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o Lignina: può considerarsi come una guaina che avvolge e irrigidisce la fibra, limitandone la capacità di
assorbire acqua, rigonfiarsi e legarsi alle fibre vicine. Composto NON glucosidico a natura
prevalentemente aromatica (6 C) spesso legati tra loro da più legami. Si tratta di un polimero, a struttura
tridimensionale complessa, amorfa e tendenzialmente idrofoba ma decisamente reattiva per presenza
dei gruppi ossidrilici, costituito prevalentemente da tre tipi monomeri diversi: alcool p-cumarilico, alcool
coniferico, alcool sinapilico.
o Emicellulose: solitamente localizzate nelle zone meno ordinate della fibra e quindi risultano più accessibili
all’attacco dei reattivi chimici e all’azione imbibente dell’acqua. Presenta una struttura simile alla
cellulosa, ma con ramificazioni laterali (e non fibrose) costituite da unità di glucosidi diversi e le sue
catene sono più corte. Con grande tendenza a formare legami idrogeno importanti per la fabbricazione
della carta, ma ciò la rende anche chimicamente meno stabile.
CARTA
Nel 105 d.C, un ministro della pubblica istruzione, di nome Ts’ai L’un, ebbe l’idea di come fabbricare la carta,
dopo aver osservato una sospensione di fibre vegetali galleggiare sulla superficie dell’acqua in alcune anse di
un fiume.
Le fibre di cellulosa vengono lavorate per ottenere una sospensione acquosa delle fibre imbibite e sfibrillate
mediante lavorazione meccanica in presenza di acqua (processo di raffinazione). Poi la formazione del foglio
umido che avviene mediante il drenaggio dell’acqua attraverso le maglie di una rete, ed infine l’essiccamento
dello strato delle fibre. Per l’evaporazione dell’acqua, si ha uno stretto contatto tra le fibre adiacenti; ciò rende
possibile la formazione di legami di natura elettrostatica, i “legami idrogeno”, responsabili della trasformazione
dello strato di fibre in un vero foglio di carta conferendo ad essa resistenza meccanica. Sono presenti altre
sostanze, in parte aggiunte, che conferiscono al foglio particolari caratteristiche che la destinano ad usi diversi
e sono le sostanze incrostanti (lignina ed emicellulosa). Le fibre delle carte antiche sono costituite
principalmente da cellulosa, quelle delle carte moderne anche da emicellulosa e lignina. Il grado di
polimerizzazione (DP) esprime il numero di monomeri di glucosio uniti tra di loro e varia in base all’origine
vegetale della cellulosa. Si riflette sulla resistenza della molecola: usato per definire le caratteristiche della
carta e per determinare il grado di conservazione di documenti antichi. Una carta di buona qualità ha un DP
medio intorno a 1000, mentre quello di una carta molto fragile o deteriorata può scendere fino a 100. Un calo
drastico del valore di DP è sintomo di numerose rotture a carico delle catene di cellulosa e indica un grave
deterioramento della carta.
La materia prima utilizzata era la cellulosa ricavata da stracci anche se in alcuni paesi veniva ricavata
direttamente da alcune piante. La composizione fino al ‘700 è costituita da stracci, gelatina/allume, a volte
carbonato di calcio. All’inizio del ‘800 l’evoluzione tecnica ha permesso di passare dagli stracci alla pasta legno
(woodpulp).
Nella fabbricazione della carta, si tenta di eliminare la lignina il più possibile per liberare le fibre di cellulosa che
tiene insieme poiché tale sostanza non forma i legami idrogeno, indispensabili per la preparazione di un foglio
di carta meccanicamente resistente. Inoltre nel tempo tende a far ingiallire la carta. Ha la capacità di
sciogliersi con facilità a caldo nelle soluzioni alcaline e di reagire con gli acidi, dando luogo a derivati solubili.
Per determinare alcune caratteristiche si inseriscono sostanze di carica (impartiscono maggiore opacità e
consistenza al foglio), collanti (rendono la cellulosa meno igroscopica, aumenta resistenza alla penetrazione
dell’inchiostro), pigmenti e coloranti.
