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Linea generatrice
(meridiano)
a)
b)
P P
n n
rϕ rθ
ϕ ϕ
Cθ
Cϕ
c)
π/2
Fig. 2. Intersezioni della superficie media
del guscio assialsimmetrico:
r Q a) con il piano contenente la normale in P
P e l’asse di simmetria (piano meridiano);
n b) con il piano contenente la normale in P
e normale al precedente;
c) con il piano normale all’asse di
simmetria.
Relativamente al punto P, la curva staccata dal piano meridiano ha centro di curvatura Cϕ e raggio
di curvatura rϕ, la curva staccata dal piano perpendicolare a quello meridiano ha centro di curvatura
Cθ -necessariamente situato sull'asse di simmetria- e raggio di curvatura rθ. Quest’ultimo,
considerando il triangolo rettangolo QPCθ di fig. 3b, è legato al raggio del parallelo r dalla semplice
relazione:
r
rθ = (1)
sin ϕ
a) b)
n P n P r
Q
rϕ rθ
ϕ ϕ
Cθ
Cϕ
Fig. 3. Raggi e centri di curvatura relativi al punto P della superficie media
(situazione visibile nel piano meridiano): a) rϕ, Cϕ; b) r, rθ, Cθ.
σϕϕ
Q
r
σθθ
rϕ
ϕ
Cϕ
Nello studio del comportamento membranale conviene considerare al posto delle tensioni i loro
prodotti per lo spessore s del guscio:
nϕ = σ ϕϕ s , nθ = σ θθ s (2a,b)
nϕ, nθ sono dette forze membranali; esse rappresentano le risultanti per unità di lunghezza
rispettivamente del parallelo o del meridiano delle tensioni omologhe.
La sola condizione di carico considerata in questa trattazione è quella dovuta alla pressione del
fluido sulla superficie del guscio, considerata in termini relativi rispetto all’atmosfera. Nel caso
generale di un fluido pesante, di massa volumica ρ e soggetto alla pressione p0 in corrispondenza
del livello raggiunto, la pressione alla generica quota z (coordinata rivolta verso il basso e con
origine al livello raggiunto) vale:
p = p 0 + ρgz (3)
Grazie all’assialsimmetria e al tipo di carico considerato le sole condizioni di equilibrio
significative (cioè non banalmente soddisfatte dalle stesse ipotesi assunte) sono due equazioni di
equilibrio alla traslazione lungo due direzioni distinte nel piano meridiano. Si rileva quindi che il
problema è di tipo isostatico; è cioè possibile determinare le due forze membranali ricorrendo alle
sole equazioni di equilibrio. Per comodità conviene considerare:
• l’equilibrio alla traslazione lungo la direzione dell’asse di simmetria, nella quale compare
soltanto la forza membranale nϕ;
• l’equilibrio alla traslazione lungo la direzione della normale alla superficie, nella quale
Determinazione di nϕ
Per ottenere la prima equazione di equilibrio si deve imporre l'equilibrio in direzione assiale di una
parte finita di guscio, selezionata mediante una linea di distacco che lo interrompe dove si desidera
valutare nϕ con un’unica sezione perpendicolare all’asse.
Nella scelta del distacco si deve evitare di interrompere il vincolo del recipiente, perché così
facendo si farebbe entrare in gioco la reazione vincolare. Ciò è possibile chiudendo la linea di
distacco superiormente o inferiormente rispetto alla sezione di interesse, come mostrato in fig. 5;
infatti usualmente il recipiente è vincolato in corrispondenza di una sola sezione (quindi è in
condizioni isostatiche) per consentire la dilatazione termica.
linea di a) r b)
distacco ϕ
nϕ nϕ
p
P
P
nϕ ϕ p nϕ
r linea di
distacco
Viceversa nel caso di fig. 5b l'equazione di equilibrio del sistema isolato dal distacco è:
↑: 2πrnϕ sin ϕ − pπr 2 − P = 0 (6)
e quindi:
pπr 2 + P
nϕ = (7)
2πr sin ϕ
Nello studio di un recipiente l’operazione descritta viene ripetuta per ogni tratto caratterizzato da
diversa geometria e/o condizione di carico. Se in corrispondenza della sezione di transizione tra due
tratti la direzione normale al profilo meridiano non è unica (es.: transizione cilindro-cono) la forza
membranale nϕ presenta una discontinuità.
