Sei sulla pagina 1di 11

Domande esame storia delle istituzioni politiche-Blanco

Privilegium othonis: è un atto promulgato a Roma il 13 febbraio del 962 da Ottone I, da poco
incoronato imperatore del Sacro Romano Impero. I due sovrani confermarono la validità della
Constitutio romana del monarca carolingio Ludovico il Pio dell'824.
Con le donazioni carolinge dell'VIII secolo la Santa Sede era diventata proprietaria di vasti
territori, dall'Italia centrale alla pianura padana. Tuttavia, il controllo effettivo del Papato sui
propri territori fu tutt'altro che concreto, infatti alla metà del X secolo il pontefice controllava
solamente l'area di Roma e alcune città del Lazio centro-settentrionale. Gli altri territori
erano formalmente parte del Regnum Italicum, sotto la corona del Re di Germania Ottone I
dal 951. L'unico che poteva ristabilire le prerogative della Sede Apostolica era Ottone stesso.
Nel 962 Papa Giovanni XII invitò Ottone a Roma. Il 2 febbraio Ottone venne incoronato
imperatore del Sacro Romano Impero. Pochi giorni dopo i due stabilirono quali concessioni
reciproche accordarsi.
Convennero quindi che l'elezione papale dovesse avvenire soltanto con il consenso
dell'Imperatore del Sacro Romano Impero e alla presenza di suoi rappresentanti; inoltre, Ottone
attribuì a se stesso reali diritti di sorveglianza, anche militare, sulla città di Roma. Ottone si
impegnava peraltro a riconoscere tutte le donazioni elargite da Pipino il Breve (la Promissio
Carisiaca del 754)[1], anche se i territori oggetto delle donazioni sarebbero rimasti sotto la
tutela imperiale.

bolla d'oro 1356 e suoi effetti: Costituzione del 1356, in 31 capitoli, con cui l’imperatore
Carlo IV volle regolata l’elezione imperiale. Gli elettori erano 7 (arcivescovi di Magonza,
Treviri, Colonia, re di Boemia, conte del Palatinato, duca di Sassonia, margravio di
Brandeburgo). L’elezione avveniva a Francoforte sul Meno, l’incoronazione ad Aquisgrana. Si
stabiliva l’indivisibilità dei principati degli elettori e il sistema della primogenitura, inoltre si
fissavano le modalità dell’elezione imperiale. Durante la vacanza dell’Impero, il vicariato
spettava, nella parte meridionale dell’Impero al Palatinato, nell’altra alla Sassonia. Le
modalità della B. furono mantenute fino al 1806, mentre la composizione del collegio di
elettori fu modificata in occasione della Pace di Vestfalia (1648), quando ebbe il titolo di
elettore il ducato di Baviera con l’Alto Palatinato.

privilegia de non evocando et appellando: ll'interno del Sacro Romano Impero, il privilegium
de non appellando (privilegio di non fare appello) era un privilegio che poteva essere
concesso dall'imperatore ad uno stato imperiale.
Il privilegio stesso poteva essere limitato (limitatum) o illimitato (illimitatum).nSe limitato, i
sudditi di uno stato imperiale avevano il diritto di ricorrere in appello da parte dei tribunali
territoriali alle corti supreme imperiali, alla Corte della Camera imperiale
(Reichskammergericht) o al Consiglio aulico imperiale (Reichshofrat). Quando il diritto era
illimitato, trasformava di fatto il più alto tribunale territoriale in un tribunale di ultima istanza.
Il privilegio era molto apprezzato dagli stati imperiali, sia perché dava prestigio sia perché
favoriva l'integrazione della loro amministrazione tagliando la loro magistratura dal resto
dell'impero. Tra il XVI e il XVIII secolo, praticamente tutti gli stati più grandi ricevettero il
privilegio. Quasi tutte le terre degli Asburgo avevano il privilegio.
Anche il privilegio illimitato non era, in realtà, assoluto: esso non si applicava quando un
soggetto non faceva ricorso ai tribunali territoriali (rifiuto della giustizia,
Rechtsverweigerung) o quando un sovrano si rifiutava di attuare una decisione giudiziaria
(ritardo della giustizia, Rechtsverzögerung). In tali casi il soggetto potrebbe rivolgersi a un
tribunale imperiale.

privilegium minus e maius: Il Privilegium minus, in senso stretto, è un privilegio imperiale


dell'anno 1156, che viene considerato all'origine dello Stato austriaco.
Tecnicamente un privilegium minus era un documento della cancelleria papale redatto in
forma semplice, a differenza del privilegium maius, redatto in forma solenne.
Successivamente il privilegium minus venne sostituito dalla breve, mentre il privilegium
maius venne sostituito dalla bolla . Il privilegium minus (distinto dal Privilegium maius, un
falso redatto dalla cancelleria di Rodolfo IV d'Austria nel 1358) è un diploma solenne
concesso il 17 settembre 1156 dall'imperatore Federico I al margravio Enrico II Jasomirgott
della casa dei Babenberger. Il diploma stabiliva l'elevazione dell'Austria (Ostarrîchi) da marca
a ducato. Oltre alla trasmissibilità del titolo di duca, il documento prevedeva anche la
possibilità della successione in via femminile: in caso di mancanza di eredi sarebbe stato il
duca a decidere a chi trasmettere il ducato (libertas affectandi). Il dovere di prender parte
alle diete era limitato a quelle che si sarebbero tenute in Baviera. Il dovere di assistenza
militare era limitato alle guerre che avrebbero avuto luogo nei paesi confinanti con l'Austria.

