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Appunti di diritto costituzionale - GOVERNO

Diritto Costituzionale (Università degli Studi di Pavia)

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TITOLO III- IL GOVERNO


La normativa, riguardante il Governo era da tutti i costituzionalisti, stata considerata la
parte più debole della Costituzione, in quanto ha maggiormente risentito del
cosiddetto complesso del tiranno, vale a dire, dal timore di attribuire se le
costituzionale al Governo quella eccessiva concentrazione di poteri che in passato
aveva acconsentito l'avvento del fascismo.
Il Governo, costituisce l'organo Costituzionale più attivo, ed è il principale protagonista
della vita politica del Paese, in quanto titolare, sulla base della fiducia parlamentare,
del potere di indirizzo politico del Paese.
Il Governo, è un organi:
- costituzionale: è posto a vertice dell’organizzazione costituzionale ed è titolare della
funzione di direzione politica,
- complesso: costituito da organi con competenze autonome,
- di parte: esprime la volontà delle forze politiche di maggioranza che lo sostengono
con la fiducia.
Il Governo, è un complesso di organi con funzioni:
- politiche: come partecipare alla direzione politica del paese, nell'ambito dell'indirizzo
politico sostenuto dalla maggioranza parlamentare,
- legislativo: può emanare in casi eccezionali o su delega delle Camere atti aventi forza
di legge, sotto il controllo del Parlamento
- esecutivo: è al vertice del potere esecutivo ed ai singoli ministri fanno capo tutti i
settori amministrativi dello Stato,
- di controllo sull'attività di tutti gli organi amministrativi.

ATTIVITA ED INDIRIZZO POLITICO


L’attività di indirizzo politico viene esercitata dal Governo in collaborazione con il
Parlamento e consiste nell’individuazione dei fini dell’azione statale, che si sostanzia
nelle fasi della determinazione, predisposizione dei mezzi ed attuazione. Gli atti
attraverso i quali il Governo esercita la funzione di indirizzo politico sono gli atti politici
volti alla formulazione ed attuazione delle scelte che il Governo, in armonia con le
previsioni della Costituzione, intende perseguire.
Tali atti:
- non sono vincolati ad alcun fine: si distinguono, dagli atti amministrativi, i quali sono
vincolati al perseguimento di finalità pubbliche e non possono essere utilizzati per fini
diversi da quelli previsti,
- inammissibili al di furi delle previsioni operate in Costituzione,
- non hanno forma tipica e sono insindacabili.
I settori di attività del Governo sono: la politica economica e finanziaria, politica estera,
politica dell’UE, politica militare e politica informativa e della sicurezza.
Commissario straordinario: è un organo eventuale, di natura speciale ed a competenza
settoriale definita. Può essere nominato solo per realizzare degli obiettivi determinati
in relazione a programmi ed indirizzi deliberati dal Parlamento o dal Consiglio dei

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ministri, oppure per far fronte a particolare e temporanea esigenze di coordinamento


meramente operativo fra le amministrazioni statali. La sua nomina è prevista con
decreto del PDR, su proposta del PDC.
Comitati di ministri ed interministeriali: servono per assicurare un sufficiente grado di
coordinamento, sono organi non necessari, ma che svolgono una consistevole mole di
lavoro.
Sono i comitati di ministri quelli istituiti con decreto del Consiglio dei ministri o dal PDC,
che hanno compiti di studio e di preparazione in vista della deliberazione del Consiglio,
mentre i comitati interministeriali, sono istituiti con legge dal Parlamento, cui sono
attribuite specifiche competenze di indirizzo ed amministrazione.
Consiglio di Gabinetto: previsto dalla legge 400/1988, il PDC può essere coadiuvato da
un comitato, ed è composto dai ministri da lui designati sentito il Consiglio dei ministri.

