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IL LINGUAGGIO

CINEMATOGRAFICO
Mon oncle, 1958, Jacques Tati
1. MON ONLCE - analisi filmica inizio

Blocchi narrativi del film:

titoli di testa
calesse e cani che vanno dalla città vecchia alla
casa moderna
vita nella casa moderna-viaggio macchina
mercato zona vecchia

i blocchi si intuiscono meglio a livello sonoro


SISTEMA DI
OPPOSIZIONI Città vecchia Città moderna
in Mon Oncle
Inquadrature Larghe Strette
Principio regolatore Caos Ordine
(palazzo Hulot, sporcizia- (pulizia strade, segnaletica,
rifiuti dei cani) rigore geometrico, traffico
ordinato)

Costumi/abbigliamento Abbigliamento a caso Abbigliamento adeguato


Hulot personaggio fuori dal al ruolo sociale
tempo: impermeabile e
ombrello con sole
Colori Varietà e calore dei Colori freddi e grigiore
cromatismi edifici
Scenografie Manca economia Elevata funzionalità e
funzionale (casa Hulot) automazione

Gestualità Movenze distese e I gesti rigidi e controllati


imprevedibili degli abitanti

Musica Musica festosa e rurale Jazz ritmato + rumori


meccanici e stranianti
Ogni elemento espressivo è un codice!
Ogni elemento espressivo è un codice!

Ogni elemento espressivo è significante, ovvero


“significa qualcosa” che deve essere
interpretata.

Ad esempio un colore caldo significa qualcosa,


mentre i toni sul grigio ne significano un’altra….

Le parole che vengono dette in un film sono solo


la minima parte di ciò che il film ci sta
dicendo/raccontando.
“Nella maggior parte dei film c'è poco cinema e
molto di quella che chiamo fotografia di gente che
parla. Quando si racconta una storia al cinema,
non si dovrebbe ricorrere al dialogo se non
quando è impossibile fare altrimenti. Mi sforzo
sempre di cercare per prima cosa il modo
cinematografico di raccontare una storia per
mezzo della successione delle inquadrature e
delle sequenze”.
Alfred Hitchcock
Ogni elemento espressivo è un codice!

Non come il codice MORSE però, che è un


codice rigido!
Il codice Morse è un sistema per trasmettere
lettere, numeri e segni di punteggiatura per
mezzo di un segnale in codice ad
intermittenza.

Fu oggetto di studio di Samuel Morse e venne


sperimentato per la prima volta nel 1848.

Il codice Morse è una forma ante litteram di


comunicazione digitale. Tuttavia, a differenza
dei moderni codici binari che usano solo due
stati (comunemente rappresentati con 0 e 1), il
Morse ne usa cinque: punto (•), linea (—),
intervallo breve (tra punti e linee all'interno di
una lettera), intervallo medio (tra lettere) e
intervallo lungo (tra parole).
Il linguaggio: è un complesso sistema di segni
visivi e/o auditivi, ognuno dei quali si riferisce
in maniera tendenzialmente univoca ad
altrettanti significati.

La parola tavolo non ha alcuna relazione


fisica con l’oggetto cui si riferisce, eppure chi
conosce quell’insieme di lettere le associa
immediatamente all’oggetto reale.

Pagg. da 8 a 11 del libro “Corso di linguaggio


audiovisivo e multimediale”
Emittente -→ Messaggio -→ Destinatario

I messaggi devono essere espressi in un


linguaggio che possa essere conosciuto sia
dall’emittente che dal destinatario.

Senza un linguaggio il messaggio non


sarebbe nemmeno formulabile dall’emittente,
come accade quando non si riesce ad
esprimere con le parole un sentimento
complesso; oppure sarebbe formulabile ma
non riconoscibile dal ricevente, ad esempio
quando si ascolta un intervento in una lingua
sconosciuta.
Nel linguaggio cinematografico non c’è
corrispondenza univoca tra Significanti
e Significati, tra i vari elementi che
compongono un film e il loro
significato!
Promemoria:

Il SIGNIFICANTE è l’elemento che cade sotto la


percezione dei sensi (suono della parola o
un’immagine che rappresenta un soggetto)

