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In principio era la fabbrica

Immagini di archeologia industriale in Piemonte

Regione Piemonte Eda


I

CIVILTÀ MATERIALE
Collana diretta da Pier Luigi Bassignana ?
In pompo era la fabbrica
Immagini di archeologia industriale in Piemonte

Regione Piemonte Eda


Fra le novità positive del nostro tempo, vi è senza dubbio l'inte­
resse per la ricerca e lo studio delle testimonianze del lavoro umano.
Per lungo tempo estranea al mondo intellettuale, perché ritenuto
dominio esclusivo di tecnici e specialisti, l'attività produttiva rappre­
senta oggi un capitolo importante di quella storia della civiltà materia­
le che ci coinvolge tutti quanti, non foss'altro per il fatto che appartie­
ne alla nostra vita quotidiana.
Ha scritto Fernand Braudel: «La tecnica è regina perché cambia
il mondo». Da quelle fabbriche, da quegli opifici, da quelle macchine
non soltanto il mondo, ma noi stessi, siamo cambiati. Chi ha avuto la
ventura di nascere all'inizio di questo secolo, può ben testimoniare di
come siano cambiati il suo modo di vivere e lavorare, le sue abitudini
alimentari, il suo abbigliamento, la sua disponibilità di tempo libero ed
il modo di impiegarlo. Storia minima, se vogliamo, ma di tutti e perciò
stesso universale.
Il cambiamento indotto dalla tecnica, specie nel nostro secolo,
opera su tempi brevissimi. Se ciascuno di noi si confronta con sé stes­
so ad un decennio di distanza, gli è chiara la sensazione di appartene­
re a due mondi diversi.
Ecco perché allora Varcheologia industriale, come forse impro­
priamente viene definito questo interesse per il passato del nostro la­
voro, non può regolarsi sui parametri cui ci ha abituati l'archeologia
classica. Lo stesso concetto di antichità che il termine "archeologia"
esprime, assume un valore diverso se applicato all'attività produttiva.
Basti pensare a cosa ha rappresentato l'impiego dell’energia elettrica;
realizzato in un arco di tempo brevissimo esso in realtà è per l'indu­
stria come lo spartiacque fra due ere geologiche diverse. Ed ancora, in
tempi molto più vicini, Vintroduzione dell'elettronica, la cui caratteri­
stica è quella di superarsi quotidianamente, e perciò stesso di rendere
"antiche" e quindi degne di attenzione per lo storico, le applicazioni e
le conquiste di ieri.
Un altro elemento su cui vale la pena di riflettere è l'oggetto cui si
applica la ricerca archeologica. Qui, a differenza dell'archeologia clas­
sica, non vi sono steli di pietra, o cippi marmorei, o basi di templi, o
colonne di granito. Vi sono macchine che il tempo trasforma fatal­
mente in ammassi di ruggine; edifici che, per le loro caratteristiche,
quando non più utilizzati sono soggetti ad un rapidissimo degrado;
oggetti che, quando non più usali, subiscono un immediato processo
di distruzione.
La nostra civiltà non lascerà allo studioso del futuro quei tumuli
che in molti casi fanno la felicità dellarcheologo classico. La nostra
civiltà consente soltanto l'opera del maglio demolitore e dell'inceneri­
tore.
E forse è giusto che sia così. Vi è infatti una suggestiva grandez­
za in questo scomparire nel nulla delle cose che hanno esaurito la loro
funzione. Non solo; se è proprio dell'industria cambiare costantemen­
te sé stessa e gli uomini, non può esservi posto, se non nella memoria
storica collettiva, delle testimonianze del cambiamento. D’altra parte,
se si assiste sovente al recupero ed alla trasformazione di vecchi, o
antichi edifici industriali, altrettanto sovente si assiste alla loro di­
struzione provocata dall’abbandono.
E quale sorte può toccare, se non il crollo, alle ciminiere che an­
cora segnano l'orizzonte delle nostre campagne?
Il destino prevalente dell'archeologia industriale è di essere affi­
dato alla documentazione grafica, all’immagine stampata di come era­
vamo.
L'intento del presente volume va in quella direzione.
Nelle fotografie che lo compongono si è voluto soltanto conser­
vare la memoria di oggetti, macchine ed edifici, come si presentavano
prima che l’azione del tempo ed il progresso tecnologico ne cancellas­
sero la memoria o ne alterassero la fisionomia.
E deve essere motivo di compiacimento, per tutti, il fatto che al­
cuni di quegli edifici e di quelle macchine godano ancora di ottima sa­
lute, siano ancora oggi luogo o strumento di lavoro. Ciò significa che
la nostra civiltà, per quanto soggetta a cambiamenti rapidissimi, non
è costruita sulla sabbia.
Vi è quindi, nel volume, anche un fine di riconoscenza verso le
generazioni di uomini che hanno lavorato in quelle fabbriche, che han­
no usato quelle macchine: la solidità della nostra civiltà è anche frutto
della loro opera.
Lo spirito documentario del volume non può essere certamente
considerato esaustivo. Nel realizzarlo, si è voluto principalmente dare
un contributo e sollevare un problema.
E se altri vorrà accogliere la sfida e proseguire nell’opera di do­
cumentazione qui appena abbozzata, anche questo lavoro non sarà ri­
sultato vano.

Piero Genovese Vittorio Beltrami


Assessore al Lavoro e Industria Presidente della Giunta
della Regione Piemonte Regionale del Piemonte
In principio era la fabbrica
V

I NOMI
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Sulle fabbriche, le scritte
e i nomi ci ricordano il passato.

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Cotonificio Vergnano, Chieri Fiat in Corso Dante, Torino

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Fabbrica Caramelle Leone, Torino Fiat in Corso Dante, Torino

11
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Dai caratteri incisi e scolpiti


' sulle facciate spesso si
riconoscono epoche e stili.

