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- INDICE -
RIASSUNTO I
PRESENTAZIONE ISTITUTO III
1 – INTRODUZIONE 1
1.1 – IL CICLO PRODUTTIVO TESSILE 1
1.1.1 – Filiera della lana 3
1.1.2 – Filiera del cotone e del lino 4
1.1.3 – Filiera dei fili continui 4
1.1.4 – La nobilitazione tessile 5
1.2 – LE MATERIE PRIME 6
1.2.1 – Fibre naturali 6
1.2.2 – Fibre artificiali 9
1.2.3 – Fibre sintetiche 10
1.3 – RELAZIONE TRA CONTAMINAZIONE, FASI DEL CICLO
PRODUTTIVO E MATERIE PRIME 12
1.3.1 – Metalli pesanti 12
1.3.2 – Formaldeide 13
1.3.3 – Ammine aromatiche 13
1.4 – NORMATIVE E MARCHI ECOLOGICI 14
1.4.1 – Azioni volontarie 14
1.4.2 – Normative europee e nazionali 16
2 – MATERIALI E METODI 18
2.1 – DETERMINAZIONE DEI METALLI PESANTI 18
2.1.1 – Messa a punto del metodo 20
2.1.2 – Procedimento seguito 20
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2.1.3 – Analisi del cromo esavalente 21
2.2 – ESTRAZIONE DELLA FORMALDEIDE LIBERA 23
2.2.1 – Principio del metodo 23
2.2.2 – Procedimento seguito 24
2.3 – ESTRAZIONE DELLE AMMINE AROMATICHE 26
2.3.1 – Messa a punto del metodo 27
2.3.2 – Procedimento seguito 27
3 – RISULTATI E DISCUSSIONE 29
3.1 – DETERMINAZIONE DEI METALLI PESANTI 29
3.2 – DETERMINAZIONE DELLA FORMALDEIDE LIBERA 32
3.3 – DETERMINAZIONE DELLE AMMINE AROMATICHE 34
4 – CONCLUSIONI 36
5 – BIBLIOGRAFIA 38
3
RIASSUNTO
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pentaclorofenolo, che è utilizzato per le sue proprietà antibatteriche ed antimuffa, ma
possiede attività cancerogena e un elevato impatto ambientale.
Questi due parametri sono stati oggetto di un secondo studio, svolto dalla Dott.ssa
Roberta Rossa Sergente presso il CNR-ISMAC di Biella.
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PRESENTAZIONE ISTITUTO
Il CNR-ISMAC (Foto 1) ha sede a Biella nel polo di Città Studi in cui sono presenti
enti ed istituti di ricerca e di formazione, tra cui il Politecnico di Torino con il corso di
laurea di primo livello in Ingegneria Tessile, l’Istituto Tecnico Industriale “Q. Sella”,
scuola di formazione superiore, l'Associazione Tessile & Salute, ente internazionale
che svolge attività di ricerca riguardanti lo sviluppo di prodotti tessili per la salute.
Inoltre, il CNR-ISMAC di Biella è un componente del Laboratorio di Alta Tecnologia
Tessile (LATT) e dal 2005 ospita tre apparecchiature (elettrofilatura, plasma e filatura
ad umido) acquisite grazie al finanziamento della Regione Piemonte e beneficia di
una borsa di Dottorato di Ricerca in collaborazione con Politecnico di Torino, con un
finanziamento della Fondazione Cassa Risparmio di Biella.
Storia
La presenza del CNR nell'area biellese, risale al 1969, quando, con
l'Associazione "Oreste Rivetti", fu stipulata una convenzione per dar vita al
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Centro Ricerche e Sperimentazione Laniera "O. Rivetti" con la finalità di
promuovere ricerche nell'ambito tessile laniero e contemporaneamente di
potenziare i servizi verso le aziende.
Considerata la grande importanza che riveste l'industria italiana del tessile-
abbigliamento, riconosciuta la validità dell'iniziativa, nel 1982 il Centro fu
trasformato nell'Istituto di Ricerca Laniera "O. Rivetti". Poiché a livello
universitario non esistono specializzazioni nel campo tessile, l'Istituto è
diventato punto di riferimento di tutte le iniziative di ricerca in questo settore. I
filoni storici di ricerca riguardano le proprietà e le caratteristiche chimico-fisiche
dei materiali tessili, le tecnologie di processi industriali, lo sviluppo di nuove
metodologie analitiche di laboratorio, l'ambiente di lavoro.
La notevole esperienza maturata ha permesso all'Istituto di essere parte attiva
nei Progetti Strategici e Finalizzati del CNR e nei Programmi finanziati dalla
Comunità Europea e di sviluppare autonomamente progetti di ricerca sia con
attività ordinaria che con contratti con enti internazionali.
Tesi di laurea e corsi su specifiche tematiche per personale dell'industria e della
pubblica amministrazione sono le principali attività nel settore della formazione.