GOVERNO COME ORGANO ESECUTIVO


Ogni ministro è a capo di una struttura amministrativa complessa che ha la funzione di
tradurre in provvedimenti concreti gli atti di indirizzo espressione delle scelte politiche.
L’attività amministrativa provvede alla cura degli interessi pubblici. La PA esercita delle
scelte, che sono necessarie per applicare i principi generali alle fattispecie, dato che alla
norma giuridica consente di usare diverse strade, per arrivare allo stesso fine, si dice
discrezionalità amministrativa. Discrezionalità significa che l’amministrazione deve
valutare gli interessi pubblici e privati in gioco, e tutelare l’interesse pubblico, con il
minor sacrificio.
Al Governo fanno a capo, sia l’attività di indirizzo politico che l’attività amministrativa.
Vi sono due modelli:
- continuità tra politica ed amministrazione: si cerca di non separare le due attività. Il
ministro costituisce il vertice dell’amministrazione ed opera attraverso un sistema di
uffici a lui legati. Il ministro è direttamente responsabile degli atti dell’amministrazione,
la quale si deve uniformare alla volontà del vertice politico,
- separazione della politica e della amministrazione: spetta la determinazione degli
obiettivi e dei programmi da realizzare e la verifica dei risultati conseguiti.
L’amministrazione spetta attuare questi indirizzi, attraverso atti concreti, sapendo che
poi saranno valutati al raggiungimento degli obiettivi.
La continuità produce una più facile attuazione degli indirizzi ed una più evidente
responsabilità per gli atti della PA. Dall’altro canto vi è una forte influenza della PA in
ambito politico.
Il modello della separazione, non vengono portati avanti gli interessi di nessuno, però si
crea una maggiore difficoltà nel collegare gli indirizzi politici alla amministrazione.

ATTIVITA LEGISLATIVA ECCEZIONALE DEL GOVERNO – RIF. ART. 76 E 77


Il Governo, in via eccezionale, nei casi, modi e limiti stabiliti dalla Costituzione, può
esercitare la funzione legislativa, che istituzionalmente spetta al Parlamento.

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Vi sono due ipotesi tassativamente previste dalla Costituzione, quando si presentano le


seguenti circostanze:
- il Parlamento delega tale potere al Governo – entro determinati limiti – in materie
tecniche o delicate, per le quali si ritiene troppo lungo il procedimento camerale 
decreti legge
- il Governo, in casi di straordinaria necessità ed urgenza, assume autonomamente il
potere legislativo, sostituendosi alle Camere. Deve considerarsi una situazione
provvisoria, in quanto necessità di una apposita legge di conversione delle Camere, a
pena della decadenza ex-tunc del relativo provvedimento: in altre parole il
provvedimento governativo, se non viene convertito da una legge successiva, decade
sin dal momento della sua emanazione.  decreti legge.

ART. 92 – LA COMPOSIZIONE E LA FORMAZIONE DEL GOVERNO


Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei Ministri, che
costituiscono insieme il Consiglio dei Ministri.
Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su
proposta di questo, i Ministri.

STRUTTURA DEL GOVERNO


Le più importanti funzioni politico amministrative dello Stato sono affidate, secondo il
dettato costituzionale, al Governo della Repubblica: organo complesso, formato da una
pluralità di organi: il Presidente del Consiglio dei Ministri, il Consiglio dei Ministri e
singoli ministri. Il Presidente del Consiglio, è un organo monocratico formato cioè, da
una sola persona, nominata dal Capo dello Stato. È posto, al vertice dal Governo, con le
funzioni di promuovere e coordinare l'attività dei ministri e dello stesso Consiglio.
Il PDR nomina il PDC ed i ministri, con un atto da lui stesso controfirmato e dura in
carica fino a quando vi è la fiducia delle Camere.
Le sue di dimissioni, comportano automaticamente, la caduta del Governo.
I ministri fanno parte di un organo collegiale e sono nominati dal Capo dello Stato, su
indicazione del Presidente del Consiglio e ricoprono un duplice ruolo, sia di membri del
Consiglio dei Ministri, sia che di organi di direzione di un ministero, cioè di un singolo
settore dell'amministrazione statale.

COME NASCE IL GOVERNO


L’articolo 92, si limita solo a indicare nel Capo dello Stato, l’organo incaricato di
nominare Presidente del Consiglio, ma non spiega le modalità di costituzione.
Durante la Prima Repubblica, in presenza di risultati elettorali frammentati ed in
presenza di un sistema multipartitico, che non assegnava ad alcun partito la
maggioranza assoluta, il Presidente della Repubblica era chiamato dopo i risultati
elettorali ad identificare e scegliere il futuro presidente del Consiglio, figura intorno alla
quale si potesse successivamente, raccogliere una maggioranza di consensi per
chiedere la fiducia alle Camere. Si era istituita una prassi costituzionale, che aveva dato

