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Storia Romana, Geraci, Marcone
Storia Romana, Geraci, Marcone
Marcone
PARTE I: I POPOLI DELL’ITALIA ANTICA E LE ORIGINI DI ROMA.
I. L’ITALIA PREROMANA
III-I millennio a.C.: sviluppo di notevoli proporzioni nella penisola italiana: si passa infatti da una miriade di gruppi
di piccole dimensioni al sorgere di forme di organizzazione protostatale. Sono dislocati un po’ ovunque lungo tutta
la penisola ma soprattutto sugli Appennini, viene infatti denominata cultura “appenninica”. Vi fu un importante
incremento demografico.
Nell’età del bronzo recente (XIV-XII sec. a.C.), è documentata un’intensa circolazione di prodotti e anche di
persone provenienti dall’area micenea: tali contatti favorirono il formarsi di aggregazioni più consistenti. Con
l’inizio dell’età del ferro (IX sec. a.C.) emerge una differenziazione tra due gruppi in base alla sepoltura dei
cadaveri: uno usa la cremazione (Italia settentrionale e costa tirrenica fino alla Campania), l’altro l’inumazione
(tutte le altre regioni). In quel periodo il quadro linguistico era assai variegato, a causa probabilmente dell’arrivo
nella penisola di gruppi etnici di varia provenienza, ma comunque divisibili in due tronconi: indoeuropee (Latino e
falisco, divisi a loro volta in sottogruppi, celtico e messapico) e non indoeuropee (Etrusco, ligure e sardo) A metà
dell’VIII secolo a.C. vennero fondate nell’Italia meridionale diverse colonie della Magna Grecia. Lungo la costa
ionica, tirrenica e in Sicilia sorsero città importanti (Taranto, Crotone, Reggio, Napoli, Siracusa, Agrigento) che
esercitarono una grande influenza sulle popolazioni indigene. Era inoltre presente in Sardegna la civiltà dei Sardi,
una civiltà nota soprattutto per i “nuraghe”, costruzioni a forma di cono che fecero la loro comparsa nella prima
metà del II millennio a.C., e si pensa che avessero una funzione prettamente difensiva.
PARTE III: LA CRISI DELLA REPUBBLICA E LE GUERRE CIVILI (DAI GRACCHI AD AZIO)
I. DAI GRACCHI ALLA GUERRA SOCIALE
Tradizione storiografica aristocratica: ha identificato nell’età dei Gracchi l’origine della degenerazione dello Stato
Romano e l’inizio delle guerre civili. La seconda guerra punica aveva attraversato l’Italia e inferto profonde ferite
alla sua agricoltura. La conquista del Mediterraneo aveva d’altra parte comportato un enorme afflusso di
ricchezze, con conseguente ampliamento delle occasioni di mercato e una consistente massa di schiavi.
I Romani e gli Italici si erano così introdotti nel grande commercio. Avevano fatto fortuna tanti Senatori ed era
stata favorita l’ascesa degli equites.
Lo sviluppo di scambi commerciali aveva modificato progressivamente la fisionomia dell’agricoltura italica.
Il ricorso sempre più massiccio agli schiavi e l’importazione di grandi quantità di grano costituirono una
concorrenza sempre più rovinosa per l’agricoltura di sussistenza e per i piccoli proprietari terrieri, che si
ritrovarono spesso a dover vendere la loro proprietà.
Accelerazione della tendenza ad un’agricoltura incentrata sul commercio e non sull’autoconsumo.
Molti dei piccoli coltivatori era costretta ad andare in città in cerca di un’occupazione. Grande aumento della
massa urbana: Roma diventa una grande metropoli.
Tra il 140-132 a.C. e 104-100 a.C.: Rivolte servili in Sicilia. La prima rivolta, scoppiata ad Enna, si estese a tutta
l’isola. Roma fu costretta ad inviare tre consoli, e solo l’ultimo, Publio Rupilio, riuscì a domane l’insurrezione (132
a.C.).
In questo periodo i mutamente sociali portarono al delinearsi di due fazioni, entrambe scaturite dalla nobilitas:
optimates e populares.
