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TRASMISSIONE DEL MOTO FRA ASSI CONCORRENTI

Capitolo 8

Trasmissione del moto fra assi concorrenti

§ 1. - Richiami di cinematica del moto sferico.

Il moto di un sistema rigido, o di un sistema di corpi rigidi,


si definisce moto sferico quando tale moto avviene intorno ad un
punto fisso.
In tali condizioni, il moto di un rigido (A), avente come
punto fisso il punto O, è una successioni di atti di moto rotatorio,
con velocità angolareω& , intorno ad assi (assi della rotazione istan-
tanea) passanti costantemente per O.
Si può comprendere da qui la stretta analogia con il moto rigido
piano, potendo facil-
mente intendersi che
quest’ultimo può pen-
sarsi come una si-
tuazione limite di un
moto sferico in cui il P
punto fisso O sia diven-
tato un punto improprio.
Nella medesima
analogia, quindi, così
come nel moto piano
era stato definito il pia-
no del moto, può de-
finirsi, nel moto sferico, Figura 1
la sfera del moto (fig.
1): una sfera con centro nel punto O su cui si muove la figura rigi-
da che si ottiene come sezione del rigido (A) con la sfera stessa.
258
CORSO DI MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE

Ne segue che le traiettorie di tutti i punti del rigido sezionato sta-


ranno sulla sfera del moto.
L’intersezione, C, dell’asse della rotazione istantanea con la
sfera del moto è il polo della rotazione istantanea.
La velocità di un qualsiasi punto P di (A) si può scrivere, essendo
O un punto fisso, come:
& &
v P = ω ∧ (P − O ) (1)

ma può scriversi anche come:


& &
v P = ω ∧ (P − C ) (1’)

Infatti dalla (1) si ha:


& & & &
v P = ω ∧ (P − O ) = ω ∧ (P − C ) + ω ∧ (C − O )
e poiché ω& e (C-O) sono due vettori paralleli la (1) e la (1’) sono
identiche.
Istante per istante,
(fig. 2) i piani perpendi-
colari alle traiettorie dei 1

punti del rigido (A), o


2
del membro mobile in A

generale, si intersecano B

sull’asse della rotazione


istantanea; poiché l’asse
della rotazione istanta-
nea passa per il centro
O, le intersezioni di
questi piani con la sfera
Figura 2
del moto sono delle cir-
conferenze massime che
si intersecheranno in C, polo della rotazione istantanea. E’
l’estensione al moto sferico del teorema di Chasles.
Ne discende allora che, individuati sulla sfera del moto due
profili coniugati σ1 e σ2 (fig. 3), il piano individuato dalla normale
&
comune di contatto n e dal punto O, centro della sfera del moto, si
definisce come piano normale di contatto fra i profili coniugati:
si può quindi dire che tutte le circonferenze massime perpen-
dicolari ad una coppia di profili coniugati passano per il polo, C,
della rotazione istantanea.
Dati due sistemi rigidi, (A) e (B), in moto intorno al mede-
& &
simo punto fisso O con velocità angolari ω1 ed ω 2 rispettivamente,
259
TRASMISSIONE DEL MOTO FRA ASSI CONCORRENTI

il moto relativo di (B) rispet-


to ad (A) è una successione
di atti di moto rotatorio in-
torno ad assi passanti per O
e con velocità angolare
& & &
ω = ω2 − ω1 (fig. 3’). Il luogo 1
1

di queste rette, solidali con il


2 2
rigido (A) considerato fisso,
dà luogo al cono polare fis-
so; il luogo delle stesse rette
solidali con il rigido mobile
(B) dà luogo al cono polare
mobile. Le intersezioni dei
due coni con la sfera del mo-
to saranno due linee che,
tangenti in C, rotolano l’una Figura 3
sull’altra senza strisciare e
che si chiamano rispetti-
vamente erpoloide sferica (r)
(quella fissa) e poloide
1

sferica (quella mobile).