SEI, Torino
Opificio Militare, Torino Leumann, Collegno

Lavaggi, Trofarello

Molino dell’Annunziata, Cartelli Mercati Generali, Torino


Carpano, Torino

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Manifatture Lane di Borgosesia, Borgosesia Carpano, Torino

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LANlcTCrC bCVOLA
"ELICE PIACENZA

] I marchi e i nomi di fabbrica furono spesso occasione per


Ì fondare nuove casate e genealogie.
L L'ingresso della Manifattura di Lane Borgosesia (1874)
r presenta tipici elementi e caratteristiche del revival
[ medievaleggiane tipico delle costruzioni industriali
t della fine '800.
Lanificio Scuola F. Piacenza. Biella

14
Elementi decorativi floreali
di una facciata
del primo novecento.

Nella pagina seguente:


Formelle, stemmi, affreschi:
elementi tipici di architetture
industriali in stile
neorinascimentale e
neogotico.
Cotonificio Vergnano, Chieri

15
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Manifattura Lane Borgosesia, Borgosesia Lanificio Scuola F. Piacenza, Biella

16

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LE COSE
«Ricercasi anco il sapere
murare per fare forni, &
cannali al proposito, &
soprattutto bisogna intendersi
bene delle forme, nelle quali
sopra ogni cosa bisogna
intendere ottimamente, quali
habbiano da essere gli cavi, &
quali i pieni. Et la risolvo, che
tutta quest’ arte consiste in tre
attioni principali, l'una il
sapere fare bene le forme, &
bene disporle, la seconda il
bene fornderle, & liquefare le
materie de’ metalli, la terza
fare le compositioni delle
compagnie loro, secondo gli
effetti che si voglion fare»,
da: T. Garzoni, La piazza
universale di tutte le
professioni del mondo,
Venezia, 1626.

19
La produzione di manufatti in
ferro e ghisa è tipica del
Canavese. Il minerale
proveniente dalle miniere di
Traversella veniva fuso in
forni e fonderie site in centri
della gona come Canischio e
Locana.
Le più antiche notizie di
queste attività
protoindustriali risalgono ai
primi anni del '700.

Nella pagina a fianco:


I prodotti delle fucine del
canavese non erano solo
utensili e manufatti da cucina.
In un brevetto concesso
dall'Arsenale di Torino, nel
1792, al conte Brunone
Falletti di Champigny di Pont,
si legge:
"[...] Che sia accordata al
ricorrente per il corso d'anni
18 successivi da cominciare
dal venturo 1713, la provvista
di tutte le palle da' cannone
d'ogni calibro, bombe e mezze
bombe [...] Che gli venga
permesso di formar anche in
detta fabbrica le marmitte ed
altri articoli di ghisa per uso
pubblico [...]".

Fucina e magli, Sparone


Magli a testa d'asino, Sparone

21
Balle di lana in una fabbrica
abbandonata del biellese.

Manifaltura, Valle Mosso


Manifattura, Valle Mosso

[La lana] "si sgamaita da i Verghezini sopra un graticcio con gli ogli di oliva, e con poco di lissiva forte, & onti che
fatto di certe bacchette sottili, con due verghetelle di sono, si danno a Pettinatori, che petinano con certi pettini
corgniale, fin che sia tutta disfatta, & si tenga tutta grandi, cavando certe faldelle, che si chiamano lo stame,
insieme come bombace: e poi se ne fanno certe falde
grandi, che i Maestri chiamano pezzi, i quali si ungono T. Garzoni, op. cit.

23
Anche gli stracci fanno parte
di un ciclo produttivo ben
definito. Dopo la cernita essi
passano al carbonizzo, tramite
acidi o in vecchi forni a
fiamma libera. Con questa
operazione si eliminano le
fibre vegetali non utilizzabili
nel processo produttivo
laniero.
Seguono poi la mista con altre
fibre, la cardatura e la filatura.

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Magazzino, Valle Mosso

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M useo B orsalino, Alessandria

"Cappello, una copertura per il capo, che portasi dagli conica sopra uno zoccolo di legno, della destinata
uomini nelle parti d'Europa occidentali. I cappelli sono grossezza della testa del cappello; e così legandolo
principalmente fatti in pelo, di lana, ecc. lavorati, folati e intorno con una fiscella che chiamano spagatura; dopo di
fazzonati nella figura della testa che, con un pezzo di ferro o di rame, curvato a proposito,
"I cappelli fanno un capo considerabilissimo nel e chiamato palettone, gradatamente abbassano e
commercio. I più fini ed i più apprezzati fansi di puro sospingono giù la spagatura tutt'attorno, finché sia
pelo di un animale anfibio, cioè del Castore arrivata al fondo dello zocco: e così è formata la testa",
da: E. Chambers, Dizionario universale delle arti e scienze,
Dopo la prima formatura del cappello, "si procede a
Genova, 1771.
dargli la propria forma: lo che si fa con porre la berretta

25
Museo Borsellino, Alessandria
(

LE MACCHINE

:
Trebbiatrice

"Passai la mattina nella tettoia delle macchine: la


motrice a caldaia la capivo, [...]. Il difficile stava nella
baracca di legno che era la vera trebbiatrice, tutta fatta a
trabocchetti che si muovevano per trasmissione; ma
siccome erano fermi prendo un pezzo di carta, lecco il
lapis e comincio a disegnare. [...] e mi noto di dove usciva
la paglia, di dove usciva il grano e dove si attaccano i
sacchi. Poi salgo sopra, dove s'infila il covone intiero, e
guardo nell'imboccatore".
da: C. Pavese, "Paesi tuoi”, cap. IV.

