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PUNTI CHIAVE BONAZZI

CAPITOLO 1
Weber: modello di analisi “comprendente ed istituzionale”.
Weber studia i presupposti materiali, sociali, culturali, religiosi, economici che hanno fatto nascere le infinite
forme di istituzioni apparse nel corso della storia.

WEBER
I TIPI IDEALI (MODELLI NELLA MENTE DEL RICERCATORE)

Modelli che esistono solo nella mente del ricercatore, per costruire il tipo ideale, il ricercatore osserva e
seleziona fra tutti gli aspetti di una data realtà gli elementi che sembrano più significativi, li collega tra loro,
li accentua e coordina in un quadro che deve essere coerente, il ricercatore osserva una realtà e valuta in
che misura essa si avvicina o discosta da un certo tipo ideale.

IL POTERE (CARISMATICO, TRADIZIONALE, LEGALE)

"la possibilità per specifici comandi di trovare obbedienza da parte di un determinato gruppo di
uomini”. Il potere ha una natura relazionale (nasce dal rapporto tra chi comanda e chi accetta di obbedire) e
specifica (bisogna sempre stabilire le circostanze, condizioni e limiti in cui un rapporto di potere si instaura).

Il potere, se esercitato in modo continuativo, deve essere legittimato e per essere esercitato ha bisogno di un
apparato amministrativo (la burocrazia)

Weber distingue 3 forme di potere legittimato:

- Potere carismatico si basa su qualità eccezionali e a volte sovraumane che i seguaci attribuiscono a
un capo, nella sua forma pura secondo Weber questo potere è irrazionale, manca di regole, è
rivoluzionario perché rovescia il passato. Secondo Weber tale potere nasce da una rottura radicale
con le Istituzioni. L'apparato amministrativo del potere carismatico è rudimentale, formato da
discepoli a diretto contatto con il capo. Tale potere trova la sua forma più pura nella sfera religiosa
ma anche nella sfera politica dei grandi rivoluzionari. Tale movimento si affievolisce con la
scomparsa del capo o se si ritira e i suoi seguaci trasformano il carisma in pratica quotidiana, Weber
la definisce routinizzazione del carisma, diventando alla fine un potere burocratico o tradizionale.
- Potere tradizionale o burocratico es. sovrano che regna in base a un diritto di sangue, punto debole
di tale potere, sempre minacciato dall'insorgere di un capo carismatico, oppure alla messa in
discussione dell'assenza di capacità del detentore del potere.
- Potere legale o razionale chi comanda lo fa in virtù di una nomina legale

LA BUROCRAZIA, APPARATO AL SERVIZIO DELLA POLITICA (10 PUNTI) E IL FUNZIONARIO

Secondo Weber la burocrazia è un apparato al servizio di un potere politico che si può basare su forme di
legittimazione carismatica, tradizionale o razionale ossia è conforme ai principi di uno Stato di diritto.
Responsabile di un apparato burocratico è il funzionario che segue le direttive di un capo politico, mentre il
capo politico cambia il funzionario resta. Capo politico e funzionario, uno ha bisogno dell'altro, i
funzionari attuano i programmi dei politici interpretandoli e adattandoli, grande il loro potere perché li
possono attenuare, ritardare sabotare di nascosto. La burocrazia può anche essere avversa a un parlamento
democraticamente eletto. Weber crede che si controlli bene il potere burocratico in paesi dove esiste
libertà di stampa e di denuncia, e dove c'è una classe politica non dilettante, professionalizzata e
capace di controllare la macchina burocratica.

Modello ideale di burocrazia di Weber in 10 punti: Fedeltà d’ufficio, Competenza disciplinata, Gerarchia
degli uffici, Preparazione specializzata, Concorsi pubblici, Sviluppo di carriera, Attività a tempo pieno,
Segreto d’ufficio, Stipendio fisso, Non possesso degli strumenti di lavoro:
Fedeltà d’ufficio: Il Burocrate puro non chiede né di essere amato né di essere temuto, trae la sua
autorevolezza dalla legge, non sono previsti né tradizione, né carisma nella burocrazia pura vige solo la
fedeltà di ufficio.

Competenza disciplinata: i dipendenti svolgono compiti precisi secondo norme prestabilite, capaci di
svolgere e tenuti a svolgere.

Gouldner: osserva che il principio weberiano di competenza disciplinata si basa su una tensione che lo
rende instabile, la competenza contrasta con la disciplina, chi svolge un ruolo di alta competenza e
responsabilità, è autonomo e padrone delle conoscenze professionali necessarie, ogni intervento esterno è
visto come un'interferenza che minaccia l'autonomia se poi gli interventi sono volti a dare indicazioni sui
contenuti del lavoro si apre un conflitto tra la competenza professionale e la fedeltà alla gerarchia
dell'organizzazione. Due tipi di burocrazia 1. basata sul principio di competenza 2. basata sul principio
di disciplina

Mintzberg: Due tipi di burocrazia 1. Professionale 2. Meccanica

Jaques: più si sale di livello più diminuiscono i controlli, un operaio controllato sempre un direttore solo due
tre volte all'anno. Jaques offre una scala a livelli di professionalità crescente che consente di precisare il
concetto di burocrazia professionale.

Taylor (taylorismo): calcolò che si poteva aumentare di tre o quattro volte l'efficienza produttiva delle
fabbriche se si separava completamente il lavoro tecnico da quello esecutivo e si standardizzava quest'ultimo
prescrivendo meticolosamente tempi, movimenti fisici e strumenti da usare, il lavoro umano diventa dunque
appendice della macchina. Oggi si parla di neotaylorismo sfiorito nelle fabbriche e diffuso nei servizi, es.
McDonald's, dove il lavoro segue delle procedure predeterminate e allo stesso tempo le competenze
diventano sempre più settoriali.

Gerarchia degli uffici: Il burocrate puro di Weber è inserito in una gerarchia che occupa un grado preciso,
ha dei superiori, dei pari grado e degli inferiori. In un ambiente tranquillo gli eventi sono ordinari ripetitivi e
prevedibili, in un ambiente turbolento gli eventi sono imprevedibili e sempre nuovi. L'ambiente tranquillo è
gestito meglio da una gerarchia burocratica tradizionale, una gerarchia lunga, procedure precise e regolari, un
ambiente turbolento richiede una gerarchia corta, rapidità di comunicazione, ruoli non predefiniti apertura
alle novità, lavoro in team e capacità di iniziativa. Altra soluzione per situazioni complesse è la struttura
matrice che ha il vantaggio di essere flessibile, polimorfa, destinata a sciogliersi una volta che l'obiettivo è
raggiunto. Alcuni autori chiamano tale modello post-burocratico, perché si basa sulla comunicazione
diffusa e responsabilità di gruppo per gestire i problemi tecnici, sociali complessi.

Preparazione specializzata: Indispensabile per svolgere efficientemente un compito in seno ad una


burocrazia. Merton parla di “incapacità addestrata” data ai funzionari, quando la realtà muta sorgono
problemi inediti e l'addestramento troppo specifico del funzionario si traduce in mancanza di duttilità
nell'applicazione delle norme e non conseguimento degli scopi prefissati.

Concorsi pubblici, sviluppo di carriera e tempo pieno: Il burocrate puro entra nell'organizzazione con un
concorso pubblico che è l'istituzione che garantisce equità di criteri nel giudicare i concorrenti e decidere il
più meritevole, privilegiando la competenza (ci sono anche i concorsi interni: ineguaglianza sociale ma
sicurezza di impieghi stabili e sviluppi di carriera). Ma nella società di oggi si celebra il lavoro flessibile,
vi sono 3 tipi di flessibilità: Funzionale (lavoratore sa svolgere molti lavori ed è mobile), Finanziaria
(maggior competizione tra lavoratori), Numerica (l’impresa assume e licenzia liberamente) L'effetto delle 3
flessibilità ha creato un doppio mercato del lavoro, uno centrale occupato da lavoratori forti, con elevate
competenze professionali e scarso rischio di disoccupazione e uno periferico dei lavoratori deboli poco
qualificati ad alto rischio di disoccupazione.

Segreto d’ufficio: Non divulgazione delle pratiche d’ufficio e separazione tra vita pubblica e privata. Ma
oggi ci sono 3 novità: Sviluppo dei mass media (vari gradi di riservatezza e aziende interessate a far trapelare
determinate informazioni), Diffusione dell’informatica (aumento del volume delle comunicazioni e
abbassamento del controllo), Mondo della produzione e ridefinizione del concetto di segreto industriale
(fornitori che collaborano anche con la concorrenza annullando le differenze apportando lo stesso know
how)

Stipendio fisso: Il burocrate puro percepisce uno stipendio fisso, i cittadini pagano l'amministrazione in via
diretta (tasse tariffe) o indiretta (tributi). La separazione tra retribuzione e costo del servizio è per Weber la
condizione primaria per evitare favoritismi e per garantire imparzialità dell'ufficio. Studi di economia del
lavoro hanno riconosciuto che le politiche retributive sono utili per esaminare le differenze tra le varie
organizzazioni e ci sono in tali politiche, quattro dimensioni significative:

1. Livello retributivo rispetto ai valori di mercato: quanto più le retribuzioni sono alte tanto più
l'organizzazione seleziona gli elementi migliori disponibili sul mercato del lavoro.
2. Curva retributiva nel tempo: retribuzioni basse all'inizio che si alzano col passare del tempo
comporta il fatto che i dipendenti tendono a rimanere presso quell'organizzazione per tutta la loro
vita lavorativa.
3. Ampiezza della differenza tra retribuzioni minime e massime: se la differenza è bassa
l'organizzazione ha principi di egualitarismo.
4. Incentivi monetari e/o simbolici: legati a parametri di produttività, efficienza, operosità, qualità del
prodotto o della prestazione, scarso assenteismo. Particolari forme di incentivo sono la
partecipazione agli utili dell'impresa, e possibilità offerta ai dipendenti di diventare per un certo
periodo piccoli imprenditori.