Aspetto importante, legato all'attività del CNR, è quello normativo che si
sviluppa con la partecipazione alle Commissioni di lavoro di Enti di Normazione
nazionali ed internazionali (UNITEX, ISO, IWTO, CEN) e con la realizzazione di
norme tecniche: in questo campo l'Istituto fa parte, detenendone il marchio,
dell'organismo internazionale INTERWOOLLABS ed è punto di riferimento
mondiale per tutte le tematiche inerenti le fibre animali speciali.
A seguito della riforma del CNR, nel 2000 l’Istituto "O. Rivetti" è stato accorpato
all’Istituto di Chimica delle Macromolecole di Milano ed all’Istituto di Studi
Chimico-Fisici di Macromolecole Sintetiche e Naturali di Genova.
Tale accorpamento ha dato origine all’Istituto per lo Studio delle
Macromolecole, operativo dal 1° gennaio 2002, con sede a Milano e con due
sezioni a Biella e Genova.
A seguito della riforma del CNR del 2005 sono state abolite le sezioni degli
istituti e si è passati ad una gestione delle attività per commesse. Le attività
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della sede di Biella sono state inserite nella commessa "Materiali tessili,
tecnofibre e processi industriali per la filiera tessile".
Per tradizione, cultura e sue stesse radici, l'Istituto è sempre stato molto legato
al mondo industriale tessile italiano, interpretandone necessità e problemi: ed è
in quest'ottica, quindi, lo sviluppo ed il potenziamento di servizi che spaziano
dall'attività analitica, alla consulenza per finire allo sviluppo di ricerche su
tematiche direttamente proposte dalle aziende.
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1 - INTRODUZIONE
In linea di massima, nel ciclo tessile (Fig. 1.1) si distinguono le lavorazioni di tipo
meccanico (filatura e tessitura), da quelle di tipo chimico (finissaggio e tintoria).
Si possono distinguere quattro macro - fasi del processo produttivo:
1. Il ciclo di filatura: è l’insieme delle operazioni con le quali è resa possibile la
trasformazione della fibra in filato.
2. Il ciclo di tessitura: è l’operazione principale che consente di trasformare il filato in
tessuto, mediante l’intreccio dei filati eseguito o su macchine di maglieria o su
telaio (tessitura ortogonale ordito trama). In questo caso il filato dell’ordito, avvolto
su cilindri metallici (subbi), viene rivestito da prodotti speciali (imbozzimatura) in
soluzioni acquose. L’operazione ha lo scopo di rendere i filati resistenti ed elastici
a sufficienza per essere tessuti. Le bozzime acquose sono prodotti che hanno la
caratteristica di essere facilmente asportabili dai tessuti finiti, mediante lavaggio
successivo con soluzione acquose. I prodotti più usati sono salde d’amido, eteri
cellulosici, acido poliacrilico.
3. Processi a umido-Finissaggio: nei processi a umido rientrano tutte le operazioni
cosiddette di nobilitazione e finissaggio, che hanno lo scopo di conferire al
tessuto greggio particolari proprietà fisico-meccaniche ed estetiche (aspetto della
superficie). La tintura è il processo principale che dà al prodotto tessile una
colorazione uniforme e duratura. Altre operazioni essenziali sono volte sia a
preparare il tessuto alla tintura (candeggio, purga, carbonizzo etc.), sia a conferire
al tessuto, dopo la tintura, altre proprietà di prestazione e di mano.
4. Confezione: nella confezione il tessuto viene sottoposto a operazione di taglio e
quindi avviato a formare il capo finito.
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FILATURA
CICLO DI
PREPARAZIONE
FILATURA
ORDITURA
TESSITURA
CICLO DI
IMBOZZIMATURA
INCOLLAGGIO
TESSITURA
PROCESSI
A UMIDO
TINTURA
FINISSAGGIO
LAVORAZIONE
CONFEZIONE
DEL TESSUTO
PRODOTTO
CIMATURA
FINITO
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pettinate, e per il ciclo cardato fibre corte e di diametro più grosso, che vanno nel
settore della filatura e tessitura cardata.
a) Pettinatura
In questa fase la lana grezza (lana sucida) viene sottoposta, in un primo momento,
ad una serie di trattamenti a umido (lavaggi con acqua calda, tensioattivi e sostanze
alcaline) per eliminare le impurità (residui organici, grasso, terra) presenti sulla
stessa e quindi asciugata. Le fasi successive consistono nelle operazioni di
cardatura e pettinatura.
Le due operazioni prevedono la miscelazione intima delle fibre, l’eliminazione
parziale dei materiali vegetali e delle fibre molto corte, la parallelizzazione e
l’accoppiamento delle fibre per trasformarle in stoppino o nastro. I due cicli, cardato e
pettinato, differiscono per la materia prima impiegata (fibre corte o lunghe), per il tipo
di operazioni meccaniche applicate, per il tipo e quantità di ensimages impiegati
(lubrificanti, antistatici).
