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Psicoanalisi - Concetti introdotti da Fairbairn

William Fairbairn è stato il padre della teoria delle relazioni oggettuali, continuatore ed innovatore del lavoro
di Melanie Klein. Egli ha provocato un cambio di prospettiva rivoluzionario all'interno della teoria
psicoanalitica. Fairbairn si formò all'università di Edimburgo in cui studia tre anni lingua e cultura greca.
Servì sotto il generale Allenby nella campagna palestinese e quando tornò intraprese l'addestramento medico.
Successivamente ha insegnato psicologia ed ha praticato l'analisi. Grazie ai suoi scritti è diventato membro
socio della British Psychoanalytical Society nel 1931. Ha condotto una vita appartata all'interno
dell'associazione, mantenendosi fuori dalle contese che a quel tempo dividevano la società in fazioni e
conducendo tutta la sua vita nell'isolata Edimburgo.

Teoria della libido oggettuale


In ordine alla problematica delle relazioni oggettuali, le ipotesi sull’origine degli oggetti si sono variamente
succedute nelle teorie psicoanalitiche. Secondo Freud l’oggetto era strumentale alla pulsione. La pulsione è
innata e si associa attraverso l'apprendimento al suo oggetto. La teoria della Klein ipotizzava che l’oggetto, o
almeno il suo equivalente interno, la fantasia inconscia, fosse co-originario alla pulsione. Fairbairn propose
una terza via, più aderente alla realtà di quella di Freud e meno fantasiosa di quella della Klein. Considerò
come innata solo la cosiddetta libido oggettuale, che ci spinge a formare legami con individui che si
prendono cura di noi. Le modalità in cui si esplica sono apprese perché la libido è “relazionale”.
Gli oggetti interni per la Klein sono una caratteristica innata della vita psichica e le relazioni oggettuali
interiorizzate sono le forme primarie del pensiero e dell’esperienza. Secondo Fairbairn gli oggetti interni
sono il risultato di cure genitoriali inadeguate: se i bisogni di dipendenza del bambino non sono soddisfatti si
verifica un allontanamento patologico dalla realtà esterna e si formano presenze private (gli oggetti interni)
con i quali viene mantenuto un legame fantasmatico (le relazioni oggettuali interiorizzate).

Concetti chiave
a) La libido non è ricerca di piacere, ma ricerca di oggetto: il piacere non è l’obiettivo finale
dell’impulso, ma un mezzo per raggiungere il suo vero fine – la relazione con l’altro. Questa “libido”
è riconcettualizzata come “bisogno di relazione” e descrive, piuttosto che una specifica forma di
energia o di sensualità, l’orientamento della persona verso le relazioni con altri e il suo bisogno di
esse.
b) L’impulso è inseparabile dalla struttura: non c’è separazione tra l’Io e l’Es. Le strutture dell’Io
possiedono energia – sono energia – ed essa è, fin dall’inizio, strutturata e diretta verso oggetti.
c) Analogamente, l’Io è inseparabile dall’oggetto: per essere importante un oggetto deve avere una
parte di Io legata a sé, altrimenti esso è emotivamente irrilevante. L’Io è conoscibile solamente in
quanto legato ad oggetti.
d) Gli oggetti primari che la libido cerca prima di qualsiasi deprivazione o interferenza sono le altre
persone significative per il soddisfacimento dei bisogni di relazione.
e) Gli oggetti interni sono sostituti e soluzioni di carattere compensatorio di rapporti insoddisfacenti
con oggetti esterni, reali.
f) La psicopatologia non deriva da conflitti degli impulsi verso la ricerca di piacere, ma è un riflesso di
disturbi e interferenze nei rapporti con altri e consiste nello studio delle relazioni dell’Io con i suoi
oggetti interni. La terapia psicoanalitica non consiste in una risoluzione di un conflitto inconscio
degli impulsi alla ricerca del piacere, ma in un processo attraverso il quale è ripristinata la capacità di
avere un contatto diretto e pieno con altri esseri umani reali.
g) L’aggressività non è un fattore motivante primario, bensì una reazione alla frustrazione della meta
primaria – la relazione oggettuale.
h) La sequenza di sviluppo dei bisogni di relazione passa, attraverso numerose transizioni, dalla
dipendenza infantile all’intimità matura dell’amore adulto.

