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TRASMISSIONE DEL MOTO FRA ASSI SGHEMBI

Capitolo 9

Trasmissione del moto fra assi sghembi

§ 1. - Leggi fondamentali del moto rigido generale.

L’atto di moto più generale di un rigido qualsiasi è un atto di


moto elicoidale, caratterizzato cioè da una traslazione secondo una
&
direzione qualsiasi e da una rotazione ω secondo un asse di dire-
zione qualsiasi.
La velocità di un generico punto P del rigido sarà quindi e-
spressa (fig. 1) dalla relazione:
& & &
v P = v A + ω ∧ (P − A) (1)

che si può pensare ottenuta compo-


nendo la velocità di traslazione di
un punto qualsiasi, A, del rigido con
la velocità conseguente alla rotazio- P
ne intorno ad una asse passante per A
A, scelto come centro di riduzione A

del moto.
& &
I vettori v A ed ω sono i vetto-
ri caratteristici del moto elicoidale
ed il rapporto v A ω prende il nome
di rapporto caratteristico del moto
elicoidale.
Se invece che il punto A si
fosse scelto come centro di riduzio-
ne del moto un altro punto, B, del
Figura 1
rigido, la velocità del punto P sa-
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CORSO DI MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE

rebbe stata espressa da:


& & &
v P = v B + ω ∧ (P − B ) (2)

in cui sono, ovviamente, diverse le velocità dei punti A e B mentre


&
è identico il vettore ω , caratteristico della rotazione del rigido nel
suo insieme; rimane la stessa, come deve essere, anche la velocità
del punto P: infatti se nella (2) si sostituisce l’espressione della ve-
locità di B calcolata come in (1):
& & &
v B = v A + ω ∧ (B − A) (1’)

si ottiene ancora la (1).


Facendo allora la differenza fra la (1) e la (2) e moltiplican-
&
do poi, scalarmente per ω , si ottiene:
& & & & &
0 = (v A − v B )× ω + [ω ∧ (B − A)]× ω
in cui, a secondo membro, il secondo termine è certamente nullo.
Ne segue che sarà comunque:
& & & &
v A × ω = vB × ω (3)

e cioè che i punti del ri-


gido avranno sempre la
stessa componente di ve-
locità lungo la direzione
del vettore rotazione. A
&
Il vettore v A , che defini-
sce la velocità istantanea 1 A min 2

di traslazione assume il 1

suo valore minimo


quando si sceglie come
centro di riduzione del
moto un punto, Ω,
dell’asse istantaneo del
moto elicoidale; infatti, Figura 2
&
(fig. 2), la v A può sem-
& & &
pre pensarsi ottenuta dalla somma di una v1 = vΩ parallela ad ω e
& &
di un vettore v 2 = ω ∧ (A − Ω ) di direzione ortogonale a quella
& &
dello stesso vettore ω . Scegliendo quindi A≡Ω sarà v = 0 e quindi
& & &
v A = vΩ . Nel punto Ω può pensarsi applicato il vettore ω e la sua
retta di applicazione è l’asse della rotazione istantanea del rigido
(asse del Mozzi).
Si comprende, da quanto sopra, che nel moto elicoidale non
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TRASMISSIONE DEL MOTO FRA ASSI SGHEMBI

esiste alcun punto del rigido che abbia velocità nulla, ma che esi-
ste invece un luogo di punti, l’asse istantaneo del moto elicoidale,
che hanno una velocità minima data da:

& ( v&A × ω& )ω&


vΩ =
ω2
&
che non è altro che la componente di v A nella direzione del vettore
&
ω.
Il luogo delle rette che istante per istante costituiscono l’asse
del moto elicoidale nel moto relativo fra due membri rigidi corri-
sponderà a due superfici rigate: una rigata polare fissa, solidale al
membro di riferimento, ed una rigata polare mobile, solidale
all’altro membro.
Queste superfici risultano in ogni istante tangenti lungo
l’asse del moto elicoidale istantaneo ed il loro moto relativo sarà
necessariamente un moto di rotolamento e strisciamento: la rigata
polare mobile rotola e striscia lungo la generatrice di contatto con
la rigata polare fissa.

§ 2. - Coppia vite senza fine-ruota a denti elicoidali.

