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Scheda libro di Una questione privata di Beppe Fenoglio

Pagine 38-39 ( Era il tre ottobre '42... Ma lo varcava, se lui sentiva affondarglisi nel cuore i becchi di tutti i gabbiani.)

Contestualizzazione

Si tratta di un estratto della parte iniziale del romanzo: dopo aver appreso dalla vecchia custode della villa di Fulvia che tra quest'ultima e Giorgio, il migliore amico di Milton, l'unico con cui il giovane partigiano, insicuro e asociale, si sentiva a suo agio, c'era del tenero e che con tutta probabilit avevano anche consumato, egli chiede una giornata di permesso al capo del suo distaccamento per recarsi a quello di Giorgio, per saperne di pi. Purtroppo Giorgio era fuori con altri compagni, allora Milton resta fuori dal rifugio al freddo ad aspettarlo. A questo punto gli riaffiora alla mente il momento della partenza di Fulvia, la quale gli annuncia di dover far ritorno a Torino il pi presto possibile, per rivedere finalmente i suoi genitori. Il ragazzo per non riesce a immaginarsi nemmeno per un momento Fulvia se non da sola, senza famiglia, senza passato, se non i momenti passati con lui: infatti quando ella gli chiede se fosse interessato a sapere dei suoi fratelli, dei quali ella parla comunque, Milton risponde con durezza che la cosa non gli interessa, come se volesse negare che ci possa essere qualcuno all'infuori di lui nella vita di Fulvia, anche se si tratta dei suoi parenti.

Stile
Questo stralcio presentato dall'autore come un flashback che si presenta all'improvviso nella

mente di Milton, mentre attende il ritorno di Giorgio all'addiaccio. La maggior parte del brano riportato sotto forma di dialogo, di botta e risposta tra Milton e Fulvia, dopo che quest'ultima gli aveva annunciato il suo imminente a Torino. Lo stile dell'autore appare chiare e lineare. Si pu intravedere una nota di lirismo unito al realismo, in quanto molti amori sono finiti durante la guerra, poich i partner sfollati dovevano fare ritorno nella loro citt, ma sicuramente questa realt stata reinterpretata da Fenoglio. Molto efficace l'immagine finale dell'oceano: Fulvia per rassicurare Milton, molto turbato dall'addio, gli dice che non sta varcando l'oceano, ma andando semplicemente a Torino, ma per Milton questa distanza di poche decine di chilometri dalla citt appare come un enorme oceano, insuperabile, che gli impedir di rivederla. Il dolore della partenza immerso anch'esso nel clima del mare: le crudele spade che infilzano il suo cuore spezzato sono infatti paragonate ai becchi dei gabbiani.

Analisi e interpretazione
Fenoglio riesce a congelare l'azione senza che nulla rimanga in sospeso, come se si fosse conclusa con la delusione di Mlton per non aver trovato immediatamente Giorgio. Infatti egli rifiuta l'invito di Moro, il capo del distaccamento, a entrare nel rifugio per ripararsi dalla coltre di nebbia densissima e dal freddo, restando da solo in un clima meditativo molto forte: da esso nasce infatti il flashback, che appare da subito nitido e chiaro, come se la scena avvenisse in quel momento davanti agli occhi del lettore. Fulvia nel dialogo fa emergere come sempre il suo tono da bambina viziata, come se tutto ruotasse attorno a lei e tutto ci che fa fosse ovvio e scontato (questo tratto emerge particolarmente dall'ostinazione con cui ella parla dei suoi fratelli, nonostante Milton le avesse che non gli interessavano): infatti la partenza non sembra turbarla minimamente, mentre nel cuore di Milton si apre una falda incolmabile. Il ritorno a Torino viene da lei annunciato con naturalezza, come se non stesse tornando nella sua citt, ma semplicemente girando l'angolo. Al tono ingenuo e spontaneo di Fulvia si oppone quello egoistico e duro di Milton, che vorrebbe che la sua amata non partisse, che non avesse pi una famiglia da cui tornare e restasse con lui. Essendo sempre stato con lei sola, o al massimo in presenza di Giorgio, la sua mente si ostina a non riuscire a immaginarla se non da sola, non accettando l'idea di non essere l'unica persona che era entrata a far parte della sua vita. Milton rivolge lo sguardo altrove, cercando di non ascoltare le parole di Fulvia, osservando un ruscello nelle vicinanze, forse vedendo la distanza, non tanto quella fisica quanto quella sentimentale, fra i due come un fiume inguadabile, che sfocia iperbolicamente in un oceano sorvolato da gabbiani che infieriscono crudelmente sul cuore ormai dilaniato di Milton. Pagina 69-70 (Io vado da quelle parti...Lo sai che questi scambi alle volte sono trappole infernali)