Preparazione per carta di poco pregio = pasta legno come tale (tronchi scortecciati contro una mole rotante
immersa in acqua); per carta di migliore qualità (pasta chimica) = cottura o lisciviazione del legno sminuzzato
all’interno di bollitori per allontanamento delle lignina, resine, olii essenziali e terpeni; pasta semichimica nel
1900 = blandi trattamenti chimici, sfibratura meccanica, breve cottura a 170-175°C e per sbiancare si usano
biossido di cloro, reattivi ossidanti, solubilizzazione in alcani dei derivati clorurati.
Durante il processo di preparazione è molto poroso ed inadatto alla scrittura. Per riempire questi pori, si
utilizza una collatura che può essere di origine vegetale o animale. La colla vegetale è a base d’ amido, un
polimero non lineare che si differenzia dalla cellulosa soltanto per il tipo di legame tra le molecole di glucosio.
Formato per il 20% da amilosio e per il 75% da amilopectina, che presentano una diversa struttura spaziale. La
colla di gelatina animale, è un polipeptide prodotto per idrolisi parziale del collagene. A partire dal 1826 si
passa all’uso di colofonia, resina di conifere costituita principalmente da acido abietico che contiene un
gruppo acido –COOH e due doppi legami coniugati. Al tutto venivano addizionate le fibre di cellulosa e
l'aggiunta di allume comportava la precipitazione della colofonia all'interno della struttura porosa del feltro
che man mano si formava. Si forma uno strato idrorepellente che impedisce agli inchiostri di penetrare
all’interno del foglio. L’aggiunta di allume (solfato doppio di alluminio e potassio dodecaidrato) facilita
l’ancoraggio della colofonia alla cellulosa e la orientazione. Dagli anni '50 del '900 la colofonia è stata sostituita
con dimeri alchilchetenici (AKD) o anidride alchenilsuccinica (ASA).
DEGRADO
Avviene nel tempo ma il suo percorso è influenzato dal tipo di carta che differisce secondo le modalità di
fabbricazione, dalla natura delle sostanze che vengono aggiunte durante e dopo la fabbricazione e dalla
modalità di conservazione.
Il principale meccanismo comporta la riduzione della lunghezza delle catene polimeriche (depolimerizzazione)
e può essere conseguenza di idrolisi acida, ossidazione, fotodeterioramento, biodeterioramento, insetti.
Con l’idrolisi si ha la rottura di un legame glucosidico. L’acidità attacca le zone amorfe del substrato cellulosico
e le zone cristalline oppongono una forte resistenza. L’idrolisi acida avviene principalmente nelle regioni
amorfe in quanto più facili da raggiungere da parte di sostanze acide ma può comunque estendersi anche a
zone cristalline, a seconda della durata della reazione e dello stato in cui si trova la cellulosa. L’idrolisi basica è
più lenta e meno dannosa di quella acida a meno che la cellulosa non sia ossidata.
Il degrado ossidativo è una reazione che consiste nel trasferimento di elettroni da una specie chimica ad
un’altra e l’agente chimico è proprio l’ossigeno. Le reazioni di ossidazione producono acidi organici e questi
catalizzano le reazioni di idrolisi. Altre sostanze lo possono provocare come sostanze presenti nell’atmosfera a
causa dell’inquinamento, prodotti che già si trovano nella carta e sostanze interne alla carta introdotte con la
fabbricazione. Ha luogo sia in ambiente acido, sia in mezzo basico. Non modifica la lunghezza della catena
polimerica ma comporta piuttosto la trasformazione di alcuni elementi della catena stessa, che si alterano e
diventano chimicamente instabili. Comporta un’alterazione cromatica della carta.
FOXING = processi di ossidazione per l'accumulo di materiali metallici con probabile formazione di macchie
bruno rossastre. Processo di deterioramento che si manifesta prima ma che non determina immediatamente
un effetto nell’alterare la stabilità meccanica della carta.
La molecola della cellulosa assorbe fortemente le radiazioni elettro-magnetiche nella zona degli UV.
