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Potere esecutivo

Il potere esecutivo è uno dei tre poteri dello Stato.


È costituito dal Governo e dagli organi da esso dipendenti.
A questi ultimi è affidata la funzione amministrativa, con la quale lo Stato svolge un’effettiva e
concreta attività diretta a raggiungere i suoi fini immediati (la cura dei rapporti internazionali, la
difesa del territorio, la tutela dell’ordine pubblico e della saluta, l’elevamento culturale dei cittadini,
lo sviluppo economico, ecc.).
È da tener presente però che, assieme all’attività amministrativa in senso proprio, il Governo e gli
organi da esso dipendenti, svolgono anche una diversa attività, diretta alla determinazione ed
all’attuazione dell’indirizzo politico-amministrativo (la c.d. funzione di indirizzo politico).

Composizione
A norma dell’art. 92 Cost., il Governo è composto del Presidente del Consiglio e dei ministri, che
costituiscono insieme il Consiglio dei ministri.
Da tale disposizione risulta che il Governo è composto da più organi individuali (il Presidente del
Consiglio ed i singoli ministri) e da un organo collegiale (il Consiglio dei ministri); si tratta infatti
di un organo complesso.
L'organizzazione del Governo può anche presentarsi più articolata di quella essenziale definita in
Costituzione.
Tale struttura può essere integrata dal Vicepresidente del Consiglio, da ministri senza portafoglio
e da Sottosegretari di Stato.
Questi ultimi coadiuvano i ministri nella loro attività, esercitando le competenze dagli stessi
espressamente delegate. Al contrario dei ministri senza portafoglio, i quali fanno parte a pieno
titolo del Consiglio dei ministri, i Sottosegretari non prendono parte alle sedute del Consiglio con
la sola eccezione del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, cui sono affidate le funzioni
di segretario del Consiglio dei ministri.

Il Presidente del Consiglio


Al vertice del Governo è posto il Presidente del Consiglio, il quale dirige la politica generale
dell'Esecutivo, della quale è responsabile, e mantiene l'unità di indirizzo politico e amministrativo,
promuovendo e coordinando l'attività dei Ministri.
Funzionale a tale compito è il potere di impartire direttive ai Ministri per l'attuazione delle delibere
del Consiglio, di sospendere i provvedimenti ministeriali contrastanti con l'attuazione dell'indirizzo
politico, di richiedere relazioni e verifiche amministrative al Ministro competente, di disporre
l'istituzione di Comitati di Ministri o di gruppi di studio e di lavoro.
In ipotesi di assenza o impedimento temporaneo del Presidente, la supplenza spetta al
Vicepresidente del Consiglio più anziano: non è una figura prevista dalla Costituzione, ma
introdotta dalla L. 400/1988, che ha attribuito al Presidente del Consiglio il potere di proporre al
Consiglio dei ministri l'attribuzione delle funzioni di vice ad uno o più Ministri. Il Vicepresidente
più anziano, tuttavia, può occuparsi, nel caso d'impedimento del Presidente, dei soli affari urgenti e
non procrastinabili senza grave danno pubblico.

Ministri con portafoglio


Quando ci si riferisce a un ministro con portafoglio, si sta parlando di un componente del Governo
messo a capo di un dicastero dotato di capacità di spesa, uffici, funzionari, personale e chiaramente
di un bilancio. Si tratta quindi di un’intera sezione operativa dell’amministrazione centrale dello
Stato.
I ministeri con portafoglio sono solitamente i più importanti, come Università e ricerca, Istruzione,
Lavoro, Esteri, Salute, Giustizia, Ambiente, Economia, Difesa, Infrastrutture e trasporti, Sviluppo
economico, Politiche agricole e turismo.

Ministri senza portafoglio


Al contrario, il ministro o la ministra senza portafoglio non gestisce una struttura amministrativa
complessa e non dispone di capacità di spesa o di un bilancio. Il ruolo del ministro o della
ministra senza portafoglio è quindi quello di contribuire a dare e sostenere l’indirizzo politico del
governo, all’interno dell’area di competenza assegnatagli.
La prassi di nominare ministre o ministri senza portafoglio, nonostante venga praticata già dai primi
anni dell’Italia unita, fu regolata ufficialmente solo nel 1988, con la legge numero 400. In base
alla disposizione, chi ricopre questo incarico deve svolgere “le funzioni loro delegate dal presidente
del Consiglio dei ministri”, all’interno del quale hanno gli stessi poteri e le stesse prerogative dei
loro omologhi con portafoglio.
Il Consiglio dei ministri
Il Consiglio dei ministri è l'organo collegiale nel quale si assumono le decisioni più importanti
dell'attività del Governo. Ad esso spettano le funzioni di indirizzo politico, il potere normativo (che
si esplica soprattutto attraverso l'adozione di regolamenti) e compiti di indirizzo e coordinamento.
Tra le molteplici attività svolte da quest'organo rientrano l'elaborazione del programma del
Governo, l'approvazione dei progetti di legge, dei decreti-legge e dei regolamenti governativi, la
nomina degli alti funzionari dello Stato e degli enti pubblici, la risoluzione dei conflitti fra i
Ministri, l'annullamento degli atti amministrativi illegittimi, le deliberazioni relative all'indirizzo
politico e alle questioni su cui il Governo richiede la fiducia del Parlamento.
Con finalità di cooperazione e coordinamento in materie che coinvolgono le competenze tecniche di
più Ministeri, sono stabilmente costituiti organi di raccordo, detti Comitati interministeriali, non
previsti dalla Costituzione, ma con funzioni di grande importanza.
Altra struttura di coordinamento dell'attività dei Ministri è il Consiglio di Gabinetto un organo
collegiale che si compone del Presidente del Consiglio e dei Ministri da lui designati e ha funzioni
preparatorie del lavoro in seno al Consiglio dei ministri.

