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Dispense del corso “Costruzione di apparecchiature per l’industria chimica” – Parte I: Recipienti assialsimmetrici sottili

1. COMPORTAMENTO MEMBRANALE DEI GUSCI ASSIALSIMMETRICI


Molti dei recipienti utilizzati per contenere fluidi in pressione sono costruiti con lamiere curve di
spessore piccolo (rispetto alle dimensioni complessive) aventi geometria assialsimmetrica. Tale
scelta è motivata non solo dalla facilità costruttiva ma anche -e soprattutto- dalla elevata efficienza
strutturale che essa permette di ottenere.
Essi possono essere studiati mediante la teoria dei gusci assialsimmetrici, della quale viene
presentata in questa sezione, per sommi capi, la trattazione del comportamento membranale.

1.1. Caratteristiche geometriche


In generale il guscio è un elemento strutturale non piano avente una dimensione, lo spessore, molto
minore delle altre due. Di conseguenza esso può essere rappresentato dalla sua superficie media
(intorno alla quale è disposto il materiale che lo forma) e dallo spessore, misurato
perpendicolarmente a quest'ultima.
Nel caso di guscio assialsimmetrico la superficie media può essere immaginata come generata dalla
rotazione di una linea, che costituisce il profilo meridiano, intorno all’asse di simmetria (fig. 1). Le
traiettorie dei punti della linea generatrice nel moto di generazione costituiscono i paralleli della
superficie.
Asse di simmetria
a) b)

Linea generatrice
(meridiano)

Traiettorie dei punti


della linea generatrice
(paralleli)

Fig. 1. Guscio assialsimmetrico: a) linea meridiana; b) superficie generata.


Intersecando la superficie con un generico piano si ottiene una curva, le cui caratteristiche
dipendono dall’orientazione del piano stesso. Ai fini dello studio dei gusci, è importante considerare
le intersezioni della superficie media nell’intorno di un suo punto P con i piani del fascio avente per
r
asse la direzione della normale n alla superficie in P. Tra tutti i piani di questo fascio ve ne sono
due, tali che le loro intersezioni con la superficie media definiscono le curve con raggio di curvatura
in P rispettivamente massimo e minimo. Tali piani sono perpendicolari tra di loro; i raggi di
curvatura massimo e minimo sono detti principali (analogamente al caso di tensioni, deformazioni,
momenti d’inerzia), i loro reciproci curvature principali.
Nel caso dei gusci assialsimmetrici i due piani corrispondenti ai raggi di curvatura principali
r
coincidono l’uno con il piano della sezione meridiana (e quindi contenente, oltre alla direzione di n
r
, anche l’asse di simmetria) e l’altro con il piano contenente (ovviamente) la direzione di n e
perpendicolare al precedente. La situazione è mostrata rispettivamente nelle figg. 2a, 2b.
Sezionando la superficie media di un guscio assialsimmetrico con un piano perpendicolare all'asse
di simmetria si determina un parallelo, circonferenza di raggio r, come mostrato in fig. 2c.

Comportamento membranale dei gusci assialsimmetrici I-1


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a)
b)

P P
n n
rϕ rθ
ϕ ϕ

c)

π/2
Fig. 2. Intersezioni della superficie media
del guscio assialsimmetrico:
r Q a) con il piano contenente la normale in P
P e l’asse di simmetria (piano meridiano);
n b) con il piano contenente la normale in P
e normale al precedente;
c) con il piano normale all’asse di
simmetria.

Relativamente al punto P, la curva staccata dal piano meridiano ha centro di curvatura Cϕ e raggio
di curvatura rϕ, la curva staccata dal piano perpendicolare a quello meridiano ha centro di curvatura
Cθ -necessariamente situato sull'asse di simmetria- e raggio di curvatura rθ. Quest’ultimo,
considerando il triangolo rettangolo QPCθ di fig. 3b, è legato al raggio del parallelo r dalla semplice
relazione:
r
rθ = (1)
sin ϕ
a) b)

n P n P r
Q
rϕ rθ
ϕ ϕ


Fig. 3. Raggi e centri di curvatura relativi al punto P della superficie media
(situazione visibile nel piano meridiano): a) rϕ, Cϕ; b) r, rθ, Cθ.

1.2. Stato di tensione


In generale lo stato di sollecitazione in un guscio viene descritto -analogamente al caso della trave-
mediante sovrapposizione di un comportamento membranale, corrispondente a deformazioni e

I-2 Comportamento membranale dei gusci assialsimmetrici


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tensioni uniformi nello spessore, e di un comportamento flessionale, corrispondente a deformazioni


e tensioni variabili (linearmente) nello spessore.
Nel caso del guscio assialsimmetrico, sia per geometria e materiale, sia per condizioni di carico e
vincolo, il comportamento è prevalentemente membranale, perché quello flessionale (trattato nella
successiva sezione 4) interessa solo zone limitate nell’intorno di discontinuità geometriche, vincoli,
ecc. Ciò si spiega osservando che un elemento piano, cioè privo di curvature iniziali, per equilibrare
azioni trasversali (come una pressione agente sulla superficie) deve presentare sforzi pure
trasversali che inducono un comportamento flessionale, viceversa un elemento dotato di curvature
iniziali può equilibrare azioni trasversali anche con sforzi paralleli al proprio profilo e quindi
compatibili con il comportamento membranale.
Essendo il guscio sottile, si assume che esso si trovi in stato di tensione piana; inoltre per via
dell’assialsimmetria conviene operare sulle componenti di tensione definite nel riferimento polare
(fig. 4):
• σϕϕ, agenti sulle sezioni normali alle direzioni dei meridiani;
• σθθ, agenti sulle sezioni normali alle direzioni dei paralleli.
Per motivi di simmetria le direzioni dei meridiani e dei paralleli sono direzioni principali (e quindi
σϕϕ, σθθ sono tensioni principali), la terza direzione principale è quella normale alla superficie
media (alla quale corrisponde la principale nulla).

σϕϕ
Q
r
σθθ

ϕ

Fig. 4. Componenti di tensione meridiana σϕϕ e circonferenziale σθθ.

Nello studio del comportamento membranale conviene considerare al posto delle tensioni i loro
prodotti per lo spessore s del guscio:
nϕ = σ ϕϕ s , nθ = σ θθ s (2a,b)

nϕ, nθ sono dette forze membranali; esse rappresentano le risultanti per unità di lunghezza
rispettivamente del parallelo o del meridiano delle tensioni omologhe.
La sola condizione di carico considerata in questa trattazione è quella dovuta alla pressione del
fluido sulla superficie del guscio, considerata in termini relativi rispetto all’atmosfera. Nel caso
generale di un fluido pesante, di massa volumica ρ e soggetto alla pressione p0 in corrispondenza
del livello raggiunto, la pressione alla generica quota z (coordinata rivolta verso il basso e con
origine al livello raggiunto) vale:
p = p 0 + ρgz (3)
Grazie all’assialsimmetria e al tipo di carico considerato le sole condizioni di equilibrio
significative (cioè non banalmente soddisfatte dalle stesse ipotesi assunte) sono due equazioni di
equilibrio alla traslazione lungo due direzioni distinte nel piano meridiano. Si rileva quindi che il
problema è di tipo isostatico; è cioè possibile determinare le due forze membranali ricorrendo alle
sole equazioni di equilibrio. Per comodità conviene considerare:
• l’equilibrio alla traslazione lungo la direzione dell’asse di simmetria, nella quale compare
soltanto la forza membranale nϕ;
• l’equilibrio alla traslazione lungo la direzione della normale alla superficie, nella quale

Comportamento membranale dei gusci assialsimmetrici I-3


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compaiono entrambe le forze membranali nϕ, nθ.

