Sei sulla pagina 1di 124

9,90€*

VOL. III 1940-1990 DAL NAZISMO A SADDAM

LE PIÙ GRANDI
BATTAGLIE
DELLA STORIA
1940 TARANTO 6

1940-1990 1941 NORDAFRICA 12

III DAL NAZISMO


1941 GIARABUB 18

1941 BISMARCK 22

A SADDAM 1942 TOKYO 26

1942 BARCE 30

LE PIÙ GRANDI 1942 EL ALAMEIN 34

BATTAGLIE
1942 MIDWAY 38

1943-1944 BIRMANIA 42

DELLA STORIA 1943 KURSK 46

1944 KAMIKAZE 50

D al trionfo dei panzer tedeschi in


Francia agli sviluppi della guerra
aerea fino ai missili intercontinentali
1944 NORMANDIA

1944 ANZIO
56

62
e all’opzione nucleare. A partire dalla
1944 RIMINI 66
Seconda guerra mondiale l’arte bellica
si è rivoluzionata e la tecnologia 1944 BASTOGNE 70
militare ha assunto un ruolo centrale,
trasformando profondamente strategie e 1944 MONTECASSINO 72
tattiche consolidate in migliaia di anni.
1944 DEBRECEN 76

1945 IWO JIMA 82

1939-1945 UNIFORMI 84

1944-1975 INDOCINA 90

1948 LATRUN 94

1950-1953 COREA 98

1954 DIEN BIEN PHU 104

1967 GUERRA DEI SEI GIORNI 108

1973 YOM KIPPUR 114

COPERTINA: I ARCANGEL - IV C. GIANNOPOULOS 1990 DESERT STORM 118

3
DAI FANTI AL
Tra il 1939 e gli Anni ’90 grazie alla tecnologia le risorse belliche delle

L
a guerra iniziò il 1° settembre 1939 e già nella prima quella di Midway, la flotta giapponese e quella americana si af-
metà del 1940 la Wehrmacht sembrava una macchi- frontarono per la prima volta senza neanche avvistarsi, ma so-
na inarrestabile: aveva schiacciato la Polonia, occu- lo tramite gli aerei lanciati dalle loro portaerei. A Midway ci fu
pato Danimarca e Norvegia e ora volgeva le sue mi- appunto il momento di svolta nella Guerra del Pacifico.
re a ovest. Il 10 maggio i tedeschi lanciarono l’offensiva contro A ovest intanto invece veniva confermato il potenziale stra-
Francia, Belgio e Olanda. Il Blitzkrieg, la guerra lampo, fu un ca- tegico del sommergibile: nella battaglia dell’Atlantico la lunga
polavoro di strategia e arte operativa che fece crollare una del- lotta tra gli U-boote tedeschi e le forze aeronavali alleate, im-
le maggiori potenze dell’epoca in poco più di un mese e mezzo, pegnate nella scorta ai convogli che trasportavano dal Norda-
grazie alla letale combinazione di grandi formazioni corazzate merica truppe, rifornimenti e materiali, ebbe conseguenze tali
e dell’aviazione. Le operazioni belliche successive portarono poi da spingere Winston Churchill a dubitare della vittoria finale.
a maturazione le grandi innovazioni della tecnologia e dell’arte Verso la Guerra fredda. Il mondo che nel 1945 uscì da
bellica già usate nella Grande guerra. Sui campi di battaglia gli quello scontro di lì a poco sarebbe piombato di nuovo nella lo-
eserciti si trasformarono in modo rapido e definitivo da grandi gica della Guerra fredda. Le superpotenze Usa e Urss impo-
masse di fanti e cavalieri ad articolati complessi distruttivi. La starono il loro confronto sulla base del concetto di deterren-
fanteria rimase sempre la “regina delle battaglie”, ma anch’es- za nucleare, secondo il quale si riconobbe che armi di tale po-
sa venne dotata di veicoli per aumentarne a dismisura la velo- tenza distruttiva determinavano i rapporti di forza tra gli Sta-
cità di movimento e di manovra, e di mezzi da combattimento ti per il solo fatto di esistere. Nasceva la cosiddetta “triade” in
per incrementarne la potenza di fuoco. Il carro armato e i vei- cui si articolano ancora oggi le forze nucleari strategiche: gli
coli corazzati vennero consacrati come paradigma della capaci- ICMB, i missili balistici intercontinentali basati a terra, i bom-
tà di combattimento, espressa grazie alle caratteristiche di mo- bardieri strategici e la componente più furtiva e insidiosa, gli
bilità, protezione e potenza di fuoco, ma nelle sterminate step- SSBN (Submersible Ship Ballistic Nuclear), i micidiali sotto-
pe del fronte orientale e in Europa Occidentale affrontarono marini lanciamissili balistici in grado di restare celati per me-
anche grandi prove che in molti casi ne evidenziarono i limiti. si sotto la superficie degli oceani.
Aviazione in primo piano. La Seconda guerra mondiale Ma mentre in Europa le forze della Nato e del Patto di Varsa-
disvelò poi l’importanza decisiva dell’aviazione militare: è vi- via si contrapposero per decenni lungo la Cortina di ferro mi-
vo ancora oggi il dibattito su quale fu la reale valenza strategi- nacciando una guerra impensabile da combattere sotto l’om-
ca della sua massima espressione, ovvero le grandi campagne brello di migliaia di testate atomiche, nel resto del mondo il de-
di bombardamento strategico, in particolare quelle condotte
dagli Alleati contro Germania e Giappone, ma il fatto che una NEL PACIFICO
qualsiasi operazione, terrestre o navale, senza la partecipazio- Seconda guerra
ne delle forze aeree non possa più essere neanche pensata è un mondiale, Iwo Jima,
1945: i Marines stanano
fatto incontrovertibile maturato in quegli anni terribili. In poco i giapponesi facendo
tempo si passò dai velivoli biplani al debutto operativo dei cac- saltare l’imboccatura dei
ciabombardieri e quando, nell’agosto 1945, l’umanità si trovò a loro rifugi sotterranei.
sperimentare l’immane potenziale distruttivo dell’arma nucle-
are, si apprese che quel carico di morte e distruzione era piom-
bato su Hiroshima dal cielo, sganciato dal ventre di un bom-
bardiere Boeing B-29 “Superfortress”.
Sul mare, dal punto di vista strategico la vittoria arrise alle
grandi potenze navali di Stati Uniti e Gran Bretagna: la prima
ne venne fuori in grande ascesa, la seconda in declino. Anche
la sconfitta delle armate tedesche sul fronte orientale, seppur
opera delle forze aeroterrestri dell’Unione Sovietica, non sa-
rebbe stata probabilmente possibile senza il massiccio suppor-
to fornito dagli aiuti in armi e materiali statunitensi e britanni-
ci. Il secondo conflitto mondiale fu di importanza fondamen-
tale anche nel momento in cui cambiò per sempre la guerra
navale decretando la fine del predominio della corazzata, inco-
ronando al suo posto la portaerei quale nuova “regina dei ma-
ri” a partire dalla primavera del 1942, quando tra il 4 e l’8 mag-
gio, nella battaglia del Mar dei Coralli, e tra il 4 e il 7 giugno in

4
NUCLEARE
superpotenze arrivano al massimo sviluppo. È la guerra senza ritorno
mone della violenza bellica continuò a infuriare come e più di ra elettronica e della missilistica con il primo impiego di mu-
prima. Furono numerosi i conflitti combattuti nel Terzo mon- nizionamento guidato di precisione, ovvero quelle armi og-
do, in maggioranza influenzati o scaturiti dallo scontro politi- gi protagoniste dei moderni conflitti e conosciute dal grande
co e ideologico tra i due blocchi, in alcuni casi combattuti dal- pubblico come “bombe intelligenti”. Contemporaneamente, in
le stesse superpotenze, come accadde per l’America in Corea e campo navale i tradizionali cannoni vennero sostituiti dal mis-
nel Sud-Est asiatico e per la Russia in Afghanistan. sile antinave, una nuova arma che si svelò al mondo il 21 otto-
Le armi definitive. A causa della corsa agli armamenti, bre 1967, con l’affondamento del cacciatorpediniere israelia-
nel secondo dopoguerra l’evoluzione della tecnologia e dell’ar- no Eilat a opera di missili P-15 “Termit” di fabbricazione so-
te militare non conobbe alcuna sosta: nella Guerra di Corea l’a- vietica, lanciati da unità navali egiziane. Subito dopo, la tecno-
viazione entrò a pieno titolo nell’era della propulsione a rea- logia bellica mostrò altri dei suoi ritrovati ancora una volta in
zione con i primi scontri tra i caccia F-86 “Sabre” statunitensi una guerra arabo-israeliana, quella dello Yom Kippur, nell’ot-
e i MIG-15 nordcoreani e cinesi di fabbricazione russa. Un ul- tobre 1973. Sul Sinai i sistemi missilistici anticarro e contra-
teriore forte impulso si ebbe con l’avvento dell’elicottero, pro- erei forniti dai sovietici all’esercito egiziano inflissero perdite
cesso iniziato in Corea e Algeria e definitivamente confermato pesantissime alle unità corazzate e alle pattuglie aeree israe-
nella Guerra del Vietnam. Nel corso degli Anni ’60, con lo scon- liane, dimostrando inequivocabilmente che si trattava di nuo-
tro tra le forze aeree americane e le difese controaeree nordvie- ve armi ormai mature.
tnamite, si ebbero importanti progressi nel campo della guer- Nel G0lfo. Gli Anni ’80 videro il continuo progresso del-
la tecnologia militare, stimolata soprattutto dal confronto est-
ovest. Sempre nuovi e sofisticati sistemi d’arma debuttaro-
no così nelle guerre che continuarono a flagellare molte aree
del pianeta, per poi arrivare al gennaio 1991, quando nell’am-
bito della Seconda guerra del Golfo, nell’operazione “Desert
Storm”, il meglio del potenziale militare statunitense e occi-
dentale, che era stato accumulato per decenni nell’ipotesi di
una guerra in Europa contro il Patto di Varsavia, venne impie-
gato per schiacciare in poche settimane le forze irachene che
avevano invaso il Kuwait.  d
Fabio Riggi

THE LIFE PICTURE COLLECTION/GETTY IMAGES


1940 TARANTO REGNO UNITO-ITALIA

LA PEARL HARBOR
ITALIANA Nel novembre del 1940
l’attacco inglese al porto
di Taranto diede un colpo
IWM VIA GETTY IMAGES

mortale alla Regia Marina


impegnata nella Seconda
guerra mondiale
AP/ANSA

6
L’
attacco contro una flotta nemica in porto non rap-
presenta una novità per la Royal Navy inglese. Nel
1587 Francis Drake aveva compiuto un’audace in-
cursione a Cadice, colpendo le capacità logistiche
dell’Invincibile Armada di Filippo II di Spagna. Due seco-
li più tardi l’ammiraglio Horatio Nelson non aveva esita-
to a colpire prima la flotta francese ad Abukir (1798), poi
quella danese a Copenaghen nel 1801, mentre entrambe
erano all’ancora.

ALAMY
Già durante la Prima guerra mondiale, la nascente
arma aerea aveva fornito un nuovo strumento per at-
taccare le flotte nemiche al sicuro nei loro porti. Nel
settembre 1914 i giapponesi avevano lanciato alcuni
idrovolanti da una nave appoggio per colpire una ba-
se navale tedesca in Cina; e due anni più tardi l’allora
colonnello Giulio Douhet, tra i “profeti” del nascente “potere
aereo”, ricordava al generale Cadorna che “un nuovo mezzo di
guerra si affaccia sul mondo: l’aeroplano potente […] capace di
lanciare a 500 km dalla propria base 500 kg di esplosivo, oltre-
passando qualsiasi ostacolo […]. Mille aeroplani potenti posso- I PROTAGONISTI
no lasciar cadere […] nel porto di Pola una quantità di esplosi- La flotta della Regia Marina in
esercitazione nel porto di Taranto
(1936). A sinistra, pattuglia di
Swordfish (1940). Sopra, il Daily
Mirror dà notizia del raid.
LA NOTTE DI TARANTO, 11-12 NOVEMBRE 1940
Mar Piccolo
Trieste
Bolzano
12 34
5

Taranto
Fiume

Zara
Mar Grande C. Duilio
Gorizia
G. Cesare
Littorio
V. Veneto

Doria
Cavour
Isola di San Pietro

Batterie flottanti
Batterie antiaeree
Cacciatorpediniere
Sbarramento palloni frenati
Proiettori
1 Incrociatore leggero Abruzzi
Base idrovolanti
Swordfish 2 Incrociatore leggero Garibaldi

N. JERAN
Swordfish abbattuti 3 Incrociatore pesante Pola

Bengala 4 Incrociatore pesante Trento

Reti antisiluro 5 Nave porta idrovolanti Miraglia 1 km

Taranto Nella rada di 22:25 Postazioni di siluro a sinistra, nella zona con vari danni a navi, aerei martellamento subito sarà
Mar Grande, nella tarda aerofoni individuano aerei prodiera. La nave non e infrastrutture. di nuovo operativa nel
sera dell’11 novembre: in avvicinamento all’altezza tornerà più in servizio. marzo 1941.
sono all’ancora, oltre al di Gallipoli. 24:00 Un siluro colpisce
naviglio di scorta e a 3 23:15 La modernissima in pieno, da dritta, la 24:30 Ultimo attacco
incrociatori pesanti, tutte 22:58 Entrano in azione corazzata Littorio viene zona prodiera della della seconda ondata
e 6 le corazzate della flotta gli aerei lancia-bengala per centrata da 2 siluri, uno corazzata Caio Duilio, partita dalla Illustrious,
italiana. illuminare i bersagli. colpisce a proravia di che resterà fuori servizio con danni sull’incrociatore
dritta, l’altro a sinistra, sino al maggio 1941. Trento, ormeggiato nel Mar
20:35 Dalla portaerei 22:14 Ha inizio l’attacco nella zona poppiera. Piccolo.
Illustrious (170 miglia da degli aerosiluranti, uno 24:01 Un terzo siluro
Taranto) partono i primi dei quali viene subito 23:15 Iniziano gli attacchi colpisce al centro 1:20-2:50 Sulla portaerei
12 Swordfish, seguiti dagli abbattuto dalla Cavour, diversivi sugli obiettivi la corazzata Littorio, inglese rientrano 18 dei 20
altri 8 un’ora più tardi. a sua volta colpita da un individuati nel Mar Piccolo, che nonostante il apparecchi partiti.
WWW.SCALARCHIVES.COM

Le ali dello Swordfish erano dotate di


cerniere per essere ripiegate, riducendo
lo spazio di stivaggio sulla portaerei.
In dotazione aveva
una mitragliatrice.
Raggiungeva i 224 km/h
a 1.450 metri di quota.

