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HANS-ULRICH WEHLER , NAZIONALISMO : STORIA, FORME, CONSEGUENZE .

La nazione, insieme al nazionalismo all’identità nazionale, è una creatura moderna, ma viene “creata antica“; e la progettazione di un futuro
che passa attraverso l’invenzione di un passato.
DELLA
"
STORIA " comune .

E Fu di PARTICOLARE Interesse X LA Politica INVENZIONE DELLA Tradizione


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Vitoni E INTERESSI comuni GENTE APPARTENENTE AD UNA STESSA NA -2 '
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NE AD Uno STESSO TERRITORIO .

Però, vediamo che la “svolta culturalista“ nello studio del nazionalismo ha posto l’attenzione in primo luogo sui vari metodi adottati dalle nazioni per
costruire una realtà emotiva tra le popolazioni e, soprattutto, su come quest’ultime a loro volta, abbiano “immaginato” la propria appartenenza
identitaria comune.
In secondo luogo, sono state messe in evidenza le logiche di inclusione ed esclusione delle tematiche nazionali.

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GEN di STUDI , Si TRATA DI METERE IN DUBBIO LA PRESUNTA Pnlnohdipl , ' della NAZIONE E ci si
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NAZIONE .

NATURALMENTE CI Sono VARIE INTÈPITETAZIOV , SU TALE fenomeno :

BENEDICT ANDERSON
Parla del nazionalismo come sistema culturale con caratteristiche religiose: il nazionalismo esercita cioè di un’attrazione particolare in quanto
“mezzo secolare per trasformare la fatalità in continuità, la contingenza in significato”.

HODOBAWN E RANGER
Misero in evidenzia in che modo le istituzioni e movimenti politici nazionalisti avevano fatto ricorso alla selezione del passato per “ricavarne
archetipi differenti di cui valersi in funzione di necessità presenti“. e

ERNEST GELLNER
Nel suo generale disinteresse per l’aspetto emotivo del nazionalismo, egli interpretava quest’ultimo in chiave funzionalista, considerandolo cioè in
rapporto all’industrializzazione e alla struttura dello Stato moderno. Egli era convinto che quando si trattava, come nelle società moderna, di creare
omogeneità tra la popolazione governata, il monopolio dell’uso della cultura e dell’istruzione diventava molto più importante rispetto al monopolio
della violenza legittima.

Nonostante tutte le differenze, i quattro studiosi erano legati da un filo rosso: considerare il nazionalismo, la nazione nazionale come fenomeni
moderni.

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Introdotto DECIFRARE l' 044 NAZIONE


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NELLA Ricerca STORICA SI VA AD ANALIZZARE IL NM ZIO . E I FENOMENI LEGATI ALLA PRODUZIONE SIMBOLICA DELLA NAZIO .

(monumenti / FESTE NAZO ) CON CATEGORIE ADD . AZZARDATE (TIPO PEDAGOGIA Poll . DELLA FORMA -
Nazioni) .
Lo STESSO VALE Nil non N' 0 IN cui vi GUARDA AL
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LA SSJWLTA LINGUISTICA » COME POTENZIALE REA . Alla RICERCA .

Ciò che si vuole dire è che in alcuni casi gli spazi simbolici delle nazioni si presentano come un dispositivo politico impiegato a consolidare la
costruzione di confini simbolici, che delineano al tempo stesso territori e demarcazioni in grado di istituire identità e differenze (di classe,
religiose, eccetera), appartenenze ad esclusioni. Difatti, molto spesso più che l’unità tra ceti e classi, la rappresentazione simbolica della
nazione e descrive al contrario forti linee di delimitazione dell’appartenenza nazionale.

Un esempio l’Italia liberale.

HANS ULRICH WEHELER -

Il suo lavoro riconduce il nazionalismo su un terreno un po’ più tradizionale di analisi, ma non per questo di minore forza analitica. Questa agile storia
del nazionalismo riguarda con il suo taglio comparativo alla modernità del fenomeno, che riconduce l’avvento entro uno spazio storico reale in cui si
afferma, quale risultato di specifiche dinamiche di trasformazione radicale degli assetti politici e istituzionali avviate dalle tre classi rivoluzionari
occidentali: inglese, americana e francese.
Si interroga anche sul perché negli ultimi due secoli quello il conglomerato di idee e visioni nazionalistiche si sia rivelato così attraente, trovando la
risposta nella capacità del nazionalismo di affermarsi come religione e politica della modernità.

Forzando leggermente la tesi dell’autore, questo libro si potrebbe leggere come un invito alla riflessione sull’impossibilità di scindere nettamente la dimensione etnica e razziale (che
vediamo in Germania) da quella proiettata sull’elemento volontaristico (che, invece, vediamo in Francia).
La storia del nazionalismo negli ultimi due secoli dimostra come esso sia riuscito a creare una simbiosi tra queste due dimensioni.

Weller considera il nazionalismo come risposta alla crisi strutturale che coinvolse le società occidentali nella prima età moderna a seguito delle
cosiddette rivoluzioni occidentali e attraverso di esse. Questa netta periodizzazione sta dimostrare che il nazionalismo nacque in sostanza
come un fenomeno prettamente politico, volto a superare quel duplice vuoto venutosi a creare durante processi rivoluzionari: da una parte
un vuoto di potere (non a caso una rivoluzione comincia con il collasso dello Stato), e nell’altra un voto di legittimazione.

A MONTE di QUEST' ULTIMA PARTE STA LA TEORIA DELLA LEG / Finita ' di Max WIBEN
, : LEGITTIMITA' = Possibilita ' di USARE UN FONDAMENTO GIUSTIFICATIVO DELLE
FORME DI DOMINIO .
IL CASO della FR SI BASAVA SULLA NAZIONE SOVRANA ,
ANCHE SE VI Erano DELLE diff .
Tra I citadini Cattivi E PASSIVI /
E 41 ' ÉTRANGER)

Sostanzialmente la fonte di legittimazione classica del diritto di cittadinanza per la


Francia e lo Stato nazionale, alla cui base di legittimazione sta uno Staatsvok (cioè
Difatti, era difficile distinguere da uno straniero giuridico e da uno politico.
il rapporto di appartenenza di identificazione dei cittadini con lo Stato) unitario e
Ma la rivoluzione nazionale francese non fu del tutto estranea a una
nazionale.
rappresentazione della nazione sulla base di un’argomentazione
etnoculturale; difatti, vedremo che la costituzione del 1791 si basava su
una doppia regola: da un lato il fatto involontario della filiazione al patre,
dall’altro lato la scelta volontaria di vivere sotto la legge francese.
Vedremo poi che le costituzioni successive del 1793 e ‘95 andranno a
confermare la validità del principio territoriale, variando le solo la modalità
di funzionamento (il che sarebbe indicare una sorta di disinteresse
generale da parte dei costituenti per l’origine epica degli individui, cosa
diversa dell’esperienza tedesca).

IL CASO DEGLI USA SI BASAVA , Invece


,
SU 3 PRINCIPI Poll .
i LIBERTA ' , EGUAGLIANZA E DEMOCRAZIA .
BASANDOSI COSÌ SU UN ORIGINE PRÈTA .
Idiota
GICA a JTRÈA , DUNQUE, Ad OGNI CONTAMINAZIONE ETNO CULTURALE .

MA CIO' non invito ' IL RAZZISMO .

In definitiva, tanto la storia francese quanto quella americana dimostrano già partire dal loro atto fondativo rivoluzionario che le sovranità popolare e
nazionale siano andate di pari passo con una omogenizzazione culturale e sotto certi aspetti razziale della rappresentazione della nazione.

Questo libro ci obbliga a soffermarci su un’altra riflessione, perché Hans-Hulrich Wehler si pone la questione delle ragioni per cui una volta che il
nazionalismo era stato in grado di dare una nuova base di legittimazione in un contesto di crisi rivoluzionaria di modernizzazione, esso riuscì
brevissimo tempo ad affermarsi sulla scena mondiale.
La risposta dello storico tedesco si organizza attorno all’asse tematico della capacità del nazionalismo di elevarsi a religione politica della modernità.
Il concetto di religione è stato usato da Wehler nella sua estrinseca qualità formale come sistema culturale di dotazione di senso. Tra gli elementi
religiosi portanti una mentalità nazionalista, Wehler identifica la prom essa di un superamento della contingenza e di un globale conferimento di senso
all’esistenza della vita terrena; chiare delimitazioni etniche e culturali nei processi di aggregazione comunitaria tra un in-group nazionale e un out-group,
ma anche la pratica di rituali con cui da un canto rafforzare la potenza della credenza e il sentimento di appartenenza e, dall’altro, perpetuare il continuo
riadattamento dei modelli di pensiero; colmare lo iato generazionale mediante una credenza comune, nel senso di un patto vincolante che va ben oltre
la vita del singolo.
PREFAZIONE.
In quanto fenomeno moderno il nazionalismo iniziò a conquistare l'interesse di osservatori e commentatori solo a
partire dalla metà del XIX secolo. Anche perché erano concetti dati come talmente scontati che nessuno riteneva
necessario sottoporli ad alcun tipo di riflessione critica.
Una più vasta risonanza della ricerca scientifica sul nazionalismo si sarebbe tuttavia registrata solo dopo la Prima
guerra mondiale, a seguito della nascita di nuovi stati nazionali e dell'affermazione del diritto all'autodeterminazione
dei popoli.
A partire dagli anni 60 che la ricerca iniziò a dispiegarsi su un più ampio fronte, ma solo all'inizio degli anni 80 si
aggiunse a un punto di svolta.
Nel complesso, si può affermare che fino a quel periodo la ricerca sul nazionalismo condivideva alcune premesse
comuni e vincolanti:
1) La nazione era considerata come un'entità quasi naturale della storia naturale, la genesi di queste nazioni era
perlopiù vista come un atto di creazione divina.
2) Alla base di un altro assunto fondamentale stava l'idea che la nazione avesse il diritto di avere un proprio
stato: alle nazioni nuove si riconosceva il diritto di conquistarsi, mentre le nazioni vecchie avrebbero dovuto
riconquistarlo.
3) Progressivamente la nazione creerebbe, almeno nel momento in cui disponga della propria entità statuale,
quei sistemi di valori e di idee con cui giustificare la propria esistenza, interpretare il proprio passato e
progettare il proprio futuro appunto
4) Sostanzialmente si può sostenere che una concezione di matrice marxiana, secondo cui la prestabilita base
politica e linguistica della nazione genererebbe una sovrastruttura ideale sottoforma di nazionalismo.

L’ANNUS MIRABILIS è il 1983, anno in cui uscirono gli studi di E. Gellner, B. Anderson ed E. J. Hobsbawn. Questi tre
studi aprirono una nuova discussione, essa si basava:
- Sulle idee del nuovo costruttivismo, il quale smontando il presunto essenzialismo di fenomeni storici li
concettualizzata innanzitutto come strumenti dello spirito umano e delle sue categorie.
- Erede della svolta linguistica nelle scienze della cultura, la nuova ricerca insiste sul primato della lingua delle
idee. Pertanto, essa muove dal venire prima del disegno utopico della nazione nel senso di una comunità
immaginata. La formulazione classica di tale approccio di pensiero è stata offerta da E. Gellner: «Non le
aspirazioni delle Nazioni fanno il nazionalismo, molto più il nazionalismo stesso si fa nelle sue nazioni».
- Nel complesso, rispetto alle nuove tendenze la vecchia ricerca del nazionalismo risulta essere ancora superiore
per quanto concerne l'analisi delle condizioni favorevoli o restrittive. È pur vero, però, che la nuova ricerca sul
nazionalismo presenta vantaggi evidenti: innanzitutto, essa toglie il nazionalismo e la nazione l'ontologia sociale
essenzialistica della vecchia scuola. Essa persegue uno stile di pensiero genuinamente storico insiste di
conseguenza sull'estate storicità del nazionalismo e della nazione appunto. Dunque, essa afferma con forza il
carattere di costruzione e con l'incredibile flessibilità e la varietà interna del nazionalismo, la quale può essere
continuamente ridefiniti e caricate di nuovi contenuti. La nuova ricerca analizza le utopie del nazionalismo di
volta in volta, il loro potenziale di affermazione e la loro mutevolezza.

La nuova corrente di ricerca può pertanto cogliere molto bene i problemi di legittimazione, ma dal punto di vista
metodologico essa appare tuttavia piuttosto debole, soprattutto in ciò che concerne il crollo di vecchi modelli di
legittimità, nonché le condizioni non linguistiche favorevoli all'ascesa di nuovi modelli di legittimazione.

NAZIONALISMO NAZIONE
Si intende il sistema di idee, la dottrina, il Weltbild utile Si intende quell’ordine in primo luogo pensato, che si
alla creazione, mobilitazione integrazione di una grande sviluppa tramite il ricorso alle tradizioni di
associazione solidale (designata nazione), ma un'organizzazione di dominio su base etnica e che si
soprattutto utile alla legittimazione delle moderne costituisce progressivamente in una sovrana unità di
forme di dominio politico. azione attraverso il nazionalismo e i suoi sostenitori.
Lo stato nazionale e la sua ricerca di una nazione il più
possibile omogenea costituiscono pertanto il problema
cardinale del nazionalismo.



IL NAZIONALISMO COME UNICITA’ DELL’OCCIDENTE.
Almeno fino alla seconda metà del diciannovesimo secolo, il nazionalismo è stato principalmente un fenomeno
politico e socioculturale del mondo occidentale e delle sue propaggini coloniali in America.
È palese che nella fase della sua genesi e ascesa iniziale esso appartenesse a quelle manifestazioni di carattere
storico universale che solo l'occidente ha prodotto.

[preso dal secondo cap.] Difatti, colpi di forza per la presa del potere, sovrapposizioni di potenze straniere, caduta di
un tiranno: simili cesure verificano in molti ambiti culturali. Ma solo in Occidente, almeno fino al XX secolo, si assiste
a questo genere di produzione come classica crisi di modernizzazione ed è proprio per questo che sono qui il
nazionalismo poté prendere forma.

NASCITA E PRIMO SVILUPPO DEL NAZIONALISMO.
Da sempre sono esistiti dei legami di fedeltà che hanno vincolato gli uomini a grandi organizzazioni solidali e di
dominio: il clan familiare, una dinastia principesca, un lignaggio, un'antica polis o una città occidentale.

Simili sentimenti di fedeltà e appartenenza valgono come costanti psicosociali, se non addirittura antropologica; nel
senso che se l'organizzazione solidale cui si appartiene oltre che aiuto e protezione garantisce anche stimo il valore,
ciò fa crescere la consapevolezza e rafforza il senso identità. Questi antichi rapporti di fedeltà non hanno
minimamente a che fare con il nazionalismo.
Il nazionalismo è sì un nuovo tipo di legame di fedeltà, ma esso, a differenza degli altri legami di fedeltà elencati
prima, non sopravvive accanto alla coscienza di una identità nazionale o si fonde con questa.
Esso va a creare la propria nazione in cui ridefinire le preesistenti organizzazioni di dominio, una sorta di materiale
grezzo su cui un Weltbild nazionale può prendere forma.

In secondo luogo, il nazionalismo sorge come risposta alla crisi strutturale che coinvolse le società occidentali nella
prima età moderna. Il culmine classico di questa crisi di modernizzazione è dato dalla rivoluzione, la quale
presuppone l'erosione dell'antico ordine con la conseguenza di una delegittimazione delle tradizionali strutture
istituzionali e del sistema di dominio.

