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Privilegium othonis: è un atto promulgato a Roma il 13 febbraio del 962 da Ottone I, da poco
incoronato imperatore del Sacro Romano Impero. I due sovrani confermarono la validità della
Constitutio romana del monarca carolingio Ludovico il Pio dell'824.
Con le donazioni carolinge dell'VIII secolo la Santa Sede era diventata proprietaria di vasti
territori, dall'Italia centrale alla pianura padana. Tuttavia, il controllo effettivo del Papato sui
propri territori fu tutt'altro che concreto, infatti alla metà del X secolo il pontefice controllava
solamente l'area di Roma e alcune città del Lazio centro-settentrionale. Gli altri territori
erano formalmente parte del Regnum Italicum, sotto la corona del Re di Germania Ottone I
dal 951. L'unico che poteva ristabilire le prerogative della Sede Apostolica era Ottone stesso.
Nel 962 Papa Giovanni XII invitò Ottone a Roma. Il 2 febbraio Ottone venne incoronato
imperatore del Sacro Romano Impero. Pochi giorni dopo i due stabilirono quali concessioni
reciproche accordarsi.
Convennero quindi che l'elezione papale dovesse avvenire soltanto con il consenso
dell'Imperatore del Sacro Romano Impero e alla presenza di suoi rappresentanti; inoltre, Ottone
attribuì a se stesso reali diritti di sorveglianza, anche militare, sulla città di Roma. Ottone si
impegnava peraltro a riconoscere tutte le donazioni elargite da Pipino il Breve (la Promissio
Carisiaca del 754)[1], anche se i territori oggetto delle donazioni sarebbero rimasti sotto la
tutela imperiale.
bolla d'oro 1356 e suoi effetti: Costituzione del 1356, in 31 capitoli, con cui l’imperatore
Carlo IV volle regolata l’elezione imperiale. Gli elettori erano 7 (arcivescovi di Magonza,
Treviri, Colonia, re di Boemia, conte del Palatinato, duca di Sassonia, margravio di
Brandeburgo). L’elezione avveniva a Francoforte sul Meno, l’incoronazione ad Aquisgrana. Si
stabiliva l’indivisibilità dei principati degli elettori e il sistema della primogenitura, inoltre si
fissavano le modalità dell’elezione imperiale. Durante la vacanza dell’Impero, il vicariato
spettava, nella parte meridionale dell’Impero al Palatinato, nell’altra alla Sassonia. Le
modalità della B. furono mantenute fino al 1806, mentre la composizione del collegio di
elettori fu modificata in occasione della Pace di Vestfalia (1648), quando ebbe il titolo di
elettore il ducato di Baviera con l’Alto Palatinato.
privilegia de non evocando et appellando: ll'interno del Sacro Romano Impero, il privilegium
de non appellando (privilegio di non fare appello) era un privilegio che poteva essere
concesso dall'imperatore ad uno stato imperiale.
Il privilegio stesso poteva essere limitato (limitatum) o illimitato (illimitatum).nSe limitato, i
sudditi di uno stato imperiale avevano il diritto di ricorrere in appello da parte dei tribunali
territoriali alle corti supreme imperiali, alla Corte della Camera imperiale
(Reichskammergericht) o al Consiglio aulico imperiale (Reichshofrat). Quando il diritto era
illimitato, trasformava di fatto il più alto tribunale territoriale in un tribunale di ultima istanza.
Il privilegio era molto apprezzato dagli stati imperiali, sia perché dava prestigio sia perché
favoriva l'integrazione della loro amministrazione tagliando la loro magistratura dal resto
dell'impero. Tra il XVI e il XVIII secolo, praticamente tutti gli stati più grandi ricevettero il
privilegio. Quasi tutte le terre degli Asburgo avevano il privilegio.
Anche il privilegio illimitato non era, in realtà, assoluto: esso non si applicava quando un
soggetto non faceva ricorso ai tribunali territoriali (rifiuto della giustizia,
Rechtsverweigerung) o quando un sovrano si rifiutava di attuare una decisione giudiziaria
(ritardo della giustizia, Rechtsverzögerung). In tali casi il soggetto potrebbe rivolgersi a un
tribunale imperiale.