Leva di
sgancio
del siluro.

Il gancio d’arresto (qui


retratto) era fondamentale
per operare dalle portaerei.

LO SWORDFISH
L’aerosilurante imbarcato britannico Fairey Siluro in posizione ventrale, era In alternativa ai siluri,
Swordfish; robusto seppur antiquato, poteva l’armamento principale dello Swordfish. poteva trasportare
decollare anche da piccole portaerei. 680 kg di bombe.
vo pari a quella contenuta in 5.000 siluri, per distruggere con un
solo volo tutta la flotta austriaca”. All’epoca era una visione tan-
to audace quanto inattuabile; ma anche l’alba di una nuova era.
Nel 1935, l’attacco italiano contro l’Impero abissino provocò
una grave crisi con Londra. Prima di lasciare la parola alla So-
cietà delle Nazioni e alle sanzioni, la Royal Navy iniziò a proget-
tare raid da lanciare con le portaerei contro le basi navali italia-
ne, compresa quella principale: Taranto. Mentre Mussolini re- IL BRITANNICO
agiva con l’operazione “oro alla patria” e con una spregiudicata L’ammiraglio Andrew
Browne Cunningham,
offensiva diplomatica, il progetto inglese finì nei cassetti. Nel comandante in capo
1938, la crisi dei Sudeti portò a riconsiderare l’attacco contro della Mediterranean
Taranto, per porre fuori combattimento la flotta italiana, ormai Fleet della Royal Navy.
in avanzato stato di potenziamento.
George Lyster, comandante della portaerei inglese Glorious,

SCALA
uno specialista di tattiche aeronavali che vent’anni prima era
stato distaccato con una squadriglia di idrovolanti proprio a Ta-
ranto, riprese in mano il progetto, imperniato su un raid di aero-
siluranti imbarcati. Tuttavia, anche la nuova crisi rientrò grazie
alla Conferenza di Monaco, e il piano elaborato da Lyster fu ac-
cantonato. A farlo tornare di attualità ci pensarono, nell’estate
1940, l’entrata in guerra dell’Italia e la resa francese, che sottra-
evano a Londra la superiorità navale nel Mediterraneo.
Carente ma da non sottovalutare. L’ammiraglio An-
drew B. Cunningham, comandante della Mediterranean Fleet (la
flotta del Mediterraneo della Royal Navy), non perse tempo nel
rispolverare i piani destinati a infliggere un duro colpo alla Regia
Marina (dimostratasi un’avversaria da non sottovalutare nelle
prime settimane di guerra, a onta delle tante carenze che l’afflig-
gevano), sorprendendola nel suo porto più protetto. Ad aiutar-
lo, Cunningham poteva contare su un collaboratore d’eccezione:
promosso contrammiraglio nel 1939, dall’agosto 1940 proprio Ly-
ster era stato riassegnato alla Mediterranean Fleet quale coman-
dante della divisione portaerei, comprendente la Eagle e la Illu-
strious. A questo esperto specialista fu così affidato il compito di Le foto presentate agli ammiragli inglesi parlavano chiaro.
aggiornare il proprio progetto, mentre Cunningham architettava Non solo alla flotta italiana si era aggiunta anche una sesta co-
un’ampia manovra strategica, intesa a rendere possibile il colpo. razzata (l’Andrea Doria, appena ammodernata), ma lo sbar-
Taranto fu posta sotto sorveglianza dall’intelligence e dalla ri- ramento dei palloni frenati presentava una breccia, creata dal
cognizione aerea (a Malta fu attivato un reparto di veloci bimo- maltempo che aveva colpito Taranto, disancorandone i due ter-
tori da fotoricognizione di costruzione Usa, affettuosamente zi. Le difese della base erano state potenziate dall’energico am-
chiamati dagli equipaggi inglesi “Bob Martin”, dal nome di una miraglio Antonio Pasetti, comandante del Dipartimento milita-
marca di vitamine per cani). Queste missioni permisero di fis- re marittimo di Taranto: nel novembre 1940, oltre che sui pezzi
sare con precisione la posizione d’ormeggio delle navi italiane delle navi in rada (in stato d’allerta soprattutto di notte), la di-
e gli apprestamenti difensivi, comprendenti reti parasiluri e un fesa contraerea poteva contare su 101 cannoni, 177 postazioni
efficace sbarramento di palloni frenati, cioè di aerostati vinco- di mitragliatrici pesanti e leggere, e 13 stazioni d’ascolto aero-
lati al terreno, impiegati come sistema di sbarramento contro foniche collegate a 22 proiettori. Altri proiettori, e gli impian-
le incursioni aeree nemiche. ti nebbiogeni per il mascheramento, erano installati sulle navi
Un altro problema da affrontare per gli attaccanti era la con- da guerra, anche se gli ammiragli italiani – compreso il coman-
figurazione stessa del porto: i suoi bassi fondali infatti rappre- dante della flotta Inigo Campioni – erano dell’idea che i proiet-
sentavano un ostacolo al normale lancio di siluri da un aereo: tori di bordo andassero impiegati come ultima risorsa, evitan-
in effetti, dopo il tuffo i siluri si immergevano per parecchi me- do di fornire punti di riferimento agli attaccanti. C’era invece
tri, come dimostrato in alcune azioni aeronavali nei porti del- disaccordo sulle reti parasiluri: Pasetti era intenzionato ad ap-
la Norvegia. Unico antidoto, sganciare l’ordigno volando a pe- prestare solide recinzioni attorno a tutte le unità da battaglia,
lo d’acqua, operazione già di per sé rischiosa, che comunque la mentre Campioni non voleva vedere le sue navi bloccate, inca-
presenza dei cavi d’acciaio fissati ai palloni frenati avrebbe reso paci di prendere il mare alla svelta in caso di emergenza. Ma si
praticamente impossibile. A complicare le cose, Lyster avrebbe trattava di una disputa accademica, visto che a un attacco aero-
potuto contare solo su una delle sue due portaerei, essendo la silurante in porto si credeva poco. In ogni caso le carenze della
Eagle in riparazione. Dalle ultime ricognizioni aeree effettuate produzione bellica italiana limitavano la disponibilità delle re-
nei giorni precedenti l’attacco, fissato per la notte dell’11-12 no- ti: a fronte infatti di un fabbisogno di quasi 13mila metri, a no-
vembre, emersero però una serie di interessanti novità. vembre erano disponibili poco più di 7mila metri lineari di re-

9
cinzione, per il 40% ancora da posare, e con una produzione
mensile di 3.600 metri. Analoghi problemi si incontravano per
sostituire i palloni frenati perduti a causa della carenza di idro-
geno, mentre al contrario gli inglesi disponevano del nuovo in-
nesco DCR (Duplex Coil Rod) per siluro a percussione e ad ac-
censione magnetica, che in teoria – visto che il sistema presen-
tava diversi difetti – permetteva loro di colpire lo scafo nemico
passando sotto le reti, profonde circa 10 metri.
A questo punto, le foto che mostravano il varco tra i pallo-
ni e l’arrivo della sesta corazzata in porto indussero a favore del
raid Cunningham, secondo il quale ormai “Tutti i fagiani erano
nel nido”. L’Operazione Judgement (“giudizio”) poteva scattare.
ARCHIVIO (2)

La notte del Giudizio. Il raid su Taranto rappresentava


l’atto centrale di una più vasta offensiva strategica, avviata sin dal
6 novembre anche per rifornire Malta e colpire il traffico mer-
cantile italiano nel Canale di Otranto, mobilitando sia la Medi-
terranean Fleet, uscita in mare con la Illustrious e 4 corazzate,
sia la squadra inglese Forza H basata a Gibilterra. Mentre gli ae-
rei inglesi creavano un’efficace cortina difensiva (i comandi ita-
liani sapevano dei movimenti nemici, ma non i loro obiettivi, e
si erano limitati ad allertare Campioni), e i convogli per Malta e
Suda (due settimane prima l’Italia aveva attaccato la Grecia) si
dirigevano a destinazione, la portaerei britannica si posizio-
nava. Scortata da 4 incrociatori – poi distaccati per una riu-
scita incursione nel Canale di Otranto – e altrettante cac-
ciatorpediniere, l’Illustrious raggiunse alle 20:30 dell’11

DIFESE
INUTILI
In alto a sinistra,
l’ammiraglio
italiano Inigo
Campioni.
A destra, la Cavour
semiaffondata.
FARABOLAFOTO
novembre il punto previsto per il lancio degli apparecchi, 170 be martellavano le unità presenti in Mar Piccolo e i depositi di
miglia a sud-est di Taranto. Per prudenza, un ricognitore pro- nafta, provocando danni sensibili ma non gravi. A mezzanot-
veniente da Malta avrebbe sorvolato il porto pugliese fino a un te e mezza tutto era finito.
quarto d’ora prima del lancio dell’attacco, per evitare un’uscita a Per la prima volta nella Storia, un attacco partito da una porta-
sorpresa della flotta italiana. erei aveva ottenuto un incisivo risultato strategico, come sotto-
Alle 20:40 dalla portaerei di Sua Maestà si alzarono in volo i 12 lineò l’ammiraglio Cunningham nelle sue memorie:“Il fortuna-
aerei del primo raid, seguiti – un’ora dopo – da 8 velivoli della se- to attacco ha grandemente aumentato la nostra libertà di movi-
conda ondata. Gli apparecchi che stavano per scatenarsi contro mento nel Mediterraneo […] e rafforzato il controllo sulla zona
il nucleo d’acciaio della Regia Marina erano i biplani d’attacco centrale […] lasciando libere unità per operazioni in altri teatri
Fairey Swordfish, in servizio dal 1936, in apparenza goffi e sor- […]. L’effetto sul morale degli Italiani deve essere stato notevole”.
passati, ma capaci di sorprendenti prestazioni: 11 aerei erano ar- La conseguenza fu che le unità superstiti vennero spostate nel
mati di siluro a doppio innesco, gli altri nove portavano bombe, meno attrezzato ma più defilato porto di Napoli, mentre due del-
spezzoni e bengala illuminanti. le tre corazzate silurate rimasero fuori uso per mesi e la Cavour
Squadra da battaglia. La prima ondata d’attacco non non rientrò mai in servizio. Il raid avrebbe soprattutto influen-
arrivò inaspettata nel cielo di Taranto; da ore la contraerea zato l’ammiraglio giapponese Yamamoto e i suoi collaboratori,
era impegnata per falsi allarmi e per i ricognitori provenien- che grazie alle notizie di prima mano raccolte dall’addetto navale
ti da Malta, mentre le postazioni aerofoniche segnalarono l’a- Takeshi Naito, giunto a Taranto subito dopo l’attacco, vi si ispi-
vanguardia del raid già a 45 miglia da Taranto. Alle 22:52 i pri- rarono per elaborare il piano contro Pearl Harbor.
mi Swordfish sorvolarono la base italiana, illuminata dai ben- Nel frattempo, nei comandi italiani si scatenò un feroce rim-
gala. Il destino della squadra da battaglia di Campioni si deci- pallo di responsabilità, mentre il regime tentava di mascherare
se in un pugno di minuti quando, tra le 23:14 e mezzanotte, gli il disastro dietro la consueta cortina fumogena della propagan-
aerei inglesi misero a segno 5 degli 11 siluri sganciati, centran- da. Anche se le divergenze tra Pasetti e Campioni (di lì a poco si-
do le vecchie corazzate Cavour e Caio Duilio (con un colpo lurato assieme al Capo di Stato maggiore della Marina Cavagna-
ciascuna), e la modernissima nave da battaglia Littorio, squar- ri e al maresciallo Badoglio) avevano creato incertezze nella di-
ciata da ben 3 ordigni. Salve per un soffio altre 2 corazzate e fesa, tra i maggiori responsabili del disastro andava annoverata
un incrociatore pesante, mentre gli Swordfish armati di bom- la carente preparazione italiana alla guerra, frutto proprio delle
sconclusionate e velleitarie decisioni strategi-
che del regime fascista. Quando si parla delle
carenze della Regia Marina nel 1940-1943 si
punta il dito (correttamente) sulla mancanza
di radar e portaerei, per esempio, ma in real-
tà allora si faticava anche a produrre materia-
le non certo sofisticato, come le reti parasiluri
per le ostruzioni e i palloni frenati ben cono-
sciuti da decenni.
Ai ripari. Il disastro di Taranto mise in lu-
ce un’altra paradossale falla nell’apparato mi-
litare italiano che, dopo aver studiato a lun-
go l’aerosiluramento, e sebbene la ditta Whi-
tehead di Fiume producesse un ottimo silu-
ro per aerei, acquistato anche dai tedeschi, si
era “dimenticato” degli aerosiluranti SM-79 della Regia Aero-
nautica (i leggendari “gobbi maledetti”, così chiamati dagli ingle-
LA FLOTTA si per la loro rustica efficacia), che già avevano ottenuto alcuni
DECIMATA successi contro la Mediterranean Fleet. Pochi giorni dopo Ta-
A lato, la corazzata Caio
Duilio colpita. Era stata ranto, Mussolini si accorse che anche in Italia esisteva un’arma
varata nel 1913 e all’epoca non meno efficace di quella impiegata dagli inglesi. Come scri-
era già obsoleta. ve Gianni Rocca rievocando una scena consueta fra vertici po-
litici e militari del fascismo, dopo un nuovo successo degli SM-
79 “quando Pricolo va a portare la bella notizia al Duce, si sen-
te rispondere: - Molto bene questi aerosiluranti. Quanti ne ab-
biamo? - Una decina, duce.- Così pochi? - Infatti sono pochi. Ma
dieci mesi or sono esisteva soltanto un siluro da esercitazione”.
La lezione di Taranto avrebbero portato a riconsiderare la
questione aeronavale: per le portaerei era ormai troppo tardi,
ma qualcosa si ottenne per la specialità degli aerosiluranti, che
nelle mani di assi leggendari come Buscaglia e Graziani avreb-
bero fatto passare diversi brutti momenti alla Royal Navy. d
Giuliano Da Frè

