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LINGUISTICA SPERIMENTALE

LEZIONE 2: LINGUAGGIO, PENSIERO E CULTURA. LE ORIGINI


DEL DIBATTITO
Ilaria Frana
14 Febbraio 2023
Linguaggio, Cognizione e Cultura

■ Parlanti di lingue diverse pensano in modo diverso? La


lingua che parli influenza il modo in cui pensi?

■ Tre ipotesi teoriche a confronto: Determinismo,


Relativismo e Universalismo.

■ Analisi dei risultati sperimentali di natura interdisciplinare


(psicologia, sociologia, economia) in supporto delle ipotesi
teoriche.
Un fraintendimento frequente
■ Nessuno mette in dubbio che il linguaggio abbia un effetto
sui nostri pensieri, ovviamente ce l’ha!
■ Noi usiamo abitualmente il linguaggio per comunicare le
nostre idee agli altri, convincerli, persuaderli, manipolarli,
portarli al fraintendimento, etc.
■ Questo flusso di informazioni ha ovviamente un effetto sui
pensieri e le attitudini delle persone.
■ Ma questo non è il tipo di rapporto tra linguaggio e
pensiero di cui ci occuperemo…
Linguaggio, Pensiero e Cultura
■ Il linguaggio ha un ruolo causale sulla cognizione?

■ La lingua che parliamo influenza il modo in cui


pensiamo?

■ Niente-parola niente-concetto: Se a una lingua


manca una parola per esprimere un concetto,
significa che i parlanti di quella lingua non possono
rappresentarsi mentalmente quel concetto?
IL DETERMINISMO
LINGUISTICO E L’IPOTESI
SAPIR-WHORF
Cominciamo dall’inizio…
Determinismo Linguistico
(Relativismo forte)
■ La lingua che parliamo struttura il nostro pensiero.

■ Lalumera (p.21): il determinismo linguistico è una


posizione antirealista:
«I concetti corrispondono o sono determinati dalle
parole della nostra lingua; dunque, dato che le
lingue sono diverse, gli oggetti, le proprietà e le
relazioni che ciascuna comunità linguistica
distingue nel proprio ambiente sono differenti»
Determinismo Linguistico
(Relativismo forte)
■ La lingua che parliamo struttura il nostro pensiero.

■ Dunque, comunità diverse, che parlano lingue diverse,


formulano pensieri tanto distinti quanto sono distinte le loro
lingue.

■ Niente-parola niente-concetto: Se ad una lingua manca una


parola per un concetto, quel concetto sarà inaccessibile ai
parlanti di quella lingua.

■ Stanno veramente così le cose?


Identità lingua-pensiero?

■ Quando pensiamo, lo facciamo attraverso la lingua?

■ Se fosse così, allora Whorf avrebbe ragione e parlanti


di lingue diverse dovrebbero avere pensieri
sistematicamente diversi.

■ Tuttavia, il linguaggio non sembra essere il mezzo


attraverso cui articoliamo i nostri pensieri,
riassumiamo il perchè…
Lingua e Pensiero
■ La lingua è ambigua, il pensiero no (ambiguità lessicale e
ambiguità sintattica).
■ La lingua può essere vaga, il pensiero no.
■ Per capire davvero le intenzioni comunicative dei parlanti
traiamo spesso inferenze che vanno al di la di ciò che un
enunciato esprime letteralmente.
■ Siamo in grado di rappresentarci mentalmente o di ricordare
cose che non sono facilmente esprimibili in parole (profumi,
melodie).
■ Pazienti afasici hanno problemi linguistici, ma le loro capacità
cognitive sono inalterate.
Lingua e Pensiero
■ Conclusioni a cui eravamo giunti la volta scorsa:

■ In molte situazioni, il contenuto linguistico sottospecifica il


pensiero che veicola.

■ O, detto conversamente, il pensiero eccede il linguaggio


che lo veicola.

10
Lingua e Pensiero
■ “Language is sketchy, thought is rich”

■ Per questo non può essere vero che i nostri pensieri si riducono
al contenuto linguistico delle frasi con cui cerchiamo di
trasmetterli.

