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APPUNTI DI ISTITUZIONI

DI FISICA MATEMATICA 1
Anno Accademico 2010-2011
Alfredo Marzocchi
Dipartimento di Matematica e Fisica N. Tartaglia, Universit` a Cattolica del S. Cuore
Indice
1. Insiemi normalizzati di perimetro nito e sottocorpi 1
2. Immersione e deformazione 4
3. Deformazioni e deformazioni omogenee 5
4. Teorema di decomposizione polare 10
5. Indierenza materiale 14
6. Rappresentazione euleriana e lagrangiana 15
7. Velocit` a e accelerazione 16
8. Formula di Eulero 19
9. Teoremi del trasporto 21
10. Massa 23
11. Potenza 26
12. Calore e il primo principio della Termodinamica 33
13. Entropia 35
14. Equazioni costitutive 38
15. Fluidi perfetti 40
16. Fluidostatica dei uidi perfetti barotropici 42
17. Teoremi sui uidi perfetti 47
18. Condizioni al contorno 50
19. Applicazioni 51
20. Moti piani 52
21. Moti piani irrotazionali di uidi perfetti incomprimibili 54
22. Onde di supercie nei uidi incomprimibili 58
23. Fluidodinamica dei uidi comprimibili 63
24. Fluidi viscosi 65
25. Elasticit` a 71
26. Elasticit` a lineare 75
27. Applicazioni 79
1. Insiemi normalizzati di perimetro nito e sottocorpi
Nei fondamenti della Meccanica dei Continui `e apparso centrale il concetto di legge in
forma integrale. Con questo si intende una formulazione dei principi basilari della sica
basata su uguaglianze espresse fra integrali valutati su sottocorpi. Per questo conviene
2
eettuare una scelta delluniverso di sottocorpi che sia adatta alla teoria dellintegrazione,
o, per essere pi` u essibili, alla teoria della misura.
Sia M R
n
un insieme; indichiamo con
M

=
_
x R
n
: lim
r0
+
L
n
(B(x, r) M)
L
n
(B(x, r))
= 0
_
.
Per esempio, se n = 2 e se M = B(0, 1) [1, 2] [1, 0], dove gli intervalli si intendono
sullasse x, si vede subito che M

= B(0, 1). I punti di M

si dicono essenzialmente interni


a M. Dallesempio riportato si vede che in generale M e M

non sono confrontabili.


Denizione 1.1. Se M = M

, allora M si dir`a normalizzato.


Sebbene in molti casi si abbia che M

= int M, vi sono alcune dierenze. Per esempio,


se M = B(1, 1) B(1, 1), il punto (0, 0) non `e interno (topologicamente) a M, eppure
appartiene a M

. La dierenza fondamentale sta nella frontiera, che pu` o essere molto


grande se topologica, rispetto a quella che andiamo a denire.
Denizione 1.2. Per ogni M R
n
, chiamiamo frontiera normalizzata linsieme

M = R
n
(M

(R
n
M)

).
In questo modo, i punti della frontiera normalizzata sono tutti e soli quelli che non sono
ne essenzialmente interni a M ne essenzialmente interni al suo complementare. Facciamo
notare che frontiera normalizzata `e una locuzione pericolosa: non si tratta infatti del
normalizzato della frontiera topologica. Il termine corretto `e frontiera secondo la teoria
geometrica della misura, per` o decisamente troppo lungo.
Una buona propriet` a degli insiemi normalizzati e delle frontiere normalizzate `e che sono
tutti boreliani. Questo permette di denire delle misure, e in particolare le misure di
Lebesgue L
n
e Hausdor H
n1
.
Denizione 1.3. Sia M un insieme normalizzato. Diremo che `e di perimetro nito, se
H
n1
(

M) < +.
Nella letteratura spesso si `e discusso sulle propriet`a che debbono avere degli insiemi
per essere usati quali sottocorpi. Riportiamo a tal proposito queste propriet`a, che si
riferiscono a una coppia (P, _), dove P `e un insieme e _ `e una relazione in P con le
propriet` a indicate sotto.
Assioma 1.4 (di ordinamento). La relazione _ deve essere una relazione dordine, ossia
(1) P P : P _ P;
(2) P, Q P : (P _ Q e Q _ P) P = Q;
(3) P, Q, R P : (P _ Q e Q _ R) P _ R.
Assioma 1.5 (di esistenza della parte comune). Per ogni P, Q P esiste R P
tale che R _ P e R _ Q e che
S P : (S _ P e S _ Q) S _ R.
R si chiama parte comune (in inglese meet) e sar` a indicato con P Q.
3
Assioma 1.6 (di esistenza della parte unione). Per ogni P, Q P esiste R P tale
che P _ R e Q _ R e che
S P : (P _ S e Q _ S) R _ S.
La parte unione (chiamata in inglese join) di P e Q verr` a indicata con P Q.
Pu` o darsi ora che esistano o meno in B un elemento minimo e un massimo per la
relazione _, ossia due elementi O e U tali che
P B : O _ P _ U.
Se ci` o non avviene, `e sempre possibile modicare la denizione della relazione _ aggiun-
gendo due nuovi elementi a B con le propriet` a indicate.
Lassioma che segue richiede invece che esista il sottocorpo complementare a un dato
sottocorpo.
Assioma 1.7 (del complementare). Per ogni P P esiste un unico P
e
P tale che
P P
e
= O, P P
e
= U.
Manca per` o un ultimo assioma, per quanto la struttura possa apparire completa, che `e
tipico della teoria dei sottocorpi.
Assioma 1.8 (di separazione). Per ogni P, Q P si ha
Q P
e
= O Q _ P.
Siamo ora pronti a scegliere un universo di sottocorpi adatto ai nostri scopi.
Denizione 1.9. Sia B un insieme normalizzato e di perimetro nito. Prendiamo come
universo P di sottocorpi linsieme di tutti i sottoinsiemi di B normalizzati e di perimetro
nito, come relazione _ lusuale relazione di inclusione, e per ogni P, Q P
P Q = P Q, P Q = (P Q)

, P
e
= (B P)

.
Si pu` o dimostrare che con questa scelta delluniverso dei sottocorpi, tutti gli assiomi
indicati alla sezione precedente sono soddisfatti.
La propriet` a comunque pi` u importante riguarda lesistenza della normale. Si pu` o infatti
mostrare un importante teorema, dovuto a De Giorgi, che per ogni M P esiste un
campo vettoriale unitario n denito H
n1
-quasi ovunque su

M e tale che, se v `e un
campo vettoriale su M, valga il teorema della divergenza
_
M
div v =
_

M
v ndH
n1
.
Questo risultato `e classico se v `e di classe C
1
, e in quel caso il primo integrale `e un usuale
integrale di volume, ma in realt` a vale, in una maniera opportunamente estesa, anche no
al caso in cui div v sia una misura di Radon nita sui compatti.
4
2. Immersione e deformazione
Proseguiamo ora nellenunciazione delle propriet` a dei corpi continui. Sia E lo spazio
euclideo n-dimensionale e sia I un intervallo della retta dei numeri reali.
Supponiamo che sia assegnata una funzione invertibile
t
: B E (t I) tale che ogni
sottocorpo P abbia per immagine un sottoinsieme normalizzato e di perimetro nito di E .
Questa funzione si chiama immersione del corpo allistante t. Per ogni sottocorpo P B,
limmagine
t
(P) si chiama forma del sottocorpo. Quando poi, come nel nostro caso, i
sottocorpi sono sottoinsiemi di un insieme B normalizzato e di perimetro nito, spesso si
chiama congurazione del corpo linsieme
t
(B).
Con questa schematizzazione il corpo resta sempre lo stesso, mentre le sue varie con-
gurazioni possono cambiare, anche se `e possibile scegliere una di queste come riferimento
per le altre, nel qual caso risulta naturale associare listante zero a questultima.
Supponiamo ora di avere due congurazioni del corpo in istanti dierenti (per semplicit`a,
e senza perdere di generalit`a supporremo dora in poi che questi siano 0 e t), che indichiamo
con B
0
=
0
(B) e B
t
=
t
(B). La congurazione B
t
si dir` a congurazione deformata della
B
0
. Risulta molto utile in Meccanica dei Continui la funzione che associa ad ogni punto
o sottocorpo nella congurazione di riferimento il corrispondente punto o sottocorpo nella
congurazione deformata. In altre parole, ci interessa la deformazione
t
: B
0
B
t
data
da
t
=
t

1
0
. Quindi, per ogni sottocorpo P, avremo
(2.1)
t
(P) =
t
(
1
0
(P)).
Se invece P `e un punto p (nella congurazione di riferimento), avremo

t
(p) =
t
(
1
0
(p)).
La funzione
t
esprime la deformazione del corpo, o pi` u semplicemente la legge che associa
ad ogni punto la sua posizione dopo la deformazione.
Vi sono varie richieste da fare sulla deformazione o, contemporaneamente, sulle immer-
sioni. Una prima `e che il corpo, in seguito a una deformazione, non si compenetri.
Assioma 2.1 (di non compenetrabilit`a). Per ogni t I, la funzione
t
deve essere
biiettiva.
Consideriamo ora un sottocorpo P nella congurazione di riferimento. La legge t

t
(P) rappresenta chiaramente la legge oraria del sottocorpo P. Pertanto lassegnazione
di una famiglia di immersioni d` a un movimento del corpo. Poi, la legge t
t
(p) sar` a la
legge oraria del moto del punto p, e cos` via.
`
E chiaro che, per poter parlare di velocit` a,
accelerazione ed altre quantit` a cinematiche `e necessario che lapplicazione (t, p)
t
(p) sia
derivabile un certo numero di volte. Non vogliamo a questo punto enunciare alcun assioma
preciso, in quanto esso avrebbe carattere non fondante ma solo tecnico: supporremo di volta
in volta questa funzione derivabile quanto basta per dare senso ai discorsi che seguiranno.
Un requisito avente signicato sico `e invece quello che la deformazione non vari local-
mente lorientazione dellelemento di volume; per esempio, non deve essere possibile che un
elemento di un corpo si deformi passando da una terna destra a una terna sinistra. Questo
viene espresso nel seguente
Assioma 2.2 (di orientazione). Per ogni t I, si deve avere
det grad
t
(p) > 0
5
per ogni punto materiale p nella congurazione di riferimento.
Fin qui non abbiamo ancora introdotto nulla sulla rappresentazione dei punti materiali
nello spazio ambiente euclideo E . A seconda della carta scelta, avremo che i punti saranno
individuati da elementi di R
n
. Indicheremo poi con V lo spazio vettoriale delle traslazioni,
ossia di dierenze di vettori posizione dei punti di E .
Detto allora X(p) il vettore posizione del generico punto p in B
0
e x
t
(p) quello del punto
corrispondente nella deformazione
t
(p), poniamo
u(p, t) = x
t
X V.
u si dir` a spostamento; chiaramente la conoscenza di una congurazione di riferimento e
quella del campo u permettono di ricostruire la deformazione. In molti casi, poi, si suole
identicare p con X e
t
(p) con x
t
, per cui il campo di spostamento risulta essere un campo
vettoriale (t, X) u(t, X). Insistiamo anche sul fatto che abbiamo deliberatamente scelto
di ambientare il nostro corpo in uno spazio euclideo; avremmo potuto, pi` u in generale,
richiedere che
t
(B) fosse una variet`a (per esempio, per studiare il moto di un uido che
scorre su una supercie curva). In questo caso il campo di spostamento avrebbe perso di
senso, o comunque, qualora la variet` a fosse stata immersa, di senso sico.
3. Deformazioni e deformazioni omogenee
In questa sezione, poiche tutto verr` a studiato per t ssato, ometteremo la dipendenza da
questa variabile. Fissato un punto arbitrario O B
0
, supponendo la funzione regolare,
possiamo svilupparla in serie di Taylor
(3.1) (X) = (O) +

X|O
(X O) +o(X O)
dove [[o(Z)[[ indica, al solito, un innitesimo rispetto a [[Z[[. Poniamo anche
F =

X
= grad
X

che `e lo jacobiano di ed `e detto gradiente di deformazione. Introduciamo anche il


gradiente di spostamento, dato, per la formula (3.1), da
grad u =
u
X
= F I.
Lequazione (3.1)
(X) = (O) +F(O)(X O) +o(|X O|)
si pu` o interpretare anche cos`: preso un punto X vicino a O, per trovare il suo trasformato,
a meno di innitesimi di ordine superiore al primo in X O, basta sommare a (O) il
vettore trasformato di X O secondo F.
Una classe di deformazioni di notevole interesse `e quella delle cosiddette deformazioni
omogenee, nelle quali il gradiente di deformazione F `e costante, ossia non dipende da X, e
di fatto loperazione sopra indicata non `e approssimata.
Denizione 3.1. Una deformazione per la quale il gradiente di deformazione F non
dipende dal punto di riduzione si dir`a omogenea.
6
Proposizione 3.2. . Una deformazione omogenea `e caratterizzata dalla formula
(3.2) (X) = (O) +F(X O)
dove il punto di riduzione O `e arbitrario.
Dimostrazione. Sia una deformazione omogenea. Allora si ha chiaramente
F
X
= 0
per cui, nello sviluppo di Taylor di sono nulli tutti i termini di grado superiore al primo.
Dalla (3.1) si trova subito allora la (3.2). Sia poi Y un arbitrario punto di B
0
. Dalla (3.2)
si ricava, sostituendo Y a X,
(Y ) = (O) +F(Y O)
per cui ricavando e sostituendo (O) si trova
(X) = (Y ) +F(X Y )
che `e analoga alla (3.2) con punto di riduzione Y .
Come conseguenza di questo fatto, abbiamo ad esempio che in una deformazione omoge-
nea rette vengono sempre trasformate in rette. Infatti se X = a+tb (t R) `e lequazione
di una retta, avremo
x = (X) = (Y ) +Fa +tFb FY = c +td
dove c = (Y ) F(Y ) +Fa e d = Fb, che `e lequazione di una retta.
Denizione 3.3. Una deformazione si dir`a traslazione se per ogni X, Y B
0
si ha
(3.3) (X) (Y ) = X Y .
Una deformazione si dir`a invece isometrica se per ogni X, Y B
0
[[(X) (Y )[[ = [[X Y [[.
Chiaramente una traslazione `e una deformazione omogenea con F = I, e viceversa. Dalla
formula (3.2) si vede anche che per una traslazione si ha
(X) = X +Z
con Z = (Y ) Y , ossia che una traslazione non fa altro che sommare ad ogni vettore un
vettore costante. Ogni traslazione `e poi isometrica, ma non viceversa.
Un sottocorpo P di B
0
si dice unito se (P) = P. Se invece P `e un punto tale che
(p) = p, si dir` a punto unito o sso. Chiaramente un insieme di punti uniti `e unito,
mentre non `e vero il viceversa. Dalla denizione di punto unito si trae subito che Y `e
unito se e solo se u(Y ) = 0.
Dimostriamo ora la principale propriet` a delle deformazioni omogenee.
Teorema 3.4. Per ogni deformazione omogenea e per ogni punto Y esistono una
deformazione omogenea e due traslazioni
1
,
2
tali che
(Y ) = Y
=
1
=
2
.
7
In altre parole, ssato Y , ogni deformazione omogenea si pu`o vedere come una compo-
sizione di una deformazione omogenea con Y unito e di una traslazione.
Dimostrazione. Poniamo

1
(X) = X +(Y ) Y

2
(X) = X +F
1
((Y ) Y )
(X) = Y +F(X Y ).
Dalle prime due delle precedenti espressioni si ha, per ogni X, Z B
0
,

1
(X)
1
(Z) = X Z

2
(X)
2
(Z) = X Z
per cui
1
e
2
sono traslazioni. Ovviamente, poi, `e una deformazione omogenea e
(Y ) = Y , ossia lascia unito Y . Vediamo che
1
= . Abbiamo

1
((X)) = (X) +(Y ) Y = Y +F(X Y ) +(Y ) Y =
= (Y ) +F(X Y ) = (X).
Vediamo ora che
2
= . Abbiamo stavolta
(
2
(X)) = (X +F
1
((Y ) Y )) =
= Y +F(X +F
1
((Y ) Y ) Y ) =
= Y +FX +(Y ) Y FY = (Y ) +F(X Y ) = (X).
Vediamo ora alcuni esempi di deformazioni omogenee. Per il teorema precedente, pos-
siamo sempre pensare di avere un punto sso che supporremo essere lorigine.
Denizione 3.5. . Una deformazione omogenea si dice rotazione pura attorno a Y se Y
`e sso e se F = R, con R ortogonale e a determinante positivo, mentre si dice deformazione
pura attorno a Y , se Y `e sso e se F = U, con U simmetrica e denita positiva.
Una rotazione pura `e isometrica; infatti
[[(X) (Y )[[ = [[Y +R(X Y ) Y [[ = [[R(X Y )[[ = [[X Y [[
per le note propriet` a di isometria delle rotazioni.
La pi` u semplice deformazione pura `e la dilatazione. In tale deformazione si ha
F = U = I.
Dovendosi avere det F > 0, si ricava subito che deve essere > 0. Se = 1, abbiamo la
deformazione identica (a meno di una traslazione, come abbiamo visto sopra), se > 1
si ha la cosiddetta espansione uniforme, mentre se 0 < < 1 si ha una compressione
uniforme. Dallespressione (2.1), prendendo Y = 0 unito, abbiamo allora
(X) = X
che mostra come ogni vettore X venga trasformato in un vettore parallelo, di lunghezza
aumentata se > 1 e ridotta se 0 < < 1. 0 `e lunico punto unito di questa trasformazione.
Tutte le rette per lorigine sono unite (come rette).
8
Uninteressante osservazione, collegata allindipendenza dal punto di riduzione osservato
sopra, `e che in questa deformazione, sebbene paia a prima vista che lorigine sia privilegiata,
nessun punto in realt`a `e privilegiato (come accade in tutte le deformazioni omogenee).
Questo spiega, ad esempio, come il modello di espansione uniforme delluniverso sia in
accordo con larbitrariet`a del punto di osservazione.
Ricordiamo la denizione di prodotto diadico di due vettori.
Denizione 3.6. Sia V uno spazio unitario (
1
) e siano u, v V . Indichiamo con uv
Lin(V ) la trasformazione lineare tale che
(u v)w = (v w)u w V.
Ricordiamo anche che se e
i

(i=1,...,n)
`e una base ortonormale di V , allora e
i
e
j

(i,j=1,...,n)
`e una base di Lin(V ).
Denizione 3.7. Siano a un versore e R. Diremo estensione nella direzione a la
deformazione pura data da
F = U = I + ( 1)a a.
In coordinate cartesiane, scelto per comodit` a a = e
1
, troviamo per la matrice di U
lespressione
_
_
0 0
0 1 0
0 0 1
_
_
da cui, ricordando il fatto che det F > 0, si trova > 0.
Ricaviamo il campo di spostamento u. Si ha, prendendo Y = 0 sso,
u(X) = (X) X = UX X = X + ( 1)(a a)X X = ( 1)(a X)a.
In questo modo vediamo che tutti i punti del piano X a = 0 sono uniti (in quanto
per essi si ha u = 0), e che lo spostamento di ogni punto non unito avviene sempre nella
direzione a, con uguale verso uguale se ( 1)X a > 0 e opposto se ( 1)X a < 0.
Dunque sono uniti anche tutti i piani e tutte le rette parallele ad a. Poiche [[a[[ = 1,
abbiamo che, se prendiamo per riferimento a = e
1
,
[[u[[ = [a X[ = X
1
.
Dunque lo spostamento di un punto `e tanto pi` u alto quanto pi` u il punto dista dal piano
passante per lorigine e perpendicolare ad a. Questo tipo di deformazione rende lidea di
una estensione omogenea, per esempio di un lo elastico.
Denizione 3.8. Siano a, b due versori mutuamente ortogonali e R. Diremo scorri-
mento simmetrico rispetto alla coppia di direzioni a, b la deformazione pura data da
F = U = I +(a b +b a).
(
1
) Ricordiamo che uno spazio vettoriale si dice unitario se `e dotato di prodotto scalare.
9
Figura 1. Estensione
In coordinate cartesiane, posto a = e
1
, b = e
2
, abbiamo che la matrice di U `e
_
_
1 0
1 0
0 0 1
_
_
per cui abbiamo
det F = 1
2
> 0
da cui si ricava che deve essere [[ < 1. Il corrispondente campo di spostamento `e
u(X) =(X) X = X +(a b +b a)X X =
= [(b X)a + (a X)b].
Per esempio, posto a = e
1
, b = e
2
, troviamo
u(X) = (X
2
e
1
+X
1
e
2
).
10
Un esempio di deformazione non pura `e invece lo scorrimento non simmetrico (detto
anche shear), denito da
F = I + 2a b.
In coordinate cartesiane F ammette matrice
_
_
1 2 0
0 1 0
0 0 1
_
_
per cui stavolta non vi sono limiti a , avendosi sempre det F = 1 (deformazione isocora).
Il campo di spostamento `e stavolta, espresso come prima in coordinate cartesiane,
u(X) = (b X)a = 2X
2
e
1
.
Ne segue, riferendoci per semplicit` a al piano, che lasse delle ascisse `e unito punto per punto
mentre sono unite tutte le rette parallele ad esso (in quanto rette). Ogni retta della forma
X
2
= mX
1
viene trasformata invece nella retta x
2
= m/(1 + 2m)x
1
. Infatti lequazione
parametrica della prima retta `e
_
X
1
= t
X
2
= mt
per cui, dopo la trasformazione, usando la formula x = X +u, troviamo la retta
_
x
1
= X
1
+X
2
= t + 2mt
x
2
= X
2
= mt
che corrisponde proprio alla retta
x
2
=
m
1 + 2m
x
1
.
4. Teorema di decomposizione polare
Il fatto che il gradiente di deformazione F = grad
t
abbia determinante positivo porta
con se delle importanti conseguenze. Richiamiamo dapprima alcuni noti concetti e risultati
di Algebra Lineare.
Denizione 4.1. Sia T Lin(V ) una trasformazione lineare su uno spazio vettoriale V
su un campo di scalari e siano
i
i suoi autovalori con la rispettiva molteplicit`a. La traccia
di T `e lo scalare dato da
tr T =
n

i=1

i
.
Se V `e unitario, loperazione di traccia verica poi lidentit`a, per ogni u, v V
tr(u v) = u v.
Denizione 4.2. Sia T Lin(V ) una trasformazione lineare su uno spazio unitario V .
La trasformazione lineare aggiunta di T `e denita da
u T
T
v = Tu v.
Se T = T
T
, allora T si dir`a simmetrica o autoaggiunta. Se T = T
T
, allora T si dir`a
antisimmetrica. Useremo anche la notazione T
T
per (T
T
)
1
= (T
1
)
T
11
Rispetto a una base ortonormale, la matrice di T
T
`e la trasposta della matrice di T,
mentre la matrice di una trasformazione rispettivamente simmetrica o antisimmetrica `e
rispettivamente simmetrica o antisimmetrica.
`
E immediatamente vericabile che linsieme di tutte le trasformazioni simmetriche su
uno spazio V `e un sottospazio vettoriale di Lin(V ), che indicheremo con Sym(V ), e cos`
pure linsieme Skw(V ) delle trasformazioni antisimmetriche. Inoltre ogni T Lin(V ) si
decompone in modo unico nella somma di una parte simmetrica T
s
= (T+T
T
)/2 e di una
parte antisimmetrica T
w
= (T T
T
)/2, cosicche Lin(V ) = Sym(V ) Skw(V ).
Inne, se T, U Lin(V ), ponendo
T : U = tr(TU
T
)
si ha che : `e un prodotto scalare su Lin(V ), rispetto al quale, se e
i

(i=1,...,n)
`e una base
ortonormale, si ha
(e
i
e
j
) : (e
k
e
l
) =
ik

jl
dove
ij
`e il simbolo di Kronecker.
Date T, U Lin(v), poniamo anche TU = T U.
Se e
i