Le fibre, variamente separate nel processo, hanno destinazioni diverse, e solo
frazioni minori di materia fibrosa non filabile vengono avviate verso usi alternativi.
La sostanza grassa residua recuperata dai bagni esauriti di lavaggio del sucido, ha
impieghi nell’industria cosmetica.
Da osservare che una certa quantità di lana lavorata in Italia arrivano avendo già
subito all’origine questo trattamento, ma molta della materia prima viene lavata nelle
pettinature italiane, concentrate soprattutto nell’area biellese e in aree adiacenti.
b) Filatura
Il ciclo di lavorazione di filatura è simile nei due settori lanieri, e parte da masse
fibrose già lavate e pulite. Si basa su una tecnologia di tipo meccanico, mentre i
principali trattamenti a umido sono quelli di tintura e di trattamento irrestringibile. Si
aggiungono alla massa fibrosa, per facilitare la lavorazione delle fibre, sostanze
emulsionanti e lubrificanti. Da notare che, per il ciclo laniero, la tintura delle fibre è
può essere anticipata valle della filatura (tintura in tops), a differenza di quanto
avviene negli altri cicli, ma consistenti quantità di materiali vengono tinti in filato e in
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tessuto. Le frazioni di materia prima o di prodotto finale residue vengono riutilizzate
per filati di titolo più grosso, e solo frazioni residuali escono dalla filiera.
c) Tessitura
Tale operazione, simile in tutte le filiere tessili, trasforma in tessuti i filati, ricorrendo a
tecnologie meccaniche, mentre solo la preparazione degli orditi coinvolge processi
chimico-fisici. I residui di tessitura sono, per un verso, parificabili a quelli di filatura, e,
per un altro, sono sfridi di tessuti destinati al riciclaggio (stracci).
a) Filatura
Si tratta di processi omologhi, che intervengono su materie prime, già in parte
preparate (all’origine) per essere filate, e, quindi, prive di molte impurità naturali.
Anche nella filatura cotoniera e liniera si ha la caratterizzazione di due cicli (pettinato
e cardato), e analoga destinazione dei residui della lavorazione. Le operazioni di
filatura sono di carattere esclusivamente meccanico.
b) Tessitura
La tessitura del cotone e del lino è del tutto simile alla tessitura laniera.
E’ diversa per tecnologie e materie prime, poiché tratta materiale costituito da bave
continue, di vario diametro, fra loro diversamente unite a costituire un filamento.
La filatura è costituita in questo caso da una semplice estrusione di massa, e i fili
sono arricchiti con preparati oleanti (enzimaggi) per aumentarne la lavorabilità
successiva.
La tessitura è operata come per le precedenti filiere, su macchine similari.
La testurizzazione è un’ operazione accessoria a valle della filatura, destinata a dare
ai fili caratteri fisici particolari (volume, resistenza, resilienza etc.), in funzione di
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destinazioni finali particolari. E’ operata attraverso un processo fisico meccanico,
senza particolari problemi di residui.
Il settore che presenta i maggiori problemi dal punto di vista ambientale è quello della
cosiddetta nobilitazione in cui rientrano tutte le operazioni di tintoria e finissaggio.
La successione delle diverse fasi è la seguente, sebbene alcuni processi possano
prevedere soltanto alcune fasi o includerne altre:
• preparazione del tessuto greggio (purga, sbozzimatura, carbonizzo): serve alla
eliminazione di impurità naturali, quali olio, resina, grasso e cera, sostanze vegetali e
bozzime;
• candeggio: passaggio del tessuto o del filato attraverso una soluzione di acqua
ossigenata o ipoclorito, per pulire ed eliminare i pigmenti colorati naturali;
• mercerizzazione: processo a cui sono sottoposti i tessuti di cotone, finalizzato
all’ottenimento di un tessuto lucido per aumentare la tenuta del colore;
• tintura e stampa: nella tintura, i tessuti o i filati vengono a contatto con una
soluzione acquosa contenente coloranti. Critico nel processo è il “fissaggio” del
colore alla fibra. Nella stampa i tessuti vengono trattati con una pasta composta da
coloranti, addensanti e fissanti;
• finissaggio: comprende tutte le operazioni effettuate sul tessuto atte a conferirgli
caratteristiche estetiche (colore, mano, aspetto superficiale) o chimico-meccaniche
(irrestringibilità, ingualcibilità, non infiammabilità, non macchiabilità, idrorepellenza,
resistenza agli agenti atmosferici o biologici) che lo rendano più gradevole all’aspetto
e più rispondente alle esigenze del mercato.
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1.2 – LE MATERIE PRIME
a) La lana.
La lana è la fibra ottenuta dal vello delle pecore e dei montoni di varie razze. Viene
tolta dagli animali vivi per mezzo della tosa (lana da tosa) che si esegue
normalmente in primavera e talvolta due volte all’anno. Può anche essere ottenuta
dalle pelli di animali macellati o morti. Si ha allora la lana da concia.