■ Gleitman, L., & Papafragou, A. (2005). ‘Relations between


Language and thought’. In Cambridge Handbook of Thinking
and Reasoning.
https://www.sas.upenn.edu/~gleitman/papers/Gleitman%20&%20Papafragou%
202013_Relations%20between%20language%20and%20thought.pdf

11
Approfondimento della
posizione universalista
In biblioteca J

Capitolo 3
DETERMINISMO
LINGUISTICO
Breve storia di una teoria caduta in disgrazia
Letture della settimana

Introduzione e Capitolo 1 Prologo e capitolo 1


Approfondimento:
G. Deutscher sul NYT

https://www.nytimes.com/2010/08/29/magazine/29language-t.html?_r=2
Chi sono Sapir e Whorf?

■ 1858-1942: Franz Boas


– Antropologo
– Contro la visione che vede il comportamento umano
come il risultato di caratteristiche biologiche e razziali.
– Contro l’idea che certe culture siano superiori ed altre
primitive in un’ottica evoluzionistica.
– à Relativismo culturale!
– Contro l’idea della gerarchia linguistica.
– La cultura può influenzare il linguaggio, ma non vice
versa
Chi sono Sapir e Whorf?

■ 1884-1939: Edward Sapir


– Studente di Boas; antropologo e linguista.
– Ha portato avanti le teorie di Boas, professando che anche
comunità non industrializzate possiedono una complessità di
linguaggio, conoscenza e cultura.
– Studioso delle lingue amerindiane (chinook, navajo, nootka, etc.)
– Nota anche un interessante fatto linguistico:
■ A seconda della lingua che si parla, si presta attenzione ad aspetti
della realtà differenti nel costruire frasi grammaticalmente corrette.
Chi sono Sapir e Whorf?

■ Illustrazione dell’osservazione di Sapir:

– In italiano: “Quell’uomo è malato.”


■ In Kwakwiutl: l’uomo è visibile ora?
■ In Siouan: l’uomo è fermo o in movimento?
■ In Eskimo-Aleut: Nessun articolo o tempo
■ In Spagnolo: l’uomo è malato ora, o è malato cronico?
■ In Cuzco Quechua: C’è evidenza diretta per questa
affermazione?
■ Altro?
Chi sono Sapir e Whorf?

■ Illustrazione dell’ osservazione di Sapir (secondo esempio):

– In italiano: “Il sasso cade.”


– In nootka: “sassa giù”

“(…) L’inevitabiltà della distinzione fra “sasso” e “cadere” è


soltanto un’illusione (…). In nootka non esiste un verbo che
corrisponde al nostro generico “cadere” (…) Per riferirsi al moto
di un sasso si usa un verbo ad hoc “sassare”, e per descrivere
l’azione di un sasso che cade questo verbo viene combinato
con l’elemento giù.”

(Deutcher, p. 160)
Chi sono Sapir e Whorf?

■ 1897-1941: Benjamin Whorf


– Ingegnere e linguista amatoriale
– Ha lavorato sulle lingue Uto-Azteche, in particolare
nahuatl e hopi.
– Studente di Sapir a Yale
– E’ andato oltre l’osservazione di Sapir :
■ Le lingue che parliamo determinano il modo in cui
categorizziamo le cose e vediamo il mondo
– La traduzione tra lingue diverse sarebbe compromessa
Chi sono Sapir e Whorf?
« We dissect nature along lines laid down by our native languages.
The categories and types that we isolate from the world of
phenomena we do not find there because they stare every observer
in the face; on the contrary, the world is presented in a kaleidoscopic
flux of impressions which has to be organized by our minds—and this
means largely by the linguistic systems in our minds. We cut nature
up, organize it into concepts, and ascribe significances as we do,
largely because we are parties to an agreement to organize it in this
way — an agreement that holds throughout our speech community
and is codified in the patterns of our language... all observers are not
led by the same physical evidence to the same picture of the
universe, unless their linguistic backgrounds are similar, or can in
some way be calibrated. »