11
1941 NORDAFRICA REGNO UNITO-GERMANIA

ROMMEL
IN CRISI
SULLE DUNE
Nell’Operazione Crusader, che precedette di pochi mesi El Alamein,
il generale tedesco affrontò la più grande battaglia
di carri mai combattuta sul suolo africano. Perdendola
AP/ANSA

LA VOLPE
A destra, il generale Rommel con
alcuni ufficiali della 15a divisione
Panzer nella zona fra Tobruk e
Sidi Omar. Sullo sfondo, carri armati
inglesi Crusader della 7a divisione
corazzata avanzano verso Tobruk.

12
A
gli inizi dell’autunno del 1941 i due schieramenti la in campo bianco (scelto proprio in base all’Operazione Cru-
contrapposti in Nordafrica hanno un problema si- sader, cioè “crociato”, nome legato al debutto operativo dei nuo-
milare: arrivare a Tobruk. Le forze dell’Asse l’asse- vi carri armati Crusader). Churchill vorrebbe attaccare subito a
diano dai primi di aprile perché hanno assoluta ne- fine estate, ma Auchinleck lo convince ad attendere per dargli
cessità di entrare in possesso del suo porto, strategico scalo lo- modo di preparare al meglio una grande offensiva. Auchinleck
gistico senza il quale è molto difficile riuscire a invadere l’Egitto. non è un esperto di guerra corazzata, né lo è il generale che sce-
Gli Alleati invece devono liberare la grossa guarnigione rima- glie come comandante dell’8a armata, Alan Cunningham. En-
sta intrappolata a Tobruk dalla prima grande offensiva di Rom- trambi vogliono impratichirsi con la guerra nel deserto prima
mel nella primavera del 1941. Ci hanno già provato con l’Ope- di affrontare un abile nemico come Erwin Rommel, che di quel
razione Brevity a metà maggio, rimediando una sonora sconfit- terreno è la “volpe”. Inoltre le truppe appena arrivate devono ac-
ta, e poi ancora e con molti più mezzi e uomini con l’Operazio- climatarsi nel teatro operativo nordafricano, non si può gettarle
ne Battleaxe a metà giugno, ma nuovamente con zero risultati e subito in battaglia. Ci vuole tempo per imparare a vivere e com-
molte perdite, ora davvero non possono più fallire. Il nuovo go- battere in quel clima: caldo di giorno e freddo di notte, con nu-
verno laburista australiano minaccia di ritirare tutte le sue trup- goli di insetti, scarsità d’acqua (quella poca che c’è deve servire
pe dal fronte africano se non si farà in modo di raggiungere la 9a anche per l’igiene personale) e una dieta piuttosto povera. Così
divisione di fanteria che è l’autentica spina dorsale della guarni- come non è facile imparare a muoversi su un terreno che non ti
gione di Tobruk assediata. dà punti di riferimento precisi: occorre saper leggere le mappe,
Situazione eslosiva. Winston Churchill decide che è ora le stelle, la posizione del sole e avere anche una certa memoria
di cambiare tutto: esautora, rinomina, sposta e invia uomini e fotografica. Adattarsi all’ambiente e usare le sue caratteristiche
unità. Le forze britanniche hanno un nuovo comandante in capo per nascondersi al nemico è la discriminante tra la vita e la mor-
delle forze in Medio Oriente, sir Claude Auchinleck, una nuova te in una battaglia nel deserto. Come dicevano i veterani inglesi:
unità operativa, l’8a armata inglese, in sostituzione della glorio- “Ci vuole del tempo per passare da un white knees a un desert-
sa Western Desert Force (che era solo un corpo d’armata), nuo- worthy” (cioè da un “ginocchia bianche”, ovvero uno appena ar-
vi rinforzi, rimpiazzi e armi, e un nuovo simbolo, una croce gial- rivato al caldo, a un soldato “da deserto”).

EVERETT/CONTRASTO
LO SCHIERAMENTO

xx Tobruk M a r M e d i t e r r a n e o
0 20 km
Brescia

xx
xx xx
15 Via Balbia
El Duda xx Tedeschi
Trento Bologna 90 Gambut
Trig Italiani
xx h Ca p
Sidi Rezegh u z zo
Bardia Inglesi
Pavia Sidi Azeiz
xx
C I R E NA I C A 21
x
Brigata
xx xx
Divisione
II
xx 33
Fort Capuzzo
Trieste II xx Sollum xxx
Corpo d’armata
Bir el Gobi 3
Ariete Tri Savona
g hE
lA Gabr Saleh Passo Fanteria
bd Halfaya
Fanteria motorizzata
Sidi Omar xx
x
4
IND
Unità corazzata
xx x
x 2
4
x 7 NZ 1 Unità esploratori
22 xx
1 Bir Sheferzen
SA 13° Corpo d’armata
LIBIA 30° Corpo d’armata
B A R R I ER A DI F I LO S P I N ATO
EGITTO
N. JERAN (3)

SU L CO N F I N E LI BI A- EGI T TO

I
l piano operativo per l’Operazione Crusader prevede che Rommel in lite. Rommel, dal canto suo, ha tre grandi pro-
il XXX Corpo d’armata corazzato del generale Norrie (7a blemi: non riesce a sfondare il munitissimo perimetro difensi-
divisione corazzata – composta da 4a, 7a e 22a brigata –, vo di Tobruk; ha enormi difficoltà nel ricevere rifornimenti; ha
1a divisione di fanteria sudafricana, due brigate della Su- continue discussioni e divergenze di vedute con quello che do-
dan Defence Force e la 22a brigata guardie) si inoltri nel deser- vrebbe essere teoricamente il suo superiore, il generale italia-
to oltre l’ala destra nemica per poi risalire verso nord nella zo- no Ettore Bastico. Non ha forze sufficienti per poter attaccare
na dove si suppone Rommel tenga le sue tre divisioni corazza- in Egitto, per riceverle deve prima prendere il porto di Tobruk.
te (15a e 21a panzer più l’italiana Ariete). Qui dovrebbe avvenire Ma per colpa dei rifornimenti che arrivano a singhiozzo, conti-
una decisiva battaglia di carri, che nua a posporre il grande attacco fi-
le unità corazzate inglesi possono Rommel con il generale italiano Bastico, nale alla fortezza nemica assediata.
SCALA

vincere grazie al maggior numero sulla carta suo superiore in Libia. Ha ricevuto però i nuovi cannoni
di mezzi a loro disposizione (460 anticarro da 50 mm e questo lo ha
tra carri Crusader e nuovi carri reso felice. Rommel schiera quattro
leggeri americani Stuart, contro divisioni di fanteria italiane (Tren-
250 carri tedeschi tra Panzer II, to, Bologna, Pavia e Brescia) attor-
III e IV e 150 M13/40 italiani) e no ai 10 km del perimetro difensivo
attirando i panzer contro campi di Tobruk, poco più a est tiene rac-
di tiro ben preparati. Contempo- colto il suo DAK (Deutsches Afri-
raneamente il XIII Corpo d’arma- kakorps, su 15a e 21a divisione pan-
ta del generale Godwin-Austen zer e divisione speciale 90a Afrika),
(4 divisione indiana, 2 divisione
a a
mentre a sud stanno la divisione
neozelandese, 1a brigata corazza- corazzata Ariete e la motorizzata
ta) doveva impegnare, aggirare e Trieste. Nelle postazioni fortificate
poi travolgere le difese italo-te- lungo la fascia di confine libico-egi-
desche di Sollum, quindi avanza- ziana (cioè nella zona di Sollum) c’è
re direttamente verso Tobruk lungo la via Balbia. La guarnigio- la divisione Savona con elementi della 21a panzer.
ne di Tobruk deve concorrere al piano con una spinta offensi- Poco prima dell’inizio dell’Operazione Crusader il governo
va verso sud-est. Strategicamente è un buon piano, può conta- australiano riesce a ottenere l’evacuazione via mare della 9a di-
re anche su una decisa superiorità aerea, ma non tiene conto di visione (probabilmente la migliore unità di fanteria a disposi-
molte variabili sul piano tattico, compreso il modo in cui i te- zione dell’8a armata), essa viene sostituita dalla 70a divisione in-
deschi sono soliti condurre i loro scontri corazzati. glese e da una brigata polacca.

14
PARTE L’OPERAZIONE, LA PRIMA FASE

xx
Tobruk M a r M e d i t e r r a n e o

Brescia 0 20 km

xx xx
xx 15 Via Balbia
El Duda xx
Bologna 90 xx Gambut
Trento
21 Trig
xx h Ca p
x Sidi Rezegh u z zo
Bardia
7
Pavia Sidi Azeiz
C I R E N A I xC A
xx 4
II
xx 33
Fort Capuzzo
Trieste II xx Sollum
Bir el Gobi 3
Ariete Tri Savona
g hE xx Passo
lA
bd Gabr Saleh 4 Halfaya
x IND
22 x
xx Sidi Omar
1 1
xx
SA 2
NZ

Bir Sheferzen

LIBIA B AR R I E R A D I F I LO S P I NATO
S U L CO NF I NE L I B I A-E G I T TO
EGITTO

L
a Crusader è la più grande operazione corazzata che
Il generale
gli inglesi abbiano mai tentato. Il primo giorno i car- britannico
ri del XXX Corpo si inoltrano non visti nel deserto, Auchinleck.
hanno il compito fondamentale di individuare e di-
struggere la forza corazzata di Rommel. È brutto tempo, la
ricognizione aerea non è di grande aiuto, così il comandan-
te della 7a divisione corazzata (nota come Desert Rats, “topi
del deserto”), il generale Gott, decide di dividere le sue tre
brigate per meglio coprire il vasto territorio in cui cercare i
carri del tedesco.
Azione alla tedesca. La 22° brigata corazzata si di-
rige a sud-ovest e va a sbattere nelle posizioni tenute dalla
divisione corazzata italiana Ariete a Bir el Gobi. Ne segue
una sorta di battaglia d’incontro che viene vinta dai carristi
italiani, grazie all’uso di tattiche “tedesche”, cioè all’impie-
go combinato di carri, fanti e artiglieria. Pur subendo mol-
te perdite (34 carri e 200 uomini), l’Ariete ne infligge di più
pesanti agli inglesi (45 tra carri e autoblindo e un centinaio
di uomini), ma soprattutto mantiene la coesione e non cede
terreno. Per la tanto bistrattata arma corazzata italiana non
è una novità da poco.
Alle altre due brigate di Gott va diversamente: la 7a arri-
va indisturbata quasi a Tobruk, conquistando anche l’aero-
porto di Sidi Rezegh, mentre la 4a viene a contatto con la 15a
panzer e perde diversi carri armati.
A Sollum comincia l’operazione di accerchiamento delle
posizioni della Savona da parte del XIII corpo britannico.
Rommel capisce di trovarsi di fronte a una grande offensiva
alleata e reagisce immediatamente: manda i suoi carri verso
le posizioni dei corazzati inglesi e chiede alle unità mobili
AP/ANSA

italiane di tentare di congiungersi alle sue truppe.