2
L’espressione della
accelerazione di un punto
P appartenente ad un si-
stema rigido in moto sferi-
co ha una forma più com-
plessa di quella vista nel
Figura 3’
moto piano.
Si ha intanto per la veloci-
tà di P:
& & &
v P = ω ∧ (P − C ) = ωρ ∧ (P − C ) (2)
&
dove ρ è il versore dell’asse della rotazione istantanea:
& ( C − O) ( C − O)
ρ= = (3)
( C − O) rs
con rs il raggio della sfera del moto.
Se deriviamo la (2) rispetto al tempo, scriveremo:
& & & & & &
a P = ω ρ ∧ (P − C ) + ωρ ∧ (P − C ) + ω ∧ (v P − vC ) =
& & & & (4)
= ω ∧ (P − C ) − ω 2 (P − C ) − ω ∧ vC + ωρ ∧ (P − C )
260
CORSO DI MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE

in cui, dalla (3), è:


&
& d ( C − O) v C
ρ = =
dt rs rs
in cui compare la velocità con cui il polo C si sposta
sull’erpoloide.
Sostituendo nella (4) si scriverà allora:
& & & &
a P = a C + a P ,C + ωv C ∧
(P − C ) (4’)
rs

in cui l’ultimo addendo è il termine che tiene conto della sfericità


del moto: esso discende infatti dalla variabilità nel tempo della di-
&
rezione del versore ρ .
La (4’) dimostra che l’accelerazione di un punto di un rigido
in moto sferico non corrisponde solamente alla somma della acce-
lerazione del polo C e della accelerazione rispetto a questo, ma
che occorre aggiungere un ulteriore termine che tiene conto
dell’effetto della traiettoria di C sulla sfera. Tuttavia, se il sistema
ha un grado di libertà per i vincoli cui i suoi membri sono sottopo-
sti, il calcolo, sia delle velocità che delle accelerazioni, può essere
ugualmente fatto con i metodi già utilizzati per il moto piano.

§ 2. - Problemi diretti. Il giunto di Hooke.

Il giunto di Hooke, o giunto di Cardano, serve al collega-


mento di due alberi ed alla trasmissione del moto dall’uno
all’altro, quando
occorra rendere
possibile spo-
stamenti angola-
ri relativi dei lo-
ro assi. E’ il ca-
so tipico del col-
legamento degli
assi delle ruote
motrici in un au-
toveicolo a tra-
Figura 4
261
TRASMISSIONE DEL MOTO FRA ASSI CONCORRENTI

zione anteriore, i quali non possono essere rigidamente connessi


all’albero motore.
E’ costituito (fig. 4) da una croce rigida (crociera) in cui cia-
scuno dei due bracci è collegato, in corrispondenza delle due e-
stremità e mediante coppie rotoidali, ad una forcella rigidamente
connessa a sua volta ad uno dei due alberi cui è demandata la tra-
smissione del moto. Ciascuno dei due alberi, poi, è collegato al te-
laio con coppie rotoidali fisse.
Si tratta quindi di un sistema con tre membri rigidi mobili
collegati fra loro e con il telaio mediante coppie rotoidali: può
quindi con ragione essere definito anche come quadrilatero arti-
colato sferico. E che questo meccanismo debba essere studiato
nell’ambito del moto sferico è confermato dal fatto che la simme-
tria delle varie parti fa sì che gli assi di rotazione delle forcelle
siano, per qualunque possibile configurazione, concorrenti nel
centro della crociera.
La risoluzione del problema cinematico consiste nella valu-
ta-
zione del rapporto di trasmissione fra i due alberi quando questi
non siano allineati ma ruotati angolarmente di un certo angolo α;
di determinare poi l’accelerazione angolare dell’albero condotto.
Per la determinazione della velocità angolare ω&2 dell’albero con-
dotto, corrispondente ad una assegnata velocità angolareω&1
dell’albero mo-
tore, conviene
considerare la
sfera (fig. 5)
con il suo cen-
0

tro O nella in- 2

tersezione degli 1
assi dei bracci
della crociera
(e quindi degli B 0
1
assi delle quat- 2
tro coppie ro-
toidali) e con- A
tenente i centri,
Figura 5
A e B, degli
accoppiamenti fra la crociera e le forcelle. Si suppone poi che il
meccanismo sia disposto in modo che l’asse delle y coincida con
l’asse di rotazione dell’albero condotto: il piano xz sarà di conse-
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CORSO DI MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE

guenza il piano in cui giace, istante per istante, l’asse comune alle
coppie rotoidali della corrispondente forcella FA. L’albero motore
abbia il suo asse giacente nel piano xy e formante un angolo α con
l’albero condotto, e quindi con l’asse delle y. Lo stesso angolo α
sarà quindi formato dal piano in cui giace, istante per istante,
l’asse comune alle coppie rotoidali della forcella FB con il piano
xz; le intersezioni di questi due piani con la sfera del moto saran-
no due circonferenza massime di raggio r (quello della sfera) cor-
rispondenti rispettivamente alle traiettorie dei punti B ed A. Poi-
ché i punti A e B, inoltre, appartengono anche alla crociera (mem-
bro rigido), essi possono essere considerati come gli estremi di un
arco rigido di circonferenza
massima, di raggio r, mobile
sulla stessa sfera (quadrilate-
ro articolato sferico). 0