Un privilegium maius era un documento della cancelleria papale redatto in forma solenne, a
differenza del privilegium minus, redatto in forma semplice. Successivamente il privilegium
minus venne sostituito dalla breve, mentre il privilegium maius venne sostituito dalla bolla .
Ma in storiografia si conosce come privilegium maius una falsa versione del privilegium
minus, redatta su incarico di Rodolfo IV d'Asburgo tra il 1358 e 1359, probabilmente come
reazione alla mancata inclusione dei duchi d'Austria tra i principi elettori nella bolla d'oro del
1356. Infatti il documento falsificato stabilisce l'elevazione dell'Austria a arciducato, e
attribuisce all'arciduca d'Austria privilegi analoghi a quelli dei principi elettori.
In particolare il documento stabiliva:
• l'indivisibilità dell'Austria
• il diritto di primogenitura (senza bisogno di conferma imperiale) (più tardi ampliata
nella Prammatica Sanzione)
• Giurisdizione autonoma, senza possibilità di appello presso l'imperatore (Privilegium
de non evocando)
• Regalie
Il privilegium maius contiene cinque documenti falsi, tra cui alcuni attribuiti addirittura a
Giulio Cesare e Nerone, che avrebbero attribuito particolari diritti all'Austria, allora Norico. Il
documento venne prodotto sulla base del privilegium minus del 1156, il cui contenuto venne
molto ampliato. Al privilegium maius venne apposto il sigillo del privilegium minus, e
quest'ultimo venne distrutto (ce ne sono giunte solamente trascrizioni)
L'imperatore Carlo IV non confermò il privilegium maius, che Francesco Petrarca, in una sua
perizia, aveva denunciato come falso. Il privilegium maius venne confermato solamente nel
1453, dall'imperatore Federico III d'Asburgo, appartenente alla casa d'Asburgo. Il privilegium
maius perse la sua importanza dopo lo scioglimento del Sacro Romano Impero, nel 1806.

Patto di brunn tra carlo IV e rodolfo IV d'asburgo: cercare de benedictis


composizione dieta imperiale:
Massimiliano I e riforma: - Reichsreform) fu il tentativo, più volte ripetuto tra il XV e il
XVI secolo, di riformare la costituzione del Sacro Romano Impero in senso più consono alle
esigenze dei nascenti Stati moderni, assicurando un governo unitario. Il progetto di riforma
ritrovò nuovo slancio sotto l'imperatore Massimiliano I. Dopo il 1477 cercò l'appoggio
dell'impero, che doveva difendere a ovest dalle pretese del re di Francia sulla Borgogna (che
Massimiliano aveva ottenuto con il matrimonio con Maria di Borgogna), e a sud-est
dall'espansione dell'impero ottomano.
In occasione della dieta di Worms Massimiliano non si limitò a chiedere un versamento una
tantum, ma pretese l'introduzione di una tassa imperiale da riscuotere regolarmente e la
messa a disposizione di contingenti militari. I principi mostrarono d'accordo, ma non senza
contropartite.
Il portavoce dei principi era Berthold von Henneberg, Arcivescovo di Magonza (e quindi
principe elettore), il quale pretese che venisse istituito un Reichsregiment, un organo
collegiale di governo dell'impero, del quale facessero parte i più importanti principi. Il
compito dell'organo doveva essere il controllo delle finanze, della difesa e della politica
estera imperiale. Era concepito come organo permanente, che sostituisse le diete, che
avevano luogo a intervalli irregolari ed erano regolate da procedure molto macchinose.
L'imperatore ne avrebbe avuto unicamente la presidenza onoraria. Tutto ciò significava una
notevole riduzione del potere imperiale.
Ciò nonostante Massimiliano, a malincuore, acconsentì, perché aveva bisogno dell'appoggio
dei principi per le sue guerre. Ma tentò di procrastinare per quanto gli era possibile
l'insediamento dell'organo, che convoco solo nel 1500, dopo che la Dieta di Augusta aveva
dato il via libera alla formazione di una milizia imperiale. Del Reichsregiment facevano
parte, oltre all'imperatore, 20 rappresentanti dei principi e delle città libere dell'Impero. Ma le
divergenze tra i principi e la diffidenza di Massimiliano verso quest'organo fecero sì che
venisse sciolto già nel 1502. Un secondo tentativo, intrapreso da Carlo V tra il 1521 e il
1531, fallì a sua volta.
Carlo V: - Carlo V (1500-1556) si pose come obiettivo quello della costruzione di una unità
politica-religiosa in Europa, che prendeva il nome di monarchia universale cristiana. Era il
sucessore di Massimiliano I. Carlo V, già re di Spagna, intendeva governare la Germania al
“modo spagnolo”. Capitolazioni elettorali con i rappresentanti dei Ceti, impegno a rispettare
le loro libertà.
Con le capitolazioni venivano determinate le relazioni nell'ambito della giurisdizione non
solo tra imperatore e ceti, ma anche tra impero e territori imperiali. Capitulatio perpetua:
prevedeva che l'imperatore potesse rinnovare ordinanze e leggi del Sacro impero,
migliorarle con il consenso dei principi elettori, principi, ceti. Prevedeva inoltre che in
nessun modo potesse mutarle senza il precedente consenso di questi ultimi.