Determinazione di nϕ
Per ottenere la prima equazione di equilibrio si deve imporre l'equilibrio in direzione assiale di una
parte finita di guscio, selezionata mediante una linea di distacco che lo interrompe dove si desidera
valutare nϕ con un’unica sezione perpendicolare all’asse.
Nella scelta del distacco si deve evitare di interrompere il vincolo del recipiente, perché così
facendo si farebbe entrare in gioco la reazione vincolare. Ciò è possibile chiudendo la linea di
distacco superiormente o inferiormente rispetto alla sezione di interesse, come mostrato in fig. 5;
infatti usualmente il recipiente è vincolato in corrispondenza di una sola sezione (quindi è in
condizioni isostatiche) per consentire la dilatazione termica.
linea di a) r b)
distacco ϕ
nϕ nϕ
p

P
P

nϕ ϕ p nϕ
r linea di
distacco

Fig. 5. Equilibrio alla traslazione assiale.


Nella sezione in cui si interrompe il recipiente si mettono in evidenza:
• con l’interruzione della parete del guscio la forza nϕ, da assumere con verso positivo uscente;
• con l’interruzione del fluido contenuto la pressione p (corrispondente alla quota della sezione se
il fluido è pesante), da assumere con verso positivo entrante.
Si deve inoltre considerare nell’equilibrio il peso, se non trascurabile come per gli aeriformi, della
massa di fluido all’interno della linea di distacco (e non quello eventualmente posto al di sopra o al
di sotto, comunque fuori da essa); normalmente il peso della parete del recipiente è piccolo rispetto
alle altre forze in gioco e non è necessario considerarlo.
Per scrivere l’equazione di equilibrio assiale si assume arbitrariamente un verso positivo, in alto o in
basso, e coerentemente si considerano con segno “+” le forze concordi col verso assunto e con
segno “−“ quelle discordi. Si noti che la scelta di un verso positivo per la scrittura dell’equazione è
del tutto ininfluente, in quanto la scelta opposta equivale a moltiplicare l’equazione stessa per –1.
Nel caso di fig. 5a l'equazione di equilibrio alla traslazione assiale del sistema isolato dal distacco è:
↓: 2πrnϕ sin ϕ − pπr 2 + P = 0 (4)
Da essa si ottiene:
pπr 2 − P
nϕ = (5)
2πr sin ϕ

I-4 Comportamento membranale dei gusci assialsimmetrici


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Viceversa nel caso di fig. 5b l'equazione di equilibrio del sistema isolato dal distacco è:
↑: 2πrnϕ sin ϕ − pπr 2 − P = 0 (6)
e quindi:
pπr 2 + P
nϕ = (7)
2πr sin ϕ
Nello studio di un recipiente l’operazione descritta viene ripetuta per ogni tratto caratterizzato da
diversa geometria e/o condizione di carico. Se in corrispondenza della sezione di transizione tra due
tratti la direzione normale al profilo meridiano non è unica (es.: transizione cilindro-cono) la forza
membranale nϕ presenta una discontinuità.

Determinazione di nθ
La seconda equazione di equilibrio può essere ottenuta imponendo l'equilibrio alla traslazione di un
r
elemento infinitesimo di guscio nella direzione della normale alla superficie, definita dal versore n .
Si consideri (fig. 6) un generico elemento di superficie media i cui lati verticali sono due archi di
meridiano sottesi dall’angolo dϕ e i due lati orizzontali sono due archi di parallelo sottesi
dall’angolo dθ. Sui due archi di meridiano, aventi lunghezza dlϕ = rϕdϕ, agisce la forza membranale
nθ che genera la risultante elementare nθdlϕ, con la stessa intensità su entrambi a causa della
simmetria. Sull’arco di parallelo superiore, avente lunghezza dlθ = rdθ, agisce la forza membranale
nϕ con risultante nϕdlθ, mentre su quello inferiore la risultante è nϕdlθ + d(nϕdlθ). Inoltre sulla
r
superficie dell’elemento agisce, nella direzione della normale n , la pressione p (positiva se rivolta
verso l’esterno), che genera una risultante p dlϕdlθ.

a) nϕdlθ b)
Q
p dlθdlϕ
dlθ dθ r Q
r nθdlϕ
dlϕ
nθdlϕ
dϕ rϕ
ϕ

Cϕ nϕdlθ+d(nϕdlθ) Cϕ

Fig. 6. Generico elemento infinitesimo di superficie: a) geometria; b) azioni esercitate.


È necessario calcolare il contributo nella direzione normale alla superficie per le risultanti sia di nϕ
sia di nθ.
r
Per quanto riguarda le risultanti di nϕ si ricava (fig. 7) che il loro contributo lungo n vale (si
trascura il differenziale, infinitesimo di ordine superiore rispetto all’altro termine):
dϕ d
dFϕ, n = 2 nϕ rdθ sin + (nϕrdθ)dϕ sin dϕ ≈ nϕrdθdϕ (8)
2 dϕ 2

Comportamento membranale dei gusci assialsimmetrici I-5


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nϕdlθ

n

dϕ Cϕ
nϕdlθ+d(nϕdlθ)
r
Fig. 7. Componente lungo n delle risultanti di nϕ.

Per quanto riguarda le risultanti di nθ, è agevole ricavare prima la componente in direzione radiale
(fig. 8), pari a:

dFθ,r = 2nθ rϕ dϕ sin ≈ nθ rϕ dϕdθ (9)
2
r
Il contributo di essa lungo n è dato da:
dFθ,n = dFθ ,r sin ϕ = nθ rϕ dϕdθ sin ϕ (10)
I due termini dFϕ,n, dFθ,n e la risultante della pressione devono farsi equilibrio e quindi:
nϕ rdθdϕ + nθ rϕ dθdϕ sin ϕ − prϕ dϕrdθ = 0 (11)

Semplificando i termini dϕ, dθ si ricava:


nϕ nθ
+ sin ϕ =p (12)
rϕ r
Tenendo conto della (1), la (12) assume la forma seguente:
nϕ n
+ θ =p (13)
rϕ rθ

nθdlϕ nθdlϕ

Q
Fig. 8. Componente radiale delle risultanti di nθ.

Nello studio di un recipiente, dopo aver determinato in ogni suo tratto la forza nϕ applicando il
procedimento descritto nel paragrafo precedente (fig. 5), si determina la forza nθ applicando la (13).
Se in corrispondenza della sezione di transizione tra due tratti un raggio di curvatura presenta una
discontinuità (es.: transizione cilindro-sfera), anche la forza nθ presenta una discontinuità.

I-6 Comportamento membranale dei gusci assialsimmetrici


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1.3. Applicazioni: recipienti soggetti a pressione interna costante


Nel seguito vengono mostrati alcuni casi di interesse pratico. Per semplicità, e comunque
conformemente alle norme tecniche del settore, si esamineranno soltanto casi di pressione uniforme,
non considerando cioè la variazione della pressione con la quota che si ha per i fluidi pesanti (in
questi casi si assume cautelativamente come pressione di calcolo il valore nel punto soggetto al
massimo battente), né, coerentemente, il peso del fluido contenuto. Le soluzioni sono ricavate in
termini di forze membranali nϕ, nθ; ricordando le definizioni (2a,b), per passare alle corrispondenti
tensioni σϕϕ, σθθ è sufficiente dividere per lo spessore s.

Guscio cilindrico soggetto a pressione interna costante


Si consideri uno dei casi mostrati in fig. 9, del tutto equivalenti. È da notare che la geometria del
fondo situato all’estremo del cilindro opposto rispetto quello della sezione è ininfluente; a titolo di
esempio si è indicato un fondo curvo.
L’equilibrio alla traslazione assiale porta a scrivere (notare che la forza membranale meridiana è
diretta assialmente):
2 πRn ϕ − p 0 πR 2 = 0 (14)
da cui segue:
p R
nϕ = 0 (15)
2
a) R b)
p0
nϕ nϕ

nϕ nϕ
p0
R

Fig. 9. Guscio cilindrico soggetto a pressione costante: i casi a) e b) sono equivalenti.