La lana è costituita da una proteina, la cheratina. Secondo studi recenti la fibra è
costituita da catene polipeptidiche risultanti dall’unione di amminoacidi, tenute
insieme da legami idrogeno, legami ionici e legami trasversali cisteinici.
Dal lato fisico la fibra è costituita da tre strati concentrici (Fig. 1.2): la cuticola (strato
epidermico o parte esterna), che in genere presenta scaglie più o meno evidenti, lo
strato corticale o fibrillare (cortex), che costituisce la maggior parte della fibra ed è
formato da fibrille di cheratina fibrosa tenute insieme da un cemento di proteina non
fibrosa, ed infine il midollo (in parte riempito da materiale cellulare), che di solito è
presente nelle fibre grosse ed è assente in quelle fini.
Tra cuticola e strato corticale è presente una sottocuticola. Lo strato corticale risulta
costituito da fibrille, costituite a loro volta da microfibrille; ha una struttura bilaterale,
definita come orto e para cortex.
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Figura 1.2 – Fibra di lana (SEM).
Nella pratica commerciale, la lana è divisa in cinque classi di pregio a seconda della
finezza e lunghezza della fibra: fine, media, lunga, incrociata, per tappeti. In
quest’ordine si hanno all’incirca finezza decrescente e lunghezza crescente.
b) Il cotone.
La fibra è costituita dai peli che emergono, come cellule singole, dall’epidermide del
seme di alcune piante del genere Gossypium (Fig. 1.3), coltivate in tutta la zona
tropicale e subtropicale.
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La fibra del cotone (Fig. 1.4) è tanto più pregiata quanto più è lunga, sottile e
resistente, mentre il colore, la morbidezza e la lucentezza hanno importanza
notevole in ambito commerciale.
Il carattere più importante a livello industriale è però la lunghezza della fibra, perché
con fibre lunghe è possibile ottenere filati più sottili.
c) Il lino.
Il lino è una fibra tessile che deriva dalla pianta Linum usitatissimus, coltivata sia per
la fibra che per i semi. Dagli steli si ottiene il tiglio per macerazione; gli steli vengono
poi fatti seccare e si separa la parte tigliacea dalla pianta legnosa per mezzo della
gramolatura, scatolatura.
Il lino greggio si sottopone alla pettinatura che lo divide in fibre lunghe (lino pettinato)
e fibre corte (stoppa). Il lino, a seconda della provenienza e dei sistemi di
macerazione eseguiti, può risultare di colore biancastro, giallognolo, rossiccio,
verdastro, grigio scuro. Il migliore è quello bianco-grigio lucente, molto tenace e
morbido al tatto.
d) La seta.
La seta è una fibra di origine animale, di provenienza cinese, prodotta dal
bozzolo delle larve dei bachi (Bombix mori); fu esportata a prezzi altissimi dal I
secolo a.C. in forma di filati grezzi e di tessuto.
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La fibra della seta è termoisolante, leggera, forte, flessibile, brillante e morbida
al tatto. La seta (Fig. 1.5) è formata da un asse principale di fibroina (proteina
fibrosa della seta, 75 %- 77%) rivestito da una guaina di sericina (proteina
gommosa, detta gomma della seta, 20%-22%); sono presenti inoltre piccole
quantità di sostanze cerose e minerali e di carotenoidi per le varietà colorate.
La seta non è molto elastica; la sua elasticità si colloca tra quella della lana
(elasticità superiore alla seta) e quella del cotone e del lino.
a) La viscosa.
I rayon e i fiocchi ottenuti con il procedimento viscosa sono i più importanti tra i
prodotti artificiali, per quanto riguarda la quantità prodotta. La cellulosa reagisce con
la soda caustica formando la sodio-cellulosa, che per reazione con solfuro di
carbonio dà lo xantogenato di sodio-cellulosa, la cui soluzione nelle liscivie alcaline
(soda, potassa), per la sua elevata viscosità, è chiamata viscosa.
La filatura consiste nel coagulare e rigenerare per via chimica la cellulosa dai filetti di
soluzione di xantogenato di cellulosa che escono dalle filiere.
Chimicamente è costituita da cellulosa la cui lunghezza della catena è minore
rispetto a quella del cotone. Si trova in forma commerciale come filamento o come
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fiocco, di tenacità normale, intermedia e alta. La fibra risulta brillante oppure
opacizzata, di colore bianco.
b) Il modal.
E’ una fibra artificiale a base di cellulosa rigenerata, ad alta tenacità ed ad alto
modulo di elasticità ad umido. Viene ottenuta partendo da cellulose ad alto peso
molecolare, evitandone la degradazione durante la fabbricazione ed apportando
delle modifiche al “procedimento viscosa”.
a) Il poliestere.
Vengono ottenute genericamente dalla condensazione polimerica di acido tereftalico
e glicole etilenico. Il polimero fuso viene filato a caldo da filiera per ottenere filamenti
di sezione e diametro variabile
Le fibre di poliestere hanno eccellenti proprietà tessili, tra cui soprattutto:
- ottimo rinvenimento delle pieghe ed ottima stabilità dimensionale
- elevato potere di voluminizzazione
- buona resistenza allo strappo e all’abrasione.