Avvengono sulla catena cellulosica reazioni fotochimiche, fortemente accelerate dall'umidità e dalla presenza
di eventuali catalizzatori presenti nella carta. Inizia con l'estrazione di un atomo di idrogeno all'ossidrile legato
al carbonio C, e la formazione di un radicale che reagisce con l'ossigeno atmosferico. Il prodotto formatosi per
azione ancora della luce determina la rottura del legame glucosidico.
In genere a un maggior contenuto in cellulosa corrisponde una migliore resistenza all'attacco di agenti
biodeteriogeni. La lignina è meno attaccabile a causa della sua minore capacità di assorbire acqua. Utilizzano la
carta come terreno nutritivo, poiché trovano in essa le sostanze necessarie alla loro sopravvivenza. Danni
meccanici possono essere causati da insetti (termiti, tarli, pesciolini d’argento, dermestidi) che erodono il
materiale, o da miceti, le cui ife penetrano nella parete primaria o secondaria delle fibre cellulosiche. L'attacco
fungino interessa soprattutto le regioni amorfe delle fibre e in generale indebolisce la struttura del materiale
compromettendone le proprietà meccaniche. Si generano alterazioni cromatiche, dovute all'attività di batteri e
funghi, che hanno la proprietà di sintetizzare coloranti differenti in funzione della specie. Danni di natura
chimica si manifestano con il peggioramento delle caratteristiche meccaniche delle fibre e la conseguente
riduzione della funzionalità del materiale arrivando alla sua completa distruzione.
La cellulosa è particolarmente sensibile anche al calore, compreso quello proveniente dall'assorbimento delle
radiazioni elettromagnetiche. A seguito di ciò di ciò essa può essiccare. Se E alta possono avvenire anche
reazioni tra gruppi ossidrilici di due catene cellulosiche diverse, che danno luogo a reticolazioni intermolecolari
e cioè a legami trasversali tra macromolecola e macromolecola. In presenza di un elevato grado di
reticolazione il materiale cellulosico diventa rigido e le singole macromolecole perdono la loro caratteristica
proprietà di elasticità.
METALLI E LEGHE
Il legame metallico è un caso particolare di legame delocalizzato e consiste in un'attrazione elettrostatica che si
instaura tra gli elettroni di valenza e gli ioni positivi metallici. Gli e - non sono legati a nessuna atomo particolare
e risultano estremamente mobili. Grazie a questa mobilità la conducibilità elettrica è alta. Non esistono
molecole ma aggregati reticolari.
È un legame forte e le energie di legame elevate (tra ione e ione) implicano alte temperature di fusione ed
ebollizione. Il legame non è direzionale (uguale nelle tre direzioni coordinate). Si ha quindi un’inalterazione
delle interazioni di legame in seguito allo slittamento di due piani reticolari → porta alla deformazione del
metallo sottoposto a sforzo, ma non una rottura del reticolo cristallino. Per brevi slittamenti la deformazione è
proporzionale al carico applicato secondo un fattore di proporzionalità ε (modulo elastico) completamente
reversibile (deformazione elastica). Oltre un certo carico limite, detto carico di snervamento, la deformazione,
non più proporzionale allo sforzo applicato, non è più recuperabile, e si parla di deformazione permanente o
plastica.
Gli ioni metallici possono organizzarsi nello stato solido essenzialmente secondo geometrie 3 reticoli
elementari cubico a facce centrate (c.f.c.) (massimo grado di simmetria e maggior numero di possibili piani di
slittamento che porta a metalli più duttili e malleabili, e quindi più facilmente lavorabili, esagonale compatto
(e.c.) (caratterizzato da minore simmetria, i metalli risultano più difficilmente deformabili). ) e cubico a corpo
centrato (c.c.c.) (mostrano un comportamento meccanico intermedio ).