Questo è, dunque, il KAIROS (Movimento giusto o opportuno) del nazionalismo: poiché esso promette di fondare
l'ordine del potere e della vita collettiva su una nuova base di legittimazione, ovvero sulla volontà di una nazione
sovrana, facendo leva sulle sue capacità di mobilitazione e di integrazione.
Una prima costellazione rivoluzionaria nacque nella lotta per l'indipendenza dei Paesi Bassi contro il dominio
spagnolo ai tempi di Filippo II: per la prima volta si assisteva alla vittoria della periferia in lotta contro il centro,
contro una superpotenza imperiale.
Di fronte a questo evento, il mondo monarchico dell'antica Europa si consolava col pensiero che una Repubblica
potesse funzionare solo nella condizione di piccoli effetti statali, così come peraltro sembrava mostrare il caso
svizzero. Invece, le rivoluzioni mostrano esattamente il contrario: Se già la sola capacità di modernizzazione di
America, Inghilterra e Francia, ne aveva fatto un modello esemplare; all'interno di questa sindrome da successo, il
nazionalismo - che era riuscito a scatenare il neurite capacità e forse entro situazioni di conflitto- risultava ora essere
una sorta di marchio di garanzia di modernità vera.

È evidente che l'ambivalenza del nazionalismo emerse fin dall'inizio, dato che la sua forza di mobilitazione delle
masse risultava trattiva non solo in quanto dottrina di integrazione, ma anche in quanto pericoloso focolaio per la
stabilità politica e sociale.

NB. Stato ≠ Nazione, sono due processi diversi anche se i termini inglesi coincidono.








Il sostrato delle idee del nazionalismo e il suo innalzamento a religione politica.
Dunque, le risorse produttrici di senso e retaggi simbolici di tradizioni cui il nazionalismo poté ricorrere per
orientarsi. A tale questione si riallaccia la particolare selezione che il nazionalismo dovette operare, così da riuscire a
discernere gli elementi a esso confacenti entro un regime di idee estremamente ricco e composito. Infine, occorre
interrogarsi su quelle idee e quelle visioni che riuscirono a prevalere.

È possibile notare che in tutte le società occidentali pioniere del nazionalismo vi erano evidenti ricorsi alla tradizione
giudaico-cristiana; i periodi di sconvolgimento e di transizione erano spesso accompagnati dalla nascita o dalla
rievocazione di un mito, il quale, se da un canto prospettava la stabilizzazione la legittimità, dall'altro rimandava
anche ad un mutamento profondo.

In ogni variante nazionalismo si può osservare il ricorso a quattro elementi particolari dell’ANTICO Ehi testamento:

1. Popolo eletto = o per alleanza dio-nazione o per discendenza teleologica;


2. Terra santa o promessa = il territorio, presunto, di origine della nazione;
3. I due portavano al risultato per cui ogni pericoloso avversario poteva trasformarsi in un nemico mortale e,
dunque, veniva giustificato il ricorso alla violenza;
4. Il ricorso alla tradizione del messianesimo (addirittura Messia per tutto il mondo, visto che vi era la
convinzione che la propria nazione fosse superiore alle altre) reinterpretato nel senso di missione storica
suggellata da una dottrina secolarizzata della predestinazione.

Per quanto riguarda delle menti del NUOVO testamento, abbiamo: l'idea della fratellanza, la quale consentiva di
intendere la nazione secondo l'immagine della communio sanctorum.

+ ricorso al diritto naturale e la reinterpretazione illuministica del diritto alla libera autodeterminazione degli
individui.

Vediamo dunque una strettissima affinità tra nazionalismo e religione punto di fronte all'evolversi del nazionalismo
in una religione politica| civile| Ehi secolare ma nella pena di sottolineare l'efficacia di questo concetto. per renderlo
più chiaro occorre innanzitutto astrarre il concetto di religione dalla sua storica e nota forma di dottrina della
redenzione e considerarlo come un sistema culturale di interpretazione e dotazione di senso. In quest'ottica i
caratteri fondamentali della religione risiedono nei seguenti elementi:

1. la promessa di conferire un senso all'esistenza umana nella vita terrena;


2. una intransigente insistenza sul monopolio interpretativo in merito alle esegesi della vera dottrina rispetto
alle dottrine concorrenti;
3. un processo di aggregazione comunitaria;
4. la pratica dei rituali con cui rafforzare la potenza della credenza;
5. La garanzia di compensazioni consolatorie per gli svantaggi terreni, o attraverso esperienze di successo
individuale o collettivo, o tramite l'utopia di una condizione finale, come nel paradiso secolarizzato della
nazione compiuta;
6. la chiusura dello iato generazionale tramite la credenza comune.

Bisogna ossa salvare che anche alcuni nazionalismi posseggono i loro testi “sacri”, come il caso della carta
costituzionale americana.


La nuova aspirazione utopica: l'invenzione della nazione e delle tradizioni storiche
delle etnie.
Il nazionalismo è di rimando alla nazione non sono a storici e\o primordiali, bensì sono nati e sviluppati nell'età
moderna (NB. È anche fuorviante credere nell'esistenza di fasi premoderne di questo fenomeno).
Nonostante ciò, i protagonisti del nazionalismo non possono avere inventato l'intero costrutto; essi l'hanno piuttosto
combinato attingendo da elementi della tradizione storica.
La nuova carta geografica mentale del nazionalismo possedeva dunque, sotto diversi aspetti tanto familiari, i
caratteri dell'etnia di appartenenza.

Naturalmente , non possono che emergere due vedenti paradossi: da un canto il nazionalismo e la nazione
costituivano oggettivamente due fenomeni nuovi della modernità, mentre agli occhi dei suoi protagonisti e erano e
si erano soggettivamente percepiti come qualcosa di antichissimo, d'altro canto il nazionalismo rivendicava per sé il
valore di principio universale, come se si trattasse di qualcosa di assolutamente scontato, insistendo tuttavia
sull'unità e particolarità della sua propria del conformazione.

Ma tenuto conto della convincente continuità che esso evocava, ovvero quella fra la sua potenza politica che va di
pari passo con la rilevante povertà di pensiero, non si può pertanto pensare che il nazionalismo operasse
esclusivamente in qualità di utopie di un ordine pensato. Sui nessi esistenti tra nazionalismo ed etnie si possono
allora formulare le seguenti tre tesi:
1. Laddove il nazionalismo entrò in interazione con etnie organizzate in un proprio stato su un territorio già
omogeneizzato da precedenti stati principeschi, esso procuro durevole durevolezza e una solida base.
2. Nel caso di molteplici organizzazioni solidali su base etnica e ricche di tradizioni, esso compensa la mancanza
di una precedente omogeneità territoriale.
3. Laddove il nazionalismo intervenne in zone di precedente dominio coloniale e prive di organizzazioni di
dominio su base etnica e mito della tradizione, misera una stabilità estremamente precaria.

Benché le nazioni etnia siano tra loro strettamente connesse, la prima si distingue dalla seconda in alcuni elementi
centrali:
- Il territorio non è solo storico, ma anche sacro;
- La nazione viene integrata attraverso una comune mitologia e un'artificiosa enfatizzazione della comune
provenienza, nutrendosi della consapevolezza della differenza in rapporto agli altri, ma soprattutto della sua
credenza nella plastinazione invocazione;
- Essa vive all'insegna la volontà nazionale;
- Discriminazione per gli stranieri;
- Ha bisogno della assoluta priorità, il primo posto.


Gli esponenti sociali del nazionalismo.
Allungò ha prevalso la tendenza a far coincidere l'ascesa della borghesia con lo sviluppo del nazionalismo. ma tale
interpretazione è decisamente fuorviante, poiché non esiste alcuno strato sociale, classe o élite che sia predestinato
o immune al nazionalismo. L'attrattiva di quest'ultimo risiede piuttosto nella sua capacità di superare tutti i riti di
confini di tipo sociale, confessionale o regionale.

D’altro canto, però, non si può disconoscere il ruolo dominante esercitato dagli intellettuali di estrazione borghese.
Ci pare allora consigliabile distinguere lo sviluppo del nazionalismo in tre fasi:

1) In una prima fase gli interessi letterari, artistici e storici degli intellettuali contribuirono a rivolgere un certo
interesse alla questione della lingua nazionale, dell'arte nazionale, del passato nazionale. Ma il loro operato
ebbe una risonanza alquanto limitata.
2) Nella seconda fase di sviluppo è un vero e proprio nazionalismo intellettuale o di élite.
3) Nell'ultima fase, le idee nel nazionalismo conquistano via un crescente campo di influenza, tanto da
aggiungere alla mobilizzazione di movimenti di massa, fase in cui gli intellettuali borghesi assumono spesso
un ruolo di guida in qualità di opinion leaders. Però i primi a aderire saranno le componenti alfabetizzate
della borghesia cittadina; dunque, la popolazione contadina e gli altri Stati sociali inferiori sarebbero stati
coinvolti soltanto più tardi

Dunque, vediamo che i movimenti nazionali del XIX secolo non si avvalsero quasi mai di un'organizzazione
fortemente strutturata, ma molto spesso si trattavano di gruppi misti, all'interno dei quali vi erano principalmente
uomini di estrazione borghese, ma anche i giovani principi operai, studenti e artigiani. C'è però da precisare che vi fu
una prassi di esclusione estremamente dura e che avrebbe continuato a mantenere la classe operaia
sostanzialmente estranea al nucleo centrale della nazione. Mentre la nobiltà in ragione delle sue tradizioni
transnazionali e la sua avversione contro le ambizioni di potere del nazionalismo accolto con favore negli ambienti
borghesi, si tenne in disparte ancora più lungo della popolazione contadina.

Come e perché riuscì la diffusione del nazionalismo.


L’ordine pensato, la comunità immaginata della nazione avrebbero dovuto essere trasportati dal mondo delle idee a
quello della realtà. Il fatto che il nazionalismo sia nato in un contesto rivoluzionario non ci consente di attribuire
unicamente la sua diffusione per il loro impegno degli intellettuali. Un ruolo centrale va attribuito ad almeno sei
fattori diversi:

- L’importanza dell’intensificarsi della comunicazione come componente integrante di modernizzazione e dunque


anche di nazionalizzazione.
- Nella diffusione di una comune lingua popolare\vernacolare (lingua locale comunemente parlata all’interno di
una comunità). È un dato di fatto che la lingua vernacolare, rafforzando gli elementi di solidarietà, avvicino alla
comunità fino ad allora immaginata alla nazione reale punto e questo è il motivo che consente di affermare che
la lingua vernacolare -quale veicolo di idee nazionali e indicatore di unità e cultura nazionale in senso linguistico-
fu una creazione.
- Il potere di convincimento della dottrina nazionalistica doveva essere costantemente consolidato. Ciò era
possibile attraverso la creazione di monumenti, processioni, feste e inni così da tener vivo e consolidare lo spirito
nazionale.
- La diffusione del nazionalismo dipendeva dall'attività e dallo spirito di sacrificio, in primo luogo, dai
rappresentanti del nazionalismo all'interno dell’élite e, in un secondo momento, da parte dei movimenti
nazionali.
- Contemporaneamente la nazionalizzazione della società doveva trovare espressione anche ad un livello
concretamente percettibile: ad esempio attraverso le opere d’arte. Il processo di progressiva nazionalizzazione
manifesta un effetto cumulativo, quasi come una palla di neve che rotola giù da un pendio, ampliando la sua
azione via via che avanzava.
- Infine, il nazionalismo approfondire la differenza tra noi e tutti gli altri giustificandola sulla base delle
argomentazioni offerta da professionale.

Tipologie del nazionalismo.


Negli ultimi cent'anni si è ripetutamente tentato di collocare la molteplicità dei fenomeni nazionalistici entro una
tipologia che tenesse conto dei caratteri le relative alle diverse fasi di sviluppo del nazionalismo o ai singoli contesti
regionali in cui si è affermato. Ricordiamo gli idealtipi classici di Kulturnation e Staatsnation sviluppati da Friederich
Meincke, o la distinzione di Hans Kohn tra un nazionalismo europeo occidentale e nordamericano illuminato, basato
sul consenso individuale e ispirato ai principi della società civile, e un nazionalismo dell’Europa centrale e orientale
autoritario e razzista. Oppure lo studio comparativo di Liah Greenfiel, nel quale riporta tutti i cliché che
contrappongono il nazionalismo umano inglese è americano al nazionalismo tedesco barbarico razzista.

Invece, possiamo distinguere almeno quattro diversi tipi di nazionalismo, che allora volta sono riconducibili a precise
fasi storiche e a circostanze regionali. Da ricordare che nella realtà e storica è evidente che si manifestino numerose
altre varianti o tipologie miste.

1. In Inghilterra, America del nord e Francia vi fu un nazionalismo di integrazione, il quale da una rivoluzione
statuale interna, andò a rifondare una preesistente organizzazione di dominio su una nuova base di
legittimazione.
2. Un nazionalismo di unificazione (o risorgimentale), il quale riuscì ad unire le diverse parti di una preesistente
quanto presunta nazione, come nel caso dell'impero tedesco o del Regno d'Italia.
3. Il nazionalismo secessionista diede vita a nuovi stati nazionali sulle macerie dei grandi imperi zarista, austro-
ungarico e ottomano.
4. Il nazionalismo di adozione (o Transfernationalismus), Ehi Cristo della luce del mio europeo praticano da
parte di svariate di mondo, specie da parte di ex colonia.

Almeno un punto ci è chiaro: il nazionalismo moderno solo in Occidente poté svilupparsi in tutta la sua unicità,
poiché solo qui quelle peculiari e uniche condizioni che resero possibile la genesi e poi la vittoria del nazionalismo
fino alla costituzione degli Stati nazionali.


La storia dello sviluppo del nazionalismo
Il quadro finora tracciato delle caratteristiche generali del nazionalismo può risultare più convincente se
concretizzato sulla base di alcuni esempi storici. Vediamo allora l'esempio del nazionalismo americano e di quello
tedesco.

Il nazionalismo americano
Con la Fondazione degli Stati Uniti si assistette alla nascita di una Repubblica che sin dall'inizio si concepiva come
nazione. Durante la crisi rivoluzionaria e la guerra d'indipendenza contro l'Inghilterra, molto forte era la necessità di
sviluppare dei propri su cui basare una nuova legittimazione.
Infatti, con i primi coloni giunti nelle coste New English era sbarcata anche la credenza puritana della
predestinazione, come se l'America fosse la nuova Gerusalemme. Dunque, per il popolo eletto, non tollerato dal
paese di provenienza, si doveva insomma creare una nuova dimora in cui potesse compiersi una presa di distanza da
tutti i vizi del vecchio continente. Ma non viene solo la credenza di una terra promessa; difatti, a queste speranze si
univa l’aspettativa di poter influire su tutto il mondo come comunità esemplare in ragione della propria unicità. In
qualità di faro dell'umanità umiliata e oppressa, il nuovo stato doveva insomma indicare la giusta via.
Per tali motivi, essi giustificarono le loro espansioni e colonizzazioni, utilizzando addirittura della dottrina greco-
romana dello spostamento dell’impero. Secondo questa dottrina, la sede degli imperi mondiali seguirebbe una
traiettoria di spostamento da est verso ovest e dunque la stazione finale di questo movimento era l'America.
Addirittura, importanti figure dell'epoca, come Benjamin Franklin, George Washington e Thomas Jefferson,
sosterranno la necessità di includere la conquista del continente meridionale per il loro progetto di faro del mondo,
poiché era già evidente che l'America possedesse un intero emisfero tutto per sé.