15
LA SECONDA FASE E IL RITIRO
M a r M e d i t e r r a n e o
xx Tobruk 0 20 km

Brescia x
7
xx xx
xx 15 Via Balbia
El Duda xx
Bologna 90 xx Gambut
Trento
21 Trig
xx h Ca p
Sidi Rezegh II u z zo
Bardia
II xx
Pavia 33 3 2
NZ Sidi Azeiz
C I R Ex N A I C A x
1
xx 4
xx Fort Capuzzo
Trieste
Bir el Gobi xx Sollum
Ariete Tri Savona
g hE
xx Passo
1
SA x
lA
bd Gabr Saleh
4
xx Halfaya IN FIAMME
22 IND Sotto, un panzer III
Sidi Omar
tedesco sfila di fronte
a un carro Matilda
inglese in fiamme nel
Bir Sheferzen
corso di uno dei tanti
scontri dell’Operazione
LIBIA B AR R I E R A D I F I LO S P I NATO
SU L CO NF I NE L I B I A-E G I T TO
EGITTO Crusader. A destra,
soldati italiani della
divisione Ariete in
Cirenaica nel 1941.

A
ttorno a Sidi Rezegh si sviluppano i più accesi è incerto sul da farsi e medita di dare l’ordine di ritirata. Au-
combattimenti, con nessuna delle due parti ca- chinleck lo rileva dal comando e nomina il generale Ritchie
pace di prevalere sull’altra. Intanto vengono con- nuovo comandante dell’8a armata. Occorre insistere nell’azio-
tenute alcune puntate offensive della guarnigio- ne offensiva, stavolta bene appoggiati dagli aerei della RAF e
ne di Tobruk. Tra il 21 e il 23 novembre i panzer di Rommel, dai bombardamenti navali della Royal Navy.
guidati dal generale Crüwell, riescono a riprendere l’aeropor- Confusione. Quello che segue è un confuso susseguirsi
to di Sidi Rezegh e a infliggere gravi perdite ai britannici. Ma di battaglie a livello di reggimento, battaglione e compagnia
mentre l’8a armata inglese ha grosse riserve da immettere in con la cosiddetta “fog of war” (la nebbia di guerra, ossia l’in-
battaglia, il numero dei corazzati tedeschi va assottigliando- capacità di sapere dove si trovi il nemico) a farla da padrone
si sempre più. La sera del 23 novembre Rommel può conta- assoluto del campo di battaglia. Rommel vede assottigliarsi le
re ancora solo su un centinaio di panzer, ma il nemico è stato sue forze in tutta una serie di piccoli scontri e decide di azzar-
respinto e al Quartier generale inglese l’atmosfera si fa tesa. dare una manovra a falce sulle linee di comunicazione nemi-
Le truppe del XIII Corpo, che dovevano prendere alle spal- che. Lancia i suoi panzer in una folle corsa verso Sollum per
le le difese italo-tedesche sul confine, sono state risucchia- costringere l’8a armata a ritirarsi, ma è sfortunato e non in-
te a nord per aiutare quelle del XXX Corpo e stanno suben- contra nessuna grande unità nemica, tranne quelle aeree del-
do gravi perdite dai panzer tedeschi. Il generale Cunningham la RAF che falcidiano i suoi carri. Seguono avvenimenti con-

16
ULLSTEIN/ALINARI
fusi, Rommel ha perso il controllo della battaglia, le sue unità Nonostante molte vittorie tattiche, l’8 dicembre Rommel
sono mischiate a quelle inglesi. Il comandante della 21a Pan- prende la decisione di ritirarsi: mentre gli inglesi riescono a re-
zer si sbaglia e scambia una postazione neozelandese per te- cuperare i carri danneggiati sul campo di battaglia, lui non ha
desca e viene fatto prigioniero. La 2a divisione neozelande- officine per farlo, né la facilità di avere rimpiazzi e rifornimen-
se riesce invece a prendere El Duda e si congiunge con le for- ti su cui conta il suo nemico. Abbandona a se stesse le guar-
ze della guarnigione di Tobruk. Seguono giorni di combatti- nigioni che ancora resistono a Sollum (si arrenderanno a fine
menti ancor più confusi e violenti. mese) e ritira le sue forze prima a Gazala e poi in Tripolitania.
Bir el Gobi. Il 3 dicembre l’11a brigata indiana con uno L’Operazione Crusader può considerarsi il paradigma stes-
squadrone di carri Valentine attacca verso Bir el Gobi, ma è so degli scontri nel deserto. Altre battaglie, come El Alamein,
respinta dal gruppo battaglioni Giovani Fascisti (l’unica unità sono più celebri, ma nessuna di esse può starle alla pari. La
del Regio Esercito interamente composta da volontari: si trat- guerra di movimento, la sorpresa tattica, le dure condizioni
tava di circa 2.000 ragazzi tra i 17 e i 20 anni della Gioventù ambientali e logistiche, i continui rovesciamenti di fronte e
Italiana del Littorio, la GIL, che avevano chiesto di poter an- la capacità di incidere degli ufficiali al comando ne fanno la
dare a combattere), facendo di uno sconosciuto crocevia di regina delle battaglie nel deserto.  d
piste desertiche un luogo simbolo della nostra storia militare. Andrea Santangelo
SZ/AGF

17
1941 GIARABUB INGLESI-ITALIANI

UN BUCO
NEL DESERTO Durante la Seconda guerra mondiale
i soldati italiani scrissero una pagina gloriosa e sfortunata difendendo
l’oasi libica dagli inglesi fino all’ultimo colpo
FOTOCINETECA

18
I
l 7 febbraio 1926 le truppe italiane occupano Giarabub,
come previsto dagli accordi stabiliti con l’Egitto tre mesi
prima. Giarabub è un’oasi tipica, con palme, orti e pozzi
che per tutto l’anno forniscono acqua a pomodori, zuc-
che, insalata e peperoni. Ma il liquido è salmastro e solo i libici
riescono a berlo; gli italiani devono ricorrere all’acqua minera-
le. L’oasi si trova in una spaccatura lunga 25 chilometri e larga
6, ad alcuni metri sotto il livello del mare, da cui dista circa 250
chilometri. Il paesaggio che la circonda è disseminato di con-
PERICOLO che acquitrinose dette hatie e piccole alture chiamate gare. Dal-
DALL’ALTO la metà del XIX secolo è la culla della confraternita religiosa dei
In un fotogramma senussi, il cui fondatore è sepolto nella moschea che sorge con
del film Giarabub
(1942, di Goffredo il suo minareto nell’abitato, circondato da un muro fortificato.
Alessandrini) Giarabub si trova a 30 chilometri dal confine egiziano, lungo
gli assediati si il quale corre la spessa barriera di filo spinato fatta erigere dal
difendono da un maresciallo Graziani alla fine degli Anni ’20. È importante dal
attacco aereo con punto di vista difensivo perché sbarra la carovaniera e l’autopi-
i vetusti fucili ’91.
Sotto a destra, due sta Giarabub-Gialo-el Aghelia, lungo la quale le truppe britan-
ascari libici; quasi la niche possono aggirare lo schieramento difensivo italiano po-
metà degli uomini sto lungo la costa, e dal punto di vista offensivo perché elemen-
nell’oasi di Giarabub ti motorizzati possono agire contro la vicina oasi di Siwa, poco
era costituita da al di là del confine, e minacciare da sud il grande campo trince-
truppe indigene.
rato britannico di Marsa Matruh. Occupare Siwa risolverebbe
poi il problema dell’acqua potabile per il presidio di Giarabub.
Il comandante inflessibile. Il 22 aprile 1940 assume il
comando della guarnigione il maggiore Salvatore Castagna:
siciliano, inflessibile, promosso sul campo durante la Prima
guerra mondiale, ma rimasto fermo al grado di maggiore per-
ché ancora celibe, l’ufficiale non prende di buon grado il tra-
sferimento dall’8° Battaglione libico, del quale è stato l’ama-
to comandante. Ma gli ordini sono ordini e Castagna si dà da
fare fin dal primo giorno a riorganizzare la difesa. Dispone di
1.350 nazionali e 750 libici, suddivisi in quattro compagnie del-
la G.A.F. (Guardia alla Frontiera), cinque compagnie libiche,
una compagnia di cannoni da 47/32 su 14 pezzi, 4 cannoni da
77/28, due da 65/17 e 16 mitragliere da 20 mm. Completano la
guarnigione un plotone del genio libico, un nucleo genio col-
legamenti, sussistenza, un ospedale da campo e alcuni avieri

ANSA
addetti al campo d’aviazione, che si trova 4 chilometri a nord A settembre Graziani timidamente muove i suoi 250mila
del fortino di Giarabub. La difesa, con la realizzazione di po- uomini oltre il confine egiziano, su a nord, ma si ferma a Sidi
stazioni per cannoni e mitragliatrici, ostacoli anticarro, trin- el Barrani. I 36mila britannici ringraziano e si rinforzano. Tra
cee e bunker circondati da filo spinato, nonché di alcuni cam- la fine di settembre e i primi giorni di dicembre anche Giara-
pi minati, è divisa in quattro capisaldi: il n. 1, presieduto dal- bub gode di un po’ di tranquillità, se si eccettuano gli sporadi-
la 10a compagnia G.A.F. che si trova a sud; il n. 2 (7a G.A.F.) a ci scontri aerei tra i caccia e alcune incursioni dei bombardieri
ovest; il n. 3 (1a G.A.F.) a nord e il n. 4 (3a G.A.F.) a est. Al cen- inglesi sull’aeroporto e sui presidi. Il maggiore Castagna man-
tro spicca, su una piccola altura, l’abitato, protetto a nord dal- tiene comunque alta l’attenzione dei propri uomini e quando il
la “Ridotta Marcucci”, perno del sistema difensivo, sui cui ba- 6 dicembre 1940 la controffensiva inglese travolge le linee ita-
stioni sventola il tricolore. liane sulla costa, Giarabub è pronta a resistere al nuovo assedio.
Il settore di Giarabub, oltre al presidio locale, comprende an- I presidi esterni, ormai indifendibili, vengono sgombrati entro
che quelli di Sceferzen, Maddalena, Uescechet el Heira ed El il 18 dicembre e le truppe ripiegano ordinatamente sull’oasi.
Garn ul Grein, i quali hanno compiti di vigilanza della frontiera Manca l’acqua. Gli attacchi aerei inglesi si moltiplicano e i
tra Sceferzen e Ain el Gsebaia, cioè quasi 250 chilometri di fron- rifornimenti cominciano a giungere con difficoltà, tanto che Ca-
te. Gli italiani non possiedono autoblindo o mezzi corazzati e si stagna è costretto a razionare i viveri e l’acqua minerale. I riforni-
muovono con i pochi autocarri e le camionette a disposizione. menti giungono soprattutto via aerea, perché il percorso via ter-
Il 10 giugno 1940 scoppiano le ostilità e i britannici comin- ra è lungo e insicuro: infatti, gli “scorpioni del deserto”, gli uomi-
ciano lentamente a stringere l’assedio intorno a Giarabub. Da ni del Long Range Desert Group (L.R.D.G.) britannico, hanno
Siwa gli squadroni del reggimento di cavalleria della 6a Divi- fatto dell’oasi di Siwa la base delle loro operazioni e sono pronti a
sione australiana compiono veloci puntate con i loro mezzi co- battere il territorio per interrompere le vie di comunicazione. A
razzati contro i presidi italiani: Castagna risponde con l’invio fine mese ricominciano le puntate offensive dei mezzi corazza-
di colonne celeri che respingono gli attaccanti e rioccupano le ti australiani, rintuzzate con vigore dalle colonne celeri italiane.
posizioni appena perdute. Non si tratta del classico assedio in Sulla costa, intanto, cade Bardia; rifornire l’oasi diventa quasi
cui gli attaccanti circondano completamente la roccaforte da impossibile. Gli inglesi lanciano volantini su Giarabub intiman-
conquistare: è una guerra di piccoli scontri, dove un plotone do la resa agli italiani, ma Castagna, pur sapendo che le promes-
o uno squadrone contano come un reggimento o una brigata. se di aiuti rimarranno vane, decide per la difesa a oltranza. Le
Gli assedianti sono numericamente inferiori, ma dispongono razioni sono ulteriormente ridotte, si comincia a soffrire la fa-
di carri armati, autoblindo e di una evidente supremazia aerea. me e l’unica acqua da bere è, per tutti, quella salmastra dei pozzi.
Sembra la fine, ma è proprio questo il momento in cui quel-
lo sperduto avamposto nel mare di sabbia libico entra nella leg-
genda: la guerra va malissimo, nient’altro che sconfitte per l’I-
talia. L’Africa Orientale sta per cadere, la Cirenaica (nella Libia
Orientale) è ormai in mano inglese. Solo Giarabub resiste. Casta-