(i=1,...,n)
`e ortonormale, si verica anche facilmente che
(4.1) (e
i
e
i
)(e
j
e
j
) =
ij
e
i
e
i
.
Teorema 4.3 (spettrale). Se T Sym(V ), allora esiste una base ortonormale b
1
, . . . , b
n

di V fatta interamente con autovettori di T. Inoltre, detti


i
(i = 1, . . . , n) gli autovalori
di T, si ha
T =
n

i=1

i
b
i
b
i
.
Viceversa, se vale una formula del tipo soprascritto con e
i
ortonormali, allora
i
sono gli
autovalori di T ed e
i
i rispettivi autovettori.
Indicheremo inne con Sym
+
(V ) il sottoinsieme di Sym(V ) delle trasformazioni simme-
triche denite positive, ossia per le quali
v Tv > 0 v V, v ,= 0.
Proposizione 4.4 (Esistenza della radice quadrata). Sia T Sym
+
(V ). Allora esiste
una unica U Sym
+
(V ) tale che U
2
= T.
Dimostrazione. Dal teorema spettrale sappiamo che, presa una base ortonormale di
autovettori di T, si ha
T =
n

i=1

i
e
i
e
i
.
Poniamo allora, visto che
i
> 0 per ogni i,
U =
n

i=1
_

i
e
i
e
i
.
12
Dalla (4.1) abbiamo subito
U
2
=
n

i,j=1
_

i
_

j
(e
i
e
i
)(e
j
e
j
) =
n

i=1

i
e
i
e
i
= T.
Vediamo ora lunicit` a. Supponiamo che esistano U, V Sym
+
(V ) tali che
U
2
= V
2
= T.
Sia e un autovettore di T corrispondente allautovalore . Allora, siccome U
2
= T, abbiamo
(U +

)(U

)e = (U
2
I)e = (T I)e = 0.
Poniamo allora
v = (U

I)e,
col che
Ue = v +

e.
Ora, ricordando che e `e autovettore di T relativo a ,
Uv = (U
2

U)e = Te

(v +

e) =

v.
Siccome

< 0, si deve avere v = 0, altrimenti U avrebbe autovalori negativi. Ma


allora dalla denizione di v segue
Ue =

e,
e quindi e `e anche un autovettore di U relativo a

. Ripetendo lo stesso ragionamento


per V, si trova che U e V hanno la stessa base di autovettori, e dunque, per il teorema
spettrale, coincidono.
Indicheremo la radice quadrata di T col simbolo

T.
Siamo ora in grado di dimostrare il principale risultato di questa sezione.
Teorema 4.5 (di decomposizione polare). Sia data una deformazione con gradiente
F. Allora sono univocamente determinate due deformazioni pure U, V e una rotazione R
tali che
F = RU, F = VR.
Dimostrazione. Mostriamo dapprima che F
T
F Sym
+
. Chiaramente `e simmetrico, poi,
per ogni v V ,
v F
T
Fv = Fv Fv 0.
Poi questo prodotto `e zero se e solo se Fv = 0, e questo accade se e solo se v = 0, perche
F `e invertibile.
Possiamo ora porre
U =

F
T
F
Per il teorema precedente, U `e univocamente determinata da F e appartiene a Sym
+
. Si
tratta di vedere che
R = FU
1
`e una rotazione. Evidentemente `e univocamente determinata da F.
Innanzitutto `e denita positiva, perche F e U lo sono (e quindi anche U
1
). Poi,
ricordando che U `e simmetrica,
R
T
R = (U
1
)
T
F
T
FU
1
= U
1
U
2
U
1
= I.
13
Poniamo ora
V = RUR
1
.
Ricordando che R `e una rotazione, abbiamo
V
T
= (RUR
1
)
T
= (RUR
T
)
T
= RU
T
R
T
= RUR
1
= V.
Poi, per ogni vettore v, usando sempre il fatto che R `e una rotazione,
Vv v = RUR
1
v v = UR
1
v R
1
v = Uw w 0
con w = R
1
v. Dalla denitezza positiva di U si ha poi che se il suddetto prodotto scalare
`e zero, allora R
1
v = 0, ossia che v = 0.
Quindi V Sym
+
, `e univocamente determinata da F e dalla sua denizione segue
VR = RU = F.
Si pu` o poi vericare che V =

FF
T
. Per una deformazione omogenea, il teorema di
decomposizione polare implica che
(X) = (O) +RU(X O).
Delle deformazioni omogenee viste sopra, solo lo scorrimento non simmetrico (shear) non
`e una deformazione pura.
Un esercizio molto istruttivo `e quello di determinarne la decomposizione (nel piano).
Poniamo per ssare le idee a = e
1
, b = e
2
. Allora
F = I + 2e
1
e
2
, F
T
= I + 2e
2
e
1
e
F
T
F = I +2(e
1
e
2
+e
2
e
1
)+4
2
(e
2
e
1
)(e
1
e
2
) = I +2(e
1
e
2
+e
2
e
1
)+4
2
e
2
e
2
essendo, come si pu` o vericare immediatamente,
(b a)(a b) = b b
per ogni versore a. Dunque F
T
ha matrice
_
1 2
2 1 + 4
2
_
.
Si tratta ora di trovare una matrice U data da
U =
_
a b
b c
_
tale che
U
2
=
_
a
2
+b
2
ab +bc
ab +bc b
2
+c
2
_
=
_
1 2
2 1 + 4
2
_
.
Questo equivale al sistema
_
_
_
a
2
+b
2
= 1
b(a +c) = 2
b
2
+c
2
= 1 + 4
2
Sottraendo la prima dalla terza si trova subito
(c +a)(c a) = 4
2
14
e moltiplicando ambo i membri per b e usando la seconda, segue subito
c = a + 2b.
La prima delle tre equazioni suggerisce ora di porre
a = cos , b = sen
e sostituendo tutto nella terza risulta
sen
2
+ (cos + 2 sen )
2
= 1 + 4
2
che semplicata d`a
sen cos +
2
sen
2
=
2
.
Risolvendo in tg , si trova subito
tg =
e quindi
a =
1

1 +
2
, b =

1 +
2
, c =
1 + 2
2

1 +
2
.
Ora, F `e isocora, per cui ha determinante 1, e dunque anche U ha determinante 1. Pertanto
U
1
=
1

1 +
2
_
1 + 2
2

1
_
.
A questo punto per trovare la rotazione R basta fare
R = FU
1
=
1

1 +
2
_
1 2
0 1
_ _
1 + 2
2

1
_
=
1

1 +
2
_
1
1
_
=
_
cos sen
sen cos
_
.
5. Indierenza materiale
Quando una quantit` a sica viene rappresentata per mezzo di coordinate, esse dipendono
in generale dal riferimento scelto. Se si vuole poi denire una siatta quantit` a per mezzo
delle sue coordinate, bisogna fare attenzione a usare combinazioni invarianti. Infatti una
quantit` a sica non pu` o dipendere dal sistema di riferimento scelto.
Ricordiamo che un evento `e una coppia del tipo (x, t), dove x `e un vettore e t R.
A proposito dei sistemi di riferimento, noi ci metteremo in ambito classico e pertanto
supporremo valido il seguente
Assioma 5.1 (di scelta dellosservatore). Un evento descritto da (x, t) in un rife-
rimento R e lo stesso evento descritto da (x

, t

) nel riferimento R

sono legati dalle


relazioni
x

= q +Q(x x
0
) (5.1)
t

= t +a
dove Q `e una rotazione e a R.
Supponiamo che un vettore v sia denito da
v = x
1
x
2
nel riferimento R. Allora, nel riferimento R

, avremo
v

= x

1
x

2
= Q(x
1
x
2
) = Qv.
15
Analogamente, se T `e una trasformazione lineare dello spazio delle traslazioni di E , avremo
v = Tu
che diventer` a
v

= Qv = QTu = QTQ
T
u

per cui
(5.2) T

= QTQ
T
.
Per questo motivo diamo la seguente denizione.
Denizione 5.2. Siano f, v, T dei campi rispettivamente scalari, vettoriali e tensoriali
deniti su E in un riferimento R. Essi si diranno materialmente indierenti se, detti
f

, v

, T

i loro valori nel riferimento R

e Q la rotazione che trasforma il primo nel


secondo, si ha
f

(x

, t

) = f(x, t)
v

(x

, t

) = Qv(x, t)
T

(x

, t

) = QT(x, t)Q
T
Esempi di tali campi sono, ad esempio, gli autovalori e gli autovettori di un campo
tensoriale, la traccia e il determinante di un campo tensoriale, il prodotto scalare, vettoriale
e tensoriale di due vettori materialmente indierenti, la composizione e il prodotto scalare
di campi tensoriali materialmente indierenti.
Un esempio di campo vettoriale non materialmente indierente `e la velocit`a
(x, t).
Infatti

(x

, t

) =
d
dt
(Q(t)(x, t)) =

Q(t)(x, t) +Q (x, t)
per cui
v

= Qv +

Q(t)(x, t) ,= Qv.
6. Rappresentazione euleriana e lagrangiana
Capita molto spesso di dover denire una quantit` a sul corpo B e di volerne valutare
il valore in una sua congurazione. Questa sar` a ovviamente dierente al variare della
congurazione scelta.
Denizione 6.1. Sia X un insieme e sia f : B X una funzione. Chiameremo rappresen-
tazione materiale o lagrangiana di f la funzione L
f
= f
1
0
: B
0
X, e rappresentazione
spaziale o euleriana di f la funzione c
f
= f
1
t
: B
t
X.
In questo modo, dalla (2.1) troviamo anche che
c
f
= L
f

1
oppure anche, indicando, come si fa spesso, con f e F le rappresentazioni euleriana e
lagrangiana di f,
f(X, t) = F(
1
t
(x)).
16
Infatti dalla (2.1) segue

1
t
=
1
0

1
t
e dunque
c
f
= f
1
t
= f (
1
0

1
t
) = (f
1
0
)
1
t
= L
f

1
t
.
La principale dierenza fra descrizione lagrangiana ed euleriana `e la seguente. Nella
descrizione lagrangiana tutti i campi sono deniti in funzione della congurazione di ri-
ferimento (che spesso in questi casi ha un signicato particolare): per esempio, il campo
di spostamento u(X, t
1
) `e un campo denito sulla congurazione B
0
e d`a lo spostamen-
to allistante t
1
della particella che occupa il posto X in quella congurazione, e in un
istante successivo t
2
, dar`a lo spostamento u(X, t
2
) della stessa particella, ma allistante t
2
.
Nella descrizione euleriana, i campi sono calcolati in una posizione x che sta in una con-
gurazione deformata, ma questa non ha un particolare signicato, perche non esiste una
congurazione privilegiata: per esempio, il campo di velocit` a v(x, t
1
) d` a la velocit`a della
particella che passa in x allistante t
1
, mentre v(x, t
2
) dar` a la velocit` a della particella che
passa in x allistante t
2
, che sar` a in generale una particella diversa. La rappresentazione
lagrangiana `e tipica, ma non esclusiva, dellElasticit`a, mentre quella euleriana `e preferita
in Fluidodinamica.
7. Velocit`a e accelerazione
La quantit` a pi` u importante che conviene esprimere in termini euleriani `e la velocit`a v = p
dove p `e un punto del corpo. Porremo V = L
v
e v = c
v
, ossia
V (X, t) =

t
(X)
t
e v(x, t) = V (
1
t
(x), t).
In maniera analoga si introduce laccelerazione p(t), dove p B. Nelle due rappresenta-
zioni, essa `e data da
A(X, t) =

2

t
(X)
t
2
=
V
t
e a(x, t) = A(
1
t
(x), t).
.
Dato ora un campo spaziale (
2
) F(x, t), possiamo introdurre la sua derivata materiale,
cos` denita. Formiamo dapprima il campo materiale F(
t
(X), t), (cio`e lapplicazione F

t
, se conveniamo che la composizione agisca solo sulle coordinate spaziali). Consideriamo
poi per ogni X, lapplicazione

F : t F(
t
(X), t) e consideriamone la derivata rispetto
a t. Otteniamo un nuovo campo, funzione di X e t, che indichiamo con

F

(X, t). Inne


poniamo
(7.1)
d
dt
F(x, t) =

F

(
1
t
(x), t).
(
2
) La derivata materiale in un istante t si pu`o introdurre per un campo denito sul corpo B in astratto.
Se F : B R, basta prenderne la rappresentazione spaziale allistante t e procedere come indicato.
Successivamente si ottiene un campo spaziale che pu`o essere riportato indietro sulla variet`a astratta B.
17
Vogliamo trovare ora unespressione pi` u semplice per dF/dt. Abbiamo allora intanto,
per il teorema della derivata totale,

(X, t) =
d
dt
(F(
t
(X), t)) = (grad F)

t
t
+
F
t
=
= grad F(
t
(X), t) V (X, t) +
F
t
(
t
(X), t).
Dunque, per calcolare la derivata materiale, dobbiamo comporre con
1
t
, ossia porre
x =
t
(X), e quindi
dF
dt
(x, t) =
F
t
(x, t) +v(x, t) grad F(x, t).
In forma pi` u leggera questa formula si scrive
dF
dt
=
F
t
+v grad F.
Se F(x, t) `e un campo vettoriale, in maniera analoga si giunge allespressione
dF
dt
=
F
t
+ (grad F)v.
In particolare, se F = v, avremo
dv
dt
=
v
t
+ (grad v)v.
La formula sopra citata `e importante perche la derivata parziale del campo spaziale di
velocit` a non `e il campo spaziale di accelerazione.
Infatti, ponendo F = v, osserviamo che la (7.1) in questo caso implica
v

=
d
dt
V (X, t) = A(X, t)
ossia il campo lagrangiano di accelerazione. Componendo con
1
t
si ottiene allora le-
spressione spaziale dellaccelerazione, e dunque
a =
dv
dt
=
v
t
+ (grad v)v.
Per esempio, sia B
0
= B(0, 1) e sia
B
t
= (x, y) R
2
: x
2
+y
2

2
(t)
dove (t) > 0 ((0) = 1) `e una funzione regolare. Sia poi x = (X) = (t)X.
Lesempio `e quello di un disco di raggio (t) che si dilata e si contrae uniformemente.
Allora il campo materiale di velocit` a `e
V (X, t) =

t
=

(t)X
mentre quello spaziale si ricava esprimendo V in funzione di x, ossia
v(x, t) =

(t)
x
(t)
=

(t)
(t)
x.
18
Inoltre, il campo materiale di accelerazione `e
A(X, t) =

2

t
2
=

(t)X
e quindi quello spaziale `e
a(x, t) =

(t)
(t)
x.
Osserviamo che a ,= v/t. Invece calcoliamo
v
t
+ (grad v)v.
Abbiamo intanto
grad v =

(t)
(t)
I
e quindi
v
t
+ (grad v)v =

(t)(t)

2
(t)

2
(t)
x +

(t)
(t)

(t)
(t)
x =

(t)
(t)
x = a(x, t).
Vediamo pi` u da vicino il gradiente di velocit` a grad v (rispetto alle variabili x). Decom-
poniamo il gradiente di velocit` a in parte simmetrica e antisimmetrica:
grad v = D + =
1
2
(grad v + grad v
T
) +
1
2
(grad v grad v
T
).
Il signicato di D e `e il seguente. Nota allistante t la velocit`a v(o) di un punto o, la
velocit` a di un punto x allo stesso istante t `e ovviamente data da
v(x, t) = v(o, t) + grad v(o, t)(x o) +o
t
(x o)
e dunque in prima approssimazione
v(x, t) v(o, t) +D(o, t)(x o) +(o, t)(x o).
Siccome `e antisimmetrica, esiste un vettore tale che
a = a
e quindi appare evidente che per calcolare la velocit` a del punto x, una componente `e data
da una rotazione del vettore x o.
Si pu`o mostrare che =
1
2
rot v, dove rot v `e il campo vettoriale che
div(v a) = rot v a
per ogni campo costante a.
Per i motivi detti sopra il vettore =
1
2
rot v viene detto vettore di vorticit`a. Si pu`o
dimostrare inoltre che se D = 0 per ogni x e per ogni t, allora si deve avere
v(x, t) = v(o) + (x o),
cio`e il moto `e rigido.
Il tensore D viene detto tensore velocit`a di deformazione e giocher`a un ruolo fondamentale
in seguito.
Ricordiamo ora la formula di Analisi Vettoriale
grad(u v) = (grad u)v + (grad v)u +u rot v +v rot u
19
e osserviamo che ponendo u = v troviamo
1
2
grad(v
2
) = (grad v)v +v rot v
e quindi possiamo dare allaccelerazione la forma
(7.2) a =
v
t
+ grad
_
v
2
2
_
+ rot v v.
Modichiamo lesempio precedente introducendo una rotazione R(t) alla dilatazione di
coeciente (t):
x = (t, X) = R(t)(t)X.
Allora abbiamo facilmente
V =

R(t)(t)X +R(t)

(t)X = (

R(t)(t)I +

(t)R(t))X.
Siccome
X =
1
(t)
R
1
(t)x
troviamo
v =

(t)
(t)
x +

R(t)R
1
(t)x.
Pertanto
grad v =

(t)
(t)
I +

R(t)R
1
(t)
e dunque, dato che, come ricordiamo dalla Meccanica Razionale,

RR
1
:= `e antisimme-
trico, abbiamo
D =

I, =

R(t)R
1
.
8. Formula di Eulero
In questa sezione dimostriamo una importante formula dovuta a Eulero.
Data una trasformazione T Lin(R
3
), sappiamo che il polinomio caratteristico di T ha
espressione
det(T I) =
3
+i
1
(T)
2
i
2
(T) +i
3
(T)
dove i
1
, i
2
, i
3
sono i cosiddetti invarianti principali di T
i
1
(T) = tr T =
1
+
2
+
3
i
2
(T) =
1
2
_
(tr T)
2
tr(T
2
)

=
1

2
+
1

3
+
2

3
i
3
(T) = det T =
1

3
.
dove i
1
`e lineare in T, i
2
`e quadratico in T e i
3
`e cubico in T.
20
Proposizione 8.1. Sia la funzione denita sullinsieme delle trasformazioni invertibili
di V da
(T) = det T.
Allora
D(T)[H] = det Ttr(HT
1
). (
3
)
Dimostrazione. Se = 1, abbiamo la formula
det(T +I) = 1 + tr T +o(T)
per T 0.
Sia allora H Lin(V ) e invertibile; abbiamo
det(T +H) = det((I +HT
1
)T) = det Tdet(I +HT
1
) = det T(1 + tr(HT
1
) +o(H)) =
= det T + det Ttr(HT
1
) +o(H).
Poiche lapplicazione H det Ttr(HT
1
) `e lineare, abbiamo la tesi.
Supponiamo ora che T sia una funzione derivabile di t; vale allora il
Corollario 8.2. Vale la formula
d
dt
det T(t) = det Ttr
_

TT
1
_
dove

T = dT/dt.
Dimostrazione. Basta ricordare il teorema di derivazione della funzione composta
d
dt
f(g(t)) = Df(g(t))[ g(t)]
Poniamo J = det F e vogliamo calcolare

J. Abbiamo
Teorema 8.3. Sia F il gradiente di una deformazione derivabile nel tempo e sia J = det F.
Allora
dJ
dt
= J div v.
Dimostrazione. Innanzitutto

J =
d
dt
det F = det Ftr
_

FF
1
_
.
Ora abbiamo
(
3
) Questa formula vale anche se T Lin(R
n
). In questo caso lequazione caratteristica assume la forma
det(T I) = (1)
n
(
n
i
1
(T)
n1
+ . . . (1)
n
i
n
(T))
dove i
1
(T) tr(T) =
1
+. . . +
n
, mentre gli altri i
k
(T) sono di grado k negli autovalori (sono le somme dei
prodotti degli autovalori presi a k a k), e quindi di grado k in T.
Prendendo come prima = 1, si ottiene in ogni caso
det(T +I) = 1 + tr T + o(T)
dopodiche si procede come sopra.
21
(8.1)

F =
d
dt
grad
X
= grad
X
(t) = grad
X
V = grad
x
v grad
X
X = (grad v)F
per cui

J =
d
dt
det F = det Ftr
_
(grad v)FF
1
_
= J tr grad v.
Ricordando che tr grad v = div v, abbiamo la tesi.
Nel caso della sfera in espansione e rotazione, troviamo subito
J = det F = (t)
3
e quindi
dJ
dt
= 3(t)
2

(t).
Ora
div v =

(t)
(t)
div x + div(x) = 3

(t)
(t)
+ div(x).
Siccome la divergenza `e la traccia del gradiente ed evidentemente, essendo v di primo
grado, si ha
grad(x) = div(x) = tr() = 0
e dunque
dJ
dt
= (t)
3
3

(t)
(t)
= J div v.
9. Teoremi del trasporto
Dato un campo tensoriale T di classe C
1
, denotiamo con div T il campo vettoriale tale
che, per ogni vettore costante a, si abbia
div(T
T
a) = div T a.
Iniziamo con un teorema di grandissima importanza per il seguito.
Teorema 9.1 (del trasporto o di Reynolds). Sia la rappresentazione euleriana di
un campo (x, t) (x, t), scalare o vettoriale, che supponiamo di classe C
1
, sia P un
sottocorpo di B e sia P
t
=
t
(P) la sua immagine allistante t. Allora valgono le relazioni
d
dt
_
P
t
dL
n
=
_
P
t
_
d
dt
+ div v
_
dL
n
(9.1)
d
dt
_
P
t
dL
n
=
_
P
t

t
dL
n
+
_
P
t
v ndH
n1
se `e scalare (9.2)
d
dt
_
P
t
dL
n
=
_
P
t

t
dL
n
+
_
P
t
( v)ndH
n1
se `e vettoriale. (9.3)
Dimostrazione. Sia B
0
=
0
(B) una qualunque congurazione di B non dipendente dal
tempo. Abbiamo
_
P
t
(x, t) dL
n
=
_
P
0
L

J dL
n
.
22
Osserviamo che il secondo integrale ha ora un dominio di integrazione che non dipende pi` u
dal tempo. Pertanto
d
dt
_
P
t
dL
n
=
d
dt
_
P
0
L

J dL
n
=
_
P
0
d
dt
(L

J) dL
n
.
Ora si ha
d
dt
(L

J) = J
dL

dt
+L

dJ
dt
e quindi, ricordando la formula di Eulero
d
dt
_
P
t
dL
n
=
_
P
0
_
J
dL

dt
+L

dJ
dt
_
dL
n
=
_
P
0
J
_
dL

dt
+L

div v
_
dL
n
.
Osserviamo a questo punto che
d
dt
L

=
d
dt
(X, t) =

(X, t) = L

per cui in denitiva, ritornando alla congurazione attuale,


d
dt
_
P
t
dL
n
=
_
P
0
J
_
L

+L

div v

dL
n
=
_
P
t
_
d
dt
+ div v
_
dL
n
che `e la (9.1).
Dalla relazione, valida per un generico campo dierenziabile scalare ,
(9.4) div(v) = div v + grad v
si ricava poi
d
dt
+ div v =

t
+ grad v + div v =

t
+ div(v)
per cui la (9.2) nel caso scalare discende dal teorema della divergenza.
Dalla relazione, valida per un generico campo dierenziabile vettoriale ,
div( v) = div v + (grad )v
si ricava poi
d
dt
+ div v =

t
+ (grad )v +div v =

t
+ div( v)
per cui la (9.3) nel caso scalare discende dal teorema della divergenza nella forma
_
P
div TdL
n
=
_
P
TndH
n1
.
La formula (9.2), cos` come la sua versione vettoriale, `e particolarmente suggestiva: essa
dice che la variazione della quantit` a su P
t
`e data da un contributo nel quale entra la
variazione di nel tempo su P
t
, pi` u il usso di attraverso la frontiera di P
t
.
Vediamo inne un teorema del trasporto che riguarda la circolazione di un campo
vettoriale, ossia, come `e noto, lintegrale
_

v dx
dove dx = (L
n
)
3
e `e una curva chiusa.
23
Denizione 9.2. Sia data una curva regolare in B. La sua immagine
t
=
t
() si dir`a
curva materiale allistante t.
Teorema 9.3 (del trasporto della circolazione). Sia v di classe C
1
il campo spaziale
di velocit`a di un corpo continuo. Allora, per ogni curva materiale chiusa
t
, si ha
d
dt
_

t
v dx =
_

t
d
dt
v(x(t), t) dx =
_

t
a dx.
Dimostrazione. Riparametrizzando opportunamente la curva, avremo
_

t
v dx =
_
1
0
v(
t
(), t)

t
() d
per cui
d
dt
_

t
v dx =
_
1
0
_

t
(v(
t
(), t))

t
() +v(
t
(), t)

t

t
()
_
d
Osserviamo ora che, siccome la curva `e materiale,

t
() = v(
t
(), t)
e quindi

2
t

t
() =

2
t

t
() =

v(
t
(), t).
Ma allora, sempre per il fatto che la curva `e materiale, avremo

t
v(
t
(), t) = a(
t
(), t)
e pertanto troviamo
d
dt
_

t
v dx =
=
_

t
a(
t
(), t) dx +
_
1
0
v(
t
(), t)

v(
t
(), t) d
=
_

t
a(
t
(), t) dx +
1
2
_
v
2
(
t
(1), t) v
2
(
t
(0), t)