Determinazione di nθ
La seconda equazione di equilibrio può essere ottenuta imponendo l'equilibrio alla traslazione di un
r
elemento infinitesimo di guscio nella direzione della normale alla superficie, definita dal versore n .
Si consideri (fig. 6) un generico elemento di superficie media i cui lati verticali sono due archi di
meridiano sottesi dall’angolo dϕ e i due lati orizzontali sono due archi di parallelo sottesi
dall’angolo dθ. Sui due archi di meridiano, aventi lunghezza dlϕ = rϕdϕ, agisce la forza membranale
nθ che genera la risultante elementare nθdlϕ, con la stessa intensità su entrambi a causa della
simmetria. Sull’arco di parallelo superiore, avente lunghezza dlθ = rdθ, agisce la forza membranale
nϕ con risultante nϕdlθ, mentre su quello inferiore la risultante è nϕdlθ + d(nϕdlθ). Inoltre sulla
r
superficie dell’elemento agisce, nella direzione della normale n , la pressione p (positiva se rivolta
verso l’esterno), che genera una risultante p dlϕdlθ.
a) nϕdlθ b)
Q
p dlθdlϕ
dlθ dθ r Q
r nθdlϕ
dlϕ
nθdlϕ
dϕ rϕ
ϕ
rϕ
Cϕ nϕdlθ+d(nϕdlθ) Cϕ
nϕdlθ
n
rϕ
dϕ Cϕ
nϕdlθ+d(nϕdlθ)
r
Fig. 7. Componente lungo n delle risultanti di nϕ.
Per quanto riguarda le risultanti di nθ, è agevole ricavare prima la componente in direzione radiale
(fig. 8), pari a:
dθ
dFθ,r = 2nθ rϕ dϕ sin ≈ nθ rϕ dϕdθ (9)
2
r
Il contributo di essa lungo n è dato da:
dFθ,n = dFθ ,r sin ϕ = nθ rϕ dϕdθ sin ϕ (10)
I due termini dFϕ,n, dFθ,n e la risultante della pressione devono farsi equilibrio e quindi:
nϕ rdθdϕ + nθ rϕ dθdϕ sin ϕ − prϕ dϕrdθ = 0 (11)
nθdlϕ nθdlϕ
dθ
Q
Fig. 8. Componente radiale delle risultanti di nθ.
Nello studio di un recipiente, dopo aver determinato in ogni suo tratto la forza nϕ applicando il
procedimento descritto nel paragrafo precedente (fig. 5), si determina la forza nθ applicando la (13).
Se in corrispondenza della sezione di transizione tra due tratti un raggio di curvatura presenta una
discontinuità (es.: transizione cilindro-sfera), anche la forza nθ presenta una discontinuità.
nϕ nϕ
p0
R
nϕ nϕ
ϕ R
p0
r
Fig. 10. Guscio sferico soggetto a pressione costante.
Si riscontra quindi che le forze membranali sono uniformi e uguali fra di loro.
Guscio conico o tronco-conico soggetto a pressione interna costante
Con riferimento a uno qualsiasi dei casi di fig. 11 (equivalenti rispetto a questo calcolo), l’equilibrio
alla traslazione assiale porta a scrivere (si noti che questa volta l’angolo ϕ0 è costante):
a)
b)
nϕ rθ nϕ nϕ rθ nϕ
p0 ϕ0 p0 ϕ0
r r
Fig. 11. Guscio conico (a) o tronco-conico (b) soggetto a pressione costante.
tale relazione è valida per ϕ0 ≤ ϕ ≤ π/2; si noti che per ϕ = ϕ0 r = Rssinϕ0, mentre per ϕ = π/2
r = Rc.