I manufatti tessili di fibra poliestere sono leggeri, asciugano rapidamente, sono di
facile manutenzione e presentano ottime caratteristiche sotto il profilo fisiologico.
Inoltre sono stabili alle influenze atmosferiche e alla luce solare, ad acidi, riducenti ed
ossidanti nonché alla maggior parte dei solventi organici. Presentano elevata
resistenza anche a insetti e a microrganismi.
Le fibre poliestere sono reperibili sul mercato sotto forma di filo continuo (filamento) o
tagliato (fibra corta). Possono pervenire alla tintura allo stato di fiocchi, filato, tops,
tessuto e maglia.
b) Le fibre acriliche.
Sono le fibre prodotte da poliacrilonitrile (almeno l’85% in massa) e da copolimeri di
varia composizione. Le fibre acriliche in commercio differiscono tra loro non soltanto
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per la natura di questo secondo componente, ma anche per il grado di
polimerizzazione, per il metodo di produzione, a secco o ad umido, per i trattamenti
subiti dal polimero successivamente all’estrusione. Tali fibre hanno buona resistenza
ad agenti chimici e fisici.
Vengono impiegate da sole o in mista nei settori dell’abbigliamento e
dell’arredamento.
c) Le fibre poliammidiche.
La fibra poliammidica è formata da macromolecole lineari che presentano nella
catena la ricorrenza del gruppo funzionale ammidico. E’ prodotta in numerosi tipi che
differiscono tra loro, oltre che per il monomero impiegato per la polimerizzazione,
anche per il peso molecolare, le modalità seguite nella fase di estrusione, i
trattamenti subiti dopo estrusione, la forma delle sezioni. Esistono infatti poliammidi a
forma piena, cava, a stella, trilobata, e ciò permette l’ottenimento di speciali effetti di
tatto, lucentezza o aspetto .
Commercialmente sono impiegati tre tipi fondamentali di fibre poliammidiche: la
poliammide 6, la poliammide 6.6 (nylon) e la poliammide 11.
La fibra poliammidica possiede ottime proprietà meccaniche: la tenacità e la ripresa
elastica sono elevate; la resistenza alle flessioni ripetute e all’usura sono superiori a
quelle di qualsiasi altra fibra; la resistenza alle gualciture è discreta, infatti è migliore
di quella del cotone, ma inferiore a quella della lana e dei poliesteri. E’ termoplastica,
pertanto è possibile pieghettarla e testurizzarla.
Le fibre poliammidiche sono utilizzate in tutte le applicazioni riguardanti
l’abbigliamento e l’arredamento e anche nel settore degli articoli tecnici.
Vengono lavorate sia da sole che in mista con altre fibre sintetiche o con le artificiali
o le naturali.
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1.3 – RELAZIONE TRA CONTAMINAZIONE, FASI DEL CICLO
PRODUTTIVO E MATERIE PRIME
Le fasi del ciclo produttivo che presentano maggiori rischi di contaminazione sia
ambientale sia del manufatto tessile sono relative ai cicli ad umido, al lavaggio della
lana sucida, alla mercerizzazione, al disincollaggio e alla sbozzimatura, al
candeggio, alla tintura, alla stampa ed al finissaggio, da cui si originano quantità
significative di reflui liquidi che vengono destinati al trattamento biologico o chimico-
fisico.
Infatti le acque di processo sono generalmente alcaline, con presenza di solidi, oli,
metalli pesanti derivanti dai processi di tintura e stampa e, a seconda dei processi
(in particolare nelle operazioni di finissaggio e candeggio), anche fenoli e composti
organici alogenati.
I metalli pesanti sono per lo più utilizzati durante la fase di tintura, che prevede l’uso
di coloranti che li contengono. In particolare:
1. Cromo: metallo maggiormente impiegato nei cicli tintoriali soprattutto per i
prodotti lanieri. E’ contenuto nei coloranti a post-cromatazione e nelle
molecole di alcuni coloranti premetallizzati. E’ usato nelle colorazioni nere e
blu, e come mordente per tessuti. La forma ionica esavalente risulta
cancerogena e molto tossica rispetto a quella trivalente.
2. Rame: metallo dotato di scarsa tossicità, presente in coloranti e pigmenti
metallo-complessi blu/turchese usati per fibre di lana, cotone e
poliestere e seta; talvolta impiegato nei post-trattamenti tintoriali
per aumentare la solidità delle tinte alla luce e ai lavaggi.
3. Nichel: presente in coloranti e pigmenti metallo-complessi, usato come
mordente nella colorazione e nella stampa di tessuti. Metallo che
per contatto innesca molto facilmente reazioni allergiche in un
elevato numero di soggetti.