Non possesso degli strumenti di lavoro: Il burocrate non possiede gli strumenti del proprio lavoro, questo
per Weber è un tratto peculiare nella società moderna.

Conclusioni: Le dieci caratteristiche di Weber nella loro forma pura delineano il modello ideale di
burocrazia per Weber. La razionalità di tale modello, implica che una burocrazia pura, tenta di eliminare o
controllare il più possibile ogni influenza extra organizzativa sul comportamento dei suoi membri.

La burocrazia pura è:

1. una struttura centralizzata: le decisioni critiche sono materia esclusiva del vertice, quelle di
routine sono delegate a livelli inferiori e periferici.
2. una struttura standardizzata o formalizzata: perché i dipendenti sono tenuti a rispettare tali
procedure che si presume siano le più adatte a raggiungere gli scopi, perché l'uniformità dei
comportamenti permette la sostituibilità degli addetti.
3. una struttura rigida: perché non prevede cambiamenti, poiché la burocrazia è uno strumento
razionale per raggiungere determinati scopi, è essa la fonte di cambiamento che avvengono negli
ambienti toccati dalla sua azione.

CAPITOLO 2

BARNARD

Nel 1938 pubblica "Le funzioni del dirigente" dove sostiene che per comprendere il funzionamento delle
organizzazioni si devono tener presenti i moventi che spingono gli individui a contribuire alle organizzazioni
stesse. Oggetto principale della ricerca di Barnard è l'operato dei manager, persone con responsabilità
di comando e tenute a una continua mediazione tra gli interessi dell'organizzazione e quella dei membri che a
vario titolo sono coinvolti nel suo funzionamento.

LA PARABOLA DEL MASSO (METAFORA DI COME SI FORMANO LE ORGANIZZAZIONI)

Un uomo che viaggia su una strada solitaria incontra un masso che non gli permette di passare. Da solo non
riesce a spostarlo, aspetta che arrivi qualcun'altro che debba passare come lui in modo che gli sforzi di tutti
riescano nell'intento, là dove i limiti di una persona impediscono di raggiungere uno scopo, la cooperazione
tra più persone riesce nell'intento; se 4 persone non bastano, supponiamo arrivi un contadino con un trattore,
egli non ha interessi comuni alle 4 persone fino a quando riceve una somma di denaro per spostare il masso e
diventa anche il suo scopo.

Dalla parabola segue che:

1. Il gruppo si è organizzato per uno scopo comune. Un'organizzazione nasce quando ci sono
persone in grado di comunicare tra loro e collaborare per uno scopo comune. Organizzarsi equivale a
formare un sistema cooperativo, strumento che va oltre i limiti dell'individuo e raggiunge scopi che
sarebbero impossibili per il singolo.
2. Bisogna sempre distinguere tra gli scopi dell'organizzazione e i moventi personali: i capi di
un'organizzazione non possono solo preoccuparsi di perseguire solo gli scopi organizzativi ma
devono tener presenti anche i moventi che spingono i membri a partecipare, ad esempio il contadino
ha il movente del denaro, gli altri di liberare la strada. I dirigenti devono riuscire a mobilitare le
persone per uno scopo che non è loro.
3. Il rapporto tra gli elementi formali e informali: Bisogna distinguere tra aspetti formali
(perseguimento degli scopi per cui è nata l'organizzazione) e aspetti informali (rapporti tra i singoli
membri), tali aspetti non si escludono e l'aspetto formale non può esistere senza quello informale e
viceversa.

Barnard parla di tutti i tipi di organizzazione, mira a fornire un modello valido per qualsiasi categoria di
membri che collaborano con l'organizzazione e studia le condizioni che consentono alle organizzazioni di
perseguire i propri scopi soddisfacendo anche interessi e aspettative dei singoli che accettano di
contribuire al perseguimento dei loro scopi.

ESERCIZIO DELL'AUTORITA' E AREA DI INDIFFERENZA (INCENTIVI > OBBLIGHI E SACRIFICI)

Il sistema cooperativo nasce per conto di un'autorità che per essere riconosciuta deve essere legittimata e
competente. La legittimazione è massima quando non ricorre alla coercizione dei sottoposti, ma si basa su
incentivi dotati di valore morale. La competenza sottintende che i sottoposti riconoscano che gli ordini
ricevuti siano conformi ai codici di efficacia e correttezza procedurale, ossia che l'ordine ricevuto sia capito,
non in contrasto con i fini generali dell'organizzazione, compatibile con gli interessi legittimi delle persone a
cui è indirizzato, siano eseguibili dalle persone a cui è impartito. È irrealistico pensare che gli individui si
identifichino completamente con l'organizzazione, i dirigenti devono gestire il rapporto tra contributi ed
incentivi per essere obbediti dai sottoposti.

Il fine dei dirigenti è di espandere l'area di indifferenza, ossia la zona in cui si trovano gli ordini
indiscutibilmente accettabili, zona più o meno ampia a seconda del grado in cui gli incentivi superano gli
obblighi e i sacrifici che determinano l'adesione degli individui all'organizzazione, eseguire gli ordini è
l'obiettivo realistico che l'autorità deve cercare di ottenere dai suoi sottoposti. Non è necessario che i
dipendenti amino il lavoro che fanno, è sufficiente che lo facciano con senso del dovere e
professionalità.

FUNZIONI DEL DIRIGENTE E PERSONALITA’

Secondo Bernard tre sono le funzioni del dirigente:

1. Assicurare un efficiente sistema di comunicazioni: per l'esistenza di un gruppo sociale, il dirigente


deve far circolare comunicazioni.
2. Garantire il regolare afflusso delle risorse necessarie al funzionamento dell'organizzazione: le
risorse più̀ importanti sono quelle umane, membri in rapporto cooperativo con l'organizzazione, non
solo soggetti nell'organizzazione ma qualunque persona abbia rapporti con essa, fornitori, clienti,
azionisti, etc.
3. Stabilire i fini dell'organizzazione: per Barnard i fini sono l'insieme delle azioni in cui si verifica
l'efficacia del sistema cooperativo, fine come processo che coinvolge tutti i membri
dell'organizzazione.

Barnard definisce "dirigente in grigio", un dirigente poco protagonista, consapevole che dirigere non è solo
decidere ma comunicare, mediare, rappresentare, coordinare, infondere motivazioni, che dia importanza alle
doti non logiche, come l'intuito, la creatività, l'arte di trovare i nessi nascosti. Le doti di comando
consistono in una complessità morale e in un senso di responsabilità superiore alla media , ossia, il
dualismo tra i fini dell'organizzazione e i moventi individuali, la base di legittimazione del ruolo di leader
sta nella capacità di mediare i contrasti di questo dualismo, egli privilegia la mediazione e la ricerca di
consenso piuttosto che la decisione autocratica.

SIMON
RAZIONALITA' LIMITATA E PROCESSI DECISIONALI

Processi decisionali che avvengono all'interno delle organizzazioni: Per Simon l’oggetto dell’analisi
organizzativa non è il ruolo ma è la decisione. Le decisioni sono prese in base a criteri di razionalità
limitata, qualunque decisione sia pubblica che privata è presa scontando l'impossibilità di una razionalità
assoluta.

Principio di Razionalità limitata: Simon pone l'accento sui limiti mentali, che limitano la razionalità
umana. Ci sono:

1. Limiti cognitivi: esseri umani hanno preferenze e convinzioni che li fanno scegliere in una gamma
ristretta di possibilità.

2. Limiti etici, limiti culturali, limiti emotivi: incertezza e ambiguità nei criteri di scelta.

3. Limiti sociali: scendere a compromessi tra criteri e preferenze differenti e talvolta opposti. I
compromessi contrastano con il criterio di pura razionalità. Ne deriva che le scelte avvengono
secondo un criterio di sufficienza e non di massima efficienza. Tale criterio vale sia per le micro-
decisioni che i soggetti prendono nel privato quanto per le decisioni più complesse che i soggetti
prendono per conto delle organizzazioni.

DIFFERENZE BERNARD SIMON (VISONE PRATICA VS TEORICA DELL’ORGANIZZAZIONE)

Bernard ha una visione dell’organizzazione pratica, strumenti cooperativi ed equilibrio tra i contributi e gli
incentivi, Simon, invece, si muove su un livello teorico parlando delle decisioni e della razionalità limitata:
a differenza di Simon, per Bernard il principio di razionalità limitata insiste sui limiti fisici che spingono
l'uomo a cooperare per raggiungere obietti altrimenti irraggiungibili a livello individuale. Parabola del
Masso.