SCRUTANDO
IL NEMICO
Il maggiore Castagna
controlla gli
spostamenti nemici.
Alle sue spalle, un
ascaro, cioè uno dei
nostri soldati coloniali
indigeni. A destra,
un altro fotogramma
del film di Goffredo
Alessandrini.
gna riceve una seconda promozione sul campo e diventa tenen- ret en Nuss. Eppure proprio la sera del 17 Giarabub riceve un
te colonnello, ma la situazione non migliora. Gli inglesi si ren- altro rifornimento aereo di viveri e un messaggio di Rommel,
dono conto dell’importanza più psicologica che militare dell’o- giunto a febbraio a Tripoli con l’Afrikakorps: “Saluto i valoro-
asi e inviano rinforzi. si difensori di Giarabub ed esprimo la mia ammirazione. Con-
Il 4 febbraio ha luogo l’ultimo volo degli aerei di rifornimen- tinuate a fare il vostro dovere. Fra pochissime settimane sare-
to, che provvedono anche allo sgombero dei feriti. Gli uomini, mo da voi”. Parole superflue per il colonnello Castagna, che ha
a metà razione da più di 50 giorni, sono denutriti. I libici, pre- comunque già deciso di difendere l’oasi fino all’ultimo uomo.
occupati per le famiglie dopo lo sgombero della Cirenaica, ini- Tempesta di sabbia. Il 19 marzo soffia un vento impetuo-
ziano a defezionare. Per evitare che possano disertare con le ar- so, il ghibli, che impedisce la visibilità: con la sabbia che si infi-
mi, Castagna riceve l’autorizzazione di congedarli, ma 60 di lo- la dappertutto, il 2° Battaglione di fanteria australiano attacca
ro rimarranno a combattere “fino a che il tricolore sventola sul da sud-ovest. Gli australiani penetrano nelle difese, ma vengo-
pennone del forte”. I difensori calano di numero, ma in compen- no ricacciati dopo un aspro corpo a corpo. Si combatte con pu-
so aumentano di 5 giorni le razioni di viveri. gnali, bombe a mano e bottiglie molotov. L’indomani l’artiglie-
Il 19 febbraio 1941 l’artiglieria britannica inizia il bombarda- ria inglese imperversa per tutto il giorno sulle posizioni italia-
mento dei capisaldi italiani: gli uomini di Castagna non posso- ne, mentre l’aviazione indisturbata mitraglia le truppe e i mezzi
no reagire perché la gittata dei loro cannoni è inferiore a quel- rimasti. All’alba del 21 il caposaldo n. 1 viene nuovamente inve-
la degli inglesi. Ecco che i pezzi vengono montati sui camion stito dal bombardamento, cui segue l’attacco dei fanti austra-
e inviati contro le prime linee nemiche, dove rispondono col- liani. Gli italiani resistono, fino a quando non cede la “vecchia
po su colpo. L’azione degli australiani assume un ritmo sem- ridotta”, posta tra il caposaldo n. 1 e il n. 2. e vengono occupa-
pre più serrato: la difesa italiana è soggetta a continue puntate te le alture dominanti questi ultimi. I britannici vi posiziona-
di forze motorizzate, ad attacchi aerei e al pressoché ininter- no mortai e pezzi contraerei e concentrano il tiro sui centri di
rotto bombardamento dell’artiglieria. Il 25 febbraio Castagna resistenza attivi. Castagna guida gli ultimi contrassalti e, alla
comunica: “Rifornimento viveri promesso non ancora giunto. Ho testa di un reparto di libici, è ferito e fatto prigioniero. Alle ore
una sola giornata di viveri. È doloroso, dopo tanti sacrifici, do- 11:00 il caposaldo n. 1 viene sopraffatto, ma i combattimenti
versi arrendere per fame”. Due giorni dopo, miracolosamente, si protraggono per altre quattro ore, mentre un solitario aereo
viene effettuato sul presidio un lancio di gallette e scatolette. tedesco spara alcune raffiche e viene abbattuto dalla contrae-
I rifornimenti. Dopo avere respinto un altro invito alla re- rea. La battaglia è finita: sul campo, già in parte ricoperti dalla
sa, il 6 marzo le colonne celeri italiane uscite da Giarabub rie- sabbia portata dal ghibli, giacciono 60 italiani e 17 australiani:
scono a respingere un attacco di autoblindo e fanteria austra- i feriti sono 350 per i difensori e 77 per i britannici.
liana sul presidio di Garet Cuscet el Gazal. Nei giorni seguenti Le ultime strofe della canzone La saga di Giarabub citano:
gli attacchi riprendono in tutte le direzioni: i più vigorosi sono “La fine dell’Inghilterra incomincia da Giarabub!”, ma al mo-
quelli del 16 e 17 marzo che costringono gli italiani ad abban- mento la Union Jack sventola salda sull’oasi libica. d
donare i posti di sbarramento di Garet Cuscet el Gazal e di Ga- Marco Lucchetti

FOTOCINETECA

21
1941 SUL MARE INGLESI-TEDESCHI

AFFONDATE
LA BISMARCK!
Questo fu l’ordine di Churchill dopo che la corazzata tedesca aveva
centrato l’incrociatore britannico Hood. L’epica caccia alla più potente
nave da battaglia del mondo fu uno sforzo immane. E vittorioso

UN GIGANTE
NELL’ATLANTICO
La corazzata tedesca
Bismarck, distrutta dagli
Alleati il 27 maggio 1941.
Con la gemella Tirpitz,
fu la più potente nave
da battaglia costruita
dalla Marina di Hitler, la
Kriegsmarine, dopo le
3 corazzate “tascabili”
destinate alla guerra
corsara, e le 2 corazzate
veloci classe Scharnorst.
Le due potenti unità, da
oltre 50.000 tonnellate,
violavano i limiti imposti
RUE DES ARCHIVES / AGF

dai trattati navali del


1922 e 1936 sulla
regolamentazione del
riarmo tedesco.

22
A
mburgo, 14 febbraio 1939. È il giorno di San Valen- relativo alla difficoltà di manovrare con le sole eliche in caso di
tino e nella grande città marittima tedesca Adolf avaria al timone, era destinato ad avere un impatto letale. Nel
Hitler ha appuntamento con una donna. Ma non marzo 1941 la corazzata era operativa e si trasferì dal Baltico a
è un incontro galante quello che attende il Führer Kiel, dove fu approntata per un’eventuale missione in Atlantico.
della Germania nazista. Dorothea von Loewenfeld è un’austera I raid delle grandi navi tedesche si erano rivelati fino ad allora
signora di mezza età, ben diversa dalle bionde e atletiche gio- pieni di luci e ombre: da un lato, con le sue poche unità l’ammi-
vani che solleticano il dittatore: in effetti, è la nipote di Otto raglio Erich Raeder obbligava la Royal Navy (dal giugno 1940
von Bismarck, il grande cancelliere del XIX secolo. Perché in impegnata anche in Mediterraneo contro l’Italia) a fare i salti
quel giorno d’inverno, ad Amburgo, si sta per varare una nave mortali per scortare adeguatamente i convogli senza indebo-
da battaglia che porta il nome del fondatore del Secondo Reich, lire la squadra da battaglia. Dall’altro, in quanto a tonnellaggio
e incarna le ambizioni di potenza del Terzo. affondato, i più economici U-boote erano imbattibili. Raeder
L’Operazione Rheinübung. La Seconda guerra mondia- però era deciso a insistere con la sua “strategia della dispersio-
le sorprese impreparata la Kriegsmarine. Allo scoppio del con- ne”, soprattutto dopo il successo ottenuto dall’ammiraglio Gün-
flitto, la Bismarck aveva appena iniziato l’allestimento. La nave ther Lütjens all’inizio del 1941, quando con due corazzate ve-
fu consegnata il 24 agosto del 1940, quando sembrava prossima loci aveva affondato in Atlantico 22 mercantili, beffando l’Am-
l’invasione della Gran Bretagna. Tuttavia, occorsero mesi per- miragliato britannico e scompaginandone i preziosi convogli.
ché fosse messa a punto e l’equipaggio addestrato, senza con- Con l’Operazione Rheinübung egli intendeva impiegare la Bi-
tare che i collaudi misero in luce alcuni difetti; problemi nor- smarck, scortata dal potente incrociatore Prinz Eugen, in un’a-
mali per realizzazioni così complesse, ma uno di questi difetti, zione ancora più devastante, affidandone il comando nuova-

IN AZIONE
La squadra da battaglia
inglese in azione, con
l’incrociatore britannico
Hood che spara con le
artiglierie principali (1940).

POPPERFOTO/GETTY IMAGES
GROENLANDIA

4
SUFFOLK
NORFOLK
BISMARCK
ISLANDA PRINZ EUGEN
5 Reykjavik Trondheim
CACCIATORPEDIERE
BISMARCK H.M.S. HOOD
PRINZ EUGEN H.M.S. PRINCE OF WALES
Fær Øer
H.M.S. KING GEORGE V
Bergen
H.M.S. VICTORIUS Scapa Flow Stoccolma
3 Korsfjord
REPULSE
Oslo
2
H.M.S. RODNEY
6 REPULSE
Copenaghen
H.M.S. KING GEORGE V
Lough Erne 1
H.M.S. RODNEY Gotenhafen
Dublino
Berlino
Londra Amsterdam
BISMARCK Bruxelles
7 Parigi
Brest
9
PRINZ EUGEN 8

Ferrol
FORCE H

Gibilterra

N. JERAN
CACCIA APERTA mente a Lütjens, che oscillava però tra l’esultanza per i recen-

T
ra il 18 e il 19 maggio Bismarck, ma viene colpito ti successi e un crescente scetticismo. Come sottolinea lo sto-
la Bismarck e il Prinz e affonda; si salvano in 3. Il rico inglese B.B. Schofield, Lütjens «disse chiaro e tondo che
Eugen finiscono l’ad- Prinz Eugen viene distaccato si sarebbe ottenuto un effetto ben maggiore se l’azione fosse
destramento nel Baltico (1) per una missione stata ritardata fino al momento in cui […] la Tirpitz fosse sta-
e tra il 20 e il 21 vengono autonoma, mentre la Bi-
avvistati (2). Salpano dal smarck fa rotta per Brest. Il ta pronta a navigare. Riteneva inoltre che la comparsa in At-
fiordo di Bergen (3) il 22 24 gli aerei della Victorious lantico della Bismarck avrebbe indotto l’Ammiragliato britan-
maggio, rotta nord-ovest. si lanciano sulla Bismarck: nico a prendere dei provvedimenti che avrebbero anche potu-
Gli inglesi iniziano a pattu- un siluro la colpisce (6). Gli to compromettere le possibilità di successo in una successiva
gliare il Mare del Nord con inglesi perdono il contatto azione in forze». Raeder obiettò che attendere la Tirpitz vole-
la Home Fleet, salpata il 22 con la corazzata. Il 26 il Ca-
maggio dalla sua base prin- talina avvista la Bismarck (7) va dire agire in piena estate, e questo avrebbe compromesso le
cipale di Scapa Flow, nelle e gli aerosiluranti Swordfish possibilità di uscire in Atlantico seguendo le rotte settentrio-
Orcadi. Il 23 maggio il Suf- decollati dalla Ark Royal col- nali, che sino ad allora avevano permesso alle navi tedesche di
folk e il Norfolk (4) avvistano piscono la nave. Il 27 maggio sfuggire agli inglesi approfittando della cattiva stagione. Tut-
le navi tedesche vicino alla la King George V e la Rodney tavia, la necessità di attendere il Prinz Eugen, ai lavori, obbligò
Groenlandia. Il 24 l’incrocia- (8) finiscono la Bismarck, che
tore Hood (5) apre il fuoco cola a picco (9). Il Prinz Eugen il comando tedesco a differire Rheinübung sino al 18 maggio.
sul Prinz Eugen e poi sulla arriva a Brest il 1° giugno. Scontro di titani. A Londra, le mosse della Bismarck ve-
nivano osservate con preoccupazione crescente, ma in modo
preciso, grazie all’intelligence britannica, che decifrava i codici

