavità (chirurgia estetica),
Protesi cardiache e vascolari,
Sistemi per la somministrazione controllata di farmaci,
Rivestimenti per sensori e dispositivi elettronici impiantabili.
Presenza di sostanze che possono essere rilasciate nell’organismo (monomeri ed oligomeri, additivi,
prodotti di degradazione, ecc.)
Facilità di assorbimento di acqua e molecole biologiche dall’ambiente circostante
Basse proprietà meccaniche
Difficoltà di sterilizzazione
Degradazione nel tempo
COMPOSITI:
Combinazione su scala macroscopica di due o più materiali, tra loro insolubili che mantengono la loro
integrità e contribuiscono in modo sinergico alle proprietà chimiche fisiche e meccaniche del materiale
risultante.
I campi di applicazione sono principalmente ortopedia e odontoiatria e comprendono:
Innesti ossei,
mezzi di osteosintesi,
Protesi articolari,
Cementi ossei,
sostituzione di tendini e legamenti,
otturazioni e restauri dentali.
ESEMPI DI DISPOSITIVI MEDICI IN CUI SONO UTILIZZATI I POLIMERI:
Protesi Ortopediche
Protesi Vascolari
Lenti A Contatto
Lenti Intraoculari
Sistemi Per La Veicolazione Di Farmaci
Materiali Per Suture
PROTESI ORTOPEDICHE:
Il settore ortopedico rappresenta uno dei principali campi di applicazione dei biomateriali sia dal punto di
vista commerciale, sia dal punto di vista della ricerca, anche se i materiali utilizzati sono ormai ben
consolidati.
Gli impianti ortopedici si dividono in:
Impianti protesici permanenti (protesi d’anca, ginocchio, spalla…)
Mezzi di sintesi (placche e viti, chiodi endomidollari …)
Tendini e legamenti artificiali.
Le protesi possono essere cementate o ad ancoraggio diretto:
PROTESI CEMENTATE: La connessione stelo/osso viene effettuata mediante un cemento
polimerico.
Il CEMENTO è costituito da una miscela di POLIMETILMETACRILATO e
METILMETACRILATO MONOMERO polimerizzato in loco con un INIZIATORE (BENZOIL
PEROSSIDO) e un ACCELLERATORE (DIMETILPARATOLUIDINA).
Due problemi: RITIRO VOLUMETRICO in seguito alla polimerizzazione e ESOTERMICITA’
della reazione (si raggiungono temperature di circa 80-90°C).
Si ha un danno MECCANICO, TERMICO e CHIMICO che porta alla necrosi irregolare del tessuto
osseo.
L’intervento è più semplice e la degenza post-operatoria del paziente minore.
PROTESI NON CEMENTATE: Per la connessione stelo/osso vengono utilizzate varie geometrie
(PRESS-FIT) e rivestimenti o trattamenti superficiali bioattivi (IDROSSIAPATITE) della protesi.
L’intervento è più complesso, la protesi molto più costosa e la degenza post-operatoria del paziente
più lunga in quanto deve essere dato tempo all’osso per ricrescere attorno alla protesi.
PROTESI VASCOLARI:
Materiali a diretto contatto con il flusso sanguigno.
Principale problema EMOCOMPATIBILTA’:
Il materiale NON DEVE provocare fenomeni di COAGULAZIONE, EMOLISI,
INFIAMMAZIONE CRONICA o rilasciare SOSTANZE TOSSICHE.
La DURATA dell’impianto deve essere maggiore della life-expectancy del paziente.
La protesi non deve dare REAZIONI di INTOLLERANZA o subire MODIFICHE dopo l’impianto.
Sostituzione di tratti vasali con protesi di forma e dimensioni corrette, congiungimento (by-pass) di due punti
di un’arteria a monte e a valle di una lesione, inserimento di una protesi all’interno di un aneurisma.
DEVONO PRESENTARE:
Elevata elasticità (COMPLIANCE), adeguata flessibilità, buona stabilità, non innescare fenomeni di
coagulazione del sangue, facile maneggiabilità.
Le protesi più problematiche sono quelle per le arterie di piccolo calibro
(ID inferiore ai 6 mm) in quanto:
Lo strato fluido vicino alla parete (strato limite) è proporzionalmente più spesso nei vasi più piccoli;
Il rivestimento biologico che si forma sulla parete riduce il lume e può agire come una stenosi.