CONTINUUM MEZZI – FINI

Per Simon esiste sempre un continuum tra mezzi e fini, nel senso che un dato fine raggiunto in base a una
decisione di valore si trasforma in un mezzo per raggiungere un fine successivo. non si può valutare la
bontà di uno scopo disgiungendolo dai mezzi necessari per raggiungerlo, il fine non giustifica i mezzi,
ammonisce Simon.

Simon distingue due categorie di giudizi:

1. Giudizi di fatto: riguardano eventi avvenuti ed è sempre possibile verificare se sono veri o falsi.
2. Giudizi di valore: può essere di natura etica, estetica, ideologica, emotiva, non è possibile verificare
empiricamente se sono veri o falsi tali giudizi.
DECISIONI CRITICHE E DECISIONI DI ROUTINE: L'IMPORTANZA DELLE PROCEDURE

La complessità delle decisioni organizzative implica il fatto che coinvolgono più persone, sono formali,
seguono procedure prescritte e hanno conseguenze socialmente rilevanti, a differenza delle decisioni
inerenti la vita privata.

Barnard insiste sui limiti fisici, Simon su quelli mentali:

Simon: l'organizzazione è un sistema cooperativo che non si limita a coordinare i compiti dei membri per
raggiungere obiettivi, ma conserva e accumula nel tempo la memoria di quei coordinamenti, con le
decisioni prese, i risultati acquisiti, le esperienze fatte, gli errori commessi, etc. Uno dei modi efficaci
per espandere la razionalità limitata è quello di trarre giovamento dalle esperienze passate. Affinché
possano porsi obiettivi complessi occorre che i soggetti non debbano prendere sempre decisioni nuove e
che possano ricorrere il più possibile a delle procedure ed esperienze pregresse. Le procedure inoltre
servono anche ad assorbire l'incertezza di coloro che devono decidere.

ROY
LA FABBRICA, UN CONTRIBUTO DALLA SOCIOLOGIA INDUSTRIALE

Tra gli studiosi della fabbrica, Donald Roy (1911 - 1980), che ha lavorato per un anno come operaio in una
fabbrica, metodo dell'osservazione partecipante, negli anni in cui gli operai lavoravano su macchine singole
che richiedevano sforzo e destrezza continua, un periodo in cui il management aveva adottato un cottimo
individuale in base al quale gli operai, se superavano una certa soglia di produzione, guadagnavano un extra
più o meno proporzionale al numero dei pezzi prodotti in più. Il cottimo era un sistema equo-razionale che
premiava i più bravi, dove i rapporti sociali che contano erano quelli formali e dove la direzione disponeva di
un flusso omogeneo di informazioni attendibili. Ma Roy con la sua ricerca mette in luce il fatto che:

1. Il cottimo era fonte di continuo conflitto e profonda sfiducia tra operai e management; odiati dagli
operai erano i cronometristi che misuravano i tempi di lavoro, si escogitavano strategie di difesa, si
aggiungevano movimenti inutili durante il lavoro per allungare i tempi e far sembrare che i tempi reali
fossero quelli in modo di riuscire a guadagnare e a non farsi sfruttare troppo, si nascondevano ai capi i tempi
reali di lavoro per poter guadagnare il premio del cottimo.

2. La risposta operaia al cottimo era lontana da quanto la direzione si proponeva, il rendimento


dell'operaio si concentrava in due punte, una al di sopra della soglia in cui scattava l'incentivo
(accettavano il cottimo) e una al di sotto (rifiutavano il cottimo). Le ragioni delle differenze Roy le trova
nell'imperfezione del sistema di cottimo e nel diverso atteggiamento degli operai. Per gli operai vi erano
lavori magri in cui era difficile guadagnare a cottimo e lavori grassi dove era facile il cottimo. Giocava anche
il fattore della soggettività degli operai, Roy li distingue in acchiappa cottimo, che ottenevano lavori dove era
facile ottenere cottimo, e i fannulloni, ai quali andavano altri lavori.

3. Le deviazioni nell'uso di cottimo oltre che dai duelli tra operai e cronometristi nascevano anche da
una rete di complicità che coinvolgevano altre figure professionali, manutentori carrellisti e capisquadra
(che spesso mediavano tra le richieste del management e la preoccupazione di non perdere il consenso degli
operai).

4. Il lavoro era anche vissuto anche come una gara con sé stesso in cui l'operaio sfidava sé stesso nel
superare i limiti dei ritmi che prima credeva irraggiungibili.

- Importanza della sfera informale conflitti più accentuati della sfera informale e formale
- Contrasto tra cronometristi ed operai
- Volontà operaia di bloccare le informazioni per nascondere il loro patrimonio di astuzie su come
rallentare il lavoro quando si prendono i tempi e su come accelerarlo in assenza di controllo
- Distrutta visione idilliaca della fabbrica, che lui vede come luogo coatto, simile a un carcere, rigidità
burocratica e manipolazione delle regole complicità, coercizioni, favori e finzioni.

- Giochi di produzione

- Razionalità limitata, approssimazione, compromessi, ambiguità, aggiustamenti

- Rincorsa tra tentativi del management di imporre controlli al processo produttivo e la risposta
operaia per vanificare quei tentativi

- Visione ingenua della fabbrica intesa come luogo dove il Capitale è una entità personificata che si
produce con razionalità
- Analisi dell’organizzazione di una fabbrica partendo dalle persone

Trenta anni dopo nella stessa fabbrica di Roy conduce una ricerca Michel Burawoy (1979), che ritrova gli
stessi giochi di produzione descritti da Roy ma cambia il contesto: aumentata la componente fissa del salario
le variazione dovute al cottimo sono cambiate, si è attenuata la distinzione tra lavori grassi e magri, ci sono
meno capisquadra, i controlli sono meno per via delle nuove tecnologie che hanno ritmo fisso, diminuisce
l'importanza delle gerarchie e aumenta il numero degli operai qualificati che hanno compiti di autocontrollo
prima affidati ai capi. Più marcato individualismo.

CROZIER

Michel Crozier ha contribuito alla riforma dell'apparato amministrativo francese. Per Crozier l'uomo non è
soltanto un braccio e non è soltanto un cuore, l'uomo è una mente, un progetto, una libertà.

Sostiene che per capire il funzionamento di un'organizzazione bisogna tener presente la mente delle persone,
riconoscere la loro capacità di pensare, progettare. Sostiene che i soggetti sono capaci di sviluppare delle
strategie all'interno dell'organizzazione, negoziano la loro partecipazione cercano di tutelare i propri
interessi.

IL POTERE PER CROZIER (IMPREVEDIBILITA’)

Per Crozier il potere è la capacità di controllare i margini di incertezza\imprevedibilità presenti nei


rapporti con altri soggetti. Nella realtà ci sono sempre situazioni imprevedibili e non è possibile ricondurre
i soggetti a comportamenti predeterminati come si trattasse di api di un alveare.

Per Crozier, le radici del potere si trovano in rapporti squilibrati di prevedibilità tra due o più soggetti,
in tutte le situazioni dove un soggetto prevede le mosse altrui e nasconde le proprie si può dire che egli si
trova in un rapporto di potere favorevole rispetto agli altri interlocutori. Da tale definizione di potere
deriva che il potere è cosa diversa dall'autorità formale che si connette al grado gerarchico ricoperto in
un'organizzazione; non vi è necessariamente corrispondenza tra grado gerarchico e sfera di potere, se
un inferiore gerarchico riesce a conservare dei margini di imprevedibilità nel modo in cui compie il
suo lavoro, per Crozier proprio su quei margini egli esercita un potere che sfugge al controllo del suo
superiore. Chi detiene un margine di incertezza nel suo comportamento agisce per conservarlo mentre
coloro che lo subiscono tentano di eliminarlo o ridurlo il più possibile.

LA BUROCRAZIA (LENTA, FRUSTRATA, NON INNOVATIVA ECC)

Crozier ci offre una burocrazia lenta, pesante, insoddisfatta, frustrata, poco efficiente, incapace di
innovazione, la sua ricerca è empirica, il fattore di scarsa efficienza è da ricercare nel fatto che le burocrazie
da lui studiate non operavano in condizioni di mercato, non si ispiravano a criteri di profitto, non dovevano
competere con la concorrenza, non sentivano il bisogno di rinnovarsi.
Crozier studia i rapporti sociali all'interno di quelle organizzazioni, e trova un microcosmo bloccato,
stratificato, senza conflitti espliciti, con poche occasioni di comunicazione e di contatto sociale, i
dipendenti svolgevano il lavoro strettamente previsto dal regolamento, i vari strati gerarchici tendevano ad
isolarsi, rapporti formali e di cortesia, i contrasti aperti erano evitati. I dipendenti lavoravano in modo
disciplinato e uniforme, insoddisfatti per una vita monotona, dirigenti frustrati per mancanza di
responsabilità e riconoscimento che trovavano una rivalsa nella sicurezza dell'impiego. In tutti i gradi
gerarchici si avvertiva la profonda insofferenza per le situazioni di dipendenza diretta fra i rapporti
faccia a faccia tra superiori e inferiori.