La risoluzione dei problemi inversi nell’ambito del moto ri-


gido generale è la risoluzione del problema di trovare una coppia
di superfici coniugate atte alla trasmissione del moto con legge
qualsiasi e fra assi comunque disposti nello spazio, e tra i quali,
quindi, si realizza, nel moto relativo, una successione di atti di
moto elicoidale.
Per la identificazione di tali superfici risulterebbe ugualmen-
te valida l’applicazione del metodo dell’inviluppo o del metodo
della superficie ausiliaria, estensione al moto nello spazio del me-
todo dell’epiciclo.
Una applicazione del metodo dell’inviluppo si può avere
nella generazione delle superfici coniugate per l’accoppiamento
fra la vite senza fine ed una ruota a denti elicoidali: tale coppia ri-
solve il problema della trasmissione del moto fra due assi sghembi
con rapporto di trasmissione costante.
A tali ipotesi si aggiunge qui per semplicità che gli assi sghembi
siano pure fra loro ortogonali.
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Il problema si presenta quindi, sinteticamente, nei seguenti


termini: è fissata la posizione di due assi sghembi ortogonali, uno
appartenente ad un membro (A), l’altro appartenente ad un mem-
bro (B), e tali che la loro minima distanza sia d; è assunto ad arbi-

Elicoide rigato aperto a cono direttore Elicoide rigato chiuso a cono diretto-
re

Figura 3 Figura 4

trio uno dei due membri (in questo caso una vite); è fissato il va-
lore del rapporto di trasmissione τ=ω2/ω1=cost; determinare il nu-
mero dei denti dell’altro membro (la ruota) e la forma delle loro
superfici. La forma delle superfici dei denti si otterrà come invi-
luppo della superficie attiva della vite, (A), nel moto relativo
all’altro membro, (B).
La superficie attiva della vite è un elicoide, ossia una super-
ficie generata, in termini generali, da una linea, detta generatrice,
che si muove di moto elicoidale intorno ad un asse fisso, l’asse
dell’elicoide.
In questo moto tutti i punti della generatrice descrivono delle eli-

Elicoide rigato aperto a piano direttore Elicoide rigato chiuso a piano direttore
Figura 5 Figura 6
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TRASMISSIONE DEL MOTO FRA ASSI SGHEMBI

che, dette direttrici dell’elicoide, aventi tutte lo stesso passo pe che


è allora anche il passo dell’elicoide.
Se la linea generatrice incontra l’asse attorno al quale avviene la
rotazione si ottiene un elicoide chiuso; diversamente si avrà un e-
licoide aperto (è il caso delle superfici dei denti nelle ruote dentate
a denti elicoidali).
Se la linea generatrice è una retta si ottiene un elicoide ri-
gato: chiuso o aperto a seconda che la retta sia incidente oppure
no con l’asse di rotazione.
Una ulteriore distinzione va fatta sulla base dell’angolo, ϑ,
che la retta forma con un piano normale all’asse di rotazione: nel
caso in cui è ϑ=0 si avrà un elicoide retto o a piano direttore,
mentre nel caso in cui è ϑ≠0 si avrà un elicoide obliquo o a cono
direttore.
Un esempio di superficie elicoidale rigata aperta si ha nel
caso delle ruote dentate cilindriche a denti elicoidali, mentre sono
elicoidi rigati chiusi le superfici normalmente utilizzate per la co-
struzione delle viti da accoppiare ad una ruota a denti elicoidali .
Raramente si tratta di elicoidi retti (utilizzati invece per le viti di
comando); si tratta quasi sempre di elicoidi a cono direttore con
una obliquità, valore dell’angolo ϑ, generalmente di 15°.
La costruzione della vite necessita ovviamente di due super-
fici elicoidali con obliquità opposta, quelle che delimitano il filetto
o pane della vite, ed inoltre l’utilizzo di queste due superfici è ri-
servato solamente ad una striscia, quella compresa fra due cilindri
i cui assi sono coincidenti con l’asse di rotazione ed aventi raggi r1
ed r2.
Su un cilindro di raggio pari al raggio medio
r1 + r2
rm =
2
si può pensare svilupparsi l’elica media la cui inclinazione rispetto
ad un piano normale all’asse di rotazione è data da:
pe
tanα = (4)
2πrm
Operando una sezione della vite con un piano contenente l’asse di
rotazione si ottiene quanto mostrato in fig. 7.
Si definisce passo assiale della vite, pa, lo spostamento che
subisce in tale piano il profilo di una sezione del filetto per effetto
della rotazione della vite stessa intorno al suo asse per portarsi a
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a a