Nell’applicazione della (13) al fine di determinare nθ si osserva che rϕ = ∞, rθ = R e perciò:


nθ = p0 R (16)
Le forze membranali sono quindi costanti in tutto il guscio e quella circonferenziale è doppia di
quella meridiana.
Guscio sferico soggetto a pressione interna costante
Con riferimento alla fig. 10, l’equilibrio alla traslazione assiale porta a scrivere:
2πrnϕ sin ϕ − p0 πr 2 = 0 (17)

Comportamento membranale dei gusci assialsimmetrici I-7


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Poiché r = Rsinϕ, si ottiene:


p R
nϕ = 0 (18)
2
Nell’applicazione della (13) al fine di determinare nθ, poiché rϕ = rθ = R si ha:
p R
nθ = 0 (19)
2

nϕ nϕ
ϕ R
p0
r
Fig. 10. Guscio sferico soggetto a pressione costante.
Si riscontra quindi che le forze membranali sono uniformi e uguali fra di loro.
Guscio conico o tronco-conico soggetto a pressione interna costante
Con riferimento a uno qualsiasi dei casi di fig. 11 (equivalenti rispetto a questo calcolo), l’equilibrio
alla traslazione assiale porta a scrivere (si noti che questa volta l’angolo ϕ0 è costante):

2πrnϕ sin ϕ0 − p0 πr 2 = 0 (20)

Si ottiene quindi per la forza membranale meridiana:


p0 r
nϕ = (21)
2 sin ϕ0
Si noti che nel caso ϕ0 = π/2 (e r = R) il risultato coincide con la (15).
Come nel cilindro si ha rϕ = ∞, invece rθ = r/sinϕ0; applicando la (13) per determinare nθ si ottiene:
p0 r
nθ = (22)
sin ϕ0
Dalle (21) e (22) si ricava che le forze membranali sono massime in corrispondenza del raggio
massimo del cono (o del tronco di cono).

a)
b)

nϕ rθ nϕ nϕ rθ nϕ
p0 ϕ0 p0 ϕ0
r r
Fig. 11. Guscio conico (a) o tronco-conico (b) soggetto a pressione costante.

I-8 Comportamento membranale dei gusci assialsimmetrici


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Geometria del fondo torosferico


Confrontando i primi due casi precedentemente mostrati si osserva che, a parità di raggio e
pressione uniforme interna, la sfera è sollecitata da forze membranali il cui valore è la metà di
quella maggiore (nθ) del cilindro. Volendo adottare lo stesso materiale e spessore per tutte le parti,
utilizzare una calotta emisferica come fondo di chiusura di un mantello cilindrico risulterebbe poco
efficiente, dal momento che il materiale della sfera sarebbe sfruttato solo a metà del livello di
sollecitazione ammissibile. Inoltre questo tipo di fondo risulterebbe più ingombrante in altezza.
Una scelta comunemente eseguita consiste nel costruire il fondo con una calotta sferica di raggio Rs
pari al doppio di quello del cilindro Rc, il che consente di eguagliare le forze membranali massime,
raccordata al cilindro stesso con un tratto toroidale di raggio Rt piccolo.
Con riferimento alla fig. 12a, l’angolo ϕ0 in corrispondenza del quale si presenta la transizione tra il
profilo sferico e quello toroidale è definito dalla relazione:
Rc − Rt Rc / Rs − Rt / Rs 1 / 2 − Rt / Rs
sin ϕ0 = = = (23)
Rs − Rt 1 − Rt / Rs 1 − Rt / Rs
Una scelta costruttiva frequente è quella di assumere Rt = Rs/10 e quindi senϕ0 = 0.4/0.9, ϕ0 ≈ 26.4°.
Il raggio del parallelo r di un generico punto P appartenente al profilo toroidale può essere scritto
come somma di Q'Cϕ e della proiezione lungo la normale all’asse del generico raggio Rt inclinato di
ϕ rispetto all’asse stesso (fig. 12b):
r = Rc − Rt + Rt sin ϕ = Rc − Rt (1 − sin ϕ ) (24)

tale relazione è valida per ϕ0 ≤ ϕ ≤ π/2; si noti che per ϕ = ϕ0 r = Rssinϕ0, mentre per ϕ = π/2
r = Rc.
In P il raggio di curvatura (del meridiano) rϕ è ovviamente Rt; si determina rθ applicando la (1):
r R − Rt (1 − sin ϕ )
rθ = = c (25)
sin ϕ sin ϕ
a) b)
Rs

Rt
r P
Q
Q' Rt

Cθ ϕ

ϕ0 ϕ0

Rc

Fig. 12. Fondo torosferico: a) geometria generale; b) dettaglio del raccordo toroidale.

Comportamento membranale dei gusci assialsimmetrici I-9


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2. CENNI SULLA FLESSIONE DELLE PIASTRE ASSIALSIMMETRICHE


Nella costruzione dei recipienti è frequente l’uso di elementi piani circolari soggetti alla pressione
agente trasversalmente; due esempi caratteristici sono i fondi piani e le piastre tubiere. Essi possono
essere calcolati mediante la teoria delle piastre assialsimmetriche, per la quale si cerca di dare nel
presente paragrafo una descrizione di massima, con lo scopo principale di mostrarne gli aspetti
fisici e rinunciando a entrare nel dettaglio degli sviluppi analitici.

2.1. Impostazione del problema


Per piastra si intende un elemento strutturale piano (diversamente dal guscio, che invece è curvo)
avente una dimensione, lo spessore, molto minore delle altre due. Essa può quindi essere
rappresentata dalla sua superficie media (intorno alla quale è disposto il materiale che la forma) e
dallo spessore, misurato perpendicolarmente a quest'ultima; vale inoltre, come per i gusci, l’ipotesi
di stato di tensione piana. Poiché la geometria è piana, il carico trasversale può essere equilibrato
soltanto da azioni nella piastra pure esse trasversali; di conseguenza il comportamento è flessionale.
(contrariamente al caso del guscio che, grazie alla curvatura, può equilibrare il carico trasversale
con le forze membranali, come visto nel paragrafo precedente).
Assumendo geometria circolare della piastra e assialsimmetria per tutti gli aspetti (carico, vincolo,
comportamento del materiale) il problema non dipende dalla coordinata angolare; in particolare, il
comportamento della superficie media è funzione della sola coordinata radiale.
La piastra (fig. 13) si estende dal raggio interno ri (nullo se manca il foro centrale) a quello esterno
re e ha spessore s; per lo studio si adotta un sistema di riferimento cilindrico rθz, variabili
corrispondenti rispettivamente alle coordinate radiale, angolare e assiale. Di conseguenza per le
tensioni e deformazioni si considerano le componenti:
• tensione radiale σrr, tensione circonferenziale σθθ;
• deformazioni radiale εrr e circonferenziale εθθ.

a) b)
z piastra

re
s
ri r
θ
traccia della
superficie media

Fig. 13. Piastra assialsimmetrica: a) vista generale e sistema di riferimento; b) dettaglio della superficie media.

a) superficie media b) c)
deformata
z, w perpendicolare
α alla superficie z
media deformata

α w
perpendicolare
alla superficie u
r, u media indeformata
superficie media
indeformata

Fig. 14. Cinematica della piastra: a) convenzioni per spostamenti e rotazione, b) spostamento e rotazione
della superficie media; c) spostamento radiale causato dalla rotazione della superficie media.

I-10 Cenni sulla flessione delle piastre assialsimmetriche


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Conformemente all’ipotesi di assialsimmetria, le azioni applicate alla piastra possono essere la


pressione uniforme (o anche variabile con il raggio, caso tecnicamente poco realistico), il carico
assiale uniformemente distribuito su una circonferenza (dove, ad esempio, la piastra è collegata a un
altro elemento), o una forza concentrata agente sull’asse.
Grazie all’assialsimmetria e alle condizioni di carico suddette le direzioni radiale e circonferenziale
sono principali per tensioni e deformazioni.
La flessione della piastra può essere descritta considerando come si curva in un piano meridiano
(cioè contenente l’asse) la traccia della sua superficie media; lo studio è simile a quello della trave
inflessa, come mostrato in fig. 14 (notare che la direzione radiale corrisponde a quella della linea
d’asse della trave), dove w è lo spostamento trasversale (freccia), α la rotazione, u lo spostamento
radiale.

z z
y
a) b)

b dx dθ dr
T trdθ
M mθdr
mrrdθ

h
s

M+dM
faccia mrrdθ+d(mrrdθ)
laterale T+dT mθdr
trdθ+d(trdθ)
faccia perpendicolare faccia perpendicolare alla
alla linea d’asse direzione circonferenzale faccia perpendicolare
alla direzione radiale

Fig. 15. Analogie e differenze tra le caratteristiche di sollecitazione in una trave (a) e in una piastra assialsimmetrica (b).