editto di Worms: L'editto di Worms (maggio 1521), col quale Lutero veniva posto al bando,
formalizzò queste decisioni: Lutero era un fuorilegge e un nemico pubblico, chiunque
poteva ucciderlo impunemente, sicuro dell'approvazione delle autorità

guerra dei trent'anni: iniziata come una guerra tra gli stati protestanti e quelli cattolici nel
frammentato Sacro Romano Impero, progressivamente si sviluppò in un conflitto più generale
che coinvolse la maggior parte delle grandi potenze europee, perdendo sempre di più la
connotazione religiosa e inquadrandosi meglio nella continuazione della rivalità franco-
asburgica per l'egemonia sulla scena europea.
La guerra ebbe inizio quando il Sacro Romano Impero cercò d'imporre l'uniformità religiosa
sui suoi domini. Gli stati protestanti del nord, indignati per la violazione dei loro diritti
acquisiti nella pace di Augusta, si unirono formando l'unione evangelica. L'impero contrastò
immediatamente questa lega, percependola come un tentativo di ribellione, suscitando le
reazioni negative di tutto il mondo protestante. La Svezia intervenne nel 1630, lanciando
un'offensiva su larga scala nel continente. La Spagna, intenzionata a piegare i ribelli olandesi,
intervenne con il pretesto di aiutare il suo alleato dinastico, l'Austria. Temendo
l'accerchiamento da parte delle due grandi potenze degli Asburgo, la cattolica Francia entrò
nella coalizione a fianco dei territori protestanti tedeschi per contrastare l'Austria.
La guerra, caratterizzata da gravissime e ripetute devastazioni di centri abitati e campagne,
da uccisioni di massa, da operazioni militari condotte con spietata ferocia da eserciti
mercenari spesso protagonisti di saccheggi, oltre che da micidiali epidemie e carestie, fu una
catastrofe epocale, in particolare per i territori dell'Europa centrale. conflitto si concluse con
i trattati di Osnabrück e Münster, inseriti nella più ampia pace di Vestfalia. Gli eventi bellici
modificarono il precedente assetto politico delle potenze europee. L'incremento del potere
dei Borbone in Francia, la riduzione delle ambizioni degli Asburgo e l'ascesa della Svezia
come grande potenza crearono nuovi equilibri di potere nel continente

tribunale camerale imperiale: fatto da Massimiliano I. Nel corso della Dieta imperiale di
Worms (1495) dovette accordarsi coi ceti imperiali su 4 fondamentali leggi di riforma, con
le quali iniziò una nuova età per l'Impero e peri il suo diritto pubblico. Tali leggi furono la
Pace territoriale perpetua, con assoluto divieto di faida, l'ordinanza per l'istituzione del
Tribunale camerale imperiale, con un giudice nobile e decidenti per metà nobili e metà
giuristi, alla cui delegazione erano partecipi i nobili, un'ordinanza esecutiva che affidava alla
Dieta imperiale il compito in prima linea di applicare pace e diritto, infine un'ordinanza per
l'istituzione di una tassa detta gemeines Pfenning, che doveva servire al finanziamento del
Tribunale cameriale imperiale e al mantenimento della pace all'interno e esterno (valido
anche per la domanda Massimiliano I, riforme).

conseguenze pace westfalia: al congresso di pace di Westfalia (1648) presero parte oltre alle
corone interessate, anche i ceti imperiali. Di fronte al diritto rivendicato dall'imperatore di
rappresentare lui solo l'impero nelle trattative di pace, stava una concezione propria dei più
attivi ceti protestanti imperiali: per la sua struttura aristocratica l'Impero poteva essere
rappresentato solo dall'imperatore e dai ceti imperiali contemporaneamente. Ius suffragii:
diritto di voto. Importante: fondamentale questione della posizione dell'imperatore. Ebbe la
meglio la posizione dei principi elettori: anche in fututo l'imperatore avrebbe potuto
sviluppare i suoi diritti e possibilità di influenza secondo le consuetudini dell'impero e la
giustificazione del potere sul territorio nel suo complesso. Si verificò la tensione tra
organizzazione centralistica degli strumenti politici a disposizione del principe, e il
problema del titolo giuridico del potere territoriale. L'impero diventò grazie alla superioritas
territorialis (potere suprmo rispetto ai sudditi) più che una monarchia, una lega di libere
comunità anche se collegate dal diritto pubblico.