.
Siccome la curva `e chiusa, la dimostrazione `e completa.
10. Massa
Vogliamo ora introdurre il primo concetto fondamentale denito su B. Una formulazione
assiomatica di questo concetto richiede dapprima il seguente
Assioma 10.1. Esistono un sottoinsieme B
m
di B e una funzione M : B
m
[0, +]
tali che
P B
m
P
e
B
m
P, Q B
m
P Q B
m
24
Da questo assioma `e evidente che se P, Q B
m
, allora anche P Q B
m
. Inoltre si
richiede
Assioma 10.2. Se P, Q B
m
e P Q = O, allora
(10.1) M(P Q) = M(P) +M(Q).
Questa struttura non `e ancora suciente per i nostri scopi, in quanto ci serve poter
arrivare a una misura sui sottocorpi. Enunciamo allora lultimo
Assioma 10.3. La funzione M pu`o essere estesa a una misura di Borel su tutti i boreliani
dellinsieme universo |.
Questo per quanto riguarda lesistenza della massa di un sottocorpo. Osserviamo che
con la nostra scelta degli insiemi normalizzati di perimetro nito, la (10.1) diviene
M((P Q)

) = M(P) +M(Q).
Lultimo assioma ci permette di aermare che lapplicazione P M(P) `e una misura,
che possiamo scrivere in maniera formale
M(P) =
_
P
d.
Noi per`o ci limiteremo al caso in cui M sia assolutamente continua rispetto alla misura di
Lebesgue, per cui esister`a una funzione positiva : B [0, +[ tale che
M(P) =
_
P
dL
n
.
Vale la pena osservare che con questa scelta la (10.1) `e vericata. Infatti si pu` o mostrare
che se M `e misurabile, allora L
n
(M

M) = 0, e quindi
M(PQ) = M((PQ)

) = M(PQ)+M((PQ)

(PQ)) = M(PQ) = M(P)+M(Q)


perche M `e una misura (le misure non sono -additive).
Da un punto di vista dinamico la prima richiesta che facciamo `e la seguente.
Assioma 10.4 (Indierenza materiale della massa). Per ogni sottocorpo aventi forme
P e P

in due diversi riferimenti si deve avere


M

(P

) = M(P).
La propriet`a di conservazione della massa discende ora banalmente dal fatto che M `e
denita su B. Possiamo esprimere questo fatto rispetto a dette determinate congurazioni
del corpo. Queste proposizioni prendono in generale il nome di equazioni di continuit`a. In
particolare, indicando ancora con M la massa dei sottocorpi immersi, avremo per ogni t e
per ogni sottocorpo P
M(P
0
) = M(P) = M(P
t
).
Indichiamo allora con
0
la densit` a di massa in una congurazione di riferimento B
0
e con
la densit`a in una generica deformata; avremo
_
P
0

0
dL
n
=
_
P
t
dL
n
.
25
Teorema 10.5 (Forma locale lagrangiana dellequazione di continuit`a). Se le fun-
zioni
0
, e il determinante J sono funzioni continue, allora per ogni t e per ogni x P
t
si ha
(
t
(X), t)J(X, t) =
0
(X, t).
Dimostrazione. Dallultima equazione scritta e dal cambio di variabile negli integrali
segue
_
P
0
(
0
(X, t) (x, t)J(X, t)) dL
n
per ogni P. Ricordando che x =
t
(X) e prendendo P = B(X, r) si trova
_
B(X,r)
(
0
(X, t) (
t
(X), t)J(X, t)) dL
n
e passando al limite per r 0
+
si giunge alla tesi.
Spesso lequazione scritta sopra si abbrevia con
J =
0
,
nella quale per` o va ricordato che `e lespressione euleriana della densit` a.
Teorema 10.6 (Forma locale euleriana dellequazione di continuit`a). Se `e con-
tinua e v `e di classe C
1
, allora per ogni x, t
d
dt
+ div v = 0.
Dimostrazione. Per ipotesi abbiamo che per ogni t e per ogni congurazione P
t
_
P
t
dL
n
= M(P) = cost.
Allora, dal teorema del trasporto abbiamo
_
P
t
_
d
dt
+ div v
_
dL
n
= 0
per ogni P
t
. Ponendo P
t
= B(x, r) e passando al limite si trova la tesi.
Come corollario, applicando la (9.2) abbiamo il
Corollario 10.7. Se `e continua e v `e di classe C
1
, allora per ogni x, t
_
P
t

t
dL
n
=
_
P
t
v ndH
n1
.
Esso aerma che la rapidit`a di crescita della massa di P
t
`e pari al usso di massa
attraverso la sua frontiera.
Per concludere, dimostriamo il
Teorema 10.8. Se `e una quantit`a denita su B, allora per ogni parte P
t
d
dt
_
P
t
dL
n
=
_
P
t
d
dt
dL
n
.
26
Dimostrazione. Poniamo per semplicit` a = c

e = L

. Osserviamo dapprima che


_
P
t
dL
n
=
_
P
0
J dL
n
=
_
P
0

0
dL
n
.
Pertanto
d
dt
_
P
t
dL
n
=
d
dt
_
P
0

0
dL
n
=
_
P
0
d
dt

0
dL
n
=
_
P
t
d
dt
dL
n
.
Il signicato di questo risultato `e che dL
n
`e una misura su B, e quindi pu`o essere
considerato ininuente nella derivazione rispetto al tempo.
Anche se non `e strettamente necessario per motivi sici, supporremo sempre nel seguito
che la densit` a sia non solo strettamente positiva, ma ben staccata da zero, ossia, per ogni
x, t,
(x, t) > 0.
11. Potenza
In questa sezione enunciamo i princ`pi basilari della dinamica dei mezzi continui. Co-
minciamo con una denizione.
Denizione 11.1. Una funzione
P(M, v) =
k

j=0
_
M
T
j
grad
(j)
v dL
n
tale che T
j
siano funzioni di classe C
j
in x, si dir`a potenza virtuale di grado k su un
insieme normalizzato e di perimetro nito M relativa al campo di velocit`a v.
Nelle nostre applicazioni ci interesseranno potenze di gradiente nullo
P(M, v) =
_
M
b v dL
n
e soprattutto quelle di primo gradiente
P(M, v) =
_
M
(a v +B : grad v) dL
n
.
Supponiamo che sia denita su B, o su un suo sottocorpo P, una distribuzione di forze
per unit` a di volume (ossia una densit`a volumetrica di forze) f e sia v un campo di velocit` a
su P. Allora lespressione
P(M, v) =
_
M
f v dL
n
denisce una potenza virtuale (di ordine zero), che `e chiaramente la potenza delle forze
applicate.
Il principio fondamentale che seguiremo `e il seguente.
Assioma 11.2 (Principio delle potenze virtuali). Per ogni istante t e per ogni sotto-
corpo M, il moto di un corpo continuo `e tale che la potenza virtuale totale di tutti gli sforzi
applicati al sottocorpo, sia interni che esterni, `e nulla qualunque sia il campo di velocit`a
virtuale considerato.
27
Nel caso banale di un punto materiale la potenza della forza impressa si scrive
P
e
= F v
mentre quella delle reazioni vincolari sar`a chiaramente P
r
= v. Inne, la potenza delle
forze di inerzia sar` a P
a
= ma v. Dal principio delle potenze virtuali troviamo allora
(F +ma) v = 0
per ogni campo di velocit`a virtuale v, e quindi
ma = F +.
Vediamo ora pi` u in dettaglio il caso del corpo continuo. Quando su di un corpo continuo
si esercitano delle sollecitazioni, esso si deforma e allo stesso tempo reagisce. Dunque `e
naturale supporre che al suo interno esistano delle sollecitazioni che spenderanno potenza
su un generico campo di velocit` a test.
Assioma 11.3. La potenza P
(i)
degli sforzi interni `e una potenza di primo gradiente.
Insistiamo sul fatto che questo assioma `e in realt` a una modellizzazione; nessuno vieta
di concepire mezzi continui di gradiente superiore.
In teoria, su ogni campo di velocit`a test le sollecitazioni del corpo possono avere po-
tenza non nulla. Per esempio, se un corpo `e rigido, le forze che lo mettono in movimento
spenderanno potenza sul campo di velocit` a (che sar` a un atto di moto rigido, della forma
v(x, t) = v(x
0
) + (x x
0
)).
Per` o, se un corpo `e continuo, ci aspettiamo che dei movimenti rigidi globali non alterino
la potenza degli sforzi interni (e anzi `e appunto questo che caratterizza questi come sforzi
interni).
Denizione 11.4. Un campo di velocit`a virtuale w tale che D[w] = 0 si dir`a rigidicante
(o, pi` u semplicemente, rigido)
Assioma 11.5 (delle potenze virtuali degli sforzi interni). Per ogni sottocorpo M e
per ogni campo di velocit`a virtuale rigidicante w, la potenza virtuale degli sforzi interni `e
zero.
Questo assioma `e equivalente alla richiesta che la potenza virtuale degli sforzi interni sia
materialmente indierente.
Infatti supposto questo, e dato un campo di velocit`a rigido, si pu` o considerare il riferi-
mento solidale con questo campo (che `e un riferimento ammissibile) e in questo riferimento
il campo di velocit` a virtuale `e zero, per cui la potenza P

`e nulla; essendo essa material-


mente indierente (e scalare), il suo valore deve essere lo stesso in ogni altro sistema di
riferimento.
Viceversa, ammesso lassioma delle potenze virtuali degli sforzi interni, avremo che in
un osservatore in moto rigido rispetto a uno assegnato il campo di velocit` a virtuale sar`a
ancora rigido, e quindi la potenza sar`a ugualmente zero. Dunque essa `e materialmente
indierente.
Vediamo ora le restrizioni che lassioma delle potenze virtuali degli sforzi interni impone
alla corrispondente potenza.
28
Teorema 11.6. Esiste un campo tensoriale simmetrico T tale che la potenza degli sforzi
interni relativa a un sottocorpo M e a un campo di velocit`a v sia data da
P
(i)
(M, v) =
_
M
T : DdL
n
.
Dimostrazione. Sappiamo per ipotesi che
P
(i)
(M, v) =
_
M
(f v +B : grad v) dL
n
.
Supponiamo per assurdo che f ,= 0 in un punto x M. Poiche f `e supposto continuo,
esister` a un intorno U M sul quale f ,= 0 e sul quale le direzioni di f formano un angolo
limitato e inferiore a /2.
`
E possibile prendere allora un campo di velocit` a costante w non
ortogonale a f su U. Poiche grad w = 0, abbiamo, per una opportuna sfera B(x, r) U,
P
(i)
(B(x, r), w) ,= 0
che `e assurdo in quanto w`e un particolare campo rigido e B(x, r) un opportuno sottocorpo.
Dunque f = 0. Decomponiamo ora il gradiente di velocit`a
grad v = D +
e dunque la potenza assume lespressione
P
(i)
(M, v) =
_
M
(T : D + : ) dL
n
.
(Il segno meno `e scelto per convenzione). Supponiamo per assurdo che (x) ,= 0 in
un punto x M. Non `e restrittivo supporre che sia antisimmetrico, essendo pure
antisimmetrico. Ora ragioniamo in componenti. Sappiamo che esistono sei funzioni
i
,
i
(i = 1, 2, 3) tali che
=
_
_
0
1

2

1
0
3

2

3
0
_
_
, =
_
_
0
1

2

1
0
3

2

3
0
_
_
e si verica subito che
: = tr(
T
) = 2(
1

1
+
2

2
+
3

3
) = 2
dove e sono i vettori rappresentativi di e . Poiche `e continua e non nulla in
x, esister`a un intorno U di x tale che ,= 0 e tale che le sue direzioni formino un angolo
limitato inferiore a /2. Scegliendo costante e non ortogonale a in nessun punto e
considerando il campo di velocit`a rigido
w = 2 (x x
0
)
abbiamo, per una opportuna sfera B(x, r) U,
P
(i)
(B(x, r), w) ,= 0
che `e assurdo in quanto w`e un particolare campo rigido e B(x, r) un opportuno sottocorpo.
Dunque = 0.
Inne, il campo T pu` o essere preso simmetrico, dato che D `e simmetrico.
Denizione 11.7. Il campo tensoriale T si chiama tensore degli sforzi di Cauchy.
29
Denizione 11.8. Una potenza di primo gradiente tale che a = div B si dir`a potenza di
contatto.
Proposizione 11.9. Una potenza di contatto ha espressione
(11.1) P(M, v) =
_

M
v BndH
n1
e si ha che se supp v M, allora P(M, v) = 0. Viceversa, se una potenza ha espressione
data dalla (11.1), allora P `e una potenza di primo gradiente con coecienti che vericano
la relazione a = div B.
Dimostrazione. Abbiamo
P(M, v) =
_
M
(a v +B : grad v) dL
n
=
_
M
(div B v +B : grad v) dL
n
.
Dallidentit` a vettoriale
(11.2) div(B
T
v) = div B v +B : grad v
segue, usando il teorema della divergenza,
P(M, v) =
_
M
div(B
T
v) dL
n
=
_

M
B
T
v ndH
n1
=
_

M
v BndH
n1
.
Inne, se supp v M, si ha v = 0 su

M e quindi P(M, v) = 0. Viceversa, se P soddisfa


la (11.1), allora applicando il teorema della divergenza, abbiamo
P(M, v) =
_
M
(div B v +B : grad v) dL
n
e quindi ponendo a = div B, abbiamo la tesi.
Supporremo ora che sul corpo agisca un sistema di sollecitazioni esterne associato a una
potenza P
(e)
, di primo gradiente. Dunque essa si scrive nella forma
(11.3) P
(e)
(M, v) =
_
M
(f v +C : + : D) dL
n
.
Il signicato dei vari termini presenti nella (11.3) `e il seguente: il campo f rappresenta un
campo di densit` a volumetrica di forze ordinarie (come ad esempio la forza di gravit` a); il
campo C `e un campo di densit` a volumetrica di coppie; infatti una coppia di momento m
ha potenza m , dove `e il vettore velocit` a angolare, che `e analogo al termine ottenuto
sopra. Inne il campo rappresenta una densit` a volumetrica di doppie forze simmetriche,
che sono limiti per h 0
+
di coppie di forze di braccio h e intensit` a 1/h, sulle quali non
insistiamo. Per semplicit` a, supporremo nulle anche le coppie di volume.
Ricordiamo che nel termine f possono comparire anche le forze dinerzia a.
Ma non sono queste le uniche sollecitazioni che agiscono sul sottocorpo M. Dobbiamo
postulare che esista una potenza di contatto che renda ragione delle forze che agiscono
sulla supercie

M di M. Poniamo allora
P
(c)
(M, v) =
_

M
t v dH
n1
.
La scelta di non fare comparire derivate di v nella potenza di contatto `e motivata dal
fatto che, applicando il teorema della divergenza, in presenza di derivate di v, si sarebbero
30
ottenute derivate di ordine superiore al primo in v, non presenti in alcun altro termine di
potenza.
Dal principio delle potenze virtuali troviamo allora
P
(i)
(M, v) +P
(e)
(M, v) +P
(c)
(M, v) = 0
per ogni M e v, ossia

_
M
(T : D +f v) dL
n
+
_

M
t v dH
n1
= 0
e usando lidentit`a (11.2), troviamo
(11.4)
_
M
(div T +f) v dL
n
+
_

M
(t Tn) v dH
n1
= 0.
Possiamo ora dimostrare il risultato centrale della nostra sezione.
Teorema 11.10 (Equazione di bilancio della quantit`a di moto). Condizione neces-
saria e suciente anche valga il principio delle potenze virtuali `e che
(11.5)
div T +f = 0 su M
Tn = t su

M.
Dimostrazione. Supponiamo che sia valido il principio delle potenze virtuali. Allora
vale lequazione (11.4)
_
M
(div T +f) v dL
n
+
_

M
(t Tn) v dH
n1
= 0.
Prendiamo per v un campo di classe C

tale che supp v = N M. Allora la parte sul


bordo `e nulla e
_
N
(div T +f) v dL
n
= 0
per ogni N M e per ogni v. Supponendo T C
1
e f C
1
abbiamo immediatamente
div T +f = 0
su tutti i punti di N, e quindi di M. Quindi la (11.4) si scrive in realt` a
_

M
(t Tn) v dH
n1
= 0.
Prendiamo ora per v un campo di classe C

tale che supp v = N

M = U. Allora
_
U
(t Tn) v dH
n1
= 0
per ogni U e per ogni v. Da qui segue, analogamente a sopra,
Tn = t
sui punti di

M.
Viceversa, se sono vericate le (11.5), abbiamo che, per ogni M e per ogni campo di
velocit` a test v,
P
(i)
(M, v) +P
(e)
(M, v) +P
(c)
(M, v) = 0
cio`e proprio il principio delle potenze virtuali.
31
Naturalmente `e possibile applicare il principio delle potenze virtuali anche a B stesso;
in questo caso il vettore t ha il signicato di campo di vettore assegnato sul bordo B.
Da quanto detto emerge anche il cosiddetto
Teorema 11.11 (di Cauchy sugli sforzi interni). Si ha, per ogni x e per ogni t,
t(n) = Tn
e quindi lo sforzo specico superciale `e lineare nella normale.
In molti casi `e comodo mettere in evidenza la densit` a di forza b per unit`a di massa,
cosicche, introducendo anche la forza dinerzia
f = (b a)
Le equazioni sopra dette si chiamano equazioni di bilancio della quantit` a di moto perche
storicamente esse si possono dimostrare dalla conservazione della quantit` a di moto, che ora
`e un teorema.
Teorema 11.12 (Conservazione della quantit`a di moto). Vale lequazione di bilancio
d
dt
_
M
v dL
n
=
_
M
b dL
n
+
_

M
t dH
n1
.
Dimostrazione. Dal teorema (10.8) e dalle equazioni di bilancio della quantit` a di moto
abbiamo
d
dt
_
M
v dL
n
=
_
M
adL
n
=
_
M
(b + div T) dL
n
=
_
M
b dL
n
+
_

M
TndH
n1
=
=
_
M
b dL
n
+
_

M
t dH
n1
.
Anche il bilancio del momento della quantit` a di moto si deduce dalle considerazioni sin
qui fatte.
Teorema 11.13 (Conservazione del momento della quantit`a di moto). Vale le-
quazione di bilancio
d
dt
_
M
v (x x
0
) dL
n
=
_
M
b (x x
0
) dL
n
+
_

M
t (x x
0
) dH
n1
.
Dimostrazione. Dal teorema (10.8) e dalle equazioni di bilancio della quantit` a di moto
abbiamo
d
dt
_
M
v (x x
0
) dL
n
=
_
M

d
dt
(v (x x
0
)) dL
n
=
=
_
M
(a (x x
0
) +v v) dL
n
=
_
M
a (x x
0
) dL
n
=
=
_
M
b (x x
0
) dL
n
+
_
M
div T (x x
0
) dL
n
.
Serve ora la formula di Analisi vettoriale
div T u = div(T u) Skw[Tgrad u]
32
dove abbiamo denito (T u) Lin(V ) mediante
(T u)w = Tw u
e dove SkwT indica la parte antisimmetrica di T. Poiche per` o qui u = x x
0
, abbiamo
grad u = I e quindi, siccome T `e simmetrico, SkwT = 0, cio`e
div T u = div(T u).
Dunque, dal teorema della divergenza,
_
M
div T (x x
0
) dL
n
=
_

M
T (x x
0
)ndH
n1
=
_

M
Tn (x x
0
) dH
n1
=
_

M
t (x x
0
) dH
n1
.
Inne, dimostriamo il
Teorema 11.14 (dellenergia cinetica). Supponiamo che v(t) sia il campo di velocit`a
di un moto di un corpo continuo. Allora per ogni sottocorpo M vale la relazione
d
dt
_
M

v
2
2
dL
n
= P
(v)
+P
(c)
+P
(i)
=
_
M
b v dL
n
+
_

M
t v dH
n1

_
M
T : DdL
n
dove
K =
_
M

v
2
2
dL
n
Dimostrazione. Abbiamo
a = b f
per cui, per il teorema del trasporto, e il principio delle potenze virtuali,
d
dt
_
M
b v dL
n
=
_
M
adL
n
= P
(v)
P
(e)
= P
(v)
+P
(c)
+P
(i)
.
Nel caso particolare in cui si abbia
b = grad V,
la funzione V `e detta energia potenziale delle forze di volume, e se V non dipende esplici-
tamente dal tempo, si ha
d
dt
_
M

_
v
2
2
+V
_
dL
n
=
dK
dt
+
_
M
grad V v dL
n
= P
(c)
P
(i)
.
Indicata con
c =
_
M

_
v
2
2
+V
_
dL
n
lenergia meccanica totale del corpo, abbiamo mostrato il
Teorema 11.15 (dellenergia meccanica totale). Supponiamo che v(t) sia il campo
di velocit`a di un moto di un corpo continuo e che le forze di volume siano conservative.
Allora per ogni sottocorpo M vale la relazione
dc
dt
= P
(c)
+P
(i)
.
33
12. Calore e il primo principio della Termodinamica
Per rappresentare in modo adeguato le deformazioni nelle quali viene generato o scam-
biato del calore `e opportuno introdurre alcuni nuovi concetti.
Assioma 12.1. Esiste una funzione H : B B R tale che per ogni M, N, P B,
disgiunti a due a due,
H(M, N P) = H(M, N) +H(M, P)
H(M N, P) = H(M, P) +H(N, P)
H(M, N) = H(N, M)
La funzione H rappresenta il calore trasmesso dal sottocorpo M al sottocorpo N. Le
prime due equazioni richiedono che esso sia additivo su ciascun addendo (come ci aspettia-
mo), mentre la terza dice che il calore trasmesso da M a N `e lopposto del calore trasmesso
da N a M.
Proposizione 12.2. Per ogni coppia di sottocorpi separati M, N, si ha
H(M N, (M N)
e
) = H(M, M
e
) +H(N, N
e
).
Dimostrazione. Abbiamo innanzitutto
M
e
= U M
e
e siccome N M = O, dallassioma di separazione abbiamo che N _ M
e
, per cui M
e
=
N M
e
. Dunque
M
e
= (N N
e
) (N M
e
) = N (N
e
M
e
) = N (M N)
e
.
Siccome N e (M N)
e
sono separati, abbiamo dapprima
H(M, M
e
) = H(M, N) +H(M, (M N)
e
).
Scambiando M e N, troviamo
H(N, N
e
) = H(N, M) +H(N, (M N)
e
).
Adesso, sommando, troviamo
H(M, M
e
) +H(N, N
e
) = H(M, N) +H(N, M) +H(M, (M N)
e
) +H(N, (M N)
e
)
e ricordando ancora che M e N sono separati e la terza propriet`a del calore trasmesso
abbiamo proprio
H(M, M
e
) +H(N, N
e
) = H(M N, (M N)
e
).
Da questa proposizione si trae che la funzione M H(M, M
e
) `e additiva.
Assioma 12.3 (Primo principio della Termodinamica). Esiste una misura di Borel
E : B R tale che, lungo i moti del corpo continuo si abbia
d
dt
E(M) = H(M, M
e
) P
(i)
(M, v).
34
Il signicato dellassioma `e il seguente. La quantit`a E viene detta energia interna del
sottocorpo M, e al suo aumento concorrono sia il calore scambiato da M con lesterno di
M, sia la potenza degli sforzi interni al sottocorpo. In questa formulazione sta il principio
dellequivalenza fra calore e lavoro.
La forma che noi adotteremo per la funzione Q sar` a la seguente:
H(M, N) =
_
MN
r(x, y) dL
n
(x) dL
n
(y)
_
MN
q ndH
n1
.
Questa formula dice che il calore che P trasmette a Q avviene a distanza (per modelliz-
zare sorgenti di calore) e (cosa pi` u importante), per contatto, tramite un usso di calore
individuato dal vettore q. (Il segno meno di q `e per ragioni storiche).
Pertanto avremo, ricordando che P = P
e
,
H(M, M
e
) =
_
MM
e
r(x, y) dL
n
(x) dL
n
(y)
_
M
q ndH
n1
e ponendo
_
M
e
r(x, y) dL
n
(y) = r(x),
giungiamo a
H(M, M
e
) =
_
M
r dL
n

