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ISDE ITALIA ISDE CAMPANIA

ASSOCIAZIONE ITALIANA MEDICI PER L’AMBIENTE


ISDE - International Society Doctors for Environment

“INQUINAMENTO E SALUTE:

EVIDENZE SCIENTIFICHE DI UN FENOMENO ALLARMANTE”

Acerra, Febbraio 2021

_______
ISDE ‘NOLA -ACERRA’: Nola, via Foro Boario c/o Chiesa S.S. Madonna del Carmine – genesp@libero.it – cell. 330873073

ISDE CAMPANIA - Tel 330505548 - garivezzi@gmail.it; isdecampania@gmail.com

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PREMESSA

A cura di Gennaro Esposito*

Rispondendo al neo-eletto Presidente della C.E.C., S.E. Mons. Antonio Di Donna, Vescovo di Acerra
(Napoli) (che ci ha chiesto di redarre un documento scientifico per la nobile causa di istituire la ‘Giornata
delle Vittime dell’Inquinamento’, ma che rafforzasse un benchè minimo rapporto tra inquinamento delle
matrici ambientali e principali patologie umane ad esso correlate), abbiamo coronato anni e anni di attività
di advocacy, profuso i nostri sforzi nel segno del concetto di ‘Salvaguardia del Creato’ tanto caro alla Nostra
Chiesa, nel segno del testo fondamentale che guida la nostra mission: la ‘Laudato Si’ di Papa Francesco.

Auspicando che questo contributo, da parte dei Medici per l’Ambiente, possa essere d’aiuto a
centrare l’obiettivo che S.E. si è prefissato, siamo e saremo sempre disponibili a camminare insieme nel
segno della Fede, del rispetto dell’uomo, dell’ambiente e di tutto il Creato per un mondo migliore e più
sostenibile.

_________________ . _________________*Presidente Isde ‘Nola-Acerra’ (Napoli)

INTRODUZIONE

A cura di Gaetano Rivezzi*

Ambiente e salute, un legame indissolubile, considerando la stretta correlazione tra l’uomo e lo


spazio che lo circonda. È ormai noto come l’inquinamento di acqua, aria e terra abbia ricadute negative sul
nostro benessere e rappresenti un fattore determinante nello sviluppo di malattie in cittadini che vivono in
un territorio con un forte impatto ambientale e alto coefficiente di inquinamento. In molti di questi
territori, di frequente si assiste ad un degrado ambientale “cronico” correlato ad una deprivazione sociale e
considerevole povertà,

Le vittime da inquinamento, pur se avessero comportamenti virtuosi, subiscono troppo spesso, gravi
conseguenze da crimini ambientali ed eccessiva illegalità, mancato ripristino dei terreni contaminati,
insufficiente controllo del territorio e mancate azioni di prevenzione collettiva.

L’enciclica di Papa Francesco “Laudato si” ha parlato di Salvaguardia del Creato e di come la Tutela della
Natura possa tutelare anche la nostra Salute e noi, come Medici appartenenti alla società scientifica ISDE-
Medici per l’Ambiente, proponiamo questo sintetico documento, in cui illustriamo le principali conoscenze
ed evidenze scientifiche, alla Conferenza Episcopale presieduta da Mons. Di Donna, a testimonianza di una
continuata collaborazione e impegno comune.

____________________ . ________________________*Presidente Isde Campania

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Presentazione del documento

I - I Principali inquinanti che minano la nostra salute

(Sostanze chimiche, Inquinanti Organici Persistenti -POPs, Elementi Potenzialmente Tossici (PET), Polveri e
particolato atmosferico, Prodotti della combustione, Pesticidi e fitofarmaci, etc)

(G. Rivezzi – N. Ruffolo )

II– Il ruolo dell’epigenetica nello sviluppo di patologie nell’ambito della correlazione Ambiente & Salute

(G. Rivezzi)

III – I siti italiani ad alto impatto ambientale (S.I.N. e S.I.R.)

( N. Ruffolo)

IV – Inquinamento e malattie cardio-vascolari e respiratorie

(G. Esposito, C. Schiattarella, G. Napolitano)

V - Inquinamento e tumori

(G. Rivezzi – L. Costanzo)

VI – Inquinamento, interferenti endocrini e fertilità.

(L. Montano – G. Rivezzi)

VII – i Rifiuti Tossici e le ‘Terre dei Fuochi’

(A. Marfella)

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I - I Principali inquinanti che minano la nostra salute

(Sostanze chimiche, Inquinanti Organici Persistenti ( POPs), Elementi Potenzialmente Tossici (PET), Polveri e
particolato atmosferico, prodotti della combustione, pesticidi e fitofarmaci, etc)

(A cura di Gaetano Rivezzi e Nino Ruffolo)

L’ inquinamento rappresenta ormai una delle principali cause di morte nel mondo e, soprattutto, lo
è in ormai quasi tutte le Province d’ Italia come nel mondo occidentale e non solo. Questa problematica è
una delle principali e più sottovalutate emergenze. Il solo inquinamento da smaltimento di rifiuti
rappresenta uno dei tre più grandi business illegali, insieme alla droga e all’ immigrazione clandestina, con
lobby potentissime che difendono interessi economici di pochi i quali guadagnano inquinando sulla pelle
della popolazione che si ammala e muore per questa causa. Da anni i limiti di legge per l’inquinamento,
diversamente da quanto l’uomo della strada crede, sono vaghi e spesso omissivi, permettendo una lenta e

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subdola azione patologica sull’ uomo. Infatti una delle tante sostanze cancerogene può impiegare anni a
passare dall’ inquinamento del suolo alla contaminazione dei principali cicli biologici.

Sempre più scienziali e cittadini comuni si impegnano per evidenziare le criticità ambientali che possono
aumentare il rischio sanitario, le correlazioni tra Ambiente e Salute e sollecitazione alle istituzioni per
mitigare questi tremendi fenomeni con virtuose buone pratiche ecologiche.

Esistono vari tipi di inquinanti:

- Inquinanti dell’Aria che vanno da sostanze altamente tossiche e/o cancerogene e/o teratogene
ovvero che hanno la capacità di indurre malformazioni o mutazioni epigenetiche come ad esempio
le Diossine, i Policlorobifenili, i PET ( elementi potenzialmente Tossici come molti metalli e altre
sostanze chimiche) a quelli il cui grado di pericolosità dipende dalla composizione e dalle
dimensioni come le polveri sottili e lo smog fotochimico, fino agli allergeni sicuramente meno
pericolosi. (https://www.inquinamento-italia.com/quali-sono-i-principali-tipi-di-inquinanti-
atmosferici-smog-fotochimico-particolato-gas-serra-allergeni/)

- Inquinanti dell’Acqua attribuiti prevalentemente alle sostanze chimiche e tossiche dovute dallo
scarico di rifiuti industriali non trattati, fanghi di depurazione, enormi quantità di pesticidi e
fitofarmaci, solventi di vernici ormai definiti cancerogeni certi. Tutte le acque dolci sotterranee e di
superficie sono ormai contaminate in misura variabile da metalli pesanti, inquinanti organici
persistenti (cosiddetti POPs https://it.wikipedia.org/wiki/Inquinante_organico_persistente,)
sostanze nutritive e da una ampia varietò di sostanze chimiche e tossiche
(https://www.inquinamento-italia.com/falde-acquifere-i-principali-inquinanti-acque-potabili/)

- Inquinanti radioattivi da rilascio di sostanze radioattive o particelle ad alta energia che emettono
radiazioni ionizzanti nocive, come le particelle alfa, beta gamma o neutroni che costituiscono la
base dell’ inquinamento nucleare. Da non trascurare i materiali ospedalieri la cui messain sicurezza
lascia spesso seri dubbi. (https://www.inquinamento-italia.com/inquinamento-radioattivo-cosa-e-
quali-cause-ha-contaminazione-radioattiva-o-radiologica-ambiente/

Una dettagliata analisi degli inquinanti è possibile approfondirla sul


portale :https://www.inquinamento-italia.com/

Riferimento bibliografico

Kjellstrom T, Lodh M, McMichael T, et al. Air and Water Pollution: Burden and Strategies for Control. In: Jamison DT,
Breman JG, Measham AR, et al., editors. Disease Control Priorities in Developing Countries. 2nd edition. Washington (DC):
The International Bank for Reconstruction and Development / The World Bank; 2006. Chapter 43.

Si rimanda su questi argomenti al nostro sito web della Società Internazionale dei Medici per
l’Ambiente – ISDE www.isde.it

I. II Il ruolo dell’epigenetica nello sviluppo di patologie nell’ambito della correlazione Ambiente & Salute

(Dr. Gaetano Rivezzi)

Poiché il genoma è incessantemente e sempre più minacciato da fattori ambientali pericolosi,


l’epigenoma è costretto a mutare in modo difensivo. Tuttavia, se l’ambiente cambia troppo
velocemente rispetto alle possibilità dell’epigenoma di adattarsi, l’intero organismo è in pericolo. Le
patologie non si verificano per caso: sono il prodotto dell’instabilità epigenetica indotta e anche le
mutazioni del DNA dovrebbero essere viste come la conseguenza di questa instabilità.
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- Le malattie in questione, quindi, sono l’effetto di insulti persistenti che attivano i nostri sistemi di
difesa in maniera continuativa diventando poi patologici. Esse, pertanto, non sono errori del DNA o
del sistema né incidenti biologici. Bisogna pertanto potenziare le capacità di adattamento, ad
esempio la tolleranza immunitaria piuttosto che combattere come nemici i microrganismi con cui
scopriamo essere sempre più in relazione fisiologica.

- Sappiamo sempre meglio che l’inquinamento e lo stress protratto modificano l’equilibrio dei
sistemi in particolare di quello immunitario, che ovviamente dialoga con tutti gli altri. Infatti, «la
condizione di base comune e sottostante a moltissime patologie, cancro compreso, è
l’infiammazione sistemica anche lieve e silente ma cronica».

- Questi continui insulti di inquinanti – dovuti ai veicoli a motore, agli inceneritori, al particolato, ai
metalli pesanti, a pesticidi e fitormoni e ai campi elettromagnetici – sono tanto più lesivi se
l’esposizione avviene durante la gestazione o nei primissimi anni di vita. Lì avviene la
programmazione epigenetica che anche dieci o venti anni dopo o addirittura nelle generazioni
successive potrebbe portare a patologie gravi. Le stesse che la medicina riduzionista occidentale
tratta come eventi singoli spesso inaspettati e casuali.

- Diabete giovanile, cancro, malattie del neuro-sviluppo e molte altre colpiscono sempre più in
giovane età come una epidemia. E forse siamo solo ancora sulla punta di un iceberg perché se le
condizioni ambientali continuassero a peggiorare entro venti anni avremo uno tsunami di
patologie. Non ha senso dire che gli effetti sulla salute di inceneritori o dell’uso dei cellulari non
hanno fatto aumentare il cancro di molto perché essi vengono studiati solo per brevi periodi.

- Bisogna cambiare direzione, puntare sulla vera prevenzione e capire che sono relazioni complesse
quelle che regolano gli equilibri. Bisogna investire in informazione, soprattutto nelle scuole e la
politica deve promuovere maggiormente la salute. Ma più di ogni cosa «bisogna proteggere l’unità
madre-figlio/a perché lì si gioca la partita più grande», dato che la programmazione epigenetica si
trasmette di generazione in generazione

II.I Le forme di inquinamento– I siti italiani ad alto impatto ambientale (S.I.N. e S.I.R.)

( Dr N. Ruffolo)

Forme di Inquinamento ambientale

 Inquinamento dell’aria o inquinamento atmosferico: questa è una delle maggiori problematiche in


particolar modo per chi vive nelle grandi città (lo smog delle città), che può essere prodotto dal
traffico cittadino, dal riscaldamento domestico, dalle emissioni atmosferiche delle industrie e può
essere facilmente trasportato dai venti e dalle piogge in particolar modo acide. Le sostanze tossiche
che lo compongono sono: il particolato atmosferico (MP10 e MP2,5) che contamina anche le acque
ed il suolo, questo ha anche un impatto sulla visibilità e sul clima, ma principalmente sull’apparato
respiratorio dell’uomo causando malattie cardio-respiratorie (bronchiti croniche, asma, etc.),
tumori polmonari, malattie infiammatorie-infettive delle vie respiratorie per il possibile
trasferimento di virus e batteri; il Biossido di Azoto; l’ozono troposferico (O3); il Biossido di zolfo; il
Benzene; il Benzo(a)pirene ed altri IPA; alcuni Metalli pesanti; residui organici volatili (VOC); piccole
particelle di polveri (aerosol); l’Ammoniaca; il Carbonio elementare, Organico ed il Black carbon.

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L’inquinamento atmosferico può avere fonti naturali quali le eruzioni dei vulcani, gli incendi di
boschi e foreste e fonti antropiche anche dolose (es. quelli della terra dei fuochi) e si diffonde
oltre che nell’aria anche nel terreno, nelle falde acquifere, nei fiumi, nei laghi e nei mari.

