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CAPITOLO 3
(2 - LE ACCELERAZIONI)
P
correndola con una data ve-
locità che, ad un determinato P
2
P
istante, sarà:
r r
v P = v Pτ
r
dove τ è il versore tangente
in P alla traiettoria stessa nel- Figura 27
l'istante considerato.
Se in tale istante la traiettoria di P presenta raggio di curvatura ρ, l'ac-
celerazione di P sarà data da:
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CORSO DI M ECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE
r
r r dτ r v2 r
a P = v& Pτ + v P = v& Pτ + P n (29)
dt ρ
r
con il versore n rivolto verso il centro di curvatura della traiettoria di
P.
La (29) mostra ancora che l'accelerazione di un punto risulta definita, in
generale, da un vettore ottenuto con la somma di:
- un componente tangenziale (tangente alla traiettoria):
[ arP ] t = v&P τr
- un componente normale (alla traiettoria):
v 2P r
[ aP ] n = ρ n
r
[a ] + [a ]
2 2
aP = P t P n = r ω& 2 + ω 4
[a ]P t r ω& ω&
tan ψ = = 2 =
[a ]P n
rω ω2
a P : OP = aQ : OQ
Ciò permette, noto il vettore accelerazione di un punto qualsiasi del ri-
gido, di costruire il vettore accelerazione di un altro punto dello stesso
sistema rigido.
Conviene qui notare che la distinzione dei due componenti di ac-
celerazione, normale e tangenziale, ha senso in questo caso solo e in
quanto si tratta di un rigido in moto intorno ad un punto fisso: la distan-
za OP dal punto al centro del moto è anche il raggio di curvatura della
traiettoria del punto stesso (costante nell'intorno della configurazione
istantanea).
Con riferimento al medesimo caso, scriviamo, adesso le accele-
razioni di due punti generici, P e Q.
Avremo:
r r
a P = ω& ∧ ( P − O ) − ω 2 ( P − O)
e
a Q = ω& ∧ ( Q − O ) − ω 2 ( Q − O )
r r
da cui:
r r r
a P = a Q + a PQ (31)
particolare di un ri- Q
P Q
to, a formare i com-
ponenti di ar PQ con- PQ
PQ
corrono solamente le
caratteristiche cine- Figura 29
r r&
matiche, ω ed ω ,
che riguardano il rigido nel suo insieme e tali componenti non dipendo-
no quindi dalle traiettorie dei punti presi in considerazione.
r r
Ora, poiché ar PQ dipende dalla stessa ω e dalla stessa ω& da cui dipen-
r
dono a P e arQ , (fig.29), l'angolo formato da questo con la congiungente
PQ sarà ancora ψ ed il suo modulo sarà ancora proporzionale alla
distanza PQ.
r
Ne segue che, essendo i tre vettori a P , arQ e ar PQ , tutti ruotati dello
stesso angolo ψ rispetto alle congiungenti i rispettivi punti con il centro
fisso O, ed avendo moduli proporzionali alle rispettive distanze dallo
stesso O, il triangolo OPQ ed il triangolo delle accelerazioni sono simi-
li.
Se consideriamo poi (fig.30) tre punti P, Q, R, sempre appar-
tenenti allo stesso sistema rigido (A), comunque vincolato ed in moto
piano con una data velocità ed accelerazione angolare e supponiamo di
conoscere, ad un dato istante, le accelerazioni di P e di Q, possiamo
anche trovare l'accelerazione del punto R.
Intanto si può certamente scrivere:
arQ = ar P + arQP = ar P +ω& ∧(Q − P) − ω 2 (Q − P)
struzione, è pure: RP
P
∠Q′MP'= ψ R
r Q R
Il vettore a RP dovrà esse- P
P
re anch'esso ruotato del-
l'angolo ψ rispetto ad RP
e pertanto basterà ripor- Figura 30
r
tarlo in modo opportuno nel punto R per poi sommargli a P ed ottenere
r
a R : quest'ultimo soddisfa così al teorema di Rivals applicato ai punti P
ed R.
