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vita a un complesso di regole frutto, soprattutto di accordi fra i diversi soggetti politici e
costituzionali coinvolti nella formazione del Governo.
Il procedimento iniziava con le consultazioni del Capo dello Stato, volta conoscere gli
orientamenti dei più autorevoli rappresentanti politici, al fine di individuare la
personalità in grado di dirigere un Governo di coalizione. Al termine di questa fase, il
Presidente della Repubblica conferiva l’incarico alla persona con maggiore probabilità
di formare un nuovo Governo. L'incaricato, se riusciva a raccogliere intorno al suo
programma politico di governo, la maggioranza dei deputati e senatori, il capo dello
Stato nominava l'incaricato Presidente del Consiglio. In caso contrario, affidava
l'incarico ad un'altra persona politica oppure se dopo vari tentativi vi era l'impossibilità
di formare il Governo scioglieva le Camere per indire nuove elezioni.
Questa complessa prassi veniva seguita prima dell'introduzione del sistema misto, che
permetteva la nascita delle grandi coalizioni tra partiti, a causa della disomogeneità
delle forze politiche presenti in Parlamento nessuna delle quali era, durante la Prima
Repubblica, in grado di ottenere da solo la maggioranza per governare, dovendo così
ricorre ai Governi di coalizione.
Nelle elezioni del 1994, del 1996, del 2001, del 2006 e del 2008 affermatasi in un
sistema bipolare, tale disposizione ha conservato solo un valore formale, in quanto il
Presidente della Repubblica non ha dovuto seguire nessuno laborioso procedimento
per la scelta del Capo di Governo, essendo in grado di conferire immediatamente
l'incarico al leader della coalizione vincente, che forte della maggioranza che lo ha
eletto, è in grado di salire al Colle già con la fiducia.
In caso di bipolarismo o bipartitismo, quanto detto funziona se, uno dei poli o partiti
raggiunge la maggioranza assoluta.
Il Governo una volta nominato, per ottenere la fiducia delle Camere deve stabilire un
programma di Governo cardine, sul quale si regge la fiducia. Una volta entrati in
funzione, il Governo dura in carica fino a quando è sostenuto dalla fiducia della
maggioranza parlamentare.
CONFLITTO DI INTERESSI
Nell'ipotesi in cui, alcune cariche vengano ricoperte da soggetti, con rilevante potere
economico occorreva disciplinare lo status dei parlamentari per evitare l'abuso ai fini
personali della carica istituzionale ricoperta. Per evitare complicazioni di questo
genere, è stata approvata la legge n. 215/2004, con la quale si richiede ai titolari delle
cariche di Governo, nell'esercizio delle loro funzioni, la dedizione esclusiva e la cura
degli interessi pubblici, per evitare qualunque situazione di conflitto di interessi. Tale
situazione, sussiste ogni qualvolta, il titolare di cariche di Governo si trovi in una delle
condizioni di incompatibilità o quando partecipa, all'adozione di un atto, ovvero ometta
un atto dovuto, avente un’incidenza specifica preferenziale sul suo patrimonio o su
quello dei suoi congiunti.
Chi ha incarichi di Governo, può ad ogni modo, mantenere la proprietà di imprese,
pacchetti azionari e patrimoni finanziari. Ciò che risulta incompatibile, è la gestione di
ottenere la fiducia, vale a dire l’atto di gradimento politico, con cui il Parlamento
aderisce al programma politico del Governo. Deve essere votata per appello
nominale, motivata e votata con scrutinio palese. Il voto palese ha lo scopo di
rendere trasparenti le posizioni dei diversi partiti politici e rafforza l’assunzione di
responsabilità che viene data a ciascun membro delle Camere. La fiducia viene
votata a maggioranza semplice.
La fiducia è una relazione continua e costante che si istaura istituzionalmente tra
Governo e Parlamento.
Il Governo, per poter stare in carica devi godere sempre del consenso e il sostegno
della maggioranza parlamentare sul suo programma politico.
in carica, su invito del Capo dello Stato, sino alla nomina del nuovo Governo, per il
disbrigo degli affari di normale amministrazione. Il Governo dovrà astenersi da tutti
quegli atti discrezionali, che possono essere rinviati al successivo Governo senza
particolari problemi.