In P il raggio di curvatura (del meridiano) rϕ è ovviamente Rt; si determina rθ applicando la (1):
r R − Rt (1 − sin ϕ )
rθ = = c (25)
sin ϕ sin ϕ
a) b)
Rs
Rt
r P
Q
Q' Rt
Cϕ
Cθ ϕ
ϕ0 ϕ0
Rc
Fig. 12. Fondo torosferico: a) geometria generale; b) dettaglio del raccordo toroidale.
a) b)
z piastra
re
s
ri r
θ
traccia della
superficie media
Fig. 13. Piastra assialsimmetrica: a) vista generale e sistema di riferimento; b) dettaglio della superficie media.
a) superficie media b) c)
deformata
z, w perpendicolare
α alla superficie z
media deformata
α w
perpendicolare
alla superficie u
r, u media indeformata
superficie media
indeformata
Fig. 14. Cinematica della piastra: a) convenzioni per spostamenti e rotazione, b) spostamento e rotazione
della superficie media; c) spostamento radiale causato dalla rotazione della superficie media.
z z
y
a) b)
b dx dθ dr
T trdθ
M mθdr
mrrdθ
h
s
M+dM
faccia mrrdθ+d(mrrdθ)
laterale T+dT mθdr
trdθ+d(trdθ)
faccia perpendicolare faccia perpendicolare alla
alla linea d’asse direzione circonferenzale faccia perpendicolare
alla direzione radiale
Fig. 15. Analogie e differenze tra le caratteristiche di sollecitazione in una trave (a) e in una piastra assialsimmetrica (b).
σθθ σrr
mθ
mr
Fig. 16. Distribuzione delle tensioni σrr, σθθ su un elemento infinitesimo di piastra
corrispondenti ai rispettivi momenti flettenti per unità di lunghezza mr, mθ.
In fig. 15 sono presentati comparativamente il caso di una trave (di sezione rettangolare con base b
e altezza h) e di un settore (di ampiezza angolare dθ e spessore s) di una piastra assialsimmetrica.
Nel caso della trave si ha che un elemento infinitesimo di lunghezza dx è sollecitato sulle facce
normali alla linea d’asse dal taglio T e dal momento flettente M (si noti l’incremento infinitesimo
nel passaggio da una faccia all’altra); le facce laterali (corrispondenti ai fianchi della trave) sono
invece libere e scariche.
Nel caso della piastra un elemento infinitesimo di lunghezza dr è sollecitato sulle facce normali alla
direzione radiale dal momento per unità di lunghezza mr e dal taglio per unità di lunghezza t, agenti
sulla lunghezza (arco) rdθ (si noti che in questo caso l’incremento nel passaggio da una faccia
all’altra interessa anche la lunghezza dell’arco); le facce normali alla direzione circonferenziale
(attraverso le quali il settore è connesso al resto della piastra) sono sollecitate dal momento per unità
di lunghezza mθ, agente sulla lunghezza dr, identico su entrambe le facce per ragioni di
assialsimmetria. I momenti mr, mθ corrispondono a distribuzioni nello spessore delle tensioni σrr,
σθθ variabili linearmente, come mostrato in fig. 16. I valori di picco delle distribuzioni sono dati da:
6 mr 6mθ
σ rr , picco = ± σ θθ, picco = ± (26a,b)
s2 s2
relazioni facilmente ricavabili considerando la flessione di una sezione rettangolare di altezza s e
larghezza unitaria soggetta a momento flettente per unità di lunghezza mr, mθ.
È noto che per la trave si scrive l’equazione della linea elastica, che lega il momento alla curvatura:
dα
M = EJ (27)
dx
dove J è il momento d’inerzia della sezione. Similmente, per la piastra si scrive la seguente coppia
di equazioni, che legano i momenti a curvatura e rotazione:
s3E dα α s3E α dα
mθ = +ν
mr =
(
12 1 − ν
)
2 dr
+ν
r ( )
2
12 1 − ν r
dr
(28a,b)
dove compaiono i rapporti s3/12, momento d’inerzia per unità di lunghezza, e E/(1-ν2),
caratteristico dello stato di tensione piana. Dall’integrazione di tali equazioni si ottengono le
soluzioni del problema.
mr =
3+ν
16
(
p r 2 − re2 , ) mθ =
p
16
[
(1 + 3ν )r 2 − (3 + ν )re2 ] (29)
i cui grafici sono riportati in fig. 17. Osservando il diagramma si nota che per r = 0 (asse della
piastra) entrambi i momenti, per ragioni di simmetria, raggiungono lo stesso valore; questo è anche
3+ν 2
il massimo (in modulo) ed è pari a mmax = − pre .