MATERIALI UTILIZZATI:
VASI E TESSUTI NATURALI, sia di origine umana che naturale.
POLIMERI.
MATERIALI SINTETICI UTILIZZATI:
Si deve evitare che il tessuto una volta tagliato si sfilacci peggiorando la situazione al sito
di anastomosi.
Le protesi WOVEN sono meno porose e quindi più rigide con facilità di calcificazione. Questo porta anche
ad un cattivo accoppiamento col vaso naturale e quindi un più facile fallimento all’anastomosi.
PTFE:
PTFE TESSUTO: Le protesi in PTFE sono state disegnate in origine
con struttura tessuta, che oggi non è più utilizzata perché imputata di
emorragie e formazione di falsi aneurismi all’anastomosi.
PTFE ESPANSO (Impra, Goretex, Vitagraft): La struttura espansa viene realizzata con un processo di
stiramento ad alta temperatura che genera noduli di PTFE interconnessi con fibrille altamente orientate.
PROBLEMI:
Scarsa COMPLIANCE
La protesi è TROMBOGENICA in situazioni di scarso flusso.
La BIOSTABILITÀ in situ del PTFE espanso è impressionante e le rotture occasionali finora osservate sono
dovute ad un trauma chirurgico
POLIURETANI:
Sono copolimeri a blocchi ottenuti da DIISOCIANATI, MACROGLICOLI ed
estensori di catena.
La sintesi altamente versatile permette di ottenere materiali flessibili rigidi o
semirigidi, la cui superficie può essere idrofilica o idrofobica.
PREGI:
Elevata emocompatibiltà,
Eccellente resistenza all’abrasione,
Proprietà meccaniche eccezionali,
Ottima compliance,
Resistenza a fatica senza pari.
DIFETTI:
ESC (environmental stress-cracking): l’ambiente aggressivo del corpo umano provoca
microfessurazione superficiale che porta a rottura catastrofica dell’impianto.
Introduzione di nuovi copolimeri dotati di maggiore biostabilità. Tra i più recenti copolimeri Silicone-
Poliuretano (Pur-Sil e Carbo-Sil) con promettenti requisiti.
LENTI A CONTATTO:
Sono protesi a tutti gli effetti, circondate da film lacrimale e a contatto con l’epitelio corneale.
PROPRIETA’ DEI MATERIALI:
Permeabilità all’ossigeno
Bagnabilità
Buone proprietà meccaniche
Trasmissione della radiazione visibile ed ultravioletta
Resistenza alle contaminazioni
LENTI A CONTATTO RIGIDE: PMMA, STIRENE
LENTI A CONTATTO MORBIDE: HEMA
LENTI INTRAOCULARI (IOL):
Vengono impiantate in seguito cataratta. La cataratta viene asportata chirurgicamente e viene inserita una
IOL.
Le lenti intraoculari più usate sono costituite da un corpo ottico centrale in
PMMA e da due anse di supporto di forma arcuata in polipropilene o
PMMA.
VEICOLAZIONE DI FARMACI:
I sistemi di veicolazione consentono una elevata attività del farmaco anche a basse dosi di somministrazione.
Consentono la veicolazione ad un opportuno tessuto od organo bersaglio.
SENILE
TRAUMATICA
METABOLICA : dovuta a disfunzioni metaboliche.
INFORMAZIONI
Le IOL sono inoltre impiegate per correggere problemi di rifrazione (ametropia: insieme delle anomalie di
rifrazione dell’occhio).
MIOPIA La miopia è un'ametropia o un'anomalia refrattiva, a causa della quale i raggi luminosi
provenienti da un oggetto posto all'infinito non si focalizzano correttamente sulla retina, ma davanti
a essa. Ciò dipende dalla lunghezza dell’occhio e dalla ripidità della cornea. Le persone miopi
hanno difficoltà nel visualizzare oggetti lontani.
IPERMETROPIA I raggi di luce provenienti da oggetti non molto distanti, anziché arrivare
correttamente sulla retina dell'occhio, si focalizzerebbero in una zona dietro di essa, rendendo quindi
sfocata la visione. Questo avviene se la cornea è molto piatta e l’occhio corto.
ASTIGMATISMO è un disturbo strutturale dell’occhio che si ha quando la sua superficie
anteriore, la cornea, non è regolare o sufficientemente sferica.