Language, Thought, and Reality: Selected Writings of Benjamin


Lee Whorf. A cura di: John Carroll. MIT Press.
Chi sono Sapir e Whorf?
“Noi dissezioniamo la natura lungo linee tracciate dalle nostre lingue
madri. Le categorie e le tipologie che isoliamo dal mondo dei fenomeni
non le troviamo lì in quanto esse guardano dritto in faccia ogni
osservatore; al contrario, il mondo viene presentato in un flusso
caleidoscopico di impressioni che deve essere organizzato dalle nostre
menti; vale a dire, in gran parte dai sistemi linguistici presenti nelle
nostre menti. Noi tagliamo a pezzi la natura, la organizziamo in concetti,
e nel farlo vi attribuiamo significati, in gran parte perché siamo parti in
causa in un accordo per organizzarla in questo modo; un accordo che si
mantiene in tutta la nostra comunità di linguaggio ed è codificato negli
schemi della nostra lingua... tutti gli osservatori non sono guidati dalle
stesse prove fisiche verso la stessa immagine dell'universo, a meno che i
loro bagagli linguistici siano simili, o possano essere in qualche modo
calibrati”

Language, Thought, and Reality: Selected Writings of Benjamin Lee


Whorf. A cura di: John Carroll. MIT Press.
Chi sono Sapir e Whorf?

La lingua Hopi “non contiene parole, forme


grammaticali, construzioni, o espressioni che si
riferiscano a ciò che noi chiamiamo “tempo”, al
passato, al presente o al futuro.”

Perciò, un Hopi “non ha una nozione generale o


una intuizione del TEMPO come un continuo che
scorre uniformemente e in cui tutto l’universo
procede con uguale rapidità.”
Chi sono Sapir e Whorf?
■ Ritornando all’osservazione di Sapir:
– In italiano: “Quell’uomo è malato.”
■ In Kwakwiutl: l’uomo è visibile ora?
■ In Siouan: l’uomo è fermo o in movimento?
■ In Eskimo-Aleut: Nessun articolo o tempo
■ In Spagnolo: l’uomo è malato ora, o è malato cronico?
■ In Cuzco Quechua: C’è evidenza diretta per questa
affermazione?

■ La posizione di Whorf: I parlanti di queste lingue hanno


rappresentazioni mentali della realtà differenti.
L’ipotesi Sapir-Whorf

(terminologia introdotta da Harry Hojier nel 1954,


dopo la morte di Whorf; Hojier era un altro studente di
Sapir ed un amico di Whorf)

La struttura e il lessico di una lingua


determina come i suoi parlanti
percepiscono e categorizzano il mondo
circostante
COSA È SUCCESSO POI…
La logica fallace di Whorf
La fine del Whorfismo
■ L’ipotesi Sapir-Whorf è stata completamente
screditata:

(i) La logica dell’argomentazione Whorfiana è fallace.


(ii) E’ stato dimostrato che alcune delle affermazioni
di Whorf sulle lingue amerindie (es. Hopi) erano
false.
(iii) La tesi niente-parola niente-concetto non è
sostenibile.

27
La logica fallace di Whorf

“La struttura generale delle argomentazioni di Whorf


consisteva nel citare una caratteristica grammaticale
bizzarra e poi, con un fatidico, “quindi”, “pertanto” o
“dunque”, concludere che questa caratteristica non può
non determinare un modo di pensare diversissimo dal
nostro.”

■ G. Deutscher ‘La lingua colora il mondo’, p. 162

28
La logica fallace di Whorf
“Alcune lingue hanno mezzi di espressione (…) in cui i
singoli termini non sono cosi’ distinti come nelle lingue
indoeuropee, ma confluiscono in creazioni plastiche e
sintetiche. Quindi queste lingue, che non forniscono
l’immagine di un universo costituito di oggetti distinti
nella stessa misura in cui lo fanno le lingue indoeuropee,
aprono la via a nuovi possibili tipi di logica e a nuove
possibili cosmologie.”