Un privilegium maius era un documento della cancelleria papale redatto in forma solenne, a
differenza del privilegium minus, redatto in forma semplice. Successivamente il privilegium
minus venne sostituito dalla breve, mentre il privilegium maius venne sostituito dalla bolla .
Ma in storiografia si conosce come privilegium maius una falsa versione del privilegium
minus, redatta su incarico di Rodolfo IV d'Asburgo tra il 1358 e 1359, probabilmente come
reazione alla mancata inclusione dei duchi d'Austria tra i principi elettori nella bolla d'oro del
1356. Infatti il documento falsificato stabilisce l'elevazione dell'Austria a arciducato, e
attribuisce all'arciduca d'Austria privilegi analoghi a quelli dei principi elettori.
In particolare il documento stabiliva:
• l'indivisibilità dell'Austria
• il diritto di primogenitura (senza bisogno di conferma imperiale) (più tardi ampliata
nella Prammatica Sanzione)
• Giurisdizione autonoma, senza possibilità di appello presso l'imperatore (Privilegium
de non evocando)
• Regalie
Il privilegium maius contiene cinque documenti falsi, tra cui alcuni attribuiti addirittura a
Giulio Cesare e Nerone, che avrebbero attribuito particolari diritti all'Austria, allora Norico. Il
documento venne prodotto sulla base del privilegium minus del 1156, il cui contenuto venne
molto ampliato. Al privilegium maius venne apposto il sigillo del privilegium minus, e
quest'ultimo venne distrutto (ce ne sono giunte solamente trascrizioni)
L'imperatore Carlo IV non confermò il privilegium maius, che Francesco Petrarca, in una sua
perizia, aveva denunciato come falso. Il privilegium maius venne confermato solamente nel
1453, dall'imperatore Federico III d'Asburgo, appartenente alla casa d'Asburgo. Il privilegium
maius perse la sua importanza dopo lo scioglimento del Sacro Romano Impero, nel 1806.
editto di Worms: L'editto di Worms (maggio 1521), col quale Lutero veniva posto al bando,
formalizzò queste decisioni: Lutero era un fuorilegge e un nemico pubblico, chiunque
poteva ucciderlo impunemente, sicuro dell'approvazione delle autorità
guerra dei trent'anni: iniziata come una guerra tra gli stati protestanti e quelli cattolici nel
frammentato Sacro Romano Impero, progressivamente si sviluppò in un conflitto più generale
che coinvolse la maggior parte delle grandi potenze europee, perdendo sempre di più la
connotazione religiosa e inquadrandosi meglio nella continuazione della rivalità franco-
asburgica per l'egemonia sulla scena europea.
La guerra ebbe inizio quando il Sacro Romano Impero cercò d'imporre l'uniformità religiosa
sui suoi domini. Gli stati protestanti del nord, indignati per la violazione dei loro diritti
acquisiti nella pace di Augusta, si unirono formando l'unione evangelica. L'impero contrastò
immediatamente questa lega, percependola come un tentativo di ribellione, suscitando le
reazioni negative di tutto il mondo protestante. La Svezia intervenne nel 1630, lanciando
un'offensiva su larga scala nel continente. La Spagna, intenzionata a piegare i ribelli olandesi,
intervenne con il pretesto di aiutare il suo alleato dinastico, l'Austria. Temendo
l'accerchiamento da parte delle due grandi potenze degli Asburgo, la cattolica Francia entrò
nella coalizione a fianco dei territori protestanti tedeschi per contrastare l'Austria.