I raggi sono deviati in diverse direzioni una volta oltrepassata la cornea; gli effetti di questa anomalia
causano una visione offuscata o distorta a qualsiasi distanza, che varia molto in funzione del grado di
astigmatismo.
Vi è poi la PRESBIOPIA che non fa parte delle ametropie. Si tratta di una patologia che si presenta con l’età.
Consiste nella diminuzione dell’abilità dell’occhio di focalizzare un’oggetto nello spazio visivo. Il cristallino
si irrigidisce con l’età, l’occhio perde il suo potenziale di focalizzazione siccome i muscoli presenti
nell’occhio non sono più in grado di cambiare la forma della lente.
CRITERI DI SCELTA DEI PAZIENTI PER APPLICAZIONE DELLE IOL
Cecità;
Problemi di vista dovuti all’abbagliamento;
Problemi di lettura;
Problemi di messa a fuoco;
Perdita della vista non compensabile con lenti prescritte o occhiali da vista;
Di solito over 50;
Problemi gravi di miopia, presbiopia, astigmatismo, ipermetropia;
STORIA DELLE IOL
Durante i suoi 60 anni di pratica, Harold Ridley fu il primo ad impiantare nel novembre 1949 una IOL. Le
prime lenti erano fatte di vetro e dunque forti, inflessibili/ rigide e inclini alla rottura.
Ridley operò su molti piloti della II Guerra Mondiale, molti dei quali portavano ferite di guerra agli occhi
causate da frammenti di plastica dei parabrezza. Il dottore notò che questa plastica era inerte ovvero, non
causava infezioni o aggravamenti sulle ferite e perciò pensò che la plastica potesse rappresentare un
miglioramento alle IOL in vetro.
La plastica di questi parabrezza degli aeroplani era fatta in PMMA
cioè polimetilmetacrilato. Il PMMA era molto più resistente alla
frattura e trasparente del vetro.
I materiali rigidi non possono piegarsi; il motivo per cui oggi le
IOL sono così famose ed importanti è che possono essere arrotolate
e piegate in piccoli pacchetti. Ciò permette di inserirle attraverso
incisioni molto più piccole di quelle che venivano fatte in principio.
Materiale termoplastico comunemente utilizzato per finestre, lavelli, additivo per vernici e per fluidi
idraulici…
Introdotto nel 1928 e usato fino al 1949 per le IOL.
È leggero, duraturo, resistente ai cambiamenti climatici o dovuti al tempo (aging). Inoltre è rigido,
inflessibile e presenta buona resistenza alla trazione. Può essere resistente agli UV e il tattile può
rompersi sotto pressione .
ACRILATI SOFT
(IDROGEL)
L’idrogel è un gel polimerico, generalmente con contenuto d’acqua relativamente elevato. Questa
idratazione rende gli acrilati soft degli idrogel flessibili diversamente dal PMMA hard.
Sono generalmente idrofili; anche se il rivestimento superficiale può renderli idrofobici se necessario.
Ciò migliora la tolleranza all’interno dell’occhio, anche se a volte porta ad una calcificazione che
opacizza la lente. In certe casi è invece ottima.
Queste IOL sono prodotte da Alcon, Medennium, AMO ognuno con una propria formula.
Una formula rappresentativa è la poli-idrossietil metacrilato PHEMA (inventata da Drashoslav Lim)
La parte ottica: si tratta della lente stessa,; è la parte circolare che rimpiazza il cristallino dell’occhio
e mette a fuoco la luca.
Il tattile: si tratta delle braccia sottili ( di solito 2) che ancora l’impianto in modo sicuro.
STERILIZZAZIONE
Secondo il regolamento della FDA, gli apparecchi
devono essere sterilizzati come parte finale (terminal
sterilization). Ciò significa che non è sufficiente
sterilizzare singolarmente l’ottica e il tattile ma, l’intero
prodotto finito deve essere poi sterilizzato un’ altra
volta per garantire la sicurezza.
I materiali per le IOL sembra non siano responsabili di
fenomeni di infiammazione dell’occhio.