Tale procedimento risulta graficamente più semplice quando i tre punti
sono allineati: se il punto R, infatti, fosse allineato con i punti P e Q, il
r
vettore a RP risulterebbe immediatamente nella direzione corretta.
Si osservi ancora (fig.30) che, riportando in O i tre vettori ar P ,
r r
a Q , ed a R , il triangolo formato dai loro secondi estremi, P"Q"R", risulta
formato dai vettori differenza di ciascuna coppia degli stessi vettori. Per
il teorema di Rivals sarà allora:
P′′Q ′′: PQ = P′′R ′: PR = Q ′′R′′: QR
e quindi il triangolo P"Q"R" è simile al triangolo PQR.
Questo risultato si esprime nel teorema di Burmester per il quale "il
poligono formato dai secondi estremi dei vettori accelerazione di
punti dello stesso sistema rigido è simile al poligono formato dai
corrispondenti punti del rigido stesso".
Note le accelerazioni di due punti di un rigido, sarà quindi possibile,
mediante la costruzione di triangoli simili, trovare l'accelerazione di un
qualsiasi altro punto dello stesso purché, tuttavia, non allineato con i
primi due.
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CINEMATICA DEI SISTEMI RIGIDI PIANI – LE ACCELERAZIONI
§ 2. - Applicazioni grafiche.
n
n
Figura 31
pari a v; la perpendicolare condotta per il punto D ad AB stacca su
questo il segmento AE che è proprio il modulo di [ a P ] n cercato.
r
AD2 v 2
= = AE = [ a P ] n
AB ρ
Qualora si avesse ρ<v, (fig.31, b), si traccia prima una semicir-
conferenza di diametro AD=v e la si taglia in E con un arco di raggio ρ
avente centro in A; la perpendicolare condotta da D ad AD si incon-
trerà in B con la retta AE dando così luogo al triangolo rettangolo
ABD su cui sarà, questa volta, AE=ρ e AB=[aP]n;
2. - costruire il triangolo rettangolo ABD (fig.31, c) di cui siano
AD=v ed AB=ρ i cateti; la perpendicolare per D all'ipotenusa BD in-
contra in E il prolungamento di AB dando luogo di nuovo al triangolo
rettangolo EBD di cui AD è l'altezza relativa all'ipotenusa; è quindi:
AD2 = AB AE
ossia ancora:
AD2 v 2
= = AE = [ a P ] n
AB ρ
r
3. - noto il vettore v A di A e la normale AB alla sua traiettoria
con centro in B (fig.4, d), ruotare di 90° su AB il segmento AD, rap-
r
presentativo del modulo di v A , per trovare il punto D': si traccia quindi
la parallela a BD per D' ottenendo i due triangoli simili ABD ed AD'E.
Pertanto:
AD : AB = AE : AD'
Ma poiché è AD=AD' ed AB=ρ sarà ancora:
AD2 = AB AE
e quindi:
AD2 v 2
= = AE = [ a P ] n
AB ρ
b). - E' abbastanza frequente il caso in cui, dati due punti A e
B di uno stesso sistema rigido, si conosca, per esempio, di A, la sua
r r
velocità, v A , e la sua accelerazione, a A, mentre del secondo punto, B,
si conosce la traiettoria (fig.32) il cui centro di curvatura sia il punto fis-
so O1; con tali dati, si vuole conoscere l'accelerazione del secondo
punto, B.