"Il conte aveva perfino fatto venire dalla Inghilterra


alcune macchine rurali, che, quando giunsero, parvero
agli occhi del curato e dei contadini altrettanti mostri
d'inferno".
da: F. Pratesi, "Il mondo di Dolcetta

29
Tignano
La Molinetta, Carignano

» t

Mulino [...] non ve n'è alcuno, che non sia con torla, di foli, di pistoni, di cagne, di battiferri, di battirami,
grandissimo artificio fabricato, sì per le ruote, sì per le di corli, di magli da acqua, di seghe, di casse di morelli,
moli, sì per l'ingegno, che li fa girare, & vi si scopre di ruotoli, di maie, di vangollini, di pestatoli, di mazzuoli,
dentro una architettura di base, di colonne, di scale, di di giove, di pile, di crocciole, di gramole, di gramolini, di
ruote, di denti, di cerchi, di ale, di tele, di roste, di concoli, & altre parte, veramente mirabili, e stupende”.
sboratori, di canali, di scadute di pale, di bottaci di stili,
di lieve, di bilichi, di asse, di rotaro, di dare acqua, di T. Garzoni, op. cit.

31
Meccanismo di comando a
cremagliera per
l'azionamento di una
paratoia.

i
La Molinetta, Carignano

L
I
L

"Ma i Calderai, o
fabbriramarij sono quelli, che
per forza di martello cavano
dalla massa del rame tutti i
lavori loro nel principio, nel
mezo, & nehfine, i pezzi sono
incommodi, & spiacevoli a
maneggiare, & se li lavora alla
fucina col fuoco, si fa o per
affinare o per ricomporre in
un masso di nuovo per tirarlo
a caldo per gli colpi di qualche
grave mazza, o per ricuocere
li lavori, per poterli tirare a
freddo, & lavorare; nella qual
cosa oprandosi con grande
fatica, & industria, occorre
spesso di servirsi di martelli
grossi, & quando piccioli, e
quando con quelli lungo di
gambo, di ferro, e corti di
manico, o tirar il lavoro a
lungo, o stregnerlo, o
allargarlo col modo, &
attitudine nel battere,
battendosi hor di dentro, hor
di fuori, & quando con la
penna, & quando con la bocca
piana, garbeggiando, & dando
gratia a’vasi più che sia
possibile".
T. Garzoni, op. cit.

Fucina, Andrate

33
Maglio, Andrate

"Cade il maglio peso, addosso la compattezza del


massello rovente, e quel prima deformabile azzancato
così alla lontana dai fucinatori neri... quella cotta gnucca
pasta a furia di rovinarle già sopra il collo di momento in
momento te la stira lunga...",
da: C.E. Gadda, Gli anni, Firenze, 1943

34
i «
Nel seicento a Sparone —
dice il Della Chiesa — erano
sei notai ed era terra povera di
popolo, per lo più operai in
rame che giravan il Piemonte
e la Lombardia".
La fonderia di Giuseppe Gay
aveva cinque ruote e tre
magli.

Fucina c magli, Sparone

35
Magli. Sparone

"Sparone: ... Sotto la francese dominazione eravi una


fonderia, ove si facevano palle da cannone, ed altri
oggetti da guerra. Vi esistono tuttora due fucine, ove si
continuano i lavori, di cui una appartiene a Martino
Griso, e l'altra ad Antonio Michetti".
da: G. Casalis, Dizionario geografico storico statistico
commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, Torino,
1836-1853.

36
Fucina, Sparone :

37
4

Pesta da canapa. Canna, frazione Molini

Dopo la pulizia, le fibre di canapa, ancora rigide, dalle


donne venivano raccolte in trecce. Ogni treccia era
composta da undici mannelle ed era legata alle estremità
con un nastro colorato. A questo punto si procedeva
all’ ammorbidamento.
Tale operazione era eseguita in una macchina (pista dia
cauna) formata da un cilindro di pietra rotante sopra un
piano, pure esso di pietra. Il movimento del cilindro era
assicurato da una ruota idraulica.

38

k
11.111

"[dei] Tornitori [...] si intese


M. Tullio [Cicerone] nella
sesta Verrina. L’istromento di
questa professione si chiama
latinamente tornus, e fu
trovato da Theodoro Samio,
secondo Plinio, overo da
Talao nipote di Dedalo,
secondo Diodoro [...]. Gli
istromenti sono questi, il
torno, i pigazzi, la mazza, la
corda, la calcola, la chiudara,
le scalette, i ferri, o da
disgrossare, o da pulire, o
torti, la rasca, il maglio coi
quali fanno bussoli, catini,
piatti, taglieri, cucchiari,
cazze di legno, calamari,
croci, balladori, polverini,
cannole, spole, palamai, &
cose tali".
T. Garzoni, op. cit.

Cambio meccanico di tornio, fine 800


Particolari di torni
LE RUOTE
I

Molino dell’Annunziata, tra Canelli e S. Stefano Belbo

Già nel primo secolo dopo Cristo, Antipatro di


Tessalonica cantava l'invenzione della ruota ad acqua:
"Cessate dal macinare
voi donne che state al mulino
restate a dormire
anche se il gallo canta l'alba.
Chè Demetra ha detto alle ninfe
di fare il vostro lavoro.
Ed esse saltano, e le ruote
ed i raggi smuovono le macine...".

43
Molino dell'Annunziata, Candii
Mulino. Carignano Mulino, Carignano

"Mulini ad acqua sono quelli che si girano per la forza, o protoindustriali: molini, frantoi per noci, peste da
caduta di un fiume, ecc. Di questi ve ne ha due specie; canapa.
quelli dove la forza dell'acqua s'applica sopra la ruota; e Presso Carignano, a Ojtana, all'inizio del 1300 venne
quelli dove ell’è applicata sotto la ruota''. aperto un canale detto poi il Canale dei Mulini di
E. Chambers, op. cit. Carignano.
In tutto il Piemonte, già nel Medio Evo esistevano canali, Le prime menzioni della bealera Pancalera, che, derivata
per la distribuzione delle acque irrigne. Lungo il loro dalle acque del Po nella zona di Pancalieri, arrivava sino
corso, a poco a poco sorsero i primi insediamenti a Ceretto, risalgono invece al 1461.