■ Whorf cit. in Guy Deutscher, p. 162

29
Il tempo in Hopi
La logica fallace di Whorf
La lingua Hopi “non contiene parole, forme
grammaticali, construzioni, o espressioni che si
riferiscano a ciò che noi chiamiamo “tempo”, al
passato, al presente o al futuro.”

Perciò, un Hopi “non ha una nozione generale o una


intuizione del TEMPO come un continuo che scorre
uniformemente e in cui tutto l’universo procede con
uguale rapidità.”
La logica fallace di Whorf

■ Ritornando all’osservazione di Sapir:


– In italiano: “Il sasso cade.”
– In nootka: “sassa giù”

■ La fusione di nome e verbo utilizzata dai nootka


implica necessariamente che i suoi parlanti non
possiedono nella propria mente immagini separate
dell’azione e dell’oggetto?
La logica fallace di Whorf

■ In italiano: “piove.”
■ In inglese: “it rains”
■ In ebraico: “cade pioggia”

■ “Piove”, in italiano è molto simile a “sassa giù” in


nootka dal momento che l’azione (il cadere) si fonde
con l’oggetto (gocce d’acqua) in un unico concetto
verbale. Ma a questo seguono davvero esperienze di
pioggia diverse?”
La logica fallace di Whorf

“Avete l’impressione che la grammatica della vostra lingua vi


impedisca di comprendere la distinzione fra la sostanza
acquosa e l’azione del cadere? State combinando le gocce di
pioggia e l’azione del cadere in una “creazione plastica e
sintetica”?La “vostra immagine di un universo costituito di
oggetti distinti” ne è condizionata? Voi e i parlanti delle lingue
“la pioggia cade” operate in base a un diverso tipo di logica e in
base a cosmologie differenti?”

G. Deutscher 160-163
Affermazioni false

■ Persino wikipedia ha una entry su questa


controversia:
https://en.wikipedia.org/wiki/Hopi_time_controversy
Niente-Parola Niente-concetto

■ Non è possibile notare e concettualizzare una distinzione


se non è marcata nella propria lingua da una unità
lessicale (primo corollario).
■ Senza rappresentazioni linguistiche, o prima di averne,
come nel caso dei bambini molto piccoli, non si possono
avere concetti (secondo corollario). à Questo lo
esamineremo più avanti.
■ Ci sono però controesempi a entrambi i corollari.
Cominciamo dal primo corollario…

E. Lalumera, p. 16
Niente-Parola Niente-concetto

■ Voi avete un nome per


tutte queste diverse
sfumature di verde?

■ Eppure riuscite a
distinguerle, no?
Neologismi e traducibilità

■ Se il primo corollario fosse vero, non potremmo introdurre


nuove parole, oppure arricchire il nostro lessico con prestiti
da altre lingue, o calchi-traduzione (chat e formattare)

■ Inoltre, il primo corollario minerebbe fortemente la possibilità


di tradurre da una lingua all’altra.

■ Questa idea dell’intraducibilità è abbastanza radicata nel


senso comune…
Traducibilità e senso comune

“Tradurre dalla sensibilità italiana a quella americana non è sempre


facile. In inglese non c’è una parola per veline (…) ed in italiano non
c’è una parola per accountability. La più simile è responsabilità, a cui
però manca l’idea che le azioni possano avere conseguenze.”

Surreal: A Soap Opera Starring Berlusconi


By RACHEL DONADIO JAN. 22, 2011
The New York Times (cit. in Lalumera, p. 15)
Traducibilità e senso comune

■ In questo articolo, per dimostrare che le “sensibilità” inglese e


italiane sono difficilmente traducibili, si citano due casi di parole
“intraducibili”.

■ In italiano, ma non in inglese, esiste la parola veline, che si


riferisce a donne succintamente vestite che sorridono, saltellano e
fanno balletti in mezzo a talk show.

■ In inglese, ma non in italiano, esiste la parola accountability: la


traduzione italiana più vicina sarebbe responsabilità, ma con in più
l’impegno ad assumersi le conseguenze derivanti dalle proprie
azioni.
Traducibilità e senso comune

Si sente dire spesso che una certa lingua (in genere la propria)
ha una forza espressiva unica, una capacità di esprimere un
concetto non esprimibile con uguale vividezza in un’altra lingua.