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CINEMATICA DEI SISTEMI RIGIDI PIANI – LE ACCELERAZIONI
v A : AC = v B : BC
che consente di ricavare il modulo della velocità di B come:
BC
vB = vA
AC
la cui direzione dovrà essere perpendicolare ad O1B ed il verso coe-
rente con quello della velocità di A: devono cioè essere rispettate le re-
lazioni:
r r r r
v A = ω ∧ ( A − C) v B = ω ∧ ( B − C )
Per quanto concerne le accelerazioni dei punti A e B, il legame fra la
r r
a B e la a A è dato dal teorema di Rivals, ossia:
r r r
a B = a A + ω& ∧ ( B − A) − ω 2 ( B − A)
che conviene, adesso, scrivere nella forma:
B n
1
BA n 1'
B
2' B t
1
B BA t
1
A Bn
2 2
1 1
A BA n B 1
2 BA
1
2
2
A
Figura 32
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CORSO DI M ECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE
r
si può osservare che il primo vettore a secondo membro, a A, è noto;
che i componenti [ a B ] n ed [ a BA ] n possono essere calcolati, mentre dei
r r
vie:
r
1- trovare dapprima il valore del modulo di ω , velocità angolare
del rigido, dal rapporto ω=vA/AC, e calcolare quindi:
[ arBA ] n = −ω 2 ( B − A)
oppure:
- avendo già trovato il vettore v B , calcolare il componente [ a B ] n
r r
per mezzo della costruzione di fig.31,d , che in tal caso porta a scrive-
re:
v B2 v 2B
[ a B ] n = ρ = BO
r
1
che potrà ottenersi con la medesima costruzione grafica dopo aver ri-
cavato, come mostra la fig.32, il vettore differenza:
r r r
v BA = v B − v A
Giunti a questo punto, i componenti [ a B ] n ed [ a BA ] n sono noti e si può
r r
r
(32). Il vettore risultante in 02 è proprio a B , il vettore cercato. Dalla
lettura del poligono delle accelerazioni si ha, infatti:
a B = [ a B ] n + [ a B ] t = a A + [ a BA ] n + [ a BA ] t
r r r r r r
no i punti A e B, e supponiamo
r BA
note, di questi, le accelerazioni a A
r A
ed a B , ci si pone il problema di in-
dividuare, se esiste, un punto dello
stesso sistema rigido (A), o co-
munque del suo piano mobile, che, A
triangolo ABM e tale che l'angolo ∠ΑON=ψ sia equiverso con l'ango-
lo ∠ΒAM.
Poiché i due triangoli AON ed ABM sono simili per costruzione dovrà
essere:
a BA : AB = a A : AO
e quindi:
AO AO
aA = a BA = AB ω& 2 + ω 4 = a AO
AB AB
r
Inoltre, poiché il vettore a A forma con la congiungente AO proprio
l'angolo ψ espresso dalla (33) la precedente uguaglianza deve valere
anche per:
r r
a A = a AO (34)
a P = PK ω& 2 + ω 4
I vettori accelerazione
1
dei diversi punti del rigido
formeranno lo stesso angolo A
B
che insieme alla eguaglianza degli angoli ψ, di cui si è già visto sopra, ci
conferma che il punto K trovato in questo modo è proprio il centro
delle accelerazioni del rigido cui i punti A e B appartengono.
Si è già trovato al §10 del Cap.2 che la velocità del centro della
rotazione istantanea, nel moto di rotolamento della polare mobile sulla
polare fissa, può essere espressa nella forma:
r r
v C = ωDτ
r
dove ω è la velocità angolare del rigido e D è dato da:
1 1 1
= −
D R f Rm
con Rf ed Rm i raggi di curvatura delle polari. Si è trovato anche (§6)
che è nulla la velocità del centro delle velocità, Cv, ossia del punto del
rigido che, nell'istante considerato, coincide con C.
Poiché, per tale punto, la condizione di velocità nulla è una con-
dizione istantanea, esso dovrà essere soggetto necessariamente ad una
accelerazione; e di questa si vuole trovare l'espressione.
Con il teorema di Rivals scriviamo il legame fra l'accelerazione di un
generico punto P del rigido e quella del suo centro delle velocità.
Sarà:
a P = a Cv + ω& ∧ ( P − Cv ) − ω 2 ( P − Cv )
r r r
(35)
dove la differenza ( vr P − vrC ) è il termine che tiene conto del moto rela-
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CINEMATICA DEI SISTEMI RIGIDI PIANI – LE ACCELERAZIONI
r
Sia dato un sistema rigido, in moto con velocità angolare ω ed
accelerazione angolare ωr& , di cui sia noto il centro delle velocità Cv e la
r
normale comune alle polari, n ; sia P un suo punto generico (fig.37).