45
"Ruota da acqua ... è quella
ruota, la quale viene a
ricevere l’urto, od impulso
della corrente dell'acqua per
mezzo di quei romaioli di
tavola o siano spezie di
cassettoncini.
Monsieur Parent, membro
deH'Accademia Reale delle
Scienze di Parigi si è fatto a
determinare il massimo
effetto di una ruota da star
sotto acqua nell’uguaglianza
di sua velocità alla terza parte
della velocità dell'acqua
medesima, che ella spigne’’.
E. Chambers, op. cit.

Mulino della Riviera, Dronero


1 *
Nè molini a vento o ad
acqua, i quali senza grande
opera e fatica d'uomo si fa,
credo che sia da osservare
l’osservanza del paese, la
quale non è vietata dà prelati,
ma i molini che macinano con
giumenti, si debbono
riposare".
da: Il Maestruzzo ovvero
Volgarizzamento della Somma
Pisanella.
:
L'ACQUA E IL FUOCO

-
»
;

:
IHU

"Il focolare, è un piano saldo


di pietra corta, circa due piedi
sei pollici alto; la schiena
della Fucina è fabbricata
dritta fin al soffitto, ed è
ferrata di sopra da un
coperchio, che mena a un
camino, per portar fuori il
fumo. Nella schiena opposta
al focolare, vi è una grossa
lamina di ferro con un
cannone o tubo conico,
attaccatovi, lungo circa
cinque pollici, in cui ricevesi
il naso o la canna de’ mantici:
l’uso di quella lamina, e di
questo tubo, è per conservare
e difendere la canna dei
mantici, e la schiena del
focolare dalla violenza del
fuoco. Giusto davanti la
schiena, ed alla distanza di
circa due piedi, vi è il
truogolo, pieno d'acqua, per
bagnarvi entro i carboni, e
con ciò accrescere la lor
forza; come pure per spegnere
il ferro. Di dietro la schiena
della Fucina è posto il
mantice, una delle di cui ale o
tavole e così fissa, che non si
move nè in su nè in giù; ed
all'altra è attaccata una corda
o catena, o anche una
bacchetta; che venendo su
perpendicolarmente, è affissa
ad un pezzo traverso, che...
serve di manico.
Con tirare in giù questo
manico, la tavola de’ mantici
mobile s’alza: e mediante un
peso considerabile che è
sovrapposto alla cima della
sua tavola superiore,
l’abbassa di nuovo; e con
questa agitazione alterna,
compie l’ufizio di mantici”.
E. Chambers, op. cit.
Fucina, Sparone

51
Manifattura di Cuorgnè, Canali

• »

La Manifattura di Cuorgnè fu costruita tra il 1872 e il


1882 dagli ingegneri torinesi Copperi e Musso.
Alla Manifattura di Cuorgnè nel 1886 si potevano contare
63.000 fusi e vi lavoravano 1000 operai. L'azienda
disponeva di 6 caldaie a vapore per un totale di 800 CV, di
un motore a vapore da 700 CV e di quattro motori
idraulici per altri 800 CV.

52

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Manifattura di Cuorgnè, canali Basse di S. Amia (Cuneo), canale

53
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Mulino a Carignano

54
"Nel 1737 i sigg. Duchène e
Tempia ottennero da S.M.
l'intera esenzione da
qualsivoglia diritto sopra le
merci, le lane, l'olio e tutto ciò
che si introduce o si trasporta
da Pinerolo per uso della
fabbrica di lanifici, in
compenso del gran vantaggio
che deriva ai poveri da siffatta
manifattura.
Tre anni dappoi, addì 22
novembre, i signori Fratelli
Rignon e Aubert, unitamente
ai signori Andrea Rignon e
Baldassarre Pietro Arduin,
negozianti i primi in Torino, e
gli altri in questa città,
sapendo che i Duchène e
Tempia avevano dismesso il
lanificio da essi eretto in
Pinerolo, ne riassunsero i
lavori, ne ampliarono
l'edificio, e conseguirono dal
Follone sul Rio Moirano a Pinerolo Re Carlo Emanuele la facoltà
' ----- (10 novembre 1740) di erigere
le armi regie non meno sulla
fabbrica, che sul magazzino,
in cui tenevano e vendevano le
stoffe".
G. Casalis, op. cit.
La necessità di costruire un
acquedotto per la città di
Torino fu già sostenuta nel
1720 da Carlo Richa nella sua
Constitutio Epidemica
Taurinensis. Nel 1788 il
Marchese di Brezè presentò
alla Accademia delle Scienze
la prima analisi delle acque
Torinesi e solo nel 1832 Maria
Cristina vedova del Re Carlo
Felice incaricava l'ingegnere
Ignazio Michela di studiare i
mezzi più idonei per
convogliare acque sempre
fresche e pure alla città di
Torino. Alla relazione
dell’ingegner Michela seguì la
costituzione di una Società
che fu fondata nel giugno 1847
e fu presieduta dal Conte
Filippo di Collobiano.
Tra i primi fondatori compare
anche il Conte Camillo
Acquedotto Municipale a Sangano
Cavour. Tra i vari progetti fu
scelto quello che prevedeva il
prelievo dell'acqua dalla Val
Sangone.

56

.
Acquedotto Municipale, Sangano

Poiché le falde situate sulla sponda sinistra del Sangone della Società e nell'agosto del 1853 si iniziarono i lavori.
risultarono meno ricche del previsto, la Società acquistò Nel 1859 l’impianto di Val Sangone entrò in funzione
sulla sponda destra la tenuta della Contessa Malines. Con fornendo una portata media di acqua di 200 litri al
atto notarile del luglio 1852 furono approvati gli Statuti secondo alla città di Torino.