σθθ σrr


mr

Fig. 16. Distribuzione delle tensioni σrr, σθθ su un elemento infinitesimo di piastra
corrispondenti ai rispettivi momenti flettenti per unità di lunghezza mr, mθ.

Cenni sulla flessione delle piastre assialsimmetriche I-11


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In fig. 15 sono presentati comparativamente il caso di una trave (di sezione rettangolare con base b
e altezza h) e di un settore (di ampiezza angolare dθ e spessore s) di una piastra assialsimmetrica.
Nel caso della trave si ha che un elemento infinitesimo di lunghezza dx è sollecitato sulle facce
normali alla linea d’asse dal taglio T e dal momento flettente M (si noti l’incremento infinitesimo
nel passaggio da una faccia all’altra); le facce laterali (corrispondenti ai fianchi della trave) sono
invece libere e scariche.
Nel caso della piastra un elemento infinitesimo di lunghezza dr è sollecitato sulle facce normali alla
direzione radiale dal momento per unità di lunghezza mr e dal taglio per unità di lunghezza t, agenti
sulla lunghezza (arco) rdθ (si noti che in questo caso l’incremento nel passaggio da una faccia
all’altra interessa anche la lunghezza dell’arco); le facce normali alla direzione circonferenziale
(attraverso le quali il settore è connesso al resto della piastra) sono sollecitate dal momento per unità
di lunghezza mθ, agente sulla lunghezza dr, identico su entrambe le facce per ragioni di
assialsimmetria. I momenti mr, mθ corrispondono a distribuzioni nello spessore delle tensioni σrr,
σθθ variabili linearmente, come mostrato in fig. 16. I valori di picco delle distribuzioni sono dati da:
6 mr 6mθ
σ rr , picco = ± σ θθ, picco = ± (26a,b)
s2 s2
relazioni facilmente ricavabili considerando la flessione di una sezione rettangolare di altezza s e
larghezza unitaria soggetta a momento flettente per unità di lunghezza mr, mθ.
È noto che per la trave si scrive l’equazione della linea elastica, che lega il momento alla curvatura:

M = EJ (27)
dx
dove J è il momento d’inerzia della sezione. Similmente, per la piastra si scrive la seguente coppia
di equazioni, che legano i momenti a curvatura e rotazione:
s3E  dα α s3E  α dα 
mθ = +ν
mr =
(
12 1 − ν

)
2  dr
+ν 
r ( )
2 
12 1 − ν  r

dr 
(28a,b)

dove compaiono i rapporti s3/12, momento d’inerzia per unità di lunghezza, e E/(1-ν2),
caratteristico dello stato di tensione piana. Dall’integrazione di tali equazioni si ottengono le
soluzioni del problema.

2.2. Soluzioni per casi notevoli


Si riportano le soluzioni per i due casi più rilevanti nello studio dei recipienti.
Piastra non forata soggetta a pressione uniforme p e appoggiata al bordo esterno
È il caso più comune, adatto ad esempio a descrivere un fondo piano che chiude un mantello
cilindrico. Gli andamenti dei momenti sono dati dalle funzioni:

mr =
3+ν
16
(
p r 2 − re2 , ) mθ =
p
16
[
(1 + 3ν )r 2 − (3 + ν )re2 ] (29)

i cui grafici sono riportati in fig. 17. Osservando il diagramma si nota che per r = 0 (asse della
piastra) entrambi i momenti, per ragioni di simmetria, raggiungono lo stesso valore; questo è anche
3+ν 2
il massimo (in modulo) ed è pari a mmax = − pre .
16

I-12 Cenni sulla flessione delle piastre assialsimmetriche


Dispense del corso “Costruzione di apparecchiature per l’industria chimica” – Parte I: Recipienti assialsimmetrici sottili

1.0

momento circonferenziale
0.8

0.6 re
m /m max

0.4
p momento radiale

0.2

0.0
0.0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1.0
r/r e
Fig. 17. Piastra non forata soggetta a pressione uniforme p e appoggiata al bordo esterno
(ν=0.3): diagrammi dei momenti flettenti.

Piastra non forata soggetta a pressione uniforme p e incastrata al bordo esterno


Questo caso è adatto a descrivere un diaframma sottile bloccato al bordo esterno da flange rigide.
Gli andamenti dei momenti sono dati dalle funzioni:

mr =
p
16
[ ]
(3 + ν )r 2 − (1 + ν )re2 , mθ =
p
16
[
(1 + 3ν )r 2 − (1 + ν )re2 ] (30)

i cui grafici sono riportati in fig. 18. Il massimo valore del momento è raggiunto da mr in r = re
pre2 νpre2
(bordo esterno) e vale m max = , nello stesso punto mθ = νmmax = .
8 8

1.0

0.8 re
0.6
momento radiale
0.4
p
0.2
m /m max

0.0

-0.2

-0.4
momento circonferenziale
-0.6

-0.8

-1.0
0.0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1.0
r/r e
Fig. 18. Piastra non forata soggetta a pressione uniforme incastrata al bordo esterno
(ν=0.3): diagrammi dei momenti flettenti.

Cenni sulla flessione delle piastre assialsimmetriche I-13


Luca Goglio

3. CENNI SUL COLLASSO PER EFFETTO DELLA PRESSIONE ESTERNA


Nella descrizione del comportamento dei gusci svolta nella sezione 1 si è sempre assunto che la
pressione agisca dall’interno verso l’esterno del guscio, come avviene ordinariamente nei recipienti.
In questa situazione le tensioni membranali sono generalmente positive (sola eccezione: raccordo
torosferico) e, in caso di superamento dei limiti, il cedimento avviene per plasticizzazione e
successiva rottura, o direttamente rottura nel caso -raro- di materiale fragile.
In alcune categorie di apparecchi (es.: distillatori, essiccatori) la camera si trova invece a una
pressione inferiore a quella esterna, il che corrisponde a considerare il guscio come soggetto a
pressione negativa. Di conseguenza anche le tensioni membranali sono negative; in caso di
sollecitazione eccessiva si produce un cedimento per instabilità: il guscio implode collassando su sé
stesso. Il fenomeno è concettualmente simile al caso del “carico di punta”, che riguarda l’elemento
asta snello caricato assialmente a compressione.

3.1. Instabilità dell’asta caricata di punta: relazioni fondamentali


Si ricorda che, nel caso dell’asta (fig. 19), se il carico assiale compressivo raggiunge un valore di
soglia, detto carico critico, si verifica la flessione laterale. Tale valore critico del carico è
π 2 EJ min
Pcr = (31)
l02
dove Jmin è il minimo momento d’inerzia della sezione dell’asta, l0 è la distanza tra due flessi della
linea elastica (coincidente con la lunghezza dell’asta se gli estremi sono incernierati). Dividendo la
(31) per l’area della sezione si ottiene la tensione critica
π2 E
σ cr = (32)
λ2
in cui λ è la snellezza (rapporto tra l0 e il raggio d’inerzia minimo della sezione).

configurazione inflessa

P P

configurazione rettilinea

Fig. 19. Instabilità per flessione laterale dell’asta compressa.