Il SIGNIFICATO è il concetto, l’oggetto concreto


a cui il significante viene associato dalla mente
umana (ad es. l’oggetto bicchiere, il bicchiere
che vedo o dal quale bevo)
Ogni interpretazione si basa su
un segno che è per la semiotica
l’elemento minimo a cui si possa
attribuire una relazione

ALIQUA pro ALIQUO

Il segno si caratterizza quindi per


essere, secondo il linguista
Ferdinande de Saussure,
un’unità indissolubile di due
elementi, significante e
significato.
IL TRIANGOLO SEMIOTICO
Il segno è in generale "qualcosa
che rinvia a qualcos'altro"
Segno è qualunque manifestazione acustica o
grafica, qualunque oggetto, fatto, evento,
stimolo fisico o intellettuale o psicologico, che
assuma un significato comunicativo per il nostro
cervello.
Le nuvole ad esempio sono un fenomeno
atmosferico, ma nel momento in cui qualcuno ne
nota la forma (leggera, stratificata, compatta e
spessa, ecc.) e il colore (azzurro chiaro, rosa,
grigio chiaro o scuro) e cerca di interpretare
questi dati per trarne previsioni sul tempo, in
quel momento le nuvole diventano un SEGNO.
I segni che costituiscono le lingue sono
detti arbitrari giacché non c’è alcun
legame “naturale” fra il significante e il
significato, bensì un legame
convenzionale e arbitrario. Ne è la prova
il fatto che nelle varie lingue si utilizzano
significanti grafici e fonetici diversi per
indicare lo stesso significato (ad
esempio: cane, chien, dog, ...)
I segni iconici sono i segni costituiti da
immagini, siano esse fotografiche che
grafiche.

Vi è una relazione naturale di


somiglianza fra il significante e il
significato, perché il segno ci riporta in
qualche modo l’apparenza dell’oggetto,
animale o persona cui rinvia. Più
correttamente si può dire che fra i due
c’è un rapporto di analogia, cioè un
rapporto di somiglianza strutturale.
ROMAN JAKOBSON
LA COMUNICAZIONE

Il linguista Roman Jakobson ha schematizzato sei aspetti


fondamentali della comunicazione verbale, che sono tuttavia
riconducibili anche ad altre forme di comunicazione, comprese
quelle che utilizzano un linguaggio non verbale ma che si
servono, ad esempio, di suoni o di gesti.
ROMAN JAKOBSON - LA COMUNICAZIONE

Egli ha individuato:

un mittente (o locutore, o parlante) che è colui che invia


un messaggio che è l'oggetto dell'invio
un destinatario (o interlocutore), che riceve il messaggio, il
quale si riferisce a
un contesto (che è l'insieme della situazione generale e
delle circostanze particolari in cui ogni evento comunicativo
è inserito). Per poter compiere tale operazione sono
necessari
un codice che risulti comune a mittente e destinatario, e
un contatto (o canale) che è una connessione fisica e
psicologica fra mittente e destinatario, che consenta loro di
stabilire la comunicazione e mantenerla.
MODELLO DI LASSWELL

Nel 1948 la ricerca nel campo della comunicazione era


ancora ad un livello primitivo e i maggiori studiosi
erano intenti a cercare di capire in particolare gli effetti
dei mezzi di comunicazione di massa sul loro pubblico.

In quell'anno Harold D. Lasswell, studioso di politica, cercando


di trovare una sistema per l'analisi della comunicazione, formulò
questa affermazione:

"A convenient way to describe an act of communication is to


answer the following questions: Who Says What in Which
Channel To Whom With What Effect?"
Lasswell - LA COMUNICAZIONE

Questa breve ma efficace definizione riesce a


comprendere tutti i maggiori settori della ricerca
sulla comunicazione, fornendo così un modello
per l'analisi dei diversi campi di studio. Infatti
possiamo dividere le varie componenti del
modello in:
Lasswell - LA COMUNICAZIONE

Il modello di Lasswell presenta dei problemi:

- esso mostra la comunicazione come un percorso a senso


unico, senza considerare l'elemento di feedback dell'ascoltatore,
considerando quest'ultimo solo come un elemento passivo,
mentre studi successivi hanno mostrato come il destinatario, e il
suo interscambio col mittente abbia un ruolo fondamentale.