57
Mulino della Riviera, Dronero

"Il Belidor prescrive che, per non riscaldare


soverchiamente la farina, la macina debba fare 60
rivoluzioni ad ogni minuto primo: ma egli parla di macini
il cui diametro è tra i cinque ed i sette piedi: dunque la
velocità di un giro per secondo corrisponde ad una
macina avente due metri di diametro",
da: Masetti, Nuova raccolta di autori italiani che trattano
del moto delle acque, Bologna, 1824.

58
Il 15 febbraio 1823, al Caffè
Gianetti in piazza San Carlo,
per la prima volta in Torino si
procedette ad un esperimento
di illuminazione a gas. Il
combustibile era prodotto in
un piccolo "gazometro" posto
in un locale attiguo al Caffè.
Per arrivare alla illuminazione
stradale si dovettero ancora
aspettare quindici anni. Sino
ad allora, rimasero ad
illuminare le vie ed i crocicchi
I
le lampade ad olio, volute sin
dal 1675 dalla Cittadinanza
Torinese.

:
Lampioni a gas in Corso Regina Margherita, Torino

59
Gasometri a Torino

Nel 1832 il lionese Ippolito


Gautier arrivò a Torino con
l'intento di dimostrare
l'efficacia deH'illuminazione a
gas. L'esperimento fu da lui
condotto al Caffè Biffi in
Piazza Vittorio.
Nel 1837 venne fondata la
Società del gas con 840 mila
franchi di capitale. Il
Presidente era il marchese
Maurizio Luserna di Rorà. Il
primo stabilimento con
l'attiguo "gazometro" sorse in
una zona deserta presso Porta
Nuova, là dove fu poi la
contrada del gazometro (oggi
Via Camerana).

60
Nel 1843 Gautier cedette la
Società del Gas all'ingegnere
Paolo Codier il quale ottenne
l'appalto della illuminazione
pubblica per centocinquanta
fiamme. Nel 1850 Torino era
illuminata da 284 fanali a gas.
Nello stesso anno sorse una
seconda Compagnia del Gas
dei fratelli Albani, i quali
ottennero l'appalto per nuovi
impianti pubblici. Nacque la
Società Anonima Piemontese
del Gas, con sede in via del
Mercato, presso la Dora.
LE CIMINIERE
Fornace presso Asti

"Fornace, un utensile, o vase, atto a contenere fuoco; per


eccitarvi e mantenervi un fuoco veemente, sia di carbone,
o di legna...
Quelle, nelle quali s'abbrugia calcina, mattoni, &c. sono
chiamate Kilns nell'Inglese, che è l'istesso che il generico
fornaci".
da: E. Chambers, op. cit.

65
\\
La terra da far pignatte vuole
essere una certa sorte di terra
viscosa, & densa, la qual non
I saria buona da far piatti, nè
scutelle, perché nel cuocere i
lavori non restano lisci e
politi, sì come gli altri, & così
parimente la terra, della quale
: si fanno i piatti, non è buona
da far pignatte, perché non
resiste al fuoco, ma creppa".
T. Garzoni, op. cit.

Ciminiera presso Asti


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Fornace presso A sti
(
Manifatture Bìellesi sul Cervo
La Fomasetta, Casale

68
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Cotonificio Vergnano, Chieri Ciminiera, Basse di S.Anna (Cuneo)

69 !
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70
" Quella [terra] da far pignatte
si piglia così umida, come si
truova, & sopra una tavola
soda si batte con verghe di
ferro sin tanto ch'ella sia
perfetta, & affinata in modo
che si possa lavorare; [...] poi
la lascia seccare affatto, &
seccata che sia la fa cuocere di
prima cottura, & poi le dà
quel marciacotto, il quale la fa
invitriata come ella è, & poi si
torna a cuocere ancora, & è
finita in tutto".
T. Garzoni, op. cit.

:
I
!

Fornace, Carmagnola

-
Fornace nel Casalese

72
:

I LUOGHI E GLI EDIFICI ;


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"Valle inferiore di Mosso
vi è molto promossa
l'industria, perocché vi sono
una fabbrica di stoffe in lana e
vari edifizi meccanici sul
torrente Strona, cioè Folloni,
molini, torchi da olio e simili,
a cui i Terrazzani prestano
I l'opera loro''.
G. Casalis, op. cit.

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Fabbrica Tessile, Valle Mosso
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75
Manifatture Bìellesi sul Cervo, Biella

Pietro Sella, discendente da una famiglia di Valle Mosso


Superiore, impiantò sullo Strona, nel 1817, una fabbrica
per la lavorazione della lana: La Macchina Vecchia.
Più tardi la famiglia Sella costruì un nuovo lanificio a
Croce Mosso detto la Macchina Nuova.
Sarà nel 1851, Giovanni Bozzalla che, sposando Matilde
Efisia, figlia di Maurizio Sella, darà un nuovo slancio alla
politica industriale della famiglia, acquistando ed
ammodernando una nuova fabbrica sul Cervo a Biella.

76
Manifatture Biellesi sul Cervo
.!

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[L'arte della lana] "è di gran guadagno più per li
mercanti, che per li poveri lavoranti, li quali se ben non : ■

tranno altro che il vitto, & malamente, pur si sostentano


in essa copia grandissima d'artigiani, ch'andrebbero a li
male, se non fosse quest'arte, con la quale si fanno panni,
saie, spalliere, scoti, zambellotti, moccaiari, tesserini, !•
i
grogani, herbaggi, saiette, stametti,...". Ii
!
T. Garzoni, op. cit.

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Industria Tessile Cerruti, Biella

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Lanificio-Scuola "Felice Piacenza”, Biella.

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I :

I ripetuti tentativi della classe industriale di far sorgere !;


scuole per operai specializzati trovarono nella liberarietà
della famiglia Piacenza i mezzi per l'istituzione a Biella di
.
un "Lanificio-Scuola” che dal 1911 diede un indirizzo
nuovo aH'addestramento professionale nell'arte tessile.