 L’inquinamento delle acque, è causato sia dallo sversamento nelle falde acquifere sotterranee, nei
fiumi, nei laghi e nelle acque costiere dei mari di sostanze tossiche, pesticidi, antibiotici, solventi
industriali (il tricloroetilene) ed altre sostanze inquinanti, che dal mancato funzionamento degli
impianti di depurazione. Uno dei fiumi più inquinati d’Europa è senza dubbio il fiume Sarno in
Campania dove oltre allo scarico di sostanze tossiche, quali metalli pesanti (Cr, Hg, Nichel, Cadmio,
etc.) provenienti dalla lavorazione del pellame nonché sostanze organiche, sono sversati anche
materiale plastico, bottiglie, cassette di polistirolo, materiale di imballaggio. Solo durante il
lockdown le sue acque erano più limpide grazie anche alla chiusura di diverse attività. Altri fiumi
campani molto inquinati sono il fiume Irno a Salerno, il Savone a Mondragone, mentre tra quelli
italiani uno dei più inquinati è il Po, il fiume Aniene e il Tevere, il fiume Labro ed il fiume Oliva in
provincia di Cosenza in cui sono stati riversati rifiuti radioattivi, alcuni molto cancerogeni come
Nichel, Tallio, Arsenico, Vanadio, Berillio, Piombo, Tallio, Stagno, PBC e Diossine. Tra i laghi
ricordiamo il lago d’Orta, Viverone ed il lago Maggiore in Piemonte, nonché il lago di Bracciano,
Bolsena, mentre in Campania il lago Patria, il Matese ed il lago di Lucrino.
 L’inquinamento dei suoli è rappresentato dallo scempio ambientale di vaste aree agricole utilizzate
per l’ interramento di sostanze sia tossiche che radioattive, o per l’abbandono di materiali
altamente tossici incendiati: come le “Terre dei veleni e terre dei fuochi”. L’espressione più
conosciuta, per l’ imponente denuncia mediatica, ha riguardato negli ultimi 15 anni
prevalentemente la Campania con i territori ricadenti nelle province di Napoli e Caserta dove sono
stati censiti più di 5000 siti interessati dall’ abbandono di rifiuti altamente tossici, spesso interrati e
incendiati che ne hanno aumentato la pericolosità.

In Italia i siti di interesse nazionale o SIN (attualmente n. 41) rappresentano delle aree
contaminate classificate pericolose per la salute pubblica.
Essi sono individuati in relazione alla caratteristiche del sito, alla quantità, al tipo e pericolosità degli
inquinanti presenti, al rilievo dell’impatto sull’ambiente circostante in termini sanitari ed ecologici
nonché di pregiudizio di beni culturali e ambientali (Decreto Legge n. 152 /2006).

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I siti contaminati nazionali comprendono:

1. Aree industriali attive


2. Aree industriali in riconversione
3. Aree industriali dismesse
4. Aree interessate da attività produttive ed estrattive di amianto
5. Aree di interramento di sostanze chimiche tossiche o radioattive
6. Aree utilizzate come discariche abusive, miniere o cave in disuso
7. Aree portuali

Il decreto legislativo. 3 aprile 2006, n. 152, ha assegnato alle Regioni gli adempimenti tecnico-
amministrativi per la bonifica di siti contaminati. La bonifica di suoli e siti inquinati, attualmente,
rappresenta una delle più rilevanti problematiche per gli interventi di recupero e di risanamento
ambientale e riguarda tutto il territorio nazionale.
Con il termine “sito contaminato” ci si riferisce ad un'area nella quale, in seguito ad attività umane
svolte o in corso, venga accertata un'alterazione delle caratteristiche qualitative dei terreni, delle acque
superficiali e sotterranee.
La bonifica costituisce, pertanto, l’insieme degli interventi su un sito contaminato atti ad eliminare
le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o, comunque, a ridurre le concentrazioni delle stesse
ad un livello uguale o inferiore ai valori definiti dalla normativa in funzione della destinazione d'uso dei
suoli, nonché dell'esigenza di assicurare la salvaguardia della qualità delle diverse matrici ambientali.
Sulle bonifiche, però, incombe il rischio delle infiltrazioni ecomafiose, denunciate anche da numerosi
rappresentanti industriali e dalla stampa locale. Per risanare e tutelare queste terre, oltre all’impegno
continuo di cittadini, amministrazioni e istituzioni, servono efficaci strumenti e strategie politiche da
attuare in tempi brevi partendo dalle bonifiche dei siti inquinati e dei terreni agricoli, riaffermando la
legalità. I rifiuti purtroppo sono stati, lo sono e lo saranno nel futuro, un problema di giustizia
ambientale in un’economia che aspira a una crescita illimitata.

Gli interventi di bonifica sono stati solo parzialmente attuati.

Ai siti di interesse nazionale SIN vanno sommati altri siti contaminati da inquinanti, di competenza
regionale denominati SIR, ovvero siti di interesse regionale che sono molto più numerosi dei SIN.
Rappresentano una criticità ambientale la cui problematica non viene spesso affrontata e risolta dalle
Istituzioni competenti.

Dai recenti rapporti della Commissione Europea, emerge che i suoli europei, anche quelli adibiti a
coltivazioni agricole, abbondano di sostanze altamente tossiche. Un tempo l’inquinamento veniva
associato soltanto alle emissioni industriali.

L’industria, a partire dall’ industria chimico-farmaceutica, a quella petrolchimica e raffinerie e a finire con
le acciaierie e fonderie, riconosciute come una delle più potenti fonti di inquinamento ambientale, aria
compresa, hanno portato emissioni di gas tossici tra cui i Composti Organici Volatili (VOC), gli Idrocarburi e
gas ad effetto serra.

Il tentativo di ridurre l’inquinamento si scontra con problematiche economiche, tra cui la


salvaguardia dell’occupazione, come nel caso di Impianti critici come l’ILVA di Taranto , gli Insediamenti
Petrolchimici di Porto Marghera, Gela, Brindisi, le Centrali termoelettriche di Cerano ( BR) e di
Civitavecchia, i Cementifici Pugliesi e Casertani. In base al rapporto 2011 dell’Agenzia europea per
l’ambiente (Eea) sull’inquinamento prodotto dagli stabilimenti industriali in Europa, più di 60 fabbriche
italiane compaiono nella lista dei 622 siti più “tossici” del continente.

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Un capitolo a parte meritano impianti industriali quali gli inceneritori e impianti cosiddetti a
“Biomasse”, che beneficiano di cospicui contributi statali per essere finalizzati alla riduzione (sempre
parziale!!!) di rifiuti indifferenziati, rifiuti organici, stralci di potature, legni ecc. ma che generano, oltre alle
ceneri “solide”, emissioni di ossidi di azoto, polveri sottili e composti cancerogeni miscelati ad altre
sostanze. Un argomento di grande attualità e di ampia discussione riguardano le fonti di Inquinamento da
Combustione:

- Combustibili fossili tra cui biossido di Zolfo, monossido di carbonio e gli Ossidi di Azoto. Le fonti
principali sono rappresentate dal carbone (utilizzato nelle centrali elettriche), dal petrolio ( raffinerie) da
tutti i veicoli che bruciano benzina o gasolio e dagli inquinanti secondari derivanti da qualsiasi combustione
come gli ossidi di Azoto ecc

- Gli inceneritori di rifiuti nonostante filtri e contro-filtri rappresentano sempre una fonte di
inquinamento e di distruzione di materiale, basti pensare alla sola produzione delle Ceneri residuali ( 25-
30% della combustione) che dovrebbero essere poi smaltite con grande attenzione in quanto
estremamente tossiche soprattutto per l’ effetto di miscelazione, non reversibile, di enormi quantità di
sostanze chimiche che perdono i loro connotati strutturali.

- Combustione di biomasse (Legna, Pellet, Cippato…) che a prima vista sembrano innocui mentre è
certo ormai che liberano sostanze tossiche.

Gli Inceneritori

La combustione dei rifiuti non è condivisa spesso dai medici, in quanto il fenomeno stesso della
combustione legale o illegale rappresenta un danno alla salute. L’incenerimento di rifiuti solidi urbani
indifferenziati, spesso accomunati a grosse quantità di plastica, rifiuti pericolosi e rifiuti ospedalieri, richiede
apparecchiature tecnologicamente avanzate che riescano a produrre energia pulita.

La nostra position paper ISDE su questa tipologia di impianto è descritta con cura nei nostri documenti
scientifici, (www.isde.it ) dove sosteniamo che la qualità del combustibile è prioritariamente importante
se si vogliono eliminare danni di Salute da emissioni di micro-particolato e diossine.

Una simile considerazione va fatta per i cementifici dove viene bruciato grande quantità di
“combustibile anomalo”. La cosa grave per questi tipi di impianto, che hanno filtri desueti, è che possono
bruciare di tutto e NON sono sottoposti agli stessi limiti di legge degli inceneritori.

In una panoramica generale e sintetica si inseriscono tra le fonti di maggior inquinamento anche le attività
agricole, le grandi navi nei porti ed infine tutto l’inquinamento INDOOR

- Attività agricole Le operazioni agricole, di allevamento animali e colture, possono generare


emissioni di gas e particolato. Dal letame e dal terreno, dove si smaltiscono anche insetticidi e
fertilizzanti viene emessa ammoniaca e varie sostanze chimiche nocive che passano nel ciclo
dell’acqua e nell’aria.

- Grandi navi nei porti: Una recente indagine britannica ha misurato le “particelle ultrafini” che si
trovano nell’ aria attorno alle navi da crociera e che vengono emesse costantemente dal
combustibile che bruciano i motori delle navi. I livelli di inquinamento misurati sulla nave stessa
sono risultati peggiori rispetto a quelli delle città più inquinate al mondo

- Inquinamento INDOOR: L’ inquinamento indoor è dovuto a prodotti per la pulizia della casa,
stampanti, fotocopiatrici, e vernici che emettono sostanze chimiche tossiche nell’ aria tra cui i
pericolosissimi Composti Volatili Organici (VOC), vari tipi di muffe e sostanze allergizzanti.

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_________________________ . _____________________________

III – Inquinamento e malattie cardio-vascolari e respiratorie

Position paper: inquinamento urbano e patologie cardiovascolari.

(Titolo originale: “Position paper: air pollution and cardiovascular diseases” - Epidemiol Prev 2012; 36 (2): 76-77)

(a cura del Dott. Gennaro Esposito)

A cura di
Associazione Medici per l'ambiente (ISDE Italia) 1
Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri (ANMCO)
Società italiana di cardiologia (SIC)
Società italiana di igiene (SItI)
Società italiana di medicina generale (SIMG)
Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica (ISPO)
Azienda USL11 Empoli Azienda sanitaria di Firenze

Corrispondenza: www.isde.it - isde@isde.it - Via XXV Aprile n.34 – 52100 Arezzo – Tel 0575 23612

Gli ambienti urbani, così come si sono sviluppati, sono oggi caratterizzati dal sovraccarico edilizio,
dalla mancanza di spazi verdi fruibili, dal rumore, dall’inquinamento atmosferico e visivo, dall’affollamento,
e, nel periodo estivo, dall’eccessivo riscaldamento.

Queste situazioni sono sfavorevoli a condurre una vita in condizioni di benessere e sono invece
favorevoli all’insorgenza di numerosi disturbi e patologie tra cui si evidenziano quelli psichici e in particolare
la reazione di stress. Lo stress è una condizione fisiologica di adattamento dell’organismo agli stimoli posti
dall’ambiente fisico e sociale, che può assumere connotazioni patologiche se prolungato nel tempo. E'
inoltre largamente documentato che gli svantaggi ambientali gravano sui membri più poveri della società e
agiscono maggiormente nelle aree geografiche più deprivate. Più è svantaggiata una comunità, più è
probabile che manchino spazi aperti di buona qualità, percorsi facili pedonali e ciclabili, servizi accessibili e
alloggi piacevoli e accoglienti.

Un’ampia letteratura scientifica prodotta negli ultimi due decenni mostra il nesso tra inquinamento
atmosferico e danni alla salute con effetti acuti e cronici a carico del sistema cardiovascolare e respiratorio.
In particolare è dimostrata una correlazione tra esposizione a inquinamento atmosferico ed effetti acuti,
come mortalità giornaliera, ricoveri e accertamenti al pronto soccorso, visite ambulatoriali e consumo di
farmaci per problemi cardiovascolari e respiratori. La relazione tra inquinamento atmosferico ed eventi
avversi cardiovascolari è nota e studiata da tempo. Molti studi hanno evidenziato la relazione con la
mortalità cardiovascolare. Una metanalisi effettuata nel 2009 dall’Health Effect Institute ha concluso che
esiste una evidenza sufficiente dell’associazione causale tra inquinamento atmosferico e incremento
della mortalità cardiovascolare.1 Una recente metanalisi pubblicata su JAMA2 ha mostrato che
l’incremento della concentrazioni di molti inquinanti nell’aria comporta un aumento significativo del
rischio di infarto miocardico acuto (ad esempio, l’aumento di 10 μg/m 3 di PM2,5 comporta un
incremento del 2,5% di rischio di infarto miocardico acuto e quello di 1 mg/m 3 di CO comporta un
incremento del 4,8% di rischio di infarto miocardico acuto).