I quadri intermedi erano la componente più frustrata, semplici guardiani di norme, privi di
discrezionalità nel disporre dei propri dipendenti privi di competenze tecniche, reagivano costruendo nicchie
di piccoli favori per i loro dipendenti. Anche la direzione svolgeva un ruolo di basso profilo, gli obiettivi
generali erano prefissati dal potere politico esterno, i metodi e processi di produzione erano stabili. Tutto
converge nel direttore che detiene il potere legittimo, sola persona che abbia conservato nella fabbrica il
diritto formale di prendere decisioni, seppur decisioni impersonali, non può manipolare i suoi subordinati e
influenzare il loro comportamento usando il potere di accordare ricompense perché privo di tale potere.

Riassunto:
Barnard: mette a fuoco i moventi che inducono gli individui a cooperare per raggiungere gli scopi
dell'organizzazione. (Parabola del masso)
Simon: gli interessi e le convinzioni dei soggetti limitano la razionalità delle organizzazioni. (razionalità
limitata)
Roy: analisi empirica in profondità dei conflitti in seno all'organizzazione (osservazione partecipante nella
fabbrica)
Crozier: riconosce ai soggetti la capacità di sviluppare delle strategie ispirate a una razionalità diversa da
quella organizzativa, e in tale capacità risiede la fonte imprevista di potere informale che lui definisce
come controllo dei margini di incertezza presenti nelle condotte organizzative, e la possibilità che le
organizzazioni si avvitino in circoli viziosi che provocano scarsa efficienza.

CAPITOLO 3

APPROCCIO ISTITUZIONALISTA

L'approccio istituzionalista va oltre il rapporto soggetti-organizzazioni perché sottolinea l'importanza


delle grandi istituzioni nel condizionare i comportamenti umani. Tale scuola di pensiero, rifiuta di
vedere la società come un aggregato di individui orientati a massimizzare le proprie utilità secondo
criteri di razionalità sia pure limitata e pone in primo piano i condizionamenti di carattere materiale e
simbolico che istituzioni storiche (stato, chiesa etc.) esercitano sugli orientamenti e sui comportamenti
umani. Per l'istituzionalismo sono le istituzioni a plasmare la mappa mentale degli individui nei loro
aspetti cognitivi e normativi, a suggerire sia i modi di agire che di conoscere, interpretare il mondo.

SELZNICK
CRICCHE E COMPROMESSI COI POTERI ESTERNI

Tra le istituzioni informali ci sono le cliques o cricche basate su relazioni personali, attraverso cui alcuni
membri interni alle organizzazioni cercano di controllare l'ambiente in cui si prendono decisioni
organizzative. anche le cricche fanno parte integrante del sistema cooperativo, il loro carattere istituzionale
porta a studiare le funzioni che esse svolgono nelle organizzazioni a prescindere dalle personalità dei soggetti
che le compongono. Le cricche obbediscono a logiche d'azione che superano la personalità dei membri
che ne fanno parte. In conformità con i suoi assunti funzionalisti, Selznick vede le organizzazioni come
sistemi sociali, le cui componenti interne, come negli organismi viventi, svolgono funzioni necessarie a
mantenere in vita i sistemi a cui appartengono.

Secondo lui le persone interessate a un dato scopo fondano un'organizzazione che deve essere lo strumento
per perseguire quello scopo, nel momento che nasce l'organizzazione ha bisogno di risorse per vivere, non
sempre è facile trovarle a volte si scende a compromessi per ottenerle, a volte centri di potere già sul
territorio esercitano pressioni sull'organizzazione per condizionarne l'azione, i suoi dirigenti per farla
sopravvivere attenuano la purezza del programma originario e scendono a compromessi, i dirigenti sono
sottoposti al dilemma tra perseguire a ogni costo senza compromessi il fine per cui è nata
l'organizzazione oppure la scelta realistica di scendere a compromessi con le pressioni esterne. Oggetto
dell'esame di Selznick, è il modo in cui in nome della sopravvivenza dell'organizzazione i suoi responsabili
accettano progressivi spostamenti dagli scopi e dallo spirito originario dell'organizzazione stessa.

RADICI DELL’ERBA

(Credo americano delle Radici dell'erba, ossia della democrazia dal basso). Selznick sostiene che
"interessi della popolazione" e "istituzioni legate alla popolazione" sono delle astrazioni indeterminate
con funzione ideologica di copertura. Arrivò alla conclusione che la TVA voleva soddisfare la domanda
espressa attraverso i canali di rappresentanza locali e questo favorì i ceti privilegiati determinando uno
scostamento crescente con il suo orientamento originario e una necessità di giustificazioni ideologiche in
nome della necessità di fare scelte che rispondessero alle concrete esigenze dell'ambiente.

COOPTAZIONE FORMALE E INFORMALE

Selznick definisce cooptazione "il processo di assorbimento di nuovi elementi nella direzione o nella
struttura che determinano la politica di un'organizzazione, come mezzo per pervenire minacce alla sua
stabilità e alla sua esistenza". Se un'organizzazione si sente minacciata da pericoli esterni, un modo per
difendersi è quello di cooptare (eleggere un nuovo membro, ascrivere) dei rappresentanti dell'ambiente da
cui provengono le minacce. Selznick distingue:

1. COOPTAZIONE FORMALE: l'organizzazione assorbe legalmente nuovi elementi attraverso


l'allargamento degli organi direttivi o la creazione di nuovi ruoli. Tale cooptazione è necessaria
quando il carattere legittimo di un ente è contestato da gran parte della popolazione o se c'è il
bisogno di promuovere la partecipazione di strati più larghi della società che portano a delle forme di
autogoverno. È la risposta che l'organizzazione fornisce in una situazione di difficoltà provocata
dalla mancanza del consenso da parte della base, l'organizzazione decide in tal caso di allargare la
base del consenso sulle decisioni da prendere (esempio: partecipazione alla direzione aziendale
che la dirigenza d'impresa offre ai sindacati).
2. COOPTAZIONE INFORMALE O SOSTANZIALE: il suo scopo è quello di fronteggiare delle
minacce provenienti da centri di potere esterno, può avvenire inserendo alcuni esponenti del
potere esterno all'interno dei propri organi decisionali, o accettando di fatto le loro richieste.
Così è garantita la sopravvivenza dell'organizzazione ma al costo di alterare il programma originario.
Tale cooptazione rischia di rimanere informale perché le forze esterne sono interessate solo alla
sostanza del potere. (TVA)

Quella formale trova una facile legittimazione nell'ideologia dell'organizzazione stessa, quella informale ne
contraddice i valori e gli orientamenti ideologici dichiarati.

ISTITUZIONI E FUNZIONI DELLA LEADERSHIP

Non sempre un'organizzazione è destinata a tradire gli obiettivi originari, ma può raggiungerli se diretta da
una leadership efficace. Per questo distingue due tipi di organizzazioni:

1. Organizzazioni Strumentali: (esempio agenzie di raccolta dei rifiuti). Prendono delle decisioni di
routine, che rientrano nell'ordinaria amministrazione riguardano le organizzazioni di servizio e
possono essere giudicate in termini di efficienza tecnica.
2. Organizzazioni che chiama Istituzioni: (esempio governo di una città, attua una politica).
Prendono delle decisioni critiche, rientrano nella sfera della leadership, riguardano la definizione
degli scopi e dei valori, tratto caratterizzante delle istituzioni.
Per Selznick la leadership è un'attività creativa che rende l'istituzione capace di prendere iniziative. Può
essere svolta da una persona sola o da un gruppo dirigente e si manifesta in 4 funzioni fondamentali:
Definisce il ruolo e la missione dell'istituzione, Incorpora lo scopo nell'istituzione, Difende l'integrità
istituzionale, Compone i conflitti interni.

Selznick indica tre principali rischi nell'esercizio della leadership:

1. Fuga nella tecnologia: se alla leadership mancano gli obiettivi strategici si concentra
sull'acquisizione di mezzi come se fossero un surrogato dei fini.
2. L'opportunismo: si perseguono fini a breve termine senza visioni di largo respiro, con pericolo di
perdita di identità dell'istituzione che rincorre obiettivi incoerenti.
3. L'utopismo: quando si perseguono obiettivi non raggiungibili in base a considerazioni puramente
ideologiche. L'utopismo può condurre all'opportunismo.

MEYER E ROWAN: NEOISTITUZIONALISMO

1. Scompare il funzionalismo che portava a pensare alle organizzazioni come a sistemi organici.
2. Cade la centralità di un potere volto a dominare le organizzazioni esistenti e le nuove.
3. Scompare il pessimismo di principio che faceva vedere le organizzazioni come condannate a
tradire i propri scopi.
4. Emerge una visione più articolata dei rapporti tra le organizzazioni.
5. Viene dato spazio ai processi cognitivi degli attori

Meyer e Rowan distinguono due tipi di organizzazione:

1. Quelle che recepiscono dall'esterno i criteri di razionalità, sono le organizzazioni prive di criteri
intrinseci per valutare l'efficienza e si basano sulla capacità di adeguarsi alle aspettative e alle
esigenze cerimoniali prescritte da istituzioni esterne.
2. Quelle che hanno criteri propri che possono andare in conflitto con quelli esterni, sono le
organizzazioni con criteri autonomi percepiti come soggettivi nel valutare l'efficienza del loro
processo produttivo. In queste si possono sviluppare due strutture parallele una formale e visibile per
rispettare i criteri cerimoniali esterni e una informale e nascosta per seguire le proprie regole di
efficienza.