Gli optimates si richiamavano alla tradizione degli avi, e cercavano di ottenere per la propria politica
l’approvazione dei benpensanti. Erano sostenitori dell’autorità del senato.
I populares si consideravano difensori dei diritti del popolo, e propugnavano la necessità di ampie riforme in
campo politico e sociale.
Le guerre di conquista avevano fatto crescere a dismisura l’ager publicus, terreno di proprietà dello stato che esso
concedeva in uso privati dietro pagamento di un canone irrisorio. La crisi progressiva della piccola proprietà
fondiaria favorì la concentrazione dell’agro pubblico in mano ai proprietari terrieri ricchi e potenti. Da qui venne la
necessità di una serie di norme che mirassero a restringere l’estensione dell’ager che poteva essere occupata da
ciascuno. Nel 140 a.C. un primo tentativo di riforma del console Caio Leio venne però ritirato per l’opposizione dei
senatori.
133 a.C., Tiberio Gracco diviene tribuno della plebe: tentò subito di operare una riforma che limitasse la quantità
di agro pubblico posseduto. Questa proposta di legge fissava un limite di 500 iugeri + 250 per ogni figlio fino a un
massimo di 1000 iugeri per famiglia. Un collegio di tribuni (Tiberio, il fratello Caio e Appio Claudio Pulcro) avrebbe
poi avuto il compito di recuperare i terreni in eccesso, che sarebbero stati distribuiti ai cittadini più poveri divisi in
piccoli lotti. Scopo della legge era quello di ricostituire un ceto di piccoli proprietari, anche per stabilire una base
stabile al reclutamento dell’esercito.
L’oligarchia dominante si oppose però al decreto, il giorno del suo voto nei comizi tributi, un altro tribuno, Marco
Ottavio, pose il suo veto impedendone l’approvazione: Tiberio Gracco propose all’assemblea di destituirlo perché
egli era venuto meno al compito che il popolo gli aveva affidato. Dichiarato decaduto Ottavio la legge agraria
venne approvato, ma l’opposizione conservatrice non si placò. Tiberio pensò di candidarsi al tribunato anche
l’anno successivo, ma nel corso dei comizi elettorali venne ucciso da un gruppo di senatori.
Dopo una serie di proposte riformatrici formulate ma mai andate in porto da diverse personalità (Scipione
l’Emiliano, Fulvio Flacco), nel 123 a.C. fu eletto tribuno della plebe il fratello di Tiberio, Caio Gracco: nel corso di
due mandati consecutivi egli riprese e ampliò l’opera riformatrice del fratello.
La legge agraria venne ritoccata e perfezionata, e vennero aumentati i poteri della commissione triumvirale. Una
legge frumentaria assicurò ad ogni cittadino residente a Roma una quota mensile di grano a prezzo agevolato.
Caio inoltre, con una legge giudiziaria, volle limitare il potere senatorio in questo campo, integrando un gran
numero di cavalieri nel corpo da cui attingere per la formazione degli albi dei giudici: i senatori non sarebbero più
stati giudicati da giudici-senatori, ma da rappresentati dell’ordine equestre.
I senatori, i cui i privilegi erano messi in serio pericolo dalle riforme di Caio, si servirono di un altro tribuno della
plebe, Druso, per contrastarlo, approfittando dell’assenza di Caio, partito per l’Africa. Al suo ritorno, nel luglio 122
a.C., Caio si rese conto che la situazione politica era profondamente mutata. Candidato ancora per il tribunato nel
121 a.C., non venne rieletto. Scoppiarono allora gravi disordini: il console Lucio Opimio ordinò il massacro dei
sostenitori di Caio Gracco, che si fece lui stesso uccidere da un suo schiavo.
Le riforme di Caio Gracco però non furono abolite, ne furono solo ridotti gli effetti (soprattutto di quella agraria).
Prima del 133 a.C. Roma aveva sei provincie:
Sicilia (241 a.C.),
Sardegna-Corsica (237 a.C.),
Spagna Citeriore e Spagna Ulteriore (197 a.C.),
Macedonia (148 a.C.),
Africa (146 a.C.).