16
1.0
momento circonferenziale
0.8
0.6 re
m /m max
0.4
p momento radiale
0.2
0.0
0.0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1.0
r/r e
Fig. 17. Piastra non forata soggetta a pressione uniforme p e appoggiata al bordo esterno
(ν=0.3): diagrammi dei momenti flettenti.
mr =
p
16
[ ]
(3 + ν )r 2 − (1 + ν )re2 , mθ =
p
16
[
(1 + 3ν )r 2 − (1 + ν )re2 ] (30)
i cui grafici sono riportati in fig. 18. Il massimo valore del momento è raggiunto da mr in r = re
pre2 νpre2
(bordo esterno) e vale m max = , nello stesso punto mθ = νmmax = .
8 8
1.0
0.8 re
0.6
momento radiale
0.4
p
0.2
m /m max
0.0
-0.2
-0.4
momento circonferenziale
-0.6
-0.8
-1.0
0.0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1.0
r/r e
Fig. 18. Piastra non forata soggetta a pressione uniforme incastrata al bordo esterno
(ν=0.3): diagrammi dei momenti flettenti.
configurazione inflessa
P P
configurazione rettilinea
Per mezzo della (16) si trova che a questa pressione corrisponde la seguente tensione
circonferenziale nel cilindro:
2
R E s
σ cr = p cr =
2
(
s 41− ν R ) (34)
profilo indeformato
p
profilo deformato
Fig. 20. Instabilità per ovalizzazione del guscio cilindrico soggetto a pressione esterna.
Si deve inoltre notare che nel caso (sempre presente nella realtà, in maggiore o minore misura) di
profilo iniziale non perfettamente circolare la pressione critica è ancora data dalla (33), però il
materiale raggiunge il limite elastico per valori della pressione minori del valore critico. Di
conseguenza si considera il caso critico come termine di confronto, ma adottando coefficienti di
sicurezza elevati.
Il fenomeno dell’instabilità viene contrastato, se necessario, rinforzando il guscio per mezzo di
anelli di irrigidimento (fig. 21); l’effetto di irrigidimento è fornito anche dai fondi se il cilindro è
sufficientemente corto. In questi casi la pressione critica viene calcolata con la formula (dovuta a
von Mises):
Es 1 − ν2 s2 2 2n 2 − 1 − ν
pcr = + n −1 +
(
)(
R 1 − ν2 2
)n 2 2 12 R 2
L
n − 1 1 + 2 2
1 +
n 2 L2
(35)
π R π 2 R 2
dove L è la distanza fra fondi o anelli di irrigidimento, n il numero di lobi della deformata in
condizioni di instabilità (per bassi valori di L/R il valore di n che minimizza pcr, da inserire nella
formula, è maggiore di 2). Si noti che per L / R elevato e n = 2 la (35) tende alla (33).
L L L L L
b)
a)
∆Rsfera ∆Rcilindro
c)
R
Fig. 22. Giunzione di un guscio cilindrico a uno emisferico a), spostamenti non compatibili previsti dalla
soluzione membranale b), spostamenti compatibili grazie all’effetto di bordo c).
A titolo di esempio, la fig. 22 mostra la giunzione tra un guscio cilindrico e uno emisferico,
entrambi di raggio R e spessore s, soggetti alla pressione p0 del fluido contenuto. L’aumento di
raggio per ciascuno dei due gusci può essere valutato come segue. Se il raggio varia da R a R+∆R,
la lunghezza del parallelo varia di conseguenza da 2πR a 2π(R+∆R); si può quindi definire la
corrispondente deformazione dividendo la variazione di lunghezza per il valore iniziale:
2π( R + ∆R) − 2πR ∆R
εθθ = = (36)
2πR R
La deformazione εθθ è legata alle tensioni dalla legge elastica:
σ θθ − νσ ϕϕ n θ − ν nϕ
ε θθ = = (37)
E Es
Sostituendo la (37) nella (36) si può ricavare:
nθ − νnϕ
∆R = Rεθθ = R (38)
Es
Ricordando i valori delle forze membranali per il cilindro (15), (16) e per la sfera (18), (19) si
riscontra che le variazioni di raggio sono diverse:
p0 R 2 p0 R 2
∆Rcilindro = Rεθθ = (2 − ν ) ∆Rsfera = Rεθθ = (1 − ν ) (39)
2 Es 2 Es
Ciò produrrebbe un distacco tra il bordo del cilindro e quello della sfera (fig. 22b), in realtà lo stato
di sollecitazione aggiuntivo di bordo rende uguali gli spostamenti (fig. 22c).