Teoria dello sviluppo


Secondo Fairbairn lo sviluppo normale consiste in un graduale processo tramite il quale una modalità
infantile, dipendente, di relazione con altri è sostituita da una capacità di reciprocità adulta. I primi mesi di
vita del bambino sono imperniati dall’esperienza di fusione con la madre. L’identificazione primaria è la
modalità relazionale attraverso la quale il bambino piccolo sperimenta contatti con altri durante questo
periodo ed è definito come l’investimento di un oggetto, che non è stato ancora differenziato dal soggetto che
investe.
Lo stadio della dipendenza matura tra adulti contraddistingue lo sviluppo emotivamente sano.
La fase di transizione fa da ponte tra le relazioni oggettuali basate sulla dipendenza infantile e quelle basate
sulla dipendenza matura. Ciò implica una rinuncia agli attaccamenti compulsivi agli oggetti, basati su
identificazione e fusione primarie, in favore di relazioni basata su differenziazione e scambio reciproci e il
conflitto tra la spinta evolutiva verso una dipendenza matura e relazioni più ricche e la riluttanza regressiva
ad abbandonare dipendenza infantile e legami con oggetti indifferenziati (esterni e interni) per paura di
perdere ogni genere di contatti. Tale conflitto costituisce il nucleo della psicopatologia.

Strutturazione psichica
Le innovazioni nella teoria motivazionale ed evolutiva di Fairbairn si riflettono anche sul suo approccio alla
teoria strutturale. Come si è visto, egli immagina un Io unitario e integrato, dotato di una propria energia
libidica, in perenne ricerca di relazioni con oggetti esterni reali; se questi contatti sono soddisfacenti, l’Io
rimane integrato. Relazioni insoddisfacenti con oggetti esterni naturali rendono necessario che l’Io costruisca
da sé oggetti interni di natura compensatoria.
La scissione dell’Io è una conseguenza di tale proliferazione di oggetti interni, poiché differenti porzioni di
Io rimangono correlate a differenti oggetti interni.
Nella visione di Fairbairn la relazione con i primi agenti delle cure materne ha due caratteristiche
fondamentali: una componente gratificante e una non gratificante. Quest’ultimo aspetto è ulteriormente
divisibile in funzione dell’atteggiamento dell’oggetto verso l’Io (eccitante/rifiutante).
Nei confronti della madre, il bambino ha tre diverse esperienze: madre gratificante, madre allettante, madre
deprivante. Quando la relazione originale con la madre reale diventa insoddisfacente, viene internalizzata. Il
risultato, quindi, non è una singola relazione interna, ma tre, corrispondenti alle tre caratteristiche della
relazione esterna con la madre. I tre distinti oggetti interni sono chiamati da Fairbairn l’oggetto eccitante
(corrispondente agli aspetti eccitanti/allettanti della madre), l’oggetto rifiutante (corrispondente agli aspetti
deprivanti, di negazione, della madre) e l’oggetto ideale (corrispondente agli aspetti gratificanti della madre).
Quest’ultimo consiste nell’interiorizzazione di aspetti dell’oggetto buono ora non più soddisfacenti nella
realtà, le cui qualità in quanto oggetti interni diventano da gratificanti a ideali.
Man mano che ciascuna di queste caratteristiche della madre è internalizzata e stabilita come oggetto interno,
una parte dell’Io integrato, diretto all’esterno, è scissa dalla sua unità originaria, per essere legata all’oggetto
interno corrispondente.
Fairbairn denomina in tre modi diversi le porzioni di Io implicate in una relazione oggettuale con gli oggetti
interni:
- Io libidico: è la porzione di Io legata e identificata con l’oggetto eccitante e che, di conseguenza, è in
perpetua e avida ricerca dell’allettante promossa di relazioni;
- Io anti-libidico: è la porzione di Io legata all’oggetto rifiutante e con esso identificata. Esso è ostile e
ironico nei confronti di qualsiasi contatto o prospettiva di gratificazione;
- Io centrale: è la porzione di Io legata e identificata con l’oggetto ideale, ossia con gli aspetti
gratificanti e confortanti delle relazioni con la madre. L’Io centrale è anche la parte residua dell’Io
originale, ancora utilizzabile per le relazioni con le persone reali del mondo esterno.