1. Supporti inorganici;
2. Supporti polimerici (sottoforma di idrogeli);
3. Particelle solide lipidiche;
4. Liposomi: membrane che circondano un ambiente acquoso;
5. Nanocristalli;
6. Nanotubi;
7. Sistemi complessi detti dendrimeri. Si tratta di sistemi ramificati ottenuti per generazione
successiva; la crescita mi da una struttura regolare in 3D formando delle cavitò interne molto
precise. Possono essere progettati in maniera da avere cavità adatte al tipo di farmaco che
devono veicolare.
NANOPARTICELLE E MICROPARTICELLE
Le nanoparticelle sono solidi colloidali di 20-200nm. Vengono utilizzate per via parentale.
Sono di varia natura e le più studiate sono quelle a base di poli alchil-cianacrilati perché presentano un
problema importante. In genere, nella veicolazione dei farmaci è necessario che il veicolante non sia tossico
e lo stesso deve valere per le sostanze che rilascia degradando. Gli alchilciano acrilati però rilasciano
sostanze tossiche durante la degradazione.
LIPOSOMI
Strutture vescicolari costituite da membrane che
ricoprono un microambiente acquoso.
Vantaggi: il corpo umano è ricco di membrane di questo
tipo (ex. fosfolipidi) e dunque i liposomi sono ATOSSICI
e ben tollerati dal corpo perché si possono fondere con
altre membrane e rilasciare il farmaco.
Svantaggio: quando viene prodotto un farmaco è
necessario che le formulazioni siano riproducibili.
Quando vengono prodotti i liposomi in laboratorio, ogni
volta la dispersione è diversa.
Questo è un problema perché se i liposomi variano nel
tempo allora la risposta terapeutica è diversa in base al
tempo trascorso tra la produzione del liposoma e il suo
utilizzo (PROBLEMA DI RIPRODUCIBILITA’).
MICROPARTICELLE
Sempre colloidali ma sono più grandi da 200nm a 100 micron. Possono essere prodotte attraverso polimeri
sintetici degradabili come il l’acido polilattico copoliglicolico o con polimeri naturali come gelatina ed
albumina…
PROPRIETA’ DI UN TIPICO SISTEMA DI SOMMINISTRAZIONE
Devono essere in grado di massimizzare la quantità di farmaco che giunge al sito interessato.
Caratteristiche:
1. Ampia area superficiale;
2. Bassa attività metabolica;
3. Lungo tempo di contatto (stabili);
4. Devono poter circolare nel flusso sanguigno senza ostruirlo;
5. Devono essere riproducibili (problema dei liposomi);
6. Devono permettere la diffusione del farmaco dall’interno all’esterno (permeabilità);
NANOPARTICELLE POLIMERICHE
Sono solidi colloidali da 10 a 1000 nm e sono fatte da materiali sintetici o naturali. Hanno una grande area
superficiale.
2 tipi di strutture:
1. Nanosfere
2. Nanocapsule
Le nanosfere sono fatte da una matrice in cui il farmaco è disperso oppure il farmaco è posizionato sulla
superficie della nanosfera.
Le nanocapsule sono delle membrane di contenimento al cui interno viene posizionata la soluzione acquosa
che contine il farmaco. Funge perciò da semplice barriera che ricopre il farmaco.
MECCANISMI DI POLIMERIZZAZIONE IN EMULSIONE
Grazie a questo meccanismo si ottengono micelle che crescono tutte allo stesso modo e simultaneamente
grazie al flusso di monomero. Questa tecnica permette di controllare la quantità di emulsionante, monomero
e iniziatore per avere una dimensione controllata delle particelle finali. Si ottengono particelle tutte uguali
(CRITERIO VARIABILITA’).
Le nanosfere preparate da polimeri sintetici sono costituite ad ex da:
acido poliglicolico; copolimeri di acido polilattico e poliglicolico ( variando la quantità di acido polilattico e
poliglicolico si può far variare la cinetica di dissoluzione del sistema e dunque arrivare ad una dissoluzione
controllata di rilascio del farmaco.
C’è poi il poli(e-caprolattone =PCL ) che può essere idrolizzato; il poliidrossibutirati PHM…
Sono polimeri biodegradabili; questi materiali degradano in tempi diversi e sono usati per capsule e
particelle.
Vengono adattati in basse al farmaco e in più non sono tossici dato che liberano acido lattico e acido
glicolico che già sono presenti nel corpo umano.
TESTA PROTESICA: Può essere di metallo
o ceramici; METALLICHE: Leghe di
COBALTO o TITANIO, hanno un costo
minore, ma una lavorazione più complicata. Subiscono fenomeni di corrosione per sfregamento e di
usura.