24
tedeschi. Quando la nave prese il mare, e quindi la rotta segui- Per rallentare il nemico, Tovey lanciò un attacco aereo con
ta nei precedenti raid della flotta tedesca, l’allarme fu dirama- la portaerei Victorious, appena entrata in servizio, e con piloti
to alla squadra da battaglia, ancorata nella base aeronavale in- ancora inesperti. Tuttavia uno di loro riuscì a piazzare un silu-
glese di Scapa Flow agli ordini dell’esperto e prudente viceam- ro, che colpì la corazza della Bismarck senza far danno. Ad ag-
miraglio John Tovey. Non era tuttavia facile, con le poche navi gravare le cose, poche ore dopo gli incrociatori che seguivano
a disposizione, coprire i tre varchi da cui Lütjens avrebbe potu- la nave tedesca la videro sparire dai radar durante una mano-
to fare irruzione in Atlantico: pertanto Londra gli inviò rinforzi vra diversiva, perdendola. Seguirono, per gli ammiragli ingle-
prima sottraendo navi proprio a quei convogli che la Bismarck si, 24 ore al cardiopalmo, sino a quando la mattina del 26 un
intendeva attaccare; poi arrivando a richiamare da Gibilterra la ricognitore, messo sull’avviso da un trionfale e intempestivo
Forza H, che comprendeva la portaerei Ark Royal e l’incrocia- radiomessaggio di Lütjens (che non sapeva di essere sfuggito
tore Renown, benché questa fosse già pronta a partire per Cre- agli inseguitori), ripescò la corazzata. La notizia era però buo-
ta, dove la flotta inglese del Mediterraneo combatteva una dura na solo a metà: infatti la Bismarck era molto più vicina alle co-
battaglia contro le forze dell’Asse. ste francesi – e alla copertura aerea della Luftwaffe – di quan-
Lütjens nel frattempo aveva preso la rotta più a nord, per to non si supponesse. Ormai a corto di combustibile, per ral-
uscire in Atlantico passando dallo stretto di Danimarca, come lentare la corsa della Bismarck Tovey si affidò agli aerosiluran-
aveva già fatto con successo la volta precedente. Ma a fine mag- ti Swordfish della Ark Royal, distaccata da Gibilterra. L’esordio
gio le condizioni meteo e di luce erano meno favorevoli: e la se- non fu felice: il primo attacco infatti prese per bersaglio l’incro-
ra del 23 maggio uno dei 2 incrociatori inglesi che pattugliava- ciatore inglese Sheffield, che tallonava i tedeschi, salvatosi so-
no il canale avvistò la Bismarck, tra l’altro otticamente e non col lo grazie ai difettosi siluri impiegati. Sostituite le armi, i piloti
radar di bordo. Iniziò così a pedinare la grande unità nemica. dell’Ark Royal decollarono per un secondo tentativo: l’ultimo,
La preda. Per intercettare Lütjens si mossero le due navi da poiché presto la nave tedesca sarebbe stata protetta dagli ae-
battaglia dell’ammiraglio Lancelot Holland: la corazzata Prince rei di base in Francia. Fu una carica folle, quella degli antiqua-
of Wales era nuova di pacca al pari della Bismarck, tanto che a ti biplani Swordfish contro la più sofisticata nave da battaglia
bordo c’erano ancora gli operai per finire i collaudi; l’incrociato- dell’epoca. Un primo siluro centrò di nuovo la corazza, limi-
re da battaglia Hood era, invece, vecchio di 20 anni e la sua co- tandosi ad ammaccarla: poi, un secondo colpì la nave a poppa
razza, sacrificata a favore della velocità, era sottile: una scelta co- estrema, in apparenza senza danneggiarla. Ma mentre gli aerei
stata già 3 unità simili alla Royal Navy, disintegrate esattamente erano sulla via del ritorno, convinti di non aver cavato un ragno
25 anni prima nello scontro dello Jutland con la Marina tedesca. dal buco, lo Sheffield trasmise che la Bismarck aveva cambia-
Ma il suo esperto equipaggio, l’apparenza di forza che trasmet- to rotta, e stava dirigendosi verso le corazzate di Tovey, allon-
teva (era grande quanto la corazzata tedesca) e i suoi 8 canno- tanandosi dalla Francia! Il siluro aveva infatti posto fuori uso il
ni da 381 mm ne facevano un degno avversario per la Bismarck. timone proprio durante una violenta accostata. Come emerso
Quando le due formazioni si avvistarono, all’alba del 24 maggio, nei collaudi, in quelle condizioni era impossibile cambiare rot-
si ritenne che il buon vecchio Hood, famoso in tutto il mondo, le ta usando alternativamente le eliche; si poteva solo rallentare,
avrebbe suonate di santa ragione al nemico. Alle 5:53 le navi in- sperando che i rimorchiatori usciti da Brest raggiungessero la
glesi aprirono il fuoco: poi arrivò la replica tedesca, e subito ci nave danneggiata prima degli inglesi. Ma era una corsa contro
si rese conto che la precisione dei suoi colpi era micidiale, men- il tempo, e Lütjens chiuse il suo rapporto a Berlino con un’elo-
tre al contrario i pezzi della Prince of Wales, non ancora collau- quente promessa: “Combatteremo fino all’ultima cartuccia”.
dati, funzionavano male. E alle 5:59 una granata tedesca centrò I tedeschi erano logorati dagli attacchi notturni lanciati con-
in pieno l’Hood: come era accaduto nello Jutland, anche questo tro la Bismarck da una squadriglia di cacciatorpediniere ne-
battlecruiser veloce e poco protetto si disintegrò, portando con miche (una delle quali, polacca, giunta a tiro segnalò beffar-
sé 1.415 uomini, Holland compreso, mentre la malandata Prin- damente la propria nazionalità) e l’alba li sorprese scoraggia-
ce of Wales era costretta a ripiegare, danneggiata. ti. Alle 7:33 fu avvistata la flotta inglese. Tovey andò all’attacco
La Bismarck aveva invece incassato le non meno potenti grana- con le sue due migliori corazzate, la moderna King George V e
te sparatele contro dal nemico, quasi senza accorgersene. Unico la Rodney, lenta ma armata con 9 cannoni da 406 mm, con la
danno rilevante, una fuoriuscita di nafta, che aggravava la già pre- Forza H e gli incrociatori pronti a finire la nave tedesca.
caria situazione del combustibile poiché Lütjens, al fine di acce- A bersaglio. Il duello tra le artiglierie di grosso calibro fu
lerare una missione in ritardo sul previsto, non aveva completato micidiale: il tiro tedesco era preciso, ma, impossibilitata a ma-
i rifornimenti prima di uscire in mare. Dopo un primo momento novrare, la Bismarck si trasformò nell’orso del tiro a bersaglio
di esultanza, l’ammiraglio e il comandante della corazzata, Ernst delle fiere, centrata da una serie di colpi devastanti. Sotto un
Lindemann, decisero di dirigere sulla Francia, per riparare i dan- diluvio di granate, la corazzata fu sistematicamente demolita,
ni e fare rifornimento. Nel frattempo, il Prinz Eugen sarebbe stato anche se, dopo oltre un’ora di bombardamento, restava capar-
distaccato per agire da solo contro i convogli nemici. biamente a galla. A corto di munizioni, oltre che di nafta, To-
Prendetela! A Londra, la notizia della sconfitta stava crean- vey ordinò agli incrociatori di finire la Bismarck, ma occorsero
do una crescente costernazione. Churchill giunse al punto di ordi- ben 7 siluri prima che l’unità iniziasse a capovolgersi, portan-
nare a Tovey (che giudicò la decisione pazzesca) di affondare la Bi- do con sé 2.200 uomini, compresi Lindemann e Lütjens. Ma a
smarck a qualsiasi costo, anche rischiando le navi da battaglia che segnare la sorte della più moderna di quelle corazzate che da
stavano inseguendo la veloce unità tedesca: per raggiungerla, sa- 80 anni dominavano i mari, erano stati gli aerei imbarcati: era
rebbe stato necessario aumentare la velocità, col pericolo di resta- iniziato un nuovo modo di combattere la guerra navale. d
re senza combustibile in mezzo all’Atlantico infestato di U-boote. Giuliano Da Frè

25
1942 TOKYO USA-GIAPPONE

OBIETTIVO
SOL LEVANTE
I giapponesi erano invincibili, così sembrava. Ma una formazione
americana minò la loro fama di imbattibilità attaccandoli in casa

IL RAID DI
DOOLITTLE
A pianificare il raid
e guidare gli aerei in
missione su Tokyo
fu il tenente colonnello
Jimmy Doolittle,
nella foto.
D
opo la vittoria di Pearl Harbor del dicembre 1941, Roosevelt sosteneva che per rialzare il morale americano e mi-
i giapponesi erano convinti che nessuno li avrebbe nare quello del nemico si doveva colpire direttamente sul suo-
più fermati nelle loro conquiste nel Sud-est asiatico lo del Giappone, su quella terra alla quale i nipponici erano at-
e nel Pacifico settentrionale. Il loro intento era quel- taccati più di ogni altra cosa. E allora cosa c’era di meglio che
lo di creare un perimetro difensivo dalle isole Aleutine, al largo bombardare proprio la capitale, considerata dai suoi abitanti e
dell’Alaska, fino alla Birmania (l’odierna Myanmar). E il piano, da tutti i giapponesi città inviolabile?
almeno a breve termine, ebbe un certo successo. Gli Stati Uni- Ostacoli. Facile a dirsi, ma come organizzare il raid? Gli
ti erano moralmente a terra, la loro potenza navale aveva subi- Stati Uniti non disponevano di bombardieri a lungo raggio in
to un duro colpo, l’opinione pubblica era allarmata. Serpeggia- grado di raggiungere le isole giapponesi, le basi del Pacifico da
va anche uno stato di paura, tanto che negli Usa si erano cre- cui avrebbero potuto tentare erano in mano nemica e sia la Ci-
ati addirittura dei comitati di cittadini per raccogliere denaro na sia l’Urss non accettavano di creare avamposti Usa sul loro
da destinare alla ricostituzione della flotta per sconfiggere una territorio. Tra le navi che ancora rimanevano agli americani,
volta per tutte i giapponesi. Insomma, era necessario da parte però, vi erano le portaerei, che durante l’attacco a Pearl Harbor
delle istituzioni civili e militari escogitare qualcosa per dimo- erano state risparmiate perché erano al largo in esercitazione.
strare alla popolazione che le forze armate americane erano an- Queste potevano sicuramente avvicinarsi, seppur con grande
cora in grado di vincere. Tutti sostenevano la necessità di una pericolo, alle coste del Giappone, ma non esistevano aerei im-
forte azione dimostrativa: lo stesso presidente Roosevelt ne era barcati che avrebbero potuto spingersi fino a Tokyo e poi tor-
convinto. Già a dicembre, infatti, aveva proposto ai capi di Sta- nare indisturbati sulle navi di partenza. Questa strategia dun-
to Maggiore di bombardare direttamente la capitale nipponica. que non era praticabile: ci si doveva affidare per forza di cose ai

TAKE OFF!
In questo montaggio di foto
d’epoca, un bombardiere
B-25B pronto a decollare dalla
portaerei Hornet e poi in volo
sul Pacifico. Destinazione, gli
obiettivi militari presenti a Tokyo,
Yokohama, Kobe, Osaka e Nagoya.

CORBIS (2)

27
UNIONE SOVIETICA
Vladivostok

GIAPPONE
Mar del
Pechino Giappone

COREA Tokyo
CINA
Kobe
Yokohama
Hiroshima Nagoya
Osaka
Hornet
Nanchino Mar Nagasaki
Giallo
Hangkow
Shanghai
Chungking

Oceano
Chuchow Pacifico
Mar Cinese
Orientale

Canton FORMOSA

HONG KONG
Mar Cinese Meridionale
G. ALBERTINI

IL RAID NEL PACIFICO

S
enza aver dichiarato salpa dalla California verso il capitale e cominciano a
guerra agli Stati Giappone. bombardare gli obiettivi.
Uniti, il 7 dicembre 18 aprile, ore 3:12 Sui radar 18:30 15 dei 16 aerei (uno
1941 i giapponesi attac- della Hornet appaiono al- ha dirottato verso l’Unione
cano la base americana di cune navi nemiche. La rotta Sovietica) arrivano al lar-
Pearl Harbor nelle Hawaii. viene subito modificata. go della costa cinese. Ma
Il 3 febbraio successivo 7:15 Da una nave giappone- all’aeroporto di Chu Chow,
hanno inizio le prove con i se viene lanciato l’allarme, previsto per l’atterraggio,
bombardieri B-25 e a marzo viene così anticipato l’ordine non erano ancora stati
parte l’addestramento al di decollare. predisposti i radiofari né
comando di Doolittle. Il 2 8:20 Il primo bombartiere le segnalazioni luminose.
aprile la portaerei Hornet B-25 si alza dalla Hornet. Abbandonata la formazione
con gli equipaggi della U.S. 12:30 I 16 aerei al comando e rimasti senza carburante,
Army Air Forces e 16 B-25 di Doolittle arrivano sulla tutti gli aerei vanno perduti.

L’AMERICANO
A lato, un capitano
pilota; sul completo
color cachi estivo
veste il giubbino A-2
in pelle, in dotazione
all’Usaaf. A sinistra,
l’arsenale Yokosuka
(nella zona di Tokyo),
G.RAVA