- questo modello si basa fondamentalmente sulle teorie


comportamentiste degli anni quaranta, da cui poi tra origine il
modello stimolo-risposta, e quindi non prende in considerazione
l'intenzionalità della comunicazione (il perché una comunicazione
avviene) e il fatto che la comunicazione non è diretta tra
emittente e destinatario, ma esistono fasi intermedie di
comprensione del messaggio, che non è quindi solamente
assorbito in modo passivo dal ricevente.
Cosa significa questo SIGNIFICANTE?
Il linguaggio cinematografico è formato da diversi
codici, alcuni sono prettamente cinematografici
altri non sono cinematografici.

ESEMPI DI CODICI CINEMATOGRAFICI:


Codice delle variazioni scalari (le inquadrature)
codice dei movimenti della macchina da presa
codice angolazioni mdp
codice formato schermico
codice composizione figurativa
...
Il linguaggio audiovisivo è una sorta di
macrolinguaggio, risultante dalla fusione di più
linguaggi costitutivi.
Il linguaggio della ripresa
Il linguaggio dell’illuminazione
Il linguaggio dell’ambientazione
Il linguaggio della caratterizzazione
Il linguaggio del corpo
Il linguaggio del montaggio
Il linguaggio del suono
Il linguaggio della musica
Il linguaggio della grafica
Pier Paolo Pasolini (regista e poeta) definì il
cinema come linguaggio scritto della realtà,
per similitudine alla lingua verbale scritta e
parlata.
La vita di ognuno di noi, la realtà più in generale,
esprime qualcosa di noi come persone, come
esseri umani, come esseri viventi, come
sistema… è un linguaggio che comunica. Il
cinema è la fase scritta di questo linguaggio
naturale.

“Pasolini - Il cinema come linguaggio della realtà”


https://www.youtube.com/watch?v=0pPzX3hCOhI
Appendice - Mehrabian

Albert Mehrabian, uno


psicologo statunitense, nel
1971 condusse uno studio
fondamentale in merito
all’importanza dei diversi
aspetti della comunicazione
nel trasmettere un
messaggio.
Esso evidenziava l’esistenza di tre componenti
che sono alla base di qualunque atto
comunicativo: il linguaggio del corpo, la voce,
le parole.
Appendice - Mehrabian

In base ai dati emersi, Mehrabian formulò il


modello del “55, 38, 7%”, secondo il quale:

Il 55% del messaggio comunicativo è dedotto


mediante il linguaggio del corpo (gesti, mimica
facciale, posture);

Il 38% è dedotto dagli aspetti paraverbali (tono,


ritmo, timbro della voce);

Il 7% è dedotto dalle parole pronunciate, cioè dal


contenuto verbale.
Appendice - Mehrabian

Da questo studio si evince che le prime


impressioni sono determinate principalmente dal
modo in cui ci presentiamo e dal modo in cui
diciamo le cose al nostro interlocutore anziché dal
contenuto verbale.

La comunicazione non verbale, pertanto,


rappresenta un mezzo per cogliere il messaggio
reale e nascosto che in taluni casi non viene
esplicitato.
Appendice 2 – denotazione/connotazione

Denotazione = significato letterale e immediato


di un termine

Connotazione = significato ulteriore del


termine allusivo, evocativo, di ciò che ruota
intorno al termine.

Se prendiamo come esempio la parola


"deserto", può indicare un luogo geografico
(denotazione) oppure una condizione umana
(connotazione: deserto dell'anima = solitudine)
Appendice 2 – denotazione/connotazione

Denotare significa infatti, individuare il


significato base di un termine, o anche di
un oggetto, quindi descriverlo
oggettivamente, analizzando gli elementi
fisicamente percepibili nell’immagine o nel
segno in generale.

De-notare o meglio notare, a guardar


bene: vuol dire sia distinguere, sia
mettere in evidenza, sia registrare e
scrivere.
Appendice 2 – denotazione/connotazione

L’analisi connotativa consiste nel


descrivere dei significati che il segno e i
suoi elementi assumono nel contesto
culturale, sociale e simbolico
dell’emittente e/o del ricevente.

L’analisi fa riferimento a strutture sociali,


schemi culturali, valori, associazioni
simboliche, proiezioni nel vissuto
personale o sociale.

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