prammatica sanzione 1713: - LaPrammatica Sanzione del 1713 è un pubblico documento


del 19 aprile1713 con il quale l'imperatore Carlo VI adottava la legge di successione dinastica
stabilendo l'immutabilità e l'indivisibilità della successione nella Monarchia asburgica e
prevedeva a tale scopo un solo ordine di successione. La Prammatica Sanzione del 1713
rappresenta il distacco della legge di successione austriaca dalla legge salica, imponendo la
successione al trono per primogenitura e, sussidiariamente, anche per via femminile. Quindi
il primo successore è il figlio maggiore, dopo il quale la linea da lui discendente (a
cominciare con il suo figlio maggiore, e così via), quindi seguono tutte gli altri rami in linea
maschile dopo il medesimo principe ed infine, dopo l'estinzione del casato in linea maschile,
anche la discendenza il linea femminile, iniziando dalla figlia più anziana dell'ultimo
sedente in trono e la cui discendenza abbia un diritto fondato al trono.
Quest'ultimo caso si verificò subito, cioè appena deceduto Carlo VI nel 1740, quando la sua
figlia primogenita Maria Teresa d'Austria, richiamandosi alla Prammatica Sanzione, pretese
il suo diritto di successione quale sovrana della monarchia asburgica. La tesi spesso
sostenuta tuttavia, che Carlo VI avrebbe emesso la Prammatica Sanzione proprio per
favorire la sua primogenita, non può essere proprio esatta, poiché Maria Teresa nacque nel
1717, cioè quattro anni dopo la promulgazione del decreto (Carlo VI ebbe in effetti un erede
maschio in Leopoldo Giovanni (†1716), il quale tuttavia morì sette mesi dopo la nascita.)
Nella storiografia austriaca (particolarmente prima del 1918) la Prammatica Sanzione ed il
suo riconoscimento da parte dei territori soggetti agli Asburgo valse come un atto fondante
della monarchia asburgica, mentre i paesi soggetti avevano manifestato la loro volontà di
costruire uno stato unitario. Effettivamente, fino alla Prammatica Sanzione non esisteva
alcun atto costitutivo che stabilisse l'appartenenza ad uno stato unitario dei territori soggetti
alla corona austriaca.

fueros: Nella Spagna medievale, le immunità locali, concesse dai sovrani a città, feudi ed
enti ecclesiastici, e i capitoli con i quali, valendosi di queste immunità, tali enti davano forza
di legge, con il consenso del sovrano, alle loro consuetudini. Un esempio di fueros è l'editto
che fece emanare Pietro IV nel 1348 a Cortes riunite, in cui venivano specificati i diritti, le
libertà, i privilegi, le consuetudini che il re e tutti gli ufficiali erano obbligati a giurare, come
giurare sulla croce e sul vangelo di osservare le leggi valide del paese.

Petition of right: La Petition of Right, talvolta tradotta come Petizione dei diritti[2], è un
importante documento costituzionale che regola le libertà specifiche del soggetto che non
possono essere violate dal re. Approvata il 7 giugno 1628, la Petition of Right vieta
l'imposizione di tasse senza l'approvazione del Parlamento, l'obbligo di dare alloggio ai
soldati, l'arresto senza una motivazione e l'uso di legge marziale. A seguito dei conflitti sorti
fra il Parlamento e re Carlo Ia riguardo dell'attuazione della guerra dei trent'anni, il
Parlamento si oppose a finanziare le spese di guerra spingendo Carlo a raccogliere prestiti
forzati senza l'approvazione parlamentare e a imprigionare arbitrariamente coloro che si
rifiutavano di pagare. Inoltre, essendo sul piede di guerra venne applicato l'alloggio forzato
dei soldati all'interno delle case di privati cittadini, nonché la dichiarazione di legge
marziale nella maggior parte del Paese.
Come risposta, la Camera dei comuni tions ("risoluzioni"), condannando questi
provvedimenti e ribadendo la validità della Magna Carta e il requisito legale dell'habeas
corpus. Questi propositi vennero respinti da re Carlo che annunciò inoltre che il Parlamento
sarebbe stato sciolto; a questo punto la Camera dei comuni si riunì il 6 maggio col fine di
prendere in considerazione delle alternative e si concluse che un'istanza per i diritti fosse la
soluzione. Di conseguenza, una commissione sotto il comando di Edward Coke abbozzò tale
documento, il quale venne approvato dalla Camera dei comuni l'8 maggio e poi inviato alla
Camera dei lord. Dopo tre settimane di discussioni e riunioni fra le due camere, la Petition
of Right venne ratificata da entrambe le camere il 26 e il 27 maggio. Seguirono ulteriori
discussioni nelle quali il re limitò la libertà di parola per la Camera dei comuni, ma fu poi
costretto a cedere alle pressioni; necessitando dell'appoggio parlamentare per gli sforzi
bellici, il 2 giugno accettò la Petition. Tuttavia, ancora insoddisfatte, le camere si riunirono
pretendendo la completa ratifica del documento, che avvenne il 7 giugno.
Nonostante le discussioni a proposito del suo stato a livello legale, la Petition of Right ebbe
una vasta influenza. A livello nazionale è vista come «una dei più noti documenti
costituzionali dell'Inghilterra», e viene considerata di pari valore con la Magna Carta e i
Bill of Rights del 1689. In un periodo in cui la Camera dei lord rappresentava la principale
difesa di Carlo dalla Camera dei comuni, l'intenzione delle due camere di lavorare insieme
segnò una nuova fase nella crisi costituzionale che avrebbe poi portato alla guerra civile
inglese.