CERAMICHE: Realizzate con ALLUMINA o ZIRCONIA stabilizzata. Riducono i fenomeni di usura,
ma sono più costose e fragili. Sono meglio bagnabili dai fluidi lubrificanti del corpo migliorando il
comportamento tribologico della protesi.
COTILE: permette il moto dell’articolazione e dunque lo scorrimento del materiale del cotile sulla
testina. Realizzato generalmente in UHMWPE, il materiale con le migliori proprietà antiusura.
L’usura è il problema tecnologico principale sia per il consumo meccanico del cotile che per la
produzione di detriti che hanno effetti infiammatori. Esistono anche cotili in ceramica ma hanno
problemi di fragilità, e connessione troppo rigida femore/bacino.
GUSCIO ACETABOLARE: Generalmente sono in leghe di COBALTO o TITANIO. Permettono il
fissaggio al bacino.
Vediamo nel grafico che per il comportamento fragile ho un aumento consistente del carico per piccoli
allungamenti fino alla rottura.
Nel comportamento plastico ho modulo in aumento nella prima zona, poi lo scorrimento plastico con
formazione del NECK e infine rottura.
Nel caso elastomerico ho modulo basso fino alla rottura.
La tenacità è la quantità di energia che il materiale può assorbire prima di rompersi. Corrisponde all’area
sottesa alle curve. La tenacità maggiore si ha nel caso duttile.
Osso corticale;
Osso spugnoso/ spongioso;
la differenza è che quello corticale è più rigido e compatto mentre quello spugnoso ha molte cavità. La
percentuale di osso spugnoso aumenta nel corpo a causa dell’invecchiamento o a causa di malattie o mal
utilizzo del corpo.
Nel grafico vediamo le differenze tra le 2 tipologie di ossa. Quello corticale ha comportamento fragile con
modulo elevato e rottura a basse deformazioni per trazione.
Quello spugnoso diminuisce il modulo al
diminuire della densità e così la tenacità.
Nella tabella vediamo come per l’osso corticale
il modulo elastico in tensione che va da 11.4 a
19.1 mentre quello in compressione è maggiore;
da 15.1 a 19.7. questo perché in compressione
non ho localizzazione dello sforzo e perciò i
difetti interni sono meno efficaci nel causare
rottura. Lo sforzo a rottura è anche quello più
alto in compressione mentre lo shear ovvero il
modulo di taglio è basso.
Nel caso dell’osso spugnoso in modulo diminuisce di 2 ordini di grandezza nel caso di tensione e
compressione; invece nel caso di shear diminuisce di 1 ordine di grandezza. Lo sforzo a rottura può arrivare
a 50 perché ho meno localizzazione di sforzo e quindi più resistenza del materiale.
Saldatura efficiente;
Modulo alto già a 20 minuti dall’applicazione con raggiunta del massimo del modulo dopo 24 ore
(tempo ragionevole dato che il paziente deve essere in piedi dopo 48 ore dall’infortunio).
Materiale resistente in compressione;
Modulo di young intermedio tra osso corticale e spugnodo (adatto per non avere differenze di
deformazione elevate durante il moto)
Svantaggi:
Non resiste in trazione e shear; questo vale però anche per le ossa umane quindi questo difetto è
irrilevante;
Può fratturarsi in presenza di microfessure o difetti (comportamento tipico dei materiali fragili).
PUNTI CRITICI DEI MATERILI PER ORTOPEDIA
1. Corrosione;
2. Poca resistenza a fatica;
3. Abrasione;
se un materiale subisce corrosione, c’è il rischio che vengano rilasciati frammenti nei fluidi del corpo
entrando quindi in circolo. Inoltre la protesi perde materiale e si indebolisce.
La fatica invece riguarda la sollecitazione ciclica. Un materiale poco resistente a fatica si rompe facilmente;
significa che i difetti subcritici si propagano e diventano critici causando rottura.
L’abrasione si ha quando 2/3 superfici entrano a contatto causando rimozione di materiale dalla superficie
più suscettibile al fenomeno.
tutte le superfici hanno un certo livello di rugosità. Quando 2 superfici
entrano a contatto in moto una sull’altra, si staccano dei frammenti da uno
dei 2 corpi.