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vita a un complesso di regole frutto, soprattutto di accordi fra i diversi soggetti politici e
costituzionali coinvolti nella formazione del Governo.
Il procedimento iniziava con le consultazioni del Capo dello Stato, volta conoscere gli
orientamenti dei più autorevoli rappresentanti politici, al fine di individuare la
personalità in grado di dirigere un Governo di coalizione. Al termine di questa fase, il
Presidente della Repubblica conferiva l’incarico alla persona con maggiore probabilità
di formare un nuovo Governo. L'incaricato, se riusciva a raccogliere intorno al suo
programma politico di governo, la maggioranza dei deputati e senatori, il capo dello
Stato nominava l'incaricato Presidente del Consiglio. In caso contrario, affidava
l'incarico ad un'altra persona politica oppure se dopo vari tentativi vi era l'impossibilità
di formare il Governo scioglieva le Camere per indire nuove elezioni.
Questa complessa prassi veniva seguita prima dell'introduzione del sistema misto, che
permetteva la nascita delle grandi coalizioni tra partiti, a causa della disomogeneità
delle forze politiche presenti in Parlamento nessuna delle quali era, durante la Prima
Repubblica, in grado di ottenere da solo la maggioranza per governare, dovendo così
ricorre ai Governi di coalizione.
Nelle elezioni del 1994, del 1996, del 2001, del 2006 e del 2008 affermatasi in un
sistema bipolare, tale disposizione ha conservato solo un valore formale, in quanto il
Presidente della Repubblica non ha dovuto seguire nessuno laborioso procedimento
per la scelta del Capo di Governo, essendo in grado di conferire immediatamente
l'incarico al leader della coalizione vincente, che forte della maggioranza che lo ha
eletto, è in grado di salire al Colle già con la fiducia.
In caso di bipolarismo o bipartitismo, quanto detto funziona se, uno dei poli o partiti
raggiunge la maggioranza assoluta.
Il Governo una volta nominato, per ottenere la fiducia delle Camere deve stabilire un
programma di Governo cardine, sul quale si regge la fiducia. Una volta entrati in
funzione, il Governo dura in carica fino a quando è sostenuto dalla fiducia della
maggioranza parlamentare.

CONFLITTO DI INTERESSI
Nell'ipotesi in cui, alcune cariche vengano ricoperte da soggetti, con rilevante potere
economico occorreva disciplinare lo status dei parlamentari per evitare l'abuso ai fini
personali della carica istituzionale ricoperta. Per evitare complicazioni di questo
genere, è stata approvata la legge n. 215/2004, con la quale si richiede ai titolari delle
cariche di Governo, nell'esercizio delle loro funzioni, la dedizione esclusiva e la cura
degli interessi pubblici, per evitare qualunque situazione di conflitto di interessi. Tale
situazione, sussiste ogni qualvolta, il titolare di cariche di Governo si trovi in una delle
condizioni di incompatibilità o quando partecipa, all'adozione di un atto, ovvero ometta
un atto dovuto, avente un’incidenza specifica preferenziale sul suo patrimonio o su
quello dei suoi congiunti.
Chi ha incarichi di Governo, può ad ogni modo, mantenere la proprietà di imprese,
pacchetti azionari e patrimoni finanziari. Ciò che risulta incompatibile, è la gestione di

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un patrimonio imprenditoriale e finanziario, ma non la semplice proprietà. Va ricordato


infine, che la vigilanza sugli atti del Governo, in relazione ad eventuali conflitti di
interesse, è affidata l'Autorità Garante
della Concorrenza e del Mercato. Nel caso di imprese editoriali la competenza a
vigilare è affidata all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni – che può sanzionare
le imprese secondo quanto previsto dalla legge sulla par condictio.

ART. 93 – GIURAMENTO DEL GOVERNO


Il Presidente del Consiglio dei Ministri e i Ministri, prima di assumere le funzioni,
prestano giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica.