Al persistente credo nella predestinazione a compiere una missione hanno sempre corrisposto, da un canto
l’esternalizzazione del male, dall'altro la caratterizzazione del nemico come nemico mortale da distruggere. È certo,
tuttavia, che una stigmatizzazione così radicale del nemico rende poi estremamente difficile sul piano pragmatico il
compito di ristabilire la pace. È significativo che in America non vi sia nessun monumento un museo, statale o
federale, la memoria del quasi genocidio compiuto contro gli indiani o il ricordo dei milioni di schiavi neri, di
grandezza comparabile al momento eretto a Washington in memoria dell'olocausto. Al contrario l'americanizzazione
dell'olocausto è un chiaro esempio dell’esternalizzazione del male, essa rafforza la convinzione degli americani nel
loro ruolo di redentori in un popolo che necessita e continua a necessitare di un popolo eletto nella nuova Sion
dall'altra parte dell'Atlantico.


I successi del nazionalismo e l’immeritata fama dello stato nazionale
Difatti, nonostante tutte le critiche espresse in merito al nazionalismo, non si può tuttavia negare che esso abbia
avuto conseguenze positive. Esse sono:

- sviluppo della letteratura nazionale, dovuta anche dalla presenza di una lingua nazionale. Anche se diversi
maestri della letteratura come Shakespeare o Voltaire, i quali serviranno da modello, non rientravano
minimamente nell'orizzonte ideale nazionalismo.
- unità politica e grandi opere politiche, dovute da una omogeneità culturale.

Ma dobbiamo ricordare che per raggiungere l’omogeneità nazionale si favori l'affermarsi di una pratica di
esclusione delle minoranze.
È innegabile, pertanto, che l'ideale dell’unità nazionale abbia notevolmente osteggiato un tipo di convivenza
società multinazionali basato su un modello federale e sul rispettoso riconoscimento degli altri senza alcuna
discriminazione di trattamento.

Lo stato nazionale rappresentava la realizzazione concreta dell'obiettivo immaginario perseguito dai movimenti
nazionali, ma indipendentemente da questo sentimento di compimento, anche numerosi successi contingenti
contribuiranno fortemente a elevare nazionalismo a religione secolare e ad accrescere l'idolatria dello Stato
nazionale:
1. Negli Stati occidentali, lo stato nazionale si coniugò inizialmente con il dispiegarsi della rivoluzione
industriale, e dunque, si associò adesso lo sviluppo del grande mercato interno e le nuove dimensioni
economiche.
2. lo stato nazionale fu concepito innanzitutto come un moderno stato costituzionale di diritto, anche se in
alcuni casi, come in Inghilterra, vigeva una costituzione consuetudinaria dallo stesso potere vincolante di un
testo costituzionale scritto. Ai cittadini questo stato fu garantito il livello di partecipazione politica e di
sicurezza e giuridiche fino ad allora sconosciuto, ed anche questa inestimabile sconfitta fu ascritta dalla
coscienza collettiva allo stesso nazionale.
3. Il moderno stato sociale si sviluppò in seguito a un faticoso processo di apprendimento come reazione alle
crisi economiche, alle ripercussioni sociali del mondo industriale e non da ultimo anche del sistema politico.
Lo stato si accolla una sorta di dovere di preservazione da una serie di rischi, dando così vita a un moderno
sistema di assistenza articolato in una fitta rete di assicurazione sociale = Welfare state o stato sociale.
Anche in questo caso tutto il meditando allo stato nazionale.
4. Infine, in seguito a pesanti affrontamenti che in alcuni casi giungere ai limiti della guerra civile, passo dopo
passo si riuscì a istituzionalizzare i conflitti sociali fondamentali.

Eppure, tutti questi successi non erano affatto legati all'esistenza di uno stato nazionale secondo un rapporto di
necessità interna. Vediamo infatti un alto livello di crescita economica poté raggiungerla anche un impero autoritario
come il Giappone, già prima della formazione della sua nazione, ma di questi ci sono tanti altri esempi.

Dunque, considerandoli storicamente, si può sostenere che gli eccezionali sviluppi positivi vissuti dal mondo
occidentale rientrino in maniera puramente casuale nell'epoca degli Stati nazionali.

Fine del nazionalismo?


Un risultato importante della recente ricerca sul nazionalismo e del dibattito sull’identità sta nell'aver abbandonato
l'idea convenzionale secondo la quale l’identità nazionale creata dal nazionalismo e dallo stato nazionale godrebbe di
una posizione di monopolio nell'orizzonte mentale degli individui.

Al posto di questa idea semplificatrice, è stata riconosciuta la coesistenza di più forme di identità, ovvero l'identità
multipla.
Il riconoscimento di questo pluralismo d'identità collima perfettamente a quella già datata teoria sociologica dei
ruoli, la quale attribuiva all'individuo la capacità di esercitare più ruoli in maniera del tutto priva di complicazioni.
Inoltre, tale teoria è perfettamente congruente con il concetto di habitus, sviluppato dal sociologo francese Pierre
Bourdieu, il quale pure parte nel presupposto di una pluralità di habitus: professionale, di classe, di genere, eccetera.
È evidente che non si intende certo disconoscere il ruolo esercitato dall’habitus nazionale, da un'identità
caratterizzata in senso nazionale, ma semplicemente relativizzare nel significato.

La recente ricerca sul nazionalismo ha avuto il merito di sollevare un dubbio di fondo sulla sua pretesa totalità, ma
quali sono le origini di un dubbio così radicale?
1. Nella sua fase ascendente il nazionalismo portava in sé la promessa di garantire la convivenza dei membri di
una nazione in condizione di armonia e di parità di trattamento.
di fatto, però, in tutti i paesi il nazionalismo ha favorito la nascita di una consociazione dura e spietata,
niente affatto segnata dalla fratellanza, quanto piuttosto da una diffusa pratica di esclusione. Rispetto alla
promessa originale si può partendo sostenere senza alcune situazioni che il nazionalismo è decisamente
fallito.
2. Implicita ad una visione di pace ed equilibrio interni, vi era anche l’idea della creazione di una coesistenza
pacifica tra tutti gli stati nazionali. Ma essendo che la formazione della maggior parte degli stati nazionali è
avvenuta proprio in seguito a guerre, ciò comportò che i risentimenti divennero terreno di coltura per guerre
successive. In altri termini, si sostiene che il deficit fondamentale del nazionalismo e del suo stato nazionale
sia nell'incapacità di risolverne in maniera soddisfacente problemi relativi al mantenimento di una
condizione di pace sia l'interno delle singole società, sia sul piano della politica internazionale.
3. Il nazionalismo ha traslato sulla nazione quella particolare tradizione occidentale, ancora una volta acuita
dall’illuminismo, che riconosce nel diritto all'autodeterminazione dell'individuo la qualità di un assioma
derivante dal diritto naturale. Non a caso esso fu assunto come norma politica alla base della
riorganizzazione degli Stati in preparazione della conferenza di Parigi dopo la Prima guerra mondiale. Nel
frattempo, tuttavia, il perseguimento di questo principio ha già registrato conseguenze disastrose che ne
rendono necessaria una precisazione e una intelligente pragmatica delimitazione: sembra necessario
stabilire una soglia al di sotto della quale non sia più automatico che piccole popolazioni possano costituirsi
in stato nazionale in quanto obiettivo sancito dal diritto dell’autodeterminazione dei popoli.
4. Un altro rischio da non sottovalutare risiede nella capacità già mostrata del nazionalismo di trasformarsi, in
una situazione di crisi, in un nazionalismo radicale con una politica e un programma estremi. Ovunque,
infatti, il nazionalismo mira a ristabilire l'unità perduta del sistema dei valori e delle norme imponendo la
propria dottrina. Ovunque, il dogmatismo nazionalista tende la violazione dei vincoli giuridici, alla
degenerazione violenta e al dispotismo della propria religione politica. Basti pensare ancora una volta alla
sindrome di crisi che si è diffusa in Germania negli anni tra il 1914 e il 1933: la prima guerra totale, la
sconfitta dopo l'euforia, milioni di morti e feriti, perdite territoriali in Oriente e Occidente, la schiavitù delle
riparazioni, l’odiato trattato di Versailles, la iperinflazione, la depressione mondiale del 1929.
5. In molti casi di sperimentazione regionale il nazionalismo e lo stato nazionale sono fatalmente falliti, ciò
significa che essi non sono applicabili laddove predominano organizzazioni multietniche e policentriche.
Anche perché l'ideale della nazione omogenea poneva dei grossi problemi agli stessi stati nazionali
occidentali assurti a modello, figurarsi applicare tele obiettivo nell’Europa dell'est o del sud-est o, ancora, a
identità estremamente multietniche come la Russia: poneva problemi ancora più grandi. La volontà di dare
concreta realizzazione a questa idea portante si traduce spesso in grandi azioni di espulsione; le conseguenze
omicide della pulizia etnica non erano e non sono che la coerente, anche spietata, realizzazione del travisato
obiettivo dell'omogeneità.
BÉNÉDICT ANDERSON, COMUNITA '
IMMAGINATE : ORIGINI E FORTUNA dei nazionalismi .

TRADIZIONALMENTE E' l' IDEA


NAZIONE =\ NAZIONALISMO ; LA ÈM ETERNA , MENTRE LA EMERGEVA Solo Alla fine
.

2
'

• V1 di : E CHE 2 DEL 700 .

A . Si discosta DA Tutto cio '


,
.

INOLTRE , VA A SMONTARE LA TRIADE HÈRDERIANA :p ÉIN VOLK


,
Ein land , EINE SPRACHE » .

OVVERO STONE PEOPCE


,
ONE COUNTRY, ONE LANGUAGE) .

SI PENSI Infatti AL NAZIONALISMO SVIZZERO (4 LINGUE , SVARIATE stirpi ) ,


O QUELLO UNGHERESE ( CHE SI SVILUPPÒ QUANDO IL MAGI
!
Ro ERA PARLATO SOLO DA UNA MINORANZA ), o ANCORA QUELLO INDONESIANO ( CHE SI SVILUPPA IN 14.000 ISOLE IN CUI SI PARLAVA t DI
700 LINGUE .

QUESTO ✗ DIRE CHE, nonostante CERTE NAZIONI NON condividono LA LINGUA Il POPOLO , E A VOLTE NEANCHE A TEMA HANNO CMQ UN NAZIONALISMO : QUESTO Ti fa RIPENSARE 01
, ,

PIETA MENTE IL concetto .

DALLA Prefazione di Marco d'Eramo :

SEMPRE lo STESSO SIGNIFICATO


0 POTERE , IDENTITA ' , POLITICA ,
3 TERMINI CHE non JONO PRIMORDIALI E CHE Hanno AVUTO .

0 NAZIONALISMO E MARXISMO NON VANNO D' Accordo .

IL NAZIONALISMO non e ' solo UNA dottrina Poll E


'
UNA FORMAZIONE CULTURALE CONFRONTABILE CON LE RELIGIONI .

◦ ,
.

1. INTRODUZIONE
NAZIONE , NAZIONALISMO , NAZIONALITA '

1
'
E UNA COMUNITA' POLI IMMAGINATA E IMMAGINATA COME INTRINSECAMENTE INSIEME LIMITATA (✗ CHE' HA fisici ) (
.

, DEI confini , ANCHE SE Elastici E SOVRANA = STATO


N OVALE STOP
,
ALLE DINASTIE di 9in ,
-110 divino ) .

1978-79: Vietnam vs Cambogia, è la prima guerra moderna condotta tra due regimi rivoluzionari marxisti.

Ogni rivoluzione riuscita dopo IIWW si è definita in termini nazionali, es repubblica popolare cinese/repubblica socialista del Vietnam.

Nazione/nazionalismo= grande fallimento del marxismo. Termini molto difficili da definire: sono manufatti (che una volta nati diventano modulari, quindi
possono esportati e trapiantati con vari gradi di consapevolezza) che nascono da una distillazione di un incrocio di forze storiche discontinue.

Paradossi del nazionalismo:


1. Modernità oggettiva delle nazioni (storici) vs antichità soggettiva delle nazioni (nazionalisti).
2. Forza politica dei nazionalismi vs la loro stessa debolezza filosofica.

La nazione è una comunità politica immaginata, e immaginata come intrinsecamente insieme limitata e sovrana.

Immaginata = gli abitanti, pur non conoscendosi tutti, vivono nella loro mente l’immagine del loro essere comunità, ossia insieme di persone uguali unite
in un orizzonte di fratellanza, che sentendosi unite nella nazione come parte di essa arrivano a morire ed uccidere per essa.
Limitata= tutte le nazioni hanno dei confini, nessuna coincide con l’umanità stessa.
Sovrana= concetto nato con la fine del regno dinastico, quindi libera e dipendente soltanto da dio.

2. RADICI CULTURALI
CON I CENOTAFI E LE TOMBE AL MILITE Ignoto VEDIAMO CHE L' IMMAGINARIO NAZIONALISTA HA UNA notevoli AFFINITÀ CON L' IMMAGINARIO RELIGIOSO .
Ami CHE
,

" "
ESSO ALTRE IDEOLOGIE Poll FUNZIONE con la Nell / Domande
'
✗ CHE
,
A DIFF .
Di .
COME IL MARXISMO HA UNA In comune . = DARE RISPOSTA A DUBD , del FARDELLO Umano
, ,

A cui ALTRE IDEOLOGIE stanno tiè . = RAPPORTO NA -210 E- MORTE


.

A' D'G CULTURAL S' JTEM


PROVIAMO , DUNQUE Ad
,
INTERPRETARE IL NAZIONALISMO NON A IDEOLOGIE POLITICHE JOST NUTE IN modo AUTOCOSCIENTE , MA CHE L' HANNO
PRECEDE
TO OWEN : LA COMUNITA ' RELIGIOSA E IL REGNO DINASTICO .
Entrambi ,
nei loro ANN , d, Gloria , ERAN J' Utimi di RIFERIMENTO DATI ✗ SCONTATI / Proprio come U Na
.

/ ,

2- tonalita' DI OGGI .

COMUNITA '
IMMAGINATE

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LINGUAGGIO jqcpoj
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RELI ERANO DAL Cosi' OGGI IL LINGUAGGIO MATEMATICO QUESTA
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MA Avra' SEMPRE LO STESSO .

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,
UNA diff .
Cruciali CON LE COMUNITA ' Imma . ERANO LE IDEE 5011 ' AMMISSIONE DI NUOVI MEMBRI .

IN REALTÀ ,
L' APPARIZIONE di Tali comunita ERA '
DOVUTA A/ A NON AMA -1mn , ETA
,
'
DEL SEGNO .
Difatti ,
TALI LINGUE sono LINGUE VERITA -
'
,
Sono RAPPRESENTAZIONI
della REALTA'
MA
.

ED ESSE ,
A DIFF SEI NA -210 HANNO L' IMPULSO DELLA
"
CONVERSIONE " : Il (Longo diventa CRISTIAN ATM .
l' APPRENDIMENTO DELLA LINGUA .
LO SCOPO DI TALI
,
. .

COMUNITA non '


POTEVA V06 SPIEGARSI ATRA . LE SACRE Scritture, ANCHE ✗CHE GLI ANALFABETI Entro MOLTISSIMI .