_
M
q ndH
n1
.
Faremo anche lipotesi che E sia assolutamente continua rispetto alla misura di massa
L
n
, cosicche
E(M) =
_
M
dL
n
avendo indicato con la corrispondente densit`a.
A questo punto per il teorema del trasporto (10.8) troviamo
_
M

d
dt
=
_
M
r dL
n

_
M
q ndH
n1
+
_
M
T : DdL
n
.
Ne traiamo il seguente
Teorema 12.4 (Bilancio dellenergia interna). Lungo i moti del corpo continuo vale
lequazione
(12.1)
d
dt
= div q +r +T : D.
Dimostrazione. Dal teorema della divergenza abbiamo
_
M
q ndH
n1
=
_
P
div q dL
n
e quindi
_
M
_

d
dt
+r + div q n +T : D
_
dL
n
= 0
e per larbitrariet` a di M si trova la tesi.
35
Combinando questo risultato con il teorema dellenergia cinetica troviamo anche la
relazione, valida lungo i moti del sistema,
d
dt
(K +E)(M) = P
(v)
(M, v) +P
(c)
(M, v) +H(M, M
e
).
Concludiamo questa sezione con unapplicazione. Supponiamo di avere un conduttore
rigido. Allora per un siatto sistema `e ragionevole supporre che lenergia interna dipenda
solo dalla temperatura assoluta , per cui
= c
v

dove c
v
`e una costante. Inoltre, per il usso di calore si assume valida la cosiddetta legge
di Fourier
q = Kgrad
dove K `e un tensore detto tensore di conducibilit`a termica, per cui lequazione di bilancio
dellenergia (12.1), dato che non vi `e deformazione e quindi T : D = 0, fornisce, nel caso di
assenza di sorgenti,

0
c
v
d
dt
= div(Kgrad )
e, sempre siccome il moto `e rigido, in un sistema di riferimento solidale col corpo sar` a v = 0
e quindi
d
dt
=

t
+v grad =

t
.
In conclusione, se K = I, dove non dipende dalle variabili spaziali, ossia se il corpo
conduce il calore in modo omogeneo e isotropo, otteniamo la cosiddetta equazione del
calore o di Fourier

t
=

0
c
v
.
13. Entropia
Sappiamo che le trasformazioni alle quali `e sottoposto un sistema termodinamico debbo-
no soddisfare il secondo principio, il che comporta una formulazione in termini di entropia.
In questa trattazione non approfondiremo molto questo concetto, in quanto esso `e legato
al concetto di stato di un sistema meccanico continuo, che `e tuttora oggetto di discussione.
Assioma 13.1. Esiste una funzione J : B B R tale che per ogni M, N, P B,
disgiunti a due a due,
J(M, N P) = J(M, P) +J(M, P)
J(M N, P) = J(M, P) +J(N, P)
J(M, N) = J(N, M)
La funzione J(R, S) rappresenta il usso di entropia che il sottocorpo M trasferisce al
sottocorpo N. In accordo con la proposizione (12.2), avremo che la quantit` a J(M, M
e
) `e
additiva, ossia
J(M N, (M N)
e
) = J(M, M
e
) +J(N, N
e
).
Inne, dobbiamo introdurre un termine che tenga conto della produzione intrinseca di
entropia durante il moto del corpo. Facciamo questo con una funzione additiva : B R.
36
Pertanto (M) rappresenta la velocit` a di produzione di entropia allistante t nel sottocorpo
M.
Siamo pronti per enunciare ora il Secondo Principio della Termodinamica. Contraria-
mente a quanto si possa pensare, esso non richiede solo che la produzione di entropia sia
positiva, ma anche che sussista una relazione fra il calore scambiato fra due sottocorpi e la
corrispondente entropia.
Assioma 13.2 (Secondo Principio della Termodinamica). Esiste una misura di Borel
S : B R tale che
(1) per ogni coppia di sottocorpi M, N si abbia H(M, N) = 0 J(M, N) = 0;
(2) per ogni sottocorpo M, si ha (M) 0;
(3) lungo i moti del sistema si abbia
d
dt
S(m) = J(M, M
e
) + (M).
La (1) equivale a dire che in assenza di scambio di calore non ci pu`o essere scambio di
entropia. Da questo fatto troviamo immediatamente che per ogni sottocorpo M
H(M, M
e
) = 0 J(M, M
e
) = 0.
Se supponiamo che H(M, M
e
) e J(M, M
e
) si possano estendere a due misure di Borel
(indicate per semplicit`a sempre con H e J), troviamo che la precedente relazione dice che
J `e assolutamente continua rispetto a H. Se esse sono inoltre assolutamente continue
rispetto alla misura di Lebesgue, abbiamo che le rispettive densit` a h e s devono essere
proporzionali, ossia
s dL
n
= hdL
n
.
Linverso del fattore di proporzionalit` a `e detto temperatura assoluta e si indica con :
s dL
n
=
1

hdL
n
,
che `e una forma pi` u tecnica dellusuale relazione dS = 1/dQ. Supponiamo ora che anche
S e siano assolutamente continue rispetto alla misura di Lebesgue e siano s e le loro
rispettive densit`a. Inne, J abbia, come H, la forma
J(M, N) =
_
MN
m(x, y) dL
n
(x) dL
n
(y)
_
MM
h ndH
n1
,
per cui
J(M, M
e
) =
_
MM
e
m(x, y) dL
n
(x) dL
n
(y)
_
M
h ndH
n1
.
Analogamente a quanto fatto per il calore, lequazione di bilancio assume la forma
d
dt
_
M
s dL
n
=
_
M
div hdL
n
+
_
M
dL
n
+
_
M
mdL
n
avendo posto come prima
_
M
e
m(x, y) dL
n
(y) = m(x).
37
Teorema 13.3 (Bilancio dellentropia e disuguaglianza dellentropia). Lungo i
moti del corpo continuo vale lequazione

ds
dt
= div h +m +
e si deve avere, per ogni punto e ogni istante t,

ds
dt
+ div h m 0.
Dimostrazione. La prima `e una conseguenza immediata dellarbitrariet`a dei sottocorpi,
mentre la seconda esprime il fatto che 0
Nella teoria dei materiali assume anche un ruolo importante la cosiddetta energia libera,
denita da
(M) = E(M, M
e
) S(M, M
e
).
`
E possibile combinare le equazioni di bilancio dellenergia interna e la disuguaglianza
dellentropia.
Teorema 13.4 (Disuguaglianza di Clausius-Duhem). Lungo ogni moto di un corpo
continuo e per ogni sottocorpo M deve valere la relazione
_
d
dt
+S
d
dt
+P
(i)
(H (M))
_
(M) 0.
Dimostrazione. Abbiamo, abbreviando E(M, M
e
) con E e similmente per H,
d
dt
=
d
dt
E
d
dt
S
e, ricordando lequazione di bilancio dellenergia interna, troviamo
d
dt
= H P
(i)

d
dt
S.
A questo punto, ricordando che `e una funzione del posto,
d
dt
(S)(M) =
_
d
dt
S
_
(M) +
_
M

ds
dt
=
d
dt
S + (

S)(M)
per cui, dallequazione di bilancio dellentropia,
d
dt
+
_
d
dt
S
_
+P
(i)
[H (M)](M) = ()(M) 0.
Vediamo pi` u in dettaglio questa disuguaglianza supponendo
H(M, M
e
) =
_
M
q ndH
n1
+
_
M
r dL
n
,
J(M, M
e
) =
_
M
h ndH
n1
+
_
M
mdL
n
.
Ora, dal teorema della divergenza
J(M, M
e
) =
_
M
(div h +m) dL
n
=
_
M
[div(h) grad h +m] dL
n
38
e dunque
(H J)(M, M
e
) =
_
P
div(q h) dL
n
+
_
M
(r m) dL
n
+
_
M
grad hdL
n
.
Se si suppone, come spesso si fa
h =
1

q, m =
1

r
la disuguaglianza di Clausius-Duhem diviene
_
M
_

d
dt
+s
d
dt
+T : D +
1

grad q
_
dL
n
0
che, se tutte le quantit` a sono continue, pu` o essere scritta in forma locale

d
dt
+s
d
dt
+T : D +
1

grad q 0.
14. Equazioni costitutive
Per arontare problemi concreti, le equazioni di bilancio n qui introdotte non sono
sucienti, in quanto `e facile constatare che le funzioni incognite (, v, T, , , q) sono molte
di pi` u delle equazioni a disposizione. Ci`o non `e aatto un male, perche in questo modo
si possono sperare di descrivere materiali diversi specicando informazioni ulteriori sulle
quantit` a incognite.
Ci` o che risulta conveniente fare `e esprimere alcune delle quantit` a sopra dette in funzione
di altre che vengono dette descrittori, che in qualche modo descrivono lo stato del
materiale (senza voler entrare in una denizione precisa di stato). Tipici descrittori sono
la densit` a e la velocit`a per un uido, lo spostamento per un corpo elastico e la temperatura.
Tra le quantit`a dipendenti si suole invece prendere lo sforzo interno T, lenergia interna
e il usso di calore q.
Pi` u precisamente, si possono dare delle relazioni fra queste quantit` a e la storia delle
variabili di stato

s
(t, x) =
_
t

(s, x) ds, v
s
(t) =
_
t

v(s, x) ds, ecc.


in quanto, in linea di principio, ci` o che avviene allistante t in un materiale potrebbe dipen-
dere da tutto ci`o che `e successo ad ogni istante s t ad una delle sue variabili di stato. Noi
non prenderemo in considerazione questi materiali, e ci limiteremo ai cosiddetti materiali
semplici, nei quali i valori delle quantit` a siche dipendono solo dai valori istantanei delle
variabili di stato.
Risulta poi in particolare che lo sforzo, che `e una delle variabili fondamentali per de-
scrivere lo stato interno di un materiale, conviene sia descritto dai gradienti spaziali delle
variabili di stato v, la velocit`a (se si tratta di un uido) o u, lo spostamento, (se si tratta
di un materiale elastico). Ci` o in quanto lo stato interno di un materiale deve dipendere
dalle dierenze di velocit`a e spostamento fra punti del corpo. Si suppongono quindi delle
relazioni del tipo
T =

T(grad v), T =

T(grad u), q = q(grad )
39
dove

T, q sono funzioni che devono essere soggette a requisiti di invarianza che vedremo in
seguito, e che vengono dette leggi costitutive.
Se vogliamo essere un pochino pi` u generali, possiamo pensare di inserire la temperatura
e il gradiente di temperatura tra le variabili di stato.
La disuguaglianza di Clausius-Duhem, per` o, pone delle restrizioni sulle possibili scelte
costitutive. Vediamo come.
Supponiamo che lenergia libera (che `e una variabile dipendente spesso oggetto di mo-
dellizzazione) si esprima nelle variabili F, (
4
) e g = grad :
=

(F, , g).
Supponiamo di avere una soluzione t (F(t), (t), g(t)) e di calcolare

lungo questa
soluzione (mettiamoci dal punto di vista lagrangiano per non dover usare la derivata totale)

F +

g
g
per cui, sostituendo nella disuguaglianza di Clausius-Duhem, troviamo

F +
0

+
0

g
g +
0
s

+T : D +
1

grad q 0.
Siccome questa disuguaglianza non pu` o essere violata in nessun istante di tempo, essa si
tramuta in una restrizione sulla funzione

. Siccome dalla 8.1 abbiamo che

F = grad vF,
troviamo, sfruttando la simmetria di T,

F
:

F +
0

+
0

g
g +
0
s

+T :

FF
1
+
1

grad q 0
e usando le propriet` a del trasposto,

F
:

F +

+
0

g
g +
0
s

+TF
T
:

F +
1

grad q 0
ossia
_

F
TF
T
_
:

F +
0
_

+s
_

+
0

g
g +
1

grad q 0.
A questo punto, si suppone generalmente, in analogia con quanto si fa nel principio delle
potenze virtuali, che le quantit` a

F,

e g possano essere arbitrarie su un processo, il che
equivale a poter accelerare il tempo quanto si vuole.
Vale allora il
Teorema 14.1. La funzione

deve vericare le relazioni
T =
0

F
F
T
, s =
0

g
= 0
e inoltre, per ogni scelta della funzione costitutiva q si deve avere
grad q 0.
(
4
) Siccome F = I + gradu, dare la dipendenza da F `e come darla da gradu.
40
Dimostrazione. Supponiamo che per due date q e

si abbia, in un dato istante e per un
dato processo,
_

F
TF
T
_
,= 0.
Ora, siccome F e grad sono indipendenti, `e possibile pensare al processo nel quale in ogni
caso si abbia
_

F
TF
T
_
:

F +
0
_

+s
_

+ +
0

g
g > 0
e grande in modulo a piacere, essendo questa una forma lineare nelle derivate, le quali,
come abbiamo detto, non hanno restrizioni, per cui, anche se si avesse
1

grad q(t) < 0,


la disuguaglianza di Clausius-Duhem sarebbe violata allistante t sul processo considerato,
o su un altro processo comunque ammissibile.
Dunque la quantit` a entro parentesi deve essere nulla, e analogamente si ragiona sulle
altre quantit` a che compaiono davanti alle derivate temporali.
Inne, siccome tutte le quantit` a di questo tipo sono nulle, ne segue che
grad q 0
Pertanto, nella legge di Fourier
q = grad
si deve avere 0.
15. Fluidi perfetti
In questa sezione introduciamo una classe di materiali semplici di grandissima impor-
tanza: i uidi perfetti. Tutte le quantit` a che introdurremo saranno considerate dal punto
di vista euleriano.
Denizione 15.1. Un materiale tale che sussista la relazione
(15.1) T = p I
si dice uido perfetto, e il campo scalare p si chiama pressione.
Ne segue che in un uido perfetto lo sforzo specico `e dato da
t = Tn = p n
che si pu`o vedere come una formulazione del principio di Pascal.
Lequazione di bilancio (11.5)
1
diviene allora
a = b + div(p I)
e ricordando la formula di Analisi Vettoriale
div(fT) = f div T +Tgrad f
41
e il fatto che I `e costante, troviamo
(15.2) a = b grad p
che `e nota come equazione di Eulero.
Accanto alla (15.2) deve valere lequazione di continuit` a
(15.3)
d
dt
+ div v = 0.
La (15.3) `e unequazione scalare, mentre la (15.2) `e vettoriale, ossia consiste di tre
equazioni scalari. Le funzioni incognite sono , v, p che sono cinque campi scalari, per cui
serve unulteriore equazione. Ricordiamo che, al livello in cui ci troviamo, il materiale
potrebbe essere un gas, e quindi sarebbe necessario introdurre la temperatura, quindi il
usso di calore, quindi lulteriore equazione di bilancio dellenergia interna. La scelta tipica
in questi casi `e infatti la cosiddetta legge di stato
f(p, , ) = 0.
Se vogliamo restare a un livello di massima semplicit`a, possiamo supporre o costante,
oppure delle relazioni che non coinvolgono . Una scelta in tal senso `e il cosiddetto uido
perfetto barotropico (o elastico).
Denizione 15.2. Un uido perfetto si dice barotropico se esiste una funzione stretta-
mente positiva invertibile tale che
= (p),
mentre si dice incomprimibile se la densit`a `e costante, ossia
=
0
.
Un caso di uido incomprimibile `e il liquido perfetto, mentre un caso di uido barotropico
`e il gas perfetto in condizioni adiabatiche, per il quale, come vedremo, vale la legge
= p
1/
con > 1.
Osserviamo che la pressione entra nellequazione di Eulero solo mediante il gradiente;
dunque se p `e un campo di pressione ammissibile, anche p + p
0
, con p
0
costante, lo `e.
Questo permette di poter ssare a piacere il valore della pressione in un punto assegnato.
Denizione 15.3. Sia dato un uido perfetto barotropico. Poniamo
T(p; p
0
) =
_
p
p
0
1
()
d
mentre se `e incomprimibile, poniamo
T(p; p
0
) =
p p
0

0
dove in entrambi i casi p
0
`e una costante.
La costante p
0
, come vedremo fra un attimo, `e ininuente anche per T, per cui in seguito,
se non ci sar` a pericolo di confusione, ometteremo la sua dipendenza.
42
Proposizione 15.4. Per un uido perfetto barotropico o incomprimibile vale lequazione
a = b grad T(p; p
0
),
per ogni p
0
, ossia, se b `e conservativo, anche a lo `e.
Dimostrazione. Si ha semplicemente
grad T(p; p
0
) = T

(p; p
0
) grad p =
1
f(p)
grad p =
1

grad p
per ogni p
0
, e dunque
a = b
1

grad p = b grad T.
Se poi b ammette potenziale, ossia
b = grad V,
si ha anche
(15.4) a = grad(V +T).
16. Fluidostatica dei uidi perfetti barotropici
In condizioni di equilibrio idrostatico si deve avere v = 0, e dallequazione di continuit` a
si deduce
d
dt
+ div v =

t
+ div(v) =

t
= 0
ossia che dipende solo dalle coordinate spaziali. Sostituendo nellequazione di Eulero per
i uidi perfetti barotropici si trova allora
(16.1) b = grad T
che prende il nome di equazione fondamentale della uidostatica.
`
E immediato constatare
da questa equazione che se b non dipende dal tempo, allora anche p deve dipendere solo
dalle coordinate spaziali. Questa equazione vale anche, ovviamente, per un uido non
perfetto che si riduca al caso in esame in condizioni statiche.
Vale allora il seguente teorema, che risolve il problema statico.
Teorema 16.1. Il problema statico per un uido perfetto barotropico o incomprimibile
ammette una soluzione se e solo se il campo di forze di volume b `e irrotazionale.
Dimostrazione. Se p `e una soluzione del problema, b `e irrotazionale in quanto
rot b = rot grad T = 0.
Viceversa, supponendo b irrotazionale, questo campo ammetter`a unenergia potenziale che
indicheremo con V , per cui
b = grad V
e dunque dallequazione (16.1) segue, su ogni componente connessa del corpo
(16.2) T(p(x, y, z); p
0
) +V (x, y, z) = C R.
Restringendoci per semplicit`a a una componente connessa del corpo, dal momento che
V `e denita a meno di una costante arbitraria, si pu` o pensare che, ssato un valore p
0
nella
43
(15.3), si abbia V = 0 nei punti in cui p = p
0
; pertanto, sostituendo p = p
0
nella (15.3)
e nella (16.1), si deduce, ricordando che T(p
0
; p
0
) = 0, che in quella componente si deve
avere C = 0.
Per lipotesi fatta su , la funzione `e strettamente positiva, per cui la funzione T `e
una funzione strettamente monotona di p, dunque, invertendo la relazione (16.2) si trova
(16.3) p(x, y, z) = T
1
p
0
(V (x, y, z)).
La densit`a viene determinata poi dallequazione di stato (15.3). In modo analogo si
procede per le eventuali altre componenti connesse di B.
Unipotesi molto comune in Fluidostatica `e quella di avere il peso come forza di volume.
In questo caso, supponendo il peso diretto verticalmente verso il basso, si ha
b = ge
3
con g dipendente da x, y, z. La condizione di irrotazionalit` a implica allora che
rot b =
g
y
e
1
+
g
x
e
2
cio`e
g
x
=
g
y
= 0
ossia che g deve essere dipendente solo da z. Il potenziale della forza peso `e dato allora da
V (z) = G(z) =
_
z
z
0
g() d
per cui dalleq. (16.2) si ricava
T(p(z)) +G(z) = 0
avendo supposto p = p
0
per z = z
0
. Quindi nalmente
(16.4) p(z) = T
1
(G(z)).
Un sottoesempio particolarmente semplice `e quello di un uido incomprimibile (che con
buona approssimazione si pu`o pensare un liquido, come lacqua) sottoposto al proprio peso
e supponendo g costante. In questo caso G(z) = g(z
0
z) e
T(p) =
(p p
0
)

0
.
Dunque si ha
p
1
() = p
0
+
0

e leq. (16.4) diviene


p(z) p
0
=
0
g(z
0
z)
che si pu` o mettere, ponendo
0
g = , z
0
= 0, p
0
= p
atm
, z = h e p(h) = p, nella forma
p = p
atm
+h
che `e nota come legge di Stevino.
Un altro caso particolarmente interessante `e il caso di un uido perfetto comprimibile
(gas perfetto) in condizioni isoterme. Si ha quindi
p = R
0

44
dove
0
`e la temperatura, supposta costante, e R la costante universale dei gas perfetti.
La funzione della pressione vale dunque
T(p; p
0
) =
_
p
p
0
R
0

d = R
0
log
p
p
0
con
T
1
p
0
() = p
0
e
/R
0
e la formula (16.3), nel caso in cui g sia costante, diviene
p(z)
p
0
= e
g(z
0
z)/R
0
da cui, ponendo, come nel n. 2, z
0
= 0 e p(0) = p
atm
, si trova
p(z) = p
atm
e
gz/R
0
.
La pressione cala dunque con la quota, tanto pi` u rapidamente quanto pi` u freddo `e il gas.
Nel caso dellaria, tuttavia, questa approssimazione `e poco realistica in quanto si ha una
variazione della temperatura con la quota.
Volendo tener conto di questo fatto, bisogna considerare lequazione di bilancio delle-
nergia nella forma locale
e = r div q +T : D.
Siccome siamo nel caso statico, v = 0 e pertanto lequazione si riduce a
div q = r.
Usiamo la legge di Fourier come equazione costitutiva del usso di calore q = k grad , e
pertanto otteniamo
k = r.
Imponiamo ora che il nostro corpo (una massa daria occupante il semispazio z 0)
emani calore dal piano z = 0, per riscaldamento dovuto a irraggiamento (solare), trascu-
rando la componente dovuta al riscaldamento diretto per irraggiamento. Quindi si avr`a
r = 0, e dovremo introdurre la condizione al contorno sul usso di calore
q n =
0
per z = 0.
Se cerchiamo una soluzione dipendente dalla sola z troviamo subito
(z) = az +b
e, osservando che la condizione al contorno si scrive
k

z |z=0
=
0
troviamo (perche il usso entrante `e considerato negativo)
a =

0
k
= < 0.
Imponendo poi che (0) =
0
, la temperatura del terreno, troviamo alla ne
(16.5) (z) =
0
z.
45
Una volta nota la dipendenza z (z), `e possibile risalire alla distribuzione della
pressione se il gas `e supposto perfetto, ossia se p = R (qui non `e barotropico perche la
temperatura non `e costante). Lequazione (16.1) torna ad essere
1

grad p = g(z)e
3
e, ricavando 1/ dalla legge di stato e sostituendo, si ricava facilmente
p
x
=
p
y
= 0,
p

(z)
p(z)
=
g(z)
R(z)
da cui si ricava senza dicolt` a la legge
p(z) = p(z
0
) exp
_

_
z
z
0
g()
R()
d
_
.
Nel caso particolare g costante e della legge (16.5) troviamo
p(z) = p(z
0
)
_