3.2. Instabilità del guscio cilindrico soggetto a pressione esterna


Il guscio cilindrico soggetto a pressione esterna si instabilizza assumendo un profilo, nel piano della
sezione retta, non più assialsimmetrico ma dotato di lobi; in pratica il caso interessante è quello a
due lobi (ovalizzazione, fig. 20), ad esso corrisponde il valore critico della pressione:
3
E s
p cr =
(
4 1 − ν2 )  
R
(33)

Per mezzo della (16) si trova che a questa pressione corrisponde la seguente tensione
circonferenziale nel cilindro:
2
R E s
σ cr = p cr =
2
(
 
s 41− ν  R  ) (34)

I-14 Cenni sul collasso per effetto della pressione esterna


Dispense del corso “Costruzione di apparecchiature per l’industria chimica” – Parte I: Recipienti assialsimmetrici sottili

profilo indeformato
p

profilo deformato

Fig. 20. Instabilità per ovalizzazione del guscio cilindrico soggetto a pressione esterna.
Si deve inoltre notare che nel caso (sempre presente nella realtà, in maggiore o minore misura) di
profilo iniziale non perfettamente circolare la pressione critica è ancora data dalla (33), però il
materiale raggiunge il limite elastico per valori della pressione minori del valore critico. Di
conseguenza si considera il caso critico come termine di confronto, ma adottando coefficienti di
sicurezza elevati.
Il fenomeno dell’instabilità viene contrastato, se necessario, rinforzando il guscio per mezzo di
anelli di irrigidimento (fig. 21); l’effetto di irrigidimento è fornito anche dai fondi se il cilindro è
sufficientemente corto. In questi casi la pressione critica viene calcolata con la formula (dovuta a
von Mises):
  
  
Es  1 − ν2 s2  2 2n 2 − 1 − ν 
pcr = + n −1 +
( 
)(
R 1 − ν2  2 
 )n 2 2  12 R 2 
L
n − 1 1 + 2 2   
 1 +
n 2 L2 


 (35)

  π R   π 2 R 2 

dove L è la distanza fra fondi o anelli di irrigidimento, n il numero di lobi della deformata in
condizioni di instabilità (per bassi valori di L/R il valore di n che minimizza pcr, da inserire nella
formula, è maggiore di 2). Si noti che per L / R elevato e n = 2 la (35) tende alla (33).

L L L L L

Fig. 21. Mantello cilindrico con irrigidimenti e fondi.

Cenni sul collasso per effetto della pressione esterna I-15


Luca Goglio

4. EFFETTO DI BORDO NEI GUSCI CILINDRICI


Nella sezione 1 si è mostrato come le forze membranali nϕ, nθ equilibrano la parete del guscio
rispetto alla pressione applicata dal fluido contenuto. In alcuni casi, però, in particolare nelle sezioni
di transizione tra tronchi diversi del guscio, allo stato di deformazione relativo alle forze
membranali corrispondono valori di spostamento diversi per i bordi dei tronchi collegati. Ciò è
evidentemente non possibile, perché bordi solidali devono essere soggetti agli stessi spostamenti; di
conseguenza nasce uno stato di sollecitazione aggiuntivo, detto “di bordo”, grazie al quale gli
spostamenti degli estremi collegati diventano uguali e quindi compatibili.

b)
a)
∆Rsfera ∆Rcilindro

c)
R

Fig. 22. Giunzione di un guscio cilindrico a uno emisferico a), spostamenti non compatibili previsti dalla
soluzione membranale b), spostamenti compatibili grazie all’effetto di bordo c).
A titolo di esempio, la fig. 22 mostra la giunzione tra un guscio cilindrico e uno emisferico,
entrambi di raggio R e spessore s, soggetti alla pressione p0 del fluido contenuto. L’aumento di
raggio per ciascuno dei due gusci può essere valutato come segue. Se il raggio varia da R a R+∆R,
la lunghezza del parallelo varia di conseguenza da 2πR a 2π(R+∆R); si può quindi definire la
corrispondente deformazione dividendo la variazione di lunghezza per il valore iniziale:
2π( R + ∆R) − 2πR ∆R
εθθ = = (36)
2πR R
La deformazione εθθ è legata alle tensioni dalla legge elastica:
σ θθ − νσ ϕϕ n θ − ν nϕ
ε θθ = = (37)
E Es
Sostituendo la (37) nella (36) si può ricavare:
nθ − νnϕ
∆R = Rεθθ = R (38)
Es
Ricordando i valori delle forze membranali per il cilindro (15), (16) e per la sfera (18), (19) si
riscontra che le variazioni di raggio sono diverse:
p0 R 2 p0 R 2
∆Rcilindro = Rεθθ = (2 − ν ) ∆Rsfera = Rεθθ = (1 − ν ) (39)
2 Es 2 Es
Ciò produrrebbe un distacco tra il bordo del cilindro e quello della sfera (fig. 22b), in realtà lo stato
di sollecitazione aggiuntivo di bordo rende uguali gli spostamenti (fig. 22c).
Lo stato di sollecitazione di bordo presenta alcuni aspetti rilevanti:
• la soluzione ha carattere locale, nel senso che esiste soltanto nell’intorno della zona interessata

I-16 Effetto di bordo nei gusci cilindrici


Dispense del corso “Costruzione di apparecchiature per l’industria chimica” – Parte I: Recipienti assialsimmetrici sottili

dalla discontinuità, estinguendosi a breve distanza da essa;


• l’andamento di tensioni e deformazioni comprende anche la componente variabile linearmente
nello spessore e quindi flessionale;
• le tensioni sono autoequilibrate, perché la pressione è già equilibrata dalle forze determinate
nello studio del comportamento membranale.
Da quest’ultima proprietà consegue che se le tensioni di bordo raggiungono il limite elastico si
produce una plasticizzazione (localizzata) ma non il collasso del recipiente, come si avrebbe invece
se il limite elastico fosse raggiunto dalle tensioni dovute al comportamento membranale, che fanno
equilibrio alla pressione. In quest’ottica le tensioni del comportamento membranale sono dette
primarie, mentre quelle dell’effetto di bordo sono dette secondarie.
In questa sede viene presentato il caso del guscio cilindrico, più semplice da trattare e la cui
soluzione è comunque applicabile anche a gusci di differente geometria.

4.1. Formulazione del problema


Componenti dello stato di sollecitazione generale e locale
Nell’ottica della trattazione che si intende svolgere, si deve distinguere tra grandezze -tensioni
deformazioni, spostamenti- legate allo stato di sollecitazione di carattere generale e locale; la fig. 23
mostra schematicamente le distribuzioni delle tensioni nello spessore.
Le prime, determinate con la teoria membranale dei gusci assialsimmetrici, sono le tensioni
meridiana σϕϕ (notare che per il cilindro la direzione meridiana coincide con quella assiale) e
circonferenziale σθθ, le corrispondenti deformazioni εϕϕ e εθθ, lo spostamento radiale u (essendo
l’unica componente di interesse non sono necessari pedici per meglio identificarlo). Come già detto,
le tensioni membranali generali equilibrano la pressione applicata al guscio.
Le seconde sono quelle aggiuntive citate nell’introduzione; relativamente alle tensioni si osserva
che esse devono essere autoequilibrate, cioè devono dare luogo a risultanti e momenti risultanti
complessivamente (cioè sulla sezione retta del cilindro, come mostrato in fig. 24) nulli perché la
pressione è già equilibrata dalle tensioni generali. Per tutte le tensioni e deformazioni locali si
definiscono una componente membranale e una flessionale, indicate con i simboli seguenti:
• componenti di tensione • componenti di deformazione
σϕϕm,l : meridiana membranale locale εϕϕm,l : meridiana membranale locale
σϕϕf,l : meridiana flessionale locale εϕϕf,l : meridiana flessionale locale
σθθm,l : circonferenziale membranale locale εθθm,l : circonferenziale membranale locale
σθθf,l : circonferenziale flessionale locale εθθf,l : circonferenziale flessionale locale
Si considerano inoltre lo spostamento radiale locale ul e la rotazione locale αl della superficie
media.
Delle componenti locali elencate, si può assumere fin dall’inizio che le seguenti sono sempre nulle:
• la tensione meridiana membranale locale σϕϕm,l deve essere nulla perché altrimenti essa darebbe
luogo, sulla sezione retta del cilindro, a una risultante assiale che non deve esistere perché il
sistema di tensione locale è autoequilibrato (può esistere invece la risultante assiale delle tensioni
generali σϕϕ, che equilibra la spinta della pressione sul fondo del cilindro);
• la deformazione flessionale locale εθθf,l deve essere nulla per rispetto dell’assialsimmetria.
Si noti che sulle superfici perpendicolari all’asse del cilindro agiscono anche delle componenti di
tensione tangenziale, dirette radialmente; esse non vengono esplicitamente considerate perché poco
importanti nei confronti della resistenza, ma il loro effetto viene tenuto in conto negli equilibri
considerando il taglio che esse generano.