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1.3.2 – FORMALDEIDE
Tale sostanza è presente nel ciclo tessile nella fase di finissaggio, soprattutto per
tessuti in velluto, e di lavaggio delle fibre naturali. E’ contenuta nelle resine antipiega,
in ausiliari di finissaggio easy-care, in fissatori di materie coloranti, in leganti per
stampe a pigmento, in addensanti per stampa e come antimuffa e
stabilizzante. Recentemente è stata dimostrata la generazione di formaldeide
durante la fase di asciugatura e termofissaggio di materiali tessili contenenti dei
derivati dell’urea. La molecola è fortemente irritante per inalazione, può
causare dermatopatie ed è ritenuta sospetta cancerogena.
I coloranti azoici costituiscono una classe molto diffusa (70% del totale) e
trasversale (sostantivi, reattivi, dispersi, premetallizzati, acidi) di materie coloranti. In
questa classe di coloranti alcune molecole contengono nelle struttura primaria gruppi
amminici aromatici, potenzialmente dannosi per la salute in quanto, in presenza di
una azione riducente di tipo chimico o biologico ( enzimi epatici ed intestinali), si
possono sviluppare ammine aromatiche note per la loro azione cancerogena.
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1.4 – NORMATIVE E MARCHI ECOLOGICI
a) Il marchio Ecolabel.
Il marchio, contraddistinto da una margherita (Fig. 1.6), ha come obiettivo quello di
orientare i consumatori verso scelte di consumo sostenibili. Tale marchio ha carattere
volontario, per cui la non adozione non comporta l’esclusione dal mercato ed ha lo
scopo di promuovere un minore impatto ambientale. Sono esclusi dall’etichetta i
prodotti alimentari, farmaceutici, bevande, sostanze pericolose o fabbricati con
processi che possono nuocere all’uomo o all’ambiente ed è attribuibile solo a beni di
consumo destinati al consumatore finale e non a prodotti intermedi.
Il marchio Ecolabel esprime un giudizio positivo sull’intero ciclo di vita del prodotto,
con riferimento alla quantità di rifiuti, all’inquinamento e al degrado del suolo, alla
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contaminazione dell’atmosfera, ai rumori, al consumo di energia, al consumo di
risorse naturali e agli effetti sugli ecosistemi.
b) Il marchio Oeko-Tex.
L’elaborazione di tale marchio è il risultato di un lavoro congiunto tra l’Istituto di
ricerca tessile austriaco e quello tedesco. Si tratta di uno standard che prende in
considerazione le sostanze potenzialmente pericolose che potrebbero essere
contenute nel prodotto finale e quindi venire a contatto con il consumatore.
Lo standard contiene una serie di test analitici da eseguire su determinati parametri e
ne specifica i limiti in base a considerazioni scientifiche.
Tale marchio (Fig. 1.7) mira a ridurre l’impatto del prodotto finale sulla salute del
consumatore.
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1.4.2 – NORMATIVE EUROPEE E NAZIONALI
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sulla G.U. n° 89 del 16.04.1991) ha altresì previsto un obbligo di informazione del
consumatore dei prodotti commercializzati in particolare in merito alla presenza di
"materiali e sostanze che possono arrecare danno all'UOMO" (art. 1 lett. c.)
- la L. 30.7.1998 n. 281 “Disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti”
(pubblicata sulla G.U. n° 1889 del 14.08.1998) che ha riconosciuto e garantito i diritti
e gli interessi individuali e collettivi dei consumatori, anche in forma collettiva
(riconoscimento delle Associazioni dei consumatori e degli utenti).
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2 - MATERIALI E METODI
La limitazione della presenza di metalli pesanti nei manufatti tessili deriva dal loro
riconosciuto effetto negativo sul metabolismo degli esseri viventi (tossicità e
mutagenesi) e dal loro effetto allergenico (nichel). La tossicità può esplicarsi per
ingestione (acqua, cibo) o per trasporto attraverso l’epidermide: quest’ultimo vettore
risulta di particolare importanza nel caso dei manufatti tessili destinati all’indosso.
La presenza di metalli pesanti nei materiali tessili può essere verificata secondo
due diverse ottiche:
a) determinazione della presenza assoluta nelle fibre dei metalli ritenuti tossici;
b) valutazione della tendenza del prodotto tessile a cedere i metalli ritenuti
tossici per contatto con l’epidermide (biodisponibilità).
Il concetto di presenza assoluta nei materiali tessili viene adottato da alcune
direttive europee relativamente al cadmio e al nichel, mentre il marchio ECO-
LABEL limita la presenza di metalli pesanti solo come impurità nei coloranti e
nei bagni reflui di tintura.
Il concetto di biodisponibilità, che ha una decisa valenza di tutela diretta della
salute del consumatore, si è affermato in tempi recenti grazie soprattutto ai
marchi ecologici privati (OEKO-TEX principalmente) e viene considerato come
prioritario. In particolare la tendenza è quella di valutare la biodisponibilità dei
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metalli pesanti tramite un test di cessione dal manufatto tessile posto a contatto
con una soluzione artificiale simulante il sudore acido umano e successiva
analisi quantitativa dei metalli ceduti alla soluzione.