La guerra, caratterizzata da gravissime e ripetute devastazioni di centri abitati e campagne,
da uccisioni di massa, da operazioni militari condotte con spietata ferocia da eserciti
mercenari spesso protagonisti di saccheggi, oltre che da micidiali epidemie e carestie, fu una
catastrofe epocale, in particolare per i territori dell'Europa centrale. conflitto si concluse con
i trattati di Osnabrück e Münster, inseriti nella più ampia pace di Vestfalia. Gli eventi bellici
modificarono il precedente assetto politico delle potenze europee. L'incremento del potere
dei Borbone in Francia, la riduzione delle ambizioni degli Asburgo e l'ascesa della Svezia
come grande potenza crearono nuovi equilibri di potere nel continente
tribunale camerale imperiale: fatto da Massimiliano I. Nel corso della Dieta imperiale di
Worms (1495) dovette accordarsi coi ceti imperiali su 4 fondamentali leggi di riforma, con
le quali iniziò una nuova età per l'Impero e peri il suo diritto pubblico. Tali leggi furono la
Pace territoriale perpetua, con assoluto divieto di faida, l'ordinanza per l'istituzione del
Tribunale camerale imperiale, con un giudice nobile e decidenti per metà nobili e metà
giuristi, alla cui delegazione erano partecipi i nobili, un'ordinanza esecutiva che affidava alla
Dieta imperiale il compito in prima linea di applicare pace e diritto, infine un'ordinanza per
l'istituzione di una tassa detta gemeines Pfenning, che doveva servire al finanziamento del
Tribunale cameriale imperiale e al mantenimento della pace all'interno e esterno (valido
anche per la domanda Massimiliano I, riforme).
conseguenze pace westfalia: al congresso di pace di Westfalia (1648) presero parte oltre alle
corone interessate, anche i ceti imperiali. Di fronte al diritto rivendicato dall'imperatore di
rappresentare lui solo l'impero nelle trattative di pace, stava una concezione propria dei più
attivi ceti protestanti imperiali: per la sua struttura aristocratica l'Impero poteva essere
rappresentato solo dall'imperatore e dai ceti imperiali contemporaneamente. Ius suffragii:
diritto di voto. Importante: fondamentale questione della posizione dell'imperatore. Ebbe la
meglio la posizione dei principi elettori: anche in fututo l'imperatore avrebbe potuto
sviluppare i suoi diritti e possibilità di influenza secondo le consuetudini dell'impero e la
giustificazione del potere sul territorio nel suo complesso. Si verificò la tensione tra
organizzazione centralistica degli strumenti politici a disposizione del principe, e il
problema del titolo giuridico del potere territoriale. L'impero diventò grazie alla superioritas
territorialis (potere suprmo rispetto ai sudditi) più che una monarchia, una lega di libere
comunità anche se collegate dal diritto pubblico.
fueros: Nella Spagna medievale, le immunità locali, concesse dai sovrani a città, feudi ed
enti ecclesiastici, e i capitoli con i quali, valendosi di queste immunità, tali enti davano forza
di legge, con il consenso del sovrano, alle loro consuetudini. Un esempio di fueros è l'editto
che fece emanare Pietro IV nel 1348 a Cortes riunite, in cui venivano specificati i diritti, le
libertà, i privilegi, le consuetudini che il re e tutti gli ufficiali erano obbligati a giurare, come
giurare sulla croce e sul vangelo di osservare le leggi valide del paese.
Petition of right: La Petition of Right, talvolta tradotta come Petizione dei diritti[2], è un
importante documento costituzionale che regola le libertà specifiche del soggetto che non
possono essere violate dal re. Approvata il 7 giugno 1628, la Petition of Right vieta
l'imposizione di tasse senza l'approvazione del Parlamento, l'obbligo di dare alloggio ai
soldati, l'arresto senza una motivazione e l'uso di legge marziale. A seguito dei conflitti sorti
fra il Parlamento e re Carlo Ia riguardo dell'attuazione della guerra dei trent'anni, il
Parlamento si oppose a finanziare le spese di guerra spingendo Carlo a raccogliere prestiti
forzati senza l'approvazione parlamentare e a imprigionare arbitrariamente coloro che si
rifiutavano di pagare. Inoltre, essendo sul piede di guerra venne applicato l'alloggio forzato
dei soldati all'interno delle case di privati cittadini, nonché la dichiarazione di legge
marziale nella maggior parte del Paese.
Come risposta, la Camera dei comuni tions ("risoluzioni"), condannando questi
provvedimenti e ribadendo la validità della Magna Carta e il requisito legale dell'habeas
corpus. Questi propositi vennero respinti da re Carlo che annunciò inoltre che il Parlamento
sarebbe stato sciolto; a questo punto la Camera dei comuni si riunì il 6 maggio col fine di
prendere in considerazione delle alternative e si concluse che un'istanza per i diritti fosse la
soluzione. Di conseguenza, una commissione sotto il comando di Edward Coke abbozzò tale
documento, il quale venne approvato dalla Camera dei comuni l'8 maggio e poi inviato alla
Camera dei lord. Dopo tre settimane di discussioni e riunioni fra le due camere, la Petition
of Right venne ratificata da entrambe le camere il 26 e il 27 maggio. Seguirono ulteriori
discussioni nelle quali il re limitò la libertà di parola per la Camera dei comuni, ma fu poi
costretto a cedere alle pressioni; necessitando dell'appoggio parlamentare per gli sforzi
bellici, il 2 giugno accettò la Petition. Tuttavia, ancora insoddisfatte, le camere si riunirono
pretendendo la completa ratifica del documento, che avvenne il 7 giugno.