2
m
1

Figura 7 Figura 8

coincidere con la sezione successiva. Il passo assiale può anche


non coincidere con il passo elicoidale, pe: se la vite è a più prin-
cipi (fig. 8), ossia il filetto è costituito da più di un elicoide (tutti
dello stesso passo), due sezioni che distino di pa non appartengono
al medesimo elicoide. Allora, indicando con z1 il numero dei prin-
cipi della vite, sarà:
pe = z1 pa (5)

§ 3. - Forma e numero dei denti della ruota accoppiata.

Consideriamo (fig. 9) un piano contenente l’asse di rota-


zione, O1O1, della vite, (A), e che sia ortogonale all’asse di rota-
zione, O2, del membro (B); tale piano di sezione dicesi piano
principale, e profilo
principale dicesi la se-
zione del filetto della vite 2

in tale piano.
2
Se la vite ruota intorno al
suo asse con velocità an-
&
golare ω1 , la sezione del
filetto trasla nel piano m
& 1 1
principale con velocità v 1
nella direzione dello stes-
so asse; se si indica con t0
il tempo necessario alla
rotazione di un giro sarà: Figura 9
2π = ω1 t 0
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TRASMISSIONE DEL MOTO FRA ASSI SGHEMBI

Nello stesso tempo la sezione del filetto si sarà spostata di un pas-


so, ossia di:
pe = vt 0
Si deduce quindi la velocità di traslazione della sezione del filetto
data da:
pe z1 pa
v= ω1 = ω (6)
2π 2π 1
oppure, tenendo conto della (4):
pe
v= ω = r tan α ω1 (6’)
2π 1 m
Contemporaneamente la ruota (B) ruota intorno ad O2 con velocità
&
angolare ω 2 e la sezione, s2, di uno dei suoi denti dovrà essere co-
niugato ad una sezione, s1, del filetto della vite, ossia dovrà essere
ad esso tangente; i due profili dovranno rispettare tutte le condi-
zioni per essere, nel piano principale, una coppia di profili coniu-
gati. Ne segue che la forma di s2 del membro (B) può essere otte-
nuta come inviluppo delle successive posizioni di s1 di (A) nel
moto relativo di (A) rispetto a (B).
Le polari del moto relativo dei due membri, nel piano principale,
si deducono in modo molto semplice considerando che, istante per
istante, il centro C di questo moto deve trovarsi sulla congiungen-
te i centri del moto assoluto di (B), che ruota intorno ad O2, e del
filetto di (A), che trasla con velocità v nella direzione di O1O1:
dovrà trovarsi, quindi, sulla perpendicolare alla O1O1 passante per
O2.
In C dovrà essere nulla la velocità relativa, e cioè, indicando con R
la distanza O2C e tenendo conto della (6), dovrà essere:
z1 pa
ω2 R = v = ω (7)
2π 1
Questa consente di ricavare il valore di R, e cioè:
z1 pa ω1 z1 pa 1
R= = (8)
2π ω2 2π τ
Ora se τ=cost, come era nelle ipotesi, tutto il secondo membro del-
la (8) è costante e quindi anche R è costante; ed ancora essendo
l’interasse d=cost, sarà costante anche rm=d-R.
Si può concludere che, nel piano principale, le primitive del moto
relativo fra i membri (A) e (B) sono costituite da una circonferen-
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CORSO DI MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE

za di raggio R e da una retta, ε, parallela ad O1 O1 e distante da


questo asse di rm.
In particolare, nello moto relativo di (A) rispetto a (B), la retta, in
quanto polare mobile, è solidale al profilo s1 che, in tale moto, ge-
nererà con il suo inviluppo il profilo s2 di (B) ad esso coniugato.
Poiché s1 è rettilineo ed inclinato dell’angolo π 2 − ϑ rispetto alla
retta ε, il profilo s2 di (B) sarà l’evolvente di una circonferenza di
raggio Rcosϑ se ϑ è, come già detto, l’angolo di obliquità
dell’elicoide attivo della vite.
La normale ad s1 deve necessariamente passare per il punto C e
quindi assolve alle stesse funzioni della retta g già vista nel caso
delle ruote dentate piane con profilo ad evolvente. In questo caso è
evidente che ci si trova, nel piano principale, nella situazione cor-
rispondente all’imbocco rocchetto-cremagliera.
Resta da aggiungere che, uscendo dal piano principale, poi-
ché l’elicoide che costituisce il filetto della vite è inclinato, nel
piano xz, dell’angolo α, lo stesso angolo dovrà avere l’asse dente
della ruota (B) che pertanto sarà una ruota dentata piana a denti
elicoidali profilati ad evolvente e con inclinazione dell’elica pari
ad α.
Il passo della dentatura della ruota (B) è fissato dalla condi-
zione che i due membri (A) e (B) per un corretto ingranamento
devono avere lo stesso passo, e quindi questo non può essere che
il passo pa della vite.
Il numero di denti corrispondente sarà quindi:
2πR
z2 = (9)
pa
Si ha allora dalla (8) e da quest’ultima:
z1 pa 1 z1 pa 2π z
τ= = = 1 (10)
2π R 2π z2 pa z2
che è il rapporto di trasmissione della coppia espresso in funzione
dei suoi elementi costitutivi.
Si deduce dalla (10) come la coppia vite senza fine-ruota a
denti elicoidali si presti a realizzare rapporti di trasmissione estre-
mamente bassi: ipotizzando, per esempio, una vite a due principi
(z1=2) accoppiata con una ruota da 60 denti, si avrebbe un rap-
porto di trasmissione:
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TRASMISSIONE DEL MOTO FRA ASSI SGHEMBI

z1 2 1
τ= = =
z2 60 30
a cui corrisponderà, prescindendo dalle perdite, un rapporto fra le
coppie:
Cm ω2 1
= =
Cr ω1 30

§ 4. - Normale al contatto e forza mutua nel contatto.

Il contatto fra il filetto attivo della vite (A), su cui agisce una
coppia motrice Cm, ed il dente della ruota (B) ), su cui agisce la
coppia resistente Cr, è un contatto lineare. Possiamo supporre, tut-
tavia, che la forza che i due membri si scambiano sia concentrata
tutta nel corrispondente
punto del piano principale
2
e che questo punto r
2
all’istante considerato sia
proprio C (fig. 10). yz y
Consideriamo pure un ri- y

ferimento ortogonale in z m

cui l’asse z abbia il verso 1 m 1 1


positivo coincidente con
&
quello del vettore ω1 della xz
x

vite, gli assi x ed y con le x m

direzioni ed i versi indicati 1


m
z 1

in figura.
In questo riferimento, la Figura 10
vite, immaginata costituita
&
da un elicoide destro, porrà in rotazione la ruota (B) con una ω 2
negativa.
Nel piano principale, piano yz, la normale al contatto fra la
sezione del filetto ed il profilo del dente della ruota deve essere
inclinata dell’angolo&ϑ rispetto all’asse z; si &dovrà quindi avere in
C una componente Fyz della forza normale Fn che (A) esercita su
(B) e tale che sia:
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CORSO DI MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE

& &
Fy = Fz tanϑ (11)
& &
Tuttavia né la − Fy né la − Fz possono essere tali da equilibrare la
Cm applicata alla vite, avendo la prima direzione incidente, la se-
conda direzione parallela all’asse di rotazione della stessa:
& dovrà
esistere di conseguenza, nel piano xz, una componente Fxz della
&
Fn , normale all’elica e quindi inclinata dell’angolo α, tale che
sia contemporaneamente:
Cm
Fx = = Fz tanα (12)
rm
&
Dalle (11) e (12) si possono dedurre le tre componenti della Fn in
funzione della coppia motrice e dei parametri costruttivi
dell’imbocco:
Cm
Fx =
rm
Cm tan ϑ
Fy = Fz tan ϑ = (13)
rm tan α
1 C 1
Fz = Fx = m
tan α rm tan α
&
da cui l’espressione della Fn risulta:

Cm tan 2 ϑ 1
Fn = Fx2 + Fy2 + Fz2 = 1+ + =
rm tan α tan 2 α
2

(14)
Cm
= 1 + tan 2 α + tan 2 ϑ
rm tan α

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