POWELL E DIMAGGIO: ISOMORFISMO DELLE ORGANIZZAZIONI

Powell e Dimaggio elaborano il concetto di campo organizzativo, superando la distinzione tra


organizzazioni che subiscono o che esercitano pressioni all'isomorfismo. L'isomorfismo è il risultato
dell'azione incrociata di tutti gli attori presenti in un dato campo organizzativo. Per Powell e Dimaggio
l'isomorfismo varia a seconda della velocità e delle modalità con cui si sviluppa. Distinguono tre tipi di
isomorfismo:

1. ISOMORFISMO COERCITIVO, quando l'organizzazione è sottoposta a pressioni esterne che le


obbligano a conformarsi, come vincoli di legge o clausole contrattuali con imprese più potenti.
2. ISOMORFISMO MIMETICO, quando le organizzazioni per fronteggiare l'incertezza
dell'ambiente iniziano dei processi imitativi, imitazione come surrogato di certezza.
3. ISOMORFISMO NORMATIVO, quando nasce da processi di professionalizzazione, quando, i
responsabili dell'organizzazione, apprendono, in centri specializzati, dell'esistenza e della
convenienza di nuovi metodi di conduzione di nuove tecnologie o nuovi orizzonti di ricerca
(Processi di selezione del personale, caratteristiche comuni).

La ricerca di Dimaggio sull'evoluzione dei musei d'arte negli stati Uniti tra il 1920 e il 1940 è un tipico
esempio di isomorfismo normativo dove i portatori dell'innovazione vincente sono stati professionisti
operanti nelle organizzazioni.
1. I conservatori sostenevano che i musei dovevano essenzialmente occuparsi di collezione di opere
d'arte intese come oggetti antichi rari e di indiscusso valore.
2. I riformisti sostenevano che i musei dovevano esporre oggetti belli anche se non antichi, impegnarsi
nell'istruzione artistica di un vasto pubblico, essere sotto il controllo di professionisti museali ed
essere collocati in edifici semplici ed accessibili.

Vinsero i riformisti e la diffusione dei musei fu guidata a livello nazionale da una rete di organizzazioni
(campo organizzativo) create da attori che volevano modificare la struttura e la missione originaria del
museo; la creazione del campo organizzativo si intrecciò agli sforzi di coloro che lavoravano nei musei per
definire la propria professione e per aumentare la propria autorità. Quindi: isomorfismo “risultato dell'azione
incrociata di tutti gli attori presenti in un dato campo organizzativo”.

NEOISTITUZIONALISMO CHE SMENTISCE SELZNICK

Il modello di Selznick individua l'origine del tradimento degli scopi originari di un'organizzazione nelle
pressioni di potenti forze esterne interessate al mantenimento dello status quo, ma il caso dei musei
americani contraddice il modello di Selznick: non vi fu alcuna cooptazione informale e i professionisti
museali furono cooptati in modo trasparente e formale. Il cambiamento nacque all'interno quando i
professionisti museali cominciarono a mobilitarsi per cambiare lo scopo istituzionale dei musei. Ciò dimostra
che il modello di Selznick non ha validità universale.

CAPITOLO 4

WILLIAMSON
ECONOMIA DEI COSTI DI TRANSAZIONE E APPROCCIO ECOLOGICO

Per l’ECT l'unità elementare dell'analisi non è più il bene prodotto ma la transazione (qualsiasi forma di
contratto che l'impresa può stipulare). L’ECT definisce organizzazione, qualsiasi modello stabile di
rapporti tra soggetti, siano essi individuali o collettivi. Dalla visione di organizzazione come burocrazia e
basta si passa alla visione di organizzazione come burocrazia, forme ibride o intermedie (reti) e
mercato dove:

1. Mercato e organizzazione non sono viste come realtà contrapposte


2. Le organizzazioni non hanno confini stabili e definiti in base a un criterio univoco
3. Le organizzazioni, tra cui il mercato, non possono essere studiate prescindendo dal contesto
istituzionale in cui sono inserite.

L'approccio ecologico, invece, ha come oggetto di analisi le popolazioni organizzative, ovvero un


insieme di organizzazioni che condividono la caratteristica di operare e di avere operato nella stessa nicchia
ambientale per un certo periodo di tempo. L'approccio ecologico:
1. Offre gli strumenti per rispondere alla domanda sul perché nella società contemporanea esiste una
così alta varietà di forme organizzative.
2. Richiama il contesto istituzionale per capire i processi generatori delle forme organizzative.
3. Si propone di integrare la spiegazione dei processi di isomorfismo fornita dalla scuola neo-
istituzionalista.

Con gli anni '70 si cominciarono a diffondere processi di deverticalizzazione dovuti al fatto che le grandi
imprese affidavano ad altre imprese più piccole, l'appalto di specifiche lavorazioni o anche di componenti
complesse di propri prodotti. Cambia radicalmente lo scenario e in questa prospettiva trova la sua fortuna
l'ECT, scuola di pensiero che ha nell'americano Oliver Williamson il suo più noto esponente. La ricerca di
Williamson inizia dalla domanda: perché tutta la produzione non viene effettuata in un’unica grande
impresa? Per rispondere osserva che è sbagliato considerare l'impresa come un'entità la cui funzione
fondamentale è produrre, ma va considerata come una struttura di governo (governance), la cui funzione
fondamentale è quella di stipulare e garantire contratti affidabili ed efficienti.

DUE FONTI DI INCERTEZZA: RAZIONALITA' LIMITATA E OPPORTUNISMO

Il presupposto della razionalità limitata (già teorizzata da Simon) parte dal presupposto che sebbene gli
esseri umani si comportino in modo intenzionalmente razionale, nei fatti essi lo sono molto meno a causa dei
limiti di conoscenza, lungimiranza, abilità tecniche e di tempo a disposizione per agire.
Il presupposto dell'opportunismo stabilisce a sua volta che gli esseri umani possono perseguire i propri
interessi con dei mezzi illeciti come l'inganno e la frode.

Il mercato puro, ad esempio, è la situazione teorica ideale per scoraggiare l'opportunismo. Se la


razionalità non fosse limitata e se i comportamenti umani fossero sempre onesti, osserva Williamson,
stipulare contratti non costituirebbe un problema. Ma il fatto che si agisca in condizioni di razionalità
limitata e con rischio di opportunismo genera una diffusa incertezza e rende problematico stipulare
contratti. Per ridurre l'incertezza vi è la necessità di studiare le strutture e le procedure più adatte sia per
economizzare la risorsa scarsa della razionalità limitata, sia per stipulare efficaci clausole di salvaguardia
contro i rischi dell'opportunismo. Da qui Williamson prende spunto per sostenere che nella teoria economica
bisogna distinguere due tipi di costi:

1. I costi di produzione: sono quelli che riguardano i processi di trasformazione fisica di un dato
materiale dallo stato A allo stato B.
2. I costi di transazione: sono quelli necessari per stipulare e gestire un contratto e possono essere
pagati sia prima che dopo il contratto stesso. Sono presenti nella compravendita di qualsiasi bene,
Williamson li considera l'equivalente economico dell'attrito nei sistemi fisici.

I costi si pagano prima per cercare una controparte, si pagano dopo per far rispettare i contratti.

COMPRARE O PRODURRE?

Williamson introduce tre variabili:

1. La tecnologia usata per ottenere il bene o il servizio richiesto.


2. La frequenza delle transazioni.
3. Le salvaguardie necessarie perché il contratto sia rispettato.

Per Williamson quando l'impresa ha bisogno di beni o di servizi prodotti con tecnologie generiche e le
transazioni sono relativamente poco frequenti, la scelta ottimale è quella di rivolgersi al mercato: TO
BUY. Se la tecnologia è specifica, le transazioni sono continue c'è rischio di controversie per il rispetto del
contratto, la scelta migliore è quella di produrre in casa: TO MAKE.
CRISI DI MERCATO E CRISI DELLA GERARCHIA

Si ha crisi del mercato se l'impresa I si rivolge allo stesso fornitore F ponendolo in posizione di privilegio
rispetto alla concorrenza, F proverà a specializzarsi per soddisfare I ma può anche assumere atteggiamenti
opportunistici. Se così fosse ad I non conviene cambiare F perché questo ha assunto un KNOW HOW
specifico non disponibile altrove.

Si ha crisi della gerarchia quando l'impresa decide di andare sul mercato a causa degli inconvenienti
originati dalla sua eccessiva integrazione verticale.