Contestualizzazione
A questo punto ci troviamo circa a met del romanzo: dopo aver appreso da Sceriffo che Giorgio era rimasto indietro, disperso tra la nebbia cos fitta da sembrare latte, e aver ricevuto da un contadino la triste notizia della cattura di Giorgio da parte dei nazisti, Milton, siccome sia il suo distaccamento sia quello di Giorgio sono privi di prigionieri, decide di recarsi al

distaccamento rosso di Hombre, sperando che almeno loro ne avessero uno con cui poter fare lo scambio. La preoccupazione dell'interlocutore del giovane, Frank, che, appartenendo Milton ai partigiani badogliani, di idee diverse rispetto a quelli rossi, anche avessero un prigioniero (il che era difficile, poich se catturavano un fascista, il malcapitato non faceva in tempo a diventare tale), non glielo darebbero di certo per liberare un altro badogliano. Milton sembra comunque non preoccuparsi di questo,, confidando nell'amicizia con Hombre. Il capitolo si conclude con le parole di Frank che, ribadendo il suo scetticismo sulla riuscita dell'impresa, mette in guardia il compagno sui pericoli che quest'ultima pu comportare.

Stile
In questo stralcio, come in quello precedente, l'autore non lascia spazio all'espressione politica, nonostante faccia riferimento alla distinzione tra partigiani rossi e badogliani e alle asperit che vi erano tra di loro. La scena esprime invece un maggiore realismo rispetto a quella precedente: il dialogo tra Milton e Frank d al lettore una chiara idea di come poteva venire elaborato uno scambio tra prigionieri, che vengono considerati come una qualunque merce o oggetto( infatti Milton parla anche di farsi imprestare il prigioniero). Non vi era infatti nessun rispetto per i prigionieri, come se non fossero nemmeno uomini, ma solo come obiettivi o da distruggere o da scambiare con dei compagni catturati. Anche qui la scrittura di Fenoglio si presenta scorrevole e di facile comprensione: il dialogo tra i due partigiani caratterizzato da periodi brevi e concisi, non c' spazio per lunghe riflessioni e per un'accurata pianificazione della liberazione di Giorgio; sembra tutto improvvisato sul momento: la vita a quei tempi era cos imprevedibile e insicura che non aveva nemmeno senso fare progetti a lunga scadenza, poich nessuno era sicuro di riuscire a vivere nemmeno il minuto successivo.

Analisi e interpretazione
Fino a un momento prima il lettore poteva avere l'impressione che la gelosia di Milton, scatenata dalla rivelazione della vecchia custode, avesse preso il sopravvento su di lui, anche se esternamente sembrava mantenere il solito autocontrollo e distacco dagli altri. La volont di far liberare Giorgio appare quindi ambigua, poich il lettore portato a chiedersi quali siano a questo punto le intenzioni di Milton: lo vuole salvo per poter sapere da lui la verit sul suo rapporto con Fulvia, oppure lo fa spinto da un vero sentimento di amicizia, temendo realmente per la vita dell'amico? Il tono di Milton che traspare dalla lettura serena e tranquilla, razionale, se vogliamo: infatti, nonostante non si conoscano i suoi progetti riguardanti la liberazione di Giorgio, egli si preoccupa comunque di non coinvolgere il padre dell'amico, lasciando semplicemente detto che andava a cercare un prigioniero con cui poter effettuare lo scambio. Interessante anche notare la diffidenza (quasi inimicizia) nutrita dai rossi per i badogliani e viceversa. L'autore sembra per far emergere la sua voce attraverso quella di Milton: mentre Frank convinto dell'impossibilit di collaborare coi partigiani della Stella Rossa, Milton crede nella loro collaborazione, trovandosi in un rapporto di profonda amicizia con Hombre, il capo del distaccamento rosso. Con le parole del protagonista, probabilmente Fenoglio ha voluto comunicare al lettore la sua opinione, cio che le piccole differenze politiche e ideologiche non devono avere troppo peso: gli uomini che, nonostante vi siano discrepanze (da nulla), credono in un unico ideale e hanno un solo obiettivo comune (in questo caso quello di liberare l'Italia dalla morsa fascista), dovrebbero collaborare senza indugio per poterlo