Francia
La legge salica fa parte di una serie di consuetudini del sistema giuridico francese del XV
secolo e riguarda la devoluzione della corona. In particolare, si tratta di una costruzione
dottrinaria che richiama a elementi mitici e che si elabora e precisa in parallelo alle crisi
dinastiche e politiche che coinvolgono lo stato francese. Nel 1316 e nel 1328, in assenza di
discendenti maschi, la corona passò a collaterali del sovrano, escludendo dalla successione
le figlie del sovrano e i pretendenti alla corona per via femminile. Questo causò una contesa
fra fazioni politiche scaturita proprio dalla legge salica, testo di diritto privato, secondo cui
nessuna eredità sarebbe dovuta cadere nelle mani di una donna. La manipolazione del testo
era contraddetta: era sì una legge regia, ma non più basata sulla consuetudine, bensì sulla
volontà soggettiva del monarca. Nel 1420 durante la guerra dei 100 anni il trattato di Troyes
escluse dalla successione il delfino, a vantaggio del re d’Inghilterra Enrico V. Temendo il
passaggio della corona francese a un sovrano straniero, alcuni legisti elaborarono il
principio dell’indisponibilità della corona. Da qui la vittoria francese riconsegnò la corona al
legittimo erede Carlo VII e venne elaborato il principio della devoluzione della corona,
qualcosa che nessun sovrano avrebbe potuto modificare o trasgredire; a fianco del principio
dell’indisponibilità della corona e dell’istantaneità della successione contribuirono a
legittimare la continuità della monarchia francese. Le leggi fondamentali avevano un ruolo
fondamentale ma di difficile interpretazione; gli studiosi si sono più volte interrogati
sull’interpretazione più adatta nell’assetto della monarchia francese. Se i giuristi hanno
dedotto dalle leggi fondamentali l’esistenza di una costituzione consuetudinaria che avrebbe
garantito per secoli la continuità della monarchia francese, gli storici hanno assunto un
approccio più cauto, ma con posizioni alquanto divergenti. Mousnier, ad esempio, ha
elencato cinque leggi fondamentali, considerate come contrappeso al potere monarchico.
Tuttavia, esse appaiono come una presa di distanza dall’assolutismo francese e un
avvicinamento alla storiografia anglosassone che distingueva tra dominium regale
(monarchia assoluta) e dominium politicum et regale (monarchia parlamentare). La
storiografia americana ha riproposto l’assunto costituzionalista, secondo cui da un lato gli
elementi simbolici aiutano in una migliore comprensione della natura della costituzione
antica e dall’altro il ruolo del parlamento, in particolare Hanley sul lit de justice ha
assegnato alle corti di giustizia e al parlamento parigino una funzione di ”custode della
costituzione”. Invece Antoine ha messo in rilievo l’uso del termine “constitution” in Francia
fino al Settecento, in quanto politici e giuristi tendevano a distinguere tra le forme di
governo dei vari Paesi. Pertanto, ragionando sul piano politico-costituzionale, ha ragione
Richet nell’affermare che l’insieme di queste leggi fondamentali non si presenta come una
costituzione, neppure consuetudinaria. Non si può parlare né di costituzione monarchica né
definire la forma di governo della Francia come regime costituzionale. Gli intendenti erano i
responsabili della riscossione delle tasse durante l’Ancien Règime. Essi avevano 3 compiti
principali: Justice, che riguardava le questioni intorno alla taille, la quale si assicuravano che
venisse pagata dai contadini, Police, che riguardava la buona amministrazione e Finances