0

0
z
_
g/R
.
Una branca di grande importanza della Fluidostatica si occupa del problema di valutare
le forze agenti sui corpi immersi in un liquido. Nel seguito faremo pertanto lipotesi che
sia valida la legge di Stevino. Dalla forma del tensore di Cauchy si ricava immediatamente
che il sistema continuo di forze agenti sul bordo di un corpo B totalmente immerso in
un liquido `e dato dalla misura vettoriale t dH
2
(x) e che quindi per la risultante vale la
formula
F =
_
B
pndH
2
.
Il fondamentale risultato in questo campo `e fornito dal noto principio di Archimede.
Teorema 16.2 (Principio di Archimede). Supponiamo che il corpo immerso B divida
lo spazio R
3
in due componenti semplicemente connesse. Allora il sistema continuo di forze
di pressione ha come punto di applicazione il baricentro del corpo, il verso `e rivolto verso
lalto e il modulo `e pari al peso del liquido spostato.
Dimostrazione. Applicando la formula di Gauss-Green si trova

_
B
pndH
2
=
_
B
grad p dL
3
(x)
ed avendosi p(x) = p
atm
x
3
(in quanto il corpo non ha cavit`a non riempite di liquido)
risulta grad p = e
3
, per cui inne
F =
_
B
e
3
dL
3
(x) = L
3
(B)e
3
che prova lasserto.
Esaminiamo inne alcuni esempi di problemi di uidostatica relativa. Questo caso si
potr` a ricondurre ad un problema consueto di uidostatica se esiste un sistema di riferimento
nel quale il uido `e in quiete. Trattandosi di un corpo deformabile, infatti, non `e detto
46
che ci` o avvenga. In questo caso il problema nel sistema di riferimento solidale col uido si
ottiene aggiungendo alle forze di volume le forze apparenti. In altre parole, vale la formula
(b a) = grad p
dove a rappresenta laccelerazione di trascinamento del sistema solidale. Applicando il
teorema (16.1) si trova
Teorema 16.3. Supponiamo che esista un sistema di riferimento nel quale il uido si pu`o
trovare in quiete. Allora una congurazione di equilibrio idrostatico relativo per un uido
perfetto barotropico `e possibile se e solo se b a `e irrotazionale.
Un caso di notevole interesse `e quello del uido in rotazione uniforme. In questo caso
`e possibile un sistema di riferimento solidale in rotazione uniforme con la stessa velocit` a
angolare. Si ha quindi per il campo di velocit`a di trascinamento lespressione
v = (P O) = r
dove r = (P O) rappresenta il vettore posizione nel sistema assoluto e `e costante.
Assunta per direzione di e
3
quella di questo vettore, si ha, come `e noto dalla Meccanica,
a =
2
[P H[ =
2

essendo H la proiezione di P sullasse di . In componenti si ha


a =
2
xe
1

2
ye
2
che `e chiaramente un campo vettoriale irrotazionale. Dunque in questo caso il problema
ha soluzione se e solo se b `e irrotazionale.
Il pi` u celebre esempio di uidostatica relativa `e quello del cosiddetto secchio di Newton.
Si tratta di una massa di uido incomprimibile vincolato in un recipiente cilindrico che si
muove di moto rotatorio uniforme sotto e sul quale agisce la forza peso.
Il campo di velocit` a
v = ye
1
+xe
2
`e a divergenza nulla, per cui lequazione di continuit` a `e soddisfatta. Il campo delle for-
ze peso `e irrotazionale, come abbiamo visto, se g dipende solo da z; qui lo supporremo
ovviamente costante.
Il campo vettoriale b a `e
ge
3
+
2
e

avendo posto come prima


2
= x
2
+ y
2
. La funzione della pressione `e chiaramente p/
0
,
per cui dallidentit`a
grad
p

0
= ge
3
+
2
e

si deduce che p/
0
deve essere uguale ad un potenziale del campo vettoriale a secondo
membro, che `e, come si constata immediatamente, gz +
2

2
/2 +C. Dunque, scegliendo
la costante C in modo opportuno, troviamo
p

0
=

2
2
(x
2
+y
2
) gz +
p
atm

0
.
47
Poiche alla supercie si deve avere p = p
atm
, si ottiene
z =

2
2g
(x
2
+y
2
)
che `e lequazione di un paraboloide di rotazione.
17. Teoremi sui uidi perfetti
Denizione 17.1. Un campo di velocit`a tale che
v
t
= 0,
p
t
= 0,

t
= 0
si dir`a stazionario, mentre se `e tale che rot v = 0, si dir`a irrotazionale.
Sappiamo che v `e irrotazionale se e solo se ammette un potenziale, ossia se
v = grad .
Denizione 17.2. Sia dato un campo di velocit`a stazionario di classe C
1
. Allora le linee
integrali di detto campo sono dette linee di corrente del campo (che sono in questo caso
anche le traiettorie delle particelle).
Teorema 17.3 (di Bernoulli). Lungo una linea di corrente di un moto stazionario di
un uido perfetto barotropico o incomprimibile, soggetto a forze di volume conservative
indipendenti dal tempo, la quantit`a
=
v
2
2
+V +T
rimane costante. Se poi il moto `e irrotazionale, tale costante `e uguale in ogni componente
connessa del uido. Se invece v non `e stazionario ma irrotazionale, e indicato con il
suo potenziale, allora la quantit`a

t
+
v
2
2
+V +T
si mantiene in ogni istante costante su ogni componente connessa del uido.
Dimostrazione. Dalla (15.4) e dallespressione dellaccelerazione (7.2) abbiamo
v
t
+ grad
v
2
2
+ rot v v = grad(V +T).
Poiche il campo `e stazionario, abbiamo
grad
_
v
2
2
+V +T
_
= rot v v.
e moltiplicando scalarmente per v abbiamo
v grad
_
v
2
2
+V +T
_
= 0.
Ora
d
dt
=

t
+v grad = 0
e quindi `e costante lungo le linee di corrente.
48
Se poi rot v = 0, allora
grad
_
v
2
2
+V +T
_
= 0
e quindi `e costante in ogni punto di ogni componente connessa del uido.
Inne osserviamo che se v dipende esplicitamente da t ed `e irrotazionale in ogni istante,
allora esister`a un campo potenziale (x, t) tale che v = grad , e quindi
v
t
=

t
grad = grad

t
cosicche
grad
_

t
+
v
2
2
+V +T
_
= rot v v = 0
dal quale segue

t
+
v
2
2
+V +T = C(t).
Val la pena di osservare che il teorema di Bernoulli `e una conseguenza del teorema
dellenergia meccanica totale (11.15); infatti, nel nostro caso
P
(c)
(M, v) =
_

M
t v dH
n1
=
_

M
pv ndH
n1
e
P
(i)
(M, v) =
_
M
T : DdL
n
=
_
M
p I : DdL
n
=
_
M
p tr DdL
n
=
_
M
p div v dL
n
e usando la formula (9.4) troviamo
P
(c)
+P
(i)
=
_

M
pvndH
n1

M
pvndH
n1

_
M
vgrad p dL
n
=
_
M
vgrad T dL
n
.
Pertanto dal teorema (11.15) abbiamo, con le ipotesi del teorema di Bernoulli,
d
dt
_
M
dL
n
=
d
dt
_
M

_
v
2
2
+V +T
_
dL
n
= P
(c)
+P
(i)
+
_
M
v grad T dL
n
= 0.
Il teorema del trasporto della circolazione (9.3) porta, per i uidi perfetti barotropici,
una interessante conseguenza.
Teorema 17.4 (di Kelvin). In un uido perfetto barotropico la circolazione del campo di
velocit`a lungo una curva materiale si mantiene costante nel tempo.
Dimostrazione. Dal teorema citato abbiamo
d
dt
_

t
v dx =
_

t
a dx =
_

t
grad (T +V ) dx = 0
perche la curva `e chiusa e laccelerazione `e il gradiente di un potenziale.
Da questo risultato segue con poca dicolt` a il
Teorema 17.5 (di Lagrange). Se il moto di un uido perfetto barotropico `e irrotazionale
in un dato istante, allora esso sar`a irrotazionale in tutti gli istanti successivi.
49
Dimostrazione. Per ipotesi, rot v = 0 in un dato istante t
0
. Allora dal teorema di Stokes
si trova, per ogni curva
_

v(x, t
0
) dx =
_
S
rot v(x, t
0
) ndH
2
= 0
essendo S una qualsiasi supercie tale che S = . Per il teorema di Kelvin, la circolazione
`e nulla per tutti gli istanti successivi, e quindi, sempre per il teorema di Stokes,
0 =
_

t
v dx =
_
S
rot v ndH
2
.
A questo punto basta prendere per una circonferenza di centro x, asse costante h e raggio
, e per S il cerchio corrispondente. Applicando il teorema della media e passando al limite
per 0, troviamo
rot v(x, t) h = 0
e dallarbitrariet` a di h segue rot v(x, t) = 0.
Poniamo ora =
1
2
rot v, il cosiddetto vettore di vorticit`a.
Teorema 17.6 (di Helmholtz-Beltrami). Lungo un moto regolare di un corpo continuo
vale la relazione
d
dt
_

_
=
1

(grad v) +
1
2
rot a.
Se il corpo `e un uido perfetto barotropico o incomprimibile e le forze sono conservative,
allora
d
dt
_

_
=
1

(grad v).
Dimostrazione. Dallespressione generale dellaccelerazione per un corpo continuo
a =
v
t
+ grad
v
2
2
+ 2 v
si ricava, supponendo il moto sucientemente regolare,
(17.1) rot a = rot
v
t
+ rot grad
v
2
2
+ rot(2 v) = 2
_

t
+ rot( v)
_
.
Dallidentit` a vettoriale
rot(u v) = (grad u)v (grad v)u +udiv v v div u
si ricava, essendo div = 0,

t
+ rot( v) =

t
+ (grad )v (grad v) +div v =
d
dt
(grad v) +div v.
Sfruttando ora lequazione di continuit`a nella forma
div v =
1

d
dt
si ottiene, dividendo la (17.1) per 2,
1
2
rot a =
1

d
dt

1

2
d
dt

1

(grad v) =
d
dt
_

(grad v).
50
Nel caso in cui il uido `e barotropico o incomprimibile e le forze di volume sono conservative,
rot a = 0 e si ha
d
dt
_

_
=
1

(grad v).
18. Condizioni al contorno
Il sistema di equazioni di Eulero per un uido perfetto (barotropico o incomprimibile)
_

_
d
dt
+ div v = 0

dv
dt
= b grad p
= f(p)
deve, per potere essere arontabile, essere corredato da opportune condizioni aggiuntive
che rappresentano dati noti, allistante iniziale o in porzioni del dominio sul quale si studia
il problema. Innanzitutto, devono essere assegnate le condizioni iniziali
(x, 0) =
0
(x) v(x, 0) = v
0
(x)
e successivamente vanno analizzate le condizioni al contorno. Una delle pi` u semplici `e
la condizione di scivolamento, che aerma che la velocit` a in un punto di un recipiente
contenente il uido non possiede componente normale al recipiente. Se indichiamo con
il recipiente, tale condizione si scrive
v n
|
= 0.
La dicolt`a maggiore dei problemi di uidodinamica dei uidi perfetti sta nella cosid-
detta frontiera libera. Essa si ha quando la regione occupata dal uido possiede una
parte che `e libera di evolvere in base al moto del uido, come ad esempio il pelo libero
dellacqua. In questo caso il dominio `e anchesso unincognita del problema, e sulla sua
frontiera si devono aggiungere ulteriori condizioni.
Se supponiamo che, al generico istante t, la frontiera libera abbia equazione
f(x, t) = 0,
dobbiamo imporre una condizione che esprima il fatto che essa sia una supercie materiale.
Poiche la quantit`a f `e, per denizione, costante su detta supercie, essa deve restare
costante in tutti gli istanti, e dunque
df
dt
=
f
t
+v grad f = 0.
Questa condizione di chiama condizione cinematica e deve valere solo al bordo del dominio.
In genere, inoltre, al bordo del dominio `e nota la pressione, dalla quale si ricava la densit` a.
Il pelo libero `e spesso poi determinato dalla condizione p = p
atm
.
Inne, se il dominio `e illimitato, il che accade spesso in uidodinamica, bisogna ag-
giungere delle opportune condizioni allinnito, ossia sul limite per x che va allinnito.
Condizioni tipiche sono lannullarsi della velocit` a
lim
|x|+
v(x, t) = 0
51
o del gradiente di pressione
lim
|x|+
grad p(x, t) = 0.
19. Applicazioni
Un primo esempio consiste nello studio dello svuotamento di una vasca prismatica, nel-
lipotesi di forze peso (dunque V = gz) e di irrotazionalit` a. Va segnalato che questa
condizione, quasi mai vericata nella realt` a a causa della viscosit` a presente in ciascun ui-
do, `e essenziale per porre il problema in una forma semplicemente risolubile. Siano quindi
A
1
larea della supercie di base della vasca, h la sua altezza e A
2
larea della sezione
del tubo di uscita (A
2
< A
1
), posto per convenzione ad altezza zero. Supponendo che la
velocit` a di diminuzione del livello della vasca sia trascurabile rispetto a quella di uscita v,
il teorema di Bernoulli fornisce
gz +
p
1

=
p
2

+
v
2
2
dove p
1
, p
2
sono le pressioni rispettivamente alla supercie e al punto di uscita del uido.
Se la vasca `e aperta e non troppo alta, si pu` o supporre p
1
= p
2
= p
atm
e trovare
v =
_
2gh,
risultato noto come teorema di Torricelli.
Un risultato pi` u accurato si pu` o ottenere tenendo conto della variazione dell livello h(t)
nel tempo. Applicando la legge di conservazione della massa si deve avere
v
1
A
1
= v
2
A
2
da cui
v
2
=
A
1
A
2
v
1
=
A
1
A
2
h

(t).
Poniamo poi A
1
/A
2
= > 1. Siccome ora la velocit`a dipende esplicitamente dal tempo, il
moto non `e pi` u stazionario. Supponiamo allora per semplicit` a di poter trascurare i termini
non stazionari nella legge di Bernoulli. Questultima implica allora che
gh(t) +
1
2
h

(t)
2
=
1
2

2
h

(t)
2
che, posto
g

2
1
= g

< g,
diviene
h

(t)
2
2g

h(t) = 0.
Osservando che, nelle condizioni poste, si deve avere > 1 e h

(t) 0, integrando questa


equazione con la condizione iniziale h(0) = h
0
si trova facilmente
_
h(t) =
_
h
0

1
2
_
2g

t.
Da questa formula si pu` o calcolare il tempo di svuotamento
t

2h
0
g

52
e il livello al generico istante t
h(t) = h
0

_
2g

h
0
t +
1
2
g

t
2
che `e un prolo parabolico.
Un altro semplice esempio di applicazione della legge di Bernoulli `e il cosiddetto tubo di
Venturi, che consiste in un uido perfetto che scorre in un tubo orizzontale avente sezioni
dentrata e duscita diverse.
In questo caso lequazione di continuit` a
v
1
A
1
= v
2
A
2
e lequazione di Bernoulli
p
1

0
+
v
2
1
2
=
p
2

0
+
v
2
2
2
permettono di ricavare facilmente due delle quattro variabili p
1
, p
2
, v
1
, v
2
. Esempi di tubi
di Venturi sono la siringa ipodermica e lidrante.
20. Moti piani
Ci occupiamo ora dei moti piani di uidi perfetti. In questo importante caso intervengono
numerose semplicazioni che rendono, per cos` dire, il caso bidimensionale una teoria a
parte. In questo ambito `e classico indicare con u e v le componenti cartesiane del vettore
di velocit` a v, il cui modulo sar` a indicato con [v[ per non ingenerare confusione. Avremo
pertanto
(20.1) v(x, y, t) = u(x, y, t)e
1
+v(x, y, t)e
2
, 2(x, y, t) =
_
v
x

u
y
_
e
3
e applicando due volte la formula
grad(fv) = f grad v +v grad f
si trova
(grad v) = (e
1
grad u) + (e
2
grad v) =
= grad u + grad v =
_
u
x
e
1
+
u
y
e
2
_
e
3
+
_
v
x
e
1
+
v
y
e
2
_
e
3
= 0,
per cui dal teorema di Helmholtz-Beltrami segue, supponendo forze conservative,
d
dt

= 0
ossia che ogni particella mantiene invariata durante il suo moto la quantit` a /. Se il
uido `e incomprimibile si ha
d
dt
= 0
e nel caso stazionario risulta che la vorticit` a `e costante sulle linee di corrente, che sono le
linee di moto delle particelle.
53
Occupiamoci del caso piano, stazionario e incomprimibile. Allora lequazione di conti-
nuit` a diviene
u
x
+
v
y
= 0.
Questa equazione `e anche la condizione di chiusura della forma dierenziale
u dy v dx.
Dunque, se il moto avviene in una regione semplicemente connessa, la forma `e anche esatta
ed `e il dierenziale di una funzione di classe C
1
:
u dy v dx = d
e si ha
(20.2) u =

y
, v =

x
.
La funzione , detta funzione di corrente, riveste un ruolo importantissimo nella teoria dei
moti piani dei uidi perfetti. Vediamone alcune propriet` a.
Teorema 20.1. Sia una linea regolare. Allora `e costante su se e solo se `e una
linea di corrente.
Dimostrazione. Se `e una linea parametrizzata da (x(s), y(s)), allora, detto t il versore
tangente, si avr` a
d
ds
(x(s), y(s)) =

x
x(s) +

y
y(s) = (u y v x)
|
= [(v t)
3
]
|
.
Da qui segue immediatamente che `e tangente al campo di velocit`a in ogni punto se e
solo se `e costante su .
Se `e un arco di curva regolare, poniamo
() =
_

v nd
che rappresenta il usso istantaneo di uido attraversante .
Teorema 20.2. Sia un arco di linea regolare di estremi A e B. Allora Si ha
() = (B) (A).
Dimostrazione. Sia u un campo vettoriale regolare. Si ha allora, per una data parame-
trizzazione,
_

v nd =
_
s
2
s
1
(ue
1
+ve
2
)
ye
1
xe
2
_
x(s)
2
+ y(s)
2
_
x(s)
2
+ y(s)
2
ds =
_
s
2
s
1
(u y v x) ds =
=
_
s
2
s
1
_

y
y +

x
x
_
ds =
_
s
2
s
1
d
ds
(x(s), y(s)) ds =
= (x(s
2
), y(s
2
)) (x(s
1
), y(s
1
)) = (B) (A).
Se `e chiusa si ritrova il noto fatto che il usso netto attraversante `e nullo.
54
Combinando la seconda delle (20.1) con le equazioni (20.2) troviamo
(20.3)

2

x
2
+

2

y
2
= .
Questa equazione permette di ottenere informazioni su certi moti piani dei quali sia stata
assegnata la vorticit` a (che, in generale, comunque, `e unincognita del problema). Questa
equazione si chiama equazione di Poisson piana. Abbiamo ottenuto cos` che ogni soluzione
dellequazione di Poisson nel piano rappresenta un possibile moto piano di un uido perfetto
di assegnata vorticit`a.
Un esempio interessante `e quello in cui `e costante. Passando a coordinate polari,
abbiamo allora
1
r

r
_
r

r
_
+
1
r
2

2
= 2.
Supponendo di cercare i moti a simmetria radiale, avremo / = 0 e dunque, integrando
la precedente equazione,
d
dr
= r
2
+
a
r
(a R),
da cui
(r) =
1
2
r
2
+a log r +b (a, b R).
Ora, se a ,= 0, la funzione non `e denita in 0 e dunque il dominio del moto non `e
semplicemente connesso. Pertanto dobbiamo porre a = 0 e possiamo porre b = 0, essendo
un potenziale, dunque denito a meno di una costante additiva. Quindi
=
1
2
(x
2
+y
2
).
Le componenti della velocit` a, date dalle (20.2), saranno
u = y, v = x
e dunque il moto `e rigido. Abbiamo cos` dimostrato la
Proposizione 20.3. Il solo moto piano occupante una regione semplicemente connessa a
vorticit`a costante e radialmente simmetrico di un uido perfetto incomprimibile `e il moto
rigido.
21. Moti piani irrotazionali di uidi perfetti incomprimibili
Il caso di gran lunga pi` u interessante nellambito dellequazione (20.3) `e quello irrotazio-
nale. Dalla posizione = 0 discende il
Teorema 21.1. Se un uido perfetto incomprimibile occupa una regione piana sempli-
cemente connessa, allora il moto `e irrotazionale se e solo se la funzione di corrente `e
armonica.
Lirrotazionalit` a del campo di velocit`a implica inoltre lesistenza di una seconda funzione
scalare , detta potenziale cinetico, tale che
v = grad , ossia u =

x
, v =

y
.
55
Pertanto, per le (20.2), si hanno le seguenti relazioni fra e :
(21.1)

x
=

y
,

y
=

x
.
Notiamo innanzitutto che si ha

x
2
+

2

y
2
= div grad = div v = 0
e che dunque anche `e armonica. Inoltre, supponiamo di avere un uido perfetto che
occupa una regione piana semplicemente connessa . Supponiamo per semplicit` a che il
bordo sia rigido. Allora il problema di determinare il campo di velocit` a si trasforma in
uno dei due problemi
= 0,
|
= 0, = 0,

n|
= 0.
Infatti in entrambi i casi deve valere la condizione al bordo v n = 0, e dunque `e una
linea di corrente, per cui deve essere costante (per esempio nulla), mentre nel secondo
caso si ha proprio grad n = /n.
Inne, le linee su cui `e costante si chiamano, come `e noto, linee equipotenziali. Esse
hanno la propriet`a di essere in ogni punto perpendicolari alle linee di corrente. Infatti
grad grad = (ue
1
+ve
2
) (ve
1
+ue
2
) = 0.
Riprendiamo le (21.1) introducendo la variabile complessa z = x+iy. Allora le equazioni
ottenute sono le note condizioni di Cauchy-Riemann per la derivabilit` a in senso complesso
della funzione
f(z) = (x, y) +i(x, y).
Da ci` o discende che, assegnata una funzione olomorfa, cio`e derivabile, di variabile comples-
sa, e calcolatane la parte reale ed immaginaria quali funzioni R
2
R, esse sono rispetti-
vamente il potenziale cinetico e la funzione di corrente di un moto piano irrotazionale di
un uido perfetto. Dalle condizioni
(x, y) = C, (x, y) = C
si ricavano al variare di C le equazioni di tutte le linee equipotenziali e di corrente. Il campo
di velocit` a `e immediatamente calcolabile dalle (9.1) o dalle (7.3), mentre la pressione si
ricava dalla legge di Bernoulli
p(x, y) p
0
=

2
[v[
2
=

2
[f

(z)[
2
.
Va detto che questo metodo non si applica con successo al caso di problemi in un dominio,
ne al caso in cui la funzione f sia incognita. Tuttavia alcuni semplici casi particolari
permettono di farsi unidea di ci` o che accade con certe famiglie di funzioni, e una loro
opportuna combinazione pu`o rappresentare, almeno in prima approssimazione, un moto
voluto.
Nel seguito analizziamo alcuni casi di moti provenienti da semplici funzioni olomorfe.
a) f(z) = az +b (a, b C). Abbiamo
f(z) = ( +i)(x +iy) + ( +i) = (x y +) +i(y x +),
56
per cui linee equipotenziali e di corrente sono rette, come del resto era evidente dal fatto
che f