Nelle situazioni di mercato puro lo strumento tipico di controllo è il prezzo di un bene che si compra.
Nelle situazioni di To make, ossia di produzione interna all'impresa, lo strumento tipico di controllo è
la disciplina gerarchica. Nelle situazioni ibride, reti tra le grandi imprese e fornitori il requisito
essenziale è la fiducia reciproca.

ISTITUZIONI, MERCATO E TRANSAZIONI: LE DIMENSIONI MACRO E MICRO DELL'ECONOMIA

L'economia classica concepiva il mercato come una istituzione universale e astratta, regolata da leggi
valide in ogni tempo e luogo benché basate solo sull'equilibrio tra domanda e offerta. La nuova
economia Istituzionale, NEI, invece sostiene che il mercato può essere considerato astratto come un
meccanismo autosufficiente e avulso dal contesto sociale. Con l'avvento della NEI e in particolare della
ECT, i rapporti tra analisi economica e analisi organizzativa sono ripensati alla radice perché la
decisione dell'impresa di produrre in casa, di acquistare sul mercato o di costruire una rete di
fornitori, ha rilevanza sia economica che organizzativa. Si ridefiniscono anche i rapporti tra dimensioni
micro e macro dell'analisi, la dimensione macro riguarda il quadro istituzionale in cui si collocano le
transazioni, la micro riguarda le singole transazioni e i meccanismi che le regolano.

A LIVELLO DI MACRO: l'analisi tiene conto del quadro dei vincoli e delle opportunità legislative. Se
l'impresa è inserita in un contesto con un robusto sistema di relazioni industriali, sindacato forte,
contrattazione centralizzata riceverà forti sollecitazioni verso opzioni TO MAKE. Se l'impresa opera in un
quadro liberistico con contratti di lavoro privatistici, sindacato debole, riceverà sollecitazioni verso opzioni
TO BUY. L'analisi a livello di macro è completa se considera effetti economici di istituzioni non
economiche ma sociali, religiose, politiche culturali.

A LIVELLO DI MICRO: si deve scendere in campo per osservare i comportamenti delle imprese e dei
soggetti, ciò che avviene nelle imprese e nei rapporti tra esse.

Per Williamson analisi ancora più sottili vanno nella direzione cognitivistica della nanoeconomist (Arrow)
e della Behaviour Decision Theory (Bazerman), ricerche sui processi mentali che si sviluppano nel
corso delle decisioni. I soggetti percepiscono il mondo esterno in modo differente da quanto ci si
aspetterebbe sulla base della logica formale e l'obiettivo è di esplorare tanto il peso che le conoscenze sociali
consolidate hanno nell'elaborazione delle informazioni, nei giudizi, decisioni e azioni quanto i fattori che
influenzano i cambiamenti nel bagaglio delle conoscenze.

COSTI DI TRANSIZIONE: PROBLEMI APPLICAZIONI E VARIANTI

La pratica del to buy era già conosciuta nell'edilizia e nella cantieristica dove per lo più lavoratori in
proprio offrivano prestazioni in base a dei contratti temporanei ad hoc stipulati con le imprese committenti.
Edilizia e cantieristica, in sintonia con Williamson sembrano suggerire che tutti i settori con processi molto
differenziati per produrre beni compositi abbiano una particolare convenienza in scelte TO BUY. Eccezioni
di ciò sono le industrie automobilistiche, dove l'auto è un prodotto risultante dall'assemblaggio di
migliaia di componenti merceologicamente eterogenei, che però per quasi tutto il XX secolo sono state
l'espressione di un regime fordista basato su scelte di verticalizzazione spinta e di TO MAKE . Solo a
partire dagli anni '80 le case automobilistiche occidentali hanno avviato un crescente ricorso a scelte di TO
BUY. Weber e Walker misero in luce che quasi sempre, nell'industria dell'auto, il TO BUY non fu
introdotto, come sostiene Williamson, con l’intento di ridurre i costi di produzione, ma perché le imprese
produttrici di componenti avviarono dei processi di specializzazione in una ristretta gamma di competenze
specifiche (core competence) con il risultato di offrire dei prodotti meno cari e qualitativamente migliori di
quelli che le imprese madri avrebbero potuto produrre in casa. Il comprare fuori parti del prodotto finale
favorisce processi di terziarizzazione del processo produttivo (outsourcing) con rilevanti conseguenze
organizzative: problema di delineazione dei confini dell’impresa dato che imprese produttrici collaborano
con più imprese committenti, anche con quelle in competizione tra loro.

OUCHI
IL CLAN

Per lui mercato e gerarchia non sono le sole forme di governo delle transazioni che si offrono a
un'impresa. Esiste una terza via che lui chiama CLAN. Il clan per funzionare presuppone che i contraenti
del contratto si sentano legati dall'appartenenza a un'istituzione con una tradizione, norme e valori comuni.
Per Ouchi il clan è il solo strumento che permette di governare le transazioni complesse, soprattutto
quelle a lunga scadenza. L'appartenenza al clan è la base su cui si fonda la fiducia tra i suoi membri e
vede nell'espulsione la sanzione in caso di inadempienza. Il clan precede l'attività economica, è fondato su
vincoli di sangue ed onore, il senso di appartenenza al clan può anche essere inculcato da un grande gruppo
di affari e ciò accade in Estremo Oriente, in Giappone. Il clan è basato su criteri ascrittivi di inclusione ed
esclusione cosa in contrasto con i criteri universalistici dello Stato di diritto in Occidente. Da un lato Ouchi
avverte che il clan è una forma più efficiente della burocrazia nel gestire transazioni economiche
complesse, ma dall'altro non va scordato, come insegna Weber, che la burocrazia grazie alla sua
imparzialità e neutralità affettiva è la forma più adatta a garantire un'amministrazione universalistica
della cosa pubblica. Il clan come forma di governo economico si pone in conflitto con tali criteri perché
suggerisce che la ricerca dell'efficienza può entrare in contrasto con i criteri universalistici tipici della
democrazia politica.

POLLAK
Applicazioni di micro e macro del modello. dall'economia domestica allo sviluppo locale

Nella prospettiva dell'ECT anche la famiglia può essere vista come un'impresa economica e questo consente
di collegare l'analisi delle scelte economiche a quella della sua struttura organizzativa. To make o To buy
sono scelte della vita quotidiana, pranzo a casa o al ristorante oppure via di mezzo consumo cibi
preconfezionati a casa. A livello strategico, la scelta della moglie di fare la casalinga (to make) o lavorare
fuori casa e scegliere una collaboratrice domestica (to buy). Pollak individua vantaggi e svantaggi che la
famiglia vista come impresa offre nell'organizzare un'attività economica rispetto a un'impresa che sia
istituzionalmente tale. Individua 4 vantaggi derivanti dal fatto che la famiglia nasce e si sviluppa con
criteri che non sono economici ma affettivi, ossia la forza degli incentivi non monetari, la diffusa e
continua circolazione di informazioni tra i suoi membri, l'altruismo e la lealtà. Ma lo svantaggio è quello di
non poter adottare comportamenti ispirati a puri criteri di efficienza. L'equiparazione della famiglia a
un'impresa economica può sembrare un mero esercizio intellettuale, ma non è così se si tiene presente che
una parte rilevante delle attività economiche sono svolte da aziende a conduzione familiare.

ORRU’ BIGGART E HAMILTON


CAPITALISMO GIAPPONESE, COREANO E TAIWANESE

Il capitalismo giapponese è definito dagli autori comunitarista per il ruolo svolto dai pochi grandi gruppi
di affari (keiretsu) che aggregano una vasta rete di imprese diverse tra loro, tra cui anche le banche incaricate
di finanziare le imprese del gruppo di appartenenza. Il capitalismo coreano è definito patrimonialista per
l'attivo intervento dello stato nel sostenere le principali imprese del paese. Il capitalismo taiwanese è
definito familista per il ruolo che la famiglia allargata svolge nel sostenere una differenziata rete di imprese
appartenenti a diversi membri della famiglia.
STINCHOMBE (?)
APPROCCIO ECOLOGICO ALLE ORGANIZZAZIONI

L'approccio ecologico alle organizzazioni. Le origini della scuola si trovano in un saggio di Stinchombe. La
novità è quella di assumere come oggetto di ricerca non singole organizzazioni ma insiemi omogenei o
specie di organizzazioni, dette popolazioni organizzative. Per Stinchombe le organizzazioni di tipo
nuovo hanno più difficoltà a sopravvivere di quelle di tipo vecchio.

Stinchombe sostiene che è falso che nelle società arcaiche si trovi maggior solidarietà perché la mancanza
di cultura e di comunicazioni mortifica i rapporti umani. Quanto più è avanzato lo sviluppo economico e
culturale tanto più il pluralismo etnico e sociale trova spazio e può esprimersi in una vita associativa e
solidaristica sconosciuta nelle società arcaiche.

Secondo Stinchombe man mano che divengono disponibili nuovi mezzi tecnici e sociali, compaiono nuove
specie organizzative.