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79
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1

Fabbrica Tessile in Val Sessera

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La Pettinatura Italiana fu costruita a Vigliano Biellese nel Il corpo più antico, un parallelepipedo a quattro piani, è ìi

1905 dalla Agostinetti e Ferrua secondo il modello inglese la sede della ex Tessitura Agostinetti e Ferrua.
Bradford di un'industria laniera completamente
***
Affermatisi solo alla fine del '700 nell'aristocrazia
li
meccanizzata. Le fabbriche, con sviluppo orizzontale
coprono una area di 12000 metri quadri e sono un tipico laniera, i Bozzalla provenivano da una cerchia di piccoli I
esempio di edilizia industriale dei primi del novecento. commercianti. Il figlio del capostipite Giovanni, Luigi JI
La Società Agostinetti e Ferrua oltre all'industria Tessile (1798 - 1856) fu il pioniere dell’industrializzazione della
di Tollegno aveva pure una filiale in Inghilterra, a Val Sessera. Quivi costruì una fabbrica alle falde del !
Bradford. L'intero paese di Tollegno ruota intorno al Rubello, presso il Rio del Carnaccio dotata dei più
complesso industriale tessile dove da tempo è stato il moderni macchinari. In essa furono introdotte le prime
pulsore di molteplici attività. mule-Jenny semiautomatiche.
i

81
Manifattura di Lane, Borgosesia

Le quattro ciminiere che svettano tra i bassi fabbricati e i


capannoni localizzano immediatamente a Borgosesia il
complesso industriale della Società Anonima
Manifatturiera di Lane. Del nucleo originario rimangono
solo alcuni capannoni attorno alla palazzina in stile
neogotico.

82
.

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I

Manifattura di Cuorgnè

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L'edificio della Manifattura di Cuorgnè è uno degli ultimi . I


a struttura verticale, secondo la tradizione ottocentesca. ;
Attorno allo stabilimento fu disposta una fitta rete di
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ferrovie, collegata alla locale stazione inaugurata nel \\
1885.

83
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Lanificio Fratelli Bona, Carignano

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I Bona, oriundi biellesi, stabilirono a Caselle e a Arti e Mestieri di Biella, a 15 anni dopo un breve ■

Carignano due dei complessi industriali lanieri più apprendistato presso i Vercellone, entrò nel 1870 nello
importanti del Piemonte. stabilimento "Maurizio Sella" diretto dal fratello Basilio.
il
Tra i nove fratelli, figli di un capo operaio di Sordevolo, Nel 1875 rilevò il posto del fratello e frattanto iniziò la
ricordiamo Basilio (1848-1915) e Valerio Massimo (1851- attività di industriale in proprio. Prima nello stabilimento
:•
1898). di Caselle, dal 1880 nello stabilimento di Carignano,
Valerio Massimo Bona ultimati gli studi alla Scuola di acquistato dai Cologno-Borgnana.
[

85 :
!
Lanificio Fratelli Bona, Carignano

Basilio Bona ebbe il merito, ben prima che lo


imponessero le leggi, di introdurre, nelle fabbriche
da lui dirette, istituti di previdenza e di assicurazione
per gli operai.

86

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1
'

Il Cotonificio Valle Susa fu !


fondato nel 1880 a Borgone
dagli svizzeri Emilio Wild e
Augusto Abegg. Ben presto gli
stabilimenti si moltiplicarono !
in Torino, a Sant'Antonino di ■

Susa, Bussoleno, Susa,


Borgone e Pianezza.

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Cotonificio Valle di Susa, Borgone
:
87
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Cotonificio Valle di Susa, Borgone

88

L
"Gualchiera (che alcuni
antichi e parecchi moderni
:
forse dal latino "a fullo'',
forse anche dal francese
"foullon", dissero e dicono ;
anche follone) è una
macchina colla quale
mediante acqua, argilla,
sapone e altro e coll'aiuto di
ripetute percussioni, si soda il.
panno lano, cioè i fili !
dell'ordito e del ripieno
s'accorciano, si riuniscono
più equabilmente, e in certo
modo si feltrano, sì che
l'intero tessuto acquista
maggior corpo e diventa più
sodo''.
da: G. Carena, Nuovo
vocabolario italiano d'arti e
mestieri, Milano, 1868.

;
.

Follone sul Rio Moirano, Pinerolo : ■

5 i
V
Pesta da canapa, Gauna, Frazione Molìni

90
I

Borsalino, Alessandria Borsalino, Alessandria

:• .•

Giuseppe Borsalino, ritornato ad Alessandria da una


breve permanenza in Francia dove apprese l'arte del
Cappellaio, fondò una piccola azienda con soli tre operai.
Era il 1857 e nasceva la rinomata ditta Borsalino. i
Alla morte del fondatore, nel 1900, i dipendenti avevano
superato il migliaio.
Nel 1908 il figlio Teresio, succeduto al padre, trasformò
la azienda in Società anonima "G. Borsalino e Fratello".
Giovanni Battista, suo cugino e figlio del fratello del
fondatore, Lazzaro, alla morte del padre costituì la nuova
società "G.B. Borsalino fu Lazzaro".
l
91 • :

-,
"La Calce Idraulica di Casale
è da lungo tempo riconosciuta
la migliore e la più produttiva,
ed è impiegata tanto nei lavori
di canali che di fabbriche. La
cottura si eseguisce a Casale e
lo smercio in Torino e suo
circondario, e viene fatto
esclusivamente dal Sig.
Gibello Ant nel magazzino
apposito aperto sul Corso San
Martino presso la stazione
ferroviaria Porta Susa",
da: Il Monitore delle strade
ferrate, 1871.
;

1.