DUNQUE ,
☒ UNA SPIEGAZIONE t COMPLETA , PoJJiAmoL0OhIM-PP@RTiTM-IlETiEM.Ti E LE loro SOCIETA'
Le lingue che essi usavano, seppur astruse, non avevano niente dell’astrusità artificiale creato dal gergo degli avvocati dei economisti. Piuttosto, i
letterati erano gli esperti, erano livello strategico in una gerarchia cosmologica il cui apice del divino. Non a caso le concezioni fondamentali riguardo i
gruppi sociali erano centripete e gerarchiche, e non razionali e orizzontali.
Ma tutto il potere delle grandi comunità immaginate religiosamente declinò brutalmente dopo la fine del medioevo. tra le ragioni di tale declino vedi
e

sono solo due legati direttamente alla sacralità unica di queste comunità: la prima è l’effetto delle esplorazioni del mondo non-europeo che allargarono
improvvisamente gli orizzonti geografici e culturali; la seconda ragione è stata la graduale perdita di valore del linguaggio sacro stesso. Vedremo infatti
che il latino non sarà più l’unica lingua di essere insegnata; già nel 500 stava già cambiando rapidamente, ma dopo il 1640 con sempre meno opera
pubblicata in latino, e sempre più in lingue volgari, il commercio dei libri sicuramente Europa.

NEGRO DINASTICO
Esso è un governo monarchico organizzato tutto intorno al centro superiore, la sua illegittimità deriva dalla divinità e non dei popoli, che dopotutto sono
sudditi e non cittadini.
Va ricordato che questi antichi Stati monarchici si espandevano non solo per guerre, ma anche per politica sessuale: un esempio classico fu la casata
d’Asburgo, che come diceva la massima: “le guerre le facciano gli altri, tu, Austria felice, sposati“.
Anche perché, in reami dove la poligamia era punita dalla religione, complessi sistemi di stanco concubinaggio divenivano essenziali all’integrazione del
regno. Infatti, i lignaggi reali ottenevano spesso il loro prestigio per così dire da “incrocio”: è caratteristico che nessuna dinastia propriamente “inglese”
abbia mai regnato a Londra dall’XI secolo (semmai ce n’è stata una); e quale “nazionalità” dovremmo attribuire ai Borboni?
Durante il 600, comunque, la legittimità automatica delle monarchie sacrali cominciò lentamente a declinare in Europa occidentale. È ancora nel 1914,
gli Stati dinastici erano i membri più numerosi del sistema politico mondiale, anche se è molto di visti cercavano da tempo di darsi impronta nazionale,
ma mano che il vecchio principio di legittimità scivolava via.

CONCEZIONE DEL TEMPO


• Il cristianesimo non lo percepisce in quanto concatenazione di cause ed effetto nè distingueva tra passato e presente; i fatti non sono quindi collegati
orizzontalmente, ma tutto viene rimandato verticalmente alla potenza divina: si ha quindi una simultaneità tra passato e futuro, tra cosmo e uomo in
una dimensione unica.
Con la fine del cristianesimo si crea un immagine di tempo vuoto ed omogeneo in cui la simultaneità è obliqua nel tempo e scandita dai calendari e
dagli orologi. Questo concetto di tempo vuoto ed omogeneo nasce con i giornali e i romanzi (quindi con la stampa, printed capitalism) e si può
spiegare con l’espressione nel frattempo.
Es. un americano incontrerà o conoscerà soltanto una minuscola parte dei suoi compatrioti americani. Non ha nessuna idea di cosa essi stiano
facendo. Ha però piena fiducia della solo costante simultanea attività.
Questa idea di organismo sociologico che si muove in un tempo vuoto ed omogeneo presente un analogia con l’idea di nazione, concepita come una
comunità solida e immaginata che si sposta su e giù nella storia.

• Esempio di Noli Me Tangere di Rizal (massimo scrittore filippino, pag 42) che dimostra l’idea “immaginazione nazionale”: viene mostrata una società
in movimento che fa fondere l’idea di tempo “interno” del romanzo con quella del tempo “esterno” del lettore, che arriva ad immaginare la sua società
come un organismo in movimento e pur non conoscendo che una piccola parte dei suoi compatrioti immagina che siamo tutti vicini a lui, provando
empatia e sentendosi parte di un unicum.

Sarebbe comunque sbagliato pensare che le comunità immaginate di nazioni derivino dal semplice rimpiazzare comunità religiose e regni dinastici.
Sotterraneo rispetto al declino di comunità, linguaggi e lignaggi sacri, avveniva un mutamento fondamentale del modo di percepire il mondo, che più
di ogni altro rese possibile pensare la nazione. Per meglio comprendere questo cambiamento, volgiamoci alle rappresentazioni visuali delle comunità
sacre come rilievi e vetrate delle chiese medievali, o affreschi dei maestri italiani fiamminghi.vUna caratteristica di tali rappresentazioni è qualcosa
d’ingannevolmente analogo al “vestire moderno”.
Anche perché l’umile prete parrocchiale, di cui gli ascoltatori conoscevano antenati o fragilità, era anche il diretto intermediario tra i suoi parrocchiani e
la divinità. questo stava significare che, per quanto vasta la cristianità potesse essere, essa si manifestava “diversamente“ a particolari comunità come
loro copie. Quindi, ad esempio, la vergine Maria era raffigurata come la figlia di un mercante toscano, o i pastori che seguirono la stella fino alla
mangiatoia dove nacque Cristo indossavano abiti dei contadini Burgundi.

Ma essenzialmente, la possibilità stessa di immaginare la nazione si presentò storicamente solo quando, e dove, tre fondamentali concetti culturali
persero la loro presa assiomatica sulle menti degli uomini, ovvero: il linguaggio sacro, i centri superiori e il tempo.
Il primo fra questi fu l’idea che un particolare linguaggio sacro offrisse un accesso privilegiato alla verità ontologica, proprio perché parte inseparabile
della verità stessa.
La seconda fu la credenza che la società fosse organizzata naturalmente intorno a centri superiori, cioè a monarchi, che erano poi persone diverse
dagli altri esseri umani e che governavano il nome di una sorta di delega cosmologica (divina).
La terza era una concezione del tempo in cui cosmologia e storia erano indistinguibili, e l’origine del mondo e dell’uomo erano essenzialmente
identiche.
Il lento, irregolare declino di queste certezze interconnesse divise drasticamente cosmologia e storia; non sorprende quindi che la ricerca cominciasse
per trovarne un nuovo, significativo legame che tenesse insieme fraternità, potere e tempo. Niente forse rese queste ricerca più precipitose e più
fruttuosa quanto il capitalismo a stampa che permise al numero sempre crescente di persone di pensare a sé, e di porsi in relazione ad altri modi
profondamente nuovi.
3. Le origini della coscienza nazionale
Un altro fattore importante per la diffusione della nazione è, fra i molti, il
capitalismo, unito alla nascita della stampa (prima forma di impresa capitalistica).

Essa va alla ricerca di nuovi mercati, prima satura quello delle élite che parlano in
latino (lettori bilingue; fino ad inizio XVII sec), poi quello delle maggioranze
monolingue, che parlavano il volgare. Perché?
1. Gli umanisti riscoprono il latino antico ciceroniano, lontano da quello ecclesiastico
medievale.
2. La Riforma: essa, con edizioni economiche scritte in volgare, mobilitò una grande
quantità di persone per fini politico-religiosi, la cui stragrande maggioranza non
conosceva naturalmente il latino. Mentre la Controriforma era ancora radicata alla
roccaforte del latino e non si fece un reale spazio fra le masse.
3. Il sorgere di particolari idiomi volgari come strumenti usati dalle monarchie, le
quali aspiravano all'assolutismo come strumento di dominio amministrativo-
burocratico. La chiesa, infatti, aveva preso il posto dell’Impero Romano d'occidente
alla sua caduta, e aveva assorbito l'uso del latino. L'elevazione del volgare a lingua
del potere laddove questa era sempre stata il latino dette il suo contributo alla
caduta della comunità immaginata cristiana.
>> le comunità immaginarie nazionali nascono per un’interazione tra: un nuovo
sistema di produzione (capitalismo), una nuova tecnologia delle comunicazioni
(stampa) e la fatalità della diversificazione linguistica umana (volgare).

Il capitalismo-a-stampa, quindi, contribuisce ad assemblare i volgari e a diffonderli
nel mercato. La nascita delle lingue stampate pone le basi per le coscienze nazionali
moderne in tre modi:

1. Si crea un terreno di comunicazione al di sotto del latino e al di sopra dei dialetti


volgari. Milioni di persone capiscono di appartenere ad un determinato campo
linguistico, e che solo loro gli appartengono.
2. La lingua guadagna una fissità che può essere riprodotta infinite volte, non è più
soggetto alle abitudini individualizzanti.
3. Essendo alcuni dialetti più simili alle lingue scritte (o decidendo di dare ad esse un
posto di preminenza es. le lingue che i sovrani scelgono per l'amministrazione), essi
guadagnarono importanza e vennero elevati a nuova eminenza politico-culturale.
Tirando le some, possiamo affermare che la convergenza del capitalismo e delle
tecnologie di stampa e della varietà delle lingue umane creò la possibilità di una
NUOVA comunità immaginata, che nella sua morfologia essenziale pose le basi delle
nazioni moderne.

4. Pionieri creoli
Tra il 1776 e il 1838 nell'emisfero occidentale nascono molte entità statali, che
essendo le prime a nascere sarebbero state un modello per le successive nazioni.
Tutti questi nuovi stati avevano la particolarità di essere stati creoli, ossia di
discendere -almeno in teoria- da europei ma essere nati nelle Americhe –e più tardi,
al di fuori dell’Europa-, e quindi condividevano lingua ed origine con quelli contro cui
avevano combattuto.
Tuttavia, l'avvento del nazionalismo in questo caso non è legato all'avvento delle
classi medie alla vita politica (almeno in sud e centro America), infatti esse erano
ancora insignificanti. La guida venne assunta dai ricchi proprietari terrieri e da un
numero inferiore funzionari/mercanti/militari.

Uno dei motivi principali che spinse all'indipendenza da Madrid come nei casi di
Venezuela e Perù fu la paura di una mobilitazione politica dei ceti inferiori, quindi
sollevazioni di schiavi neri o indios. Bolivar stesso disse che "una rivolta stessa di
negri sarebbe stata peggio di un'invasione spagnola" e poi la Spagna stessa
promettendo miglioramenti di condizioni porto gli schiavi dalla sua parte per
combattere i creoli. Ma sta di fatto che i creoli ad un certo punto cambiano idea
sugli schiavi, es San Martin "dovranno essere cittadini e riconosciuti come
peruviani".
Come mai furono queste comunità a sviluppare una concezione nazionale ben prima
dell'Europa? Da dove venne il cambio di idea dei creoli? Perché dopo tre secoli
pacifici crolla tutto?

1. Controllo efficiente della Spagna sotto Carlo III diventa eccessivamente


soffocante.
2. Penetrazione immediata idee illuministe data dalla comunanza di lingua e cultura
con le madrepatrie.
3. Rivoluzione francese e repubblicanesimo.
Questo però non basta per dire perché certe entità dell’America spagnola
diventarono politicamente autosufficienti. Sta di fatto che tutte le nuove
repubbliche grossomodo combaciavano con le unità amministrative che erano tra
500 e 600. Le unità amministrative con il tempo incominciarono ad andare in contro
ad una differenziazione individuale, diventando molto differenti le une dalle altre;
anche perché la Spagna vietava i commerci tra le singole amministrazioni, andando
così a renderle sempre più autocentrate. Ma chi vorrebbe morire per il Comecon o
per la Cee? Come fanno queste regioni a diventare patrie?
Turner (antropologo) scrisse a proposito del valore formativo del viaggio, intesa
come esperienza creatrice di significati e interpretazioni.
Un esempio sono i pellegrinaggi alla mecca, che vedono gente di tutte le parti del
mondo confluire davanti alla kaba, e pur non parlando la stessa lingua capiscono che
stanno tutti li perché LORO sono musulmani.
L'assolutismo però crea nuovi tipi di viaggi, seguendo l'ambizione di creare un
apparato di potere unificato che facesse capo a loro stessi. Unificazione =
interscambiabilità interna di uomini e documenti. Per fare questo era necessario
reclutare degli uomini privi di un proprio potere indipendente e di farli diventare
funzionari. I funzionari fanno un viaggio molto diverso da quello dei nobili. Difatti, se
i nobili fanno un viaggio, di andata e ritorno, per ricevere l’investitura e, quindi, il
diritto di amministrare le loro terre; per il funzionario è il TALENTO a tracciare la sua
rotta, ha davanti a sé una vetta.
Questo modello però si estende con difficoltà in America del sud. Infatti, era quasi
inaudito che un creolo fosse promosso a livello di alto funzionario in Spagna
(ostacolo verticale), così come egli poteva essere assegnato solo nella sua unità
amministrativa e non fuori da essa (ostacolo orizzontale). Su questo pellegrinaggio
incontrava altri con cui condivideva la medesima fatalità. Erano uguali a tutti quelli
della madrepatria: stessa lingua, educazione e religione, solo che loro era nati in
America, e dunque creoli.
IL SENTIMENTO Dl ESCLUSIONE PORTA A FATALE DISTINZIONE: «NON SIAMO
SPAGNOLI SIAMO AMERICANI».
Agli occhi del sovrano i creoli americani erano un problema: non solo erano molto
numerosi, ma non potevano nemmeno essere sottomessi come si sottomettevano
gli indigeni perché avevano a disposizione i medesimi mezzi militari sociali e politici
dei peninsulares, anche se allo stesso tempo non erano come loro. Erano sia una
comunità coloniali sia alta borghesia, sia una garanzia per il potere del sovrano sia
una minaccia. L'arma che venne adottata fu un razzismo ante litteram (si usa per
indicare eventi, oggetti o persone che anticipano altrettanti fenomeni).
La stampa gioca il suo ruolo anche qui con la nascita dai giornali; tuttavia, all'inizio fu
un fenomeno prettamente nordamericano, che poi arriverà a fine 700 anche in
America del sud: si sviluppa la figura del giornalista-editore, che si alleava con i
funzionari posta al fine di raggiungere i lettori. La redazione diventava un luogo per
le comunicazioni e la vita intellettuale. I giornali diedero un grande impulso alla
formazione delle comunità immaginarie dato che tutto quello che parlavano di tutto
quello accadeva in una città: si creò un’idea di simultaneità ma solo locale, a causa
dell'isolamento delle sue parti che minò alla creazione di un nazionalismo più ampio.
Solo più tardi subentreranno elementi politici.
Inoltre, i giornali erano molti e tutti con molta coscienza di loro stessi (pluralità) e
poi la madrepatria non se li cacava perché li consideva inferiori (provincialismo).
In questo senso, il “fallimento” dell’esperienza ispano-americana di generare un
nazionalismo comune al centro-sud America ci fa capire che il momento storico in
cui nasce il nazionalismo ha un impatto significativo sui suoi obiettivi.
Nonostante ciò, i creoli (funzionari/pellegrini + editori-giornalisti) giocarono quindi
un ruolo fondamentale nella creazione di una nuova coscienza, di un Noi.