Con il riferimento adottato,


quando il punto A di FA si
2
trova in A0, sull’asse z, il r
punto B si troverà in B0, sul
piano xy: le rotazioni ϑ1 e
ϑ2, rispettivamente dell’al-
bero motore e dell’albero 1
r
condotto, possono quindi es- 0
sere misurate rispetto ad OB0
e ad OA0:
Poiché r indica la di- Figura 5’
stanza da O dei centri delle
coppie rotoidali A e B, le coordinate di questi punti, per una gene-
rica configurazione, saranno date da:
 x A = r sen ϑ 2  x B = r cos α cosϑ1
 
 yA = 0  y B = r sen α cosϑ 1 (5)
 z = r cosϑ  z = − r sen ϑ
 A 2  B 1

Tuttavia, poiché gli stessi punti A e B appartengono anche alla


crociera (membro rigido), deve pure valere la condizione che i
vettori (A-O) e (B-O) siano ortogonali fra loro, ossia deve essere:
( A − O) × ( B − O) = 0
ossia:
x A xB + y A yB + z A zB = 0
263
TRASMISSIONE DEL MOTO FRA ASSI CONCORRENTI

e cioè:
sen ϑ 2 cos α cosϑ 1 − cosϑ 2 sen ϑ 1 = 0 (6)

Da questa, dividendo per cosϑ 1 cosϑ 2 , si ottiene allora la condi-


zione:
tan ϑ 1
tan ϑ 2 = (6’)
cos α
che fornisce anche il legame cercato fra le rotazioni dei due alberi.
Si deduce intanto dalla (6’) che, se l’angolo fra i due alberi, α, non
supera π 2 , sarà sempre ϑ 2 > ϑ 1 se 0 ≤ ϑ 1 ≤ π 2 , mentre sarà
sempre ϑ 2 < ϑ 1 se π 2 ≤ ϑ 1 ≤ π ; e ciò continuerà ad essere vero
anche aggiungendo o togliendo ai due angoli un qualsiasi multiplo
di π.
La legge di trasmissione del moto è dunque periodica con periodo
π.
E’ immediato, a questo punto, trovare il rapporto di trasmis-
sione; derivando la (6’) si ottiene:
1 1
(1 + tan 2
ϑ 2 )ω2 = ω
cos α cos2 ϑ1 1
(7)

e, sostituendovi, l’espressione di tanϑ2 della stessa (6’) si ha:


 tan 2 ϑ1  1 1
1 + 2 ω2 = ω (8)
 cos α  cos α cos2 ϑ1 1
da cui infine:
ω2 cos α cos α
= = (9)
ω1 cos ϑ 1 ( cos α + tan ϑ 1 ) 1 − sen 2 α cos 2 ϑ 1
2 2 2

La (9) conferma che il rapporto di trasmissione del giunto di Car-


dano non è costante: dipende da ϑ1 ed ha una variabilità periodica
con il periodo prima individuato.
L’espressione della accelerazione angolare si ottiene deri-
vando ulteriormente la (9) e, nella ipotesi che sia ω1=cost, si ot-
tiene:
cos α
ω 2 = − sin 2 α sin (2ϑ1 )ω 12 (10)
(1 − sin 2
α cos ϑ1 )
2 2
264
CORSO DI MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE

Nelle figure 6 e 7 sono riportati rispettivamente i diagrammi del


rapporto di trasmissione τ e dell’accelerazione angolare
dell’albero condotto nell’ipotesi di ω1=cost, e per diversi valori
dell’angolo α.