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Vetrerie A VIR, Asti

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Vi sono tre spezie di Fornaci ne' lavori del vetro. una pentola raffinata, per lavorare fuori da essa, ed
La prima chiamata il Calcar, serve a preparare o un'altra per il metallo, che vi si raffina, mentre egli
calcinare il sale e le ceneri. Elle'è fatta a maniera di un lavora fuori dalla prima. [...]
forno, dieci piedi lunga, sette larga, e due profonda. [...] La terza, è la Fornace del vetro verde, che è un composto
La seconda, è la Fornace, che serve per liquifarvi il di tutte le altre. Ell'è fatta quadra (le due prime essendo
metallo, o fare il vetro. La sua figura è rotonda, tre canne circolari) ed ha un arco a ciascun angolo, per ricuocere, e
di diametro, e due alta, essendo per tutto di sopra arcata, raffreddare i vetri. Il metallo si lavora nè due lati opposti,
o a volta. Tutt'attorno nell'interno vi sono collocate otto, e negli altri due, v'hanno i lor fornelli, nei quali per certi
o più pentole, e sopra quelle dell'altre ammontonate. Il fori passa il fuoco dalla Fornace per cuocere il sale e le
numero delle pentole è sempre il doppio di quello delle ceneri; e per li stessi fori si scarica il fumo,
bocche, o di quello degli operai, affinché ciascuno abbia da: E. Chambers, op. cit.

93
!
: •
V

Molino a cilindri, Verzuolo

Negli Statuti della Città di Torino, approvati dal Conte


Amedeo di Savoia con Patenti del 6 giugno 1360, è detto
che "niuna persona di Torino e Suburbi debba molere il
grano, salvo alli Molini di Torino, sotto pena di soldi 5
per ogni Sestaro, e della perdita del grano, con doversi
dalli Padroni dè Molini tenere li medesimi in buono stato
di macinamento, esigendo soltanto la decimasesta del
Sestaro per la Moltura”.

94

1
Mulino Feyles, Via S. Donalo, Torino

"... Che ogni, e qualunque persona di qualsivoglia stato, granaglie, legumi, e vettovaglie ad altri Molini forestieri
grado e condizione, abitante nella presente città, e suoi non appartenenti alla Città, e per conseguenza nemmeno
Borghi, e Territorio, debba far macinare le sue granaglie, a quelli di Grugliasco, Stupinigi e Badia di Stura,
legumi, ed altre vettovaglie alli Molini della presente eccettuati rispetto a questi ultimi, gli Abitanti nè
Città, con pagarne, oltre il consumo naturale, o sia calo Cassinali di detta Badia..."
della volatica, la moltura a ragione di uno per ogni sedici,
sinché altrimenti venga ordinato, senza che sia lecito a Declaratoria della Regia Camera sovra la Bannalità dè
chicchessia di detti Abitanti di far macinare dette loro Molini della Città di Torino, 19 settembre 1756.

95
Nel 1847 il chimico casalese
Ascanio Sobrero scoperse la
nitroglicerina. Da questa
invenzione lo svedese Alfred
Nobel nel 1865 perfezionò la
fabbricazione della dinamite.
Nel settembre 1882 veniva
attivata la prima centrale
Termoelettrica al mondo: a
Pearl Street (USA).
Meno di un anno dopo la
prima in Italia venne
installata a Milano. Delle
centrali idroelettriche la
prima in Italia fu quella degli
impianti Isoverde della Soc.
Acquedotto de Ferrari
Galliera di Genova (1890) (sul
torrente Gorzente con 11
gruppi e potenza totale di 1200
kW).
Quindi furono aperti gli
impianti di Tivoli (1891), la
Centrale Bertini di Paderno
d'Adda (1896).
Un anno dopo venivano
inaugurati gli impianti di
Porte Preti e di Colle Mosso;
entrambi in Piemonte.
Ciascuno forniva una potenza
di 1640 kW in corrente
alternata.
La centrale di Colle Mosso fu
realizzata dalla Società
Anonima Elettricità Alta Italia
nel 1896-1898 su progetto
dell'ing. Serra. È un esempio
di gotico-industriale con forti
elementi neorinascimentali.
All’interno, volte a ogiva
affrescate e capitelli corinzi,
completano l’ambiente.

Centrale Elettrica, Colle Mosso


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FIAT Lingotto, Torino

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FIA T Lingotto, Torino

La maggior parte dell area del Lingotto fu acquistata


dalla FIAT tra l'ottobre del 1915 e l’aprile del 1916. L'Ing.
Mattè Trucco presentò al Comune di Torino il suo
progetto dello stabilimento Presse nel luglio dello stesso
anno.
"La Società Anonima F.I.A.T. (...) domanda il permesso
di costruire per sopreelevazione parziale delle due testate
del grande fabbricato a cinque piani in costruzione per la
sistemazione delle parti in curva della grande pista per
prova automobili’’.
da: Archivio edile di Torino, Anno 1920, n. 461.

99
Lancia Ricambi, corso Peschiera, Torino

Dopo una breve e fruttuosa esperienza alla Ceirano,


Vincenzo Lancia fondò, nel 1906, la sua fabbrica di
automobili sportive a Torino, in borgo San Paolo.

100

I
La fabbrica di panni in lana
Schaufuss e Weller fu fondata
da una famiglia di
imprenditori nel 1886 e fu
adibita alla lavorazione di
lana proveniente dalla
Germania. Nel periodo di
massima attività impiegò sino
a 250 operai.
Il frontone semicircolare con
l'orologio ed alcune bifore
sono tra gli ultimi resti di una
struttura, attualmente in
avanzato stato di degrado.

Pannificio Schaufuss. Susa

La ditta "Fortunato
Bauchiero eC." nata agli inizi
del secolo, fu costretta per
ingrandirsi al trasferimento a
Condove. Si era nel 1907 e la
"Società Officine
Moncenisio", questa divenne
la nuova ragione sociale,
raggiunse un fatturato di ben
6 milioni.
Dagli articoli di tappezzeria e
selleria per carrozze si passò
ai carrelli ferroviari, a
strumenti di precisione per la
marina.
Nel 1950 le officine
Moncenisio presentarono alla
Mostra della Tecnica di
Torino, la prima macchina,
per la lavorazione tubolare
delle calze: la "Derby".

