Molte sono le affinità stilistiche tra Debussy e la prima
produzione di Ravel, che fu inizialmente considerato un suo seguace: dalle atmosfere spagnoleggianti, all’uso delle scale modali, alla passione per i clavicembalisti francesi. Alcune loro opere furono anche messe a confronto vista l’apparente affinità stilistica: ad esempio, Ibéria di Debussy e Rhapsodie espagnole di Ravel. È evidente che entrambi consideravano l’altro come uno stimolo e che quindi si influenzarono reciprocamente, pur mantenendo il loro stile. Ravel in particolare si distinse fin da subito per il suo rigore formale, l’incisività ritmica e i profili nitidi delle melodie. Con le opere della maturità si andò a sviluppare sempre più un atteggiamento antiromantico, ponendolo vicino a compositori come Satie o Stravinskij. Ravel studiò pianoforte e composizione con Fouré al Cnservatorio di Parigi e ottenne riconoscimenti fin dai primi lavori. A inizio Novecento, quando ormai era già conosciuto e apprezzato, si presentò più volte al Prix de Rome, senza riscire mai a vincerlo; episodio che scatenò scalpore a tal punto da indurre l’allora direttore del conservatorio a dimettersi. Egli, al contrario di Debussy, non frequentò gli ambienti bohhémien, ma si dedicò ad una vita più riservata. La sua carriera finì nel 1933 con il manifestarsi di una malattia al cervello e morì nel 1937. Ravel fu un abile orchestratore e si cimentò nella trascrizione di opere proprie e altrui: ricordando ad esempio, tra le trascrizioni per orchestra, “Pavan per un’infanta defunta” 1910, il quale era un suo brano per pianoforte che ha poi orchestrato; i Quadri di un’esposizione di Musorgskij, qui Ravel si impegnò molto nella differenziazione timbrica degli strumenti fino ad arrivare alla realizzazione di un tessuto orchestrale animato da magnifici colori. L’attrazione per la musica del passato si manifestò fin dalle sue prime composizioni; le forme settecentesche rivivono nella sua grandissima suite per pianoforte Le tombeau de Couperin, scritta tra il 1915 e 1917 e in cui ciascun brano è dedicato ad un compagno di Ravel morto in guerra (aveva partecipato alla prima guerra mondiale ma, per le sue condizioni fisiche, poté solo lavorare come autista). Il titolo rievoca l’antica forma del tombeau, un omaggio, al celebre clavicembalista francese Fraançois Couperin. L’influenza spagnola la ritroviamo, oltre che in Rhapsodie espagnole, anche in Alborada del Gracioso e nel famosissimo boléro. In Alborada del Gracioso il richiamo folkloristico viene evidenziato dai pizzicati degli archi che suggeriscono il timbro della chitarra, dal nervoso andamento ritmico, ravvivato dalle nacchere e dal triangolo e dalla cantabilità della sezione centrale. Vicino anche lui all’acqua, ricordiamo per esempio “giochi d’acqua”. Tra i brani citati in precedenza, abbiamo molto famoso, il bolero, nel 1928, composto per la ballerina Rubinstein Ida, ritroviamo una melodia ripetuta addirittura per 18 volte e sempre con timbriche diverse, su un ostinato del tamburo, in crescendo graduale e di grande effetto. Ricordiamo anche la raccolta “mamma oca” 1910, una raccolta per pianoforte a 4 mani formata da 5 brani ispirati a celebri fiabe come pollicino o la bella addormentata nel bosco di Pierrot; non mancano brani ispirati all’Oriente in cui vengono impiegate le scale pentatoniche. Ampliata e orchestrata diventò nel 1912 un balletto in un’epoca in cui a Parigi riscuotevano un grande successo questi balletti, soprattutto quelli russi allestiti da Djagilev (un impresario). In ambito cameristico, oltre al Quartetto per archi in FA+ (1902- 1903), si distinguono le originali Canzoni malgasce, 1925, per voce, flauto, violoncello e pianoforte, in cui i testi suggeriscono al compositore delle sonorità “selvagge”.