Per Roma si trattava di assumere la gestione di un territorio spesso solo in piccole parte assoggettato, mentre
larghe zone erano al di fuori del controllo dei romani. Il magistrato affidato alla provincia fissava le linee generali
di riferimento: questioni territoriali, statuto delle singole città, regolamenti e condizioni fiscali. Lex provinciae.
133 a.C.: alla sua morte il re di Pergamo Attalo III aveva lasciato il suo regno a Roma, ma Aristonico, assunto il
nome di Eumene III, guidò una rivolta che tenne impegnati i Romani per tre anni (129 a.C.), quando la ribellione
poté essere piegata e il territorio organizzato dal console Manio Aquilio nella provincia romana d’Asia (126 a.C.).
125 a.C.: Per rispondere alla richiesta d’aiuto di Marsiglia contro le tribù celto-liguri e galliche, fu inviato prima
Fluvio Flacco poi Caio Sesto Calvino, che fondò, nel 123 a.C. il centro di Aquae Sextiae (Aix en Provence) e ristabilì
l’ordine sulla costa.
123 a.C.: Furono conquistate le Baleari. Nella maggiore di esse, Maiorca, furono fondate le colonie di Palma e
Pollenzia.
118 a.C.: Venne fondata la provincia Narbonese, organizzata intorno alla colonia di Narbo Martius (Narbona).
Le questioni africani erano state regolate con la costituzione di una piccola ma ricca provincia (la provincia
romana d’Africa), in buoni rapporti con le regioni vicine e con Massinissa, re di Numidia. Quando Massinissa morì
il figlio Micipsa si era imposto come suo erede. Alla sua morte, nel 118 a.C., il suo regno fu conteso tra i suoi tre
figli. Dal conflitto uscì vincitore Giugurta, che prese con la forza la parte del regno assegnata ai fratelli, alleati dei
romani. Roma fu costretta ad intervenire in aiuto del suo alleato Aderbale nel 111 a.C. Guerra giugurtina, 111-105
a.C.
Le operazioni furono condotte fiaccamente fino al 109 a.C., quando al comando dell’esercito fu posto il console
Quinto Cecilio Metello, che sconfisse ripetutamente Giugurta, non riuscendo però a concludere vittoriosamente la
campagna. In seguito alle proteste dei mercanti del Nordafrica, il comando venne affidato a Caio Mario, eletto
console nel 107 a.C.: Mario, bisognoso di nuove truppe, aprì per la prima volta l’arruolamento volontario ai capite
censi, cioè ai nullatenenti. Con il suo nuovo esercito Mario tornò in Africa, ma gli occorsero quasi tre anni per
terminare il nuovo conflitto e catturare Giugurta, che venne consegnato ai romani dal suocero Bocco, re di
Mauritania. La Numidia orientale fu assegnata a un nipote di Massinissa, la parte rimanente allo stesso Bocco.
Nel frattempo due popolazioni germaniche, i Cimbri e i Teutoni, iniziarono un movimento migratorio verso sud.
Dopo aver oltrepassato il Danubio ed essere scesi fino all’attuale Austria, furono affrontati dall’esercito Romano
che nel 113 a.C., presso Noreia, subì una rovinosa sconfitta. I Cimbri e i Teutoni proseguirono il loro viaggio verso
occidente, comparendo in Gallia e minacciando la provincia narborese, continuando a sconfiggere i romani. Mario
venne rieletto console nel 104 a.C. e gli venne affidato il comando della guerra. Riorganizzò l’esercito in tutti i suoi
aspetti, e quando i Cimbri e i Teutoni ricomparvero, stavolta divisi i romani li sconfissero duramente. 102 a.C.,
massacro dei Teutoni - 101 a.C., sconfitta dei Cimbri.
Nel 100 a.C. Mario fu eletto al suo sesto consolato e si appoggiò al tribuno della Plebe Saturnino, che presentò
una legge agraria che prevedeva l’assegnazione di terre nella Gallia meridionale e la fondazione di diverse colonie.