Solo raramente i metalli si trovano come tali allo stato nativo. Quasi sempre sono ottenuti artificialmente per
riduzione termica dei loro minerali, principalmente ossidi, silicati carbonati e solfuri. Il metallo viene prodotto a
partire dallo stato liquido, portandolo ad una temperatura superiore a quella di fusione, e facendolo
successivamente solidificare. Nella fase liquida gli atomi sono liberi di muoversi in modo disordinato ed
distanza reciproca tanto maggiore quanto maggiore è la temperatura. Durante il raffreddamento l’agitazione
termica si riduce via via, fino a quando alcuni atomi riescono ad ordinarsi reciprocamente dando luogo alla
formazione di nuclei cristallini che crescono tridimensionalmente nel tempo, iniziando così la solidificazione. La
solidificazione procede a partire da nuclei, generalmente disposti sulle pareti dello stampo, che via via si
accrescono secondo le direzioni tipiche di un certo reticolo cristallino, a formare una struttura a grani, ma dato
che erano orientati casualmente nella fase liquida, durante la loro crescita verranno in contatto l’uno con
l’altro ostacolando una crescita regolare creando i bordi dei cristalli e i grani si dividevano con i bordi di grano.
Il numero di grani risulta tanto maggiore quanto più veloce è la solidificazione. La dimensione media dei grani
di un metallo influenza fortemente molte proprietà finali, soprattutto la sua resistenza meccanica. Maggiori
bordi di grano (minor numero di grani) significa maggiore resistenza allo scorrimento.
La diffusione dei metalli in vari campi di applicazione fin dagli albori deve molto alla capacità di questi materiali
di miscelarsi tra loro e formare leghe. Una lega è una combinazione, sia in soluzione o in miscela, di due o di
più elementi, di cui almeno uno è un metallo e dove il materiale risultante ha proprietà metalliche differenti da
quelle dei relativi componenti.
In una lega si possono avere casi diversi in base alle azioni mutue fra gli atomi:
• soluzione solida ordinata: se atomi diversi si attraggono con forze simili a quelle tra atomi uguali, con
conseguente distribuzione atomica omogenea;
• soluzione solida disordinata: se atomi, tutti metallici, diversi si attraggono con forze diverse;
• composto intermetallico: se atomi diversi hanno elettronegatività marcatamente differente e la struttura
acquista quindi alcune caratteristiche proprie di un composto chimico.
Il soluto può incorporarsi nel reticolo cristallino del solvente: sostituzionalmente, sostituendo una particella
del solvente (elementi caratterizzati da raggio atomico maggiore sono normalmente solubilizzati nel metallo) o
interstizialmente, inserendosi nello spazio tra le particelle (soprattutto elementi di piccole dimensioni
atomiche).
BRONZO: Una delle prime leghe prodotte dall’uomo (ca. 5000 anni fa), si indica una lega di rame e
stagno. La composizione delle leghe di bronzo usate nell’antichità è variata molto nelle diverse
epoche. Utilizzato oggi per fusioni artistiche è composto dell’89% di rame, del 9% di stagno e un 2% di
altri metalli. La temperatura di fusione del bronzo diminuisce al crescere della percentuale di Sn e
questo richiede un consumo di energia minore, rispetto al rame puro. L’aggiunta dello stagno migliora
notevolmente le proprietà del rame aumentandone la durezza, le proprietà elastiche, la resistenza
all’usura e la resistenza alla corrosione. Si aggiunge spesso l’1% di zinco, che la rende più scorrevole.
Usato dagli scultori per le loro opere perché si espandono lievemente poco prima di solidificare,
riempiendo ogni minimo vuoto dello stampo che le contiene. Nelle normali condizioni di
raffreddamento è una struttura dendritica (comune per la maggior parte delle leghe). Le singole
dendriti si accrescono e nel contempo riempiono gli spazi tra di esse finché sono vicine e si ha così la
completa solidificazione dell’intero cristallo. Le leghe metalliche in genere solidificano in un intervallo
di temperatura i cui estremi corrispondono alla curva del liquido (al di sopra è completamente liquida)
e alla curva del solido (al di sotto è completamente solida). Anche nei sistemi in fase fusa possono
esserci condizioni di: completa miscibilità, parziale miscibilità e immiscibilità.
DEGRADO
Una volta in contatto con l’ambiente il metallo tende spontaneamente a ritornare in uno stato di maggiore
stabilità. I principali prodotti di alterazione sono i medesimi composti che si trovano allo stato naturale come
minerali.