Lo stato di sollecitazione di bordo presenta alcuni aspetti rilevanti:
• la soluzione ha carattere locale, nel senso che esiste soltanto nell’intorno della zona interessata
a) b)
σθθ σθθm,l
σθθf,l
σϕϕ σϕϕf,l
mθ
mϕ
R R
dθ dz dθ dz
Fig. 23. Componenti di tensione normale agenti nel guscio cilindrico: a) generali; b) locali (sono
rappresentati anche i momenti equivalenti alle distribuzioni delle tensioni flessionali e il taglio).
a) b)
t mϕ
Fig. 24. Annullamento della risultante di t (a) e del momento risultante di mϕ (b) sulla sezione del cilindro.
Nel seguito si farà riferimento soltanto allo stato di sollecitazione locale, quello generale verrà
riconsiderato soltanto alla fine della trattazione per imporre la congruenza complessiva.
Relazioni tra tensioni e deformazioni
Relativamente alle componenti membranali, essendo nulla σϕϕm,l, la condizione è di tensione
monoassiale:
σ θθm ,l = Eε θθm ,l (40)
a) superficie media b) c)
deformata
ul perpendicolare
αl alla superficie x
media deformata
ul ul+dul
αl perpendicolare
wl
alla superficie
media indeformata
wl
superficie media
dz indeformata
Es 3
Ponendo D =
(
12 1 − ν 2 ) (rigidezza flessionale) e tenendo conto della (42) si scrive:
d 2 ul
mϕ = D (46)
dz 2
Si noti che la (46) è identica alla relazione tra momento flettente e curvatura in una trave.
Analogamente si sostituisce la distribuzione della tensione σθθf,l, legata alla deformazione εϕϕf,l
dalla (41b), con il momento flettente per unità di lunghezza mθ pari a:
+s / 2 νE dα l +s / 2 νEs3 dαl d 2ul
mθ = − ∫ σθθf ,l xdx = ∫ x dx =
2
= νD 2 = νmϕ
−s / 2 1 − ν 2 dz −s / 2 12 1 − ν 2 dz( dz ) (47)
σθθf,l, ovvero i momenti mθ, non influiscono sull’equilibrio nel piano considerato).
(t+dt)Rdθ
mϕRdθ
(mϕ+dmϕ)Rdθ
tRdθ qRdθdz
dz
d 3u l
t = −D (55)
dz 3
d 4ul
q = −D (56)
dz 4
Introducendo nella (56) la definizione (49) di q si ottiene l’equazione differenziale, lineare a
coefficienti costanti e omogenea, nella funzione ul:
d 4ul Es
D 4
+ ul = 0 (57)
dz R2
Quest’ultima può essere riscritta nella forma:
d 4 ul
4
+ 4λ4 u l = 0 (58)
dz
dove λ = 4
Es
=4
(
31− ν2 ). La (58) ammette soluzione del tipo:
2 2 2
4 DR R s
ul = C1e + λz sin (λz ) + C2e + λz cos(λz ) + C3e − λz sin (λz ) + C4e − λz cos(λz ) (59)
Si osserva preliminarmente che i coefficienti C1 e C2 devono essere nulli, altrimenti allontanandosi
dal bordo situato in z = 0 la soluzione divergerebbe. Posto C3 = Ucosψ, C4 = Usinψ, utilizzando