Per poter sviluppare il suo programma Saturnino ottenne la rielezione a tribuno anche per l’anno successivo.
Durante le votazioni però scoppiarono tumulti, e il senato proclamò il senatum consultum ultimum, che Mario fu
costretto ad applicare contro il suo alleato politico. Saturnino fu ucciso, causando al console una notevole perdita
di prestigio politico.
L’installarsi di Roma in Anatolia l’aveva messa in contatto con un problema endemico di quella zona: la pirateria.
Essa minacciava pesantemente l’asse marittimo che dall’Egeo conduceva a Cipro e alla Siria. Mentre Roma si
accingeva a concludere le guerre cimbriche, l’azione dei pirati, che fino a quel momento non avevano interessato
la Repubblica, vennero avvertite come pericolose per gli affari romani nell’Egeo orientale. L’azione contro i pirati,
guidata dal pretore Marco Antonio, si protrasse un paio d’anni e nel 101 a.C. venne fondata la provincia costiera
di Cilicia.
Decennio successivo al 100 a.C.: si aprì tra forti tensioni sociali e politiche e rese dei conti tra le parti che si erano
contrapposte durante la guerra giugurtina e il consolato di Mario.
91 a.C.: Viene eletto tribuno della plebe Marco Livio Druso: egli tentò di destreggiarsi tra le parti attuando una
politica di reciproca compensazione:
- promulgò provvedimenti di evidente contenuto popolare;
- restituì ai senatori i tribunali per le cause di concussione;
- aumentò il senato da 300 a 600 membri, proponendo l’ammissione dei cavalieri;
- Concessione della cittadinanza romana agli alleati Italici.
Ancora una volta però l’opposizione fu vastissima e trovò il modo di dichiarare nulle tutte le sue leggi. Druso
venne assassinato.
90-88 a.C., guerra sociale: la condizione di cittadino romano era sempre più vantaggiosa e ciò aumentava le
rivendicazioni e l’irritazione degli Italici. Delle distribuzioni agrarie infatti beneficiarono solo i cittadini romani,
mentre gli alleati italici erano sempre in una condizione di subalternità, e non avevano parte alcuna nelle decisioni
politiche, economiche e militari.
L’assassinio di Druso fu il segnale per gli Italici che non vi era altra possibilità per difendere le proprie
rivendicazioni che la rivolta armata.
L’insurrezione partì da Ascoli, estendendosi dapprima verso l’Adriatico poi verso l’Appennino centrale e
meridionale. Non aderirono alla rivolta Etruschi, Umbri, le città latine e quelle della Magna Grecia. La lotta fu
lunga e sanguinosa, poiché i romani si trovarono a fronteggiare gente armata e addestrata come loro.
90 a.C. I principali settori d’operazione vennero spartiti tra i due consoli.
- Settentrione: Publio Rutilio Lupo.
- Meridione: Lucio Giulio Cesare (sostituito da Mario dopo la sua morte).
L’incerto andamento delle operazioni fece maturare a Roma una soluzione politica del conflitto: si erano già
autorizzati i comandanti militari ad accordare la cittadinanza agli alleati che combattevano per loro.
Nell’89 a.C. venne promulgata la Lex Plantia Papiria, che concedeva la cittadinanza agli Italici che si fossero
registrati presso il pretore di Roma entro sessanta giorni. Tali misure circoscrissero la rivolta, e nell’88 a.C. Silla,
eletto console assediò e sconfisse l’ultima roccaforte degli insorti, Nola. Inizio del processo di unificazione politica
dell’Italia, con la concessione della cittadinanza a tutta l’Italia fino alla Transpadania.
IV. IL II SECOLO
Il II secolo d.C. è considerato come l’età più prospera dell’Impero romano che poté godere di un notevole sviluppo
economico e culturale.