Edificio Moncenisio, Condove


La concorrenza tra la lionese Società del Gas e la Società causa di nuove crisi.
Anonima Piemontese del Gas, sotto certi aspetti dannosa Solo nel 1923 con Rinaldo Panzarasa ITtalgas ricevette
ad entrambe, portò nel 1851 alla loro fusione nella "Gal un positivo ingresso con sostanziosi miglioramenti degli
Luce di Torino" sotto la direzione di Gaudenzio Albani. impianti di produzione.
Nel 1862 un gruppo di privati costituì la Società Nel 1931 un nuovo cambiamento di rotta portava alle
Consumatori Gas con officine in Vanchiglia: il fatto fu redine della Società Italgas il senatore Alfredo Frassati.

102


:
.
I
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La industria per la produzione
di caratteri tipografici
j Nebiolo fu fondata da
Giovanni Nebiolo nel 1878, il
i quale rilevò l'attività e gli
I
I impianti della modesta
officina di corso Vittorio di
I i Giacomo Narizano.
l Mentre in quest'ultima, sorta
nel 1852, la attività fu sempre
di carattere artigianale, con la
nuova gestione vennero
introdotti macchinari e
tecnologie innovative con
l'assorbimento di una
fonderia per la ghisa, la
Nebiolo estese la sua
produzione dai semplici
caratteri, alle macchine per la
stampa e alle macchine tessili.

Nebiolo, via P.C. Boggio, Torino

!
Nel 1906 il vecchio
stabilimento della fabbrica di
automobili "Rapid",
incorporata dalla FIAT,
venne acquistato dalla
"Compagnia Italiana
Westinghouse dei freni"
appena costituita con rogito
del notaio Teppati, il 10
novembre.
Il primo brevetto di freno per
veicoli ferroviari era stato
depositato dal giovane George
Westinghouse nel 1869.
La prima fabbrica era sorta a
Pittsburg, nel 1870.

Westinghouse, Vìa P.C. Boggio, Torino

Westinghouse, Via P.C. Boggio, Torino

104
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De’ pellicciari, et cuoiari:
[...] Et nell'arte loro si
trovano le tine, e'1 calcinaccio,
e'1 metter le pelli a mollo, e
metterle nel calcinaccio,
scarnarle, & acconciarle con
tutti quei modi, e maniere,
che si vedono in Roma, in
Milano, in Vinetia, in
Alemagna, & altrove, dove
questo mestiere in se stesso è
sporco, & vile, ma di buon
guadagno, & esercitato
•»i
assai .
da: T. Garzoni, op. cit.
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Lavorazione Italiana Pellami (LIP), Trofarello.

105
Zuccherificio, Spinetta Marengo

106
Carpano, Via Nizza, Torino Fabbrica Caramelle Leone, Corso Regina Margherita, Torino

Nel 1777 Luis Màrendazzo aprì a Torino in Piazza


Castello, una ”buvette'' per la mescita di vini e liquori.
Fu qui che nel 1786 Antonio Benedetto Carpano iniziò la
sua attività.

107
:

LE CASE

j
I
Sorta nel 1906 in una piccola
officina di via Marocchetti a
Torino, la RIV fu trasportata
Tanno successivo dal suo
fondatore Giovanni Agnelli a
Villar Perosa. Si passò così
dai primi 23 operai in meno di
quattro anni a più di trecento
dipendenti.
Attorno alle officine di Villar
Perosa in sempre crescente ;
espansione, sorsero, come
accadde per altre industrie,
numerose iniziative sociali.

Villaggio operaio Officine Villar Perosa

111
Villaggio operaio Officine Villar Perosa

112
!
;
I •

Tipiche strutture di case operaie plurifamiliari, a più


piani, inserite in un contesto urbano.

Villaggio operaio FIAT, Via Cuneo, Torino


La lontananza dai grossi centri urbani permette lo
sviluppo di villaggi operai autonomi e caratterizzati da
tipologie edilizie più a misura d'uomo.
Villaggio operaio SISMA, Villadossola
Villaggio operaio Leumann, Collegno

Nel 1865 il Comune di Torino offriva interessanti _


facilitazioni fiscali a chi avesse contribuito al rilancio
industriale della città non più capitale.
L’industriale svizzero Napoleone Leumann rispose
aH'appello e fondò dieci anni dopo il Cotonificio di
Collegno.

115
Villaggio operaio Leumann, Collegno

Tra gli anni 1890 e 1911 sorse per volere di Leumann un gli operai. L'anno seguente è aperto il locale Bagni e
villaggio costituito da una trentina di palazzine docce.
plurifamiliari e degli edifici per i servizi sociali. Sorgono poi a partire dal 1906 le scuole materne ed
Lo stabilimento rimase attivo sino al 1972. elementari, la biblioteca, lo Sport Club Leumann (1909),
Nel cotonificio Leumann nell'anno 1890 sono al lavoro la Cassa puerpere, la Cassa nuziale, la Scuola della Buona
500 dipendenti. Massaia.
I lavori di costruzione del villaggio, che copre un'area di Il villaggio si completa con la costruzione di una chiesa,
35.000 metri quadrati iniziano nel 1896. di un Ambulatorio, di un Albergo, delle Poste e della
II primo maggio del 1901 è fondata la Cassa pensione per Stazione per il trenino Torino-Rivoli.

116

Villaggio operaio Leumann, Collegno


!

.
INDICE

I nomi pag. 9
Le cose » 17
Le macchine » 27
Le ruote » 41
L'acqua e il fuoco 49
Le ciminiere » 63
I luoghi e gli edifici » 73
Le case » 109
Coordinamento testi e materiali
a cura di Vittorio Marchis

Fotografie di Mauro Raffini


Fotografie di pagg. 39-40 di Vittorio Marchis

Fotolito Color Screen - Torino


Edizioni EDA - Torino 1987
Stampato dalla N.A.G. s.r.l. - Savigliano

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