(z) = a.
b) f(z) = C log z (C R). Posto z = e
i
, [0, 2[, abbiamo
f(z) = log +i =
1
2
log(x
2
+y
2
) +i arctg
y
x
per cui
(x, y) =
C
2
log(x
2
+y
2
), (x, y) = C arctg
y
x
.
Dunque le linee di corrente sono rette (y = kx o x = 0) passanti per lorigine e le linee
equipotenziali delle circonferenze di centro lorigine.
Osserviamo che questo esempio non rientra a rigore nella nostra teoria, in quanto la
funzione log z non `e derivabile in z = 0, e dunque il moto non avviene in un dominio
semplicemente connesso. In realt` a il trucco sta nella denizione di logaritmo nel campo
complesso, e in particolare nellangolo . Come si pu` o vedere, non varia sempre in modo
continuo: esso pu` o subire un salto attraversando il semiasse reale positivo. Dunque anche
la funzione pu` o essere discontinua. Si pu` o dimostrare, comunque, che le propriet` a di
continuano ad essere valide quando si cosiderano linee che non attraversano il semiasse
reale positivo.
c) f(z) = ilog z, R. Come nel caso precedente, avremo
f(z) = ilog
per cui le linee sono le stesse dellesempio precedente, ma scambiate.
d) f(z) = log z, ( C). Abbiamo
f(z) = ( +i)(log +i) = (log ) +i( log +)
da cui
(x, y) =

2
log(x
2
+y
2
) arctg
y
x
, (x, y) =

2
log(x
2
+y
2
) +arctg
y
x
;
le linee di corrente sono spirali di Archimede di equazione polare
= e

,
mentre le linee di corrente sono pure spirali di Archimede, ma di equazione
= e

.
e) f(z) = 1/z. Si ricava immediatamente
(x, y) =
x
x
2
+y
2
, (x, y) =
y
x
2
+y
2
da cui segue che le linee di corrente sono circonferenze tangenti nellorigine allasse x,
mentre le linee equipotenziali sono circonferenze tangenti nellorigine allasse y.
57
f) f(z) = z
2
. Avremo
f(z) = (x +iy)
2
= x
2
y
2
+ 2ixy
per cui tanto le linee equipotenziali che quelle di corrente sono iperboli equilatere con centro
nellorigine.
g) f(z) = z +
R
2
z
, (R R). Si ha
f(z) = x +iy +R
2
x iy
x
2
+y
2
=
_
x +
R
2
x
x
2
+y
2
_
+i
_
y
R
2
y
x
2
+y
2
_
.
In particolare, le linee di corrente sono delle curve di terzo ordine di equazione
y R
2
y
x
2
+y
2
= C.
Senza entrare nei dettagli dello studio (si pu`o ricavare x), osserviamo che lontano dallori-
gine prevale il termine y = C, che pure `e lasintoto orizzontale di ciascuna curva. Inne,
per C = 0, si ottiene il prodotto dellasse x per la circonferenza x
2
+y
2
= R
2
.
Esso rappresenta il usso attorno ad un ostacolo circolare; notiamo che esso `e simmetrico
rispetto allasse y, in netto contrasto con quanto avviene nella realt` a.
Talvolta `e opportuno, anziche studiare la funzione f, studiare la sua inversa f
1
. Posto
allora per comodit` a w = +i e g = f
1
, avremo
z = g(w) ossia x +iy = g( +i).
Separando parte reale e immaginaria di g troveremo
x = h
1
(, )
y = h
2
(, )
con h
1
, h
2
opportune funzioni. Quindi, ponendo = C, = t, otterremo per ogni C
lequazione della linea equipotenziale in forma parametrica e, viceversa, posto = t, = C,
le linee di corrente. Vediamo un esempio.
z = C cosh w (C R). Risulta
cosh w =
e
w
+e
w
2
=
1
2
[e

(cos +i sen ) +e

(cos i sen )]
per cui si ottiene facilmente
x = C cosh cos
y = C senh sen .
Se `e costante, si ottiene
x
2
C
2
cos
2


y
2
C
2
sen
2

= 1,
cio`e una famiglia di iperboli confocali di fuochi (C, 0), mentre se `e costante,
x
2
C
2
cosh
2

+
y
2
C
2
senh
2

= 1,
che `e una famiglia di ellissi confocali, con gli stessi fuochi delle iperboli. Questo moto
rappresenta il passaggio di un uido attraverso una fenditura.
58
Notiamo inne che se = 0 si ottiene il segmento [C, C], mentre se = 0 e = si
ottengono rispettivamente le semirette [C, +[ e ] , C].
22. Onde di supercie nei uidi incomprimibili
Risulta talvolta pi` u conveniente modicare il sistema di equazioni originario, sulla base
di convenienti ipotesi siche, sostituendolo con uno pi` u semplice (per esempio, lineare).
`
E chiaro che a questo punto le soluzioni trovate non soddisferanno tutte le leggi di con-
servazione della Meccanica dei continui, per cui sar` a la loro rispondenza con la realt`a a
giusticare a posteriori le approssimazioni eseguite.
Un problema di estremo interesse in uidodinamica `e quello delle onde di supercie dei
uidi. Esso `e un esempio di problema con frontiera libera: questo signica che il do-
minio su cui le equazioni vanno risolte `e a sua volta unincognita del problema. Problemi
di questo genere sono di solito analiticamente molto dicili. Noi aronteremo due casi
particolarmente semplici, ma signicativi: le cosiddette onde di acqua bassa o di canale o
di Airy e le onde di acqua alta o trocoidali o di Gerstner. Esse corrispondono a due diver-
se approssimazioni dellequazione di Eulero. Nelle prime viene trascurata laccelerazione
verticale (in quanto si suppone di avere a che fare con onde lente, come quelle in un
canale), mentre nelle seconde viene trascurato il termine [v[
2
/2 nellequazione di Bernoulli
(in quanto si modellizzano onde di lunghezza piccola, come quelle che si trovano in mare
aperto). Oltre alle due indicate, verranno fatte altre approssimazioni, che indicheremo man
mano che si presenteranno.
Iniziamo dalle onde di acqua bassa. Le equazioni di partenza sono quelle di Eulero,
nelle quali poniamo classicamente v = ue
1
+ ve
2
+ we
3
. Supporremo per semplicit` a il
moto unidimensionale, ossia che v = 0 e che tutte le quantit`a siano indipendenti da y.
Supporremo che il uido occupi una regione illimitata nella direzione x e contenuta nel
semipiano z h. Il numero h `e la profondit` a del uido in condizioni imperturbate (la
profondit` a del canale).
Inne, la condizione di scivolamento v n = 0 sulle pareti del dominio si traduce
nellequazione
w(x, t, h) = 0.
La prima approssimazione riguarda, come si `e detto, la componente verticale dellequa-
zione di Eulero:
dw
dt
=
1

0
p
z
g
in cui supporremo nulla laccelerazione dw/dt. Pertanto avremo
p(x, z, t) =
0
(gz +C(x, t))
con C(x, t) funzione da determinarsi.
Facciamo ora lipotesi che la supercie libera sia descritta da una funzione z = (x, t),
dove `e la dierenza fra la quota attuale e quella imperturbata (supposta nulla). Dovendosi
avere p = p
atm
sulla supercie libera, dalla precedente relazione segue facilmente
(22.1) p(x, z, t) = p
atm
+
0
g((x, t) z).
59
Consideriamo ora la componente x dellequazione di Eulero, che per la (22.1) diviene
(22.2)
du
dt
=
u
t
+u
u
x
+w
u
z
=
1

0
p
x
= g

x
.
Supponiamo poi di cercare una soluzione u indipendente da z:
u
z
= 0.
A questo punto interviene la seconda approssimazione. Trascuriamo nella precedente
equazione il termine non lineare u u/x e supponiamo pertanto valida lequazione
(22.3)
u
t
= g

x
.
Consideriamo ora lequazione di continuit`a
u
x
+
w
z
= 0.
Essendo u (e quindi u/x) indipendente da z, dalla precedente relazione, integrando fra
h e z, si trova
(22.4) w =
_
z
h

u
x
dz =
u
x
(z +h) +g(x, t) = 0.
Dalla condizione di scivolamento segue poi g(x, t) = 0.
Per le ipotesi fatte, lequazione della supercie libera `e
f(x, z, t) = z (x, t) = 0
per cui dalla condizione cinematica df/dt = 0 si trova

t
u

x
+w = 0
ossia, grazie alla (22.4),

t
+

x
(u) +h
u
x
= 0
da cui segue facilmente, essendo h costante,

t
+

x
[( +h)u] = 0.
A questo punto eettuiamo la terza approssimazione. Supponiamo che sia trascurabile
rispetto ad h nella precedente relazione, il che equivale a supporre ampiezze non troppo
grandi rispetto alla profondit` a. Dunque si ottiene lequazione

t
+h
u
x
= 0.
A questo punto abbiamo ottenuto il sistema per le due incognite u,
_

_
u
t
+g

x
= 0

t
+h
u
x
= 0
60
che permette di trovare unequazione per una qualsiasi delle due incognite. Se le funzioni
u, sono di classe C
2
, allora, derivando la prima rispetto a x, la seconda rispetto a t e
applicando il teorema di Schwarz, si giunge a
(22.5)

2

t
2
gh

x
2
= 0
che `e la nota equazione di DAlembert o delle onde. Derivando nellordine inverso si vede
che la stessa equazione vale per u, mentre dalla (22.1) si trova subito che vale anche per p.
Essa non vale invece per w, in quanto, come si `e detto, abbiamo trascurato laccelerazione
verticale.
`
E noto dallAnalisi che tutte e sole le soluzioni regolari dellequazione (22.5) sono del
tipo
= f(x ct) +g(x +ct), dove c =
_
gh,
che rappresentano onde propagantesi nei due versi dellasse x con velocit`a

gh.
Per arontare il caso delle onde di acqua alta, ricordiamo la legge di Bernoulli per moti
irrotazionali e uidi perfetti incomprimibili
[v[
2
2
+

t
+
p

0
+gz = C(t).
In questo caso si suppone valida la relazione

t
+
p

0
+gz = C(t)
derivata dalla precedente trascurando il quadrato della velocit` a. Anche qui tratteremo il
caso unidimensionale.
Poiche il moto `e supposto irrotazionale, il valore della funzione C(t) `e lo stesso in tutto
il uido; inoltre, essendo il uido incomprimibile, non pu` o aversi > h per ogni x. Dunque
per ogni t esiste almeno un punto P di ascissa x(t) in cui (x(t), t) = 0. Calcolando la
costante su questo punto e su un punto generico della supercie libera, troviamo (ricordando
che p = p
atm
)
g +

t
(x, (x, t), t) =
d
dt
(x(t), 0, t)
ossia
g(x, t) +
d
t
[(x, , t) (x(t), 0, t)] = 0.
A questo punto, ricordando che `e denita a meno di una funzione arbitraria del tempo,
essendo il moto non stazionario, possiamo porre
(x, z, t) = (x, z, t) (x(t), 0, t)
per cui si giunge allequazione
(x, t) =
1
g

t
(x, (x, t), t).
Nel seguito ometteremo la tilde e scriveremo la precedente relazione nella forma
(22.6) =
1
g

z=(x,y)
.
61
Come nel caso delle onde dacqua bassa, la condizione cinematica della supercie libera
diventa

t
+u

x
w = 0,
che approssimiamo trascurando il termine u/x. Dunque avremo la relazione (valida
sulla supercie libera, ossia per z = (x, t),)
(22.7)

t
= w =

z
.
Derivando la (22.6) rispetto a t, supposto derivabile, troviamo, combinando con la (22.7),
(22.8)
_

t
2
+g

z
_
|z=(x,y)
= 0.
La precedente equazione vale sui punti della supercie libera. Per ottenere lequazione
valida allinterno del uido usiamo lequazione di continuit` a che fornisce
(22.9) div grad = 0 ossia

2

x
2
+

2

z
2
= 0.
Inne, occorre una condizione sul bordo inferiore del dominio, cio`e sul fondo. Qui ci sono
due possibilit` a: o il fondo si trova ad una profondit`a nita z = h o a profondit` a innita.
Nel primo caso imponiamo
(22.10) v n = 0 cio`e

z |z=h
= 0
mentre nel secondo
(22.11) lim
z
v = 0.
`
E immediato constatare che il problema (22.8)(22.10/22.11) `e lineare ed omogeneo.
Sebbene il problema posto sopra non conduca allequazione delle onde (22.5), le sue
soluzioni sono ugualmente di tipo ondulatorio. Infatti cerchiamo una soluzione particolare
del problema delle onde di acqua alta della forma
(x, z, t) = (z) cos m(x ct)
con m N e c > 0 `e da determinarsi. Derivando si trova subito dallequazione (22.9)
[

(z) m
2
(z)] cos m(x ct) = 0.
Poiche questa relazione deve valere per ogni x, z, t, dovr` a essere

(z) m
2
(z) = 0
da cui segue
(z) = Ae
mz
+Be
mz
cio`e
(22.12) (x, z, t) = (Ae
mz
+Be
mz
) cos m(x ct).
Arontiamo prima il caso (22.10). Derivando rispetto a z e sostituendo si trova
(Ae
mh
Be
mh
) cos m(x ct) = 0
62
ossia
Ae
mh
= Be
mh
=
1
2
C.
Perci` o la forma nale di `e
(x, z, t) = C cosh m(z +h) cos m(x ct)
nella quale la costante C non pu`o essere determinata, in quanto il problema `e omogeneo.
Resta ora da vericare la condizione (22.8) sulla supercie libera. Derivando la relazione
precedente e ponendo z = (x, t) otteniamo
mC cos m(x ct)[mc
2
cosh m((x, t) +h) g senh m((x, t) +h)] = 0.
Supponendo, analogamente a quanto fatto nel problema delle onde di acqua bassa, di
trascurare lespressione di nel termine +h otteniamo la relazione
(22.13) c
2
=
g
m
tanh mh.
Questa formula risolve il problema, in quanto determina la velocit` a dellonda corrispon-
dente al valore m. Ci`o implica due cose: primo, che onde di frequenza diversa si muovono
con velocit` a diverse, e, secondo, che questo problema non `e equivalente al problema (22.5),
perche in quel caso tutte le onde si muovono con la stessa velocit`a

gh. Una simile rela-


zione `e detta relazione di dispersione, per analogia con quanto avviene in Ottica. Questa
relazione pu`o essere messa anche evidenziando la lunghezza donda = 2/m, e diviene
c
2
=
g
2
tanh
2h

.
Dalla (22.6), tenendo conto che abbiamo posto +h uguale a h, si trova
(x, t) = C
mc
g
cosh mhsen m(x ct) = C
_
m
2g
senh 2mhsen m(x ct).
Veniamo ora al caso (22.11), ossia richiediamo che la velocit` a tenda a zero per z .
Dallespressione (22.12) non pu` o che essere B = 0, altrimenti la velocit` a crescerebbe
esponenzialmente con la profondit` a. Dunque stavolta
= Ae
mz
cos m(x ct).
Inserendo questo risultato nella (22.8) troviamo
mA[mc
2
+g]e
m(x,t)
cos m(x ct) = 0
da cui segue
c
2
=
g
m
=
g
2
che risolve il secondo caso.
Tenendo conto che
lim
x+
tanh x = 1
troviamo dalla (22.13) che il risultato per profondit` a innita si trova anche passando al
limite nella relazione di dispersione, mentre dalla relazione
lim
x0
tanh x
x
= 1
63
segue che se h `e piccolo si ritrova
c
2
= gh
cio`e il caso delle onde di acqua bassa.
23. Fluidodinamica dei uidi comprimibili
In questo paragrafo arontiamo alcune questioni legate alla dinamica dei uidi perfetti
comprimibili. Va subito detto che, salvo limportante caso in cui valga la legge delle
adiabatiche
p =

, ( > 1)
non si pu` o trascurare di considerare la temperatura nelle variabili termodinamiche.
In questo ambito `e sperimentalmente mostrato che, su un intervallo di temperature
abbastanza ampio, vale la legge costitutiva
= c
v

dove c
v
`e il cosiddetto calore specico a volume costante, che supporremo costante e positivo.
In un sistema termodinamico, poi, vi `e in genere una scelta abbastanza ampia di variabili
dalle quali far dipendere le quantit`a siche. Per un gas perfetto, risulta molto conveniente
usare lentropia specica come variabile di stato.
Si pu` o poi dimostrare che, espressa in termini di entropia, lequazione di stato dei gas
perfetti assume la forma
p = exp(/c
v
)

= f()
dove = 1 +R/c
v
e R `e la costante universale dei gas perfetti.
Inoltre, come vedremo, assume grande importanza in queste applicazioni la quantit`a
c
2
=
p

= exp(/c
v
)
1
=
p

la cui radice quadrata si chiama velocit`a locale del suono, per motivi che saranno chiari fra
poco.
Vogliamo ora scrivere lequazione del movimento di un uido perfetto comprimibile in
condizioni adiabatiche nel caso unidimensionale. Poniamo quindi v(x, y, z, t) = u(x, t)e
1
e
supponiamo e p dipendenti solo da x e t. Allora lequazione di continuit`a si scrive

t
+u

x
+
u
x
= 0,
mentre la componente x dellequazione di Eulero si scrive

u
t
+u
u
x
=
p
x
= c
2

x
.
Accanto a queste equazioni bisogna aggiungere la condizione
(23.1) p =

.
Questo sistema `e noto col nome di p-sistema, e una teoria soddisfacente per le sue
soluzioni non `e stata ancora trovata.
`
E possibile per` o semplicare il problema approssimando lequazione (23.1) come segue.
Consideriamo la situazione statica; allora u = 0 e conseguentemente p `e costante; dunque
64
anche sar` a costante. Siano allora p
0
,
0
i due valori di equilibrio. Sostituiamo alla (23.1)
lequazione linearizzata
p p
0
=
p
0

0
(
0
) := c
2
0
(
0
)
e poniamo anche
= p p
0
, s = (
0
)/
0
,
col che
(23.2)
p
x
=

x
= c
2
0

0
s
x
,
p
t
=

t
= c
2
0

0
s
t
,

t
=
0
s
t
,

x
=
0
s
x
e la seconda equazione diventa
u
t
+u
u
x
=
c
2
0
1 +s
s
x
.
Per quanto riguarda la prima, avremo invece, essendo =
0
(1 +s),
s
t
+u
s
x
+ (1 +s)
u
x
= 0.
Ora trascuriamo nelle due precedenti equazioni i termini
u
u
x
, u
s
x
, s
u
x
e trascuriamo anche s rispetto a 1 nella prima. Otteniamo
_

_
s
t
+
u
x
= 0
u
t
+c
2
0
s
x
= 0.
Derivando la prima equazione rispetto a x e la seconda rispetto a t segue subito lequazione
delle onde

2
u
t
2
c
2
0

2
u
x
2
= 0
(e analogamente per s) che si propagano con velocit` a c
0
. Dalle relazioni (23.2) si trova
facilmente

2
p
t
2
c
2
0

2
p
x
2
= 0
che spiega il nome di velocit`a del suono dato alla costante c
0
.
Nel caso generale, la velocit` a del suono non `e costante, ma varia da posto a posto e
persino da soluzione a soluzione.
Concludiamo con un breve esame di un modello semplicato ma non linearizzato. Sup-
porremo il uido barotropico, il moto stazionario ed isoentropico. Il sistema di equazioni
`e
_

_
(grad v)v =
1

grad p
div(v) = 0
p =

.
65
Derivando lequazione di stato si trova
grad p = c
2
grad
e moltiplicando scalarmente per v la prima equazione si giunge a
c
2
v

grad = v (grad v)v.


Dallequazione di continuit` a si trae poi
v grad = div v
per cui sostituendo si ottiene lequazione
c
2
div v v (grad v)v = 0.
Questa equazione, benche sembri contenere solo v, contiene in realt`a anche nel termine
c
2
.
24. Fluidi viscosi
Quando si vuol tener conto di eetti di attrito in un uido, la modellizzazione fornita
dal uido perfetto non `e pi` u corretta. In questi casi si sceglie allora di modicare la legge
costitutiva del tensore degli sforzi in modo da tener conto della viscosit` a.
In Meccanica del punto materiale la situazione tipica in questo senso `e quella di un punto
soggetto a una forza di tipo viscoso
F = kv
dove v `e la velocit` a del punto. Se vogliamo intuire da questa relazione quale potrebbe essere
lequazione costitutiva di un uido viscoso, per` o, non possiamo legare lo sforzo specico alla
velocit` a assoluta dei punti: infatti ci aspettiamo che un uido viscoso che si muove come
un corpo rigido non senta eetti viscosi, perche in un opportuno sistema di riferimento esso
sarebbe in quiete. Dobbiamo invece legare lo sforzo alla dierenza di velocit`a rispetto ai
punti vicini, ossia al gradiente di velocit`a.
Inoltre, ci aspettiamo altre due caratteristiche: primo, che la descrizione costitutiva del
uido non dipenda esplicitamente dalla posizione x, come gi` a accadeva per i uidi perfetti
(il che non vuol dire che la pressione sia indipendente da x, ma solo che x non compare
esplicitamente nella legge T = p I); secondo, che in condizioni statiche, come gi` a detto,
non vi sia dierenza fra un uido viscoso e un uido perfetto (almeno dal punto di vista
costitutivo: le condizioni al contorno possono essere a riguardo ben diverse).
Tutto questo si pu`o riassumere matematicamente nellequazione
T = p I +t(D)
dove la funzione tensoriale t `e tale che t(0) = 0.
I princ`pi suesposti, detti princ`pi di Stokes, hanno carattere generale. Possiamo aggiun-
gere a questi due ulteriori richieste dettate dalla situazione.
La prima `e che il uido sia isotropo. Questo si dice sinteticamente aermando che
il materiale si comporta nello stesso modo in tutte le direzioni. Una denizione pi` u
matematica `e che la funzione t obbedisca alla seguente denizione.
66
Denizione 24.1. Sia A Lin(V ) un aperto. Una funzione t : A Lin(V ) `e detta
isotropa se per ogni trasformazione ortogonale Q si ha
t(QAQ
T
) = Qt(A)Q
T
.
Lidea di questa denizione `e che la funzione t commuti con loperatore di coniugio
A QAQ
T
che fa vedere A in un sistema di riferimento ruotato di Q.
Va sottolineato che lipotesi di isotropia non va confusa con lomogeneit`a, che `e invece
una propriet` a della densit` a, ne si deve pensare che sia dettata dalla Fisica. Infatti esistono
numerosi casi di uidi, ad esempio quelli straticati, che non sono isotropi, e per i quali
non si deve formulare lipotesi di isotropia.
La seconda richiesta che si pu` o fare `e che la funzione t sia lineare. Quando si `e in
presenza di questa situazione si dice che il uido viscoso `e newtoniano. Inne, siccome
T +pI `e simmetrico, anche t deve essere a valori in Sym.
Vale ora il seguente
Teorema 24.2 (di rappresentazione delle funzioni isotrope lineari). Ogni funzione
lineare t : Sym Sym isotropa e nulla in 0 `e della forma
t(D) = tr(D)I +D,
dove , R.
Siamo giunti pertanto alla
Denizione 24.3. Un uido viscoso newtoniano `e un uido per il quale vale la legge
costitutiva
T = pI +tr(D)I + 2D
con , R.
I coecienti e si chiamano coecienti di Lame.
Vediamo ora quali conseguenze ha questa legge sullequazione di bilancio della quantit` a
di moto. Abbiamo, supponendo , costanti
div T = grad p +div(tr(D)I) + 2div D.
Ora
div(tr(D)I) = grad tr D = grad div v
mentre per il secondo termine ci avvaliamo delle identit`a
div(grad v) = v, div(grad v
T
) = grad div v
per cui
2div D = div(grad v + grad v
T
) = v +grad div v
e quindi
div T = grad p + ( +) grad div v +v.
Pertanto abbiamo che lequazione di bilancio della quantit` a di moto assume la forma

dv
dt
= b grad p + ( +) grad div v +v
che viene detta equazione di Navier-Stokes e rappresenta il corrispondente dellequazione
di Eulero per i uidi viscosi newtoniani. Accanto a questa va considerata lequazione di
67
continuit`a e, se non si vuole introdurre lequazione di bilancio dellenergia, una relazione
fra p e .
Di particolare interesse `e il caso incomprimibile, per il quale le due equazioni sopra dette
si riducono a
_
_
_
div v = 0
dv
dt
= b
1