Il lavoro sperimentale svolto è stato orientato alla verifica di tale procedura
analitica.
Sono stati presi in considerazione diversi procedimenti per l’estrazione da
tessuto e la successiva analisi dei metalli pesanti, tra cui, in particolare, il
metodo DIN 54020, il metodo UNI EN ISO 105-E04, il metodo standard inglese
BS 6810:1987 e il progetto di norma A90000500, allo scopo di identificare una
metodologia di analisi ottimale per la determinazione dei metalli pesanti sui
manufatti tessili.
L’analisi strumentale è stata effettuata mediante ICP (spettroscopia di emissione con
sorgente al plasma; fig. 2.1).
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2.1.1 – MESSA A PUNTO DEL METODO
La lettura critica dei metodi succitati ha portato alle seguenti considerazioni:
Il metodo DIN 54020, confrontato con gli altri metodi, si è dimostrato il più
completo e il più vicino alle esigenze del progetto. Per questo motivo le analisi
hanno seguito tale procedimento, apportando solamente alcune variazioni sul
peso iniziale del campione.
Il metodo UNI EN ISO 105-E04 riguarda le prove di solidità del colore al
sudore acido, è stato preso in considerazione unicamente per la preparazione
della soluzione di sudore acido, che risulta coincidente con quella del metodo
DIN 54020.
Il metodo standard inglese BS 6810:1987 si è rivelato troppo complesso e
non in linea con gli altri metodi.
Il progetto di norma A90000500, concernente la determinazione del contenuto
di metalli nel cuoio, è stato seguito per la preparazione della soluzione acida,
coincidente con quella del metodo DIN 54020, ed è stato applicato per la
temperatura e la tempistica di estrazione.
Combinando i metodi sopra citati sono state eseguite serie di prove su 20 manufatti
tessili, per verificare la rispondenza e la riproducibilità del metodo messo a punto.
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in acqua demineralizzata, correggere il pH a 5,5 con sodio idrossido (0,1 mol/l) e
portare a volume con acqua distillata. Suddividere in aliquote da 100 ml ciascuna,
trasferirla in beute con tappo e preriscaldare alla temperatura prescelta per la
successiva analisi.
b) Preparazione del campione. Pesare circa 2 g di campione tessile, tagliarlo in pezzi
da circa 0,5 cm, introdurli nella beuta preriscaldata e tappare. Posizionare la beuta in
un bagnomaria a scuotimento lineare e mantenere la temperatura scelta per il tempo
stabilito. Successivamente lasciar raffeddare.
c) Filtrazione. Filtrare la soluzione con un filtro di fibra di vetro sotto vuoto,
spremendo il campione con una bacchetta di vetro in modo da estrarre il più
possibile della soluzione acida.
d) Analisi strumentale. Determinare il contenuto di metalli pesanti dell’eluato tramite
ICP.
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Questo metodo consente la determinazione del solo cromo esavalente direttamente
nel campione acquoso, nell’intervallo di concentrazione compreso tra 0,1 e 1 mg/L.
Lo strumento utilizzato è lo spettrofotometro per misure nel campo del visibile (Fig.
2.2), munito di celle con cammino ottico da 1 cm.
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2.2 – ESTRAZIONE DELLA FORMALDEIDE LIBERA
La formaldeide nei materiali tessili può essere presente in forma libera (raramente) o
come componente di sostanze in forma polimerica legata al tessile. La formaldeide in
forma polimerica può essere degradata a sottoprodotti volatili per azione termica o
chimica e la quantità e il tipo di sottoprodotti contenenti formaldeide possono variare
anche in funzione della composizione fibrosa e del tipo di manufatto tessile.
Pertanto i vari metodi di analisi della formaldeide variano in funzione delle
modalità di estrazione dei prodotti di degradazione dai manufatti tessili, a
seconda del tipo di effetto che si vuole indagare.
Generalmente si parla di:
a) formaldeide libera ed estraibile se si opera con una estrazione mediante
immersione del manufatto in una soluzione di estrazione;
b) formaldeide rilasciata se il manufatto viene sospeso al di sopra della soluzione
di estrazione in un recipiente sigillato in condizioni di tempo e temperatura
controllati.
Il lavoro sperimentale svolto è stato orientato alla verifica dell’analisi di formaldeide
rilasciata.
Il metodo seguito è l’UNI EN ISO 14184-2 e descrive le modalità operative per
determinare il contenuto di formaldeide rilasciata dai tessili, sotto qualsiasi forma,
con il metodo di assorbimento di vapore, in condizioni di invecchiamento accelerato.
Tale metodo è applicabile a quei tessuti che contengono una quantità di formaldeide
compresa tra 20 mg/kg e 3500 mg/kg. Sotto il limite inferiore il risultato, secondo la
metodica UNI, va riportato come “non rilevabile”, anche se è possibile comunque
effettuare una quantificazione.