Esprimendo l'accelerazione di P con il teorema di Rivals scriveremo:
r r r
a P = aC v + ω& ∧ (P - C v ) − ω 2 (P - C v )
B
f
A
D
P
C
m
W
s
f
E
Figura 37
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CINEMATICA DEI SISTEMI RIGIDI PIANI – LE ACCELERAZIONI
r r
curvatura della traiettoria del punto, cosicché ν coincida con n quando
r
ϕ=0; indichiamo pure con µ un versore lungo la tangente alla stessa,
positivo nel verso per il quale, ruotando in senso antiorario di 90°, si
r
sovrappone a ν .
r r
Nel riferimento con origine in P e di versori µ e ν , i componenti della
accelerazione di Cv, ossia di:
v r
a C v = − Dω 2 n (36’)
si scrivono come:
( r
)
r r r
a Cv × ν ν = − Dω 2 cos ϕ ν (ar Cv
r r
) r
× µ µ = − Dω 2 sen ϕ µ
( ) (
ra × νr νr = −ω 2 P − C × νr = −ω 2 C Pνr
PC v v ) v
( ar PC v )
× µr µr = ωr& ∧ ( P − Cv ) × µr = −ω& Cv Pµr
Cv P = − D cosϕ
Al variare di P, e quindi al variare dell'angolo ϕ, questa relazione rap-
presenta, in coordinate polari, i punti di una circonferenza il cui diame-
tro è D: tale diametro, corrispondente al valore ϕ=0, sta, evidente-
mente, sulla normale comune alle polari ed orientato verso il centro di
curvatura della polare mobile.
La circonferenza così trovata prende il nome di circonferenza
dei flessi e definisce il luogo dei punti del rigido che all'istante
considerato hanno accelerazione normale nulla.
Poiché la caratteristica di avere accelerazione normale nulla può com-
petere solo ai punti la cui traiettoria, al dato istante, presenta raggio di
curvatura ρ=∞, è evidente che a questa circonferenza apparterranno
quei punti la cui traiettoria presenti, in quell'istante, almeno un flesso (da
cui la denominazione): la loro accelerazione, di conseguenza avrà dire-
zione coincidente con la tangente alla traiettoria e quindi perpendico-
lare alla PCv (≡ con la normale alla traiettoria). Ne segue che, poiché
tali punti stanno tutti sulla circonferenza di cui Cv è l'estremo di un dia-
metro, le direzioni delle loro accelerazioni passeranno tutte per l'altro
estremo di quel diametro: per tale motivo il secondo estremo, J, del
diametro passante per Cv prende il nome di polo dei flessi.
In particolare, l'accelerazione di J risulterà perpendicolare a tale diame-
tro ed il suo valore sarà:
r r
a J = Dωτ&
come si può ricavare dalla (37) ponendo ϕ=0 e Cv P = − D; inoltre la
sua velocità sarà eguale a quella con cui C si sposta sulle polari, do-
vendo essere:
r r
(
v = ω ∧ J − C = Dωτ
J v )
r
r r
vP ∧ aP = 0
che definisce il parallelismo fra velocità ed accelerazione del punto
stesso, mentre l'appartenenza alla cs si può esprimere definendo la per-
pendicolarità fra questi due vettori, ossia con la relazione:
r r
vP × aP = 0
Ora, poiché la velocità del punto K è:
r
K
r
v =ω∧ K−C ( v )
le due precedenti condizioni, applicate al punto K possono essere
r r
soddisfatte solo se è a K = 0 , (a K non potrebbe essere contempora-
r
neamente parallela e perpendicolare alla v K ), mentre le stesse due
condizioni risultano soddisfatte per il punto Cv, anche con arCv ≠ 0, es-
sendo vrCv = 0 .
Si può notare inoltre che la arCv , in quanto Cv appartiene alla cir-
conferenza dei flessi, è correttamente rivolta verso il polo dei flessi e, in
quanto Cv appartiene alla circonferenza di stazionarietà ha la direzione
limite che compete all’accelerazione del punto che vada a coincidere
con Cv.