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Questi effetti sono particolarmente evidenti nei gruppi di popolazione più vulnerabili, come gli
anziani, i bambini, i soggetti già affetti da patologie cardio-vascolari e respiratorie, che possono manifestare
disturbi e malattie anche per esposizioni a concentrazioni di inquinanti inferiori a quelli definiti come limiti
di legge e nelle persone che vivono in vicinanza ad aree ad alto traffico dove i livelli di inquinanti sono più
elevati dei valori medi dell’area. E' importante considerare che le stesse cause di inquinamento, come ad
esempio il traffico, sono anche fonti di emissioni acustiche e che sono sempre più evidenti associazioni tra
esposizione a rumore da traffico, specialmente notturno, e patologie cardiovascolari quali infarto del
miocardio3 e l’ipertensione.4

E' da notare inoltre che è nelle primissime fasi della vita umana e in particolare nel corso della vita
embrio-fetale che tanto lo stress quanto l’inquinamento chimico-fisico possono avere un impatto maggiore
sulla salute, interferendo sulla programmazione epigenetica di organi e tessuti e aprendo la strada a
patologie endocrino-metaboliche (obesità, diabete II), cardiovascolari, immunomediate (allergie e malattie
autoimmuni), neurodegenerative e del neuro sviluppo, della sfera riproduttiva e tumorali destinate a
manifestarsi dopo anni o decenni. Anche l’aterosclerosi, causa principale di malattie cardiovascolari, è oggi
considerata una malattia infiammatoria a lento decorso con variabile impegno individuale che può iniziare
nelle prime fasi della vita.

Alla luce di quanto esposto risulta urgente modificare gli ambienti di vita nel senso di una maggiore
rispondenza ai bisogni dell’uomo, con un’attenzione ai bambini, alle generazioni future. Coerentemente
con le evidenze emerse dalla letteratura scientifica, l’inquinamento urbano deve essere individuato quale
una delle cause importanti di disagio e di malattia e di conseguenza deve essere assunto ad alta priorità
nelle politiche di prevenzione primaria e di promozione della salute e dunque nella programmazione
sanitaria e nel disegno urbanistico e territoriale delle città.

Per ottenere risultati favorevoli è necessario agire sulla normativa, nella consapevolezza che i limiti
di legge sono spesso superiori agli standard per la tutela della salute definiti su base scientifica (come
mostrano le differenze tra gli standard dell’Unione Europea e gli standard indicati dall’Organizzazione
mondiale della sanità) e che ci sono soggetti vulnerabili a concentrazioni di inquinanti inferiori a tali limiti di
legge.

E' necessario altresì introdurre nei Piani e nei Programmi riguardanti il traffico, la gestione dei rifiuti
e delle attività industriali in genere, l’urbanistica e l’edilizia criteri di bio-eco sostenibilità, cercando di far sì
che quelle conoscenze scientifiche che sono validate possano essere la base su cui fondare le decisioni
politiche. Per dirla con uno slogan di qualche anno fa, la salute deve entrare in tutte le politiche. E'
necessario inoltre includere la valutazione delle ripercussioni sulla salute in fase di programmazione degli
interventi e non dopo averli già decisi, integrando le politiche intersettoriali (sanità, mobilità,
riscaldamento, energia, urbanistica) e valutandone anticipatamente ruoli e impatti. Solo così si potrà
migliorare la salute e il benessere delle popolazioni e contrastare le disuguaglianze

Bibliografia

1. HEI Panel on the health effects of traffic-related air pollution. A critical review of the literature on
emissions, exposure, and health effects. HEI Special Report 17. Boston, MA: Health Effects Institute;
2010.
2. Mustafic H et al. Main Air Pollutants and Myocardial Infarction - A Systematic Review and Meta-
analysis. JAMA 2012;307:713-721.
3. Babisch W. Traffic Noise and Risk of Myocardial Infarction. Epidemiology 2005;16:33-40.
4. Jarup L, Babisch W. Hypertension and Exposure to Noise Near Airports: the HYENA Study. Environ
Health Perspect 2008; 116:329-333.

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Inquinamento atmosferico nella piana nolano-acerrana (Napoli Nord-Est)

(Dott. Gennaro Napolitano)

Da anni l'area nolana - acerrana è sottoposta ad un notevole grado d'inquinamento atmosferico


prodotto principalmente dalla presenza eccessiva di polveri sottili (PM 10 e PM 2,5) ma anche da
innumerevoli sforamenti dei valori medi giornalieri di biossido d'azoto e dei valori orario della soglia
d'informazione dell'ozono nel periodo estivo.

I dati ARPAC degli ultimi sei anni (dal 2015 al 2020) indicano che la centralina di San Vitaliano segna, anno
dopo anno, il maggior numero di sforamenti del limite massimo giornaliero consentito di PM 10 (cioè 50
ug/m.c.) non solo della rete regionale ARPAC, ma, a ben guardare, dell'intera Italia.

Precisamente 127 sforamenti nel 2015, 78 nel 2016, 104 nel 2017, 122 nel 2018, 115 nel 2019, 107 nel
2020. Nell'anno in corso, al 25 Febbraio, dopo appena 56 giorni dall'inizio del 2021 siamo già a 35
sforamenti, cioè il numero massimo annuo consentito dalla legge.

Per avere un'idea della gravità dell'inquinamento atmosferico nella piana nolana-acerrana è sufficiente
considerare che nel recente rapporto Legambiente 2021 "Mal'aria di città" (che prende in considerazione
solo i dati dei comuni italiani capoluogo di provincia) Torino, considerata la città più inquinata d'Italia con il
più alto numero di sforamenti di PM 10, ha presentato lo scorso anno 98 sforamenti totali, cioè un numero
minore di quello di San Vitaliano.

Spesso, nei periodi invernali, si susseguono sforamenti con diffusa continuità giornaliera, raggiungendo
anche pericolosissime sequenze di 10 giorni successivi. Le centraline di Pomigliano d'Arco ed Acerra, pur se
con un numero leggermente inferiore di sforamenti, seguono un andamento analogo.

Per definire l'aria di un territorio sufficientemente pulita, la legislazione vigente (legge 155/2010) ammette,
al massimo, 35 giorni di sforamento del limite consentito in un anno intero per le PM10 . Anche se, secondo
le linee guida dell'OMS, gli sforamenti di PM10 non dovrebbero superare il numero di 3 all'anno. Qui si
superano impunemente i 100 giorni all'anno con valori di tre volte e, qualche volta, anche quattro volte
superiori al numero annuo di giorni di sforamento consentiti.

L'altro parametro da valutare, per definire la qualità dell'aria di un territorio, è la media giornaliera annua
delle polveri sottili che, secondo la legislazione vigente, non dovrebbero superare, per le PM 10, i 40
microgrammi/metro cubo, e, per le PM 2,5, i 25 microgrammi/metro cubo. Per l'Organizzazione Mondiale
della Sanità questi valori dovrebbero essere notevolmente più bassi se si vuole evitare di provocare danni
alla salute umana, 20 ug/m.c. per le PM 10 e 10 ug/m.c. per le PM 2,5.

Ebbene, in questi anni, secondo i dati della ARPAC, le medie annuali del PM 10 segnate dalla centralina di
San Vitaliano sono sempre state superiori ai 40 ug/m.c. e, precisamente, 56 ug/m.c. nel 2015, 46 ug/m.c.
nel 2016, 48 ug/m.c. nel 2017, 51 ug/m.c. nel 2018, 47 ug/m.c. nel 2019, 48,9 ug/m.c. nel 2020.

In questi primi 56 giorni del 2021 la media giornaliera annua del PM 10 è stata di 50 ug/m.c.

La media giornaliera annua delle PM 2,5, segnalata dalla ARPAC a San Vitaliano, è stata di 26 ug/m.c. nel
2015, 24 ug/m.c. nel 2016, 18 ug/m.c. nel 2017, 19 ug/m.c. nel 2018, 18,3ug/m.c. nel 2019, 19.4 ug/m.c.
nel 2020. Nei primi 56 giorni del 2021 la media giornaliera annua è stata di 19,2 ug/m.c.

11
Come si può notare nel 2020, rispetto all'anno precedente, le medie giornaliere annue del PM10 tendono
ad innalzarsi, nonostante lockdown e limitazioni indotte dalla pandemia Covid-19.

Da qui ci si può fare un'idea di quale "aria sporca" i cittadini sono costretti a respirare in questo territorio, di
quale gravità è l'inquinamento atmosferico e di quale rischio corra il loro stato di salute.

L'OMS stima che l'inquinamento atmosferico causi nel mondo circa 3,7 milioni di decessi all'anno, 800.000
solo in Europa, 40mila in Italia. Esso può esercitare i suoi effetti sulla salute sia per esposizioni acute, di
breve durata (qualche giorno) sia per esposizione cronica, di lunga durata. Ad esposizione acuta è risultata
associata l'insorgenza di patologie acute, quali infarto del miocardio, ictus cerebrale o addirittura decesso,
in caso di persone particolarmente suscettibili. Per esposizione cronica si può andare incontro a patologia
cardio-respiratoria (come broncopatie croniche ostruttive, broncopatie asmatiche, scompenso cardiaco)
neurologica, metabolica ed oncologica, sopratutto tumore del polmone, cerebrale, della mammella,
dell'apparato digerente ed urinario. L'inquinamento atmosferico è al quinto posto nel mondo tra le cause di
malattia e di mortalità dopo la dieta, il fumo, l'ipertensione, e il diabete.

Nel 2013 l'Agenzia per la ricerca del Cancro (IARC) ha classificato l'inquinamento atmosferico come
cancerogeno per polmone e vescica, ricordando che l'esposizione a polveri sottili (PM 2,5) ha causato nel
mondo 3,2 milioni di morti premature nell'anno 2012, (prevalentemente per patologie cardiovascolari) e
circa 223.000 morti per tumore al polmone.

Recenti ricerche hanno messo in relazione l'inquinamento da PM 2,5 con l'incremento di casi di autismo
infantile, demenze senili, morbo di Parkinson, disturbi psichiatrici.

Studi attuali, ancora in corso, evidenziano che la diffusione del virus Sars-cov-2, responsabile della
pandemia covid-19, viene favorito, in modo diretto e/o indiretto, dalle alte concentrazioni di polveri
sottili nell'aria.

Studi effettuati dall'Arpac affermano che questa eccessiva presenza di polveri sottili nella piana Nola-Acerra
trova origine da 1) assetto morfologico dell'area che è ubicata in una valle a quota modesta con
depressione orografica ed intensi periodi di stagnazione atmosferica per scarso rimescolamento verticale;
2) l'andamento metereologico legato alla presenza di ventilazione sufficiente o meno, alte o basse pressioni
atmosferiche, grado di umidità; 3) emissioni di area vasta, come provenienti dalle grandi navi ormeggiate
nel porto di Napoli o dagli aerei dell'aeroporto di Capodichino o dalle autostrade; 4) emissioni locali per a)
eccessivo traffico territoriale con parco autoveicolare privato e pubblico vetusto, eccessivo e sregolato, b)
riscaldamento domestico e pubblico con impianti antiquati, camini e canne fumarie irregolari di attività
commerciali e di ristoro, c) emissioni provenienti dall'inceneritore di Acerra, interporto, cave di Polvica e
Casamarciano, attività produttive varie, STIR di Tufino, discariche autorizzate e selvagge, d) insufficiente
presenza arborea di verde pubblico capace di far da filtro alle polveri sottili, e) mancata regolazione dei
fuochi d'artificio, f) diffusa presenza di roghi agricoli e di rifiuti, g) eccessivo uso di fertilizzanti ed
antiparassitari in agricoltura.

Sempre secondo studi ARPAC, le fonti di emissione locale per attività antropiche contribuirebbero per il
41% con il traffico stradale, per il 38% con i riscaldamenti domestici, per il 16% con industrie e cave, per lo
0,1% con l'inceneritore di Acerra.

Pur essendo in vigore dal 2007, il "Piano regionale per il miglioramento della qualità dell'aria" non viene
messo in atto e non viene adeguatamente aggiornato; solo negli ultimi mesi ha preso avvio un tentativo
di aggiornamento. Nonostante la legislazione vigente obblighi gli amministratori regionali e locali
all'adozione di piani e misure atte ad agire sulle principali fonti di emissione per riportare i valori limite
del PM10 negli intervalli consentiti e ridurre la gravità dell'inquinamento atmosferico nel territorio, nessun
provvedimento idoneo, in questi anni, è stato assunto sia da parte degli amministratori regionali che locali.
12
Di conseguenza si è cagionato una compromissione/deterioramento della qualità dell'aria che ha provocato
centinaia di morti all'anno e ridotto la speranza di vita di migliaia di persone residenti nell'area nolana-
acerrana della Campania.

(Dr. Gennaro Napolitano)

Inquinamento da particolato atmosferico e la diffusione di virus

(Carlo Schiattarella)

L’effetto dell’inquinamento da particolato atmosferico e la diffusione di virus nella popolazione porta a


considerare che l’inquinamento è un fattore possibile e che questo possa avere sia un ruolo diretto come
veicolo, sia indiretto come causa degli effetti sui polmoni.

Il particolato atmosferico può essere considerato un vettore di trasporto, per contaminanti chimici e
biologici, e in questi includiamo i virus. I virus grazie ad un processo di coagulazione sono come “incollati” al
particolato atmosferico, generalmente costituito da particelle solide e/o liquide in grado di rimanere in
atmosfera per ore, per giorni e giorni, e coprire anche lunghe distanze. L’inattivazione dei virus nel
particolato è soggetta alle condizioni ambientali, l’umidità relativa alta può favorire la virulenza del virus
mentre la radiazione solare ne abbatte la virulenza.

Note scientifiche riportano le diverse modalità di diffusione del virus nelle regioni.

Per le regioni del sud Italia, assistiamo ad andamenti compatibili con i modelli epidemici, tipici di una
trasmissione persona persona, mentre, in pianura padana, si verificano diffusioni anomale in cui i focolai
risultano particolarmente virulenti e lasciano ipotizzare ad una diffusione mediata anche da un veicolante.
A prova di quanto sopra tutto coincide con la presenza di elevate concentrazioni di particolato atmosferico.
Quindi il PM10 ed in particolare il PM 2,5 hanno un ruolo decisivo nel processo di infiammazione a tutto
vantaggio degli ulteriori danni provocati dal covid.