Il degrado dei materiali metallici è sostanzialmente un fenomeno di corrosione: chimica (reazione diretta di un
metallo con un ossidante tipicamente O) ed elettrochimica (caratterizzata dalla presenza di acqua e avviene
con meccanismo di natura elettrochimica). La corrosione ad umido ha luogo quando il materiale metallico
viene a contatto con agenti aggressivi in soluzione acquosa (elettrolita) e segue cammini diversi di reazione in
funzione del grado di acidità o basicità della soluzione. Avviene attraverso due reazioni di ossido-riduzione
complementari che hanno luogo contemporaneamente. La semireazione anodica, di passaggio da ferro
metallico a ione ferroso, è una reazione di ossidazione e libera elettroni e nella semireazione catodica
(riduzione) O acquisisce gli elettroni liberati dalla semireazione anodica. L’acqua ha anche la funzione di
solvente stabilizzando le specie ioniche. Si forma così la ruggine.
Il ruolo dell’acqua risulta di fondamentale importanza in quanto la reazione tra metallo e ossigeno, a bassa
temperatura, avviene, con meccanismo elettrochimico, solo in presenza di acqua. La presenza di acqua è
imputabile a tre possibili fenomeni: microcondensazione capillare (in corrispondenza delle disuniformità
superficiale del metallo), condensazione chimica (per interazione chimica tra vapore acqueo e Sali presenti) e
condensazione da absorbimento (forze di legame chimico tra le molecole di vapore acqueo e superficie del
metallo).
Si possono avere condizioni di “immunità” quando la forma stabile è il metallo stesso poiché la corrosione, dal
punto di vista energetico, è sfavorita; in condizioni di attività sussistono le condizioni termodinamiche di
spontaneità della reazione di corrosione e la reazione ha luogo con velocità che dipende di norma dalla
semireazione catodica o eventualmente dalla semireazione di ossidazione del metallo a ione e di passività si
ha quando sul metallo si forma uno strato o film superficiale che ne riduce, in alcuni casi drasticamente, la
velocità di corrosione.
RAME: ottenuto essenzialmente per riduzione e successiva raffinazione termica. Esposto all’ atmosfera
il rame sviluppa film superficiali di diversa composizione, di colore e spessore variabile in funzione del
tempo di esposizione e della presenza nell’aria di gas o particolato solido. Appena esposto ha un
colore rosa brillante, che nel giro di qualche settimana si trasforma in un colore bruno, caratteristico
della cuprite, o ossido di rame. In atmosfere rurali o poco inquinate, il colore vira poi ad un marrone
scuro tendente al nero, a causa della formazione di solfuri di rame. Il verde, con sfumature più o meno
intense di azzurro è causato principalmente dalla conversione dei solfuri in solfati e solfati basici
(antlerite e brocantite). Un verde più acceso è invece indice della presenza di cloruri (atacamite). Tra i
prodotti di corrosione ci sono Cuprite (ossido rameoso o cuprite, di color rosso cupo), Cloruri di rame
(Atacamite, varia dal color smeraldo al verde scuro e Paratacamite, polvere verde), Solfati di rame
(Brocantite, verdi, e Connellite, blu), Solfuri di rame (Chalcocite, nero).
STAGNO: tra i prodotti di corrosione c’è Cassiterite (polvere bianco-grigiastra)
PIOMBO: tra i prodotti di corrosione Carbonati di piombo (Cerussite), Cloruri di piombo (Cotunnite),
Solfati di piombo (Anglesite), Solfuri di piombo (Galena), Ossidi (Plattnerite,bruno, e Litargirio, rosa)
BRONZO: con l’esposizione si ha la formazione di un sottile strato cuprite,
non altera in modo significativo la superficie dell'oggetto e ne preserva
pressoché inalterati i rilievi ed i dettagli. Con la presenza di acqua gli ioni
della cuprite. Contemporaneamente, SO 2 atmosferico, assorbito nelle
deposizioni umide, viene ossidato a solfato. Si ha la precipitazione dei
solfati basici di rame ed a seconda del pH dello strato acquoso. In presenza di CO 2, o meglio di sistemi
acidi che da essa si formano nell’ atmosfera in presenza di acqua si creano carbonati basici di rame
(Malachite, Azzurrite, Calconatronite). In presenza di elevate concentrazioni di cloruri, si ha la
formazione anche di atacamite e paratacamite.