Il giuramento, di fedeltà alla Repubblica, è una condizione per legittimo esercizio


delle funzioni governative e costituisce la fase integrativa dell'efficacia e della
formazione del Governo, dopo il quale, lo stesso ha titolo per iniziare la sua attività.
Il giuramento segue immediatamente alla nomina, ed è prestato nelle mani del
Presidente della Repubblica in veste di rappresentante dell'unità nazionale.
Con tale promessa solenne nelle mani del PDR, il neo Presidente del Consiglio ed i
ministri, s'impegnano a prestare fedeltà alla Repubblica, osservare la Costituzione
ed a svolgere le funzioni che la carica comporta. Dopo il giuramento, il Governo
deve chiedere la fiducia alle Camere. Fino al momento in cui il Governo non chiede la
fiducia alle Camere, può svolgere attività di ordinaria amministrazione.

ART. 94 - RAPPORTO DI FIDUCIA PARLAMENTO E GOVERNO


Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere.
Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per
appello nominale.
Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per
ottenerne la fiducia.
Il voto contrario di una o d’entrambe le Camere su una proposta del Governo non
importa obbligo di dimissioni.
La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti della
Camera e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua
presentazione.

Il sistema parlamentare, che caratterizza il regime democratico del nostro paese, si


regge sul rapporto di fiducia tra il Parlamento e Governo. Secondo quanto previsto
dalla Costituzione, il Parlamento, che rappresenta il popolo ed ha un potere
autonomo ed indipendente, è chiamato ad esercitare un controllo politico
sull’operato del Governo, controllo che si effettua attraverso l'istituto della Fiducia.
Il Governo entro 10 giorni da giuramento, deve presentarsi davanti le Camere per

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ottenere la fiducia, vale a dire l’atto di gradimento politico, con cui il Parlamento
aderisce al programma politico del Governo. Deve essere votata per appello
nominale, motivata e votata con scrutinio palese. Il voto palese ha lo scopo di
rendere trasparenti le posizioni dei diversi partiti politici e rafforza l’assunzione di
responsabilità che viene data a ciascun membro delle Camere. La fiducia viene
votata a maggioranza semplice.
La fiducia è una relazione continua e costante che si istaura istituzionalmente tra
Governo e Parlamento.
Il Governo, per poter stare in carica devi godere sempre del consenso e il sostegno
della maggioranza parlamentare sul suo programma politico.

CRISI DI GOVERNO e DIMISSIONI


Si apre la crisi quando al Governo viene meno la fiducia della maggioranza
parlamentare. La crisi di Governo, può distinguersi in:
- parlamentare: in seguito ad una sfiducia parlamentare, che può essere:
a. tacita: in seguito a dei comportamenti del Parlamento che fanno presuppore la
mancanza di fiducia,
b. espressa: accordata o revocava mediante un atto, detto mozione, la mozione
deve essere proposta e firmata da almeno un decimo dei membri di ciascuna
Camera, deve essere votato per appello nominale. Non può essere messa in
discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione.
- extraparlamentare: che prescindono da una formale espressione in Parlamento, e
che nella prassi si sono verificate per i seguenti motivi:
a. morte, grave malattia e dimissioni del PDC,
b. decisioni della CC che incidono sull’indirizzo politico del Governo,
c. prese di posizioni degli organi direttici dei partiti, in contrasto con i contenuti
del programma politico governativo,
d. dissenso insorto tra PDR e Governo,
e. orientamenti di stampa, di opinione o gravi manifestazioni di piazza contrari al
Governo,
f. mutuati atteggiamenti dei gruppi parlamentari,
g. svolgimento di nuove elezioni politiche,
h. elezione del PDR con una maggioranza diversa da quella del Governo.

Le dimissioni del Governo possono essere:


- obbligatorie: a seguito della sfiducia di una delle due Camere o di mancata
concessione della fiducia iniziale, ed il PDR ha l’obbligo di accettarle,
- di rito: a seguito di elezione del nuovo PDR, che provvederà a respingerle,
- facoltative: a seguito dei mutuati rapporti con il Parlamento con i partiti che
l’appoggiano, il Capo dello Stato può respingerle ed invita il Governo a presentarsi
davanti le Camere per cercare un nuovo accordo.
Le dimissioni di solito, accettate con riserva dal PDR, il Governo dimissionario rimane

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in carica, su invito del Capo dello Stato, sino alla nomina del nuovo Governo, per il
disbrigo degli affari di normale amministrazione. Il Governo dovrà astenersi da tutti
quegli atti discrezionali, che possono essere rinviati al successivo Governo senza
particolari problemi.