Quindi, vivere in un luogo dove l’aria è inquinata e, in caso di positività al corona virus, certamente si va
incontro ad una malattia più severa e dall’esito anche fatale.

Per tutto quanto sopra è chiaro, che deve seguire un monitoraggio severo, preciso e puntuale. Nel nostro
territorio mortificato da politiche ambientali che hanno fatto registrare alto inquinamento dell’aria,
contaminazioni di terreni e falde acquifere, abbiamo centraline di monitoraggio datate e spesso negli anni
non hanno fornito dati o dati non validabili (vedi documento word “intervista al nuovo direttore tecnico” ).
Per quanto riguarda le centraline dell’area del più grande inceneritore d’Italia (attivo dal 2009), queste sono
datate (anno di acquisto 2003 sicuramente siamo in presenza di obsolescenza tecnica e funzionale) e non
hanno il monitoraggio orario per i livelli del PM 10 e PM 2,5; dati importantissimi e utili, tra l’altro, per
risalire almeno alla fonte prevalente dell’inquinamento.

Si parla tanto del pericolosissimo PM 2,5, ebbene negli anni i sensori per questo inquinante sono diminuiti,
non ultima la mutilazione effettuata alla centralina del Santobono dove il PM 2,5 è stato eliminato e il PM
10 che leggeva anche i valori orari è stato trasferito a Pomigliano dove hanno avuto in esercizio ben tre
centraline contemporaneamente ( una dell’università, una sita sull’edificio del comune e una in zona ASI )
delle risultanze di tale attività non si conosce nulla. Intanto la Centralina Santobono paradossalmente sta
leggendo valori di PM 10 superiori a quanto registrato dalle centraline di Museo e Ferrovia e “dulcis in
fundo”con il traffico sempre intenso in quell’area dell’ospedale pediatrico non viene misurato il Benzene.

Danni alla salute da esposizione a lungo termine a basse concentrazioni di PMxx

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Ulteriori evidenze sono emerse considerando gli effetti sanitari a lungo termine conseguenti all’esposizione
a basse concentrazioni di PM10. Tali effetti riguardano la mortalità ed altre patologie croniche come la
bronchite e la riduzione della funzione polmonare. Anche l’incremento di tumore polmonare è stato
associato recentemente all’inquinamento ambientale, ed in particolare alla frazione fine dell’aerosol: il PM
outdoor è stato inserito dall’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) tra i cancerogeni di
gruppo 1 (agenti sicuramente cancerogeni per l’uomo).

Altre note sul particolato

Le polveri provenienti dai deserti, quindi di origine naturale, non hanno la pericolosità delle polveri
prodotte dall’uomo. I microrganismi trasportati dalle diverse tempeste di sabbia non comportano rischi per
la salute umana e per l’ambiente se non solo in una piccola percentuale. 

Pollini

I pollini concorrono a condizionare la qualità dell’aria; Per questo motivo sono auspicabili da parte delle
Autorità competenti puntuali azioni di prevenzione e mitigazione degli impatti dei pollini aerodispersi (con il
loro carico di allergeni) sulla salute pubblica.

(Ricerche e impostazione a cura di Carlo Schiattarella)

Lo scandalo delle centraline della Rete di Monitoraggio della Qualità dell’Aria in Campania

(C. Schiattarella)

Il D.Lgs. 155/10 definisce che le regioni sono l’autorità competente nel campo della misura della
qualità dell’aria e prevede la suddivisione del territorio in zone e agglomerati, sui quali valutare il rispetto
dei valori obiettivo e dei valori limite. La zonizzazione deve essere rivista almeno ogni 5 anni.

Per queste valutazioni le regioni si affidano alle Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente (ARPA).

Le Agenzie Regionali per la Protezione Ambientale sono enti pubblici dotati di autonomia amministrativa,
tecnico-giuridica, patrimoniale e contabile. Garantiscono l’attuazione degli indirizzi programmatici nel
campo della previsione, prevenzione e tutela ambientale.

Quindi nelle zone e agglomerati, la qualità dell’aria viene misurata mediante stazioni fisse con
campionamento continuo o discontinuo, con misure indicative e modelli matematici di dispersione.

Le centraline forniscono dati validati sfasati di un giorno (sarebbe necessario ottenere informazioni in
tempo reale).   Dopo questa breve panoramica sulla raccolta dati, è necessario dare una spiegazione
relativamente al gran numero di danni alla salute e alla elevata mortalità della gente, registrata, in
particolare nelle aree sede di discariche legali e illegali, colme di rifiuti tossici.

L’esposizione agli inquinanti è associata ad una grande varietà di effetti dannosi e la maggior parte di essi,
a carico principalmente dell’apparato respiratorio e di quello cardiovascolare.

Purtroppo il problema dell’inquinamento è sottostimato dalla popolazione, in quanto gli effetti più
frequenti sono quelli meno gravi.

La maggior parte dalla popolazione è colpita in modo minore e presenta effetti caratterizzati da
problematiche non gravi, quali l’alterazione di parametri fisiologici riguardo l’efficienza del sistema
cardiorespiratorio e cardiovascolare, non tali da giustificare ricovero ospedaliero o intervento medico; si
presentano come asintomatici o comunque non richiedono ricovero ospedaliero.

I malati di oggi, sono frutto anche del mancato o insufficiente monitoraggio degli inquinanti del territorio
negli anni.
14
Quindi non solo inquinanti non monitorati, ma di quelli monitorati, negli anni, abbiamo avuto alti tassi di
dati non disponibili. Inoltre negli anni il lungo periodo di latenza fra l’esposizione a un agente cancerogeno
e l’insorgenza di malattie se non di tumori ha reso difficile l’identificazione di una chiara relazione causa-
effetto.

Inoltre, gli effetti su citati possono verificarsi per esposizione, per lungo tempo, anche a livelli di
concentrazione bassi degli inquinanti; così la problematica investe una fetta molto ampia della popolazione
che andrà nel corso della vita incontro ad effetti negativi cronici.

Dobbiamo anche registrare che a volte i bollettini vengono pubblicati con grave ritardo, le popolazioni
interessate in queste aree continueranno ad essere esposte a veleni e forse dopo un mese sapranno
quanto PM 10, PM 2,5, C6H6, O3, NO2, etc, hanno già respirato a scapito di tutte le soglie e degli eventuali
avvisi di superamento.

Oggi finalmente qualunque indagine epidemiologica è ormai in grado di confermare gli effetti nefasti
dell’inquinamento e quindi di legare malattie, riduzione della speranza di vita e morte dei cittadini.

Ad ogni buon conto sia per la probabile causalità o concausa tra inquinanti e patologie croniche e
tumorali”, è sempre necessario applicare il principio di precauzione rispetto ad un “probabile” nesso di
causalità.

Purtroppo le “misure di prevenzione o meglio misure a posteriori” messe in atto (livelli PM 10 e


abbattimento dei valori così come voluto dalla pubblica amministrazione) non hanno mai ottenuto il
benché minimo effetto.

Addirittura, in occasione di livelli alti di PM 10, dovuto a sabbie Sahariane, si è pensato bene di bloccare il
traffico. A testimonianza che non c’è la benché minima attenzione e/o conoscenza di cosa viaggia nell’aria
(speciazione).

Aggiungiamo a questo capitolo di “minima attenzione e/o conoscenza” lo scempio ai danni del verde
urbano; non c’è città, quartiere, strada che non ha registrato la morte di tanti alberi. Lo spettacolo che si
presenta ai nostri occhi è di una desolazione immensa.

Non esistono strategie di mitigazione dell’inquinamento attraverso l’utilizzo di piante ed alberi più adatti a
migliorare la qualità dell’aria che respiriamo, vedi caratterizzazione delle specie vegetali che mostrano i più
alti livelli di depositi su foglie di PM ed elementi/metalli. In aggiunta a quanto sopra è da registrare la
cronica mancanza di forza lavoro idonea alla cura del verde.

Tutto questo con lo scopo finale di definire delle strategie di mitigazione attraverso l'utilizzo di piante e
alberi più adatti a migliorare la qualità dell’aria.

Precisiamo che,”il sindaco è il responsabile della condizione di salute della popolazione del suo territorio.
Dal DLg 299/99 i sindaci hanno poteri di programmazione e controllo e di giudizio sull’operato del
direttore generale delle ASL”.

Il sindaco deve conoscere lo stato di salute della popolazione, deve prendere provvedimenti se le
condizioni ambientali sono precarie, se esistono pericoli incombenti e, per la direttiva Seveso, deve
informare la popolazione dei rischi cui è sottoposta.

Non resta che la via giudiziaria per costringere le amministrazioni ad attivare tutta una serie di
provvedimenti a 360° per ridurre l’inquinamento atmosferico; ricordiamo che per quanto riguarda gli
ecoreati c’è il 452bis e smi del codice penale entrato in vigore nel maggio del 2015.

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Qui di seguito note già trasmesse agli organi regionali per il piano qualità:

 Far controllare e pulire almeno una volta all'anno le canne fumarie: un buon tiraggio e un buon
ricircolo dell'aria assicurano una una miglior combustione della legna, meno fumo e una minore
emissione di polveri.
 Spazza camini, stufe a 4 stelle, e richiesta ad ARPAC delle misure di Levoglucosano e Black Carbon.
Quanto sopra per abbattere gli inquinanti, emessi con l’inizio dell’inverno da quei piccoli (tanti)
inceneritori che sono i camini di San Vitaliano e dintorni. Suggerisco deducibilità spese
spazzacamino, rottamazione vecchie stufe con nuove a quattro stelle, ecc,
 Bonus, per interventi spazzacamino per bonifica camini, rottamazione stufe non a norma , etc.
 Per quanto riguarda San Vitaliano per risalire alla fonte inquinante prevalente è indispensabile
almeno un esame del Levoglucosano ( marcatore di cattiva combustione di biomasse ).
 Dotare la centralina di San Vitaliano del monitoraggio orario del PM10 e PM2,5 come fi fatto da
ARPAC per Pomigliano sottraendo tale prestazione alla centralina sita nell'ospedale pediatrico
Santobono.
 Installare e Attivare una centralina a Nola.

Nel tempo sono state dismesse centraline da zone altamente inquinate, vedi Bagnoli, e ancora oggi Bagnoli
è interessata dalla bonifica e non è pubblicato un bollettino della situazione del livello degli inquinanti.
Dismessa anche la centralina del Primo policlinico, e non ultimo la scandalosa eliminazione della lettura del
PM 2,5 dalla centralina del Santobono, avvenuta il primo gennaio del 2019. I livelli di PM 2,5, nel 2020, sono
notevolmente aumentati rispetto allo stesso periodo del 2019, ovvero il numero dei superamenti del valore
medio annuo di 25 ug/m3 del PM 2,5 a febbraio a marzo e ad aprile è molto maggiore dei superamenti del
PM 10. E’ necessaria la speciazione del particolato.

La Campania è regione con un fondo radioattivo per radon molto alto e purtroppo manca comunicazione
chiara, trasparente non sono pubblicati bollettini nè per il radon nè per radionuclidi provenienti da altre
fonti sia vicine che lontane. Manca il monitoraggio orario per PM10 e PM 2,5 per tutte le centraline
dell’area dell’inceneritore di Acerra La centralina di San Vitaliano, quella che in Italia ha il più alto numero di
sforamenti per PM10 non ha il monitoraggio orario per i PM xx . Purtroppo questi record record di
superamenti soglie, non sono oggetto, da parte di ARPAC, di indagini approfondite nè di indicazioni utili
all’abbattimento di tali livelli di inquinamento ambientale.

Appendice : Alcuni dati relativi alla qualità del monitoraggio

ANNO 2016

Acerra Zona Ind. 37 giorni oltre i 50 ug/m3 e 145 di dati non disponibili

Acerra Caporale 52 giorni oltre i 50 ug/m3 e 116 di dati non disponibili

Pomigliano 55 giorni oltre i 50 ug/m3 e 139 di dati non disponibili

San Vitaliano 75 giorni oltre i 50 ug/m3 e 92 di dati non disponibili

ANNO 2017

Pomigliano 80 giorni oltre i 50 ug/m3 e 108 di dati non disponibili

San Vitaliano 66 giorni oltre i 50 ug/m3 e 63 di dati non disponibili

ANNO 2018

Acerra Zona Ind. 37 giorni oltre i 50 ug/m3 e 145 di dati non disponibili

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Acerra Caporale 52 giorni oltre i 50 ug/m3 e 116 di dati non disponibili

Pomigliano 55 giorni oltre i 50 ug/m3 e 139 di dati non disponibili

San Vitaliano 75 giorni oltre i 50 ug/m3 e 92 di dati non disponibi

IV - Inquinamento e tumori

(Dr. G. Rivezzi)

Nel 2016 il Ministero della Salute ha diffuso una mappa delle aree più contaminate presenti nel
nostro Paese, associata all’eventuale rischio di sviluppare malattie oncologiche. 