5. Vecchie lingue, nuovi modelli


1820-1920: in Europa irrompe il nazionalismo, ma differiscono dall'America (finisce
qua ed inizia in EU) per:
- Lingue nazionali furono di fondamentale importanza politica e ideologica.
- Elaborare modelli visibili di nazione da applicare era facile; inoltre, la nazione
fu un qualcosa per cui si aspirò fin dall'inizio.
Con l'umanesimo cambia la concezione di storia, si capisce di essere entrati in una
nuova fase rispetto il medioevo. Ciò accade per le scoperte geografiche di paesi
poco o totalmente sconosciuti (Cina e Messico) àpluralismo umano, che
naturalmente non coincise per forza con l’EU, con la cristianità e con l’antichità:
sono società contemporanee.
Conquiste e scoperte portarono alla rivoluzione del linguaggio, che diventa un
qualcosa creato e completato da coloro che lo parlano, dai fruitori dello stesso
linguaggio e non da esterni: perde il suo status di lingua del messaggio divino.
Si ha una rivoluzione lessicografica: tutte le lingue ora tutte uguali e tutte possono
essere insegnate e studiate. Difatti, vennero pubblicati dizionari, grammatici,
lessicografi, ecc. Nasce anche la FILOLOGIA, la prima scienza interamente basata
sull’evoluzione» (Hobsbawn).
Intorno alla metà del ‘700, numerosi studiosi resero disponibile, attraverso
numerosi libri, l’antica e pagana civiltà ellenica. E gli universitari, i pre-universitari, e
anche altri studiosi -di tutte le civiltà-, esaltati da questo passato decisero di
intraprendere una vera e propria “de-barberizzazione” dei greci moderni.
I progressi delle scuole e università riflettevano quelli del nazionalismo, visto che
queste ultime divennero i più consapevoli campioni di quest'ultimo. Coloro che di
lavoro maneggiavano il linguaggio (scrittori, insegnati, professori) riscoprirono i miti
e il folklore e crearono delle identità nazionali dal nulla a partire proprio dalle
grammatiche e dai dizionari.
Questi poi vengono assorbiti dalle classi lettrici in cui rientravano i ceti borghesi e
aristocratici.

Si ha una vera legittimazione della borghesia a partire proprio dalla lingua stampata:
mentre i nobili basavano la loro solidarietà come prodotto dei legami di sangue,
clientele e fedeltà personali data la dimensione ridotta della loro classe; i borghesi
apparivano come classe solo nel loro replicarsi, non avevano rapporti diretti ma
finivano per apprendere la loro rispettiva esistenza proprio grazie alla parola
stampata. La borghesia nasce alfabetizzata, altrimenti essa era inimmaginabile.
La loro solidarietà di classe viene da basi essenzialmente immaginate, è tramite il
capitalismo a stampa che capiscono che ci sono altri COME LORO, ovviamente nei
limiti della lingua che ognuno parlava.
>>> se nelle Americhe gli stati avevano una quasi totale corrispondenza tra lingua
parlata e estensione dell'impero, in Europa gli imperi poliglotti erano la normalità:
potere e lingua disegnavano due mappe diverse.
Più aumentava l'alfabetizzazione, più diventava alto il coinvolgimento delle masse;
dato che queste ultime scoprivano una nuova gloria nell'elevazione a status della
lingua che avevano sempre tanto umilmente parlato.
Il nazionalismo americano diventa un modello, un qualcosa che si può esportare, un
concetto che portava con sé realtà immaginate tramite la stampa stessa ossia
nazioni stato, repubbliche sovranità popolare ecc. ecc. che potevano essere adattate
a qualsivoglia stato (A. usa il verbo piratare). Tuttavia, c'erano degli standard da
rispettare che venivano proprio dalle Americhe. Un esempio era il carattere
populista, ossia il fatto che se TUTTI i peruviani avessero meritato uno stato
nazionale, TUTTI i peruviani sarebbero stati cittadini.
Di rimando dovevano essere di TUTTI ungheresi, tutti polacchi ecc.; e questo doveva
comportare una rimozione di tutti gli ostacoli sulla strada esempio la servitù della
gleba.


6. Ufficial-nazionalismo e imperialismo
Nel corso dell’’800, specie nella seconda metà del secolo, la rivoluzione
lessicografica-filologica e nascita nazionalismi diede dei problemi alle dinastie;
infatti, molte di esse non erano legate a delle nazionalità (si pensi ai Romanov e al
loro vasto impero). In più la rivoluzione lessicografica aveva dato alla lingua in valore
ben più alto di semplice strumento di comunicazione: essa diventa proprietà
personale dei gruppi che si immaginano comunità.
es. Asburgo: l'imperatore Giuseppe II negli anni '80 del 700 sceglie di passare da
lingua latino al tedesco. Questa volontà ripresa dai suoi successori non andava in
contro ad una politica di germanizzazione, era solo strumentale all'unificazione e
all'universalizzazione, MA da metà '800 la rivoluzione nazionale unita a quella
lessicografica-filologica da i suoi frutti: più gli Asburgo sostengono il tedesco più
sembra che si schierino dalla parte delle popolazioni tedesche, diventandone
campioni e schiacciando gli altri.

Dato che a meta dell'800 tutte le monarchie usavano un qualche volgare come
lingua di stato, queste cercano di darsi un’identità nazionale, dato che l'idea di
nazione stava acquisendo molto prestigio in tutta Europa. Questa azione diventa il
nuovo modo tramite il quale le monarchie si danno una legittimità, dato che principi
quali la discendenza del potere da dio e l'antichità non reggevano più.
>>> le dinastie europee si "naturalizzano" e partoriscono l'ufficial-nazionalismo
(ossia una miscela tra nazione e impero dinastico) indossando un travestimento
nazionale. Vengono promosse: istruzione obbligatoria, propaganda, revisionismo
della storia ecc.
La chiave, difatti, per situare l’ufficial-nazionalismo è ricordare che si sviluppò dopo
e in reazione a, i movimenti nazionali popolari che proliferarono in EU sin dal 1821.

es. quello russo dei Romanov. La lingua di corte era il francese e quella della nobiltà
il tedesco.
Uvarov propone in un rapporto del 1832 che il regno si dovesse basare su
Autocrazia, Ortodossia e Nazionalità. Ma lì per lì nessuno se lo caca. Sotto
Alessandro III (1881-94), la russificazione diviene una politica dinastica contro i
nazionalismi apparsi nell'impero e si concretizza il russo per la lingua sia nelle scuole,
che per le amministrazioni.
Ipotesi – di Watson- della rivoluzione del 1905 come una rivoluzione anche contro la
russificazione da parte dei non-russi, e non solo contro l'autocrazia da parte di
contadini, operai e intellettuali.
Un altro es. non meno interessante del primo è quello della regina Vittoria, di cui ci
interessa solo il TITOLO.
Quando ella diventa imperatrice dell'India non è altro che l'apoteosi dell'ondata di
ufficial-nazionalismo che aveva coinvolto anche gli inglesi.
In India, infatti, nel 1823 era stato costituito un Comitato per l'Istruzione Pubblica
presieduto da Macaulay, che si batterà per fare una riforma scolastica che crei
persone «indiani nel colore, ma inglesi per quanto riguardava il gusto e le opinioni"
riscuotendo grande successo: MACAULAYSMO. Però si andò così a creare dei
funzionari che, al tempo stesso, erano stranieri nella loro nazione, oltre che costretti
dalla stessa madrepatria come i suoi colleghi creoli>>. Mostra come l'idea di nazione
e impero non c'entrano un cazzo.

Anche in Giappone accade una cosa simile; difatti, dopo la rivolta del 1868 dei
samurai e la fine dell'era Tokugawa, i ribelli capiscono che la sola conquista militare
non può corrispondere alla stabilità politica a causa della presenza dei "barbari
occidentali". Per consolidare lo stato nazione, l'oligarchia Meji utilizza un metodo
tipo Hohenzollern ossia: centralizzare, alfabetizzare, coscrizione obbligatoria, fine
feudalità. L'oligarchia Meji fu aiutata da tre fattori:
1. Omogeneità etno-culturale, specialmente del sistema di scrittura ideografico che
era comune a tutti, quindi tramite la stampa avviene alfabetizzazione veloce.
2. Grande antichità della casata imperiale, monopolizzata da una singola dinastia
quindi con una nipponicità facilmente strumentalizzabile per scopi nazionali (cosa
che non possiamo dire, ad esempio, dei Borboni).
3. La penetrazione dei barbari favorì la popolazione a raccogliersi attorno ad un
programma di autodifesa concepito in termini nazionali.

Il nazionalismo creato assume caratteri fortemente aggressivi perché:
1) Non essendoci in Asia lo stesso contesto internazionale europeo mancava un’idea
di "parità" in campo internazionale. La presenza dei barbari aveva creato un modello
basato sulla supremazia e sulla gerarchia, chi è forte domina.

2) le dinastie europee a cui i giapponesi si ispiravano avevano incominciato la "corsa


alle colonie”, e uno dei concetti chiave di quest'ultimo è che il possedere tante
colonie significava al detenere tanto prestigio, quindi il Giappone per essere
rispettato doveva adeguarsi (anche qui venne adottato il Macaulaysmo).
Lettura brano di Kita Ikki: per recuperare le distinzioni con gli altri paesi, è giusto una
guerra tra stati. Anche perché in confronto del miliardario GB e la terriera Russia, il J
in confronto è solo il proletariato. Dunque, è anche giusto l’espandersi e creare delle
colonie.


Fatti questi 3 esempi, dobbiamo aggiungere che tale modello ufficial-nazionalista
poteva essere adottato non solo per sostenere una volontà di potenza, ma anche
per proteggersi dalle nuove immaginate comunità nazionali.
es. Siam. Chulalongkorn (1868-1910) si dedica ad un progetto di ammodernamento
sul modello delle colonie olandesi: centralizzare il governo, promuovere sviluppo
economico tramite lavoratori fatti immigrare in massa dalla Cina al fine sfruttare il
loro disorientamento per controllarli, creando una classe operaia esterna alla
società.
Suo figlio Wachirawt utilizzò i cinesi che suo padre aveva fatto emigrare per fare
sviluppare un nazionalismo. Questo perché 1) i cinesi scioperavano e poi in Cina
c'era stata la rivolta dei boxer, quindi, minacciavano la dinastia 2) il nuovo sovrano
aveva assimilato il razzismo occidentale inglese e francese. Non a caso li chiamò
“ebrei d'oriente”.
Es. Ungheria: lo sviluppo del nazionalismo ungherese nell’Ottocento mostra in modo
diverso l'impronta del modello “ufficiale”. Oltre alla furiosa opposizione della nobiltà
mangiare di lingua latina al tentativo di Giuseppe II di rendere il tedesco l'unica
lingua di Stato; notiamo che, con un certo opportunismo, era propagandato anche il
magiaro “perché a lungo termine un'amministrazione magiara sembrava l'unica
alternativa praticabile a una tedesca”.
Però fu solo nel 1840 che la nobiltà magiara ebbe davvero a cuore la
magiarizzazione, e solo per evitare la propria immaginazione storica. Anche perché,
con la crescente alfabetizzazione, la diffusione del maggiore stampato e la nascita di
una limitata, ma energica, classe colta liberale, stimolarono un nazionalismo
ungherese popolare assai diverso da quello nobiliare.
Ma nel 1848 Kossuth fece un’insurrezione contro Vienna e fece riforme contro
servitù della gleba e decise che gli individui di lingua ungherese ora erano ungheresi,
e che essere ungheresi volva dire parlar il magiaro. Kossuth viene represso e scappa.
Da lì incomincia un nazionalismo magiaro ufficiale impersonato dalla famiglia dei
Tisza. Dopo la sconfitta contro la Prussia del 1866 ci furono le condizioni per il
Compromesso, e al nuovo governo i Tisza hanno posto importante e promuovono
una politica che elevava i magiari e dava loro monopolio cariche (guarda caso
nazionalità a cui apparteneva tutto il governo) e tutte sottometteva le altre
nazionalità MAGIARIZZAZIONE.
Questo accadde perché gli Asburgo 1) non potevano schierarsi contro un regime che
era un pilastro dell'impero 2) non ebbero un ufficial-nazionalismo da imporre.
L'ufficial-nazionalismo fu una risposta dei gruppi di potere al nazionalismo linguistico
popolare, dato che i primi rischiavano di essere esclusi dalle nuove comunità
immaginate popolari, diventando una variante conservatrice del nazionalismo
popolare. In più esso servì a nascondere le discrepanze tra le nascenti nazioni e regni
dinastici visibile da una contraddizione: gli indiani dovevano essere anglicizzati, i
rumeni dovevano essere magiarizzati ma non potevano partecipare al governo a
fianco degli inglesi o degli ungheresi. Infatti, all'interno degli imperi dominanti
stavano nascendo delle nazioni, refrattarie a dominare un altro paese; quindi,
l'imperialismo può anche essere letto come uno stratagemma, atto a incorporare le
nazioni stesse all'interno delle dinastie.

7. L'ultima ondata
La Grande guerra segnò la fine delle grandi dinastie e l’inizio dello stato-nazionale.
La Seconda guerra mondiale portò alla fine degli imperi coloniali e alla
decolonizzazione tra 1918 e anni 70: dunque, nascono molti stati-nazioni, dentro e
fuori dall'Europa.
Molte di queste presero dal nazionalismo americano il suo carattere di
repubblicanesimo, dal nazionalismo linguistico europeo il suo populismo e
dall'ufficial-nazionalismo la politica ‘russificante" attraverso i media e la scuola>>>
NAZIONALISMO COLONIALE.
Questo perché il nazionalismo per Anderson presenta quelle caratteristiche
modulari che gli permette di essere modificato e poi esportato.
Il nazionalismo coloniale presenta estensioni territoriali identiche a quelle delle
precedenti unità amministrative perché 1) i viaggi dei funzionari contribuiscono a
creare un Noi circoscritto nella stessa provincia 2) anche se i problemi di
comunicazione (presenti dai creoli) sono stati risolti, la russificazione procede su
tutti i fronti contemporaneamente.
Nel '900, infatti, a fare i viaggi non erano solo pochi individui ma moltissimi, sia per
l'avvento dei trasporti sia perché le funzioni dello stato aumentavano, così come
dovevano aumentare i funzionari bilingui istruiti e capaci. Questi formarono
un’intellighenzia capace tramite la stampa di usufruire della cultura occidentale e
quindi di assorbire anche i modelli di nazionalismo occidentale, studiando
l'illuminismo, LE RIVOLUZIONI PER L'INDIPENDENZA ecc. ecc.
Tuttavia, l'intellighenzia del '800 differisce da quella del 900 per il valore dato alla
"gioventù". In Europa gioventù voleva dire dinamismo e progresso ma non aveva
contorni sociologici ben definiti, nel senso che i membri della giovine Irlanda
potevano anche quarantenni, dunque potevano non essere giovani. Nelle colonie,
invece, gioventù significava essere la prima generazione ad avere ricevuto
un'educazione europea ossia essere una GIOVENTU' SCOLARIZZATA, essendo quindi
molto differenti sia dai genitori che dalla grande maggioranza della popolazione>>>
ruolo importante delle scuole, che aprendosi in diverse parti di una colonia.
es. Indonesia (dove c'erano popolazioni etnicamente differenti) nacquero delle
scuole in teoria contrasto con quelle tradizionali indigene; difatti, le scuole
governative costituivano una gerarchia colossale, razionalizzate centralizzata: Ehi
libri di testo unici, diplomi standard, una precisa divisione per età, per classi, ecc.