0
grad p +v
dove
0
`e la densit`a e = /
0
`e la cosiddetta viscosit`a cinematica.
Il primo e forse pi` u importante esempio di soluzione esatta delle equazioni di Navier-
Stokes riguarda il moto fa due piani paralleli orizzontali. Supponiamo di avere due piani
orizzontali paralleli in movimento con velocit` a costanti e che un uido viscoso occupi la
striscia di spessore h compresa fra essi. Mettendosi in un sistema di riferimento in cui il
piano inferiore `e in quiete, possiamo scegliere come asse x quello della direzione del moto
del piano, e supporre il problema unidimensionale. Supporremo anche il moto stazionario
e porremo v(x, z) = u(x, z)e
1
+ w(x, z)e
3
. Inne assumeremo come forza esterna la forza
peso b = ge
3
.
Lipotesi fondamentale `e quella di cercare una soluzione in cui si abbia w = 0 (il
cosiddetto moto laminare). Inoltre assegneremo le seguenti condizioni al contorno:
u(0) = 0, u(h) = u.
Fatte queste posizioni, il sistema (1.1) diviene
_

_
u
x
= 0
u
u
x
=
1

0
p
x
+

0
_

2
u
x
2
+

2
u
z
2
_
0 = g
1

0
p
z
.
Dalla terza equazione si trova subito
p(x, z) =
0
gz +f(x)
dove f `e una funzione di classe C
1
da determinarsi. Tenuto conto della prima equazione,
si vede che u `e funzione della sola z e che la seconda relazione diviene

2
u
z
2
=
p
x
= f

(x);
essendo ora u funzione della sola z si deve avere f

(x) = C R, mediante la quale,


integrando la (3), si giunge a
u(z) =
C

z
2
2
+az +b,
dove a e b sono costanti di integrazione. Si vede quindi che per avere una soluzione univoca
si deve assegnare, oltre alle condizioni al contorno, anche il gradiente di pressione C (che
fa un po da condizione allinnito). Imponendo ora le condizioni (1) si trova subito
b = 0, a =
1
h
_
u
Ch
2
2
_
68
per cui la soluzione nale `e
u(z) =
C

z
2
2
+
1
h
_
u
C

h
2
2
_
z.
Studiamo brevemente questa soluzione al variare di C e u. Innanzitutto i proli delle
velocit` a sono degli archi di parabola se C ,= 0 e delle rette se C = 0, passanti per lorigine
del piano Oxz. La concavit` a della parabola `e determinata dal gradiente di pressione C,
mentre la velocit`a u del piano inuenza la quota del vertice, in cui u `e massima in modulo.
Imponendo che detta quota si trovi allinterno della striscia, troviamo facilmente che se
[u[ <
Ch
2
2
allora esiste una quota z strettamente compresa fra 0 e h tale che u(z) = 0. Ne segue che in
questo caso esistono parti di uido che si muovono in direzione opposta: vicino alla parete
seguono il movimento di questultima, e lontano da essa seguono il gradiente di pressione.
Di particolare fama sono i casi u = 0, per cui si ha
u(z) =
C
2
(hz z
2
)
che `e detto moto di Poiseuille piano e il caso C = 0, per cui la parabola degenera in una
retta e si ha
u(z) =
U
h
z,
che viene detto moto di Couette piano.
Generalizziamo il moto di Poiseuille al caso di un tubo cilindrico di sezione costante
. Supponendo lasse del tubo orientato secondo lasse x, cerchiamo per la velocit`a una
soluzione della forma
v = u(x, y, z)e
1
.
Poiche dallequazione di continuit`a si trae u/x = 0, sar`a in realt`a
v = u(y, z)e
1
.
Si ha ora (AnV, 7.1)
grad v = grad(ue
1
) = e
1
grad u
per cui
(grad u)u = (e
1
grad u)ue
1
= (e
1
grad u)ue
1
=
_
e
1

_
u
y
e
2
+
u
z
e
3
__
ue
1
= 0.
Pertanto lintero sistema delle equazioni si riduce (supponendo assenza di forze esterne) a
_

_
u
p
x
= 0
p
y
= 0
p
z
= 0.
69
Dalle ultime due equazioni si ricava che p pu` o essere al pi` u funzione di x, ma essendo u
funzione di y e z si trae che
p
x
= C
ossia che
p(x) = Cx +A
dove A `e una costante di integrazione inessenziale, e che u deve vericare lequazione
u =
C

Imponendo che u debba essere nulla su , si ottiene un problema di Poisson piano


(particolarmente semplice) con condizioni al bordo di Dirichlet.
Applichiamo i risultati del numero precedente al caso di un tubo di sezione circolare di
raggio R. Supponendo il moto a simmetria radiale e usando lespressione del laplaciano in
coordinate polari, troviamo
_
_
_
1
r
d
dr
_
r
du
dr
_
=
C

u(R) = 0.
Integrando due volte otteniamo facilmente
u(r) =
C
4
r
2
+a log r +b
e dovendo essere u limitata in 0 si ricava a = 0e successivamente, usando la condizione al
contorno u(R) = 0,
u(r) =
C
4
(R
2
r
2
)
anchesso detto moto di Poiseuille. La scelta di soluzioni radialmente simmetriche non `e
restrittiva, in quanto si dimostra che il problema dato ammette soluzione unica.
Integrando lespressione del usso della velocit` a sulla sezione si trova lespressione della
portata del tubo,
Q =
_
R
0
u(r)2r dr =
C
8
R
4
.
Unultima applicazione di tipo non stazionario `e quella nella quale un uido viscoso
incomprimibile occupa un semispazio, per esempio x 0, soggetto al proprio peso e sia
invece aderente al piano x = 0 che si muove di moto armonico con pulsazione .
Non `e restrittivo porre lasse y nella direzione delloscillazione, per cui se si cerca una
soluzione della forma
v(x, t) = v(x, t)e
2
si trova che
v
t
=
v
t
e
2
, (grad v)v = (e
2
grad v)v = v(e
2
grad v)e
2
= 0
70
in quanto grad v ha solo componente lungo e
1
. Pertanto il sistema di Navier-Stokes diviene
p
x
= 0

0
v
t
=
p
y
+

2
v
x
2
p
z
=
0
g
Richiediamo inne che v sia limitata per x +.
Dalla prima e dalla terza equazione segue subito
p(y, z, t) =
0
gz +f(y, t)
e sostituendo nella seconda

0
v
t

2
v
x
2
=
f
y
,
che implica, dato che il primo membro non dipende da y, che f/y =
0
C(t), e dunque
che
p(y, z, t) =
0
gz +
0
C(t)y +K(t).
La funzione K `e inessenziale, mentre la funzione
0
C rappresenta il gradiente di pressione
allinnito. Giungiamo quindi allequazione unidimensionale del calore
(24.1)
v
t


2
v
x
2
= C(t).
Accanto a questa equazione va aggiunta la condizione di aderenza alla parete x = 0
v(0, t) = Acos(t).
Nel caso particolare C(t) = 0, possiamo cercare delle soluzioni ondulatorie della (24.1) del
tipo
(24.2) v(x, t) = Re (Ae
i(kxt)
)
con k da determinarsi. La condizione di aderenza alla parete `e soddisfatta, per cui,
derivando e sostituendo troviamo
(Ae
i(kxt)
)(i k
2
) = 0
da cui
k =
_
i

=
_

2
(1 +i).
Sostituendo questo risultato nella (24.2) giungiamo alla soluzione
v(x, t) = Ae
x
cos(x t)
dove abbiamo posto =
_
(/2). Ora, se vogliamo una soluzione limitata per x ,
dobbiamo secgliere il segno meno nellesponente della precedente equazione e troviamo la
soluzione nale
v(x, t) = Ae
x
cos(x t)
Questa soluzione rappresenta unonda che si smorza allontanandosi dal piano x = 0.
71
25. Elasticit`a
Quando si ha a che fare con problemi di elasticit` a, la scelta pi` u abituale consiste nel
trattare le quantit` a coinvolte dal punto di vista lagrangiano. Pertanto la prima cosa da
fare `e trovare lespressione lagrangiana del tensore degli sforzi di Cauchy.
Proposizione 25.1. Siano M B
0
un sottoinsieme normalizzato e di perimetro nito e
sia V lespressione lagrangiana di un campo di velocit`a virtuale su M
0
. Allora lespressione
lagrangiana di una potenza di primo gradiente `e
P(M, V ) =
_
M
(F V +B :

F)dL
n
.
Dimostrazione. Esprimendo la potenza in forma lagrangiana abbiamo
P(M, V ) =
_
M
(F V +B : grad
X
V )dL
n
.
Ora per`o
V =
t
(X)
per cui
grad
X
V = grad
X

t
(X) =
d
dt
grad
X

t
(X) =

F
da cui la tesi.
In maniera analoga a quanto fatto nel teorema (11.6), avremo che la forma lagrnagiana
della potenza degli sforzi interni `e
P
(i)
(M, V ) =
_
M
S :

FdL
n
dove il tensore S viene detto tensore di Piola-Kirchho. Vediamo ora il legame tra il tensore
di Cauchy e il tensore di Piola-Kirchho.
Proposizione 25.2. Il tensore di Piola-Kirchho `e legato al tensore di Cauchy dalla
relazione
S = JTF
T
.
Dimostrazione. Abbiamo innanzitutto per la simmetria di T
P
(i)
(M, V ) =
_
M
T : DdL
n
=
_
M
T : grad v.
Ponendo M
0
=
1
t
(M) troviamo
P
(i)
(M, V ) =
_
M
0
JT : grad v dL
n
Ora abbiamo dalla (8.1)

F = (grad v)F
per cui
P
(i)
(M
0
, V ) =
_
M
0
JT :

FF
1
dL
n
=
_
M
0
JTF
T
:

FdL
n
da cui la tesi.
72
Osserviamo che il tensore S non `e simmetrico. Per` o, siccome T `e simmetrico, avremo
(25.1) SF
T
= JT = JT
T
= FS
T
.
Dallespressione della potenza degli sforzi interni e dal principio delle potenze virtuali
possiamo ora ricavare la forma lagrangiana dellequazione di bilancio della quantit`a di
moto.
Teorema 25.3. Condizione necessaria e suciente anche valga il principio delle potenze
virtuali `e che
(25.2)
div S +
0
B =
0
A su M
SN = s su

M.
dove per ogni M B
0
, dove N `e la normale esterna a

M e
0
`e la densit`a.
Dimostrazione. Basta osservare che grad
X
V =

F e ripetere la dimostrazione del teorema
(11.10).
Osserviamo che, nella congurazione lagrangiana, non vi `e necessit` a di esprimere le-
quazione di continuit`a. Chiaramente, se si vuole calcolare la densit`a nella congurazione
deformata, si dovr`a ricorrere al teorema (10.5), che fornisce
(x) =
0
(X)/J(X).
Osserviamo anche che, confrontando questa con la forma euleriana dellequazione di
bilancio, vale lidentit` a
_
M
TndH
n1
=
_
M
0
SN dH
n1
.
Il passaggio seguente riguarda lequazione costitutiva. In un materiale elastico, `e naturale
aspettarsi che lo sforzo nella congurazione deformata dipenda non solo dal punto ma anche
dal gradiente di deformazione, che misura la distanza fra i trasformati di punti vicini.
Pertanto assumeremo che T sia funzione di F:
T =

T(F).
Teorema 25.4. Il tensore di Cauchy `e materialmente indierente se e solo se la sua
funzione costitutiva

T verica la relazione
(25.3)

T(F) = Q
T

T(QF)Q.
per ogni trasformazione ortogonale Q e per ogni F.
Dimostrazione. Osserviamo innanzitutto dallequazione (5.2) che
T

(F

) = QT(F)Q
T
.
Ora
F = grad , F

= grad

,
dalla (5.1) abbiamo
F

= grad

= grad(q +Q( X
0
)) = Qgrad = QF.
Pertanto, se si deve avere

T

=

T si avr`a

T(QF) = Q

T(F)Q
T
73
da cui la tesi.
`
E per`o pi` u conveniente introdurre il cosiddetto tensore di Cauchy-Green
C = F
T
F.
Qual `e il signicato di questo tensore? Notiamo innanzitutto che `e simmetrico; infatti
C
T
= F
T
F
T
T
= C.
Siano poi X e Y le posizioni di due punti nella congurazione di riferimento e siano
x =
t
(X) e y =
t
(Y ) quelle dei loro trasformati, e poniamo
d
2
(X, Y ) = |
t
(X)
t
(Y )|
2
= |x y|
2
.
Dalla (3.1) abbiamo, supponendo senza perdita di generalit` a che
t
(O) = 0,
d
2
(X, Y ) = (
t
(X)
t
(Y )) (
t
(X)
t
(Y )) = F(X Y ) F(X Y ) +o(|X Y |) =
= (X Y ) C(X Y ) +o(|X Y |)
Pertanto ci accorgiamo che il tensore C serve per determinare la distanza fra punti
trasformati di punti vicini (nel linguaggio della Geometria Dierenziale, `e il tensore metrico
nella congurazione deformata).
Il tensore di Cauchy-Green `e importante perche `e possibile esprimere il tensore di Cauchy
solo rispetto ad esso.
Proposizione 25.5. Data una legge costitutiva della forma
T =

T(F)
esiste ed `e unica una funzione T(C) tale che

T(F) = FT(C)F
T
.
Dimostrazione. Dal teorema di decomposizione polare sappiamo che esistono una
rotazione R e una deformazione pura U tali che
F = RU.
Prendiamo Q = R
1
= UF
1
nella (25.3), per cui QF = U e

T(F) = Q
T

T(QF)Q = FU
1

T(U)UF
1
per cui, ricordando che
U =

C =

F
T
F,
basta porre
T(C) =

C
1
T(

C)(

C)
1
.
Dalla denizione del tensore di Piola-Kirchho segue allora che anche S sar` a funzione
anchesso di F. Infatti
S = JTF
T
e quindi, ricordando che J
2
= (det F)
2
= det Fdet F
T
= det C,
S = JFT(C)F
T
F
T
=

det CFT(C).
74
Introduciamo allora il secondo tensore di Piola-Kirchho
K = F
1
S
e scopriamo che esso `e funzione del solo tensore di Cauchy-Green C:
K =

K(

C)
e che `e simmetrico; infatti, dalla (25.1) abbiamo
K
T
= S
T
F
T
= F
1
SF
T
F
T
= F
1
S = K.
Lincognita di questo problema `e ovviamente il campo . Tuttavia, in molti casi, si
preferisce esprimere il problema in termini dello spostamento u. Inoltre, come abbiamo
visto, sia nelle equazioni costitutive che nellequazione di bilancio compare solo il termine
F. Siccome F = I + grad u, il problema si pu`o anche esprimere in termini di u.
Inne vediamo quali sono le condizioni al contorno che si assegnano in Elasticit` a. Un
primo caso `e quello in cui si assegna lo spostamento, che molto spesso `e nullo. In questo
caso si sa in cosa vengono trasformati i punti della supercie del corpo (o, come accade
spesso, si sa che sono ssi). Un secondo caso `e quello in cui si conosce lo sforzo al quale
sono soggetti i punti della supercie. Il caso di gran lunga pi` u frequente `e quello in cui
si assegnano gli spostamenti su una parte di bordo e si assegnano gli sforzi sulla restante
parte:
u(X, t) = u
0
X (B)
0
, t I
S(X, t)N(X, t) = s X (B)
1
, t I
(B)
0
(B)
1
= B, (B)
0
(B)
1
= .
Un caso pi` u complicato `e quello in cui si assegnano gli sforzi sulla congurazione defor-
mata, il che `e un problema pi` u dicile in quanto questa congurazione `e incognita. Questa
condizione ricorda la condizione di pelo libero in Fluidodinamica.
Inne, in aggiunta, deve essere assegnato il campo iniziale di spostamento u
0
(X) =
u(X, 0).
Osserviamo che il tensore di Cauchy-Green C si esprime in termini del gradiente di
spostamento con la formula
C = F
T
F = (I + (grad u)
T
)(I + grad u) = I +
_
grad u + grad u
T
_
+ (grad u)
T
grad u.
Riassumendo, il sistema di equazioni dellelasticit`a nita `e
(25.4)
_

_
div S[grad u] +
0
B =
0

2
u
t
2
S = FK(C) = K(C) + grad uK(C)
C = I +
_
grad u + (grad u)
T
_
+ (grad u)
T
grad u
u(X, t) = u
0
X (B)
0
, t I
S(X, t)N(X, t) = s X (B)
1
, t I
(B)
0
(B)
1
= B, (B)
0
(B)
1
= .
u
0
(X) = u(X, 0).
75
Il sistema (25.4) `e molto complesso; un caso un po pi` u semplice `e quello della cosiddetta
iperelasticit`a.
Denizione 25.6. Un corpo si dice iperelastico se esiste una funzione : Lin R tale
che

S(F) =
d(F)
dF
.
La funzione scalare si chiama potenziale elastico.
In componenti, questa relazione si scrive
S
ij
=

F
ij
.
Una importante propriet`a dei materiali iperelastici riguarda la potenza degli sforzi in-
terni. Premettiamo una denizione.
Denizione 25.7. Data una soluzione t X(t) del problema elastico denita in un
intervallo I = [t
1
, t
2
], diremo lavoro degli sforzi interni sul sottocorpo M nellintervallo I
la quantit`a
W(M, I) =
_
t
2
t
1
P
(i)
(M,

X(t)) dt.
Diremo poi processo ciclico su I una qualunque soluzione tale che F(t
1
) = F(t
2
).
Teorema 25.8. In un corpo iperelastico il lavoro degli sforzi interni su un qualunque
sottocorpo in un processo ciclico `e nullo.
Dimostrazione. Abbiamo
P
(i)
(M,

X(t)) =
_
M
S :

FdL
n
=
_
M
d(F)
dF
:

FdL
n
=
d
dt
_
M
(F) dL
n
e quindi
W(M, I) =
_
M
(F(t
1
)) dL
n

_
M
(F(t
2
)) dL
n
= 0.
Si pu`o dimostrare che `e anche vero il viceversa, ossia che se un materiale `e tale che il
lavoro compiuto dagli sforzi interni durante un qualunque processo ciclico su un qualunque
sottocorpo `e nullo, allora il materiale `e iperelastico.
26. Elasticit`a lineare
Vogliamo ora semplicare il sistema (25.4) introducendo lipotesi che si abbiano piccole
deformazioni. Siccome T e S dipendono da F, il fatto che u sia piccolo o grande non ha
alcuna inuenza sugli sforzi, perche quello che conta `e il gradiente di spostamento grad u.
Pertanto supporremo piccolo questo tensore e sostituiremo al tensore di Piola-Kirchho la
sua parte lineare.
Denizione 26.1. Supponiamo che il tensore di Piola-Kirchho sia dato da una legge del
tipo S =

S(F). Chiameremo
C = grad

S(I)
tensore di elasticit` a o tensore elastico. Si tratta di tensore quadruplo, ossia di un elemento
di Lin(Lin(V ), Lin(V )).
76
Siccome F = I +grad u, assumere piccoli gradienti di spostamento equivale a linearizzare
attorno al tensore identico I. In questo modo lespressione del tensore di Piola-Kirchho si
pu` o anche scrivere,
(26.1)

S(F) =

S(I) +C[F I] +o(F I) =

S(I) +C[grad u] +o(grad u).
La quantit` a S
0
=

S(I) si chiama sforzo residuo e rappresenta lo sforzo presente nel corpo
in assenza di gradienti di deformazione. Se questa quantit` a `e nota, lequazione di bilancio
(25.2) diviene
div(S
0
+C[grad u] +o(grad u)) +
0
B =
0
A
che si pu`o scrivere
div(C[grad u] +o(grad u)) +
0

B =
0
A
avendo posto

B = B +
div S
0

0
.
Viene indicato con lo stesso nome anche la quantit` a

S(I).
Qualora lo sforzo residuo non sia noto, il problema della linearizzazione si complica e lo
supporremo sempre nullo.
Vediamo ora alcune propriet` a del tensore di elasticit` a.
Teorema 26.2. Supponiamo che gli sforzi residui siano nulli. Allora valgono i seguenti
fatti:
(1) C = grad

T(I) = grad

K(I);
(2) C[H] Sym(V ) H Lin(V );
(3) C[W] = 0 W Skw(V ).
Dimostrazione. (1) Sappiamo che
S = (det F)TF
T
ossia
SF
T
= (det F)T.
Dierenziando questa relazione in un generico H troviamo

S(F)H
T
+ grad

S(F)[H]F
T
= det Fgrad

T(F)[H] + (grad det F)H

T(F).
Ponendo F = I e ricordando che gli sforzi residui sono nulli segue allora
grad

S(I)[H] = C[H] = grad

T(I)[H]
che prova lasserto. Nel caso di sforzi residui non nulli abbiamo, dalla proposizione (8.1)
anche la formula
grad

T(I)[H] = C[H] +

S(I)H
T
tr H

T(I).
(2) Discende dal fatto che C = grad T e T `e a valori in Sym(V ).
(3) Sia W un tensore antisimmetrico. Denotiamo con Q lunica soluzione del problema
_

Q(t) = WQ
Q(0) = I
77
Allora, dal corollario (8.2) abbiamo
d
dt
(det Q) = det Qtr(

QQ
1
) = det Qtr(W) = 0
e siccome det Q(0) = 1, avremo det Q = 1 per ogni t. Poniamo poi Z = QQ
T
. Abbiamo

Z =

QQ
T
+Q

Q
T
= WQQ
T
+Q(WQ)
T
= WZ ZW
e siccome Z(0) = I, avremo che una soluzione di questo problema `e Z = I. Ma chiaramente
`e anche lunica, e quindi Q `e ortogonale per ogni t. Porremo anche
Q = e
Wt
.
Dallequazione (25.3) con F = I viene
0 = Q(t)

T(I)Q
T
(t) =

T(Q)(t).
Derivando questa relazione rispetto a t troviamo
grad

T(Q(t))[

Q(t)] = 0
e ricordando la denizione di Q e ponendo t = 0 risulta
0 = C[WQ(0)] = C[W]
che `e la tesi.
In questo modo, se decomponiamo il gradiente di spostamento nella sua parte simmetrica
E e nella sua parte antisimmetrica W, abbiamo
(26.2) C[grad u] = C[E +W] = C[E],
ossia il valore di C `e completamente determinato dalla sua azione sui tensori simmetrici.
Siamo ora pronti per il
Teorema 26.3 (di linearizzazione). Se gli sforzi residui nella congurazione di riferi-
mento sono nulli, allora

S(F) = C[E] +o(grad u).


