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Joseph von Eichendorff nacque nel 1788 da una nobile famiglia slesiana.

Fu funzionario
governativo prussiano, ma fu pensionato per motivi di salute. Negli studi sul poeta si rievoca
sempre il legame sentimentale con la terra natia, con il paesaggio dell’infanzia. Fu tra i romantici
tedeschi il più insigne poeta della natura. I suoi versi, all’apparenza semplici e dalla metrica
elementare, ma agili e ricchi di sfumature ritmiche, sono un caleidoscopio magico che ogni volta
torna a incantare l’infinità di variazioni, sia che lo sguardo si soffermi su oscuri e sconfinati
paesaggi boschivi, sia che descriva scene cittadine da serenata, dove una fontana mormora quieta
e il chiarore lunare si diffonde su ogni cosa. L’armonia di suoni e colori che permea tale lirica
trabocca di misteriosi presentimenti e di un ineffabile struggimento. Alcune delle poesie più belle
sono state musicate da Schumann. Eichendorff riordinò le proprie poesie in raccolta soltanto nel
1837. Da allora molte di esse hanno contribuito a formare l’idea che del romanticismo hanno le
cerchie più vaste di lettori: i quadri lirici del poeta (la solitudine tra la natura, la bellezza del bosco,
del chiarore lunare sulle rovine di un castello) furono determinanti per la creazione degli stereotipi
romantici nella coscienza collettiva. Le prime opere di pregio dell’autore non furono poesie ma
prose narrative. Nei suoi romanzi “Ahnung und Gegenwart” (Presentimento e presente, 1815) e
„Dichter und ihre Gesellen“ (I poeti e i loro compagni, 1834) l’autore poetizza l’esistenza,
giustappone episodi tratti dalla vita personale fuori dal consueto, mette in rilievo conclusioni
moralizzanti, rivelatrici della convinzione del poeta che l’eccentricità di un poeta nasconda
un’attitudine problematica verso la vita.

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