Nerva (96-98 d.C.). Il breve principato di Nerva vide la restaurazione delle prerogative del senato e un tentativo di
riassetto degli equilibri istituzionali interni. La prima preoccupazione di Nerva fu quella di controllare le reazioni
all’uccisione di Domiziano e scongiurare il pericolo dell’anarchia. Garantito l’ordine interno, l’imperatore si volse a
un’opera costruttiva di politica finanziaria e sociale a favore di Roma e dell’Italia: fu varata una legge agraria per
assegnare lotti di terra ai nullatenenti, e furono concessi dei prestiti da parte dello stato agli agricoltori.
97 a.C.: Sintomi di crisi che minacciarono questa politica di buongoverno. Si trattava di problemi sia economici che
politico-militari. Gli sgravi fiscali non rimediavano le difficoltà economiche già emerse sotto Domiziano, mentre sul
piano politico i pretoriani chiesero di punire gli assassini di Domiziano. Nerva accettò, ma in questo modo puniva
coloro che lo avevano portato al potere, compromettendo il proprio prestigio. L’unico sistema per impedire una
nuova disgregazione dell’impero era scegliere un successore che fosse in grado di affermarsi anche militarmente
contro i pretoriani. Nerva adottò Marco Ulpio Traiano, un senatore di origine spagnola, che nel 98 d.C., alla sua
morte, gli succedette come imperatore.
Traiano (98-117 d.C.). Quando fu designato imperatore Traiano stava svolgendo le sue funzioni di governatore in
Germania meridionale. A Roma si recò nel 99 d.C., dopo aver completato il consolidamento del confine renano.
Traiano è stato paragonato a una sorta di generale della Repubblica: tra i suoi programmi un posto di rilievo ha
l’espansione territoriale.
101-102 d.C. e 105-106 d.C, Campagne Daciche: Dopo aver sconfitto Decebalo, che Domiziano non era riuscito a
battere definitivamente, la Dacia, regione ricca d’oro, fu ridotta a provincia. L’enorme bottino ricavato dalla
conquista e l’oro che arrivava a Roma dalle miniere daciche servì per finanziare imprese militari e la costruzione di
diverse opere pubbliche. L’imperatore mostrò grande interesse per la frontiera orientale. Istituì la provincia
d’Arabia e nel 114 d.C. istituì una grande campagna contro i Parti, durante la quale furono occupate l’Armenia,
l’Assiria e la Mesopotamia.
Traiano, richiamato a fronteggiare una rivolta degli Ebrei scoppiata in Mesopotamia, decise di abbandonare le
nuove conquiste. Morì in Cilicia, sulla via del ritorno verso Roma. Le truppe acclamarono imperatore il
governatore della Siria Publio Elio Adriano, un parente spagnolo di Traiano.
Adriano (117-138 d.C.). Adriano, di origine spagnola, aveva percorso la carriera senatoriale
romana, probabilmente grazie all’aiuto di Traiano, che dopo la guerra partica gli aveva affidato
la provincia della Siria. Per acquisire la pubblica benevolenza, Adriano si preoccupò di alleviare
il malessere economico, cancellando i debiti arretrati contratti a Roma e in Italia con la cassa
imperiale e facendo distribuzioni al popolo. Fu un amministratore attento e un riformatore della
disciplina militare. Fu anche uomo di grande cultura e favorì in ogni modo l’arte e la letteratura.
A Roma fece costruire per lui un mausoleo (Castel S.Angelo).
Adriano passò gran parte del suo regno viaggiando attraverso le provincie: tra il 121 e il 125 d.C. visitò le provincie
renane e danubiane e visitò la Britannia, dove cominciò la costruzione del vallo a difesa della zona meridionale
contro le tribù non romanizzate del nord. Passò poi in Gallia, in Spagna, in Africa, e infine in Asia minore e in
Grecia (129-134 d.C.).
Nel 132 d.C., dopo il suo passaggio, scoppiò in Palestina una gravissima rivolta, provocata dalla volontà di Adriano
di assimilare gli Ebrei agli altri popoli dell’Impero. La ribellione fu repressa in maniera spietata.
Adriano passò 12 dei 21 anni di regno lontano da Roma: si preoccupò personalmente di dare una forma definitiva
alle competenze giurisdizionali dei governatori provinciali e si adoperò per un’efficiente amministrazione della
giustizia (l’Italia fu divisa in 4 distretti giudiziari assegnati a senatori di rango consolare).