Dimostrazione. Segue immediatamente dalla (26.1) e dalla (26.2).
Pertanto, per un corpo elastico nel quale sono nulli gli sforzi residui e si pu`o supporre
piccolo il gradiente di spostamento, il sistema (25.4) diventa
(26.3)
_

_
div S +
0
B =
0

2
u
t
2
S = C[E]
E =
1
2
(grad u + grad u
T
)
u(X, t) = u
0
X (B)
0
, t I
S(X, t)N(X, t) = s X (B)
1
, t I
(B)
0
(B)
1
= B, (B)
0
(B)
1
= .
u
0
(X) = u(X, 0).
Il tensore di elasticit` a C ha in linea di principio 3
4
= 81 componenti. Siccome per` o `e a
valori simmetrici ed `e nullo sui tensori antisimmetrici, le sue componenti indipendenti si
78
riducono a quindici. A questo punto, per` o, se il corpo `e isotropo, la relazione S = C[E]
diviene, come abbiamo visto nel teorema (24.2),
C[E] = l(tr E)I + 2mE
dove l, m si dicono anche qui coecienti di Lame. Ripercorrendo i passaggi analoghi fatti
per i uidi viscosi troviamo
div S = (l +m) grad div u +mu
cosicch`e lequazione del moto diviene
(26.4)
0

2
u
t
2
=
0
B + (l +m) grad div u +mu
che `e nota come equazione di Navier.
Sebbene possa apparire a prima vista simile allequazione di Navier-Stokes, questa equa-
zione `e molto pi` u semplice, perche la derivata seconda nel tempo `e lineare in u; inoltre non
c`e la pressione e nemmeno lequazione di continuit` a.
Nella prossima sezione vedremo alcune applicazioni della teoria lineare. Vediamo per`o
prima qualcosa circa la possibilit` a di avere delle onde elastiche in un materiale lineare.
Enunciamo senza dimostrazione il
Teorema 26.4 (di Clebsch). Se u : R
3
R
3
`e un campo di classe C
1
tale che
limsup
|x|+
[u(x)[
[x[
= 0
allora esistono un campo scalare V : R
3
R e un campo vettoriale A : R
3
R
3
di classe
C
2
tale che
u = grad V + rot A.
Inoltre, si pu`o sempre imporre la condizione aggiuntiva che div A = 0.
Sostituiamo la rappresentazione di u nellequazione di Navier e osserviamo che
grad div u = grad div grad V = grad V
u = grad div u rot rot u = grad V rot rot rot A
per cui, avendosi div A = 0, troviamo anche
rot rot A = grad div AA = A
e nalmente che

t
(grad V ) +
0

t
rot A =
0
B + (l + 2m) grad V +mrot A
che si pu`o riscrivere
grad
_

2
V
t
2
c
2
l
V
_
+ rot
_

2
A
t
2
c
2
t
A
_
= B
avendo posto
c
2
l
=
l + 2m

0
, c
2
t
=
m

0
.
79
Le costanti c
l
e c
t
vengono dette rispettivamente velocit`a delle onde longitudinali e tra-
sversali, per motivi che chiariremo fra poco. Decomponendo poi B col teorema di Clebsch
troviamo
B = grad + rot b
da cui
grad
_

2
V
t
2
c
2
l
V
_
+ rot
_

2
A
t
2
c
2
t
Ab
_
= 0.
Da questa relazione si vede che sono soluzioni ammissibili del problema dinamico dei campi
di spostamento della forma
u = u
1
+u
2
con rot u
1
= 0 e div u
2
= 0, e tali che

2
u
1
t
2
c
2
l
u
1
= grad ,

2
u
2
t
2
c
2
t
u
2
= rot b.
In particolare, una soluzione del tipo
u
1
(x, y, t) = u(x, t)e
1
verica
rot u
1
= urot e
1
+e
1
grad u = e
1

u
x
e
1
= 0
e dunque lequazione delle onde con velocit`a c
2
l
. Poiche in questonda lo spostamento `e
parallelo alla direzione di propagazione (che ovviamente `e lasse x), ossia
u
1
= u(x c
l
t)e
1
,
si tratta di unonda longitudinale, che giustica il nome dato alla corrispondente velocit`a.
Invece, una soluzione del tipo
u
2
= v(x, t)e
2
+w(x, t)e
3
verica div u
2
= 0 e quindi soddisfa lequazione delle onde con velocit` a c
t
. Siccome in
questo caso abbiamo
u
2
= v(x c
t
t)e
2
+w(x c
t
t)e
3
la direzione di propagazione dellonda `e perpendicolare allo spostamento, ossia si tratta di
unonda trasversale, il che giustica il nome dato alla corrispondente velocit`a.
27. Applicazioni
Soermiamoci sul problema dellequilibrio introducendo una importante relazione. Sup-
poniamo che u verichi lequazione di equilibrio

0
b + (l +m) grad div u +mu = 0
e che tutti i campi vettoriali siano sucientemente regolari. Prendiamo la divergenza di
questa equazione; troviamo, invertendo la divergenza con il laplaciano,
(l + 2m)div u +
0
div b = 0
Prendendo invece il laplaciano della prima otteniamo

0
b + (l +m) grad div u +mu = 0
80
da cui, ricavando div u dalla seconda, otteniamo
m(l +m)u =
0
(l +2m) grad div b
0
(l +m)b =
0
(mgrad div b+(l +m) rot rot b).
Un caso particolare interessante `e quello della forza peso (costante), per cui u deve soddi-
sfare la cosiddetta equazione biarmonica:
u = 0.
Notiamo che anche la forza gravitazionale rientra in questo caso, essendo
rot b = 0, div b = 4G
0
= costante.
Nel caso scalare piano, lequazione biarmonica diviene

4
u
x
4
+ 2

4
u
x
2
y
2
+

4
u
y
4
= 0.
Esaminiamo la deformazione di un serbatoio sferico elastico di raggi interno ed esterno
R
1
e R
2
tenuto in pressione da un gas al suo interno. Supponiamo il problema a simmetria
radiale, per cui
u = u(r)e
r
.
Dallespressione del rotazionale in coordinate sferiche si trova subito
rot u = 0 per cui u = grad .
Supponendo di non considerare il peso del serbatoio, dallequazione di equilibrio segue
0 = (l+m) grad div grad +mgrad = (l+2m) grad div grad = (l+2m) grad div u = 0,
ossia, essendo l + 2m ,= 0,
div u = costante = 3a.
Dallespressione della divergenza in coordinate sferiche si ottiene poi
1
r
2
d
dr
(r
2
u) = 3a
per cui integrando si giunge a
u(r) = ar +
b
r
2
.
Per determinare le costanti a e b si devono sfruttare le condizioni al bordo interno ed esterno
del serbatoio, dove sono noti gli sforzi esercitati dal gas interno e dallaria esterna. Risulta
necessario conoscere allora la forma dellequazione costitutiva in coordinate sferiche. Essa,
per le componenti che ci interessano, fornisce
_
_
_
E
rr
=
u
r
r
, E

= E

=
u
r
r
S
rr
= (l + 2m)E
rr
+ 2lE

.
Essendo nel nostro caso u
r
= u, troviamo
E
rr
= a
2b
r
3
, E

= a +
b
r
3
,
per cui, imponendo che
S
rr
(R
1
) = P, S
rr
(R
2
) = p
81
si giunge, dopo alcuni semplici passaggi, alle formule
a =
1
2(l +m)
PR
3
1
+pR
3
2
R
3
1
R
3
2
, b =
1
4m
(R
1
R
2
)
3
(p +P)
R
3
1
R
3
2
.
Vogliamo ora studiare il caso della torsione di un cilindro circolare retto di raggio R, scari-
co sulla supercie laterale. Assumiamo lasse del cilindro come asse verticale, e supponiamo
che lo spostamento non abbia componente lungo e
3
,
Per quanto riguarda u, supporremo che esso abbia modulo proporzionale alla quota; in
denitiva quindi supporremo
u
1
= kzy, u
2
= kzx
con k costante da determinarsi. Avremo quindi, ricordando la denizione di E,
E
31
= E
13
=
1
2
ky, E
32
= E
23
=
1
2
kx, le altre nulle.
Ne segue che tr S = 0 e che le sole componenti non nulle di S sono
S
31
= S
13
= mky, S
32
= S
23
= mkx.
Osserviamo che
div S =
S
31
x
+
S
13
y
= 0
per cui la soluzione data `e eettivamente di equilibrio.
Per determinare il valore di k, supponiamo di avere assegnato il momento torcente M
quale integrale sulla sezione dei momenti elementari degli sforzi. Avremo pertanto per lo
sforzo lespressione dF = t = mkye
1
+mkxe
2
per cui
M =
_
A
t r d =
_
A
mkr
2
d = 2mk
_
R
0
r
3
dr =
1
2
mkR
4
.
Dunque si deve avere
k =
2M
m
1
R
4
.
Se il cilindro non `e circolare ma ha una sezione A qualsiasi, semplicemente connessa per
semplicit` a, `e ugualmente facile legare il momento torcente al valore di k. Introducendo
infatti il momento dinerzia della sezione
I
zz
=
_
A
r
2
d
[A[
dove [A[ ne indica larea, possiamo scrivere il momento torcente come segue:
M =
_
A
t r d = mk
_
A
r
2
d = mk[A[I
zz
da cui
k =
M
m[A[I
zz
.
Esaminiamo ora tre soluzioni elementari dellequazione di Navier statica. La prima `e la
cosiddetta trazione di un cilindro, ed `e data da
u
1
(x, y, z) = w(z)e
z
.
82
Evidentemente div u
1
= w

(z), grad div u


1
= w

(z)e
3
, u
1
= w

(z)e
3
e quindi lequazione
di Navier si riduce, nel caso di sola forza peso, a

0
g + (l + 2m)w

(z) = 0
da cui
w(z) =
0
g
z
2
2
+az +b.
Volendo imporre w(0) = 0, si trova subito b = 0. a si determina, per esempio, dalla forza
totale sulla supercie superiore del corpo. Siccome
E[u
1
] =
_
_
0 0 0
0 0 0
0 0 w

(z)
_
_
abbiamo
S =
_
_
lw

(z) 0 0
0 lw

(z) 0
0 0 (l + 2m)w

(z)
_
_
e quindi, se la faccia superiore si trova a quota h,
SN = (l + 2m)w

(h)e
3
= (l + 2m)(
0
gh +a)e
3
.
Imponendo che SN = Fe
3
sulla supercie superiore, si ricava facilmente a.
Se il peso `e trascurabile, troviamo la soluzione u
1
= az che corrisponde a una deforma-
zione omogenea; infatti grad u
1
= ae
3
e
3
= E e quindi F = I + grad u
1
`e costante. In
questo caso
S =
_
_
la 0 0
0 la 0
0 0 (l + 2m)a
_
_
La seconda `e una compressione del cilindro, che `e una soluzione del tipo u
2
= u()e

in coordinate cilindriche, tutta contenuta nel piano di una sezione del cilindro. Siccome `e
evidentemente irrotazionale, ragionando analogamente a quanto fatto per la sfera, si ha
div u
2
= cost. = 2b.
Dallespressione della divergenza in coordinate cilindriche segue subito
1

d
d
(u

) = 2b
ed integrando segue molto facilmente
u() = b +
c

dove c `e una costante di integrazione. Volendo una soluzione limitata per = 0, si deve
avere c = 0 e quindi
u
2
= be

= bxe
1
+bye
2
.
83
Anche questa `e una deformazione omogenea avendosi
grad u
2
= E[u
2
] =
_
_
b 0 0
0 b 0
0 0 0
_
_
e quindi
S =
_
_
2(l +m)b 0 0
0 2(l +m)b 0
0 0 2lb
_
_
.
Prendendo N = e

= cos e
1
+ sen e
2
abbiamo facilmente SN = 2(l + m)be

, da cui, se
sono note le forze radiali sulla supercie laterale del cilindro, `e possibile ricavare b.
La terza soluzione u
3
corrisponde alla essione del cilindro. Essa corrisponde a u
3
=
v(z)e
2
. Per questa si ha div u
3
= 0 e quindi
0 = mv

(z).
(non possiamo mettere il peso in quanto u
3
ha la direzione di e
2
).
Integrando troviamo v(z) = az + b, e ponendo w(0) = 0 si trova v(z) = az. Per questa
soluzione si trova
grad u
3
=
_
_
0 0 0
0 0 a
0 0 0
_
_
, E[u
3
] =
_
_
0 0 0
0 0
a
2
0
a
2
0
_
_
per cui siamo in presenza di uno scorrimento (che `e una deformazione omogenea). Per
questa soluzione abbiamo
S =
_
_
0 0 0
0 0 am
0 am 0
_
_
.
Lo sforzo sulla supercie superiore `e quindi SN = ame
2
, e pertanto, se `e noto, ad esem-
pio, il momento ettente applicato al cilindro (cio`e il prodotto della forza orizzontale per
laltezza del cilindro), si pu` o ricavare il valore di a.
Supponiamo ora di esercitare una trazione nella direzione di e
3
ad un cilindro e di
osservare una soluzione del tipo u = u
1
+ u
2
, che `e ovviamente soluzione (in assenza di
peso) perche lequazione `e lineare.
Siccome anche la relazione u E[u] `e lineare, abbiamo per questa soluzione
E[u] =
_
_
b 0 0
0 b 0
0 0 a
_
_
e dunque
S =
_
_
l(2b +a) + 2mb 0 0
0 l(2b +a) + 2mb 0
0 0 l(2b +a) + 2ma
_
_
Sulla supercie superiore del cilindro la forza applicata per unit` a di area `e quindi
SN
z
= (l(2b +a) + 2ma)e
3
84
e imponendo che questa forza sia Fe
3
si trova
(27.1) l(2b +a) + 2ma = F.
Poniamo ora
(27.2) E =
F
a
, =
b
a
e calcoliamo lo sforzo sulla supercie laterale del cilindro, prendendo come sopra N
l
= e

.
Risulta come prima
SN
l
= (l(2b +a) + 2mb)e

.
Supponendo che il cilindro sia scarico sulla supercie laterale, deve essere
l(2b +a) + 2mb = 0.
Dividendo per a questa relazione e usando la (27.2) troviamo
l(1 2) 2m = 0.
La (27.1), dividendo per a, fornisce invece
l(1 2) + 2m = E.
Risolvendo le ultime due relazioni in funzione di l, m si trova facilmente
m =
E
2(1 +)
, l =
E
(1 +)(1 2)
e viceversa
E =
m(3l + 2m)
l +m
, =
l
2(l +m)
.
I coecienti E ed si chiamano rispettivamente modulo di Young e coeciente di Poisson,
e sono importanti a causa della loro relativa facilit` a di misurazione. E `e la versione con-
tinua del coeciente k della molla. Circa il rapporto di Poisson, esso `e legato al rapporto
fra riduzione del raggio del cilindro (lo spostamento sulla supercie laterale `e pari a bR) e
lallungamento del cilindro (pari ad ah). Quindi, per un cilindro equilatero, `e lopposto
del rapporto fra restringimento e allungamento. I suoi valori sperimentali vanno da 0 a
1/2.
Come in Fluidodinamica, anche in Elasticit` a il caso piano `e di particolare semplicit` a.
Supponiamo che lo spostamento sia del tipo
u
1
= f
1
(x, y), u
2
= f
2
(x, y), u
3
= 0
cosicche si avr` a
E
31
= E
32
= E
33
= 0.
Ne segue che le componenti non nulle di S sono S
11
, S
12
, S
22
, S
33
. (Lultima non `e nulla in
quanto si richiede che lo spessore del corpo non vari). Se ipotizziamo forze di volume nulle,
85
lequazione generale di bilancio div S = 0 diviene
_

_
S
11
x
+
S
12
y
= 0
S
12
x
+
S
22
y
= 0
S
33
z
= 0.
Mentre la terza equazione `e automaticamente soddisfatta, le prime due sono due relazioni
dierenziali soddisfatte da tre funzioni incognite. Parrebbe ragionevole supporre che una
eventuale soluzione dipenda da una funzione arbitraria. Infatti `e immediato constatare che
S
11
=

2

y
2
, S
12
=

2

xy
, S
22
=

2

x
2
`e una soluzione dellequazione di bilancio per ogni funzione di classe C
3
.
La funzione , detta funzione degli sforzi, gioca un ruolo simile alla funzione di corrente
in Fluidodinamica. Essa, inoltre, non `e arbitraria. Infatti dallequazione costitutiva si ha
= S
11
+S
22
= l(E
11
+E
22
) + 2mE
11
+l(E
11
+E
22
) + 2mE
22
=
= 2(l +m)(E
11
+E
22
) = 2(l +m)
_
u
1
x
+
u
2
y
_
= 2(l +m) div u.
Ma, essendo b = 0, si trae div u = 0, per cui
= 0,
ossia la funzione degli sforzi deve essere biarmonica. Inne si ha
(27.3) S
33
= l(E
11
+E
22
) = l div u =
l
2(l +m)
=
dove abbiamo introdotto il rapporto di Poisson
=
l
2(l +m)
.
Applichiamo quanto visto per calcolare lo sforzo allinterno di una membrana circolare
tesa di raggio R. Supponendo la funzione degli sforzi dipendente solo da r, risolviamo
lequazione biarmonica in coordinate polari:
1
r
d
dr
_
r
d
dr
_
1
r
d
dr
_
r
d
dr
___
= 0.
Eseguendo una prima integrazione troviamo
d
dr
_
1
r
d
dr
_
r
d
dr
__
=
a
r
per cui
d
dr
_
r
d
dr
_
= ar log r +br,
86
e dunque, ricordando che
_
x log x = (2x
2
log x x
2
)/4,
r
d
dr
=
1
2
ar
2
log r
_
a
4
+
b
2
_
r
2
+c
per cui con unultima integrazione si trova
(r) = Ar
2
log r +Blog r +Cr
2
+D
dove A, B, C, D sono costanti dipendenti da a, b, c. Dal fatto che deve essere di classe C
4
segue che A = B = 0; dalla (27.3) si trova poi
= 4C =
T

dove T `e la tensione sulla faccia superiore della membrana. Pertanto, essendo D inessen-
ziale, la funzione degli sforzi diviene
(x, y) =
T
4
(x
2
+y
2
)
e pertanto nella membrana si ha
S
11
=
T
2
, S
12
= 0, T
22
=
T
2
,
ossia gli sforzi si distribuiscono in modo uniforme.
Concludiamo lesame di esempi di Statica con la membrana. In questo caso si trascura
lo spessore della membrana e si suppone semplicemente che lo spostamento sia
u(x, y) = (x, y)e
3
.
Ne segue che il tensore E ha la forma
1
2
_

_
0 0

x
0 0

y

y
0
_

_
per cui tr E = 0 e dunque
S = 2mE.
Calcolando ora div S si trova
div S = m
_

x
2
+

2

y
2
_
e
3
perci` o la forza esterna di volume deve essere pari a be
3
, da cui inne
m +b = 0.
Nel caso in cui la membrana sia unidimensionale, viene detta corda.
Risolviamo lequazione dellequilibrio in due casi. Nel primo, assegnamo la forza peso
b =
0
g ad una membrana circolare. Dunque, come gi` a visto altre volte, avremo
1
r
d
dr
_
r
d
dr
_
=
0
g
che, integrata, d` a
(r) =

0
g
4m
r
2
+Alog r +B.
87
Imponendo condizioni di Dirichlet omogenee, ossia che (R) = 0, dove R `e il raggio della
membrana, troviamo
(r) =

0
g
4m
(R
2
r
2
)
che `e lequazione di un paraboloide di rotazione.
Nel caso della corda si ottiene una forma parabolica.
Analizziamo inne un terzo tipo di onde, molto importanti in Sismologia, e precisamente
le onde superciali o di Rayleigh.
Supponiamo per questo che il corpo elastico occupi il semispazio (x, y, z) : z 0.
Cerchiamo dapprima una soluzione della generica equazione delle onde

2
u
t
2
c
2
u
della forma
(27.4) u(x, z, t) = Re((z)e
i(kxt)
)
tale che
(27.5) lim
z
u(x, z, t) = 0.
Derivando si trova, omettendo la parte reale per brevit`a,

2
u
z
2
=

(z)e
i(kxt)
,

2
u
t
2
=
2
(z)e
i(kxt)
,

2
u
x
2
= k
2
(z)e
i(kxt)
.
Dunque la funzione deve vericare lequazione

(z) =
_
k
2


2
c
2
_
(z).
A questo punto `e evidente che, per evitare soluzioni oscillanti o esponenzialmente divergenti
deve aversi
k
2


2
c
2
=
2
> 0, (z) = Ce
z
.
In denitiva si ha per u lespressione
(27.6) u(x, z, t) = Ce
z+i(kxt)
.
Per risolvere il problema si dovranno determinare la costante C e il legame fra k e
(ricordiamo che la velocit` a di fase della soluzione (27.5) `e /k.)
Cerchiamo la soluzione u del problema come somma di unonda longitudinale e unonda
trasversale, ossia nella seguente forma:
u(x, z, t) = v(x, z, t) +w(x, z, t)
dove v, w vericano le equazioni
(27.7)

2
v
t
2
c
2
t
v = 0,

2
w
t
2
c
2
l
w = 0,
lim
z
v(x, z, t) = lim
z
w(x, z, t) = 0,
88
e dove ogni componente di v o w `e del tipo (27.6):
v
j
= A
j
e

t
z+i(kxt)
, (j = 1, 2, 3)
w
j
= B
j
e

l
z+i(kxt)
, (j = 1, 2, 3)
e dove si `e posto
(27.8)
t
= k
2


2
c
2
t

l
= k
2


2
c
2
l
.
Inoltre supporremo nullo lo sforzo sulla supercie libera, ossia
(27.9) Sn
|z=0
= 0.
Incominciando da questultima condizione, osserviamo che n = e
3
, per cui
S
13
(x, 0, t) = S
23
(x, 0, t) = S
33
(x, 0, t) = 0
che implicano, per lequazione costitutiva,
(27.10) E
13
(x, 0, t) = E
23
(x, 0, t) = 0
e inoltre, tenuto conto dellindipendenza da y,
(27.11) = S
33
(x, 0, t) = (l +m)(E
11
(x, 0, t) +E
33
(x, 0, t)) + 2mE
33
(x, 0, t).
Poiche per ipotesi u non dipende da y, dalla seconda delle (27.10) si trae
u
2
z
(x, 0, t) = 0,
e, ricordando le espressioni delle componenti di v e w, si ha
u
2
z
(x, 0, t) = (
t
A
2
+
l
B
2
)e
i(kxt)
= 0 x, t
che `e possibile solo se

t
A
2
+
l
B
2
= 0,
ossia se u
2
= 0. Dunque lo spostamento non ha componente lungo y e
A
2
=
l
, B
2
=
t

dove R `e indeterminato (del resto, essendo il problema omogeneo, questo `e proprio ci` o
che ci si aspetta).
Poiche v `e unonda trasversale, si deve avere
div v = 0,
per cui, ricordando la forma di v, si trova
ikA
1
+
t
A
3
= 0
per cui possiamo porre
A
1
=
t
, A
3
= ik
dove R `e da determinarsi. In modo analogo, essendo w unonda longitudinale, vale la
condizione
rot w = 0,
ossia
ikB
1

l
B
3
= 0
89
per cui possiamo porre in modo analogo
B
1
= k, B
3
= i
l

con R incognito. Inoltre, essendo il problema lineare e omogeneo, le costanti e non


potranno essere determinate entrambe, ma soltanto il loro rapporto.
Restano da soddisfare la prima delle (27.10) e la (27.11). Osserviamo a questo punto
che la (8) si pu`o riscrivere, grazie allespressione di c
2
l
e c
2
t
,
(27.12) c
2
l
u
3
z
+ (c
2
l
2c
2
t
)
u
1
x
= 0 per z = 0.
Sostituendo le espressioni
u
1
=
t
e

t
z+i(kxt)
+ke

l
z+i(kxt)
u
3
= ike

t
z+i(kxt)
i
l
e

l
z+i(kxt)
nella prima delle (27.10) e nella (27.12) si trova, dopo lunghi ma facili passaggi,
_
(k
2
+
2
t
) + 2k
l
= 0
2c
2
t

t
k +[c
2
l
(
2
l
k
2
) + 2c
2
t
k
2
] = 0
che si pu`o riscrivere, osservando che

2
l
k
2
=

2
c
2
l
= (k
2

t
)
c
2
t
c
2
l
nella forma denitiva
_
(k
2
+
2
t
) + 2k
l
= 0
2c
2
t

t
k +(k
2
+
2
t
) = 0.
Ora, il sistema appena scritto ammette soluzioni non banali in , se e solo se il determi-
nante dei coecienti `e nullo, cio`e se e solo se
(k
2
+
2
t
)
2
4k
2

l
= 0
(il che `e quello che si vuole, altrimenti si ritrova la soluzione banale nulla), ossia, esprimendo
i in termini di e k,
_
2k
2


2
c
2
t
_
4
= 16k
4
_
k
2


2
c
2
t
__
k
2


2
c
2
l
_
che permette di trovare il legame cercato fra e k. Posto
=
_

kc
t
, a =
c
2
t
c
2
l
=
1 2
2(1 )
,
sostituendo nellultima equazione si trova
(27.13)
3
8
2
+ 8(3 2a) 16(1 a) = 0.
Essendo c
l
< c
t
, perche
l
e
t
siano reali `e suciente che
k
2


2
c
2
t
< 0
90
cio`e < 1. Da unanalisi dellequazione (27.13) si vede che esiste sempre una sola radice

con questa propriet`a, ed anzi

0.874 <

<

0.955,
per cui nalmente le onde di supercie cercate si muovono con velocit` a
c
r
=

k
< 0.955 c
t
< c
l
inferiore sia alle onde longitudinali che a quelle trasversali.

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