MOZIONE DI FIDUCIA
Si definisce mozione, la richiesta con cui, uno o più parlamentari, possono provocare
attualmente, una discussione ed una votazione, sull’attività del Governo, in
determinati settori o su problemi di pubblico interesse.
La mozione di fiducia, è l’atto con cui al momento ciascuna Camera, approva il
programma e la composizione del Governo, istituendolo. Il Governo, entro 10 gg
dalla sua formazione, si presenta alle Camere per ottenere il voto di fiducia. In
questa occasione il neo Presidente del Coniglio espone il programma di Governo.
A questo punto, il Parlamento, in base al programma politico, vota la mozione di
fiducia, che è un documento contenente le motivazioni per le quali i diversi gruppi
parlamentari che insieme costituiscono la maggioranza si impegnano a sostenere il
Governo, la fiducia, deve essere votata per appello nominale, per permette
all’opinione pubblica di conoscere la posizione, di ciascun parlamentare sul
programma del Governo.
Una volta ottenuta la fiducia il Governo entra nella pienezza delle sue funzioni.

RIMPASTO
Il rimpasto, consiste nella sostituzione di uno o più ministri, o perché questi non
godono più della fiducia del PDC o delle forze di maggioranza, o per altre cause –
malattia, morte ecc…
Generalmente il singolo rimpasto non causa la crisi di Governo, anzi costituisce il
mezzo per evitarla: se il rapporto di fiducia viene meno con uno o più ministri, la
sostituzione può risultare la condizione necessaria per mantenere in piedi l’accordo
di Governo e per conservare l’appoggio del Parlamento.

MOZIONE DI SFIDUCIA
Nel corso della legislatura il Parlamento, libero indipendente può, in qualsiasi
momento ritirare il proprio consenso al Governo revocando il mandato e
costringendolo alle dimissioni. Per far sì che ciò avvenga, è necessario che almeno
un decimo dei componenti di una camera presentino e firmino una mozione di
sfiducia. Alla pari della mozione di fiducia, la sfiducia deve essere motivata e deve
indicare le ragioni per le quali partiti ed i parlamentari, non ritengono più opportuno
appoggiare il Governo in carica.
Il voto favorevole alla sfiducia, di una sola Camera, non comporta l’obbligo di
dimissioni.
Il rapporto fiduciario tra Governo e Parlamento viene meno in seguito alla mozione
di sfiducia.

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QUESTIONE DI FIDUCIA
La questione di fiducia, deve essere distinta dalla mozione di fiducia – che si
concretizza nel consenso manifestato dalle Camere all’azione del Governo.
La questione di fiducia, invece, è un istituto, sorto nella prassi parlamentare e non
previsto dalla Costituzione. Il Governo, in casi ritenuti di vitale importanza per il suo
operato, può chiedere alla maggioranza parlamentare di votare a favore di una
proposta, pena le dimissioni. Con questo espediente, e suscitando il timore della
caduta del Governo, il Parlamento è spinto ad allinearsi con i pensieri del Governo. Si
vota a scrutinio palese, ed inoltre nel momento in cui la questione di fiducia viene
posta, se sulla norma oggetto della questione erano posti degli emendamenti,
questi decadono.

ATTENTATO ALLA DEMOCRAZIA PARLAMENTARE


La nostra Costituzione repubblicana, prevede l'instaurazione di un sistema
parlamentare che pone in posizione paritaria e al Centro dell'ordinamento, le
Camere elettive, mentre il Governo è legato da un rapporto di fiducia che lo tiene in
vita. Questa forma di Governo prevede la prevalenza istituzionale del Parlamento,
espressione della sovranità popolare.
Da tempo invece, si assiste in Italia, a un fenomeno che pur non previsto dalla
Costituzione ha mutato il costume parlamentare, quello dell'abuso del ricorso alla
questione di fiducia, con il quale il Governo fa pesare al di là dei suoi poteri, la sua
volontà in ambito legislativo, ricattando il Parlamento affinché un suo
provvedimento, il decreto legge, venga comunque convertito in legge, pena la
minaccia di causare lo scioglimento delle Camere.
Tale evento, determinerebbe una crisi parlamentare. Il ricorso abnorme alla
questione di fiducia, ha praticamente svuotato del suo significato la democrazia
parlamentare, facendo pendere in molte circostanza l’ago della bilancia a favore del
Governo a discapito del Parlamento.
Oggi, venuta meno nei momenti decisivi la centralità del Parlamento, siamo di
fronte ad una forma di Governo anomala, in cui un Governo prepotente è un grado
di affermare la sua supremazia nei confronti del Parlamento.