"L’Italia, detiene la maglia nera in Europa per quanto riguarda l’incidenza di malattie oncologiche
in età pediatrica. È quanto emerge da uno studio condotto in 62 Paesi dall’Agenzia Internazionale per la
Ricerca sul Cancro (IARC), in collaborazione con l’Associazione Internazionale dei Registri del Cancro e
pubblicato nel 2017 su “Lancet Oncology”. La maggiore incidenza di tumori si registra nei bambini tra 0 e 14
anni e negli adolescenti tra i 15 e i 19 anni nell’area del Sud Europa che comprende, oltre all’Italia, Cipro,
Malta, Croazia, Spagna e Portogallo".

Sono anni che si cerca di stabilire una correlazione tra Inquinamento Ambientale e patologia
oncologica e di come determinanti ambientali possano innescare un cancro. A partire dal grande scienziato
Professor Lorenzo Tomatis, tra i fondatori di ISDE, si sono susseguite ricerche sempre più allargate all’
inquinamento ambientale come determinante di patologia.

All'origine di alcune forme di cancro possono esserci cambiamenti epigenetici, ovvero nel modo in
cui viene letta la sequenza del DNA, senza che essa sia stata alterata da mutazioni a carico di geni. La
dimostrazione di questo fenomeno è stata ottenuta da un gruppo di ricercatori del Baylor College of
Medicine e del Texas Children's Hospital a Houston, che firmano un articolo pubblicato sul “Journal of
Clinical Investigation”.
Il cancro è considerato una malattia essenzialmente genetica, in cui mutazioni alterano il funzionamento di
geni portando la cellula a proliferare in modo incontrollato. Negli ultimi decenni, però, numerosi
indizi hanno portato a sospettare che nella genesi di un tumore possano essere coinvolti fattori epigenetici.
I sospetti si sono concentrati su un meccanismo epigenetico che silenzia i geni, ossia ne impedisce l'attività:
la metilazione. Quando un gruppo metilico, una specie chimica composta da un atomo di carbonio e tre di
idrogeno, si aggancia a un gene, il gene in questione non può più essere trascritto.

L’Ambiente agisce più direttamente sull’epigenoma (ipo/ipermetilazione, assetto cromatinico-


hystone code, RNA minori..) e attraverso questo sul genoma • Possiamo anche dire che l’evoluzione del
fenotipo individuale anche patologico (!) è determinato dall’epigenoma più che dal genoma • In questo
senso non è azzardato considerare che la quasi totalità delle malattie è ascrivibile all’ambiente.

La carcinogenesi è un problema di alterata organizzazione tissutale che può insorgere già nel
momento della programmazione fetale • I cancerogeni distruggono la normale architettura tissutale
alterando la comunicazione fra cellula e cellula e compromettendo di conseguenza l’integrità del genoma •
le mutazioni genetiche sono l’effetto e non la causa della malattia • Il cancro non è quindi un evento
casuale ma la conseguenza di modificazione epigenetiche indotte dall’ambiente • L’esposizione dei gameti
e il periodo della vita intrauterina sono cruciali per la programmazione fetale • Il processo può essere
reversibile (P.Gentilini
http://www.tumori.net/it3/brochures/documenti/inceneritori/Ambiente_e_Tumori_17_10_11.pdf )

In Italia un grande contributo alla ricerca epidemiologica e sanitaria è stata data dai rapporti dei
Dipartimenti dell’ Istituto Superiore di Sanità tramite i rapporti SENTIERI che hanno portato l’attenzione del

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mondo sanitario all’ eccessivo impatto sanitario dell’ inquinamento in Italia. Purtroppo molti degli studi
hanno riguardato negli ultimi 15 anni la regione Campania. ( Riferimento G.Rivezzi-A.DiCiaula 2017 “La
Salute nella Terra dei Fuochi: Tutelare maternità e infanzia”)

L’ultimo rapporto Sentieri di alcuni anni fa (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli
Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento) a cura dell’Istituito Superiore di Sanità ha rilevato un
”emergenza cancro” tra i più giovani identificando un alto rischio di contrarre un Tumore giovanile nei
ragazzi che vivono nei pressi di un sito di interesse nazionale.

I dati raccolti nel periodo 2006-2013 in 28 dei 45 siti italiani maggiormente inquinati hanno infatti
sottolineato un incremento di tumori maligni del 9% nei soggetti tra 0 e 24 anni, registrando picchi del 50%
per i linfomi Non-Hodgkin, del 62% per i sarcomi dei tessuti molli e del 66% per le leucemie mieloidi acute"

Nonostante questo preoccupante dato scientifico e nonostante appelli e richieste di interventi non
si sono concretizzate azioni di Prevenzione primaria di cui potrebbero beneficiarne le fasce di età più
giovane.

A Febbraio 2021 è stato presentato l’ ultimo importantissimo studio scientifico di correlazione


Inquinamento e Salute commissionato all’ Istituto Superiore di Sanità addirittura da una Procura della
Repubblica della Campania, quella di Napoli 2 Nord che comprende nel suo territorio di competenza circa
354.000 cittadini distribuiti in 19 comuni della Provincia di Napoli e 19 comuni della provincia di Caserta, nei
quali sono stati individuati ben 2.767 siti di abbandono di rifiuti urbani ed industriali tra questi anche quelli
controllati legalmente e quelli soggetti ai roghi criminali.

Lo studio Epidemiologico e Sanitario realizzato dall’ Istituto Superiore di Sanità è durato 4 anni, i
ricercatori hanno studiato 38 comuni tra Napoli e Caserta, 2.767 siti di rifiuti, analizzato le schede di
dismissione ospedaliera e i registri tumori. Due gli indici di rischio: quello sui rifiuti (IRC) e quello
sull’eccesso di esiti sanitari (IES). Il 37% della popolazione vive entro 100 metri da un sito pericoloso.
Nessuno dei Comuni analizzati è immune dal fenomeno. Queste numerosissime discariche a cielo aperto
sono sparse in quasi tutti questi comuni ed hanno contaminato tantissime zone periferiche ed aree
agricole. Dalle loro individuazioni risalenti a più di un decennio fa, non sono state attuate Bonifiche o messe
in sicurezza se non in una percentuale inferiore al 5-10 %. I cittadini poi, di qualsiasi fascia di età NON hanno
ricevuto adeguate misure aggiuntive di azioni preventive e interventi sanitari speciali, neanche di
prevenzione e cure oncologiche. A questo proposito vale la pena ricordare che le percentuali di screening
oncologici proposti dalle ASL interessate, nonostante cospicui finanziamenti, NON hanno raggiunto il limite
minimo di efficacia sanitaria ( pari a circa il 25% della popolazione) attestandosi, per la prevenzione ad
esempio del Cancro del Seno e del Colon -Retto a molto meno del 20%.

Entrando sinteticamente nel dettaglio si rilevano numeri da brivido;

I 2767 siti sono stati identificati attraverso i dati forniti dall'Arpac Campania, Istituto Zooprofilattico
del Mezzogiorno, Protezione Civile, il gruppo interministeriale "Terra dei Fuochi" ed il Progetto Centro di
Controllo Malattie (CCM). Tutti i siti sono stati classificati in base alla tipologia di rifiuto sversato, in base alla
pericolosità per la salute ed in base alla caratteristica del sito (rogo, discarica abusiva, sito di stoccaggio di
rifiuti, ecc. ecc.). Ad ogni sito è stato dato un codice alfanumerico da 1 a 6 per la tipologia di sito e da A a D
per la sua pericolosità. La categoria più pericolosa è la 5A, si tratta di incendi di cumuli rifiuti, roghi di
plastiche e pneumatici e incendio di ecoballe. Il solo comune di Giugliano in Campania ha registrato la
presenza di 628 siti pericolosi sull'intero campione di 2767, di questi quelli di categoria 5A sono ben 178.

Seguono i Comuni di Caivano con 85 siti tra incendi di cumuli di rifiuti, roghi di plastiche e
pneumatici e incendio di ecoballe, su 282 siti pericolosi totali, poi Afragola con 88 siti di classe 5A su 228
totali. Gravosa anche la situazione del Comune di Villa Literno, che pur non avendo nessun sito di classe 5A
18
conta ben 172 siti pericolosi sul suo territorio. La somma dei siti di questi soli 4 comuni, Giugliano, Caivano,
Afragola e Villa Literno rappresenta circa la metà dell'intero campione censito. Da questa analisi, contando
la vicinanza alle abitazioni, l'estensione del territorio e la pericolosità dei siti si è valutato un indice di rischio
rifiuti comunale (IRC) che va da 1 a 4. Al livello più alto ci sono i Comuni di Giugliano e Caivano con IRC 4,
seguiti ad IRC 3 dai Comuni di Cardito, Casoria, Melito, Mugnano e Villaricca. Nelle zone con IRC 3 e 4 si
sono stati registrati eccessi di patologie legati al tumore alla mammella, asma, malformazioni neonatali,
leucemie. Tra le sostanze pericolose contaminanti generate dalla presenza dei 2767 siti gli studiosi hanno
individuato i metalli, gli idrocarburi, gli IPA idrocarburi policiclici aromatici, diossine e furani, PCB
policlorobifenili e il tetracloroetilene.

Le patologie prese in esame sono state i tumori al fegato, alla vescica, alla mammella, al testicolo, il
linfoma di Hodgkin, l'asma, le malformazioni neonatali e la nascita di neonati prematuri.

E' quindi possibile che vi sia un nesso causale tra esposizione ai siti pericolosi di rifiuti e l'aumento
di alcune patologie tumorali. Gli studiosi parlano della necessità di specificare che il manifestarsi di alcune
patologie ha un'origine multifattoriale, ma al tempo stesso definiscono la causa ambientale come uno dei
fattori per l'insorgere delle malattie.

I Medici di Medicina Generale e le cause del Cancro…Non e' solo questione di stili di vita!

(Dr. L. Costanzo)

Il prof. Ernesto Burgio, per anni direttore del Comitato Scientifico ISDE, scriveva qualche tempo fa:
“Un ambiente inquinato è in grado di alterare l’EPIGENOMA divenendo responsabile di malattie endocrine-
dismetaboliche, tra cui l’obesità e il diabete, sempre più aggressivi e precoci., nonché di malattie del neuro-
sviluppo tra cui l’autismo, malattie neurodegenerative come l’Alzheimer, di malattie croniche, come anche
dei TUMORI”. Queste evidenze non solo sono state confermate dallo studio dell’ISS e della Procura di
Napoli ma sono state denunciate da anni dai medici di famiglia, vere e uniche sentinelle del territorio, che
osservavano da tempo tali fenomeni.

L’impatto che l’inquinamento ambientale e le sostanze tossiche (diossine, PCB, metalli pesanti,
pesticidi, ecc) possono avere sull’uomo, INDIPENDENTEMENTE DALLA QUANTITÀ sono devastanti. Esse
possono agire sui meccanismi che regolano l’espressione del DNA fin dal grembo materno o come
“interferenti endocrini” (disruptor) favorendo la comparsa NON SOLO DI TUMORI, ma di ABORTI,
MALFORMAZIONI, ALLERGIE, OBESITA’, DIABETE, MALATTIE NEURODEGENERATIVE (autismo, Alzheimer),
malattie CARDIOVASCOLARI…

Sia chiaro che nessuno è talmente folle da negare che gli stili di vita sbagliati, lo smog, il fumo
hanno la loro importanza nel favorire e determinare particolari patologie… ma non c'è stile di vita che tenga
di fronte ad una pressione ambientale che somma gli effetti antropici negativi (smog) e le cattive abitudini
(alimentazione errata, fumo, ecc) a quelli dei rifiuti tossici e industriali interrati e dati alle fiamme. La SOLA
PRESENZA di sostanze inquinanti nelle nostre terre, nella nostra acqua e nell'aria, ESPONE tutti ad UN
RISCHIO MAGGIORE di ammalarsi, anche se non è dimostrato il NESSO. E questo rischio, DA SOLO, (in attesa
di conferme da parte degli scienziati) dovrebbe indurre le nostre istituzioni.… (secondo il PRINCIPIO DI
PRECAUZIONE) a prendere provvedimenti urgenti di TUTELA DELLA SALUTE (secondo l'art. 32 della
costituzione). Una ventina d’anni fa se uno studente di medicina avesse detto che la gastrite, l’ulcera dello
stomaco avevano a che fare con un batterio, se avesse solo ipotizzato l’esistenza di un batterio nello
stomaco (considerato asettico per l’alta acidità) sarebbe stato bocciato prima di cominciare l’esame…
eppure!!! Ed è così!

19
Alla luce di questi studio, è importante pertanto avere una maggiore SORVEGLIANZA SANITARIA per
le popolazioni che abitano nei pressi dei SIN, dove la pressione di un ambiente inquinato a cui la
cittadinanza è sottoposta, aumenta notevolmente il rischio di ammalarsi, attraverso:

a) l’istituzione di una “ESENZIONE TICKET AMBIENTALE” per poter usufruire con maggiore
frequenza di controlli laboratoristici, specialistici e strumentali attingendo le risorse economiche da fondi
costituiti dalle multe dei reati ambientali;

b) l’introduzione nei LEA per le popolazioni di questi territori delle indagini tossicologiche attraverso
l’individuazione di BIOMARCATORI TOSSICI nell’organismo e l’individuazione di percorsi disintossicanti. E’
importante inoltre individuare un metodo di monitoraggio dei territori che consenta di avere dati
“attendibili” in tempo reale (come quelli presenti nei database dei medici di famiglia) consentendo a chi
deve pianificare e distribuire le risorse economiche in termini di Prevenzione Primaria e presa in carico di
farlo su informazioni reali e non su “meri dati statistici” come si stanno rivelando i dati ufficiali del registro
Tumori e delle Mortalità che vengono pubblicati con ritardi di anni rispetto alla situazione attuale.