MOZIONE DI FIDUCIA
Si definisce mozione, la richiesta con cui, uno o più parlamentari, possono provocare
attualmente, una discussione ed una votazione, sull’attività del Governo, in
determinati settori o su problemi di pubblico interesse.
La mozione di fiducia, è l’atto con cui al momento ciascuna Camera, approva il
programma e la composizione del Governo, istituendolo. Il Governo, entro 10 gg
dalla sua formazione, si presenta alle Camere per ottenere il voto di fiducia. In
questa occasione il neo Presidente del Coniglio espone il programma di Governo.
A questo punto, il Parlamento, in base al programma politico, vota la mozione di
fiducia, che è un documento contenente le motivazioni per le quali i diversi gruppi
parlamentari che insieme costituiscono la maggioranza si impegnano a sostenere il
Governo, la fiducia, deve essere votata per appello nominale, per permette
all’opinione pubblica di conoscere la posizione, di ciascun parlamentare sul
programma del Governo.
Una volta ottenuta la fiducia il Governo entra nella pienezza delle sue funzioni.
RIMPASTO
Il rimpasto, consiste nella sostituzione di uno o più ministri, o perché questi non
godono più della fiducia del PDC o delle forze di maggioranza, o per altre cause –
malattia, morte ecc…
Generalmente il singolo rimpasto non causa la crisi di Governo, anzi costituisce il
mezzo per evitarla: se il rapporto di fiducia viene meno con uno o più ministri, la
sostituzione può risultare la condizione necessaria per mantenere in piedi l’accordo
di Governo e per conservare l’appoggio del Parlamento.
MOZIONE DI SFIDUCIA
Nel corso della legislatura il Parlamento, libero indipendente può, in qualsiasi
momento ritirare il proprio consenso al Governo revocando il mandato e
costringendolo alle dimissioni. Per far sì che ciò avvenga, è necessario che almeno
un decimo dei componenti di una camera presentino e firmino una mozione di
sfiducia. Alla pari della mozione di fiducia, la sfiducia deve essere motivata e deve
indicare le ragioni per le quali partiti ed i parlamentari, non ritengono più opportuno
appoggiare il Governo in carica.
Il voto favorevole alla sfiducia, di una sola Camera, non comporta l’obbligo di
dimissioni.
Il rapporto fiduciario tra Governo e Parlamento viene meno in seguito alla mozione
di sfiducia.
QUESTIONE DI FIDUCIA
La questione di fiducia, deve essere distinta dalla mozione di fiducia – che si
concretizza nel consenso manifestato dalle Camere all’azione del Governo.
La questione di fiducia, invece, è un istituto, sorto nella prassi parlamentare e non
previsto dalla Costituzione. Il Governo, in casi ritenuti di vitale importanza per il suo
operato, può chiedere alla maggioranza parlamentare di votare a favore di una
proposta, pena le dimissioni. Con questo espediente, e suscitando il timore della
caduta del Governo, il Parlamento è spinto ad allinearsi con i pensieri del Governo. Si
vota a scrutinio palese, ed inoltre nel momento in cui la questione di fiducia viene
posta, se sulla norma oggetto della questione erano posti degli emendamenti,
questi decadono.
MINISTRI
I ministri sono nominati con decreto del PDR, su scelta esclusiva del PDC. Possono
essere scelti anche fra cittadini non appartenenti al Parlamento, e sono organi
costituzionali, con funzioni:
- politiche,
- amministrative: in quanto sono a capo dei ministeri, cioè organi complessi centrali
dello Stato, ciascuno dei quali dirige un settore della PA.
Tra le funzioni costituzionali, abbiamo:
- il diritto di iniziativa legislativa, che si esercita presentando al Consiglio dei Ministri
disegni di legge da sottoporre alle Camere,
- la controfirma degli atti del Presidente della Repubblica, che loro stessi hanno
proposto e di cui si assumono la responsabilità,
- la partecipazione alle riunioni e all'attività del Governo tramite la presenza del
Consiglio dei Ministri.
Tra le funzioni amministrative, abbiamo:
- emanazione di atti amministrativi e di alta amministrazione,
- il potere di iniziativa della semplificazione e del riassunto normativo delle materie
di loro competenza.