fotografia presa da
uno dei bombardieri
nel corso del raid.
CORBIS

G.RAVA

28
bombardieri. Ma come farli decollare da una portaerei? La so- ta decollati, poi, i B-25 avrebbero volato senza alcun caccia che
luzione fu trovata per caso. Il capitano dell’Us Navy Francis S. li accompagnasse e li difendesse.
Low nel gennaio 1942 stava assistendo a un’esercitazione di al- Il 1° aprile 16 aerei e 24 equipaggi (alcuni come riserva) furo-
cuni B-25 che si addestravano ad attaccare una finta portaerei. no imbarcati sulla Hornet nella base di Alameda, in California.
Il bimotore B-25 Mitchell era uno dei migliori bombardieri me- A questo punto tutta l’operazione rischiò di diventare di domi-
di in dotazione, e anche se non era ancora stato testato in guer- nio pubblico: una troupe cinematografica era stata imbarcata
ra forse avrebbe potuto, per ingombro, peso e potenza, decolla- per filmare tutto e il regista era John Ford; questo aveva subito
re da una portaerei! Questo venne in mente a Low, che ne par- richiamato l’attenzione della stampa. Poi tutto tacque.
lò subito con i suoi superiori. Il 2 aprile la Hornet e le navi di scorta salparono. Solo in alto
I capi di Stato maggiore della Marina, l’ammiraglio Ernest J. mare Doolittle mise al corrente del piano i propri piloti e i co-
King, e dell’Usaaf, generale Henry H. Arnold, approvarono l’i- mandanti delle navi. L’unico già al corrente era il vice ammira-
dea del capitano Low e i test ebbero inizio. Vennero esamina- glio Halsey, che con la TF 16.1 raggiunse la TF 16.2 nel punto
ti anche altri aerei, ma il B-25 si dimostrò, con due voli di pro- previsto, il 13 aprile. Fin qui tutto secondo i piani, ma nelle pri-
va nel febbraio 1942, pur con grandi difficoltà, l’unico adatto al me ore del 18, a circa 1.300 km dalla costa giapponese, navi ne-
decollo da una portaerei. Ma non era poi in grado di atterrare miche in pattugliamento costrinsero la flotta a cambiare rotta.
sul ponte di una nave, quindi un rientro dei velivoli con lo stes- Alle 7:30 circa, un’altra nave del Sol Levante, la Nitto Maru, fu
so sistema era da scartare. affondata dall’incrociatore Nashville, ma l’allarme era stato dato.
Ormai però la decisione era presa e con la massima segretez- Non si poteva più attendere. Con circa 10 ore di anticipo e a
za lo Special Aviation Projet andò avanti, affidato al comando oltre 640 km dal punto previsto, Doolittle e il comandante del-
di uno dei piloti più famosi del momento, il tenente colonnel- la Hornet Marc Mitscher decisero di dare il via all’operazione.
lo Jimmy Doolittle. Si trattava ora di preparare i mezzi, rapida- Gli aerei furono in fretta caricati delle bombe e preparati al de-
mente, anche per motivi di sicurezza, selezionare e addestrare collo. All’ultimo momento su ogni aereo furono stivate altre 10
gli equipaggi, digiuni di operazioni del genere su aerei concepi- taniche da 19 litri di carburante per aumentare l’autonomia.
ti per il decollo da terra. Furono scelti 24 B-25B (solo 16 avreb- Sull’obiettivo. Alle 8:20, con un tempo pessimo, il primo
bero preso parte all’azione) del 17° Gruppo da bombardamen- aereo, ai comandi dello stesso Doolittle, decollò dalla Hornet.
to dell’Usaaf, che aveva i piloti più esperti su quei velivoli. Gli Alle 9:19 tutti e sedici i B-25 erano in volo verso il loro destino.
equipaggi, di cinque uomini, furono selezionati tra i volontari. Schierati in 5 gruppi su un fronte di 80 chilometri, i velivoli arri-
Jimmy Doolittle, con il suo entusiasmo alimentato da una varono sulle coste del Giappone dopo circa 5 ore, senza incon-
buona dose di lucida follia tipica dei pionieri del volo, dal 1° trare nessuno. Sul territorio nemico volarono a bassissima quota,
marzo 1942 mise sotto uomini e macchine: in solo tre settima- sporadicamente incontrando velivoli singoli o in gruppo che, si-
ne di addestramento intensivo e maniacale (decollo simula- curi dell’inviolabilità del territorio, li scambiarono per aerei ami-
to da un ponte di poco più di 70 metri, volo e bombardamen- ci. Individuati gli obiettivi, alle 12:30 i bombardieri si portaro-
to a bassa quota, volo notturno e sul mare), erano pronti per la no a 500 metri di quota relativa e iniziarono il loro compito di-
missione. Agli aerei si dovettero aggiungere serbatoi supple- struttivo. Furono colpiti Tokyo e la baia, Kanagewa, Yokohama
mentari (fino a 4.300 litri di carburante), blindature, disposi- e i cantieri di Yokosuka. L’attacco durò pochi minuti. Nessun ae-
tivi antighiaccio e di autodistruzione (in caso di atterraggio in reo fu abbattuto dalla difesa scoordinata (solo lievi danni) o dai
territorio nemico) e fu eliminato tutto il superfluo per ridurne pochi caccia nipponici alzatisi in volo. Anche se il danno sareb-
il peso in decollo, tra cui il moderno dispositivo di puntamen- be alla fine risultato piuttosto limitato, la sorpresa fu massima
to (cambiato con uno più semplice e più leggero), e addirittura e la sferzata inflitta al morale nemico alta.
le mitragliatrici di coda, sostituite da pezzi di legno verniciati. Il più era fatto. Ora bisognava portare a casa aerei ed equipag-
Ordigni e piani di volo. Tutti gli aerei portavano quattro gi. I B-25 puntarono verso la Cina. Gli aerei, tranne uno che ave-
ordigni da 225 chili costruiti appositamente: tre ad alto esplosi- va virato verso l’Urss, erano diretti al campo di Chu Chow a cir-
vo e uno incendiario. Anche il piano era stato delineato: gli ae- ca 150 km dalla costa. Ma, non sapendo del decollo anticipato,
rei sarebbero stati caricati sulla portaerei Hornet, scelta per l’e- i cinesi non avevano ancora predisposto né i radiofari né l’illu-
sigenza (al comandante fu detto che si trattava di un semplice minazione. E i due aerei cinesi inviati poi sul posto furono ab-
trasferimento), che avrebbe fatto rotta verso il Giappone scor- battuti dal nemico. I B-25, non più in formazione, erano ora ab-
tata dalla Task Force 16.2 e dalla Task Force 16.1, che avrebbe bandonati a loro stessi, su un territorio sconosciuto. Dopo 13
incontrato al largo. A circa 700 chilometri dalla costa gli aerei ore di volo e l’ultima goccia di carburante, ognuno andò incon-
sarebbero decollati verso Tokyo-Yokohama. Arrivando da sud- tro al suo destino: alcuni equipaggi, tra cui quello di Doolittle,
ovest, dopo aver sganciato il carico si sarebbero allontanati nel- si lanciarono col paracadute, altri ammararono, altri ancora at-
la stessa direzione. Poi rotta a ovest verso la Cina e atterraggio terrarono dove capitava, spesso in zona nemica.
su aeroporti segreti locali, guidati da radiofari che gli Usa ave- Degli 80 aviatori del raid, 3 persero la vita negli atterraggi o
vano convinto i riluttanti cinesi a installare. Riforniti, sarebbe- negli scontri, 8 furono catturati, gli altri, tra cui il comandante,
ro poi ridecollati verso basi alleate da stabilire (erano in corso scamparono alla cattura con l’aiuto dei cinesi. Doolittle, torna-
trattative con l’Unione Sovietica). Non più di 3.200 chilometri to in patria, fu promosso generale di brigata e decorato con la
di volo a tratta, considerando che i velivoli potevano contare su Medaglia d’onore del Congresso. Grazie a lui e ai suoi uomini,
un’autonomia massima di 3.800 km. Un piano pieno di inco- il morale degli americani aveva ripreso vigore e il Giappone era
gnite: a partire dal decollo, che necessitava di un forte vento di stato destabilizzato nella sua certezza di invincibilità. d
prua, fino al problema degli atterraggi in suolo cinese. Una vol- Gian Lorenzo Fiani

29
1942 BARCE INGLESI-TEDESCHI

MOSQUITO
ARMYNelle aree desolate del Nordafrica scorridori
come Long Range Desert Group
e Special Air Service combattevano le forze
dell’Asse con le tattiche della guerriglia

S
i trattava prima di tutto di conquistare Tobruk per at-
testarsi sulla linea Sollum-Halfaya e poi concentrare
tutti gli sforzi militari alla conquista di Malta, l’isola
fortificata sede di un’importante base aeronavale da
cui decollavano gli aerei inglesi che attaccavano i convogli
dell’Asse durante il tragitto Italia-Libia. Questo avevano de-
ciso di comune accordo Hitler e Mussolini il 30 aprile 1942.
E avevano dato mandato all’ACIT, l’armata corazzata italo-tede-
sca al comando del generale Ettore Bastico, ma in effetti coman-
data da Erwin Rommel, di portare a termine il più presto pos-
PRONTI AL VIA
sibile la missione. Uomini del SAS, lo
È la notte del 13 settembre 1942 quando gli equipaggi di due Special Air Service
carri leggeri L3 italiani sistemati a controllo della strada che inglese. Costituito nel
scende dal gebel (altopiano) cirenaico verso la costa vicino a Bar- 1941, questo corpo
ce (80 chilometri a nord-est di Bengasi) notano una colonna di militare era destinato
ad effettuare raid
autocarri che procede verso di loro; nonostante l’invito alla mas- di paracadutisti e di
sima allerta, i carristi pensano si tratti di un convoglio amico. commando contro
Appena il convoglio si avvicina, dagli automezzi parte un inten- gli aeroporti e le basi
so fuoco che li coglie alla sprovvista. I piccoli L3, cingolati con italo-tedesche. Il
corazzatura leggerissima e armati solo di mitragliatrici, adatti motto del reparto era
“chi osa vince”.
più a compiti esplorativi che da battaglia, sono investiti dai col-
pi che feriscono due uomini, mentre i carri armati nemici li su-
perano dirigendosi verso la cittadina libica.
Poco dopo il convoglio si divide: da una parte la pattuglia ne-
ozelandese T1 che si muove verso l’obiettivo principale, il cam-
po di aviazione della Regia Aeronautica a nord di Barce; dall’al-
tra la pattuglia G1, che si dirige verso Campo Maddalena, sede
degli accampamenti di truppe, circa 3 chilometri a sud-est. Do-
po aver incontrato un’unità italiana motorizzata che li scambia
anch’essa per amici, i neozelandesi, montati sulle loro veloci ca-
mionette da deserto, raggiungono il campo d’aviazione. Non
aspettandosi un attacco, gli italiani se ne stanno tranquilli al lo-
ro posto; così gli autocarri penetrano nel campo. I kiwis, cioè le
truppe neozelandesi, lanciano bombe a mano e investono barac-
che, depositi di carburante, autocarri e aerei col fuoco delle mi-
tragliatrici montate sui loro mezzi. Gli italiani reagiscono anche

30
GETTY IMAGES
0 100 km

Barce
Derna M a r M e d i t e r r a n e o
Gerdes El Abid Tobruk
Bengasi
Bir El Gerrari
delta del Nilo

B AR R I E R A DI F I LO
Alessandria
S P I N ATO S U L CO N F I N E
LI B I A-E G I T TO

n a i c a
e Il Cairo
ir
Depressione Suez
Giarabub
C Siwa
di El Qattara
El Fayum
Qaret Khod

M
Gialo

ar
Ro
P E R CO R SO
DE L LR DG

ss
LIBIA

o
DA E L FAYU M
A B AR C E

Nilo
Mare C I R C A 1. 800 K M

di sabbia

di Kalansho Howard's Cairn Assyut


Ain Dalla

Mare
Tazerbo
C A MI ON D EL L A
H EAV Y S EC TI ON
I N A RRI V O
Gran Mare

di Sabbia
EGITTO
DA C UFR A
di sabbia

di Rebiana
GEOGRAFICA

Cufra

LA TRAVERSATA VERSO BARCE


AUTUNNO 1942. La vittoriosa carburante di riserva. Assieme a un autocarro radio è posto a
avanzata di Rommel in Egitto loro la pattuglia rodesiana diretta coprire le spalle, la pattuglia
costringe le forze speciali in verso Bengasi. neozelandese e le Guardie si
G. RAVA

Nordafrica a cambiare strategia: 7 SETTEMBRE. Il convoglio dividono. Con cinque mezzi,