Il prof. Guido Fanconi uno dei padri fondatori della Pediatria moderna diceva: “Non vi sono malattie
nuove. NUOVO è il modo di interpretarle”! Concludiamo pertanto dicendo che è necessario cercare di
individuare un approccio diverso alle malattie che preveda un potenziamento soprattutto della
PREVENZIONE PRIMARIA attraverso la TUTELA e la DIFESA DELL'AMBIENTE e attraverso l’individuazione di
BIOMARCATORI tossici negli ESSERE UMANI. Noi siamo l'aria che respiriamo, il cibo che mangiamo l'acqua
beviamo. “NOI SIAMO L’AMBIENTE IN CUI VIVIAMO!!!”.

_____________________. _______________________

20
V – Inquinamento, interferenti endocrini e fertilità.

( estratto dal Progetto PREVIENI del Ministero dell’ Ambiente a cura di Dr Gaetano Rivezzi )

Gli interferenti endocrini (IE) sono sostanze chimiche che possono alterare l’equilibrio ormonale degli
organismi viventi, esseri umani compresi.

Gli IE possono quindi “accendere, spegnere o modificare” i normali segnali inviati dagli ormoni.

Tra gli Interferenti Endocrini vi sono:

-sostanze che persistono a lungo nell’ ambiente e si concentrano negli organismi viventi e quindi anche
negli alimenti. Alcune sono vietate da diversi anni come ad es. i PCB provenienti dai lubrificanti e guaine di
materiale elettrico, altre vengono prodotte da processi di combustione ( Diossine) e altre ancora persistenti
e pericolose come i PFOS/PFOA ( rivestimenti e sostanze plastificanti) e PBDE (ritardanti di fiamma) Molti di
questi inquinanti industriali in Veneto hanno contaminato migliaia di cittadini che si sono ritrovate queste
sostanze nel Sangue e nel latte materno.

- molti pesticidi e/o fitofarmaci

- alcune sostanze chimiche non persistenti come alcuni prodotti commerciali di uso quotidiano, quali Ftalati
e Bisfenolo

La preoccupazione che destano queste sostanze è legata all’ alterazione dell’ equilibrio ormonale per cui
possono interferire con il corretto sviluppo di crescita e sessuale, con il metabolismo tiroideo e cerebrale
arrecando: danni alle funzioni riproduttive ( infertilità, abortività, endometriosi), alterazioni
comportamentali e relazionali ( spettro autistico infantile) , sindrome metabolica ( Diabete) Cancro ( tumori
del Testicolo e della Mammella). Purtroppo anche a dosaggi molto bassi contaminano ambiente e alimenti
sino ad indurre un effetto tossico significativo ( effetto Cocktail)

Le principali fonti di rischio ambientale sono rappresentate da comportamenti illegali, quali lo smaltimento
non corretto dei processi di lavorazione e smaltimento industriale e dei prodotti che contengono plastiche,
colle, vernici ecc..

Attraverso la catena alimentare la contaminazione si diffonde e crea meccanismi di bio accumulo e


magnificazione.

L’ ulteriore ricerca scientifica di questi fenomeni ci porterà a riflettere sul contenimento di in inquinamento
così subdolo e pericoloso.

_____________________. _______________________

Progetto di ricerca EcoFoodFertility: Un nuovo modello per la Valutazione dell’impatto ambientale sulla salute
umana, per la prevenzione primaria, pre-primaria e per la resilienza nelle aree a rischio a tutela delle presenti e
future generazioni
Il seme Sentinella della Salute Ambientale e Generale

Dott. Luigi Montano

21
La Fertilità e le sue problematiche, con sempre più evidenza vengono portate nel dibattito scientifico per le
enormi ricadute che hanno sul futuro del genere umano, nonostante ciò, le politiche sanitarie ed educative nel
nostro paese non la considerano una vera priorità, nonostante l’Italia sia fra gli ultimi paesi al mondo per bassa
natalità, tanto che Papa Francesco recentemente ha evidenziato la problematica parlando di “Inverno
Demografico” italiano.

Inoltre, come i fattori ambientali vengono sempre più riconosciuti fortemente impattanti per la salute
umana, gli studi epidemiologici così come quelli in tossicologia animale indicano che è proprio il sistema
riproduttivo quello più sensibile agli inquinanti ambientali. D’altronde, lo specchio più fedele dell’influenza
“negativa”, che cattivi stili di vita e inquinamento ambientale hanno avuto e stanno sempre più avendo sulla salute
pubblica è particolarmente evidente nell’andamento degli aspetti quali-quantitativi del liquido seminale, che negli
ultimi 40 anni, nei paesi industrializzati ha subito un calo drammatico con riduzione della concentrazione
spermatozoaria del 59.3% [1] contribuendo in maniera sostanziale alla riduzione delle nascite, sebbene il trend di
infertilità non è geograficamente omogeneo, ma presenta delle differenze di aree nell’ambito della stessa nazione o
addirittura della stessa regione.

Infatti, nelle aree dove maggiore è la pressione ambientale, vi è una maggiore incidenza di patologie cronico-
degenerative come quelle oncologiche [2,3], malformazioni congenite a partire proprio da quelle uro-genitali [4]
indici di salute complessiva più sfavorevoli [5] e, in Italia, che è fra i paesi europei con i tassi di inquinamento
maggiori in Europa, purtroppo, esistono diverse aree da Nord a Sud che presentano criticità ambientali.

Lo studio SENTIERI (studio epidemiologico dei residenti nei 45 siti contaminati a priorità nazionale/regionale
per le bonifiche, SIN/SIR) dell’Istituto Superiore di Sanità, è stato il primo che ha tracciato, in più rapporti, un
bilancio sulla valutazione dei livelli di rischio (mortalità e morbilità) nelle comunità che vivono vicino a siti inquinati
riconoscendo che, l'esposizione ad agenti ambientali, svolge un ruolo importante sulla salute pubblica. Nel 2017 su
Lancet Oncology, lo IARC, aveva posto l’accento sull’aumento di incidenza delle patologie tumorali nella prima
infanzia nei paesi occidentali ed, in particolare, in Italia, che detiene la maglia nera in Europa [6].
Questo aumento di patologie oncologiche infantili essendo, ovviamente, breve il tempo di esposizione ad
agenti inquinanti, pare spiegarsi con alterazioni epigenetiche indotte nel periodo embrio-fetale e quindi
nell’alterazione del “fetal programming” e/o con alterazioni epigenetiche trasmesse già dai gameti nel
preconcepimento ed, in particolare, il gamete maschile, per la maggiore suscettibilità agli stress endogeni ed
esogeni, potrebbe avere un ruolo preminente rispetto a quello femminile nel determinare lo stato di salute della
progenie [7-9]. Infatti, la sensibilità del seme alle noxae ambientali, insieme a recentissimi studi che mostrano una
relazione fra infertilità maschile, patologie croniche, comorbilità e addirittura mortalità ne indicano una sua utilità
come marker ottimale di esposizione ambientale e importante indicatore di salute generale [10-17].
Bisogna anche dire che, la raccolta di dati sui tumori (Registro Tumori) e altre malattie croniche con lunga
latenza rappresentano informazioni indicative, ma poco efficaci per poter avviare un contenimento dei rischi per
la generazione attuale e quelle future. La necessità di considerare la dimensione "temporale” nella valutazione /
gestione dei rischi sanitari nelle aree a maggiore pressione ambientale con una forte attenzione al futuro delle
comunità appare, pertanto, estremamente importante sia dal punto di vista etico che scientifico.
Ed è di fondamentale importanza dedicare uno sforzo in più verso la prevenzione o la riduzione degli impatti
sulla salute delle popolazioni che vivono nelle aree a maggiore rischio ambientale per dare priorità a misure di
prevenzione e/o mitigazione del danno identificando i segni precoci di modificazione funzionale o strutturale
prima che si manifesti il danno clinico, valutando soprattutto quei sistemi organo-funzionali “sentinella” che
appaiono essere più sensibili alle modificazioni endogene ed esogene, ossia quelli che prima di altri subiscono gli
effetti.
In tale ottica, vista la particolare vulnerabilità dell’apparato riproduttivo alle “interferenze” provenienti
dall’ambiente, soprattutto in alcuni periodi critici e sensibili dello sviluppo biologico come lo sviluppo intrauterino,
l’infanzia e l’adolescenza, dove l’elevato tasso di proliferazione cellulare ed i cambiamenti dei sistemi metabolico,
ormonale, e immunologico rappresentano delle vere e proprie “finestre” espositive, difendere la Fertilità, significa
non solo promuovere la salute riproduttiva, ma fare prevenzione primaria per patologie cronico degenerative per

22
le presenti e future generazioni, tenendo conto per queste ultime degli effetti trans-generazionali indotti dalle
sostanze inquinanti trasmissibili per via epigenetica attraverso la linea germinale, in particolare, maschile.
D’altronde, gli spermatozoi sono più sensibili agli stress endogeni ed esogeni, perché dalla pubertà in poi, a
differenza degli ovociti presenti già alla nascita, subiscono replicazioni continue con più possibilità di subire
mutazioni oltre ad avere di per sè una maggiore sensibilità agli stress ossidativi per ridotta presenza di enzimi
antiossidanti a causa del minor spazio citoplasmatico e presenza di acidi grassi polinsaturi di membrana, bersagli
elettivi dei radicali liberi dell’ossigeno[18-20].Pertanto, per ridurre le disuguaglianze in termini di salute da fattori di
rischio ambientale, bisognerebbe partire proprio dalle aree dove maggiore è la pressione ambientale con
programmi innovativi di prevenzione primaria e sorveglianza sanitaria considerando sistemi organo-funzionali
estremamente precoci e sensibili alle noxae ambientali, come l’apparato riproduttivo, “Organo Sentinella”, che
risulta utile valutare al fine di una salvaguardia attiva della salute pubblica.
Su tali premesse e analisi è nato il progetto di Ricerca EcoFoodFertility, (www.ecofoodfertility.it) studio di
biomonitoraggio umano integrato [21] partito proprio dalla cosiddetta “Terra dei Fuochi” ed oggi esteso in diverse
aree ambientali critiche non solo d’Italia.
Il progetto multidisciplinare, abbraccia aspetti oltre che medico scientifici anche agroalimentari nell’ottica
della One-Health [22], tanto che intorno ad esso si è costituita una importante rete di ricercatori di diverse
università, centri di ricerca, di varia estrazione culturale e scientifica che ha dato vita alla Rete Nazionale per la
Salute Ambientale e Riproduttiva (RE.S.A.R.).
Il Progetto EcoFoodFertility che ha un obiettivo di prevenzione primaria e pre-primaria per ridurre il carico
delle malattie non solo riproduttive sulle popolazioni più esposte, valuta:
a) nella sua prima parte i primi segni di danno da inquinamento ambientale sulla salute umana attraverso
un’ampia serie di valutazioni direttamente su diverse matrici biologiche (contaminanti, biomarcatori ossidativi,
immunologici, genetici, epigenetici, proteomici, lipidomici, metabolomici ed altre omiche) individuando, in
particolare, nello studio del seme umano, un’ottima chiave di lettura del rapporto ambiente salute, un indicatore
estremamente sensibile di esposizione ambientale (Spermatozoo sentinella della Salute Ambientale e Generale);
b) nella sua seconda parte, invece, in attesa dei tempi lunghi del risanamento dei territori (vera opera di
prevenzione), indica misure di contenimento e/o di modulazione degli effetti dell’inquinamento ambientale
sull’uomo attraverso modifiche degli stili di vita individuali, alimentari (dieta mediterranea con prodotti biologici e
biodinamici) ed in talune condizioni sostanze nutraceutico/funzionali ad alto potere detossificante (bonifica
naturale dell’uomo inquinato).
Il nostro primo studio di biomonitoraggio umano (il primo mai effettuato su due coorti omogenee e sane di
popolazione a differente pressione ambientale nel 2015) in Regione Campania in un confronto fra 222 maschi sani
omogenei per età, non fumatori, indici di massa corporea e stili di vita, equamente distribuiti fra l’area Nord della
Provincia di Napoli (Terra dei Fuochi) ed un’area non inquinata nell’Alto Medio Sele, in provincia di Salerno,
riscontrò differenze statisticamente significative con più metalli pesanti nel sangue e soprattutto nel seme,
alterazioni dell’equilibrio delle difese antiossidanti e detossificanti nel liquido seminale e non nel sangue, ridotta
motilità spermatica, aumentato danno al DNA degli spermatozoi e maggiore allungamento dei telomeri spermatici
e non in quelli leucocitari, nei residenti della Terra dei fuochi rispetto a quelli provenienti dall’area dell’Alto-Medio
Sele [10-11].
Ancora, in uno studio pubblicato a marzo 2018 abbiamo confrontato 327 campioni di liquido seminale di
maschi omogenei per età, provenienti dall’area ad alto inquinamento ambientale della Regione Puglia (lavoratori
ILVA di Taranto e residenti di Taranto), area ad alto inquinamento della Regione Campania (residenti in Terra dei
Fuochi) e aree a più bassa pressione ambientale (Palermo, ed Alto medio Sele nel Salernitano), misurando i livelli di
PM10, PM2.5, Benzene, nelle diverse aree e verificando come il parametro seminale più sensibile ai tassi di
inquinamento atmosferico risultava essere il DNA spermatico.
Infatti, i livelli di frammentazione eseguiti con due tecniche (SCD e Tunel test) erano significativamente
maggiori di circa il 30% nei maschi provenienti da Taranto e Terra dei Fuochi rispetto a quelli di Palermo e dell’area
salernitana [23]. Un nostro lavoro pubblicato sull’analisi del rapporto protammine/istoni negli spermatozoi
(proteine fondamentali per il buono stato del patrimonio genetico) di ragazzi della Terra dei Fuochi in confronto
con ragazzi dell’area dell’Alto medio Sele nel Salernitano, ha dimostrato un’alterazione di tale rapporto e del
legame al DNA di queste proteine nell’ 84% nei ragazzi di Terra dei Fuochi, scoprendo, fra l’altro, un nuovo
meccanismo di danno ossidativo al DNA [24].