I ministri al pari del Presidente del Consiglio rispondono dinanzi al Parlamento sia
delle decisioni prese dagli organi collegiali a cui partecipano, sia dall'attività da
questi svolta a capo del Ministero di loro competenza. Inoltre, rispondo per gli atti
del PDR per i quali abbiano collaborato e che hanno controfirmato, e per gli atti dei
loro sottoposti e per gli atti dei loro dicasteri – responsabilità politica.
Per quanto riguarda i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni, i ministri,
come tutti i funzionari e dipendenti dello Stato, rispondono degli atti da loro
compiuti in violazione dei diritti secondo le leggi penali, civili ed amministrative –
responsabilità giuridica.
Vi sono dei ministri senza portafoglio, presenti in numero variabile. Si indicano quei
ministri i quali sono tali quanto ai compiti a loro affidati, ma non sono a capo di un
Dicastero di cui siano responsabili e che, quindi, non hanno compiti amministrativi.
Questa figura è stata disciplinata dalla legge 400/1988, che prevede che, all’atto
della formazione del Governo, possono essere nominati dal PDR, presso la
Presidenza del Consiglio, ministri senza portafoglio, i quali svolgono le funzioni loro
delegate dal PDC, sentito il Consiglio dei ministri.
Partecipano a pieno diritto alle deliberazioni del Consiglio dei ministri, dei cui atti
sono responsabili collegialmente al pari dei ministri con Dicastero.
vice PDC, e dal sottosegretario alla Presidenza del consiglio – il quale esercita le
funzioni di segretario senza voto deliberativo.
Le attribuzioni sono precisate nella legge n.400/1988: il Consiglio determina la
politica generale del Governo, e ai fini dell’attuazione di essa, l’indirizzo generale
dell’azione amministrativa, delibera su ogni questione relativa all’indirizzo politico
fissato dal rapporto fiduciario con le Camere.
Sono sottoposte alla delibera del Consiglio:
- le dichiarazioni relative all’indirizzo politico, agli impegni ed alle questioni su cui il
Governo chiede la fiducia,
- i disegni di legge e le proposte di ritiro dei disegni già presentati al PDR,
- decreti aventi forza di legge ed i regolamenti,
- gli atti relativi al promovimento della questione di legittimità di una legge
regionale,
-le linee di indirizzo in tema di politica internazionale e comunitaria.
SOTTOSEGRETARIO DI STATO
I sottosegretari non sono disciplinati dalla Costituzione, ma dalla legge 400/1988.
Vengono nominati dal PDR su proposta del PDC, ed il segretario ha lo scopo di
coadiuvare. Il sottosegretario collabora con il ministro nel campo amministrativo,
coadiuvando, rappresentando il ministro in caso di impedimento temporaneo,
discutendo in Parlamento gli atti ed i progetti del ministro ed esercita le funzioni
attribuite delegategli con un decreto.
Sono pubblici funzionari, non hanno competenze proprie, ma svolgono le attività
delegate dal Ministro – delega temporanea e speciale.
Tale norma fa riferimento alla responsabilità penale: il Presidente del Consiglio e dei
Ministri per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni istituzionali rispondono
penalmente (reati propri). Il PDC, anche se cessata la carica, è sottoposto per i reati
commessi, nell’esercizio della sua funzione, alla giurisdizione ordinaria, previa
autorizzazione del Senato o della Camera, secondo le norme stabilite dalle leggi
costituzionali.
Lo svolgimento dell'attività investigativa ed istruttoria è stato affidato a soggetti
appartenenti ad un potere diverso, quello giudiziario, in grado di assicurare la
corretta autonomia e indipendenza del giudizio.
Si ricordi, che il referendum del 1987, ha abolito la commissione inquirente, organo
RESPONSABILITA
Il PDC, dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile, quindi viene
sancita la sua responsabilità politica. È prevista, come per qualsiasi cittadino, in caso
di violazione di diritti soggettivi, una responsabilità giuridica e civile, che comporta
l’obbligo di risarcimento del danno - si applica l’art.28 della Costituzione, che
stabilisce la responsabilità diretta dei funzionari dello Stato per gli atti compiuti in
violazione di diritti, oppure per i danni verificatesi, in conseguenza del loro operato,
nei confronti dello Stato – es. danno erariale – rispetto al quale, esiste la
giurisdizione speciale della Corte dei Conti.