CAPITOLO 5

GLI APPROCCI MORBIDI

Gli approcci morbidi sono approcci che privilegiano gli aspetti culturali, simbolici, riflessivi e i processi
di conferimento di senso che i soggetti mettono in atto interagendo con le organizzazioni stesse, approcci la
cui fortuna è cominciata agli inizi degli anni '70 che trovano la loro ragion d'essere in due fattori:

1. Dalla tendenza delle grandi imprese a passare da strumenti di controllo prevalentemente


burocratico - disciplinare a strumenti più raffinati di natura normativa, insieme di pressioni
molto più sottili volte a coinvolgere i dipendenti, capaci di suscitare in essi rapporti di amore - odio
verso l'impresa attenta alla crescita professionale ma anche più esigente nel richiedere totale
dedizione.
2. L'insoddisfazione che in quegli anni prendeva forma verso gli approcci hard

Gli approcci soft sono condivisi da diverse scuole di pensiero, l'interazionismo simbolico, il cognitivismo, la
fenomenologia e l'etnometodologia, tutti accomunabili dall'asse oggetto - soggetto.

Ad un estremo si trovano gli oggettivisti che partono dal presupposto che le organizzazioni possiedono una
propria cultura intesa come un giacimento che si è progressivamente accumulato nel tempo, attraverso
il suo studio si giunge a capire sia il funzionamento delle organizzazioni sia quello dei soggetti che ne fanno
parte. Per questo sono anche definiti culturalisti.

All'estremo opposto, troviamo i soggettivisti che partono da presupposto che la realtà esterna sia soltanto
una costruzione sociale risultante dal conferimento di senso che i soggetti compiono nel flusso della
loro esperienza. Tra questi due estremi esistono posizioni intermedie.

SCHEIN
LA CULTURA ORGANIZZATIVA

Per Schein studiare un'organizzazione equivale a studiare la sua cultura. Per Schein la cultura
organizzativa è l'insieme coerente di assunti fondamentali che un dato gruppo ha inventato, scoperto o
sviluppato imparando ad affrontare i suoi problemi di adattamento esterno e di integrazione interna, e
che hanno funzionato bene in modo da poter essere considerati validi, validi per insegnarli ai nuovi
membri come il modo corretto di percepire, pensare e sentire in relazione a quei pensieri.

Schein dice che la conoscenza di una cultura organizzativa procede attraverso un'analisi che si sviluppa a
diversi livelli di profondità:
1. Al primo livello, in superficie, ci sono gli artefatti ossia i prodotti immediatamente osservabili di
una data organizzazione.
2. Al secondo livello si trovano i valori espliciti dell'organizzazione. Siamo nella sfera dei discorsi
manifesti e accettati che vengono spesso creati e fatti circolare dalla leadership con l'intento di
rafforzare il senso di appartenenza e solidarietà, di individuare i pericoli e i nemici esterni, di chiarire
e legittimare le scelte dell'organizzazione, di creare consenso tra i membri.
3. A un terzo livello, ancora più profondo, gli assunti di base. Sono queste le convinzioni profonde e
inespresse, date talmente per scontate da non attrarre l'attenzione e di cui spesso i membri non sono
nemmeno del tutto consapevoli. Questo è il livello più importante per capire l'anima
dell'organizzazione.

MARTIN
PLURALITA' DELLE CULTURE ORGANIZZATIVE

Joanne Martin è una autrice che corregge la pretesa assolutistica del pensiero di Schein, non rifiuta quel
modello ma lo relativizza affiancando tre prospettive di analisi:

1. INTEGRATIVA: la cultura è fonte di armonia e consenso.


2. DIFFERENZIANTE: in un'organizzazione esistono diverse subculture talvolta in conflitto tra loro.
3. FRAMMENTARIA: in un'organizzazione non esistono culture ben definite ma una molteplicità di
punti di vista fluttuanti e ambigui.

La Martin per dare validità alla sua tesi riporta una sua ricerca su una grande impresa elettronica OTZU
(potrebbe essere IBM): tra i tanti argomenti la Martin seleziona tre principali questioni:

1. l'egualitarismo di trattamento e opportunità di carriera offerto ai dipendenti.


2. l'atteggiamento del management verso l'introduzione di innovazione
3. l'attenzione dell'impresa per il benessere fisico e mentale dei suoi dipendenti.

Analizza tali punti nelle tre prospettive:

Prospettiva Integrativa: per tutti e tre le questioni ricevono un giudizio rassicurante circa il clima aziendale
e la collaborazione tra management e dipendenti, dipendenti partecipano agli utili dell'impresa, hanno
sicurezza di impiego, l'egualitarismo è salvaguardato anche negli usi quotidiani, parcheggi e mense comuni
ai dirigenti e dipendenti, l'innovazione è incoraggiata al fine di creare strutture organizzative capaci di
integrare sempre meglio produzione e marketing andando incontro alle richieste dei clienti. Da qui il
racconto integrativo dell'ordine aziendale, emergono aspetti di consenso, il cambiamento coinvolge l'intera
organizzazione, l'approccio integrativo riconosce l'esistenza di ambiguità e conflitti solo come crisi
temporanee superabili con nuovi ordini.

Prospettiva differenziante: L'impresa è un insieme di diverse popolazioni lavorative dotate ciascuna di una
subcultura, non esiste l'egualitarismo, gli ingegneri hanno privilegi, incentivi sono usati come mezzo di
pressione sui dipendenti, si decide in modo autoritario, la gioviale disponibilità dei manager è in realtà solo
uno strumento di controllo sui dipendenti, poche donne hanno posizioni di rilievo. L'innovazione è
perseguita non in modo omogeneo e ostacolato da barriere interne. Le subculture sono di vari strati etnici e
professionali.

Prospettiva frammentaria: la Martin si sente più vicina a questa prospettiva, qui si vanifica l'esistenza di
una omogenea cultura aziendale ma anche quella delle tante subculture perché caratteristica dell'intera
organizzazione sono la confusione e l'ambiguità. Opportunità di carriera, introduzione di incentivi, politiche
del personale e costumi di vita quotidiana sono regolati in modo incerto e casuale e imprevedibile. Tale
prospettiva sottolinea la casualità dei processi decisionali le anarchie organizzate, flussi costanti e
imprevedibili di cambiamento.
Poiché le tre prospettive sono incommensurabili non è possibile fare delle sintesi ma bisogna cercare di
tenerle tutte presenti. Per adottare questo approccio multi-prospettico bisogna abbandonare il presupposto
oggettivistico che una prospettiva sia più corretta delle altre due. Conosciamo le organizzazioni solo
attraverso le loro rappresentazioni discorsive.

KUNDA
LA CULTURA AZIENDALE COME STRUMENTO DI CONTROLLO

Svolge una ricerca in chiave postmoderna sulla cultura aziendale su una grande impresa aziendale la Tech. Il
suo scopo è quello di spiegare in cosa consiste quella cultura come viene trasmessa, inculcata ai dipendenti e
come questi reagiscono. La sua è una ricerca etnografica sulla cultura aziendale della Tech.

Inizia osservando gli aspetti più manifesti (come Schein) dell'ambiente di lavoro e dell'organizzazione
aziendale e poi scende a livelli sempre più profondi. Sottolinea le ambiguità dei dipendenti le loro personalità
plurime (multiple self). Un'organizzazione non può mai spingersi al punto da richiedere l'annullamento della
personalità dei suoi membri, ma essi manterranno sempre un quid irriducibile che è alla base della loro
personalità privata che non potrà mai identificarsi totalmente con la personalità organizzativa.

Rispetto ai tempi di Barnard il controllo delle imprese sui dipendenti è molto più sofisticato: c'è un controllo
di terzo livello per distinguerlo dal controllo coercitivo (primo livello) e da quello gerarchico (secondo
livello), tale controllo è detto concertato per indicare che i soggetti hanno interiorizzato talmente bene i
codici aziendali da essere divenuti i più solerti controllori di sé stessi e dei propri colleghi di lavoro
(questo è il terzo livello). È diventato dunque una sorta di controllo culturale dove l'impresa vuole plasmare
la personalità dei suoi membri, nella convinzione che solo la totale e appassionata identificazione con i valori
e voleri dell'impresa stessa può portare a interiorizzare disciplina e autocontrollo. Abolire il confine tra il sé
e l'organizzazione in modo da far coincidere, secondo Kunda, gli interessi dell'azienda e quelli del
singolo. Kunda articola in tre parti l'esposizione della sua ricerca:

1. tratti distintivi della cultura Tech


2. rituali attraverso cui quella cultura viene diffusa e inculcata nei dipendenti
3. modo in cui i dipendenti la recepiscono e ai costi umani che ciò comporta.

Kunda esamina alla Tech la presenza di una ideologia aziendale, tale ideologia proclama che la Tech ha una
cultura forte sottolinea che i dipendenti devono farla propria se vogliono contribuire al successo dell'impresa
e raggiungere anche il proprio successo personale. Alcuni dei principi esposti in un documento interno di
quella che alla Tech è ufficialmente chiamata cultura aziendale sono:

1. siamo una grande famiglia


2. le persone sono creative, lavorano sodo, sono in grado di autogestirsi ed imparare.
3. la verità e la qualità sono il risultato di una pluralità di punti di vista, della libertà di iniziativa.