raggiungere. Infine possiamo dire che il lettore viene indubbiamente colpito dall'antitesi tra il pessimismo di Frank, convinto del fallimento dell'impresa e della pericolosit di essa, che potrebbe anche ritorcersi contro lo stesso Milton, e l'ottimismo di quest'ultimo, che sembra non preoccuparsi affatto dei rischi. Pagina 153-154 (Le dita del sergente si slacciarono... mirando alla grande macchia rossa che gli stava divorando la schiena.)

Contestualizzazione
Dopo essere giunto a Canelli, Milton si mette al riparo dai fascisti di San Marco che stavano setacciando il paese, intrufolandosi in una vigna, dove incontra la vecchia proprietaria, che per sua fortuna stava dalla sua parte. Grazie alle informazioni fornite dalla donna, riesce ad intercettare un sergente fascista che si recava ogni giorno, anche pi volte al giorno, dalla sua vicina per avere rapporti molto intimi. Milton, dopo averlo colto alle spalle di sorpresa, gli ordina di mettere le mani dietro alla nuca, e di non fare passi falsi se ci teneva alla vita (precisando comunque che la sua intenzione non era quella di ucciderlo, ma di scambiarlo). Mentre camminano Milton cerca di farlo parlare, come per fargli passare lo shock dell'aggressione: riesce a sapere dal sergente solo il nome e il fatto che non fosse uno studente. A un certo punto il prigioniero scioglie le mani incrociate dietro la testa e fa per fuggire,e Milton, istintivamente, gli spara, inferendogli un colpo mortale. Il gesto stato del tutto involontario, automatico: quando tutto sembrava andare per il meglio e l'impresa riuscita, la situazione subisce un bouleversement irrimediabile, rendendo vano ogni sforzo finora fatto.

Stile
L'autore, dopo aver riempito le pagine precedenti con le parole che Milton rivolge al sergente, per lo pi senza ricevere alcuna risposta, interrompe improvvisamente i discorsi del protagonista, cos come era stato improvviso e del tutto inaspettato il gesto del prigioniero. Lo scrittura di Fenoglio si presenta, come in tutto il libro, chiara e diretta, con un linguaggio semplice, poich a quei tempi difficilmente si trovavano partigiani o soldati che si servivano di un registro alto. Straordinariamente efficace l'immagine proposta alla fine del capitolo dallo scrittore, che vede la ferita e il sangue come una sorta di mostro che divora il sergente dall'interno, che si propaga lungo la schiena sottraendolo alla vita. In questo caso l'uso del termine divorare, sembra voler mettere in luce anche lo stato d'animo di Milton, che vede le sue speranze e le sue fatiche andate in fumo, lacerate dalla pallottola che aveva ucciso l'unica persona attraverso cui avrebbe potuto ottenere la liberazione di Giorgio. Infine interessante notare come il gesto di Milton sia stato del tutto involontario, come azionato dal suo grido, come se la forza della sua voce fosse stata tale da fare lei stessa pressione sul grilletto.