Come successore Adriano scelse il console del 136 a.C., Lucio Elio Cesare, che adottò. Dopo la sua prematura
morte la scelta di Adriano cadde verso un senatore della Gallia Narborense, Arrio Antonino. Costui adottò a sua
volta Lucio Vero e il futuro Marco Aurelio.
Antonino Pio (138-161 d.C.). Il regno di Antonino Pio fu all’insegna della continuità con quello precedente. A
differenza di Adriano, però, rinunciò ai grandi viaggi. Si tratta di un periodo sostanzialmente privo di avvenimenti:
il principe ebbe buoni rapporti con il senato, e fu un parsimonioso amministratore. Durante il suo regno non ci
furono minacce per la sicurezza dell’impero. Per sua volontà il vallo di Adriano fu avanzato nella Scozia
meridionale.
Nell’età di Antonino Pio Roma raggiunse l’apogeo del proprio sviluppo. Le città rappresentavano il segno distintivo
della civiltà rispetto alla rozzezza e alla barbarie. Nell’Impero vi era dunque una grande varietà di tipologie
cittadine e una grande diversità di statuti. Le città erano organizzate secondo tre tipologie fondamentali:
- Città peregrine: quelle preesistenti alla conquista e alla loro riorganizzazione all’interno dell’Impero. A
loro volta si possono dividere in tre gruppi in base al loro status giuridico nei confronti di Roma. Le città
stipendiate (che pagano un tributo), le città libere, le città libere federate (hanno concluso con Roma un
trattato sul piano d’uguaglianza);
- Municipi: agli abitanti di queste città veniva accordato il diritto latino o romano;
- Colonie: città di nuova fondazione con apporto di coloni che godono della cittadinanza romana su terre
sottratte a città o popoli vinti.
Le città costituivano il punto di riferimento delle attività economiche e i nuclei della vita culturale. Roma,
diffondendo la cultura urbana e promuovendo la crescita e la collaborazione con l’élite cittadina, si assicurava in
primo luogo il controllo dell’ordine e della stabilità su tutto l’impero.
Marco Aurelio (161-180 d.C.). Come voleva Antonino Pio, inizialmente il potere fu diviso tra Marco Aurelio e il
fratello adottivo Lucio Vero.
Nel 166 a.C. Vero concluse vittoriosamente la guerra contro i Parti, ma portò a Roma la peste, che si diffuse negli
anni successivi, causando lutti e devastazioni nell’Impero. A nord, superato il Danubio, i barbari (Marcomanni e
Quadi) invasero la Pannonia, la Rezia e il Norico, giungendo perfino a minacciare l’Italia. Morto Lucio Vero, nel 169
d.C., Marco Aurelio riuscì a ristabilizzare la situazione nel 175 d.C., respingendo i barbari al di là del Danubio.
175 d.C., rivolta del governatore di Sira Avidio Crasso: venne ucciso dai suoi stessi soldati, che prevennero così il
conflitto armato. Marco Aurelio è passato alla storia come l’immagine stessa dell’imperatore-filosofo. Con lui si
ritornò alla prassi della successione dinastica.
Commodo (180-192 d.C.). Commodo divenne imperatore a 19 anni. Il suo primo atto fu quello di concludere la
pace con le popolazioni che premevano sul Danubio. Le sue inclinazioni dispotiche e le sue stravaganze
determinarono la rottura col senato. Dal 182 al 185 d.C. il governo fu di fatto in mano al prefetto del pretorio
Tigidio Perenne. Quando questi fu ucciso il suo ruolo fu preso da un liberto, Cleandro, che arrivò nel 189 d.C. ai
fastigi dell’ordine equestre.
190 d.C., grave carestia: fece cadere il potere di Creando, offerto come capo espiatorio alle ire della plebe.