Effetto di bordo nei gusci cilindrici I-17


Luca Goglio

a) b)

σθθ σθθm,l
σθθf,l
σϕϕ σϕϕf,l


R R
dθ dz dθ dz

Fig. 23. Componenti di tensione normale agenti nel guscio cilindrico: a) generali; b) locali (sono
rappresentati anche i momenti equivalenti alle distribuzioni delle tensioni flessionali e il taglio).

a) b)

t mϕ

Fig. 24. Annullamento della risultante di t (a) e del momento risultante di mϕ (b) sulla sezione del cilindro.

Nel seguito si farà riferimento soltanto allo stato di sollecitazione locale, quello generale verrà
riconsiderato soltanto alla fine della trattazione per imporre la congruenza complessiva.
Relazioni tra tensioni e deformazioni
Relativamente alle componenti membranali, essendo nulla σϕϕm,l, la condizione è di tensione
monoassiale:
σ θθm ,l = Eε θθm ,l (40)

Per le componenti flessionali la condizione è di tensione piana, ma con εθθf,l nulla:


E
σ ϕϕf ,l = ε ϕϕf ,l
1− ν2
(41a,b)
E
σ θθf ,l = νε ϕϕf ,l = νσ ϕϕf ,l
1− ν2
Flessione di un elemento infinitesimo di guscio
Un elemento infinitesimo di guscio, staccato come in fig. 23, è soggetto a un fenomeno di flessione
che viene studiato con un procedimento analogo a quello seguito per le travi.

I-18 Effetto di bordo nei gusci cilindrici


Dispense del corso “Costruzione di apparecchiature per l’industria chimica” – Parte I: Recipienti assialsimmetrici sottili

a) superficie media b) c)
deformata
ul perpendicolare
αl alla superficie x
media deformata
ul ul+dul
αl perpendicolare
wl
alla superficie
media indeformata
wl
superficie media
dz indeformata

Fig. 25. Flessione di un elemento infinitesimo di guscio: a) versi convenzionali; b) spostamento


radiale e rotazione; c) spostamento in direzione meridiana.
Con riferimento allo schema di fig. 25, si determinano le relazioni che sussistono tra spostamento
radiale ul, rotazione αl e spostamento meridiano (ovvero assiale) wl. La rotazione αl è legata allo
spostamento radiale ul dalla relazione (fig. 25b):
du l
αl = (42)
dz
A causa della rotazione del profilo del guscio i punti della parete sono soggetti allo spostamento in
direzione meridiana (fig. 25c):
wl = −α l x (43)
Applicando la consueta definizione, la deformazione flessionale εϕϕf,l viene scritta come:
dwl dα
εϕϕf ,l = = −x l (44)
dz dz
Questa è legata alla tensione σϕϕf,l dalla (41a). La distribuzione di quest’ultima tensione viene
sostituita con il momento flettente per unità di lunghezza mϕ ad essa equivalente:
+s / 2 E dαl +s / 2 Es3 dαl
mϕ = − ∫ σϕϕf ,l xdx = ∫ x 2dx =
−s / 2 1 − ν 2 dz −s / 2 (
12 1 − ν 2 dz) (45)

Es 3
Ponendo D =
(
12 1 − ν 2 ) (rigidezza flessionale) e tenendo conto della (42) si scrive:
d 2 ul
mϕ = D (46)
dz 2
Si noti che la (46) è identica alla relazione tra momento flettente e curvatura in una trave.
Analogamente si sostituisce la distribuzione della tensione σθθf,l, legata alla deformazione εϕϕf,l
dalla (41b), con il momento flettente per unità di lunghezza mθ pari a:
+s / 2 νE dα l +s / 2 νEs3 dαl d 2ul
mθ = − ∫ σθθf ,l xdx = ∫ x dx =
2
= νD 2 = νmϕ
−s / 2 1 − ν 2 dz −s / 2 12 1 − ν 2 dz( dz ) (47)

Equilibrio di un elemento infinitesimo di guscio


Per ricercare la soluzione si deve considerare l’equilibrio, nel piano meridiano del cilindro, di un
elemento infinitesimo di guscio soggetto alle azioni mostrate in fig. 26; si noti che la pressione del
fluido contenuto non è considerata perché è equilibrata dalle tensioni generali. Il carico distribuito
(per unità d’area) q corrisponde all’effetto delle tensioni σθθm,l, determinato come segue (le tensioni

Effetto di bordo nei gusci cilindrici I-19


Luca Goglio

σθθf,l, ovvero i momenti mθ, non influiscono sull’equilibrio nel piano considerato).

(t+dt)Rdθ
mϕRdθ
(mϕ+dmϕ)Rdθ
tRdθ qRdθdz

dz

Fig. 26. Equilibrio di un elemento infinitesimo di guscio.


Tenendo conto della (40) e ricordando che, per la definizione della dilatazione circonferenziale, è
εθθm,l = ul /R, la risultante delle σθθm,l vale:
dθ dθ u dθ
2σθθm,l sdz sin = 2 Eεθθm,l sdz sin = 2 E l sdz sin (48)
2 2 R 2
dθ dθ
Approssimando come di consueto sin ≈ si ottiene:
2 2
ul u
E sdθdz = E l2 sRdθdz = qRdθdz (49)
R R
Si nota quindi che q rappresenta la reazione elastica del guscio allo spostamento radiale ul.
L’equazione di equilibrio alla traslazione in direzione radiale dell’elemento è:
(t + dt )Rdθ − tRdθ − qRdθdz = 0 (50)
Si ottiene:
dt
q= (51)
dz
L’equazione di equilibrio alla rotazione dell’elemento (facendo polo all’estremo sinistro) è:

(mϕ + dmϕ )Rdθ − mϕ Rdθ + (t + dt )Rdθdz − qRdθdz dz2 = 0 (52)

A meno di infinitesimi di ordine superiore si ottiene:


dmϕ
t=− (53)
dz
Si sono quindi ritrovati i noti risultati dello studio della trave secondo i quali una operazione di
derivazione lega rispettivamente tra loro taglio e carico distribuito, momento flettente e taglio. Si
tenga comunque presente che l’elemento in esame si distingue, rispetto ad una trave, per essere
soggetto anche a tensioni applicate sui fianchi (σθθm,l e σθθf,l).

4.2. Equazione differenziale del problema


Le relazioni finora stabilite permettono di scrivere l’equazione differenziale che descrive il
problema. Sostituendo la (53) nella (51) si ha:
d 2 mϕ
q=− (54)
dz 2
Inoltre tenendo conto della (46) si può anche scrivere:

I-20 Effetto di bordo nei gusci cilindrici


Dispense del corso “Costruzione di apparecchiature per l’industria chimica” – Parte I: Recipienti assialsimmetrici sottili

d 3u l
t = −D (55)
dz 3

d 4ul
q = −D (56)
dz 4
Introducendo nella (56) la definizione (49) di q si ottiene l’equazione differenziale, lineare a
coefficienti costanti e omogenea, nella funzione ul:

d 4ul Es
D 4
+ ul = 0 (57)
dz R2
Quest’ultima può essere riscritta nella forma:
d 4 ul
4
+ 4λ4 u l = 0 (58)
dz

dove λ = 4
Es
=4
(
31− ν2 ). La (58) ammette soluzione del tipo:
2 2 2
4 DR R s

ul = C1e + λz sin (λz ) + C2e + λz cos(λz ) + C3e − λz sin (λz ) + C4e − λz cos(λz ) (59)
Si osserva preliminarmente che i coefficienti C1 e C2 devono essere nulli, altrimenti allontanandosi
dal bordo situato in z = 0 la soluzione divergerebbe. Posto C3 = Ucosψ, C4 = Usinψ, utilizzando
l’identità trigonometrica sin α cos β + cos α sin β = sin( α + β) si riscrive la soluzione come:
ul = Ue − λz sin (λ z + ψ ) (60)
Al fine di sfruttare le relazioni (42), (46), (55) è necessario calcolare le derivate della (60) fino
all’ordine 3. La prima derivazione fornisce:

= −λUe−λz [sin (λz + ψ ) − cos(λz + ψ )]


dul
(61)
dz
Moltiplicando e dividendo la (61) per 1 2 = cos(π 4 ) = sin (π 4 ) e utilizzando l’identità
trigonometrica sin α cos β − cos α sin β = sin( α − β) si ottiene:

 1 
= − 2λUe− λz sin (λz + ψ ) − cos(λz + ψ )
dul 1
dz  2 2 
 π π
= − 2λUe− λz sin (λz + ψ ) cos − cos(λz + ψ )
1
sin  (62)
 4 2 4
 π
= − 2λUe− λz sin λz + ψ − 
 4
Si osserva quindi che per questo tipo di funzione la derivazione può essere semplicemente eseguita
moltiplicando per − 2λ e sottraendo π 4 alla fase. Sfruttando tale proprietà si può scrivere:

d 2ul  π
2
= 2λ2Ue− λz sin λz + ψ −  (63)
dz  2
3
d ul  3π 
3
= −2 2λ3Ue− λz sin  λz + ψ −  (64)
dz  4 

Effetto di bordo nei gusci cilindrici I-21


Luca Goglio

Si conclude quindi che lo spostamento e le sue derivate -e quindi la rotazione, il momento e il


taglio- sono funzioni sinusoidali smorzate, aventi lunghezza d’onda proporzionale al reciproco di λ;
quest’ultima governa anche il decadimento esponenziale delle funzioni stesse.

4.3. Determinazione delle costanti incognite


Le costanti U e ψ vengono determinate in base alle condizioni note al bordo, cioè in z = 0. Ai fini
pratici conviene esprimerle in funzione del taglio e del momento agenti al bordo, detti t0 e m0, e poi
successivamente ricavare lo spostamento e la rotazione prodotti da questi ultimi nel bordo stesso.
Spostamento e rotazione causati da m0
Se agisce soltanto il momento mϕ = m0, mentre t = 0, dalle (46) e (55) si ottiene rispettivamente:

 d 2u   π
m0 = D 2l  = D 2λ2U sin  ψ − 
 dz  z = 0  2
(65a,b)
 d 3u   3π 
0 = − D 3l  = D 2 2λ3U sin  ψ − 
 dz  z = 0  4 

3π m0 m0
Si trova ψ = , U= = . Sostituendo questi valori nelle (60) e (62) e
4 D 2λ sen (3π 4 − π 2 )
2
2 Dλ2
assumendo z = 0 si ottengono i corrispondenti valori di spostamento e rotazione del bordo:
m0  3π  1
ul 0 = sin  = m0
D 2λ  4  2 Dλ
2 2
(66a,b)
m0  3π π  1
αl 0 = − 2λ sin −  = − m0
2 Dλ 2
 4 4 Dλ

Spostamento e rotazione causati da t0


Se agisce soltanto il taglio t = t0, mentre mϕ = 0, dalle (46) e (55) si ottiene rispettivamente:

 d 2u   π
0 = D 2l  = D 2λ2U sin  ψ − 
 dz  z = 0  2
(67)
 d 3u   3π 
t0 = − D 3l  = D 2 2λ3U sin  ψ − 
 dz  z = 0  4 

π t0 t
Si trova ψ = , U= = − 0 3 . Sostituendo questi valori nelle (60) e (62)
2 D 2 2λ sin (π 2 − 3π 4 )
3
2 Dλ
e assumendo z = 0 si ottengono i corrispondenti valori di spostamento e rotazione del bordo:
t0 π 1
ul 0 = − sin  = − t0
2 Dλ 3
2 2 Dλ3
(68a,b)
 t  π π 1
αl 0 = − 2λ − 0 3  sin −  = t
 2 Dλ   2 4  2 Dλ
2 0

Coefficienti elastici di bordo


Esaminando le (66a,b) e (68a,b) si osserva che spostamenti e rotazioni del bordo causati
dall’applicazione nello stesso di m0, t0 dipendono linearmente da questi ultimi tramite coefficienti
moltiplicativi funzione della geometria e del materiale del cilindro. Essi sono detti coefficienti

I-22 Effetto di bordo nei gusci cilindrici


Dispense del corso “Costruzione di apparecchiature per l’industria chimica” – Parte I: Recipienti assialsimmetrici sottili

elastici di bordo, in quanto forniscono lo spostamento o la rotazione causati dal taglio o dal
momento (in altri termini, essi sono rispettivamente lo spostamento o la rotazione causati da un
momento o da un taglio unitario).
1 1 1 1
C um = , C αm = − , C ut = − , C αt = (69a,b,c,d)
2 Dλ 2 Dλ 2 Dλ 3
2 Dλ2

4.4. Calcolo di taglio e momento alla giunzione tra due gusci


La risoluzione pratica di un problema in cui è presente un effetto di bordo può essere condotta
agevolmente per mezzo dei coefficienti dati dalle (69). All’interfaccia tra i cilindri in cui si presenta
discontinuità di spostamento e/o di rotazione della soluzione generale, la continuità viene
ripristinata aggiungendo, alla soluzione generale di ciascun cilindro, la soluzione di bordo.

t02 t01 a) u2, ul2 u1, ul1 b)

m02 m01 α2, αl2 α1, αl1

cilindro 2 cilindro 1 cilindro 2 cilindro 1

x2 x1 x2 x1

z2 z1 z2 z1
Fig. 27. Giunzione tra due cilindri: a) tagli e momenti; b) spostamenti e rotazioni.
In fig. 27 è schematizzato il caso di due cilindri collegati; le grandezze ad essi corrispondenti sono
rispettivamente designate con i pedici 1 e 2. Si noti che per il cilindro 2 il riferimento e i versi
convenzionali sono definiti a partire da quelli del cilindro 1 ribaltando rigidamente intorno alla
verticale (direzione radiale); in questo modo le formule ricavate nella precedente trattazione sono
ancora valide.
Per il principio di azione e reazione deve essere:
− t 02 = t 01
(70a,b)
m 02 = m01

Per la continuità di spostamenti e rotazioni (congruenza) deve essere:


u2 + ul 2 = u1 + ul1
(71a,b)
− (α 2 + α l 2 ) = α1 + α l1

Scrivendo spostamenti e rotazioni locali mediante i coefficienti elastici di bordo si ottiene:


u2 + Cum 2 m02 + Cut 2t02 = u1 + Cum1m01 + Cut1t01
(72a,b)
− (α 2 + Cαm 2 m02 + Cαt 2t02 ) = α1 + Cαm1m01 + Cαt1t01

Tenendo conto delle (70) e adottando come coppia di incognite statiche m0 = m01, t0 = t01 (in
pratica taglio e momento sul bordo del cilindro 1) le (72) diventano:
u 2 + C um 2 m 0 − C ut 2 t 0 = u1 + C um1m0 + C ut1t 0
(73a,b)
− α 2 − C αm 2 m 0 + C αt 2 t 0 = α1 + C αm1m0 + C αt1t 0

Effetto di bordo nei gusci cilindrici I-23


Luca Goglio

Nel sistema di equazioni lineari costituito dalle (73) i termini noti sono dati dalla differenza degli
spostamenti generali u1, u2 e dalla differenza delle rotazioni generali α1, α 2. Esso permette di
determinare il momento m0 e il taglio t0 applicati al bordo, dai quali si ricavano tutte le grandezze
utili. In particolare gli andamenti di spostamento locale ul, rotazione locale αl, momento mϕ per il
cilindro 1 sono:
m0  3π  t  π
ul = e − λz sin  λz +  − 03 e− λz sin  λz +  (74)
2λ D
2
 4  2λ D  2
m0 − λz  π t0  π
αl = − e sin  λz +  + e− λz sin  λz +  (75)
λD  2 2λ D2
 4
 π t
mϕ = 2m0e−λz sin λz +  − 0 e− λz sin(λz ) (76)
 4 λ
Nelle (74), (75), (76) λ e D sono quelli relativi al cilindro 1 (cioè calcolati con i dati di
quest’ultimo), il cui pedice è stato omesso per non appesantire ulteriormente la notazione.
Gli andamenti di spostamento e rotazione locali e del momento per il cilindro 2 sono forniti ancora
dalle (74), (75), (76) nelle quali λ e D corrispondono al cilindro 2 e inoltre t0 è sostituito da -t0
(secondo la 70a).
Come riprova del carattere locale della soluzione, la fig. 28 mostra l’andamento delle funzioni
corrispondenti ai contributi del momento e del taglio nella (74). Si nota che già per λz = π i valori
sono praticamente trascurabili.
1.0

0.8

0.6

0.4
 π
e −λz sen λz + 
0.2  2

0.0

-0.2  3π 
e −λz sen λz + 
 4 
-0.4
π/2 π 3π/2 2π
λz
Fig. 28. Andamento delle funzioni armoniche smorzate che compaiono nello spostamento.