ART. 95 – LA FUNZIONE DEI MEMBRI DEL GOVERNO


Il Presidente del Consiglio dei Ministri dirige la politica generale del Governo e ne è
responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e
coordinando l’attività dei Ministri.
I Ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei Ministri, e
individualmente degli atti dei loro dicasteri [89].
La legge provvede all’ordinamento della Presidenza del Consiglio e determina il
numero, le attribuzioni e l’organizzazione dei Ministeri.

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COMPITI DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO


La Costituzione attribuisce, al PDC, la funzione di dirigere e coordinare l'attività del
Governo al fine di conservare l’attività di indirizzo politico e amministrativo,
espressione che è sinonimo di programma politico, mediante il quale il Governo
stabilisce gli obiettivi da perseguire, i mezzi e le risorse finanziarie per realizzarli.
Il Presidente del Consiglio propone la nomina dei ministri al capo di Stato e dirige la
loro attività – può assumere la direzione di un ministero se vacante. Inoltre,
controfirma gli atti presidenziali che hanno valore legislativo e gli altri atti indicati
dalla legge.
Il Presidente del Consiglio rappresenta il Governo nei rapporti con gli altri organi
costituzionali, intervenendo nei giudizi di legittimità, espone il programma del
Governo alle Camere, al Capo dello Stato presenta le proprie dimissioni – che
impegnano tutto il Governo.
Presiede il CIPE, ed esercita funzioni di direzione in materia di servizi per la
sicurezza, presenta disegni di legge di iniziativa governativa alle Camere.
Viene anche chiamato a regolare il ritmo delle attività del Consiglio, fissando le
sedute e redigendo l'ordine del giorno delle questioni da affrontare, dando così,
impulso o ritardando, la trattazione di determinate materie. Infine, promuove gli
adempimenti governativi conseguenti alle pronunce della Corte Europea dei diritti
dell’uomo emanate nei confronti dello Stato italiano.
Al Presidente del Consiglio spetta anche la presidenza di tre importanti organi, che
garantiscono il raccordo tra lo Stato e le autonomie territoriali:
- la Conferenza Permanente Stato-Regioni,
- la Conferenza Stato-Città e le autonomie locali,
- la Conferenza unificata per le materie ed i compiti di interesse comuni delle
Regioni, delle Province e dei comuni.

LA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO


La Presidenza del Consiglio è rappresentata dall'insieme degli uffici che assistono il
Presidente del Consiglio nello svolgimento delle sue funzioni. La Costituzione ha
previsto che un'apposita legge ne definisca, in maniera più precisa, i poteri, le
responsabilità ed i compiti. Questa norma ha avuto attuazione solo 40 anni dopo
con la legge del 23 agosto del 88 la numero 400, che tra l'altro ha istituito il
Segretariato Generale della Presidenza del Consiglio, che svolge importanti compiti
di coordinamento dell'attività amministrativa e normativa del Governo,
organizzando anche gli uffici che collaborano direttamente con il Presidente del
Consiglio.

VICE PRESIDENTE DEL CONSIGLIO


Tale carica non è prevista dalla Costituzione, però l’art. 8 della legge 400/1988
disciplina questo ruolo, prevedendo che il PDC possa proporre al Consiglio dei
Ministri l’attribuzione aduno o più ministri la funzione di vice Presidente. Al vice

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Presidente più anziano spetterà la supplenza in caso di assenza o impedimento


temporaneo. In assenza di tale carica, la supplenza spetterà al ministro più anziano.