Formazione
La formazione del Governo costituisce un procedimento che viene avviato all’inizio di ogni
legislatura o qualora si apra una crisi di Governo per il venir meno del rapporto di fiducia o per le
dimissioni del Governo in carica.
La Costituzione è estremamente laconica al riguardo e si limita (all’art. 92) a disporre che il
Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio e, su proposta di quest’ultimo, i
ministri.
Le norme che disciplinano il procedimento di formazione del Governo sono pertanto, in gran parte,
non scritte e costituiscono altrettante convenzioni costituzionali.

Il procedimento consta di tre fasi:


1. la fase delle consultazioni (fase preparatoria);
2. la fase dell’incarico;
3. la fase della nomina.

Nell’ambito delle consultazioni il Presidente della Repubblica incontra i maggiori esponenti di ogni
partito rappresentato in Parlamento, per comprendere quale sia la personalità che in quel momento
ha maggiori probabilità di ottenere la fiducia delle Camere.
A quest’ultima il Presidente della Repubblica affida l’incarico di formare il Governo.
L’incaricato, di regola, accetta con riserva, ossia decide solo dopo aver sentito i maggiori esponenti
del suo partito ed anche eventualmente di altri gruppi, al fine di verificare la possibilità di ottenere
una maggioranza parlamentare.
Se dopo tali colloqui si sente in grado di assolvere al mandato affidatogli, egli scioglie la riserva e
sottopone al Presidente della Repubblica la lista dei nominativi dei ministri, con i quali intende
condividere le responsabilità di Governo.
Il Presidente della Repubblica nomina allora con proprio decreto il Presidente del Consiglio ed i
ministri, i quali prestano giuramento nelle sue mani.
Entro dieci giorni dal giuramento il Governo si presenta alle Camere per esporre il programma che
intende svolgere e ottenerne la fiducia.
La mozione di fiducia, presentata dai gruppi parlamentari di maggioranza, deve essere motivata e
votata per appello nominale.
Per la sua approvazione non è richiesta una maggioranza qualificata ma soltanto la maggioranza dei
presenti.

La mozione di sfiducia
Le Camere possono porre fine l rapporto che le lega al Governo con l’approvazione di una mozione
di sfiducia. In seguito alla approvazione di tale mozione, da parte anche di una sola delle due
Camere, il Governo deve presentare le sue dimissioni al Presidente della Repubblica e si apre la
crisi di Governo.
L’art. 94 Cost. prevede che la mozione di sfiducia deve essere motivata e votata per appello
nominale. Inoltre, deve essere firmata da almeno 1/10 dei componenti la Camera e non può essere
messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione.

La questione di fiducia
Dalle mozioni di fiducia e di sfiducia va tenuta distinta la questione di fiducia. Mentre, infatti, le
prime sono presentate dai parlamentari, la seconda è posta dallo stesso Governo tutte le volte che
esso, temendo colpi di mano da parte di una maggioranza, divenuta incerta, voglia assicurarsene
l’appoggio allorquando si tratti di un atto il cui risultato risulti essenziale per il proseguimento della
sua azione politica.
Ponendo la questione di fiducia, insomma, il Governo implicitamente avverte le Camere che, in
caso di esito del voto contrario a quello da esso voluto, si dimetterà ed aprirà la crisi.

Le funzioni normative
Il potere esecutivo non si limita a svolgere funzioni amministrative ed attività di direzione politica
ma, in deroga al principio della divisione dei poteri, pone anche in essere norme costitutive
dell’ordinamento giuridico dello Stato.
Gli atti normativi del potere esecutivo si distinguono a seconda che abbiano o non abbiano la stessa
efficacia formale della legge.
Così, sono equiparati alla legge i decreti legislativi ed i decreti-legge; mentre i regolamenti hanno
un’efficacia inferiore a quella della legge.

I decreti legislativi
I decreti legislativi (di cui all’art. 76 Cost.) vengono adottati dal Governo su delega da parte delle
Camere, conferita con apposita legge (la c.d. legge delega), che fissa i punti fondamentali ed
essenziali, sui quali il decreto dovrà articolarsi, ed i limiti di tempo, entro cui la delega potrà essere
esercitata.
Il Governo non può uscire da quei limiti stabiliti dal Parlamento per cui, se è vero che ci troviamo di
fronte ad una eccezione al principio della divisione dei poteri, è altrettanto vero che la delega da
parte delle Camere, sempre necessaria, pone dei limiti ben precisi a questa eccezione.
Solitamente le Camere delegano il potere legislativo al Governo per la disciplina di quelle materie
che richiedono conoscenze tecniche o specialistiche, che il Governo può acquisire attraverso il
Ministero dello specifico settore.

I decreti-legge
Anche nell’adozione dei decreti-legge (di cui all’art. 77 Cost.) il Governo incontra dei limiti, in
quanto:
 l'emanazione di un decreto-legge deve essere giustificata dalla ricorrenza di un caso
straordinario di necessità ed urgenza, che impone di "provvedere" con immediatezza;
 inoltre, il Governo, il giorno stesso in cui il provvedimento è emanato, deve presentarlo per
la conversione in legge alle Camere, che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e
si riuniscono entro cinque giorni.
La conversione deve intervenire entro 60 giorni dalla pubblicazione del decreto; se il
decreto-legge non è presentato al Parlamento per la sua conversione oppure se il decreto-
legge, pur presentato alle Camere, non è convertito in legge, perde efficacia fin dall'inizio,
facendo venir meno gli effetti medio tempore prodotti, ma è consentito alle Camere di
regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base del decreto-legge non convertito.

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