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La quantità di formaldeide rilasciata dal tessuto viene determinata per via
colorimetrica allo spettrofotometro UV - visibile.
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d’onda di 412 nm, in una cuvetta da 10 mm. Determinare la concentrazione di
formaldeide nelle soluzioni campione usando la curva di calibrazione preparata.
Se avviene qualche ritardo nella lettura dopo lo sviluppo del colore si devono
proteggere i tubi con una copertura esente da formaldeide libera, altrimenti si può
incorrere nello scolorimento del colore giallo sviluppato e nell’annullamento della
prova.
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2.3 – ESTRAZIONE DELLE AMMINE AROMATICHE
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2.3.1 – MESSA A PUNTO DEL METODO
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Pasteur, facendo attenzione a non prelevare porzioni di fase acquosa, e trasferirla in
un beaker. La fase prelevata deve essere pulita e limpida.
Lasciare evaporare il solvente per concentrare le ammine, fino ad ottenere un
volume di circa 2 ml. Trasferire la soluzione concentrata in una provetta di vetro e
analizzare subito (in 24 ore). Se l’analisi non può procedere immediatamente,
conservare il campione a –18°C.
d) Analisi strumentale. Determinare il contenuto di ammine aromatiche dell’eluato
tramite GC-massa.
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3 - RISULTATI E DISCUSSIONE
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ovvero di 0,5 ppm.Sono state svolte 2 prove per ogni campione, per un totale di 20
prove. Le concentrazioni sono state espresse in mg di metallo su kg di tessuto e
sono riportate in tabella 3.1.
N° Cu Ni Cr tot Cr VI
COMPOSIZIONE COLORE
CAMPIONE (mg/kg) (mg/kg) (mg/kg) (mg/kg)
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Osservando i risultati ottenuti è possibile concludere che:
• il metodo messo a punto per la determinazione dei metalli pesanti è valido ed ha
buona riproducibilità;
• i metalli pesanti considerati sono presenti in quantità trascurabili nei prodotti
tessili analizzati;
• la concentrazione di cromo6+ è nettamente al di sotto del limite di quantificazione
del metodo (0,5 ppm riferiti all’abbigliamento per bambino e per adulto), in
accordo col marchio ecologico OEKO TEX STANDARD 100.
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3.2 – DETERMINAZIONE DELLA FORMALDEIDE LIBERA
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*n.r. = non rilevabile
Osservando i risultati ottenuti è possibile concludere che:
• il metodo scelto per la determinazione della formaldeide libera è adeguato alle
necessità del progetto ed ha buona riproducibilità;
• la concentrazione di formaldeide è comunque sempre sotto i limiti più bassi forniti
dalle normative cogenti e dai marchi volontari.
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3.3 – DETERMINAZIONE DELLE AMMINE AROMATICHE
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Osservando i risultati ottenuti è possibile concludere che:
• il metodo messo a punto per la determinazione delle ammine aromatiche è
valido, riproducibile e adeguato a tale analisi;
• nei manufatti tessili analizzati, la concentrazione di ammine aromatiche è inferiore
al limite imposto dalle normative cogenti e da EcoLabel di 30 ppm e
presumibilmente anche al limite di 20 ppm imposto da Oeko Tex.
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5 - CONCLUSIONI
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Infine per quanto riguarda le ammine aromatiche, contenute nei coloranti azoici, è
stata provata la loro potenziale pericolosità per la salute, in quanto cancerogene.
I risultati ottenuti dalle analisi, effettuate su 10 manufatti tessili, dimostrano che le
tecniche analitiche ottimizzate e messe a punto in laboratorio sono valide e
riproducibili. Inoltre le concentrazioni di metalli pesanti (cromo totale ed esavalente,
rame e nichel), formaldeide libera e ammine aromatiche, trovate nei campioni tessili
analizzati, sono risultate entro i limiti imposti dalle normative facenti riferimento alle
normative cogenti o di marchio volontario. Sarà necessario, tuttavia, eseguire
numerose altre prove di applicazione dei metodi ottimizzati, al fine di ottenere ulteriori
conferme della loro validità e ripetibilità.
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- BIBLIOGRAFIA -
Pubblicazioni consultate
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Gianolio Alessandro 1992. L’analisi delle fibre tessili, Zanichelli Editore,
Bologna.
Starink R.J. 2003. Results of proficiency test heavy metals and free
formaldehyde in textile, December 2002, Report iis02A03X.
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UNI EN 14362-1 2004. Metodo per la determinazione di certe ammine
aromatiche derivate da azocoloranti.
UNI EN ISO 105-E04 1998. Prove di solidità del colore. Solidità del
colore al sudore.
http://www.asstex.it
http://www.europa.eu.int
http://www.gazzettaufficiale.it
http://www.tesileesalute.it
http://www.usl4.toscana.it
http://it.wikipedia.org
http://www.polesine.com
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