Nonostante le discussioni a proposito del suo stato a livello legale, la Petition of Right ebbe
una vasta influenza. A livello nazionale è vista come «una dei più noti documenti
costituzionali dell'Inghilterra», e viene considerata di pari valore con la Magna Carta e i
Bill of Rights del 1689. In un periodo in cui la Camera dei lord rappresentava la principale
difesa di Carlo dalla Camera dei comuni, l'intenzione delle due camere di lavorare insieme
segnò una nuova fase nella crisi costituzionale che avrebbe poi portato alla guerra civile
inglese.
Francia
La legge salica fa parte di una serie di consuetudini del sistema giuridico francese del XV
secolo e riguarda la devoluzione della corona. In particolare, si tratta di una costruzione
dottrinaria che richiama a elementi mitici e che si elabora e precisa in parallelo alle crisi
dinastiche e politiche che coinvolgono lo stato francese. Nel 1316 e nel 1328, in assenza di
discendenti maschi, la corona passò a collaterali del sovrano, escludendo dalla successione
le figlie del sovrano e i pretendenti alla corona per via femminile. Questo causò una contesa
fra fazioni politiche scaturita proprio dalla legge salica, testo di diritto privato, secondo cui
nessuna eredità sarebbe dovuta cadere nelle mani di una donna. La manipolazione del testo
era contraddetta: era sì una legge regia, ma non più basata sulla consuetudine, bensì sulla
volontà soggettiva del monarca. Nel 1420 durante la guerra dei 100 anni il trattato di Troyes
escluse dalla successione il delfino, a vantaggio del re d’Inghilterra Enrico V. Temendo il
passaggio della corona francese a un sovrano straniero, alcuni legisti elaborarono il
principio dell’indisponibilità della corona. Da qui la vittoria francese riconsegnò la corona al
legittimo erede Carlo VII e venne elaborato il principio della devoluzione della corona,
qualcosa che nessun sovrano avrebbe potuto modificare o trasgredire; a fianco del principio
dell’indisponibilità della corona e dell’istantaneità della successione contribuirono a
legittimare la continuità della monarchia francese. Le leggi fondamentali avevano un ruolo
fondamentale ma di difficile interpretazione; gli studiosi si sono più volte interrogati
sull’interpretazione più adatta nell’assetto della monarchia francese. Se i giuristi hanno
dedotto dalle leggi fondamentali l’esistenza di una costituzione consuetudinaria che avrebbe
garantito per secoli la continuità della monarchia francese, gli storici hanno assunto un
approccio più cauto, ma con posizioni alquanto divergenti. Mousnier, ad esempio, ha
elencato cinque leggi fondamentali, considerate come contrappeso al potere monarchico.