l’identità trigonometrica sin α cos β + cos α sin β = sin( α + β) si riscrive la soluzione come:
ul = Ue − λz sin (λ z + ψ ) (60)
Al fine di sfruttare le relazioni (42), (46), (55) è necessario calcolare le derivate della (60) fino
all’ordine 3. La prima derivazione fornisce:
1
= − 2λUe− λz sin (λz + ψ ) − cos(λz + ψ )
dul 1
dz 2 2
π π
= − 2λUe− λz sin (λz + ψ ) cos − cos(λz + ψ )
1
sin (62)
4 2 4
π
= − 2λUe− λz sin λz + ψ −
4
Si osserva quindi che per questo tipo di funzione la derivazione può essere semplicemente eseguita
moltiplicando per − 2λ e sottraendo π 4 alla fase. Sfruttando tale proprietà si può scrivere:
d 2ul π
2
= 2λ2Ue− λz sin λz + ψ − (63)
dz 2
3
d ul 3π
3
= −2 2λ3Ue− λz sin λz + ψ − (64)
dz 4
d 2u π
m0 = D 2l = D 2λ2U sin ψ −
dz z = 0 2
(65a,b)
d 3u 3π
0 = − D 3l = D 2 2λ3U sin ψ −
dz z = 0 4
3π m0 m0
Si trova ψ = , U= = . Sostituendo questi valori nelle (60) e (62) e
4 D 2λ sen (3π 4 − π 2 )
2
2 Dλ2
assumendo z = 0 si ottengono i corrispondenti valori di spostamento e rotazione del bordo:
m0 3π 1
ul 0 = sin = m0
D 2λ 4 2 Dλ
2 2
(66a,b)
m0 3π π 1
αl 0 = − 2λ sin − = − m0
2 Dλ 2
4 4 Dλ
d 2u π
0 = D 2l = D 2λ2U sin ψ −
dz z = 0 2
(67)
d 3u 3π
t0 = − D 3l = D 2 2λ3U sin ψ −
dz z = 0 4
π t0 t
Si trova ψ = , U= = − 0 3 . Sostituendo questi valori nelle (60) e (62)
2 D 2 2λ sin (π 2 − 3π 4 )
3
2 Dλ
e assumendo z = 0 si ottengono i corrispondenti valori di spostamento e rotazione del bordo:
t0 π 1
ul 0 = − sin = − t0
2 Dλ 3
2 2 Dλ3
(68a,b)
t π π 1
αl 0 = − 2λ − 0 3 sin − = t
2 Dλ 2 4 2 Dλ
2 0
elastici di bordo, in quanto forniscono lo spostamento o la rotazione causati dal taglio o dal
momento (in altri termini, essi sono rispettivamente lo spostamento o la rotazione causati da un
momento o da un taglio unitario).
1 1 1 1
C um = , C αm = − , C ut = − , C αt = (69a,b,c,d)
2 Dλ 2 Dλ 2 Dλ 3
2 Dλ2
x2 x1 x2 x1
z2 z1 z2 z1
Fig. 27. Giunzione tra due cilindri: a) tagli e momenti; b) spostamenti e rotazioni.
In fig. 27 è schematizzato il caso di due cilindri collegati; le grandezze ad essi corrispondenti sono
rispettivamente designate con i pedici 1 e 2. Si noti che per il cilindro 2 il riferimento e i versi
convenzionali sono definiti a partire da quelli del cilindro 1 ribaltando rigidamente intorno alla
verticale (direzione radiale); in questo modo le formule ricavate nella precedente trattazione sono
ancora valide.