Per esempio…
Variazione lessicale
Carammi
Luogo sperduto, di difficile accesso, impervio, ben
occultato. Nel catanese il termine assume il significato di
luogo introvabile, ben nascosto, malfamato. Vocabolo
probabilmente di origine araba, da Karkhamma, luogo
impervio

Arriccamparisi
Tornare a casa, ripresentarsi dopo tanto tempo

Peri peri
Stare sempre in giro
Variazione lessicale
To frown upon something

Solo l’inglese ha un’espressione


per il concetto di “assumere
un’espressione accigliata
guardando qualcosa come
segno di disapprovazione verso
questo qualcosa”
Variazione lessicale
30 parole assurde intraducibili in altre lingue, illustrate con
disegni splendidi

https://www.dailybest.it/society/parole-assurde-intraducibili-lingue-disegni/

Da ragazzino lessi “Il senso di Smilla per la neve”, un mezzo mattone di


cui non ricordo nulla, se non un passaggio in cui segnalava come gli inuit
(gli eschimesi) avessero decine di parole diverse per descrivere i vari tipi
di neve e ghiaccio. A distanza di anni ho scoperto che si trattava di una
bufala, ma mi sono consolato con questa lista di parole intraducibili,
ovvero che esistono solo in una lingua e non in altre. Ce ne sono anche
due italiane, una delle quali mai sentita prima.

43
Variazione lessicale

Komorebi (giapponese): l’effetto Schadenfraude (tedesco): godere


particolare della luce del sole delle disgrazie altrui.
quando filtra attraverso le foglie
degli alberi. 44
Variazione lessicale

Utepils (norvegese): stare all’aperto Schilderwald (tedesco): quando una


in una giornata di sole, bevendo una strada è piena di cartelli stradali e
birra non si capisce nulla
45
Variazione lessicale

https://www.dailybest.it/society/parole-assurde-intraducibili-lingue-disegni/

Fernweh (Tedesco): nostalgia per posti in cui non si è mai stati.


Tingo (pascuense, Isola di Pasqua): rubare uno a uno gli oggetti di un
vicino, chiedendoli in prestito e non restituendoli.
Pochemuchka (russo): una persona che fa troppe domande.

Gattara (italiano): donna avanti con l’età che vive sola e con molti gatti
Culaccino (italiano): il segno lasciato su un tavolo da un bicchiere
bagnato

46
Variazione lessicale
https://www.dailybest.it/society/parole-assurde-intraducibili-lingue-disegni/

Kyoikumama (giapponese): madre che pressa i figli perché abbiano


grandi risultati a scuola

Kyōiku mama
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Kyōiku mama (教育ママ? letteralmente “madre istruzione”) è un termine
spregiativo giapponese che indica la figura stereotipata, all'interno della
società giapponese moderna, di una madre che spinge incessantemente
il proprio figlio a studiare, a scapito dello sviluppo sociale e fisico del
bambino e del suo benessere emotivo.
La kyōiku mama è una delle figure più riconoscibili della cultura di massa
contemporanea in Giappone…
47
Variazione lessicale
https://www.instagram.com/classicisti.anonimi/

48
Parola-Concetto
■ Ma queste parole non sono davvero intraducibili, visto che abbiamo
appena espresso in italiano i concetti che in teoria non dovrebbero
essere esprimibili che in siciliano, in inglese o nelle altre lingue!

■ E’ vero che questi concetti nelle altre lingue sono esprimibili con una
parola sola mentre in italiano richiedono delle circonvoluzioni, ma questa
è una differenza così fondamentale?

■ Avere a disposizione una parola sola per esprimere un concetto che in


altre lingue si esprime con più parole davvero ci fa pensare in maniera
diversa?

49
Benjamin Whorf
La Prigione del Linguaggio

“ … Benjamin Lee Whorf let loose an alluring idea about


language’s power over the mind, and his stirring prose
seduced a whole generation into believing that our mother
tongue restricts what we are able to think.”