[ arP ] n = −ω 2 ( Cv P + D cosϕ ) νr
che (fig.38) può scriversi pure come:
avendo posto:
PF = PCv − D cosϕ
Vediamo allora che il punto F individua il punto di intersezione della
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CORSO DI M ECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE
3
oppure anche: 1
2
PCv = PF PO 3
2
2
C è, infatti:
f
D cosϕ = CF
In modo del tutto analogo si
può cercare il centro di curva- 2
è il modulo dell’accelerazione
di Cv, vettore con origine in C
e rivolto verso il polo dei flessi
J. A f
Il passo successivo, fig.42, è la
ricerca del centro delle accele-
razioni, K, ricerca per la quale B
Cv t
si può utilizzare la costruzione s B 0
A
r
descritta al §3 con i vettori a A
ed arCv ; il primo è noto perché
t
assegnato, il secondo ottenuto
0
come si è appena visto.
Rispetto alla costruzione de- Figura 42
scritta al §3, tuttavia, qui non
occorre tracciare entrambe le circonferenze; sappiamo infatti che il
punto K deve stare sulla circonferenza dei flessi che già è stata traccia-
ta, e quindi basterà solamente una delle due: conviene quella per il pun-
to U e per i punti A e Cv.
r
La retta d'azione del vettore a A, infatti, incontra la retta d'azione del
vettore arCv , cioè la normale comune alle polari, JC, nel punto U; la cir-
conferenza passante per A, per U e per C taglia la cf proprio nel punto
K.
Si può verificare, infatti, che poiché sulla JC sta il vettore arCv , l'angolo
JCK è proprio l'angolo ψ (tan ψ = ω& ω 2 ) ed è lo stesso angolo sotto
cui viene visto, sia da C che da A, l'arco KU della circonferenza per i
punti A,U,C,K. Inoltre, una circonferenza per U e per gli estremi M ed
r
N di a A e di arCv passerebbe ancora per il punto K, mostrando la si-
militudine dei triangoli KMA e KNC: ossia la proporzionalità dei mo-
r
duli di a A e di arCv alle rispettive distanze KA e KC.
Si può infine costruire, noto il punto K, la circonferenza di sta-
zionarietà, cs, che dovrà passare per Cv e per K, ed inoltre avere il
centro sulla tangente comune alle polari: la retta JK incontra in T la tan-
gente comune alle polari e, come si è già visto, questo è il secondo e-
stremo del suo diametro.
La costruzione della circonferenza dei regressi, cr , è ovvia.
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E' chiaro che, in tale circostanza, il membro (B) è dotato del moto
composto che risulta dalla sovrapposizione del moto relativo al mem-
bro (A) e del moto di trascinamento da parte di (A). Pertanto la velo-
r r
cità angolare ω , con cui (A) ruota intorno ad O, è per (B) la ω ( t ) .
Se ora consideriamo l'effetto del solo moto di trascinamento (fig.43, a)
vediamo che, nel tempo dt, il punto P di (B) si porterebbe in P' con
una rotazione del raggio vettore OP pari all'angolo ω(t)dt, coerente-
r r
mente con il verso di ω ; di conseguenza il vettore v P(r ) subirà la mede-
sima rotazione e la corrispondente variazione:
[ a(c)P ] 1 dt = [ dv(r)P ] 1 = v(r)P ω (t) dt
r
in direzione perpendicolare a v P(r ) .
Contemporaneamente, per effetto del solo moto relativo (fig.43, b) lo
(t)
(t)
(r) (r)
P' P"
Figura 43
stesso punto P, nello stesso tempo dt, si sarà spostato in P", dove la
sua velocità di trascinamento ha subito la variazione:
[ d v(t)P ] 2 = ω (t) ∧ (P"-O) − ω (t) ∧ (P - O) = ω (t) ∧ (P"-P)
r
Ma (P"- P)=dP è proprio lo spostamento dovuto alla v P(r ) , ossia è
dP=vP(r)dt, e pertanto si ha:
[ a(c)P ] 2 dt = [ dv (t)P ] 2 = ω (t) v(r)P dt
r
anche questo perpendicolare a v P(r ) e nello stesso verso di [dvP(r)]1 .
Se ne può concludere che, complessivamente, è:
a(c) (
(c) (c)
)
P dt = [ a P ] 1 dt + [ a P ] 2 dt = 2ω v P dt
(t) (r)
e che allora:
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P = 2ω v P
a(c) (t) (r)