Tuttavia, esse appaiono come una presa di distanza dall’assolutismo francese e un
avvicinamento alla storiografia anglosassone che distingueva tra dominium regale
(monarchia assoluta) e dominium politicum et regale (monarchia parlamentare). La
storiografia americana ha riproposto l’assunto costituzionalista, secondo cui da un lato gli
elementi simbolici aiutano in una migliore comprensione della natura della costituzione
antica e dall’altro il ruolo del parlamento, in particolare Hanley sul lit de justice ha
assegnato alle corti di giustizia e al parlamento parigino una funzione di ”custode della
costituzione”. Invece Antoine ha messo in rilievo l’uso del termine “constitution” in Francia
fino al Settecento, in quanto politici e giuristi tendevano a distinguere tra le forme di
governo dei vari Paesi. Pertanto, ragionando sul piano politico-costituzionale, ha ragione
Richet nell’affermare che l’insieme di queste leggi fondamentali non si presenta come una
costituzione, neppure consuetudinaria. Non si può parlare né di costituzione monarchica né
definire la forma di governo della Francia come regime costituzionale. Gli intendenti erano i
responsabili della riscossione delle tasse durante l’Ancien Règime. Essi avevano 3 compiti
principali: Justice, che riguardava le questioni intorno alla taille, la quale si assicuravano che
venisse pagata dai contadini, Police, che riguardava la buona amministrazione e Finances
che riguardava la gestione dell’imposta. Ogni intendente se non erano pagate le tasse era
titolare di mezzi straordinari, come l’uso di truppe a cavallo. Essi imperversarono durante il
XVII secolo come conseguenza del periodo storico negativo della corona francese,
caratterizzato da un aumento del potere del re causato dalla carestia e dalla peste, che portò
a un innalzamento fiscale per sostenere le guerre per la potenza nazionale. Le tasse che
aumentarono furono la taille, un’imposta diretta sulla casa e sui terreni, aides un’imposta
indiretta sui generi alimentari e affaires extraordinares, una tassa che gravava sulle città e i
possidenti. Come conseguenza dell’aumento delle tasse dovuto al crescente ruolo degli
intendants, Luigi XIII ingrandì l’esercito ma ci furono nel 1635 numerose rivolte popolari
per via delle condizioni di miseria cui versavano i contadini, i quali chiedevano a gran voce
la fine dell’oppressione fiscale, vista come libertà. La Guerra dei cent’anni fu un conflitto
che durò tra il 1337 e il 1453 che vide contrapposti da un lato Francia e Inghilterra, ma
dall’altro borgognoni e almanacchi, sostenitori rispettivamente della dinastia ducale e del
potere regio, che portarono allo scoppio di una violenta guerra civile in Francia all’interno
del conflitto con gli inglesi. Questa guerra e le sue vicende sono la dimostrazione di quanto
sia stato difficile il processo di costruzione dello Stato in Francia, dove a seguito di disfatte
militari, tentativi di pace, assassini, tradimenti e capovolgimenti di fronte si rischiò la
scomparsa del regno di Francia. Infatti, il trattato di Troyes e la sconfitta francese ad
Azincourt sancirono il passaggio di consegne da Carlo VI a Enrico V d’Inghilterra,
spodestando il delfino legittimo erede Carlo VII e presagendo l’unione delle due corone,
aprendo la strada alla duplice monarchia. Dopo la morte di Enrico V e Carlo VI, ci fu
l’incoronazione del figlio del primo a re di Inghilterra e Francia, ma l’incoronazione a
Reims dell’esiliato Carlo VII e il riavvicinamento della casa di Borgogna alla famiglia reale
con il trattato di Arras nel 1435 posero fine alla duplice monarchia e diedero inizio alla
restaurazione del potere monarchico, favorendo così la vittoria francese nella guerra, anche
grazie all’intervento decisivo di Giovanna d’Arco. Luigi XI intraprese una stagione di
riforme, mettendo in atto una politica antifeudale e di annessione territoriale. Egli soppresse
alcune pensioni, abrogò la Prammatica sanzione, escluse dal suo consiglio i vecchi servitori
di Carlo VII e revisionò completamente il sistema fiscale. Vennero inoltre riaffermate teorie
di regalità e assolutismo del potere regio, che causarono un forte malcontento popolare,
portando alla Guerra del bene pubblico nel 1465. La guerra durò 6 mesi e in pratica fu una
rivolta che ebbe come progetto un governo alternativo, con l’obiettivo di costringere il re ad
abdicare in favore di suo fratello Carlo. Il progetto dei ribelli era di eliminare i nuovi
consiglieri del re, restaurare la giustizia e convocare gli Stati generali per favorire la cura del
bene pubblico. Tuttavia, il re considerò i principi ribelli come disobbedienti alla corona e
non cedette alle loro richieste, ma fu pesantemente sconfitto e costretto a sottoscrivere due
trattati in cui riconosceva la legittimità della rivolta e instaurava una commissione di 36
membri (12 prelati ecclesiastici, 12 cavalieri e scudieri e 12 membri del consiglio e delle
corti di giustizia). Alla nuova assemblea il re diede pieni poteri e l’autorità di riunirsi per il
bene pubblico del regno.