Gusci non cilindrici


Il carattere locale della soluzione trovata rende lecito applicarla, con approssimazione accettabile,
anche al caso della giunzione di un cilindro con una calotta sferica o torosferica. Infatti alla
giunzione il raggio del parallelo è comunque lo stesso, mentre la curvatura del meridiano della
calotta è poco sentita se si rimane nelle vicinanze della giunzione. L’approssimazione peggiora
quanto più rapidamente il profilo del fondo devia, seguendo il meridiano, rispetto alla geometria
cilindrica.

I-24 Effetto di bordo nei gusci cilindrici


Dispense del corso “Costruzione di apparecchiature per l’industria chimica” – Parte I: Recipienti assialsimmetrici sottili

a) b)

R R

Fig. 29. Applicazione approssimata della soluzione per il cilindro unito a una calotta sferica (a) o torosferica (b).

4.5. Considerazioni sulla pericolosità dei diversi tipi di tensione


Comunemente nel progetto o nella verifica dei componenti si usa imporre che la tensione ideale nel
punto più sollecitato non superi la tensione ammissibile, pari al limite elastico del materiale diviso
per il fattore di sicurezza (usualmente 1.5 per materiali duttili sotto carico statico).
In alcuni casi questa condizione risulta troppo limitativa per le applicazioni pratiche ed è necessario
derogare. Nel seguito si mostra come ciò viene giustificato, distinguendo i diversi casi.
Per inquadrare correttamente il problema, occorre valutare quali conseguenze causa il
raggiungimento del limite elastico del materiale. Nel seguito quest’ultimo è indicato genericamente
con σel (pari a ReH o Rp0,2 a seconda del comportamento del materiale) mentre la corrispondente
deformazione è εel = σel / E. Per semplicità e a vantaggio della sicurezza si assume che il materiale
abbia comportamento elasto-plastico ideale (raggiunto il limite di elastico la tensione non cresce
ulteriormente).
Caso 1 - Tensioni “primarie” (equilibranti il carico esterno)
-1a): distribuzione costante nello spessore (membranale).
Se la tensione deve equilibrare un carico esterno (per esempio la pressione in un recipiente) ed è di
tipo membranale, allora il raggiungimento del limite elastico corrisponde anche al massimo valore
del carico esterno sopportabile: se quest’ultimo tende a crescere ulteriormente si ha perdita di
equilibrio e conseguente collasso della struttura. Ad esempio, se in un guscio cilindrico la pressione
è tale che σθθ = pR / s = σel, un aumento di essa causa lo scoppio del recipiente.
-1b): distribuzione linearmente variabile nello spessore (flessionale)
In questo caso si ha una “riserva” di resistenza intrinseca, legata alla distribuzione della tensione
non costante nello spessore. Infatti, una volta che il carico ha raggiunto un valore tale da causare
plasticizzazione nei punti agli estremi del diagramma (fig. 30a), se esso cresce ulteriormente può
essere ancora equilibrato perché la plasticizzazione si estende verso l’interno (fig. 30b). Il collasso
avviene quando il carico è tale da causare la plasticizzazione completa della sezione (fig. 30c).
σel a) σel b) σel
c)

Fig. 30. Cedimento per flessione: a) prima plasticizzazione; b) plasticizzazione parziale; c)


plasticizzazione totale.
Il momento, per unità di larghezza della sezione, che causa la prima plasticizzazione vale:

σ el s 2
m′ = (77)
6
Effetto di bordo nei gusci cilindrici I-25
Luca Goglio

Invece il momento per unità di larghezza della sezione che causa il collasso vale:

σ el s 2
m ′′ = (78)
4
Quindi, rispetto alla prima plasticizzazione, si ha ancora un margine di resistenza (incremento di
carico ancora sopportabile) pari a m''/m' = 1.5.
Di conseguenza, per ottenere rispetto al cedimento flessionale lo stesso margine di sicurezza che si
assume rispetto al cedimento membranale, si può assumere una tensione ammissibile 1.5 volte
maggiore.
Caso 2 - Tensioni “secondarie” (non equilibranti il carico esterno)
Le tensioni che non equilibrano il carico esterno in generale sono legate ad uno stato di
sollecitazione che nasce per soddisfare la congruenza; esempi notevoli di esse sono le tensioni
termiche e quelle di effetto di bordo nei gusci.
Tali tensioni possono quindi superare il limite elastico senza che vi sia perdita di equilibrio e da
questo punto di vista non vi è alcuna limitazione.
Una prima, ovvia, limitazione si ha invece per il fatto che la deformazione non può essere illimitata,
perché il materiale -per quanto duttile- non la sopporterebbe.
σ

2σel

σ∗

A B C
σel D

σ∗
2σel
O
εel ε∗ 2εel ε

B'
−σel
C' D'

Fig. 31. Autolimitazione della tensione (“shakedown”).


Una seconda limitazione, più restrittiva, nasce dal seguente ragionamento.
Poiché il fenomeno non è governato dal carico esterno, per la sua comprensione conviene ragionare
sul diagramma σε considerando che la deformazione sia la variabile (indipendente) che lo governa;
la tensione nasce, di conseguenza, come reazione del materiale all’essere deformato.
Con riferimento alla fig. 31, applicando a partire da O (condizione iniziale con tensione e
deformazione nulle) una deformazione di valore ε∗, superiore a εel = σel / E, il materiale si
plasticizza e la corrispondente tensione si assesta (in questo senso si “autolimita”) al valore σel.
Rimuovendo la deformazione si segue la caratteristica BB'; nasce quindi uno stato di tensione
residua corrispondente all’ordinata di B'. Se la deformazione viene applicata di nuovo si percorre
ancora la caratteristica BB' restando in campo elastico e così avviene per tutti gli eventuali cicli

I-26 Effetto di bordo nei gusci cilindrici


Dispense del corso “Costruzione di apparecchiature per l’industria chimica” – Parte I: Recipienti assialsimmetrici sottili

successivi; si può osservare che in queste condizioni l’ampiezza di escursione della tensione è
σ* = E ε*. Il fenomeno è noto con il termine inglese di “shakedown”. Se i cicli applicati non sono in
numero così elevato da far insorgere fenomeni di fatica, questa condizione di funzionamento è
accettabile.
Questa proprietà vale finché la deformazione applicata non supera il valore 2εel (caratteristica limite
CC' sul diagramma), in corrispondenza del quale l’ampiezza di escursione della tensione è 2σel. Se
invece questa soglia è superata, allora anche i cicli successivi al primo comportano della
deformazione plastica; sul diagramma si segue il percorso DD'C'C. Il materiale è dunque sollecitato
a fatica con deformazione plastica, che può portare al cedimento anche dopo un numero di cicli
molto basso.
In conclusione, rispetto a queste tensioni si può assumere un limite pari a 2σel, che consente, dopo il
primo ciclo iniziale di assestamento, di operare sempre in regime elastico.

Effetto di bordo nei gusci cilindrici I-27

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