Analisi e interpretazione
La conclusione del decimo capitolo offre un inaspettato colpo di scena al lettore, il quale

rimane quasi shockato dal misero fallimento dell'impresa. La tensione drammatica tale che chiunque viene trasportato da un sentimento di compassione per il protagonista, disperato, e finisce per identificarsi con quest'ultimo, vivendo come lui la disperazione e la delusione causata da quella maledetta pallottola. C' anche da chiedersi perch il prigioniero abbia deciso di non attenersi alle istruzioni di Milton. Due potrebbero essere i motivi: o l'orgoglio troppo forte per permettergli di cadere in mano nemica, o la paura suscitata in lui dalle parole di Milton, che continuava a ripetergli quanto i suoi compagni avrebbero voluto mettergli le mani addosso, ucciderlo, strappargli il cuore, una volta arrivati al distaccamento (pur sempre ripetendo che non avrebbe permesso loro di torcergli un capello). Interessante anche notare come nelle pagine precedenti Milton avesse fatto di tutto per dissuaderlo dal tentare di ribellarsi, poich non avrebbe lasciato altra scelta al partigiano se non quella di ammazzarlo, anche se la sua morte sarebbe stata come un suicidio, poich sarebbe stato lui stesso a causarla. Il lettore portato ad immaginare come una scena a ralenty, in cui i personaggi sono sospesi tra la terra e il cielo, tra realt e finzione: allo stesso Milton sembra impossibile che il corpo ormai esanime del fascista giaccia sul terreno, a lui pare che sia come conficcato nel cielo. Infatti questo senso di astrattezza come un forzato e vano tentativo di auto convincimento che tutto ci non sta realmente accadendo, che le fatiche di Milton non sono state inutili, che c' ancora possibilit di salvare Giorgio, che il proiettile si sia fermato prima di raggiungere il dorso del nemico: ma purtroppo questa sorta di sogno dove tutto sospeso ed etereo viene stroncato dalla macchia di sangue che vorace si espande, come se si nutrisse della disperazione di Milton e della vita del malcapitato.

Confronti
Avendo letto altri due libri appartenenti alla corrente neorealista, Fontamara e Il sentiero dei nidi di ragno, mi possibile fare un confronto con Una questione privata. Prendendo in esame il romanzo di Silone e quello di Fenoglio, possiamo dire innanzitutto che essi sono tra loro molto diversi, sia perch sono ambientati in tempi diversi (il primo intorno agli anni '30, dominati dalla dittatura fascista, e il secondo negli anni della Resistenza), sia perch realt viene vissuta da personaggi differenti (i primi infatti sono una comunit di contadini analfabeti e inconsapevoli di ci che succede al di fuori del loro borgo, e il secondo un ragazzo asociale che vive la lotta partigiana a modo suo). Nonostante si tratti di romanzi molto distanti tra loro, il tratto che sembra unirli di pi lo spiccato realismo con cui gli autori arricchiscono e rendono pi convincenti le loro opere, rendendo il lettore cos partecipe, che quest'ultimo ha l'impressione di trovarsi fianco a fianco coi protagonisti e di vivere le loro stesse emozioni. Un confronto pi facile quello tra Il sentiero dei nidi di ragno e Una questione privata, le vicende di entrambi si svolgono attorno al 1943; gli anni della Resistenza sono per presentati in maniera differente: il protagonista dipinto da Calvino infatti un bambino, che vede la guerra come una cosa da grandi, alla quale vorrebbe partecipare ad ogni costo alle battaglie con la pistola sottratta al marinaio tedesco, mentre Milton vive questa situazione in maniera razionale e consapevole ( per esempio sa benissimo che la lotta al fascismo trionfer definitivamente entro maggio) e agisce di conseguenza. Ma la differenza sostanziale tra Silone, Calvino e Fenoglio l'uso della letteratura come mezzo di propaganda dei propri ideali e del proprio partito politico: mentre i primi due si possono definire intellettuali organici, lo scrittore piemontese non fa emergere dalla sua opera alcun riferimento alla politica, se non i contrasti interni alla lotta partigiana tra badogliani e

rossi.