Non meno importante fu la gerarchia geografica; difatti, vennero aperte scuole


elementari nei villaggi e nelle cittadine, scuole medie secondarie nelle città più
grandi delle province, mentre l'educazione universitaria -l'apice di questa piramide-
è esclusivamente riservata alla capitale di Batavia.
Ma l'esperienza comune di questi giovani e la competitività cameratesca nelle classi,
davano alle mappe coloniali che studiavano una specifica realtà territoriale
immaginata, ogni giorno confermata dagli accenti dalle fisionomie dei compagni di
classe.
Ma cos'erano tutti loro? gli olandesi li definivano tutti, qualsiasi madrelingua
parlassero, INLARDERS, come inglesi o gli indigeni francesi.
Essi erano esseri inferiori e appartenevano a quei luoghi, ed erano tutti equamente
disprezzabili.

Da non dimenticare i cosiddetti stranieri orientali, di solito erano soprattutto cinesi,
arabi e giapponesi, che anche se vivono nella colonia, godevano di una condizione
giuridico-politica superiore a quella dei nativi del luogo.


Tuttavia, il caso dell’Indonesia non ci deve portare a credere che ogni habitat nativo
abbia frontiere preordinate o immutabili. Due esempi infatti dimostreranno il
contrario: l'Africa occidentale francese e l’Indocina francese.
In quest'ultima, infatti, la politica scolastica aveva due scopi:

1) far nascere coscienza indocinese individuali, contro quelle extra-indocinesi, tipo


Siam e Cina, con cui i popoli colonizzati condividevano costumi e religione.
2) formare élite bilingue che facessero da tramite. Anche qui man mano che si
adottò uno schema molto simile all'Indonesia, ma perché non funzionò? Si ebbe un
mutamento del sistema scolastico, venne abolito il sistema confuciano degli esami
allora in vigore, quindi tutti si riversarono nelle scuole che fino a quel momento
erano per la classe dirigente francese, al fine di aggiudicarsi posti da funzionario. I
francesi risolsero la situa con la creazione di una scuola franco-vietnamita (anche
perché le prime scuole erano esclusivamente per loro) dato che questi agli occhi dei
francesi erano più efficienti, e un 'altra scuola per le altre minoranze khmer e
laotiane. L'avvantaggiare i vietnamiti provoco una lacerazione, dato che i funzionari
vietnamiti potevano compiere viaggi con prospettive ben più ampie di quelle dei
secondi. Questo provocò una differenziazione fatale.
>> l’Indonesia sopravvive unita perché non si fecero differenze tra le etnie; quindi,
tutte queste accettarono di fare parte di un medesimo territorio.
Naturalmente, le lingue ebbero un ruolo importante. Difatti, esse hanno la
particolarità di generare comunità immaginate costruendo rapporti particolari di
solidarietà, dato il suo carattere fondamentalmente e semplicemente inclusivo.
Da non dimenticare il supporto che i progressi tecnologici nella comunicazione,
soprattutto radio e tv, offrirono alla stampa: la trasmissione e lingue diverse e
provocare l'idea di una comunità immaginaria anche tra analfabeti e tra popolazioni
con madrelingue differenti.
In secondo luogo, i nazionalismi del 900 hanno un carattere profondamente
modulare.
Eccezione ne fa la Svizzera, difatti è possibile notare che in essa il nazionalismo si
sviluppò molto tardi e notiamo, ancora oggi, l'odierna molteplicità di lingue nazionali
svizzere. Ma perché?

1. lo stato svizzero in sé nacque molto tardi, è difficile da tracciare prima del


1813- 15, «senza l'aiuto di quel che è menzogna», Hughes.
2. In secondo luogo, fu l'arretratezza del paese che, combinata con una
topografia proibitiva e con la mancanza di risorse, impedì assorbimento da
parte dei vicini ben più potenti.
3. Infine, la persistenza in un paese così piccolo di una gran varietà di dialetti
germanici, suggerisce che in gran parte della società contadina Svizzera
arrivassero assai tardi il capitalismo a stampa e la moderna istruzione
standardizzata.

In sintesi, l'ultima ondata dei nazionalismi, la maggioranza dei quali si abbatte nei
territori coloniali d'Africa e d'Asia, fu in origine una risposta ai nuovi modelli di
imperialismo globale resi possibili dalle realizzazioni del capitalismo industriale.
Il capitalismo però contribuì, grazie anche alla diffusione della stampa, a creare in
tutta Europa nazionalismi popolari e basati sulla lingua; i quali minarono gli antichi
principi dinastici e spinsero ad auto-naturalizzarsi ogni dinastia in grado di farlo.
L'ufficiale nazionalismo, punto di fusione dei nuovi principi nazionali degli antichi
principi dinastici, portò a sua volta alla cosiddetta russificazione nelle colonie extra-
europee. Dove vediamo non solo dei pellegrinaggi amministrativi, ma anche nei
pellegrinaggi educativi. L’interconnessione tra questi due tipi di offriva la base
territoriale per nuove “comunità immaginate” in cui nativi potevano avere una
visione di sé come membri nazione.
Inoltre, questo porterà alla nascita di intellighenzie bilingue che, soprattutto quelle
del 900, ebbero accesso a modelli di nazione, nazionalità e nazionalismo distillati
dalle turbolente e caotiche esperienze in più di un secolo di storia europea e
americana.
Infine, mentre il capitalismo trasformava una velocità sempre maggiore i mezzi di
comunicazione fisica e intellettuale, le intellighenzie trovarono modi per aggirare la
stampa nel propagandare la comunità immaginata, non solo verso le masse ma
anche verso quelle masse che leggevano differenti lingue.

8. Patriottismo e razzismo
I nazionalismi anche se visti come strumenti generatori di odio, nelle arti esprimono
amore con riferimenti alla nazione tipo parentela, terra natale; denotandola così
come qualcosa a cui si è naturalmente legati, come se non dipendesse dalla nostra
volontà ma dal caso, stesso caso che ci fa nascere da questa o quella madre, in
quello o in quel luogo. Mentre è difficile trovare analoghi prodotti nazionalisti che
esprimano paura o odio, persino nel caso dei paesi colonizzati.
È il disinteresse che fa morire per la patria: il fatto di non averla scelta porta a
pensare ad un’idea di "destino" e "purezza". Queste poi sono amplificate dagli inni
nazionali, che porta tutti gli individui della nazione ad una sensazione di simultaneità
in una totale consonanza, realizzazione fisica della comunità immaginaria. La lingua,
quindi, è la parte fondamentale di una nazione e tramite esse si dimostra aperta e
chiusa. Aperta perché tutti potenzialmente possono impararla, chiusa perché
moriamo prima noi delle lingue, quindi è impossibile parlarle tutte.
Il nazionalismo parla di destini storici, mentre il razzismo di contaminazioni eterne (i
negri saranno sempre negri, ecc). Esso poi ha un’origine che viene dalle ideologie di
classe, non da quelle nazioni; inoltrem si manifesta nei confini nazionali e non
esternamente, tra con altre nazioni: diventa pretesto per reprimere internamente e
per il dominio autoritario ->> PRODOTTO CLASSE ARISTOCRATICA CHE TROVA LA
SUA APPLICAZIONE NEI DOMINI COLONIALI (forse per autosostenersi?) perché
l'ufficial-nazionalismo trova nelle ideologie suprematistiche un valore fondamentale,
dato che tramite esso si saldano l'idea di nazione e dinastia secondo il ragionamento
che se i lord inglesi > inglesi > colonie, permettendo ai secondi di giocare ai nobili
con i terzi (offrendo loro posti di prestigio, soprattutto in un esercito coloniale che si
fondava sui valori che appartenevano alla stessa aristocrazia) e costituendo in loro
quella solidarietà tra bianchi di carattere transnazionale (tipicamente nobiliare).

Tramite la lingua, incontrata per la prima volta sulle ginocchia della madre, e
salutata per l'ultima solo nella bara, si ristabilisce il passato, si immaginano nuove
fratellanze, si sognano nuovi futuri.

9. L'angelo della storia
C'è niente di quel che è stato detto finora che ci possa aiutare a capire più a fondo i
motivi che hanno portato allo scoppio dei conflitti della Repubblica socialista del
Vietnam, della Repubblica popolare cinese e della Kampichea democratica?
Tom Nairn, in The break-up of Britain, ci offre una preziosa testimonianza sulle
relazioni tra il sistema politico britannico e quello delle altre nazioni del mondo
moderno. Difatti, il sistema britannico fu la prima esperienza e, per tale motivo,
unica nel suo genere; essere rappresentato una crescita lenta e ordinata, a
differenza degli altri sistemi, i quali erano prodotti di deliberate invenzioni risultanti
da una teoria. Ciò porterà a generare la dottrina tipicamente moderna nello stato
astratto, o impersonale, che potrà essere imitato nei secoli a venire.
Quel che Nairn dice per le nazioni contemporanee vale per i tuoi concetti gemelli di
cui le nostre nazioni socialiste sono l'incarnazione moderna: rivoluzione e
nazionalismo. È fin troppo facile dimenticare che ambedue, come peraltro il
capitalismo o il marxismo, sono invenzioni su cui impossibile imporre un brevetto:
esistono per essere sfruttati da tutti.
Hobsbawn aveva ragione quando notava che la Rivoluzione francese non era stata
condotta né attuata da un vero e proprio partito movimento, né da uomini intende
realizzare un programma sistematico. Ma grazie allo sviluppo della stampa,
l'esperienza francese non fu solo inestirpabile dalla memoria dell'uomo, ma fu
anche istruttiva. Da quasi un secolo di terrorizzanti sperimentazioni pratiche
derivarono i bolscevichi, che attuarono alla prima rivoluzione pianificata riuscita e
che cercarono di sviluppare un programma sistematico.
Il modello rivoluzionario bolscevico è stato decisivo per tutte le rivoluzioni del 900
poiché rese possibile immaginarle anche in una società ancora è ritirata dalla Russia.
Similmente, dalla fine del 700, il nazionalismo aveva subito un processo di
modularizzazione e di adattamento, a seconda dei diversi periodi, regimi politici,
economia e strutture sociali. Il risultato fu che la comunità immaginata si diffuse in
ogni possibile società contemporanea.
Se la moderna Cambogia può essere utile per illustrare un'acquisizione
estremamente modulare del concetto di rivoluzione, Il Vietnam ci aiuta per il
concetto di nazionalismo: il re “vietnamita” chiamo il proprio Regno NAM VIET (a
sud di Viet), ma il sovrano manciù, a Pechino, scelse che il nome più opportuno era
VIET NAM (Viet del sud).
Questo perché col primo nome si andava a rivendicare, in un certo senso, Il Regno
conquistato dagli an 17 secoli prima.
Alla fine i vietnamiti scelsero un nuovo nome, DAI NAM (il grande sud o sud
imperiale), senza però comunicare nulla a Pechino.
La cosa particolare è che tale nome non sopravvisse fino ai nostri giorni, anzi i
vietnamiti difendono con tanto orgoglio il nome Vietnam, nonostante esso sia stato
inventato sdegnosamente da un sovrano manciù dell'Ottocento. Ciò ci porta a
pensare all'affermazione di Renan, secondo lui secondo cui le nazioni avrebbero
dimenticato molte cose, ma anche -paradossalmente- al potere di immaginazione
del nazionalismo.
Inoltre, guardando il Vietnam degli anni 30 o la Cambogia degli anni 60, si possono
trovare, fatti i debiti cambiamenti, numerose somiglianze. Nonostante ciò, nessun
lucido analista moderno avrebbe potuto prevedere nessuna delle due rivoluzioni
che sarebbero prese seguite, o il loro effimero trionfo. Quello che in sostanza le rese
possibili fu l'aver preparato la rivoluzione e immaginato la nazione.
Più importanti, però, sono i modelli che le rivoluzioni hanno, possono, dovrebbero o
non dovrebbero aver tratto da Francia, Russia e Cina e Vietnam. Lo stesso può dirsi
per il nazionalismo; difatti, il nazionalismo contemporaneo è il risultato di due secoli
di mutamenti storici: questa eredità è bifronte come Giano, perché tra gli eredi non
ci sono solo San Martino Garibaldi, ma anche Uvarov e Maculay.
Anche perché, come abbiamo già visto, l'ufficio del nazionalismo è stato sin
dall'inizio nella politica voluta di auto-conservazione dagli imperi dinastici. Ma una
volta su piazza, poteva essere facilmente copiato. Nonostante ciò, l'aspetto più
persistente di questo stile di nazionalismo era, ed è ancora, il suo essere ufficiale, ci
ha creato direttamente dallo stato per servirne interessi.

Il modello dell'ufficio del nazionalismo diventa rilevante soprattutto quando i


rivoluzionari prendono il controllo dello Stato, ma in un certo senso si può pensare
che essi “ereditano” lo stato dal regime decaduto. Da non dimenticare, tra l’altro,
che sono ben poche le leadership socialiste che non abbiano scelto di occupare
come gli posti delle due precedenti.
D'altro canto, è meno evidente il fatto che i rivoluzionari vittoriosi ereditano anche il
complesso burocratico del vecchio stato. E non dovrebbe, tra l'altro, sorprendere
molto se spesso alcune leadership rivoluzionari si siano adagiate, consapevolmente
o meno, a “signori del castello”.
L'ufficio del nazionalismo fa preso i modelli di leadership post-rivoluzionari, facendo
in modo che per queste leadership sia più facile adottare il presunto nationalnost
degli antichi sovrani e lo stato dinastico, tanto da renderli patrioti (anche quando
non lo sono realmente).

10. Censimento, mappa, museo
Anderson torna sui suoi passi e dice che l'ufficial-nazionalismo delle colonie non
viene dalle dinastie del '800, ma da quello di stato coloniale. Lo dimostra
presentando tre istituzioni: CENSIMENTO, CARTA GEOGRAFICA, MUSEO, che pur
essendo presenti da molto tempo, si evolvono radicalmente durante l'età coloniale,
facendo mutare il modo in cui lo stato coloniale vedeva i suoi domini:
- I Censimenti
Preso in analisi il censimento della Malesia, da cui trae due conclusioni:
l) durante il periodo coloniale le categorie censitarie acquisiscono un carattere
sempre più raziale, rispetto al carattere di mappatura religiosa che questo doveva
avere.
2) le nazioni indipendenti mantengono queste stesse categorie di pensiero.

La grande finzione dei censimenti è quella di dare un posto a tutto, senza
sottocategorie e simili. Cambiamento uso del censimento PRE e POST 1850/70
PRE -> si contano le popolazioni solo per sapere a chi è possibile imporre tributi e chi
si può mettere in coscrizione militare.
POST ->Si passa ad una vera e propria quantificazione di tutte le persone anche
donne e bambini, senza che si avessero immediati scopi economico-militari. Qui
appare la peculiarità di questo nuovo tipo di censimento, frutto della propria
febbrile immaginazione: le mappe diventano il modo in cui lo stato coloniale
organizza le colonie, creando delle categorie immaginarie in cui racchiudere tutta la
popolazione.
Con il tempo procedette a creare tutta una serie di strutture al fine di strutturare
PERCORSI ABITUDINARI per concretizzare solidamente nella realtà quello che esso
immaginava. Tuttavia, nella pratica questo fu molto più difficile, dato che la
situazione era ben più complessa (soprattutto dal punto di vista religioso), infatti
continuarono a fiorire strutture a cui accedevano persone guidate dalle proprie
scelte individuali e non dai censimenti, specie i templi, a cui spesso lo stato cerco di
ovviare forzando la situazione, ma con risultati spesso deludenti, cercando di
etnicizzare politicamente e giuridicamente le comunità religiose.