2
1

Figura 6
2
2
1

Figura 7
E’ agevole rilevare la crescente influenza del disassamento sulla
variabilità del rapporto di trasmissione e come ciò si ripercuota in
modo notevole sui valori della accelerazione angolare.
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TRASMISSIONE DEL MOTO FRA ASSI CONCORRENTI

§ 3. - Problemi inversi. Trasmissione del moto fra assi concorren-


ti.

In stretta analogia a quanto è stato visto nell’ambito dei moti


piani, ci si pone il problema di determinare due superfici coniuga-
te capaci di realizzare la trasmissione del moto, con rapporto di
trasmissione τ=cost, quando esse appartengano a due membri, (A)
e (B), che ruotano con velocità angolare ω&1 ed ω&2 intorno ad assi
fissi, OO1 ed OO2, e formanti fra loro un dato angolo α (fig. 8).
Anche in questo caso la risoluzione del problema prende av-
vio dalla ricerca delle pri-
mitive del moto.
L’asse della rotazione 1
istantanea nel moto relati-
vo, del membro (B) rispetto 1

al membro 1
(A), sarà la retta OC, aven-
1

2
te la direzione del vettore
& & &
ω = ω2 − ω1 , e di cui il pun- 2

to C è la intersezione con la
sfera del moto: tale asse sta
nel piano definito da ω&1 ed
ω&2 e risulterà inclinato ri- Figura 8
spetto ad essi rispettiva-
mente degli angoli α1 ed α2, tali quindi che sia α = α 1 + α 2 =cost.
Considerando la velocità assoluta del punto C appartenente una
volta al membro (A) ed una volta al membro (B) possiamo ora
scrivere:
( v&C ) A = ω& 1Λ( C − O) = ( v&C ) B = ω& 2 Λ( C − O)
ossia:
ω1OC sen α1 = ω2 OC sen α 2
Ne risulta che è:
ω2 sen α1
τ= = (11)
ω1 sen α 2
Ora essendo, per ipotesi, τ=cost anche il secondo membro dovrà
essere costante; e poiché si può anche scrivere:
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CORSO DI MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE

ω2 sen(α − α 2 ) sen α1
τ= = =
ω1 sen α 2 sen( α − α1 )
si può concludere che saranno pure costanti sia α1 che α2; quindi
l’asse della rota-
zione istantanea
1
nel moto relativo
2
fra i due membri 1 1

è inclinato sem- 2 1

2
pre dello stesso 2

angolo rispetto 1
1

agli assi delle ri-


spettive rotazioni Figura 9
assolute. Le su-
perfici primitive sono quindi due coni circolari retti di assi rispet-
tivamente OO1 ed OO2 le cui intersezioni con la sfera del moto
danno luogo a due circonferenze che saranno proprio la poloide e
l’erpoloide: a queste si dà ancora il nome di primitive del moto.
Se l’angolo formato dai due vettori ω&1 ed ω&2 è un angolo ot-
tuso (fig. 8) si avranno due coni tangenti esternamente, mentre se
tale angolo è acuto i due coni possono risultare tangenti inter-
namente (fig. 9).
Può accadere anche la
situazione limite (fig.
10) in cui il vettore
ω& ( r ) risulta ortogonale
1
ad uno dei due assi
(per es. ad ω&2 ): in tal
1
2
2

caso sarebbe α2=π/2 2


2

ed il cono corrispon- 1
dente degenera in un
piano la cui interse- 1

Figura 10
zione con la sfera del
moto sarebbe allora una circonferenza massima. Si avrebbe una
ruota piano-conica ed il rapporto di trasmissione della coppia sa-
rebbe τ=sinα1.
L’utilizzazione dei coni primitivi come superfici reali desti-
nate alla trasmissione di potenza porterebbe agli stessi inconve-
nienti già visti per il caso delle primitive cilindriche, ossia nel caso
del moto piano; per piccole potenze tuttavia è possibile il loro im-
piego sotto l’aspetto di ruote di frizione coniche.
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TRASMISSIONE DEL MOTO FRA ASSI CONCORRENTI

Per potenze non piccole si tratterà di ricorrere, anche in que-


sto caso, ad opportune superfici coniugate cui demandare il com-
pito della trasmissione per il tramite delle azioni mutue che queste
possono scambiarsi venendo a contatto: i denti di una coppia di
ruote dentate coniche.

§ 4. - Ruote dentate coniche: superficie attiva dei denti.