MINISTRI
I ministri sono nominati con decreto del PDR, su scelta esclusiva del PDC. Possono
essere scelti anche fra cittadini non appartenenti al Parlamento, e sono organi
costituzionali, con funzioni:
- politiche,
- amministrative: in quanto sono a capo dei ministeri, cioè organi complessi centrali
dello Stato, ciascuno dei quali dirige un settore della PA.
Tra le funzioni costituzionali, abbiamo:
- il diritto di iniziativa legislativa, che si esercita presentando al Consiglio dei Ministri
disegni di legge da sottoporre alle Camere,
- la controfirma degli atti del Presidente della Repubblica, che loro stessi hanno
proposto e di cui si assumono la responsabilità,
- la partecipazione alle riunioni e all'attività del Governo tramite la presenza del
Consiglio dei Ministri.
Tra le funzioni amministrative, abbiamo:
- emanazione di atti amministrativi e di alta amministrazione,
- il potere di iniziativa della semplificazione e del riassunto normativo delle materie
di loro competenza.
I ministri al pari del Presidente del Consiglio rispondono dinanzi al Parlamento sia
delle decisioni prese dagli organi collegiali a cui partecipano, sia dall'attività da
questi svolta a capo del Ministero di loro competenza. Inoltre, rispondo per gli atti
del PDR per i quali abbiano collaborato e che hanno controfirmato, e per gli atti dei
loro sottoposti e per gli atti dei loro dicasteri – responsabilità politica.
Per quanto riguarda i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni, i ministri,
come tutti i funzionari e dipendenti dello Stato, rispondono degli atti da loro
compiuti in violazione dei diritti secondo le leggi penali, civili ed amministrative –
responsabilità giuridica.

Vi sono dei ministri senza portafoglio, presenti in numero variabile. Si indicano quei
ministri i quali sono tali quanto ai compiti a loro affidati, ma non sono a capo di un
Dicastero di cui siano responsabili e che, quindi, non hanno compiti amministrativi.
Questa figura è stata disciplinata dalla legge 400/1988, che prevede che, all’atto
della formazione del Governo, possono essere nominati dal PDR, presso la
Presidenza del Consiglio, ministri senza portafoglio, i quali svolgono le funzioni loro
delegate dal PDC, sentito il Consiglio dei ministri.
Partecipano a pieno diritto alle deliberazioni del Consiglio dei ministri, dei cui atti
sono responsabili collegialmente al pari dei ministri con Dicastero.

CONSIGLIO DEI MINISTRI


Il Consiglio dei ministri è un organo collegiale, formato da tutti i ministri, dal PDC dal

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vice PDC, e dal sottosegretario alla Presidenza del consiglio – il quale esercita le
funzioni di segretario senza voto deliberativo.
Le attribuzioni sono precisate nella legge n.400/1988: il Consiglio determina la
politica generale del Governo, e ai fini dell’attuazione di essa, l’indirizzo generale
dell’azione amministrativa, delibera su ogni questione relativa all’indirizzo politico
fissato dal rapporto fiduciario con le Camere.
Sono sottoposte alla delibera del Consiglio:
- le dichiarazioni relative all’indirizzo politico, agli impegni ed alle questioni su cui il
Governo chiede la fiducia,
- i disegni di legge e le proposte di ritiro dei disegni già presentati al PDR,
- decreti aventi forza di legge ed i regolamenti,
- gli atti relativi al promovimento della questione di legittimità di una legge
regionale,
-le linee di indirizzo in tema di politica internazionale e comunitaria.

SOTTOSEGRETARIO DI STATO
I sottosegretari non sono disciplinati dalla Costituzione, ma dalla legge 400/1988.
Vengono nominati dal PDR su proposta del PDC, ed il segretario ha lo scopo di
coadiuvare. Il sottosegretario collabora con il ministro nel campo amministrativo,
coadiuvando, rappresentando il ministro in caso di impedimento temporaneo,
discutendo in Parlamento gli atti ed i progetti del ministro ed esercita le funzioni
attribuite delegategli con un decreto.
Sono pubblici funzionari, non hanno competenze proprie, ma svolgono le attività
delegate dal Ministro – delega temporanea e speciale.

ART. 96 – REATI MINISTERIALI


Il Presidente del Consiglio dei Ministri ed i Ministri, anche se cessati dalla carica, sono
sottoposti, per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione
ordinaria, previa autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei
deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale.

Tale norma fa riferimento alla responsabilità penale: il Presidente del Consiglio e dei
Ministri per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni istituzionali rispondono
penalmente (reati propri). Il PDC, anche se cessata la carica, è sottoposto per i reati
commessi, nell’esercizio della sua funzione, alla giurisdizione ordinaria, previa
autorizzazione del Senato o della Camera, secondo le norme stabilite dalle leggi
costituzionali.
Lo svolgimento dell'attività investigativa ed istruttoria è stato affidato a soggetti
appartenenti ad un potere diverso, quello giudiziario, in grado di assicurare la
corretta autonomia e indipendenza del giudizio.
Si ricordi, che il referendum del 1987, ha abolito la commissione inquirente, organo

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composto da deputati e senatori.