La Tech si aspetta che tutti i membri escogitino da sé stessi il modo migliore di fare il proprio lavoro, che
decidano per conto proprio le iniziative che ritengono giuste per l'impresa e che se ne assumano la
responsabilità. Il mondo Tech tende a sovraccaricare le persone se queste lo permettono, alla Tech si può
fallire perché significa non riuscire soltanto a raggiungere un obiettivo e quindi una sconfitta è superabile,
anzi si apprende dai fallimenti per non ripeterli più, tanto è vero che uno dei capisaldi della Tech è che non si
licenziano mai gli assunti, che se sbagliano vengono per qualche tempo spostati, emarginati privati del potere
precedente una sorta di umiliazione psicologica.

Per Kunda aderire al ruolo significa sottomettersi alla definizione del proprio sé che dà l'impresa, ma
l'adesione totale è considerata dagli stessi dipendenti poco dignitosa. La stessa Tech vuole che le persone
siano capaci di decidere da sole. Kunda individua alla Tech tre modi di prendere le distanze dal proprio
ruolo:

1. cinismo: demistificazione dell'ideologia aziendale.


2. analisi fredda e distaccata della Tech: i membri della Tech diventano studiosi della propria
organizzazione.
3. appellarsi al buon senso: corpo di conoscenze pratiche più utili della cultura.

La presa di distanza dal ruolo porta a reazioni emotive dette da Kunda rifiuto, chi lo prova dice di stare alla
Tech solo per ragioni strumentali, le reazioni emotive possono però essere semplicemente strumentali, un
mezzo per raggiungere i propri scopi, ma questo richiede un perfetto controllo di se stessi, cosa molto
difficile da raggiungere, incombe sempre il rischio del burn out (scoppiare) per l'eccesso prolungato di
attività, per lo stress dagli impegni, dalla pressione dei colleghi, il burn out provoca la perdita del controllo di
se stessi, è molto diffuso alla Tech.

1. Roy descrive astuzie e manovre di operai e manager in una vecchia fabbrica dove il conflitto
quotidiano è l'esperienza collettiva principale
2. Crozier indaga le micro-strategie di piccoli burocrati in una amministrazione pubblica bloccata dalla
mancanza di mercato e di possibilità imprenditive.
3. Tech: usa invece la cultura aziendale come dichiarato strumento di controllo e potere, dalla
prospettiva culturalista che ne deriva Kunda avverte che un capitalismo sviluppato con grandi risorse
finanziarie, tecnologiche, conoscitive e manageriali può pervenire a un controllo delle persone più
capillare e sottile rispetto al passato.

WEICK
SOGGETTIVISMO

Weick è il rappresentante del soggettivismo più radicale, oggetto della sua analisi sono i processi cognitivi
attraverso cui i soggetti conferiscono senso ai loro flussi di esperienza, la cultura prende senso solo
attraverso i processi cognitivi. Alla nostra mente arriva un flusso di esperienza caotico e informe al quale
noi diamo ordine e forma man mano che procede il processo cognitivo dove noi sviluppiamo delle deduzioni
che vengono sistemate in mappe causali, costruzioni dotate di senso e ordine logico. Ne deriva la centralità
dei processi di conferimento di senso (sensemaking) e anche la totale equivalenza tra processi di
creazione di senso e processi di organizzazione (organizing).

GIDDENS

La sua tesi è che bisogna rifiutare tanto l'imperialismo del soggetto quanto dell'oggetto, e il duplice
rifiuto è possibile se noi assumiamo come oggetto di studio non l'esperienza dei singoli attori e nemmeno
l'esistenza di totalità sociali ma un insieme di pratiche sociali ordinate nello spazio e nel tempo vale a dire
condotte istituzionalizzate di azione osservabili nella vita quotidiana. Oggetto della ricerca sono le pratiche
sociali dove le strutture vanno intese come un insieme di risorse e di regole generative delle condotte umane.
La struttura ha un carattere dualistico, da un lato rende possibile l'azione umana, dall'altro non esiste (la
struttura) al di fuori di tale azione ma è coinvolta nella sua costante produzione e riproduzione. Ne troviamo
una metafora nella lingua parlata che ha una sua struttura ma che è continuamente modificata
nell'uso. Per strutturazione, Giddens intende le condizioni che governano nello spazio e nel tempo la
continuità o il mutamento delle strutture e pertanto la riproduzione dei sistemi sociali.
Ricerca di Giddens di due centri diagnostici che lui chiama Urbano e Suburbano. In entrambi i centri
lavoravano tecnologi e radiologi, ai tecnologi spettava la gestione dei macchinari e la qualità tecnica delle
radiografie, ai secondi la lettura interpretativa delle lastre. Nei due centri si svilupparono due differenti tipi di
script:

1. Centro Suburbano: nessuno sapeva gestire il nuovo macchinario e vennero assunti un radiologo e due
tecnologi che ne avevano conoscenza. In tale fase lo script di comando fu sostituito da tre script costituiti
dalle seguenti modalità ricorsive:

 tecnologi cominciarono a lavorare senza chiedere il parere preventivo del radiologo.


 tecnologi ponevano delle domande, il radiologo rispondeva, i tecnologi commentavano la
risposta e il radiologo confermava la giustezza delle loro affermazioni.
 il radiologo spiegava ai tecnologi i motivi della sua preferenza per una procedura piuttosto che
un'altra e i tecnologi cominciarono ad aspettarsi le sue spiegazioni come un atto dovuto

Seconda fase nel processo di strutturazione del centro Suburbano, centro che Barley chiama
usurpazione dell'autonomia che riguarda i radiologi inesperti della nuova tecnologia di scanning e
dopo una rapida formazione da parte di un loro collega esperto si trovarono a dover interpretare le
lastre in scanning. Emersero altri tre tipi di script:

 insegnamento clandestino i radiologi inesperti cominciarono a chiedere informazioni ai tecnologi


su come interpretare correttamente le lastre.
 rovesciamento di ruolo che creava imbarazzo nei radiologi e ansia.
 rimprovero ai tecnologi i radiologi cominciarono a scambiare i problemi delle macchine per
incompetenze dei tecnologi e a rifiutare le spiegazioni di queste ultime.

La conseguenza a tali script fu il deterioramento dei rapporti interni.

2. Centro Urbano: qui erano i tecnologi a non avere esperienza, toccò ai radiologi insegnare ai tecnologi
come usare le macchine ma, poiché non erano familiari con le tecniche di insegnamento, i radiologi si
limitarono a dare ordini molto dettagliati su come usare le macchine ma senza spiegare perché. Lo script:

 di dare ordini divenne molto spesso la sola forma di comunicazione verbale tra radiologi e
tecnologi.

Dopo le prime due settimane altri due script comparvero ad aggravare la dipendenza dei tecnologi:

 usurpazione del controllo spesso i radiologi intervenivano sulle macchine e fermavano il lavoro dei
tecnici senza dare spiegazioni.
 ricerca di direzione i tecnici frustrati non avevano il coraggio di reagire e svilupparono lo script di
domandare ai radiologi cosa dovessero fare anche se lo sapevano.

Verso la quarta settimana i radiologi capirono che bisognava favorire l'indipendenza dei tecnologi e decisero
di passare più tempo nei loro uffici, tale decisione aumentò la confusione dei tecnologi che ora si sentivano
obbligati a cercare i radiologi, fino a che i radiologi ristabilirono le condizioni iniziali. tale situazione si
protrasse finchè il trasferimento dei radiologi più esperti non consentì la comparsa di script più
collaborativi. Si affermò un nuovo script che Barley chiama di consultazione tecnica e che capovolgeva
la situazione delle prime settimane. Ma questa volta emerse uno script di mutua consultazione basato su
conoscenze complementari i tecnologi divennero più autonomi e i radiologi attenuarono il controllo. Questo
è un esempio di come un'organizzazione non è fatta solo di strutture formali e di tecnologia ma che
essa vive e si plasma giorno per giorno in base a come le persone interagiscono, in base alle loro risorse
conoscitive e al modo in cui le usano. Le strutture organizzative si plasmano giorno per giorno in base alle
interazioni dei soggetti. Barley individuò nel complesso 14 script.

BARLEY
Abbandona l'idea della struttura come di una realtà esterna preesistente all'azione umana. Per Barley la
struttura si sviluppa nel corso del tempo, la ricerca deve rispecchiare questo sviluppo, deve durare il
tempo sufficiente per cogliere i mutamenti che si verificano in un periodo di tempo lungo. Il contesto esterno
è importante. Le nuove tecnologie sono occasioni per nuovi processi di strutturazione, si presume che
identiche tecnologie usate in contesti simili divengano l'occasione per produrre strutture differenti. Si tratta
di processi non deterministici. L'ipotesi di Barley che i processi di strutturazione indotti dall'avvento di
nuove tecnologie attraversino varie fasi. Concorrono a tale strutturazione le interazioni tra i cambiamenti di
origine esterna i vincoli istituzionali dell'azione umana sulla struttura. L'organizzazione è una realtà
dinamica interattiva e cangiante nel tempo perché plasmata dalle pratiche dei soggetti che giorno dopo
giorno concorrono alla sua definizione. È una struttura aperta che varia quando entrano in gioco nuovi
fattori umani, tecnici, conoscitivi, sociali, finanziari, politici.

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