Per la determinazione delle superfici attive dei denti - le superfici


coniugate della coppia - si applica un procedimento che differisce
da quello utilizzato nel caso delle ruote piane solo per il fatto che
ora esso si svolge nell’ambito del moto sferico.
Ci si serve di una superficie ausiliaria che si può identificare
nella superficie
primitiva, B0, di
una ruota piano
conica, facendola
alternativamente
rotolare senza stri-
sciare su ciascuno
dei due coni primi-
tivi. Si otterrebbe-
1
ro così delle evol-
venti sferiche, che
sono ancora, cine- 0
maticamente, su- Figura 11
perfici coniugate,
ma che presenterebbero gli stessi inconvenienti (interferenza) che
si sono riscontrati per le evolventi delle primitive circolari nel ca-
so piano.
Per evitare tale inconveniente, si assume allora (fig.11) un
piano m, solidale a B0, passante per OC ed inclinato rispetto a B0
di un angolo pari a π/2−ϑ: se facciamo rotolare senza strisciare B0
sul cono primitivo il piano m invilupperà una superficie che risul-
terà coniugata di quella ottenuta in modo analogo facendo rotolare
B0 sull’altro cono.
Il piano m*, ancora passante per OC, ed ortogonale al piano
m (e quindi inclinato di ϑ rispetto a B0), sarà quindi ortogonale,
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CORSO DI MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE

istante per istante, alle due superfici coniugate e rotolerà senza


strisciare su altri due coni che sono i coni fondamentali delle su-
perfici stesse. Queste ultime possono costituire le superfici attive
dei denti e, durante il moto di ingranamento, trasmetteranno il mo-
to con la stessa legge prefissata che ha dato origine ai due coni
primitivi.
Ciascuna superficie passa sempre per OC, che è anche la ret-
ta di tangenza con il piano m di cui è inviluppo, ed avrà come pia-
no normale, per OC, il piano m*.

§ 5. - Proporzionamento delle ruote coniche.

Le superfici attive dei denti di una ruota conica vengono li-


mitate in altezza (fig. 12) da due coni ancora con vertice nel centro
O della sfera: saranno il cono di troncatura esterna ed il cono di
troncatura interna.
La ruota, secondo il
suo spessore, do- e
vrebbe essere limitata
invece, in teoria, da i

due sfere, sempre di


centro O, che inter- 1 1

cettano la sua lun-


ghezza.
Nella pratica, tutta-
via, per la difficoltà i

che si incontrerebbe
nella esecuzione di e

una tornitura sferica, Figura 12


tale limitazione si ot-
tiene con altri due coni aventi il vertice sull’asse della ruota e ge-
neratrici perpendicolari ai coni primitivi: questi prendono il nome
di coni complementari.
Per convenzione, inoltre, si assume come sfera del moto
quella, delle due che delimitano il dente, che ha il diametro mag-
giore: l’intersezione con il cono primitivo individua una circonfe-
renza il cui raggio r1, misurato nel piano perpendicolare all’asse di
rotazione viene preso come riferimento per tutte le misure relative
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TRASMISSIONE DEL MOTO FRA ASSI CONCORRENTI

alla ruota (proporzionamento modulare).


Su questa base avremo quindi la nota relazione:
z1 p = 2πr1
oppure anche:
mz1 = 2r1
che lega il modulo della dentatura al numero di denti della ruota.
Poiché le analoghe relazioni devono valere anche per la seconda
ruota, si desume che sarà:
ω2 sen α1 r1 z1
τ= = = =
ω1 sen α 2 r2 z2

§ 6. - Normale al contatto fra i denti.

Immaginiamo una ruota conica, motrice, il cui asse di rota-


zione coincida con l’asse
delle x di un riferimento
ortogonale con origine nel
centro O della sfera del
moto, e che sia orario il
suo verso di rotazione (fig. 0
13).
Indicato con OC
l’asse della rotazione i-
stantanea, l’angolo fra il
piano m* ed il piano B0
vale ϑ, mentre vale π/2−ϑ
l’angolo fra quest’ultimo
ed il piano m oppure an-
che fra il piano m ed & il xy
piano xy. La normale N in
un qualsiasi punto della n
z

generatrice di contatto fra i


denti (per es. la stessa retta xy

OC) dovrà essere necessa- x

riamente perpendicolare al
y

0
piano m che è il piano che, Figura 13
270
CORSO DI MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE

per inviluppo, ha generato la superficie del dente, e quindi dovrà


essere pure perpendicolare alla retta OC: giacerà quindi nel piano
m* e, per questo, sarà inclinata dell’angolo ϑ rispetto al piano B0 e
quindi rispetto all’asse z. &
La forza mutua che si scambiano i denti in assenza di attrito, Fn ,
&
deve essere diretta secondo N e quindi avrà una componente lungo
l’asse z, che vale:
& &
Fz = Fn cosϑk (12)

ed una componente parallela al piano xy, che vale:


& &
Fxy = Fn sin ϑλ (13)
&
essendo λ il versore della perpendicolare ad OC.
Quest’ultima, d’altra parte, deve risultare perpendicolare alla OC
stessa, che è inclinata dell’angolo α rispetto all’asse delle x. Quin-
di possono ancora essere individuate le due componenti:
& & &
 Fx = Fxy sin α i = Fn sin ϑ sin α i
& & & (14)
 Fy = − Fxy cos α j = − Fn sin ϑ cos α j
&
Ora, delle tre componenti (12) e (14), solo la Fz può avere mo-
mento rispetto all’asse di rotazione della ruota:& e quindi solo con
questa, ipotizzando il punto di applicazione di Fn in corrisponden-
za del raggio medio della ruota (forze di contatto uniformemente
distribuite), si potrà scrivere:
Cm = Fz rm
e quindi:
Cm
Fz = (15)
rm
Dalla (12) si ha quindi:
Cm
Fn =
rm cosϑ
che sostituita nelle (14) consente di ricavare:
Cm
Fx = sin α tan ϑ
rm
(16)
C
Fy = m cos α tan ϑ
rm
271
TRASMISSIONE DEL MOTO FRA ASSI CONCORRENTI

§ 7. - Tracciamento approssimato del profilo dei denti.

Lo studio di un imbocco dentato conico, quando dovesse ri-


chiedere il materiale tracciamento dei profili (per esempio per
l’analisi particolare di problemi di interferenza), presenterebbe no-
tevoli difficoltà dipendenti essenzialmente dalla impossibilità di
sviluppare in un piano la superficie della sfera del moto.
E’ ancora possibile, tuttavia, utilizzare, con sufficiente vantaggio,
un tracciamento approssimato considerando che la piccola esten-
sione della zona sferica occupata dai profili non comporta un erro-
re notevole nel tracciamento di
questi.
Se si accetta questo grado di ap-
prossimazione, è allora possibi-
le (fig. 14) sostituire alla sfera,
in corrispondenza del generico 1 1

punto P della primitiva, per il 2


1 1

quale passa il profilo che si vuo- 2


le determinare, il piano tangen- 2

te alla sfera in quel punto.


Tale piano intersecherà i 2

coni primitivi, le cui sezioni ret-


te sarebbero due circonferenze
di raggio r1 ed r2, secondo due
ellissi, tangenti in P che, in base Figura 14
al teorema di Meusnier, avreb-
bero raggi di curvatura pari a:
r1 r2
R1 = ; R2 = ; (17)
cosα 1 cosα 2
Dato che l’angolo di rotazione che occorre considerare per com-
prendere la durata del contatto fra i denti è un angolo certamente
piccolo, si possono sostituire alle coniche i corrispondenti cerchi
osculatori e considerare i profili come coniugati rispetto a tali
nuove primitive circolari (primitive immaginarie) i cui raggi sono
dati appunto dalle (17).
Su tali primitive, per dato modulo m, troverà posto un numero
(immaginario) di denti dato da:
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CORSO DI MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE

2 R1 2r1 z1
z1,i = = =
m m cosα 1 cosα 1
(18)
2 R2 2r2 z2
z 2 ,i = = =
m m cosα 2 cosα 2
ne segue anche che il minimo numero di denti che si può avere per
una ruota immaginaria:
2
zi ,min =
sen 2 ϑ
darà per la corrispondente ruota reale:
2
zmin = cos α1
sen 2 ϑ
Dalle (18) si deduce che se per es. α2=π/2, ossia si tratta di ruota
piano-conica, diventa z2,i=∞; il cono primitivo infatti degenera nel
piano B0, come già visto, e la sua intersezione con il piano tangen-
te alla sfera è una retta: la corrispondente ruota immaginaria è
quindi proprio la dentiera.

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