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Lui (autore) deve tornare a casa da famiglia, ma avendo assistito all'orrore capisce che anche se era
tornato doveva elaborare il lutto e trauma che aveva vissuto. Elabora quindi personaggio di Geroge,
cha a differenza autore rimane lì, fa quello che lui non poteva fare e alla fine personaggio muore.
George ha salvato Chalandon. George in realtà torna dalla moglie dopo il Libano, ma dopo l'ultima
volta è tornato solo il corpo, non la mente. Rimarrà ucciso nel suo ultimo viaggio in una scena di
guerra.
Cap.19 George è in Libano ospite di un amico di Sam. Il giorno dei massacro al campo di Sabra il
tipo (Marvan(?) lo capisce e lo comunica a George. Fa paragone tra Marvan che annuncia brutta
notizia e messaggero di Antigone. Si vestono nella notte pronti al peggio. C'è stato un massacro in
cui muoiono gli attori. La pièce non verrà mai quindi portata sul palco, non ci sarà mai tregua della
guerra, anzi vince la guerra. Dopo il massacro viene descritto l'orrore che trova con anche cadavere
di Iman (Antigone). George trova borsa con terra che gli era data e compie rito. È lui che diventa
Antigone e versa sabbia sul corpo della ragazza e su un altro combattente palestinese. Prende poi
taccuino di Sam e scrive ''Fine'', lo fa per mettere distanza tra lui e sangue, poi si allontana. A casa i
due uomini e Marvan dice che deve tornare a casa. G. dice che hanno ucciso Antigone. L'altro dice
che hanno ucciso Iman, non Antigone, che George e tutti gli altri lo sono. Morte non ha la meglio
attraverso le sue incarnazioni, Antigone è destinata a sopravvivere nelle reincarnazioni.
George torna alla ''normalità'' che per lui non può più essere la normalità. Sua figlia fa un capriccio
per un gelato, ma George dopo quello che ha visto non può accettare che una bambina faccia un
capriccio per una cose del genere e si arrabbia. Decide quindi di tornare in Libano, sceglie la guerra
e la morte. Rinuncia alla famiglia. Tutto il romanzo segue quindi la tragedia, non è solo metateatro.
È la guerra arabo-israeliana la tragedia di Antigone, è una lettura politica della tragedia.
Alla fine c'è una pagina ripresa dal testo di Anouihl.

Conferenza di Claudio Magris del 2012 all'Accademia nazionale dei Lincei dal titolo ''Antigone
creola''. Antigone è così grande che sfugge a controllo del suo creatore. È una sua persona propria.
Suscettibile a diverse interpretazioni, capace di esprimere significati universali e far riconoscere la
sua storia negli avvenimenti di varie epoche. Creonte non è sanguinario, ma rappresentante della
legge (dura lex, sed lex). Universalità Antigone non si limita a mondo occidentale (abbiamo visto
opere magrebine ad esempio), come riscrittura del 1953, tragedia di autore haitiano, Felix … che
compone Antigone in lingua creola dal titolo ''Antigone en creole'' di cui esistono traduzioni.
L'autore conosce benissimo il francese, quindi scelta della lingua è ideologica. Il creolo è lingua
meticcia delle isole caraibiche che si è creata da incontro schiavi neri portati in America e in isole
caraibiche, ma anche lingua parlata da schiavi,parole mischiate tra haitiano e francese, che anche i
padroni parlavano, stessa lingua per dominati e dominanti, che già parlavano una variante del
francese che si mischia con varianti africane che mischiate formano creolo. Entrambi (schiavi e
padroni) erano tutti sradicati dalla loro terra e lingue permetteva di riconoscere identità caraibica.
Era una lingua familiare, per lo più orale con uno stigma, considerata di serie B, quindi alcuni
continuavano a parlare francese (per ascesa sociale). È lingua vitale sottoposta da continui
cambiamenti perché deformata dall'uso, è linguaggio della relazione più che dell'essere, un
linguaggio vivente e in continua metamorfosi che nasce in comunicazione. La creolité non è
diversità selvaggia ma esempio della capacità di vivere realtà plurima e comunque non disgregata.
La scelta dell'autore è originale perché ad Haiti lingua ufficiale era il francese al tempo. Ma quando
opera va in scena nel 1935 ad Haiti al potere c'è un generale (tiranno Creonte?) E autore sarà
costretto all'esilio. Originalità opera non solo politica ma culturale, Antigone viene trasposta in un
villaggio haitiano al posto di Tebe. Aggiunto un personaggio importante del narratore che non c'è
nell'originale, che è figura essenziale in tradizione creola e nella vita degli schiavi perché era colui
che faceva tramandare le storie innervandole di nuova vita, era una figura di traduttore culturale
perché ricontestualizza racconti nati in un contesto diverso (Antigone dice di no a legge terrena
come fanno gli schiavi neri). Antigone è quindi un'icona, un simbolo, paradigma. È eterna grazie
alle numerosi incarnazioni.

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