Nel senso della teoria di Fairbairn, l’oggetto eccitante e quello rifiutante sono oggetti “cattivi”, in quanto non
gratificanti. L’Io mantiene relazioni con questi oggetti nel suo sforzo di controllarli e di conservare
incontaminate da frustrazioni, rabbia e desideri insoddisfatti le sue relazioni con la madre reale. Il bambino
internalizza anche un oggetto “buono”, l’oggetto ideale, che è composto delle caratteristiche gratificanti della
madre. L’internalizzazione di questo oggetto è il risultato di uno sviluppo secondario, che Fairbairn chiama
la “difesa morale”: l’Io centrale tenta di vivere secondo gli ideali di questa istanza psichica nella convinzione
che, se questi saranno raggiunti, la relazione e il contatto saranno imminenti. Questo sforzo per la perfezione
morale serve da distrazione e difesa contro l’investimento degli oggetti interni cattivi, da parte dell’Io
sussidiario (libidico e anti-libidico). In Fairbairn, diversamente da Freud, le caratteristiche della difesa
morale non sono coercitive ma positive.
Ciò che rimane dell’Io centrale, dopo la scissione degli Io sussidiari e l’investimento difensivo dell’oggetto
ideale, viene usato al servizio delle relazioni con altri reali del mondo esterno.
La psicopatologia deriva da questa scissione dell’Io e dall’attaccamento delle risultanti porzioni dell’Io ai
loro oggetti interni, a spese delle relazioni con persone reali. Nel modello di Fairbairn tutti i principali
protagonisti del conflitto interno sono essenzialmente unità relazionali, composte da una porzione di Io e una
porzione delle relazioni del bambino con i genitori, sperimentate come un oggetto interno. Il conflitto si
verifica fra le tre configurazioni Io/oggetto (Io libidico/oggetto eccitante, Io anti-libidico/oggetto rifiutante,
Io centrale/oggetto ideale).

Dinamiche genitoriali
Per Fairbairn, la situazione psichica universale (la scissione dell’Io) si stabilisce in tutti i suoi aspetti
esenziali, nelle prime relazioni orali con la madre. Il rapporto con il padre ricapitola semplicemente la
relazione iniziale con la madre. Analogamente alla madre, il bambino sperimenta il padre sia come
gratificante che non gratificante. Anche con il padre, egli costruisce dunque un oggetto eccitante, un oggetto
rifiutante, un oggetto ideale. Ci sono dunque due serie di ciascuno di questi oggetti: una deriva dalle relazioni
con la madre, l’altra derivante dalla relazione con il padre. L’Io del bambino combina queste due serie di
oggetti per formare un singolo oggetto ideale, che deriva dalle relazioni con entrambi i genitori.
Il bambino proietta sui genitori le immagini degli oggetti interni eccitanti e rifiutanti. Il più delle volte il
genitore del sesso opposto diventa l’oggetto eccitante, seducente e allettante, l’altro genitore è l’oggetto
rifiutante, un rivale malevole e interferente. Secondo Fairbairn, questa scelta è determinata in parte dal sesso
biologico del bambino, in parte dalle sue relazioni emotive con i rispettivi genitori.

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