Impatto personale
A mio parere questo romanzo lascia difficilmente indifferente il lettore, che viene immediatamente colpito dalla spontaneit, che sfocia quasi nella stupidit, di Fulvia e del suo modo di parlare e di relazionarsi con Milton: questo emerge chiaramente per esempio quando i due ballano insieme e Fulvia, come posseduta da incessanti sbalzi d'umore, prima si lamenta con tono supponente e scocciato del modo di ballare del protagonista (paragonandolo ad un goffo ippopotamo), per poi abbracciarlo e dirgli dolcemente che dovrebbe cercare di migliorare. Straordinaria a mio parere la capacit dell'autore di raccontare le esperienze del protagonista, che verosimilmente erano state anche le sue: Milton infatti non altri che l'alter ego di Fenoglio che, come il protagonista, era nato ad Alba, aveva fatto parte della Resistenza (anche se dalla parte dei rossi e non dei badogliani) e nel periodo della lotta partigiana aveva circa vent'anni, era un grande conoscitore dell'inglese e si dilettava nella traduzione di testi in lingua originale. A mio parere questo romanzo molto interessante, ricco di aspetti realistici e liristici, abilmente alternati dall'autore, che sa tenere in equilibrio il suo castello di carte tra la gravosa e pericolosa realt della lotta partigiana la pi poetico sentimento amoroso che Milton prova per Fulvia. Infine ho trovato particolarmente commovente la figura di Riccio, il ragazzino che era stato catturato dai fascisti con l'accusa di collaborare con la Resistenza, anche se in realt non aveva fatto niente di pi che portare dei messaggi: dopo tanto tempo, il quattordicenne credeva di essere ormai salvo, come avesse ricevuto l'amnistia, quando il capitano decide di farlo fucilare, di far eseguire quella condanna che sembrava non avere pi valore. Riccio fa emergere cos il suo lato pi infantile, tenta di persuadere il tenente a non dar l'ordine per l'esecuzione con ogni scusa possibile, invoca invano l'aiuto della madre tra le lacrime, ma alla fine, capendo che era inutile supplicare, va al patibolo con dignit, come fosse un vero partigiano, pensando ai compagni e chiedendo al tenente, come fosse il suo ultimo desiderio, di dare la torta che aveva conservato al primo prigioniero che fosse giunti nella sua cella.

Si pu considerare Il giorno della civetta di Leonardo Sciscia un romanzo neorealista?


Il romanzo Il giorno della civetta di Leonardo Sciascia si potrebbe prestare a varie interpretazioni: la sua posizione rispetto al neorealismo infatti ambigua e non del tutto chiara. Esso non di certo un figlio diretto del neorealismo, poich non tratta le tematiche della lotta partigiana e non fa riferimenti alla seconda guerra mondiale (essendo anche stato scritto circa quindici anni dopo la fine della guerra), ma considera le problematiche della Sicilia degli anni '60, le idee contrastanti e la diversa visione della situazione dell'isola del settentrionale Bellodi, il capitano dei Carabinieri trasferito a C. ( i nomi dei paesi non vengono riportati forse per dare un'idea pi generale ed ampia del problema, per dissuadere il lettore da pensare che esso appartenga solo ad un paesino), convinto che la mafia esista, e degli uomini del sud come Marchica e Pizzuco, o gli stessi carabinieri indigeni, che continuano a ripetersi che la mafia solo un'invenzione del polentone. Invece da un punto di vista stilistico e linguistico, quest'opera pu essere considerata come

una discendente del filone neorealista, poich ne presenta i caratteri tipici: la descrizione di situazioni e scene il pi possibile vicine alla realt e alla vita vissuta, la volont dell'autore di lasciare una testimonianza diretta di quello che succedeva o che era successo nel nostro paese, una scelta linguistica accurata e molto prossima al parlato e alla quotidianit (infatti Sciscia riporta a volte senza italianizzarle delle parole del dialetto siciliano e utilizza anche dei soprannomi, come Zicchinetta per Diego Marchica), per poter dare al lettore un'ulteriore impressione di forte realismo.

Benedetta De micheli IV f

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