23
Tale lavoro ha fatto seguire un altro pilota che ha aperto uno scenario preoccupante sugli effetti
transgenerazionali già in corso valutando due coppie padre/figlio sempre delle due aree, dove danni seminali i
sistemi enzimatici antiossidanti e disintossicanti, sono risultati meno efficienti nella coppia padre/figlio residente in
terra dei fuochi rispetto all’altra coppia padre/figlio nell’Alto Medio-Sele[25]. Ovviamente sulla base di questo
studio, già è in corso di preparazione un più ampio campionamento di padri e figli residenti nella "Terra dei fuochi”.
Recentemente abbiamo pubblicato il primo dei lavori di uno studio multicentrico finanziato dal Ministero della
Salute all’ASL Salerno con la partecipazione dell’Istituto Superiore di Sanità, delle Università di Brescia, Milano,
Napoli, del CNR e dell’ENEA su circa 350 giovani maschi sani dai 18 ai 22 anni, non fumatori, non bevitori, non
esposti professionalmente e omogeni per indici di massa corporea di tre aree ad alto inquinamento d’Italia:
Brescia-Caffaro, Valle del Sacco nel Frusinate ed Area Nord di Napoli.
Questo primo studio sugli indici di fertilità ha evidenziato importanti rischi riproduttivi nella popolazione
giovane sana di queste aree, dove almeno un parametro seminale risulta alterato in oltre il 55% dei casi e con una
motilità progressiva media degli spermatozoi inferiore rispetto ai parametri fissati dal manuale dell’OMS. Ciò a
nostro avviso è particolarmente preoccupante visto che abbiamo selezionato i migliori, peraltro giovanissimi,
nonostante ciò abbiamo anche però dimostrato con il primo trial clinico mai effettuato, che la dieta mediterranea
con buona parte di prodotti bio migliora gli indici di fertilità maschile [26]. Altri dati in fase di sottomissione per
quanto riguarda la concentrazione dei metalli indicano differenze significative rilevate fra i tre gruppi di ragazzi
nelle tre aree di studio, fra l’altro differenze molto più evidenti nel seme rispetto al sangue rispecchiando in gran
parte lo stato di contaminazione delle aree di reclutamento.
Per quanto riguarda invece gli Idrocarburi Policiclici Aromatici nel siero ematico, i livelli di concentrazione
nell’area Nord di Napoli sono risultati lievemente superiori a quelli della Valle del Sacco, ma circa il doppio rispetto
a Brescia e ciò sembra rispecchiare la pratica degli incendi tossici che caratterizzano in particolare l’Area Nord di
Napoli. Invece, i livelli di PCB e PCB diossine-simili nel siero ematico, sono risultati molto più elevati con valori di
oltre 10 volte a Brescia rispetto all’Area Nord di Napoli e Valle del Sacco, ciò dovuto verosimilmente alla grave
contaminazione nel territorio di Brescia per lo sversamento pluridecennale di PCB nell’area dell’Ex Caffaro. Sono in
corso ulteriori valutazioni anche sul seme delle stesse sostanze come fatto per i metalli. Questi lavori pubblicati
insieme ad altri in corso confermano sempre di più l’affidabilità del liquido seminale come marker sensibile e
precoce di Salute Ambientale e dunque potente strumento di valutazione di impatto ambientale per la misura
del rischio salute che non è solo di tipo riproduttivo, ma generale per le attuali e anche per le future generazioni
in base alle recenti evidenze sugli effetti transgenerazionali (epigenetica/gametica) [7,10,11,23,25].
Ovviamente, individuare sensibili, precoci e potenzialmente predittivi indicatori di rischio salute potrebbe
essere di immediata utilità per i policy makers al fine di orientare interventi di risanamento di aree che hanno
criticità ambientali, dunque misure concrete di salvaguardia collettive che investono il territorio e la sua
organizzazione sociale e produttiva, monitorando tali interventi attraverso la valutazione dell’indicatore seminale,
oltre che programmi innovativi di prevenzione primaria partendo proprio dai biomarcatori riproduttivi per la
salvaguardia della salute pubblica [27].
Pertanto, per una maggiore efficacia preventiva nei confronti delle patologie cronico-degenerative, in
particolare nelle aree a rischio ambientale, bisognerebbe oltre che rendere più rapidi gli aggiornamenti dei registri
tumori, che comunque registrano un dato epidemiologico importante, ma di esito, ossia di fatto avvenuto,
identificare i segni precoci di modificazione funzionale o strutturale prima che si manifesti il danno clinico
monitorando i biomarcatori riproduttivi che danno informazioni più precoci e potenzialmente predittivi di danni
futuri anche di salute generale. In definitiva, crediamo che i dati oramai sempre più consolidati del nostro lavoro,
dovrebbero indirizzare ad un totale cambio del paradigma sul fronte della prevenzione, per una precoce e
ovviamente più efficace azione di protezione della salute pubblica per le nuove e future generazioni. In definitiva, la
sfera riproduttiva, in particolare quella Andrologica in tale prospettiva può avere un ruolo fondamentale per
costruire “l’antenna epidemiologica” precoce nei territori a rischio ambientale e fornire strumenti di indagine
precoci e affidabili, come i marcatori seminali, per valutare meglio e con maggiore precocità l’impatto che
l’inquinamento ambientale può avere sulla salute umana al fine di avviare tempestivi interventi di prevenzione
primaria e preprimaria sulla popolazione.

Bibliografia essenziale

24
Montano L*, Bergamo P, Andreassi MG, Lorenzetti S. The role of human semen as an early and reliable tool of environmental impact
assessment on human health Full Chapter in Final Book Title & ISBN: Spermatozoa – Facts and Perspectives, “ 978-1-78923-171-7.
InTechOpen June 13th 2018
Montano L*, Iannuzzi L, Rubes J, Avolio C, Pistos C, Gatti A, Raimondo S, Notari T. EcoFoodFertility – Environmental and food impact
assessment on male reproductive function Andrology 2(Suppl.2):69, 2014
Montano L*, Ceretti E, Donato F, Bergamo P, Zani C, Viola GCV, Notari T, Pappalardo S, Zani D, Ubaldi S, Bollati V, Consales C, Leter Gc
Trifuoggi M, Amoresano A, Lorenzetti S. Effects of a Lifestyle Change Intervention on Semen Quality in Healthy Young Men Living in Highly
Polluted Areas in Italy:The FASt Randomized Controlled Trial European Urology Focus (2021), https://doi.org/10.1016/ j.euf.2021.01.017
Montano L*. Reproductive biomarkers as early indicators for assessing environmental health risk. In Marfe,G., and Di Stefano C. Toxic
Waste Management and Health Risk, BenthamScience Publishers eBook eISBN 978-981-14-5474-5 (2020) Doi:
10.2174/97898114547451200101 https.//www.eurekaselect.com/185279/chapter

__________________ . ___________________

VI – i Rifiuti Tossici e le ‘Terre dei Fuochi’

(A. Marfella)

La produzione reale di rifiuti in Italia ed in Campania: patogenesi delle Terre dei Fuochi come ‘fenomeno’
e non come ‘luogo’ e conseguente danno alla salute pubblica
Potenzialità e rischi del nuovo Dl 116/2020 sulla classificazione dei rifiuti urbani e speciali “assimilabili”

di Antonio Marfella*

In data 20 febbraio 2021 presso la Procura di Napoli Nord sono stati presentati ufficialmente i dati
di un rapporto prodotto grazie all’accordo stipulato nel giugno 2016 tra la Procura con sede ad Aversa
(Caserta) e l’Istituto Superiore di Sanità. Per il Direttore Iss Silvio Brusaferro “E’ necessario sviluppare un
sistema di sorveglianza epidemiologica integrata con dati ambientali nell’intera Regione Campania e in
particolare nelle province di Napoli e Caserta, così come nelle altre aree contaminate del nostro Paese, in
modo da individuare appropriati interventi di sanità pubblica, a partire da azioni di bonifica ambientale”.
“Misura ciò che può essere misurato e rendi misurabile ciò che non lo è” (Galileo) : mi sono reso conto di
essermi reso responsabile di uno dei più pericolosi attacchi agli ecomafiosi e ai loro complici colletti bianchi
e politici.
Va bene spiegato e bene compreso che i rifiuti, infatti, si dividono in tre categorie (e non due, come
scolasticamente ci hanno insegnato).
Facendo riferimento alla produzione in Italia:
a) rifiuti urbani = circa 1,3 kg/procapite/die; (sono circa 29 milioni di tonnellate/anno) in decremento;
b) rifiuti industriali legalmente prodotti = circa 6.0 kg/ procapite/die; (sono circa 140 milioni di
tonnellate/anno in costante incremento;
c) rifiuti industriali e tossici illegalmente prodotti in regime di evasione fiscale (in Italia pari a circa il 30 % di
tutte le attività manifatturiere) e quindi da smaltire obbligatoriamente in modo illegale, con danno certo
alla salute pubblica= non meno 1,5 kg procapite/die. Sono in Italia non meno di 30 – 35 milioni di tonnellate
l’anno, in costante incremento parallelo all’incremento del fenomeno della evasione fiscale nelle attività
manifatturiere.

Il dato soltanto campano si aggira su :


a) Rifiuti urbani: circa 1.2 Kg/procapite/die, pari a circa 5500 tonnellate al giorno, pari a circa 2.5
milioni di tonnellate l’anno;
b) Rifiuti industriali legalmente prodotti dalle attività manifatturiere: circa 4 kg/procapite/die, pari a
circa 22mila tonnellate al giorno, e circa 7-8 milioni di tonnellate anno
c) Rifiuti industriali e manifatturieri prodotti in regime di evasione fiscale (in Campania pari a circa il
47 % di tutte le attività manifatturiere): sono non meno di 1. 5 kg/procapite die pari a non meno di

25
6mila tonnellate al giorno in regione Campania pari a non meno di 2 milioni di tonnellate l’anno a
livello regionale.
Ogni giorno da non meno di venti anni! Per un totale reale di rifiuti prodotti quindi in Campania non
inferiore a 7 kg di rifiuti pro capite al giorno da riciclare e/o smaltire, quando ce ne raccontano al
massimo 1 kg! In Lombardia non meno di 10 kg procapite al giorno!

Con una banale e criticabilissima scelta, ma logica ed efficace per comprendere le reali dimensioni del
problema, ho scelto di trasformare l’asettico dato del 30% di evasione fiscale prodotta in Italia (che per
chiunque riesce a evadere le tasse in Italia non rappresenta per niente un crimine ma un vanto!) in quantità
di “munnezza” industriale assassina prodotta in regime di evasione fiscale. Così, finalmente, il terribile
quanto oscuro e massacrante lavoro degli eroi della Forestale, dei magistrati inquirenti assume contorni
anche quantitativi molto più precisi e rende ragione del gravissimo danno alla salute pubblica di tutta Italia
che si concretizza ogni giorno da questa terza testa del mostro dei rifiuti, che volutamente si ignora.

Il rifiuto solido urbano in Italia non costituisce da decenni nulla più che il dieci per cento del totale di
tutto il pianeta “rifiuti” di Italia, e soprattutto è il meno pericoloso per la tutela della salute pubblica.
I rifiuti speciali industriali e tossici prodotti in regime di evasione fiscale devono essere smaltiti
scorrettamente, occultamente, illegalmente, ogni giorno, con danno certo alla salute pubblica soltanto da
quantizzare, non da negare!
“La munnezza è oro!” diceva l’ecomafioso Perrella ai magistrati: non era certo rifiuto urbano.
Quello serviva e serve solo da “copertura”: l’oro si fa smaltendo i fanghi tossici dei depuratori in Campania,
i rifiuti radioattivi ospedalieri, gli scarti di fonderie, come le polveri tossiche da Bergamo smaltite nella terra
più fertile di Europa (località Calabricito Acerra), gli scarti delle industrie di gas nervini militari provenienti
dalla bonifica della val Bormida (Resit – Giugliano in Campania).
Questi sono i veri rifiuti, dove diventa oro tutto quello che si smaltisce. Questi sono i rifiuti che
uccidono ovunque vengono bruciati o interrati. Questi sono i rifiuti tossici, la cui correlazione con il danno
alla salute viene certificata anche oggi dalla Procura di Napoli Nord. Questi dati non fanno altro che
rinnovare l’immenso dolore per noi che ci occupiamo delle Terre dei Fuochi di Italia da decenni.
Non fanno altro, infatti, che confermare, e anche per un territorio molto meno vasto (solo i Comuni
compresi nella Procura di Napoli Nord), quanto era già scritto chiaramente nel cosiddetto “Studio
Bertolaso” del lontanissimo 2007 e da me riportato e discusso in Parlamento il 16 gennaio 2008!