- Le Mappe
Prende il caso del Siam, unico stato non colonizzato della Cocincina, ma che
determina i suoi confini con principi coloniali. Fino alla metà '800 solo due tipi di
mappe.
- Il cosmografo: rappresentazione dei 3 universi buddisti, mostrava una serie di
paradisi ultraterreni e inferni sotterranei, per tale motivo era inutile per
viaggiare.
- La mappa territoriale: consisteva in diagrammi da utilizzare per campagne
militari e la navigazione costiera. Era organizzata in quadranti molto rozzi, ma
forniva fondamentali informazioni su tempi di marcia e navigazione.

Entrambe, però, non avevano connotazione di confini. Nella pratica i territori
confinanti con la Birmania erano segnati con delle pietre, segnali fisici dell'ampiezza
del potere reale. Dalla metà dell'800 questa prospettiva cede il posto ad una più
moderna e più astratta di Siam come demarcazione di un’esclusiva sovranità
incastrata tra altre sovranità
>> 1882: il re fonda una scuola di cartografia e da lì il paese incomincia ad essere
rappresentato come uno spazio geograficamente limitato -> cambio di mentalità -
>la mappa del Siam diventa un modo per anticipare la realtà geografica, era un
modello per (E NON DI) ciò che si voleva rappresentare, un nuovo paradigma per far
funzionare le operazioni militari e amministrative.
Per lo stato coloniale, quindi, la mappa assume questo significato, cioè di strumento
per legittimare il proprio dominio con la creazione di vere e proprie carte storiche
che mostravano l'occidente come il legittimo erede delle dinastie locali. E poi la
mappa divenne un logo: dalla mappatura delle regioni, si estrapola fa forma della
propria nazione, la cui silhouette diventa un vero e proprio simbolo.
- Il Museo
Da meta '800 anche i servizi archeologici coloniali diventano istituzioni di grande
potere e prestigio. Il cambiamento si ha a seguito del crollo delle compagnie delle
indie e con il passaggio dei territori a vera e propria colonia: il prestigio dello stato
coloniale doveva riflettere quello della madrepatria. Perché si investe tanto nel
restaurare i monumenti?
l) La politica conservatrice di alcuni parti del governo: per evitare che la
scolarizzazione renda i colonizzati simili a noi, si usano i monumenti per ricordare
loro da dove vengono + restaurare i monumenti mette a confronto la grandiosità
delle popolazioni del passato con la povertà del presente, come per ricordare loro in
decadimento culturale a cui sono andati incontro.
2) Per continuare il discorso sulle legittimità alternative dato dalle mappe storiche,
dato che molti europei stavano andando a vivere nei nuovi stati, questa sarebbe
diventata la loro nuova patria quindi i monumenti (un tempo luoghi di interesse
religioso) andavano incorporati nella prospettiva di un nuovo stato coloniale laico ed
europeizzato; quindi, per renderli inoffensivi li si trasformò in delle sorte di musei in
cui erano ammessi solo i turisti. E ovviamente questa nuova immagine di
monumenti restaurati veniva pubblicizzata su libri, francobolli, ecc.
In conclusione, il censimento, la mappa e il museo chiariscono il modo in cui lo stato
pensava i propri possedimenti: totale controllo tramite una griglia classificatoria da
cui non si poteva scappare, ogni cosa doveva avere un’identità precisa se era
classificabile allora era anche controllabile.

Ciò porterà anche alla classificazione delle grammatiche e, dunque, a «Birmania e


birmano» e «Indonesia e indonesiano».

11. Ricordare e dimenticare


Spazio nuovo, spazio antico
Nel ‘500 era già possibile vedere che avevano la strana abitudine di chiamare luoghi
remoti con nuove versioni di vecchi toponimi della loro terra d’origine. Era una sorta
di tradizione, iniziata ben prima. Possiamo infatti vedere che nel sud est asiatico è
facile trovare questi tipi di esempi, ma in questi nomi il nuovo ha il significato di
successore o erede di qualcosa che ormai è scomparso: vecchio e nuovo sono
allineati. Mentre nella toponomastica americana del ‘600-‘700, il vecchio e il nuovo
venivano accostati simultaneamente, in un tempo vuoto e omogeneo, riflettendo
quel parallelismo tra le vite dei coloni e quelli della madrepatria.
Perché questa simultaneità si sviluppasse e avesse delle conseguenze politiche
furono funzionali:
1) L’immensità dell’oceano Atlantico e le differenti condizioni geografiche delle
due coste resero impossibile l’assorbimento delle popolazioni in unità
politico-culturali.
2) Il grande numero di immigrazioni permise il mantenimento del primato
politico locale e la sua identità culturale.
3) Il dominio della madrepatria sui creoli, grazie ai suoi formidabili sistemi e
apparati burocratici.
Ehi la novità di tutte queste condizioni risulta ancora più evidente se le paragoniamo
alle grandi, e quasi contemporanee, migrazioni cinesi e arabe verso il sud est asiatico
e l'Africa orientale. Vedremo, in sintesi, che pur avendo viaggiato per mare in gran
numero negli stessi secoli degli europei occidentali, ne arabi e ne cinesi riuscirono a
stabilire le comunità creole coerenti, ricche consapevoli, subordinate a un forte
potere e metropolitano.
Questo spiega anche due aspetti particolari delle guerre americane contro la
madrepatria:
1) I rivoluzionari non volevano distruggere l’impero capovolgendo i ruoli di
sottomissione, ma semplicemente volersi "sganciarsi" per salvaguardare il
senso di continuità parallela.
2) La consanguineità delle due parti non portò a veri e propri genocidi, i creoli
non sentirono mai come minaccia reale il diventar schiavi o di essere
sterminati. Anche perché essi erano l’unico significativo gruppo extra-europeo
(erano bianchi, cristiani e bilingui: perfetti e indispensabili intermediari),
sottomesso all'Europa, ma al contempo essenziale alla suddetta e per tale
motivo non aveva bisogno di temerla.


Tempo nuovo, tempo antico
Per i creoli del nuovo mondo e la loro capacità di immaginarsi come comunità
parallele e paragonabili a quelle europee, fu “aiutata” da eventi straordinari
nell'ultimo quarto del ‘700, ovvero: la dichiarazione d’Indipendenza delle 13 colonie
nel 1776.
Poco dopo, nel 1789, l'esplosione del nuovo mondo riecheggiò nel vecchio con lo
scoppio improvviso della Rivoluzione francese. Da ricordare che nessuna rivoluzione
successiva ha più avuto un così forte senso di innovazione, probabilmente perché la
Rivoluzione francese e poi sempre stata vista come archetipo di quelle che l'hanno
seguita.

I nazionalismi repubblicani, o di prima generazione, hanno la caratteristica di
guardare al futuro, una sorta di strappo con la realtà preesistente. Sia americani del
nord, che del sud, ma anche come i francesi, si rivolgevano verso un radioso domani.
Questi vengono incastrati nella sequenza storica come modelli e come precedenti.

Da qui prendono le mosse i nazionalismi della seconda generazione (cioè di quelli
che si svilupparono tra il 1815 e il 1850, e anche per le generazioni che ereditarono
gli Stati nazionali indipendenti delle Americhe), per i quali fu impossibile recuperare
la prima e bella non curante estasi dei loro predecessori.
In Europa, i nazionalismi cominciarono quasi subito immaginarsi come "risvegliati da
un lungo sonno": essi guardano verso il passato e non verso il futuro (cit. di Koraes).

Due motivi di successo, legati al carattere modulare dei nazionalismi:
l) Adattano quel senso di parallelismo delle rivoluzioni americane non al presente
(madrepatria), ma al passato (antenati) dando un senso di continuità. Così facendo
si andava a giustificare il ritardo del nazionalismo in Eu.
2) Le lingue “non culturalizzate” svolgono lo stesso ruolo che aveva avuto l’oceano
Atlantico, cioè quello di separare le comunità nazionali dai regni dinastici. Anche
perché, i principali stati dell'Ottocento erano comunità poliglotte e molti dei loro
membri più colti avevano ereditato dal periodo medievale l'abitudine di pensare a
certe lingue come la lingua della civiltà (latino, francese, inglese, spagnolo o il
tedesco). Fino al tardo 700, però, nessuno pensava a queste lingue come
appartenenti ad alcun gruppo territorialmente definito.
Ma questa anomalia chiese una spiegazione e il sonno diventa l’artificio retorico più
adatto, poiché dà un'idea di riscoperta della nazione a cui le lingue danno una
giustificazione perfetta dato che apparentemente non si possono datare e paiono
essere state da sempre vicine agli uomini. Anche la nascita della Storia come
disciplina contribuisce a sradicare il tempo dalle soggettività, per porlo in
un’oggettività vuota e omogenea.

Il fratricidio rassicurante
"L'aver dimenticato" implica poi un ricordare, un riscoprire, si rivela lo strumento di
costruzione delle genealogie nazionali -> come, ad esempio, aver dimenticato la
lingua o questa o quella tragedia al fine di costituire un'identità e un noi. Le nazioni
non hanno una storia che può essere scritta tipo genealogia di cristo, ma possono
essere modellate riscoprendo questa o quella morte che avrebbe contribuito a
generare la nazione, interpretando i sacrifici e le guerre come guerre fra fratelli.
Difatti, un'imponente industria pedagogica lavora senza sosta per obbligare i giovani
americani, inglese o chi che sia, ricordare\dimenticare le ostilità come una grande
guerra civile tra fratelli, piuttosto che fra separati stati-nazione. Queste
impressionanti immagini di fraternità che emergono “naturalmente” in una società
lacerata dai più violenti e antagonisti razziali, di classe e regionali, mostrano come il
nazionalismo dell'epoca rappresentasse una nuova forma di coscienza, una
coscienza che si faceva luce quando non era più possibile sperimentare la nazione
comunque di nuovo, all'apice della rottura.

La biografia delle nazioni
Per propria natura, tutti i profondi mutamenti della coscienza portano con sé
amnesia caratteristiche e da questo oblio sgorgano narrazioni. Dopo aver
sperimentato i cambiamenti fisiologici ed emotivi prodotti della pubertà, è
impossibile ricordare nella coscienza del bambino che siamo stati. Da questo
straniamento deriva un senso della persona, un'identità che proprio perché non può
essere ricordata, va raccontata: da qui le autobiografie e le biografie.
Queste narrazioni, come romanzi giornali, si collocano in un tempo vuoto e
omogeneo: la loro struttura è, quindi, storica e il loro ambito sociologico.
Niente dimostra meglio la modernità di questo tipo di narrazioni come l'apertura del
Vangelo secondo Matteo, nella quale l'evangelista fa un’austera lista di 30 uomini
generati in successione l'uno dall'altro, Abramo a Gesù Cristo. Non viene fornita
nessuna data, per non parlare poi dell'assenza di informazioni sociologiche, culturali,
fisiologiche o politiche. Questo stile letterario era assolutamente ragionevole per
Matteo, che non concepiva Cristo come una personalità storica, ma sono come il
vero figlio di Dio.
La consapevolezza di essere inseriti in un tempo laico e seriale con tutte le sue
implicazioni di continuità, anche quelle da dimenticare, rende necessaria una
narrazione di identità. Ma tra la narrazione di uomini e quelle di nazioni vi è però un
fondamentale differenza d'uso: della storia laica della persona vi è un inizio e una
fine; mentre le nazioni non hanno mai un giorno di nascita preciso e le loro morti, se
si producono, non sono mai per cause naturali. Questo modello, però, è segnato da
morti che cominciano da un originario presente, ma sono di un tipo speciale le morti
che strutturano la biografia di una nazione. Infine, la biografia delle azioni strappa
bagliori all'oscurità: suicidi esemplari, assassini, esecuzioni e olocausti punto ma, per
servire gli scopi narrativi, tutte queste morti violente devono essere
ricordate\dimenticate come nostre.

LA GRANDE ITALIA Di E. GENTILE
'
ETA DI RISORGIMENTO MAZZINI Giubileo , ,

0
Col mito nazionale risorgimentale, confluite nella cultura politica dello Stato liberale, era prevalsa una visione laica della civiltà moderna, concepita
principalmente come il progresso della ragione e della libertà, come emancipazione intellettuale e morale dell’individuo dell’umanità, attraverso il
progresso di emancipazione delle singole nazioni.
Il nazionalismo italiano sorge dall’esigenza della modernità, ma non solo intesa come sviluppo economico e sociale, ma anche come sviluppo culturale
e spirituale, come formazione di una nuova civiltà.
Il mito nazionale italiano era sorto da un altro concetto della dignità dell’uomo moderno, una dignità che poteva essere completamente realizzata
soltanto alla condizione etica e giuridica del cittadino libero di una nazione indipendente e sovrana.
Da non dimenticare che, nel Risorgimento l’amore della patria l’idea di nazione appaiono strettamente congiunti con l’amore per la libertà e
l’indipendenza e tutte le nazioni.
e
NAZIONE = LIBERTA '
e
PATRIA = UMANITÀ

e
Tutti con =
DI RITI

. 1- NAZIONI UNITE ZNJSIEME

• PATRIA = STATO i Nato . (molto IMPO )

(IN NAZIONE

ELE .
NATURALISTICI ) 6 ELE . UMANISTICO
E la cultura politica dell’Italia liberale emergeva sempre più nettamente la concezione dell’identità
nazionale, e quindi della nazione, come coscienza storica di un passato comune, da cui scaturisce la
fede in un futuro comune. Prevalse, quindi, l’idea della nazione come realtà spirituale, culturale e
storica, nella quale rallentamento decisiva essenziale elemento umanistico rispetto a qualsiasi
elemento naturalistico.
Ciò andò ad influenzare anche la concezione della “razza“.

COMPLESSO DI GRANDEZZA (TIPO JIMPY)


'

PERCHE Eletti DA DIO ,
CON MISSIONE MESSIANICA USA, MA ≠
.

RICORDO DELL' ZMPE . ROMANO E DELLA CRISTIANITÀ .

A differenza degli Stati Uniti che volevano


espandersi, anche a discapito dei paesi
◦ APOTEOSI DEL GIUBILEO : l'ITA . non ERA cosi '
UNITA E Perfetti .
LE 2 ITALIE di Giolitti : conquistati, per la loro missione da “faro del
NORD VS Sud mondo“. L’Italia avrebbe lasciato ampio arbitrio
agli altri popoli conquistati, anche perché il loro
Oltre alle diverse condizioni
Mentre il paese legale si riferiva al corpo obiettivo era quello di conquistare unità e
sociologiche ed economiche del
elettorale dirigente ristretta ed elitaria; il indipendenza non solo per se stessa soltanto,
dualismo fra Nord e sud; vi era il
paese reale era il resto dei cittadini ma per assolvere alla missione dell’unità
cosiddetto “Paese reale“ e il
impossibilitati ad esprimersi d’Europa.
cosiddetto “paese legale“.
liberamente.
I ITA . POLITICI E ITA . Produttiva

f- REP .
di Sato '
E l' ITA . libera
f- l' ITA .
IDEALE E L' Z .
STATALE

t ITA . VEN LOL 2. Risorgimento) E ITA FALSA


.
(col Fascismo)

DEL FASC ' no E DEGLI Imperial , jm ,


ETÀ di Mussolini , .


CONSOLIDAMENTO DEL mio NAZIO .
X UNA + BIG ITALIA I DOVE VEDIAMO i STATO = NAZIONE MA lo STATO E
'
PIU ' IMPO di Tutto E TUTT E L' ITALIA JOPM . TU TI
,

W lo STATO NAZIONALE ✗ Cui SI POTEVA E si doveva SACRIFICARE Tutto E TUFI .

Quindi , NO diritti ✗ TUTTI : diff .


E M-7.li uno (non Solo PRETTAMENTE DIO )
.