che riguardava la gestione dell’imposta. Ogni intendente se non erano pagate le tasse era
titolare di mezzi straordinari, come l’uso di truppe a cavallo. Essi imperversarono durante il
XVII secolo come conseguenza del periodo storico negativo della corona francese,
caratterizzato da un aumento del potere del re causato dalla carestia e dalla peste, che portò
a un innalzamento fiscale per sostenere le guerre per la potenza nazionale. Le tasse che
aumentarono furono la taille, un’imposta diretta sulla casa e sui terreni, aides un’imposta
indiretta sui generi alimentari e affaires extraordinares, una tassa che gravava sulle città e i
possidenti. Come conseguenza dell’aumento delle tasse dovuto al crescente ruolo degli
intendants, Luigi XIII ingrandì l’esercito ma ci furono nel 1635 numerose rivolte popolari
per via delle condizioni di miseria cui versavano i contadini, i quali chiedevano a gran voce
la fine dell’oppressione fiscale, vista come libertà. La Guerra dei cent’anni fu un conflitto
che durò tra il 1337 e il 1453 che vide contrapposti da un lato Francia e Inghilterra, ma
dall’altro borgognoni e almanacchi, sostenitori rispettivamente della dinastia ducale e del
potere regio, che portarono allo scoppio di una violenta guerra civile in Francia all’interno
del conflitto con gli inglesi. Questa guerra e le sue vicende sono la dimostrazione di quanto
sia stato difficile il processo di costruzione dello Stato in Francia, dove a seguito di disfatte
militari, tentativi di pace, assassini, tradimenti e capovolgimenti di fronte si rischiò la
scomparsa del regno di Francia. Infatti, il trattato di Troyes e la sconfitta francese ad
Azincourt sancirono il passaggio di consegne da Carlo VI a Enrico V d’Inghilterra,
spodestando il delfino legittimo erede Carlo VII e presagendo l’unione delle due corone,
aprendo la strada alla duplice monarchia. Dopo la morte di Enrico V e Carlo VI, ci fu
l’incoronazione del figlio del primo a re di Inghilterra e Francia, ma l’incoronazione a
Reims dell’esiliato Carlo VII e il riavvicinamento della casa di Borgogna alla famiglia reale
con il trattato di Arras nel 1435 posero fine alla duplice monarchia e diedero inizio alla
restaurazione del potere monarchico, favorendo così la vittoria francese nella guerra, anche
grazie all’intervento decisivo di Giovanna d’Arco. Luigi XI intraprese una stagione di
riforme, mettendo in atto una politica antifeudale e di annessione territoriale. Egli soppresse
alcune pensioni, abrogò la Prammatica sanzione, escluse dal suo consiglio i vecchi servitori
di Carlo VII e revisionò completamente il sistema fiscale. Vennero inoltre riaffermate teorie
di regalità e assolutismo del potere regio, che causarono un forte malcontento popolare,
portando alla Guerra del bene pubblico nel 1465. La guerra durò 6 mesi e in pratica fu una
rivolta che ebbe come progetto un governo alternativo, con l’obiettivo di costringere il re ad
abdicare in favore di suo fratello Carlo. Il progetto dei ribelli era di eliminare i nuovi
consiglieri del re, restaurare la giustizia e convocare gli Stati generali per favorire la cura del
bene pubblico. Tuttavia, il re considerò i principi ribelli come disobbedienti alla corona e
non cedette alle loro richieste, ma fu pesantemente sconfitto e costretto a sottoscrivere due
trattati in cui riconosceva la legittimità della rivolta e instaurava una commissione di 36
membri (12 prelati ecclesiastici, 12 cavalieri e scudieri e 12 membri del consiglio e delle
corti di giustizia). Alla nuova assemblea il re diede pieni poteri e l’autorità di riunirsi per il
bene pubblico del regno.