■ Guy Deutscher in The New York Times

50
La Prigione del Linguaggio
“Esiste infatti una fallacia tossica che percorre tutti gli argomenti
in cui ci siamo imbattuti finora: la convinzione che la lingua che
ci è toccato in sorte di parlare sia una prigione che limita i
concetti che siamo in grado di comprendere (…) che “i limiti del
mio linguaggio significano i limiti del mio mondo”, che i concetti
espressi in una lingua rappresentino tutti e soli i concetti che i
suoi parlanti sono in grado di comprendere (…) E’ quasi
incomprensibile come una concezione cosi ridicola abbia potuto
conseguire una tale diffusione. (…)

G. Deutscher, p. 169

51
Cosa ci resta?
■ Secondo Deutscher, abbiamo imparato due lezioni
fondamentali dal fallimento del Whorfismo:

■ Lezione 1: Qualunque eventuale influenza di una lingua sulle


menti va dimostrata empiricamente:
– Non si può seguire la logica fallace di Whorf:
■ La lingua A si comporta diversamente dalla lingua B, dunque
i parlanti di A pensano in modo diverso dai parlanti di B.
■ Il nesso causale va dimostrato (non facile!)

■ Lezione 2: Il linguaggio non è la prigione del pensiero. La teoria


Niente-parola niente-pensiero è fondamentalmente sbagliata.

52
CAMBIO DI
PROSPETTIVA…
Roman Jakobson
“Languages differ essentially in
what they must convey and not in
what they may convey.”

“Le lingue differiscono


sostanzialmente in quello che
devono esprimere, non in quello
che possono esprimere”

54
Le Arene del Dibattito Attuale
■ Genere dei nomi
■ Tempo
■ Oggetti e Sostanze
■ Lessico dei Colori
■ Relazioni Spaziali e Orientamento
■ Controfattualità
■ Numerali e concetti dei numeri
Genere dei Nomi
“Assumi che io ti dica in inglese “I spent yesterday evening
with a neighbor.” Tu potresti leggittimamente chiederti se il
mio “neighbor” sia un vicino o una vicina...”

■ Italiano: vicino o vicina, Francese: voisin o voisine;


Tedesco: Nachbar o Nachbarin.

Riferimenti: G. Deutscher cap.8; Lalumera cap. 3;


Boroditsky Schmidt & Phillips (2003)

56
Tempo
In inglese, “I have to decide whether we dined, have been dining, are
dining, will be dining and so on.” Il cinese, invece, non obbliga i suoi
parlanti a specificare quando esattamente è avvenuta l’azione in
questo modo.

Attenzione, questo non vuol dire che i cinesi non sappiano


distinguere tra un evento passato ed uno futuro!

■ Riferimenti: Lalumera cap. 2; articoli di L. Boroditsky e colleghi


(2001), (2011).

57
Lessico dei Colori
■ Lingue diverse hanno un inventario lessicale diverso per
descrivere i colori, che impatto ha questo sulla percezione dei
colori?

■ La popolazione Dani della Nuova Guinea dispone soltanto di


due termini base per descrivere i colori nella loro lingua— uno
per i colori “scuri” (incluso il blu e verde) e uno per I colori
‘chiari’ (incluso il giallo e il rosso). La loro lingua suddivide lo
spettro dei colori in maniera diversa da noi, ma questo vuol
dire che le loro percezioni dei colori sono diverse dalle nostre?

■ Riferimenti: G. Deutscher parte prima e cap.9, Lalumera cap.


3; articolo di Winawer, Boroditsky e colleghi (2007)

58
Numerali e concetti dei
Numeri
■ Alcune lingue (es. Piraha)
hanno un lessico
numerale molto scarso,
che conseguenze ci sono
sulla concettualizzazione
dei numeri e sulla
capacità matematiche
dei parlanti di queste
lingue?