TUTTO IN VISTA DELLA MISSIONE MESSIANICA DELL' ITA (≠ DALLA MM DEGLI USA)
'
ERA
Difatti

CIO .
.
.

,
l' ITA . AVEVA IL compito divino di FONDARE UN vuoto ORDINE ,
UNA NUOVA ÈU : ESPANDENDOSI , MA SENZA Privare della loro LIBERTA' LE loro colonie .

• ANCHE ✗CHE' Si SVILUPPÒ UN NA -210 MODERNISTA IL QUALE VOLEVA PRWMWN.ci lo sviluppo ANCHE INDUSTRIALE
, .

, ,
✗ POTER COMPETERE CON LE ALTRE POTENZE Ma .
,
ci VOLEVA ANCHE una
RNO . DELLO SPIRITO così DA FORMARE L' ITALIANO NON, E t ADDIO ALLE SFIDE CHE Lo ATEN dono .

visto ANCHE CON l'ITA LIBERALE, MA


.
.

X LA QUALE ERA POSSIBILE


.

SOLO CON UN'


A
LIBERTA MPIA '
.

Di ISPIM LIONE FU -
IL Progetto DELLA Grande ITA
.

. E 2L CONSEGUENTE ITALIAN / Suoi


cioè la convinzione che l'Italia doveva avere un ruolo di grande protagonista nel XX secolo ed essere all'avanguardia nella creazione di una e

nuova civiltà, nazionale e universale insieme, era il credo laico delle nuove generazioni, le quali si consideravano la nuova aristocrazia dello
spirito e del carattere, destinata a guidare l'Italia alla conquista della modernità.
DA NON DIMENTICARE CHE ciò ERA
DOVUTO PAESI
DA UN COMPLESSO di INFERIORITÀ NEI CONFRONTI DEGLI ALTRI .

ANCHE I FUTURISTI a- PENSANO cosi


'

E D' ANN (CONSIGLIAVA


. di IMITARE IL J O A GB)
• DAL NAZIONALISMO All' IMPERIALISMO :

fine AL PRINCI di NAZIONALITÀ E SI PMV ' 44 ' AVAN LE ESIGENZE PROPRIO STATO,
.
DEL [( Quale ERA :
destinato, in quanto espressione di volontà e di potenza della nazione organizzata, a dilatare i suoi confini, a espandere la sua influenza
economica e culturale, ad ampliare i suoi possedimenti, per non soccombere di fronte all'inevitabile espansionismo degli altri Stati.
①UINDI NUOVI RAPP . Tra cittadino E STATO : X L' IDEALE ZMPE . SI RICHIEDEVA LA MAX ABNEGAZIONE E SACRIFICIO AL Cittadino
• RIFONDARE lo STATO NA -210 .
/ QUINDI L'IDEA DI UNA COMUNITA' NAZIO . LEGATA DA VINCOLI di SOLIDARIETA MORALE
'
E DAL SENTIMENTO DELL' UNITÀ SOCIALE .

Per TALE OBBIETTIVO ci v01 VA UNA RIN . NA-210 .

, LA QUALE CONSISTEVA 2N :

UNA P DAGOG/ A ADMIN ITALIANO nuovo


. ✗ formare UN .

( ZMPO FUNZIONI mobili ZZATNKE DELLE TRADIZIONI


'
E DEI MITI
.

RICHIAMO ALLA RAZZA



FASCISMO E NAZIONI , VARIE FASI :

~ la fase della rinascita della stirpe, che corrisponde al primissimo periodo di formazione del movimento fascista; la fase della restaurazione
nazionale, compresa fra gli anni della lotta per la conquista del potere e il periodo di fondazione del regime; ed esso nasce dall’esperienza, dalle
emozioni e dai sentimenti, piuttosto che da un riflessione retorica sulla nazione. Era il prodotto di un’effervescenza collettiva per la partecipazione alla
grande guerra.
~ la fase della rigenerazione totalitaria, che si afferma soprattutto dopo la metà degli anni Venti, con l'accentuazione della politica interna del regime
(in particolare con lo SQUADRISMO) verso un sempre più esteso e pervasivo intervento «pedagogico» del Partito fascista sulla vita collettiva.
~ la fase della civiltà imperiale, che si sviluppa soprattutto dopo la conquista dell'Etiopia e negli anni della guerra.
~ la fase della guerra rivoluzionaria, che coincide con la seconda guerra mondiale e la crisi finale del regime.

Queste fasi non sono scandite da bruschi e radicali mutamenti di atteggiamento, ma confluiscono l'una nell'altra, in una sorta di svolgimento a spirale,
come momenti della cultura e della politica fasciste, ciascuno dei quali presenta un particolare modo di concepire la nazione, in relazione con altre idee
fondamentali del fascismo.

RIW .
ANTROPOLOGICA ✗ FORMARE Gli ZTA . Dello STATO FASCISTA con [ GENTILE .

In particolare, Gentile prese spunto dall’idea mazziniana. Ora, per quanto si possa discutere in merito alla fedeltà dell'interpretazione che Gentile
aveva proposto del pensiero di Mazzini, non si può tuttavia negare il peso rilevante che ebbe l'influenza del mazzinianesimo nell'elaborazione del
nazionalismo fascista, e non solo attraverso Gentile.
La concezione religiosa della politica, la funzione pedagogica e rigeneratrice dell'azione per la formazione del popolo come comunità di fede, la
concezione messianica e universalistica della rivoluzione italiana, il mito del Risorgimento come rivoluzione spirituale incompiuta, sono tutte cose
che vengono dall’idea mazziniana e che trovano posto nell’ideologia fascista.

DEIFICARE LA NAZIO
FASCISTA MITO DI RICHIAMO A ] ROMA
Ai fascisti, la dimensione nazionale appariva troppo angusta per poter contenere l'orizzonte massimo delle loro ambizioni E
.

, .

rivoluzionarie, che trascendevano la realtà della nazione per elevarsi alla contemplazione di vasti panorami, europei e mondiali,
•DALLA NAZIONE ALL' IMPERO :

verso i quali proiettare le future conquiste della «rivoluzione fascista», arrivando, per questa via, fino a rimettere in discussione il
«principio nazionale»: (secondo il Legionario, una rivista per i fascisti all’estero) esisteva una legge storica, in base alla quale una
nazione poteva esistere ed esser grande soltanto se svolgeva una missione di civiltà.

E a questa «legge» devono sottostate tanto le «grandi» quanto le «piccole nazioni», ma incombe soprattutto sulle «grandi nazioni»
la responsabilità storica di un «compito infinitamente superiore a quello delle piccole nazioni», le quali «non possono vivere per se
stesse, ma debbono, per legge naturale, diffondere la loro civiltà in tutto il mondo; debbono espandersi nel tempo e nello spazio
con una responsabilità particolare, deflettendo dalla quale si ha la loro decadenza. Vi sono popoli che sorgono e popoli che
muoiono; vi sono popoli che decadono e popoli che nascono: questa è la più profonda spiegazione delle guerre e, infine, della
storia stessa.
INFINE Si JINTIVA TUTE
, MEGGHIO di .


Infatti ✗ ELEVARSI AL DI SOPRA ANCHE DEL loro ALLEATO , DOVE-11EUR, INTRODURRE IL GNCETIO DI NAZIONE .

nell' EVENTUALE NEW Èu l' ITA .


VOLEVA ESSERE L' UNICA AL & POSTO NELLA
, GERARCHIA DELLE NAZIONI .
IN PARTICOLARE
NEI confronti GN G- [, ANDAVA A RIBADIRE DEI / E DIFF . :
,

NAZ . Dio .
VS RAZZI .
SPIRUTAIE

MA L' INGORGO IDEOLOGICO PORTA AL FALLIMENTO dell' IDENTITA ' E ALL' MSS NZA Della nazion

E con la fine della II G M, e la conseguente fine dell’esperimento totalitario, compiuto dal fascismo con l'ambizione di creare
una più Grande Italia, una nazione nuova e una Nuova Civiltà, si concluse con la distruzione, fin dalle fondamenta, di quella
patria degli italiani che era stato l'ideale da cui avevano avuto origine il Risorgimento e la nascita stessa della moderna
nazione italiana, intesa come coscienza e volontà politica di unità politica e morale.

POST MUSSOLINI E POST Fascismo



DOPO L' 8 SEI 1943 GLI ITALIANI SI TROVAN ALLO SBARAGLIO : l'ESERCITO
,
ITA
'
E

PATRIA (REP Salò) contro PATRIA (ITA
Allo sbando IL RE IN FUGA E L' .
E ' IN PRETO AGLI ESERCITI STRANIERI (USA E G)
Di
Free)
,
.
.

PERSO IL PATRIOTTISMO
spettatore

,
POPOLO PASSIVO ED INERME (uno FRAMMENTATO
, E DISORIENTATO .

Critica di cio ' DEGLI UOMINI Poli " "


. ZTA , la PESTE .

'
ITALIA Ricostruirla
'
E MONTA CERCA
SI di con l' UE

ABBAITERE l'Isola DEL NAZIONALISMO
, dello
STATO NAZIO .
E IL MITO della NAZIONE .

si CERCA di Mitomane pero' AI valori Dell' ITA


, ,
.
Rison .
E MAZZINIANA , COSÌ DA FAR RINASCERE l' ZTA ANCH
-

A l'v. MONDIALE E Gli ITA / IAN , e la loro IDENTITA '


.
-

SU TALE OBB Ramo D' ACCORDO TUE : CATE LIBERALI demo COMU MA UN MODERATO PATRIOT Sno E STANDO
Cc CON
. .

, , /
. .

,
.

molto
.

cauti .
Simboli e miti erano altresì necessari, per comunicare alle masse, nelle forme condensate di immagini e parole, i propri valori, i
principi ideali di legittimazione
del nuovo Stato.
Per un'ineludibile esigenza della politica di massa, i partiti fondatori dell'Italia repubblicana si erano trovati di fronte al compito di
dare un mito politico al risorto Stato italiano. E, naturalmente, essi si erano rivolti innanzi tutto alla comune esperienza della guerra
di liberazione. Il mito della Resistenza era l'unico mito che i partiti fondatori.

RESISTENZA = II RISORGIMENTO

Tale definizione, al di là del richiamo ideale, era storicamente priva di fondamento, ma era tuttavia un'immagine efficace per
esaltare, ricollegandolo idealmente al Risorgimento, il nuovo movimento di liberazione e di indipendenza del popolo italiano, che
con le proprie mani aveva riconquistato l'unità politica e ideale della nazione. Anzi il «secondo Risorgimento» fu rappresentato,
rispetto al precedente, come un risorgimento più vero, perché
opera di popolo e non di minoranza.

Altro aspetto di questa rappresentazione mitica della Resistenza fu la vittoria della «vera Italia» contro il fascismo, che aveva
accumulato in sé tutti i mali e i vizi della storia e del carattere degli italiani, incarnando tutto quanto rappresentava la «falsa Italia».
L'antagonismo radicale fra «due Italie», che aveva reso precaria l'esistenza dello Stato nato dal «primo Risorgimento», era stato
ormai superato.

Allo stesso modo prevalse, nella versione epica della guerra di liberazione come guerra di rigenerazione del popolo italiano, la
tendenza a obliare la dimensione morale dello sfacelo della nazione e le ferite profonde che la lacerazione della patria e la
frantumazione dell'identità nazionale avevano lasciato nell'animo degli italiani. Venne così costruita l'immagine mitica di un popolo
italiano che, dopo essere stato vittima recalcitrante della dittatura fascista, alla fine era insorto contro il tiranno, aveva abbattuto
con le sue forze il regime fascista, aveva combattuto e vinto i tedeschi, invasori, risorgendo alla libertà, moralmente rigenerato e
unito, pronto a riprendere il suo posto nel mondo.
IL PATRIOTTISMO della Si SEMBRAVA UNA
.
VALIDA BASE sul QUALE COSTRUIRE IL MITO NAZIO . della Rep .
Lo VEDIAMO NELLA COSTITUZIONE :

Il primo riferimento alla nazione è nell'articolo 9, dove è detto che la Repubblica tutela «il paesaggio e il patrimonio storico e
artistico della Nazione»; bisogna poi arrivare all'articolo 67, dove si legge che «ogni membro del Parlamento rappresenta la
Nazione»,
e quindi all'articolo 98, in cui si afferma che i «pubblici funzionari sono al servizio esclusivo della Nazione».
Mentre il termine «patria» appare una sola volta, nell'articolo 52, dove si afferma che la «difesa della Patria è sacro dovere del
cittadino».
meno EVIDENTE; NONOSTANTE cio
'
ESSO VISSE UN'ESTATE Di SAN Martino .

IL MITO NAZIO Fu
MA .

Principali artefici di questa rinascita furono partiti antifascisti si impegnarono a fondo per ridare prestigio e dignità al mito della
nazione, mossi dal proposito di ri-definire i caratteri di una nuova identità nazionale, in accordo con i principi e i valori della nuova
Italia repubblicana. Fatta eccezione per i qualunquisti e gli «universalisti», tutti i partiti dell'Italia
dell’Italia repubblicana parlavano in nome della nazione; tutti si dichiaravano eredi della genuina tradizione risorgimentale,
compendiata nel binomio «unità e libertà»; tutti promettevano di ricondurre la nazione sulla via della modernirà, concepita ora
secondo ideali di pace e di giustizia.

Non è facile sapere se fosse per semplice uso propagandistico del proprio partito, o per reale credenza -spesso le due cose si
intrecciavano-. Ma possiamo tracciare due linee distinte:
⁃ Da una parte possiamo collocare i partiti che riproposero il mito nazionale coerentemente nel solco della tradizione
risorgimentale, rimanendo fedeli a culture politiche che alla nazione avevano sempre artribuito un valore primario, come i liberali
e i repubblicani.
⁃ Dall'altra, possiamo collocare i Partiti socialista e comunista, che solo a un certo momento della loro storia avevano
«scoperto» il mito nazionale e il Risorgimento, perché non appartenevano al loro originario

Ma, al di là di questa distinzione, ogni partito, compreso il Movimento sociale italiano (partito neo fasciata sorto alla fine del ‘46),
rivendicò di fronte agli italiani il privilegio di essere il più autentico e fedele interprete della nazione. Così, fin dagli albori dell'Italia
repubblicana, gli italiani, ancora una volta, furono attorie spettatori di un antagonismo radicale fra partiti che proclamavano, l'uno
in opposizione all'altro, di essere «i figli prediletti
della nazione».

Di questo residuo sentimento nazionale, che ancora guizzava in certe fiammate di passione patriottica, come per esempio nelle
discussioni sul trattato di pace o sulla questione di Trieste, i partiti della Repubblica vollero avvalersi per mobilitare le energie
degli italiani nell'opera di ricostruzione dello Stato nazionale. Evitando, nel frattempo, che i neofascisti li usassero a proprio
vantaggio.
• COME PARTITI , ALLA FINE , si AFFERMERANNO IL PCI E DC ,
NELL' ITA .
MEP .
I QUALI PERO'
,
,
Entro INFLUENZATI DALLE 2 SUPER : USA (DC) E URSS (Pci ) .

Cio ' COMPORTERÀ la fine DELL' ESTATE Di S MARTIN,


.

VISTO CHE i

DC = P IDEALE
.
b P . REALE i
Pci = P IDEALE
.
(uns ) ≠ P .
REALE

Giubileo DEL C. DEL 1911


'

61 IL 100 50
. .

✗ = ✗ Il

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