PRAMMATICA SANZIONE FRANCIA, MAZZARINO, RICHELIEU, EDITTO DI


NANTES
La prammatica sanzione Nel 1576 venne proclamato l’editto di Beaulieu, dove Enrico III
trovò un accordo di pace tra cattolici e ugonotti (protestanti). Ma i conflitti non cessarono e
nello stesso anno un gruppo di estremisti cattolici guidati da Enrico di Guisa si oppose
all’accordo, facendo accrescere le difficoltà religiose. I cattolici, alleati con la Spagna ed
altri paesi cattolici, tentarono di impedire all’ugonotto Enrico di Navarra di ereditare il
trono. Ciò portò alla guerra dei tre Enrico, che coinvolse il re Enrico III, l’ugonotto Enrico
di Navarra e il cattolico Enrico di Guisa. Enrico III perse il controllo e la guerra scoppiò.
Enrico di Guisa tentò di salire sul trono e, nel 1585, bandì completamente la religione
protestante. Nel 1589 Enrico III fece uccidere Enrico di Guisa. Tuttavia, lo stesso Enrico III
venne successivamente assassinato da un monaco fanatico. Enrico di Navarra divenne re
Enrico IV di Francia e, per calmare le cose, egli decise di convertirsi al cattolicesimo nel
1593. Le guerre degli ugonotti terminarono infine nel 1598 con l’editto di Nantes, che
concedeva libertà di culto e uguaglianza a tutti. Dopo la morte di Enrico IV, salì al trono
Luigi XIII. Con lui nacque un problema di concordia tra corona e ufficiali regi: la reggente
Maria de’ Medici decide di estromettere i vecchi ministri di Enrico IV, a favore di nuovi
uomini politici. Rimaneva però una fiducia nei confronti dell’autorità monarchica e per il
bene della Francia si riunirono gli stati generali nel 1614, dove vennero redatti i cahier de
dolèance, il cui contenuto fu presentato al re all’inizio della riunione. Pertanto, si discusse
dell’affermazione dell’autorità regia contro gli argomenti che tendevano a limitare
l’esercizio e della venalità degli uffici, dove si reclamò la loro sospensione. Le richieste dei
vari stati erano: l’inviolabilità del re e la sua superiorità su ogni altra istanza umana da parte
dei magistrati consiglieri, il rispetto dei canoni del concilio di Trento come legge del regno
da parte del Clero, la soppressione della venalità delle cariche pubbliche e la fine del diritto
annuale da parte della nobiltà e la richiesta di convocazione degli stati generali ogni 10 anni
da parte del terzo stato. Essi avevano perciò in comune la riforma degli scandali finanziari e
l’eredità abusiva delle cariche. Quindi il re decise di abolire le venalità, stabilire una camera
di giustizia contro i finanzieri illegali e ridurre il numero delle pensioni. Ma il parlamento di
Parigi si pose come unico interlocutore del re e il Consiglio del re decise, per sventare la
minaccia, di prolungare di due anni le paulette, bloccando le riforme. Nel 1617 iniziava un
periodo di relativa pace per la Francia, ma rimanevano due grossi problemi: l’espediente
fiscale delle venalità privava il re del controllo dei suoi ufficiali e le libertà concesse agli
ugonotti privava il re del controllo su alcune province. Per rimediare venne radunata a
Rouen l’Assemblea dei Notabili, un consiglio del re allargato con persone degne e esperte
chiamate a dare la loro opinione. A proposito, Richelieu entrò nel Consiglio del re nel 1616
e ne divenne capo nel 1624. Il cardinale si pose come obiettivo di affermare la monarchia
francese, per questo bisognava risolvere il problema delle concessioni fatte con l’editto di
Nantes ai protestanti: essi erano un tipo particolare di comunità all’interno del regno,
avevano particolari privilegi e le unità protestanti erano rette da un pastore e potevano
governarsi da sole. Ma le confessioni erano a senso unico: da protestanti a cattolici e a
Bèarn ci fu nel 1620 una nuova guerra tra ugonotti e corona che portò alla conquista della
repubblica ugonotta di La Rochelle e all’editto di Alès, dove venivano rimosse le clausole
che avevano concesso privilegi politici agli ugonotti; continuavano ad avere le loro chiese e
i loro sinodi ma non potevano più influenzare la politica francese e sfidare il potere della
corona. Mazzarino fu nominato nel 1642 cardinale da Richelieu prima di morire e sostituì il
parlamento nel ruolo di consigliere per gli atti di governo. Tuttavia, nonostante
l’opposizione del re, la Chambre si riunì regolarmente e attraverso un documento di 27
articoli stabilì un piano di riforma dello stato, che prevedeva un nuovo stile di governo, la
limitazione del sovrano alla consultazione e al consenso delle corti sovrane in materia di
giustizia e imposizione e il resto della Francia è d’accordo col documento, in quanto il
potere regio era visto negativamente in tutto il regno. Messo alle strette e contando sul
supporto della regina, Mazzarino agì con 3 colpi di forza: cercò nel 1648 di arrestare alcuni
parlamentari, andando contro il popolo; nel 1649 assediò con 10000 uomini il Parlamento,
scaturendo una guerra civile e nel 1650 arrestò 3 principi per ottenere pieni poteri ma le
province si sollevarono e fu raggiunta la pace. Mazzarino allora fuggì in esilio. Allora la
regina reggente riunì gli stati generali a Tours nel 1651 e i Cahier de dolèance prevedevano:
condizioni di amministrazione del regno, regolamentazione dell’alloggio dei soldati, rigore
della giustizia reale, taille come al tempo di Enrico IV e periodicità della riunione degli stati.
Questo diede l’immagine di una monarchia controllata dagli stati. Nel 1652 venne
ripristinato lo status quo precedente alla fronda e gli intendenti rinominati commissaires
dèpartis. Nel 1654 Luigi XIV venne consacrato a Reims e la pressione fiscale venne
restaurata a quella di prima. Ma in Fiandra ripresero le sollevazioni, richiedendo gli stati
generali, il ritorno della pace e la fine del carico fiscale. Il re e la corte ripresero il controllo
grazie alla stipulazione della Pace dei Pirenei con la Spagna, che portò al matrimonio Luigi
con Maria Teresa. Inoltre, Luigi, capendo l’interesse dell’opinione pubblica, istituì una
camera di Giustizia per i finanzieri. Questo e altre decisioni prese con il ministro Colbert
furono ben accettate dal popolo, il cui sentimento era segnato dalla guerra civile ed era
solamente desideroso di pace. Per questo venne favorito l’assolutismo al potere e a ciò fu
emanato un atto di maestà in cui si limitava il diritto di rimostranza e la registrazione degli
atti regali divenne prassi. In pratica il potere assoluto prevedeva: il potenziamento dei poteri
straordinari del re, la limitazione dei poteri dei parlamenti e l’introduzione dei magistrati
con la corte reale. Pertanto, i parlamenti si opposero al re perché l’aristocrazia era nemica
della maestà.