In particolare, la legge n.1/1989 ha esteso la giurisdizione ordinaria anche alle
ipotesi di reati ministeriali.
Qualora, si abbia notizia di un fatto criminoso compiuto da un ministro, la Procura
della Repubblica competente trasmette tale notizia, a un collegio di giudici, istituito
presso il Tribunale del Capoluogo del distretto della Corte d'Appello competente per
territorio.
Tale Collegio può disporre l'archiviazione o trasmettere una relazione motivata alla
Produca della Repubblica, per chiedere, se il ministro ricopre anche la carica di
parlamentare, alla Camera di appartenenza per l'autorizzazione a procedere.
La Giunta competente per l'autorizzazione, esamina la questione per poi riferire
all'assemblea. Successivamente l’Assemblea può:
- negare l'autorizzazione: a maggioranza assoluta dei suoi membri, ove reputi, con
valutazione insindacabile, che l’inquisito abbia agito per la tutela di un interesse
dello Stato costituzionalmente rilevante, ovvero, per il perseguimento di un
preminente interesse pubblico nell'esercizio delle funzioni di Governo.
- concedere l'autorizzazione: in tal caso il processo si svolge presso il Tribunale del
capoluogo del distretto della Corte di Appello competente per territorio detto
Tribunale dei ministri. La normativa, dunque, senza limitare l'autonomia delle
Camere, ha affidato a tecnici super partes, cioè dei magistrati, la competenza
istruttoria che precedentemente era attribuita alla Commissione inquirente.

RESPONSABILITA
Il PDC, dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile, quindi viene
sancita la sua responsabilità politica. È prevista, come per qualsiasi cittadino, in caso
di violazione di diritti soggettivi, una responsabilità giuridica e civile, che comporta
l’obbligo di risarcimento del danno - si applica l’art.28 della Costituzione, che
stabilisce la responsabilità diretta dei funzionari dello Stato per gli atti compiuti in
violazione di diritti, oppure per i danni verificatesi, in conseguenza del loro operato,
nei confronti dello Stato – es. danno erariale – rispetto al quale, esiste la
giurisdizione speciale della Corte dei Conti.

LODO ALFANO ED IL LEGITTIMO IMPEDIMENTO


La Costituzione nell’art. 96 dichiara la responsabilità di PDC o dei ministri per i reati
commessi nell’esercizio delle loro funzioni.
La legge n. 124/2008 – lodo Alfano, fu dichiarata incostituzionale con la sentenza n.
262/2009, che sospendeva per l’intera durata della carica i processi penali nei
confronti del PDR, PDC, Presidente della Camera e del Senato. Tale provvedimento,
si poneva in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, in quanto creava una illegittima
differenza di trattamento tra cittadini e rappresentanti dello Stato.
Dopo l’incostituzionalità del Lodo Alfano, è stata approvata la legge n. 51/2010,
relativa al legittimo impedimento. In particolare, per il PDC e per i Ministri,

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lOMoARcPSD|4330725

costituisce legittimo impedimento a comparire nelle udienze dei procedimenti


penali, come imputati, il concomitante esercizio di una o più delle attribuzioni
previste dalla legge o dai regolamenti, delle relative attività preparatore e
consequenziali, nonché di attività comunque coessenziale alle funzioni di Governo.
Anche con questa legge è intervenuta la CC, la quale ha dichiarato
costituzionalmente illegittimi i commi 3 e 4 per la violazione dell’art. 3 e 138 della
Costituzione, con la sentenza n. 23/2001.
Il problema rilevato è che la legge sanciva, una presunzione assoluta del legittimo
impedimento richiamando in modo dettagliato una serie di norme relative
all’attività di Governo comprese quelle preparatorie e consequenziali che
legittimavano di fatto sia il Presidente del Consiglio a non comparire in udienza per
qualsivoglia impegno istituzionale, importante o meno.
Il Referendum del 2011, ha abrogato la legge 51/2010.

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