Tra il 190 e la sua morte, avvenuta nel 192 d.C., Commodo lasciò il potere in mano a un cortigiano, Electo, e al
prefetto del pretorio Leto, che completarono il dissesto finanziario e ordinarono la congiura che uccise
l’imperatore. Commodo non dimostrò cura assidua per le provincie, né per i soldati degli eserciti stanziati
nell’Impero. Il consenso interno era fondato sulla plebe e sui pretoriani, piuttosto che sull’aristocrazia e il senato.
Sotto il principato di Commodo molte divinità straniere entrarono nel pantheon romano. Alla sua morte la sua
memoria fu condannata e il suo nome cancellato da ogni monumento.
Decenni iniziali del V secolo: I Vandali posero fine alla storia dell’Africa Roma.
Nel 429 d.C. essi passarono dalla Spagna in Africa dallo stretto di Gibilterra. L’anno dopo assediarono Ippona,
nell’odierna Algeria, nell’assedio morì il vescovo della città, Sant’Agostino. Nel 439 d.C. cadde anche Cartagine e il
re vandalo Genserico ottenne dalla corte ravennate il riconoscimento del suo regno. Il regno vandalico non durò a
lungo, fu conquistato da Giustiniano del 534 d.C. e inglobato nell’Impero d’Oriente.
Contemporaneamente dalla Pannonia incombevano gli Unni guidati da Attila. In un primo tempo essi si diressero
verso Oriente, ma in seguito indirizzarono le loro mire verso Occidente. Dopo aver invaso la Gallia, gli Unni furono
sconfitti da Ezio nel 451 d.C. Quando Attila mosse alla volta dell’Italia, l’anno successivo, gli Unni lasciarono
improvvisamente la penisola dopo aver incontrato una delegazione guidata da Papa Leone I. La morte di Attila
provocò la rapida dissoluzione del suo regno.
454 d.C.: Morte di Ezio.
455 d.C.: Roma fu saccheggiata per la seconda volta, questa volta da Genserico, re dei Vandali.
457-461 d.C.: Regno di Maggioriano, ultimo imperatore d’Occidente che tentò una riscossa militare. Venne
eliminato nel 461 dal generale barbaro Ricimero, che nel 472 d.C. assediò a Roma anche Antemio, l’imperatore
voluto da Costantinopoli.
474 d.C.: Zenone, imperatore d’Oriente, nominò imperatore Giulio Nepote, contro il quale si ribellò Oreste.
476 d.C.: Romolo, figlio di Oreste, fu scacciato dal capo barbarico Odoacre, vento che segnò la fine dell’Impero
romano d’Occidente.
III. BISANZIO
Dal 395 d.C. le vicende dell’Impero d’Oriente risultano del tutto divise da quelle dell’Occidente. Storia Bizantina
(330-1453 d.C.).
Nella partizione teodosiana l’Oriente era toccato ad Arcadio. Alla morte di Arcadio, nel 408 d.C., gli successe il
figlio Teodosio II (408-450 d.C.). Nel corso del suo regno anche l’Impero d’Oriente dovette fronteggiare il pericolo
dei barbari, in particolare quello degli Unni. Anche i Persiani furono tenuti a bada. Teodosio II è ricordato
soprattutto per la sua attività di riordino della giurisprudenza, avendo promulgato la raccolta delle leggi imperiali
di Diocleziano (438 d.C.). Il suo successore, Marciano (450-457 d.C.), fu scelto dal senato.
A travagliare la vita interna di Bisanzio furono soprattutto i problemi di natura teologica relative alla natura di
Cristo, a cui si aggiunsero, sotto i regni di Leone (457-474 d.C.) e Zenone (474-491 d.C.), problemi di natura
finanziaria. La situazione ormai divenuta critica fu affrontata con successo da Anastasio (491-518 d.C.), che inoltre
riuscì a bloccare le offensive persiane tra il 502 e il 503 d.C.
Ad Anastasio successe Giustino (518-527 d.C.), e dopo di lui il nipote Giustiniano, da lui adottato in precedenza.
Giustiniano (527-565 d.C.). Il regno di Giustiniano rappresenta per molti aspetti la conclusione nel mondo antico.