Inghilterra, da Elisabetta I TUDOR, SUART, SHIP MONEY


Elisabetta I ebbe un regno molto lungo che durò dal 1558 al 1603. Dovette affrontare
problemi di ordine religioso e politico. Nacque un’opposizione nuova che portò la corona a
privilegiare delle riforme che non modificassero lo status quo. Per questo numerosi membri
della chiesa anglicana si trovavano in disaccordo con il conformismo e sulla celebrazione
papale delle cerimonie religiose, da qui si generò un desiderio di purificazione della chiesa
anglicana. A questi membri si scontravano gruppi che non credevano in una chiesa
nazionale e per questo furono perseguitati attraverso un atto del Parlamento. A questo, il
ritorno di Maria Stuart nel 1561 fu un’ulteriore difficoltà per Elisabetta I e rese ancora più
difficili le questioni di corte con il tentativo di sostituire Maria ad Elisabetta per reintrodurre
il cattolicesimo in Inghilterra. Nel 1570 il papa Pio V emanò una bolla con cui depose
Elisabetta e liberò i sudditi cattolici dal giuramento di obbiedenza; il risultato fu una
persecuzione ai danni dei cattolici e Maria fuggì in campagna. Queste vicende mutarono i
rapporti con la Spagna, dove la marina inglese venne potenziata e la Armada Invencible
sconfitta nel 1588. Inoltre, la regina convocò 13 parlamenti, ma questi votarono per
aumentare le tasse a causa dei costi delle guerre interne e esterne, causando il malcontento
del Parlamento. Nonostante tutto, la monarca riuscì a mantenere alla corona una posizione
centrale di potere e a tenere un consenso alto dei sudditi. Enrico VII è il primo monarca
della dinastia dei Tudor. Tra i suoi atti separò fisicamente la Camera Privata dal resto della
Camera, curò le finanze con la restaurazione della ricchezza regia (il re era visto come
grande proprietario), verificò la situazione nelle contee, accertando i confini dei territori
della corona e assicurando le obbligazioni feudali e ristabilì il potenziale della casa reale
nell’amministrazione finanziaria a spese del Parlamento, il quale era diventato durante la
Guerra dei cent’anni un partner di peso uguale al governo. L’assemblea cercò di mantenere
un alto livello di efficienza, utilizzando strumenti come l’impeachment, ma il parlamento
riuscì a rappresentare interamente la nazione politica. Inoltre, Enrico VII è importante
perché con lui il consiglio assunse un’importanza tale da essere il potere che riflette la
corona. L’amministrazione invece era composta da laici e questo ebbe ripercussioni poiché
gli amministratori cercavano di costruire un futuro economico per le loro famiglie,
assicurandosi una durata a vita e facendo diventare l’ufficio una proprietà commerciabile,
vendibile ai terzi (patronato). Enrico VIII governò dal 1509 al 1547. Nel 1509 cementò le
relazioni con la Spagna sposando Caterina d’Aragona e la sua politica antifrancese lo fece
entrare nella Lega Santa. Nel 1520 si accordo con il re Francesco I di Francia una pace che
durò per un anno fino a quando il re inglese si accordò con Carlo V per l’invasione della
Francia. La guerra portò Enrico a richiedere sussidi ovvero un amichevole sovvenzione,
un’imposizione fiscale senza la consultazione del Parlamento, ma le resistenze furono tali
che il re ritirò il progetto. Successivamente una nuova pace con la Francia sancì la rottura
con Carlo V e l’idea di progetti di successione al trono. Ma cosa più importante decise di
ripudiare la moglie Caterina d’Aragona con la richiesta di divorzio al papa Clemente VII;
questo scaturì la frattura tra la chiesa inglese e la chiesa romana determinando l’evoluzione
della riforma in Inghilterra. Decisivo fu il contributo del Parlamento; senza di esso la nascita
della chiesa anglicana sarebbe stata impossibile, in quanto una decisione di tale portata non
spetta solo al sovrano. Perciò Enrico VIII abolì la giurisdizione autonoma della chiesa e le
competenze del papa, autoproclamandosi capo supremo e governatore della chiesa
d’Inghilterra per legittimità divina e divenne Defensor Fidei. Con Giacomo I Stuart ci fu un
aumento della pratica del patronage degli uffici per alta competizione per i posti, che ebbe
dirette conseguenze fiscali, creando un forte deficit. Giacomo, prima di essere re
d’Inghilterra era re di Scozia come Giacomo VI, poiché aveva preso il posto della madre
Maria spodestata dai nobili scozzesi e alla morte della regina Elisabetta lo aveva portato al
trono come re d’Inghilterra. Quindi la corona inglese si unì a quella scozzese. Per quanto
riguarda il suo compito di re di Scozia, Giacomo scrisse The trew law of free Monarchies, in
cui veniva formulata la teoria del diritto divino dei re. In Inghilterra, il diritto divino servì a
legittimare la successione al trono di Giacomo. Inoltre, il re aveva riconosciuto che non
poteva emanare legge né imporre tasse senza il consenso del Parlamento. Tuttavia, le
prerogative reali che Giacomo sosteneva non coincidevano con gli interessi del Parlamento
perché egli riteneva che le sue prerogative fossero parte integrante della legittimazione
divina e che la decisione sul loro utilizzo aspettasse a lui. Il primo tentativo di Giacomo di
usare le sue prerogative per avere entrate fiscali indipendentemente dal parlamento aveva
portato a una decisione giudiziaria che prevedeva che solo al re spettava ogni decisione sul
commercio e politica estera.
Il caso Ship-money scoppiò nel 1637 e il re Carlo I aveva preteso dagli abitanti delle città e
dalle contee della costa l’armamento di navi oppure il corrispettivo in denaro, ma nel 1635
aveva fatto esigere la tassa ship-money in tutto il regno. John Hampden rifiutò il pagamento
con la motivazione di mancata decisione del parlamento a tal proposito; la decisione presa
in questo caso sembrava implicare che il diritto era pressoché impotente nella protezione dei
diritti dei sudditi. Quindi nel caso ship-money la Corona cercò di tradurre una pretesa extra
legale in termini legali, infatti definire un atto illegale come atto di prerogativa non lo
rendeva legale. Ma la vittoria di Carlo in questa sentenza sottolinea come la common law
non era una barriera sufficiente contro l’uso della prerogativa reale. Chi accettava la
posizione del re ribadiva che la Ship-Money non era una tassa ma un servizio dovuto al re
per le emergenze.

Potrebbero piacerti anche