Per il principio di azione e reazione deve essere:
− t 02 = t 01
(70a,b)
m 02 = m01
Tenendo conto delle (70) e adottando come coppia di incognite statiche m0 = m01, t0 = t01 (in
pratica taglio e momento sul bordo del cilindro 1) le (72) diventano:
u 2 + C um 2 m 0 − C ut 2 t 0 = u1 + C um1m0 + C ut1t 0
(73a,b)
− α 2 − C αm 2 m 0 + C αt 2 t 0 = α1 + C αm1m0 + C αt1t 0
Nel sistema di equazioni lineari costituito dalle (73) i termini noti sono dati dalla differenza degli
spostamenti generali u1, u2 e dalla differenza delle rotazioni generali α1, α 2. Esso permette di
determinare il momento m0 e il taglio t0 applicati al bordo, dai quali si ricavano tutte le grandezze
utili. In particolare gli andamenti di spostamento locale ul, rotazione locale αl, momento mϕ per il
cilindro 1 sono:
m0 3π t π
ul = e − λz sin λz + − 03 e− λz sin λz + (74)
2λ D
2
4 2λ D 2
m0 − λz π t0 π
αl = − e sin λz + + e− λz sin λz + (75)
λD 2 2λ D2
4
π t
mϕ = 2m0e−λz sin λz + − 0 e− λz sin(λz ) (76)
4 λ
Nelle (74), (75), (76) λ e D sono quelli relativi al cilindro 1 (cioè calcolati con i dati di
quest’ultimo), il cui pedice è stato omesso per non appesantire ulteriormente la notazione.
Gli andamenti di spostamento e rotazione locali e del momento per il cilindro 2 sono forniti ancora
dalle (74), (75), (76) nelle quali λ e D corrispondono al cilindro 2 e inoltre t0 è sostituito da -t0
(secondo la 70a).
Come riprova del carattere locale della soluzione, la fig. 28 mostra l’andamento delle funzioni
corrispondenti ai contributi del momento e del taglio nella (74). Si nota che già per λz = π i valori
sono praticamente trascurabili.
1.0
0.8
0.6
0.4
π
e −λz sen λz +
0.2 2
0.0
-0.2 3π
e −λz sen λz +
4
-0.4
π/2 π 3π/2 2π
λz
Fig. 28. Andamento delle funzioni armoniche smorzate che compaiono nello spostamento.
a) b)
R R
Fig. 29. Applicazione approssimata della soluzione per il cilindro unito a una calotta sferica (a) o torosferica (b).
σ el s 2
m′ = (77)
6
Effetto di bordo nei gusci cilindrici I-25
Luca Goglio
Invece il momento per unità di larghezza della sezione che causa il collasso vale:
σ el s 2
m ′′ = (78)
4
Quindi, rispetto alla prima plasticizzazione, si ha ancora un margine di resistenza (incremento di
carico ancora sopportabile) pari a m''/m' = 1.5.
Di conseguenza, per ottenere rispetto al cedimento flessionale lo stesso margine di sicurezza che si
assume rispetto al cedimento membranale, si può assumere una tensione ammissibile 1.5 volte
maggiore.
Caso 2 - Tensioni “secondarie” (non equilibranti il carico esterno)
Le tensioni che non equilibrano il carico esterno in generale sono legate ad uno stato di
sollecitazione che nasce per soddisfare la congruenza; esempi notevoli di esse sono le tensioni
termiche e quelle di effetto di bordo nei gusci.
Tali tensioni possono quindi superare il limite elastico senza che vi sia perdita di equilibrio e da
questo punto di vista non vi è alcuna limitazione.
Una prima, ovvia, limitazione si ha invece per il fatto che la deformazione non può essere illimitata,
perché il materiale -per quanto duttile- non la sopporterebbe.
σ
2σel
σ∗
A B C
σel D
σ∗
2σel
O
εel ε∗ 2εel ε
B'
−σel
C' D'
successivi; si può osservare che in queste condizioni l’ampiezza di escursione della tensione è
σ* = E ε*. Il fenomeno è noto con il termine inglese di “shakedown”. Se i cicli applicati non sono in
numero così elevato da far insorgere fenomeni di fatica, questa condizione di funzionamento è
accettabile.
Questa proprietà vale finché la deformazione applicata non supera il valore 2εel (caratteristica limite
CC' sul diagramma), in corrispondenza del quale l’ampiezza di escursione della tensione è 2σel. Se
invece questa soglia è superata, allora anche i cicli successivi al primo comportano della
deformazione plastica; sul diagramma si segue il percorso DD'C'C. Il materiale è dunque sollecitato
a fatica con deformazione plastica, che può portare al cedimento anche dopo un numero di cicli
molto basso.
In conclusione, rispetto a queste tensioni si può assumere un limite pari a 2σel, che consente, dopo il
primo ciclo iniziale di assestamento, di operare sempre in regime elastico.