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RAVEL 1875-1937

Molte sono le affinità stilistiche tra Debussy e la prima


produzione di Ravel, che fu inizialmente considerato un
suo seguace: dalle atmosfere spagnoleggianti, all’uso
delle scale modali, alla passione per i clavicembalisti
francesi. Alcune loro opere furono anche messe a
confronto vista l’apparente affinità stilistica: ad
esempio, Ibéria di Debussy e Rhapsodie espagnole di
Ravel. È evidente che entrambi consideravano l’altro
come uno stimolo e che quindi si influenzarono
reciprocamente, pur mantenendo il loro stile. Ravel in
particolare si distinse fin da subito per il suo rigore
formale, l’incisività ritmica e i profili nitidi delle
melodie. Con le opere della maturità si andò a
sviluppare sempre più un atteggiamento
antiromantico, ponendolo vicino a compositori come
Satie o Stravinskij. Ravel studiò pianoforte e
composizione con Fouré al Cnservatorio di Parigi e
ottenne riconoscimenti fin dai primi lavori. A inizio
Novecento, quando ormai era già conosciuto e
apprezzato, si presentò più volte al Prix de Rome, senza
riscire mai a vincerlo; episodio che scatenò scalpore a
tal punto da indurre l’allora direttore del conservatorio
a dimettersi. Egli, al contrario di Debussy, non
frequentò gli ambienti bohhémien, ma si dedicò ad una
vita più riservata. La sua carriera finì nel 1933 con il
manifestarsi di una malattia al cervello e morì nel 1937.
Ravel fu un abile orchestratore e si cimentò nella
trascrizione di opere proprie e altrui: ricordando ad
esempio, tra le trascrizioni per orchestra, “Pavan per
un’infanta defunta” 1910, il quale era un suo brano per
pianoforte che ha poi orchestrato; i Quadri di
un’esposizione di Musorgskij, qui Ravel si impegnò
molto nella differenziazione timbrica degli strumenti
fino ad arrivare alla realizzazione di un tessuto
orchestrale animato da magnifici colori. L’attrazione
per la musica del passato si manifestò fin dalle sue
prime composizioni; le forme settecentesche rivivono
nella sua grandissima suite per pianoforte Le tombeau
de Couperin, scritta tra il 1915 e 1917 e in cui ciascun
brano è dedicato ad un compagno di Ravel morto in
guerra (aveva partecipato alla prima guerra mondiale
ma, per le sue condizioni fisiche, poté solo lavorare
come autista). Il titolo rievoca l’antica forma del
tombeau, un omaggio, al celebre clavicembalista
francese Fraançois Couperin. L’influenza spagnola la
ritroviamo, oltre che in Rhapsodie espagnole, anche in
Alborada del Gracioso e nel famosissimo boléro. In
Alborada del Gracioso il richiamo folkloristico viene
evidenziato dai pizzicati degli archi che suggeriscono il
timbro della chitarra, dal nervoso andamento ritmico,
ravvivato dalle nacchere e dal triangolo e dalla
cantabilità della sezione centrale. Vicino anche lui
all’acqua, ricordiamo per esempio “giochi d’acqua”. Tra
i brani citati in precedenza, abbiamo molto famoso, il
bolero, nel 1928, composto per la ballerina Rubinstein
Ida, ritroviamo una melodia ripetuta addirittura per 18
volte e sempre con timbriche diverse, su un ostinato
del tamburo, in crescendo graduale e di grande effetto.
Ricordiamo anche la raccolta “mamma oca” 1910, una
raccolta per pianoforte a 4 mani formata da 5 brani
ispirati a celebri fiabe come pollicino o la bella
addormentata nel bosco di Pierrot; non mancano brani
ispirati all’Oriente in cui vengono impiegate le scale
pentatoniche. Ampliata e orchestrata diventò nel 1912
un balletto in un’epoca in cui a Parigi riscuotevano un
grande successo questi balletti, soprattutto quelli russi
allestiti da Djagilev (un impresario). In ambito
cameristico, oltre al Quartetto per archi in FA+ (1902-
1903), si distinguono le originali Canzoni malgasce,
1925, per voce, flauto, violoncello e pianoforte, in cui i
testi suggeriscono al compositore delle sonorità
“selvagge”.

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