FIGURA 1

26
È un “paradosso epidemiologico”: i Comuni a minore densità abitativa (Giugliano in Campania
1255 abitanti/kmq, Caivano (1375) rispetto a Napoli (2615), sono i Comuni a maggiore rischio di cancro e
danno alla salute da rifiuti nel territorio della sola Procura di Napoli Nord. Sono i Comuni dove, proprio
per la presenza di ampi spazi demaniali o privati non controllati, è possibile smaltire illegalmente i rifiuti
industriali, avvelenando non solo l’aria, ma soprattutto la falda acquifera e i pozzi! Come ancora non è stato
reso noto da Campania Trasparente!

Ancora oggi in Campania, come in Lombardia e come in tutto il resto di Italia, si pensa – sbagliando -
che il problema dei rifiuti siano i rifiuti urbani. Perché continuiamo a perdere tempo?

Perché i cittadini italiani non devono sapere né capire quanto sia grave, dannosa, ma lucrosissima,
questa deviazione dall’attenzione verso il rifiuto - il rifiuto industriale - di cui dovrebbero quasi
esclusivamente occuparsi e soprattutto controllare?

La mia colpa più grave, quella che gli ecocriminali, insieme ai loro complici e ai politici collusi,
imprenditori e medici negazionisti non mi perdoneranno mai, è quella di avere dato una affidabile
indicazione quantitativa di questa terza categoria, quella che fa fare i veri denari, ma è anche quella che ci
uccide tutti ogni giorno, inesorabilmente.
Come anche oggi confermano, e per l’ennesima volta, i dati forniti alla Procura di Napoli Nord
dall’Iss, a noi già noti ed inseriti nel nostro lavoro con il Prof. Antonio Giordano del 2018, ovviamente
criticato dai “negazionisti”.
Quante decine di migliaia di vite avremmo potuto salvare se avessero semplicemente ascoltato senza
contestare e/o negare i dati già presentati da Iss sin dal 2008 con lo “Studio Bertolaso” fino ai nostri del
2018?
Non siamo felici di avere sempre avuto ragione. Siamo profondamente addolorati, perché ancora
oggi stiamo perdendo tempo a discutere di dati ormai arcinoti, mentre ancora in regione Campania siamo a
zero impianti a norma per rifiuti industriali e tossici e siamo in Italia ancora allo zero assoluto per una
tracciabilità certificata dei rifiuti industriali.
Ad inizio 2020 è stato pubblicato, altresì, l’Atlante di Mortalità 2006-2014 della Regione Campania,
in pieno lockdown per il Covid-19. Tale pubblicazione è avvenuta nel massimo silenzio istituzionale, come di
prassi quando non si possono fare hollywoodiane conferenze stampa.

Scorrendo la tabella dei 550 Comuni della Regione Campania e, semplicemente, seguendo con gli
occhi gli asterischi di significatività statistica per gli otto anni del massimo impegno civile dei Medici per
l’Ambiente (2006-2014) – con la conseguente “Probabilità di rischio a posteriori” (Pp) – possiamo ritrovare
quello che ha segnato con infinito dolore il lavoro e il sacrificio di tanti come me, diventati loro malgrado
negli anni medici eroi o ciarlatani a seconda del punto di vista

Viene così confermato, nel 2020 (!), il famoso “Triangolo della Morte”, pubblicato su Lancet
Oncology nel 2004 (Acerra RR 1,6 PP > 97.5%, Nola-Marigliano 2,68 – Mariglianella 2,82 – Brusciano 2,91),
la cosiddetta “Terra dei Fuochi campana” (Acerra 1,61, Castello di Cisterna, Afragola, Casoria, Caivano 1,79,
Cardito 1,71, Casalnuovo 1,63, Crispano, Frattamaggiore e Frattaminore, Aversa, Santa Maria Capua Vetere,
Marcianise), cioè il territorio in gran parte ricompreso nel sempre contestato dalla Regione Campania
“Progetto Sentieri” dell’Istituto Superiore di Sanità come “Area Litorale Domitio Flegreo”.

La linea dei Comuni interessati tra Napoli e Caserta segue in particolare la linea dei Regi Lagni e
quella della falda acquifera superficiale riscontrata pesantemente inquinata nell’80% dei pozzi analizzati
grazie alle battaglie di tanti eroi come il vigile Michele Liguori ed il generale, già ministro, Sergio Costa.

Il Vesuviano (dove tutto ebbe inizio oltre 50 anni fa, con l’inquinamento industriale del Sarno e il
lavoro “a nero” cinese) offre il suo contributo di sangue con Somma Vesuviana, San Giuseppe Vesuviano,
Scafati, Angri, Comuni per un totale complessivo di cittadini danneggiati e monitorati da inquinamento

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industriale di non meno di 2 milioni, pari a circa il 30% dei cittadini italiani censiti che risultano danneggiati
da inquinamento industriale, secondo le stime dell’Istituto Superiore di Sanità.

“I dati di mortalità rappresentano un prezioso supporto conoscitivo per l’analisi dello stato di
salute della popolazione – si legge nel rapporto – Gli eccessi rispetto al dato nazionale della mortalità
generale e per alcune cause specifiche rilevati nel periodo 2006-2014 in Regione Campania, suggeriscono di
attivare sul territorio regionale interventi più stringenti sia in termini di prevenzione primaria (di natura
individuale e ambientale) sia di gestione dell’intero percorso diagnostico-terapeutico-assistenziale di alcune
patologie”

Questi dati, pubblicati soltanto nel 2020, risultano sempre in linea con il cosiddetto “Studio
Bertolaso”, che, sin dal 2008, ha evidenziato negli stessi Comuni un eccesso di rischio di mortalità per
cancro legato allo sversamento di rifiuti soprattutto industriali. Questi Comuni sono infatti caratterizzati
da una vasta area industriale comunale, una grande disponibilità di aree demaniali e bassa densità abitativa
(esempio Acerra 971 abitanti/kmq vs Napoli 2615 abitanti/kmq).

In questo caso, dunque, per urbanizzazione non si devono intendere le aree a maggiore densità
abitativa, ma tutte quelle zone dove si smaltiscono in prevalenza rifiuti industriali. Bisogna ricordare che,
ancora oggi (dati Ispra maggio 2020) in Campania non esistono impianti finali a norma per il corretto
smaltimento dei rifiuti speciali – industriali, ospedalieri, tossici e radioattivi. Altri 2,5 milioni di
tonnellate/anno di rifiuti industriali prodotti. Ogni anno.

Questi numeri danno un senso alla nostra Storia, soprattutto ora che le restrizioni per il Covid-19
hanno spento Terra dei Fuochi e ripulito il Sarno in un solo mese e mezzo.

Questi numeri rendono onore e giustizia a tutti quei medici onesti che hanno iniziato a combattere
nel 2006 e hanno proseguito per tutta la vita, come Maurizio Montella nella sua Pozzuoli e Gerardo
Ciannella ad Ercolano. La nostra lotta non è finita, anzi, adesso, grazie al Covid-19, ha piena legittimità e
forza per continuare. Io ho avuto dalla Provvidenza il dono di poterlo vedere in vita. Non possiamo, non
vogliamo e non dobbiamo permettere che, anche dopo il coronavirus, lo scorretto smaltimento dei rifiuti
industriali continui a massacrare i cittadini in tutte le Terre dei Fuochi di Italia.

La nuova classificazione dei rifiuti urbani introdotta dal decreto legislativo n 116 del 11/9/2020 ha
già determinato notevole scompiglio, non avendo minimamente tenuto conto dell’enorme quantità reale di
rifiuti industriali, anche assimilabili agli urbani, ma prodotti in regime di evasione fiscale che si
sovrappongono ogni giorno ai rifiuti urbani. Operativa dal 1 gennaio 2021, la disciplina ha ridefinito il
perimetro dei rifiuti speciali e di quelli urbani, facendo rientrare tra questi ultimi un lungo elenco di rifiuti
prodotti da attività commerciali e artigianali simili per qualità agli urbani.

Scopo lodevole del nuovo Dl 116 è quello di migliorare il riciclo e il riutilizzo di una notevole serie di
rifiuti potenzialmente riciclabili, semplificando le classificazioni ed i registri, ma sempre e solo cartacei,
(quindi falsificabili senza riscontri immediati di carattere informatico) e responsabilizzando le aziende
produttrici di tali rifiuti. Quei rifiuti, cioè, che un tempo erano speciali, ma “assimilati” o “assimilabili”, e che
per effetto della nuova disciplina sono diventati rifiuti urbani tout-court.

Ma queste attività manifatturiere, specie in Campania, sono tra quelle a maggiore evasione fiscale
anche quindi per la produzione e relativa dichiarazione e smaltimento di rifiuti. La norma ha già presentato
fin da subito difficoltà interpretative e applicative a ogni livello della filiera. Ad esempio: il cambio di status
giuridico dei rifiuti, da speciali a urbani, ha reso necessaria la modifica delle autorizzazioni per le imprese,
da quelle della raccolta agli impianti di trattamento, pena la sospensione delle attività o il rischio di
incappare in denunce e sanzioni.

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In relazione alla nostra classificazione quantitativa di produzione reale di rifiuti, risulterebbe come
conseguenza un incremento non inferiore di circa 0,5 kg procapite/die di rifiuti urbani, ma di questo
quantitativo una potenziale e notevole parte potrebbe essere prodotta in regime di evasione fiscale e
quindi non, nè dichiarabile facendo ricadere tutto l’onere, sia economico che di danno alla salute,
esclusivamente sui cittadini e sui comuni, specialmente quelli sedi di impianti di smaltimento finale
(esempio Brescia, Acerra).

Sulla stessa linea si sono poi mossi una serie di enti locali, come le province di Bergamo e Brescia,
territori martiri dei flussi di rifiuti industriali non tracciati verso impianti autorizzati, presenti in eccesso sui
propri territori, ma in tantissimi altri casi, invece, gli operatori stanno continuando a lavorare in una sorta di
limbo amministrativo. I nodi ancora da sciogliere sono tanti. Come, ad esempio, quelli di natura tributaria.

I nuovi rifiuti urbani, dice infatti la norma, restano sul libero mercato proprio com’era per gli
speciali assimilabili o assimilati. Non avrebbero quindi l’obbligo dello smaltimento di prossimità come per
i classici rifiuti urbani. Ma, come sinora i rifiuti industriali e tossici, avrebbero piena libertà di andare nel
mondo presso chi certifica di smaltirli o riciclarli al prezzo più basso del libero mercato. Il medesimo
meccanismo patogenetico, in assenza di tracciabilità certificata dei rifiuti, che continua ad essere solo
cartacea, della nascita delle Terre dei Fuochi in tutta Italia.

Significa infatti che le utenze non domestiche possono scegliere di “uscire” dal servizio pubblico per
la gestione dei loro rifiuti, sebbene oggi considerati urbani, e di ottenere riduzioni della Tari se dimostrano
di averli avviati a recupero. Ma siamo sicuri che quelle certificazioni solo cartacee garantiranno il corretto
riciclo e il corretto smaltimento? E dovunque nel mondo?

Il problema è che la norma manca di coordinamento tra la parte ambientale e quella tributaria,
come sottolineato nelle scorse settimane anche dal Ministero delle Finanze, e l’ambiguità apre scenari di
fatto imprevedibili.

Ambiguità pericolosissime sul piano di una “legalizzazione” involontaria della sovrapposizione di


rifiuti industriali anche tossici a quelli urbani, nella perdurante totale assenza di una tracciabilità dei rifiuti
certificata a livello nazionale!

Da un lato, infatti, i comuni temono che la scarsa chiarezza della disciplina possa tramutarsi in una
fuoriuscita di massa e sregolata delle utenze non domestiche dal servizio pubblico, ovvero in un’emorragia
di denaro che li costringerebbe ad aumentare la tariffa per i cittadini. Dall’altro lato, invece, le imprese
produttrici dei “nuovi” rifiuti urbani temono che i nodi interpretativi e applicativi possano di fatto
ostacolare la loro libertà di scelta, spingendole a rimanere nel servizio pubblico, ma soprattutto rendendo
tracciabile ciò che non si vuole che sia tracciabile! Anche perché, a differenza di quanto accadeva con i
rifiuti assimilati, la nuova classificazione introduce l’obbligo, per chi sceglie di lasciare il servizio pubblico,
di dimostrare di avere affidato i propri rifiuti “per almeno cinque anni” ad un operatore privato
autorizzato.

Pensiamo veramente che il danno alla salute pubblica che noi scontiamo ogni giorno nelle Terre dei
Fuochi di tutta Italia, possa veramente andare verso una risoluzione e non una recrudescenza se non
riusciremo a dare, come chiede Papa Francesco, dignità e trasparenza al lavoro azzerando quell’enorme ed
eccessivo insulto, in gran parte solo italiano, dell’eccesso di “lavoro precario”, ma soprattutto di “lavoro a
nero”?

Conclusioni

(Dott. Gennaro Allocca)

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“Dimostrato il legame (con causalità) tra inquinamento ambientale e aumento delle patologie infauste, la
Chiesa, nella sua riconosciuta qualità di massima autorità morale sul territorio, faccia massa critica al fine di
indurre la “politica” ad avviare la bonifica del territorio e, soprattutto, quella delle “coscienze”, molto più
inquinate del territorio medesimo. E’ questa “l’ultima spiaggia” oltre la quale si supera il punto di non
ritorno. Noi siamo presenti e pronti a fare la nostra parte fino in fondo”.

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