Il nome di Giustiniano è legato soprattutto alla sua attività di riordinamento della giurisprudenza (Corpus Iuris
Civilis).
Di grande rilievo fu anche la sua attività edilizia (S.Sofia a Costantinopoli, S.Vitale a Ravenna) e il forte impulso
dato al commercio e a nuove attività economiche (produzione della seta).
Giustiniano non godette del favore degli storici a lui contemporanei.
Ebbe grandi difficoltà interne all’inizio del regno: tra queste un posto importante avevano le controversie
dottrinali (Ortodossia vs credo monofisita). Giustiniano da una part aveva interesse a cercare un’intesa col papato,
però doveva anche tener conto del grande seguito di cui il credo monofisita godeva in Oriente. I problemi interni
non distolsero Giustiniano dal suo grande sogno di riconquista dell’Occidente.
533 d.C.: Riconquistò l’Africa del nord, la Sardegna e la Corsica.
535-553 d.C.: Guerra Greco-Gotica. I Goti opposero una grande resistenza all’esercito bizantino. La guerra fu
lunga e sanguinosa, ma alla fine Giustiniano ebbe la meglio e l’Italia diventò una delle prefetture del Regno
d’Oriente.
La restaurazione giustiniana fu interrotta nel 568 d.C., quando arrivarono i Longobardi. Da lì si determina la cesura
che dà inizio alla storia del Medioevo in Italia e in Europa. Costantinopoli: Fondata da Costantino nel 330 d.C., già
a metà del IV secolo d.C. la nuova capitale contava una popolazione di 100.000 abitanti. In età giustiniana la
popolazione contava più di mezzo milione di abitanti.
A Costantinopoli il re e la sua corte vivevano all’interno di una cinta muraria, isolati dal resto della città.
Società bizantina: Nell’arco di una storia più che millenaria la società
bizantina ebbe un’evoluzione complessa, tuttavia si possono indicare alcuni caratteri particolari
e permanenti che la contraddistinguono:
- Saldo e autonomo apparato burocratico: il governo dell’impero non è più retto da magistrati, ma da
burocrati, funzionari con carriere e funzioni specifiche al servizio diretto dell’imperator;
- Figura dell’imperatore: progressivamente si rafforza l’idea che l’investitura dell’imperatore fosse concessa
dalla grazia di Dio. Il potere imperiale, in quanto di origine divina, riuniva e legittimava tutti gli altri;
- Complesso di simboli che circondavano il potere imperiale: il palazzo, le vesti color porpora,
l’inaccessibilità della persona dell’imperatore.
Nel mondo bizantino un ruolo di grande rilievo fu svolto dalla Chiesa. Tra il IV e il VI secolo d.C. la funzione
pubblica dei vescovi e la loro importanza all’interno delle città era una caratteristica distintiva dell’Oriente.
I vescovi delle tre principali città dell’Impero: Costantinopoli, Alessandria e Antiochia, presero il nome di
Patriarchi, la cui nomina era di stretta competenza dell’imperatore.
C’era uno stretto vincolo tra Stato e Chiesa, che recò senza dubbio vantaggi alle due parti, insieme ad alcuni
inconvenienti: la chiesa cadde sotto la tutela dello stato, quest’ultimo fu coinvolto nelle varie dispute dottrinali.
Due furono le scuole teologiche che si contrapposero maggiormente: quella di Antiochia, più razionalista, e quella
mistica di Alessandria.
Il regime imperiale creato da Augusto si fondava su un potere personale che cercava il riconoscimento del popolo
romano. La crisi del III secolo d.C., con le sue guerre incessanti, trasformò l’imperatore in un soldato
professionista. Esso fu riconosciuto dal cristianesimo che ne fece un legato di Dio in terra: l’imperatore era
riconosciuto tale per “grazia divina”.
In Occidente si realizzarono presto le condizioni per un’organizzazione del tutto nuova dell’economia e della
politica: essi favorirono il modello dell’idea Medievale di Stato che si diffuse in Europa attraverso una serie di
faticose trasformazioni. Iniziava allora una nuova era, che per convenzione chiamiamo Medioevo.