Riferimenti: La Lumera, cap. 4; Gordon 2004; Everett 2005

59
Oggetti e Sostanze
■ In inglese e in italiano, alcuni sostantivi sono contabili (come
pietra) e possono formare il plurale (pietre), mentre altri sono nomi
massa (come riso o acqua) e non possono formare il plurale (si
possono avere due tazze di riso, ma non due risi).

■ Altre lingue, come il giapponese, non marcano questa distinzione.


Al contrario, classificatori, come tazza di, devono essere usati per
tutti i sostantivi.

■ Lavori recenti cercano di comprendere se questa proprietà di


marcare linguisticamente la distinzione tra nomi massa e nomi
contabili renda i parlanti di lingue come l’italiano o l’inglese più
consapevoli della distinzione tra oggetti e sostanze (articoli di Soja
et al. 1991, Imai & Gentner 1997, Lucy 2002)

60
Orientamento spaziale

■ Le lingue variano nel tipo di espressioni che vengono


utilizzate per collocare gli oggetti nello spazio, e nelle
caratteristiche che vengono ritenute salienti per attuare
questo posizionamento.

■ La tesi del relativismo linguistico sostiene che a


variazioni (importanti) nel sistema linguistico in questo
ambito corrispondano variazioni nel sistema non-
linguistico di orientamento spaziale.

61
Guugu Yimithirr
Lingua aborigena australiana parlata nel
Nord del Queensland. Parte della
famiglia linguistica Pama-Nyungan.

62
Orientamento Spaziale

“In order to speak a language “Per parlare una lingua come


like Guugu Yimithirr, you need Guugu Yimithirr, devi conoscere
to know where the cardinal le direzioni cardinali in ogni
directions are at each and every momento della tua vita. Devi
moment of your waking life. avere una bussola nella tua
You need to have a compass in mente che funzioni tutto il
your mind that operates all the tempo, giorno e notte, senza
time, day and night, without pause pranzo o fine settimana
lunch breaks or weekends off, liberi, altrimenti non saresti in
since otherwise you would not grado di impartire le
be able to impart the most basic informazioni più elementari o
information or understand what capire cosa dicono le persone
people around you are saying.” intorno a te. "

Guy Deutscher, New York Times


63
Orientamento Spaziale

“So different languages certainly “Quindi lingue diverse ci fanno


make us speak about space in sicuramente parlare dello spazio
very different ways. But does in modi molto diversi. Ma
this necessarily mean that we questo significa necessariamente
have to think about space che dobbiamo pensare allo
differently? By now red lights spazio in modo diverso? A
should be flashing, because even questo punto le luci rosse
if a language doesn’t have a dovrebbero lampeggiare, perché
word for “behind,” this doesn’t anche se una lingua non avesse
necessarily mean that its una parola per "dietro", questo
speakers wouldn’t be able to non significa necessariamente
understand this concept.” che i suoi parlanti non
sarebbero in grado di afferrarne
il concetto."

Guy Deutscher , New York Times


64
Conseguenze

“When your language “Quando la lingua che parli ti


routinely obliges you to specify obbliga costantemente a
certain types of information, it specificare un certo tipo di
forces you to be attentive to informazioni, ti costringe a
certain details in the world and prestare attenzione a certi
to certain aspects of dettagli nel mondo e a certi
experience that speakers of aspetti dell'esperienza a cui i
other languages may not be parlanti di altre lingue
required to think about all the potrebbero non essere tenuti a
pensare tutto il tempo. (Tali
time. (Such habits of speech) abitudini di discorso)
affect your experiences, influenzano le tue esperienze,
perceptions, associations, percezioni, associazioni,
feelings, memories and sentimenti, ricordi e
orientation in the world.” orientamento nel mondo. "

Guy Deutscher , New York Times


65
Articoli per la prossima
settimana (Unikorefad)

■ Soja, N., Carey, S. & Spelke, E. (1991): Ontological categories


guide young children’s induction of word meaning: Object
terms and substance terms. Cognition: 38.
■ Imai, M. & Gentner, D. (1997): A cross-linguistic study of early
word meaning: Universal ontology and linguistic influence.
Cognition: 62
■ Lucy, J. & Gaskin (2001): Grammatical categories and the
development of classification preferences

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