per capovolgere la situazione a giunge nella località di Howard’s la T1 (neozelandese) attacca
proprio favore il comando inglese Cairn dove incontra altri due l’aeroporto, dopo un’ora si sgancia
decide di colpire, con raid, porti e camion della Heavy Section e attraversa l’abitato dove si
aeroporti della costa nordafricana. appena arrivati da Cufra, che lo scontra con carri e blindo italiane
A questo proposito sono allestite riforniscono di altro carburante. e perde 3 mezzi e 6 uomini.
varie operazioni con nomi diversi: 10 SETTEMBRE. La pattuglia La pattuglia Guardie intanto
Agreement per aggredire il porto rodesiana abbandona il gruppo attacca gli alloggiamenti della
di Tobruk, Bigamy contro Bengasi, per dirigersi alla volta di Bengasi. guarnigione, perdendo nello
Caravan contro Barce e Nicely, 12 SETTEMBRE. Il convoglio scontro 2 mezzi.
un’azione contro l’oasi di Gialo per arriva a Bir El Gerrari: qui è lasciato 14 SETTEMBRE. Ore 4:00 , i mezzi
portare supporto alla ritirata delle un mezzo equipaggiato, per delle due pattuglie si riuniscono e
forze impegnate nei raid. servire da Rally point a eventuali ripartono, incalzati dagli italiani.
1 SETTEMBRE 1942. Comincia sbandati dopo l’azione. ORE 8:30 aerei italiani
l’Operazione Caravan: dalla base 13 SETTEMBRE. Il Long Range avvistano il convoglio e lo
di El Fayum partono la pattuglia Desert Group arriva vicino a Barce. attaccano per tutto il giorno.
neozelandese e quella delle Gli arabi avevano avvisato della All’imbrunire, il solo autocarro e le
Guardie su 5 jeep e 12 autocarri presenza di una forza inglese nelle due jeep rimaste si sganciano.
Chevrolet 30cwt, accompagnati vicinanze e anche i ricognitori 16 SETTEMBRE. I superstiti
da due camion pesanti con il italiani l’avevano avvistata. raggiungono il campo
All’imbrunire, il LRDG si mette d’atterraggio d’emergenza LG 125
in moto per l’azione e riesce a dove due giorni dopo un aereo
NEL DESERTO superare vari posti di blocco. porterà in salvo i feriti.
Un uomo del LRDG. Questi ORE 23:30 il convoglio distrugge 17 SETTEMBRE. Gli ultimi uomini
soldati erano abbigliati in due carri leggeri italiani che partono a piedi attraverso il
maniera informale e pratica, e controllano la strada per Barce. deserto verso uno dei punti di
usavano anche vestiario locale, ORE 24:00 le pattuglie arrivano raccolta. Verranno recuperati da
come la kefiah dei beduini. alla periferia di Barce: mentre altre pattuglie del LRDG.
con bocche da fuoco, ma in maniera scomposta: sono disorien- fensori, le postazioni di Gialo, El Auenat, Murzuk e altri presi-
tati e non riescono a capire esattamente chi e dove sia il nemico. di nemici nel deserto, spesso a più di 800 chilometri dalle linee
Sulla pista vengono distrutti o danneggiati 32 aerei, tra cac- inglesi. Imboscate e attacchi ad autocolonne crearono il panico
cia, bombardieri e aerei da trasporto. Le camionette alleate, do- dietro le linee del nemico, che ormai non aveva più piste sicure
po un’ora di vero inferno di fuoco e ormai a corto di munizioni, fuori dalle proprie basi.
lasciano il campo senza perdite. In scontri successivi presso la Le difficoltà di muoversi in luoghi desolati e vivere per setti-
stazione ferroviaria la pattuglia T1 perderà tre automezzi e al- mane con minime razioni e poca acqua (non più di 3 litri al gior-
cuni uomini saranno catturati; ma riuscirà a riunirsi con la pat- no, anche per preparare il tè), si fecero sentire, ma gli uomini del
tuglia Guardie, che nel frattempo aveva infuriato a Barce, pene- LRDG – abbigliati in modo informale, più legato alle esigenze
trando negli accampamenti nemici e colpendo uomini e mezzi. contingenti che ai regolamenti militari – si adattarono sempre
La colonna ora è nuovamente compatta e si dirige verso il deser- al deserto, senza cercare di vincerlo alla propria volontà, e fece-
to quando, poco prima dell’alba, gli automezzi alleati sono at- ro innumerevoli azioni quasi tutte vincenti, come i grandi raid
taccati da aerei da caccia e da una consistente forza italiana che (tra cui Barce, appunto) compiuti nel settembre 1942. Dopo il
distrugge molti veicoli uccidendo e ferendo parecchi uomini. Nordafrica, il LRDG venne impiegato, quasi con gli stessi com-
Nonostante il prezzo pagato, il raid su Barce fu considerato piti ma su diverso terreno, in Egeo, Grecia, Iugoslavia e Italia.
una vittoria per il modo in cui era stato portato a termine. Il me- Fu definitivamente sciolto nell’agosto del 1945.
rito dell’azione era di un distaccamento del Long Range Desert I parà del Sas. Ma da parte inglese nel deserto non operò
Group che, con 47 uomini su 5 Jeep e 12 autocarri Chevrolet, era solo il LRDG: nel 1941 fu costituito lo Special Air Service (SAS)
partito per il raid (definita Operazione Caravan) 11 giorni prima per effettuare raids di paracadutisti e commando contro aero-
dall’oasi egiziana di El Fayum, a sud del Cairo. Aveva attraversa- porti o basi logistiche italo-tedesche. Inizialmente gli uomini
to per 1.800 chilometri il deserto, dalle dune alle spianate sasso- del SAS, con penuria di mezzi ed equipaggiamenti, erano tra-
se, incontrando solo sabbia, scarsi pozzi di acqua e pochissimi sportati dagli automezzi del LRDG (in questi casi soprannomi-
punti di rifornimento. nati Lybian Taxis Ltd.) in vicinanza degli obiettivi. In seguito, il
Il Long Range Desert Group, prima unità britannica di questo comandante e ideatore del reparto, David Stirling, acquisì una
tipo a essere impiegata nel corso della Seconda guerra mondia- flotta di Jeep che armò con mitragliatrici. Con queste i suoi uo-
le, era stato costituito al Cairo nel 1940 da un’idea del maggio- mini, sempre fedeli al motto “who dares wins” (chi osa vince),
re Ralph Bagnold con lo scopo di creare un reparto autonomo, iniziarono a colpire con attacchi imprevedibili basi e aeroporti
molto mobile, in grado di compiere esplorazioni a lungo raggio nemici. SAS e LRDG spesso continuarono a operare assieme,
e missioni di intelligence dietro le linee del nemico in pieno de- infliggendo gravi danni e distogliendo forze preziose al nemico
serto, dove difficilmente avrebbero potuto operare reparti con- che tentava di neutralizzarli.
venzionali. Il maggiore Bagnold si era basato sulle “pattuglie au- Gli italiani, sin dagli anni ’30, avevano già in Libia reparti
totrasportate” impiegate durante la Prima guerra mondiale da- specializzati per il movimento e il combattimento nel deserto:
gli stessi inglesi. le Compagnie Meharisti (montate su dromedari da sella) e le
Piena autonomia. Le prime settimane di vita del LRDG Compagnie Sahariane, tutte formate da personale locale, ben
furono contrassegnate dall’improvvisazione, perché in Egitto avvezzo alle dure condizioni del deserto. Le Compagnie Saha-
in quei giorni mancava ogni cosa: quando Bagnold finì di recu- riane erano state riorganizzate nel 1938 da Italo Balbo e trasfor-
perare le armi che gli servivano, al Cairo erano restate solo tre mate in unità motorizzate, con aerei leggeri in appoggio. Orga-
mitragliatrici. I veicoli furono presi in prestito dall’esercito egi- nizzate in colonne mobili ed equipaggiate anche con automez-
ziano o acquistati privatamente e poi modificati con armamen- zi A.S.37 modificati con cannoni anticarro da 47/32 e Breda 35
to pesante e dotati di radio, serbatoi, materiali e viveri per per- da 20 mm, che davano loro un grande potere di fuoco, furono
mettere un raggio d’azione di circa 1.750 chilometri e tre setti- usate per pattugliare le vaste aree tra le varie guarnigioni e pro-
mane di permanenza in autonomia in pieno deserto. Su tutto la teggere le vie di comunicazione.
supervisione dello stesso Bagnold, che volle anche equipaggia- Gli Arditi del deserto. Alla fine del 1942, anche gli ita-
re i mezzi di bussola solare, piastre antinsabbiamento e conden- liani crearono delle pattuglie di Arditi Camionettisti con par-
satori per il radiatore, di sua invenzione. ticolare addestramento, per compiere azioni nel deserto. Era-
Le prime pattuglie, composte di circa 15 uomini e 5 veicoli, fu- no montate su speciali automezzi, le Camionette desertiche
rono formate con personale volontario scelto tra le truppe neo- AS 42, pesantemente armate ed equipaggiate che, come i vei-
zelandesi: questi uomini, infatti, erano abituati più di altri ai di- coli nemici, avevano una grande autonomia (quasi 1.500 km).
sagi e alle fatiche prolungate. Poco dopo sarebbe arrivato perso- Sia le Compagnie Sahariane, sia gli Arditi Camionettisti avreb-
nale sudafricano, rodesiano, indiano e anche britannico. Il co- bero dato filo da torcere agli uomini del LRDG, scontrandosi
mando ufficiali era formato da vecchi amici di Bagnold, esperti con loro più di una volta.
cartografi e abili navigatori, che con lui avevano percorso in lun- Ma sia che appartenessero al LRDG, al SAS, alle Compagnie
go e in largo il deserto nei decenni precedenti. Ogni singolo equi- Sahariane o alle colonne mobili delle Forze Francesi Libere al
paggio fu addestrato e preparato a operare e combattere, in caso comando del generale Leclerc (che operavano anch’esse nel de-
di bisogno, anche in assoluta autonomia. serto partendo dalle basi in Ciad), questi uomini furono tutti ac-
Gli “scorpioni del deserto” – come vennero chiamati dall’im- comunati dagli stessi problemi di sopravvivenza in un ambien-
magine del loro stemma – iniziarono così l’avventura compien- te durissimo, nel quale però, pur tra mille difficoltà, riuscirono
do inizialmente solo missioni di ricognizione e passando poi a a compiere azioni rimaste memorabili. d
incursioni vere e proprie. Furono attaccati, sorprendendo i di- Giovanni Gotti

33
1942 EL ALAMEIN MONTGOMERY-ROMMEL

DESERTO
DI FUOCO
Uno prudente e calcolatore, l’altro imprevedibile e irruente. Il risultato?
Uno scontro epico, che segnò la fine dell’avventura tedesca in Nordafrica
L
o scontro tra i due famosi comandanti ha origini lon- bruk, respingendo la VIII Armata inglese, e minacciare la ba-
tane. Tutto ha inizio il 13 settembre 1940 quando le se navale di Alessandria e il Canale di Suez. L’avanzata si arre-
truppe italiane, al comando del maresciallo Rodol- stò sulla linea difensiva che si estendeva da El Alamein fino al-
fo Graziani, entrano in territorio egiziano. Le mi- la depressione di Qattara, una sessantina di chilometri a sud.
re di Mussolini sono rivolte al Canale di Suez e dalla Libia, A questo punto al comando dell’VIII Armata arrivò il genera-
colonia italiana, la X Armata era arrivata a Sidi el-Barrani. le Bernard Montgomery, che radunò le forze per sferrare l’of-
La controffensiva inglese non si fece attendere: l’Operazio- fensiva a Rommel. E finalmente la volpe e il rinoceronte si tro-
ne Compass partì il 7 dicembre quando i bombardieri del- varono di fronte. L’VIII Armata era composta da inglesi, au-
la Royal Air Force attaccarono a sorpresa gli aeroporti italia- straliani, neozelandesi, indiani, sudafricani, e si trovava al co-
ni. E il Regio Esercito fu costretto a ripiegare, a subire nei me- spetto una forte posizione tedesca, difesa da campi minati,
si successivi una serie di sconfitte in diverse battaglie campali. dalla fanteria e da numerosi cannoni anticarro. I tedeschi pe-
Richiesta di aiuto .Visti inutili tutti i tentativi di reazio- rò avevano problemi di rifornimento e lo stesso Rommel era
ne, Mussolini si decise a chiedere aiuto a Hitler, che nel mar- prostrato nel fisico. Montgomery pianificò un attacco frontale
zo 1941 inviò in Nordafrica l’Afrikakorps al comando di Er- che doveva preparare la strada alla fanteria per aprire un var-
win Rommel. Subito le sorti della cosiddetta “guerra del de- co fra i campi minati e far passare i carri armati.
serto” subirono una svolta decisiva: le Panzer-Divisionen te- Perfetto sconosciuto. In quel momento, la differenza
desche inflissero alle truppe inglesi la sconfitta nella battaglia tra i due era enorme: Montgomery era un perfetto sconosciu-
di Ain el-Gazala che permise a Rommel di conquistare To- to, che allora era a capo delle truppe del sud-est dell’Inghilter-

DIVISIONI
CORAZZATE
Ottobre 1942: carri
armati britannici
si dirigono verso il
campo di battaglia di
El Alamein, in Egitto.

GAMMA-KEYSTONE VIA GETTY IMAGES

35
LA SPALLATA FINALE
Sidi Abd
el Rahman

PICTURE-ALLIANCE
4
MONTGOMERY

1
2

Linea raggiunta
dall’8a Armata
ROMMEL il 1° novembre
pista “Ariete”

G recia

M editerraneo

El Alamein
.
E gitto

LO SFONDAMENTO
Le ultime fasi della battaglia. I principali carri
schierati furono il tedesco Panzer III e il
britannico M4 Sherman, di fabbricazione Usa.

1. NUOVO PIANO 2. ATTACCO ALLEATO 3. GRANDI PERDITE 4. INSEGUIMENTO


Dopo l’insuccesso inglese Nella notte del 2 novembre Alle 6:00 del 2 novembre, la Il 4 novembre la battaglia di El
dell’Operazione Lightfoot inizia l’Operazione Supercharge. 9th Armoured brigade inglese Alamein è vinta dalle truppe
nonostante la disparità di mezzi Grazie a Ultra, gli Alleati assalta le ultime posizioni inglesi. Italiani e tedeschi sono
(1.348 carri inglesi contro vengono a sapere che a nord difensive tedesche: ben 70 praticamente in rotta, inseguiti
497 italo-tedeschi), il generale dello schieramento ci sono carri inglesi su un totale di 94 dalla 1st e dalla 10th Armoured
Montgomery mette a punto un meno unità nemiche. vengono distrutti, ma l’attacco è division britanniche.
nuovo piano: un attacco a nord un successo e spacca in due
dello schieramento nemico. la linea difensiva tedesca.

ra, e che prima l’esonero del generale Auchinleck e poi la morte nia per quasi mille chilometri, aveva contrattaccato d’improv-
improvvida del suo successore William Gott, avevano portato viso senza che nessuno se lo aspettasse. Era un comandante ve-
alla nomina, da parte del primo ministro Churchill, del coman- ro, di grande carisma, sempre presente sul campo. Amatissimo
do della Campagna del Nordafrica. La fama di Rommel, invece, dai suoi soldati e ufficiali, coi quali era sempre corretto, ave-
la “Volpe del deserto”, uno dei generali più giovani della Weh- va con loro un grande cameratismo. Lo stesso rispetto prova-
rmacht, era al massimo ed era già diventata leggenda. Anche va per i nemici, che considerava soldati come lui. Era esigente e
grazie alla martellante propaganda: sia quella nazista, che sfrut- spronava le truppe fino al limite, con poca pazienza per chi non
tando le sue doti di generale di estrazione popolare ne aveva fat- si dimostrava all’altezza della situazione. Ma gli uomini dell’A-
to un idolo per i tedeschi e i loro alleati, sia anche quella inglese, frikakorps erano come galvanizzati da lui. Meno amato dai su-
che lo considerava un nemico molto determinato e pericoloso. periori per la sua insofferenza alla gerarchia, spesso era sgarba-
Imprevedibile. I due generali erano diversi, sia per caratte- to con i pari grado, in particolare con gli italiani, che non sop-
re sia come strateghi. Rommel era veloce nelle decisioni e do- portava, se non addirittura disprezzava; era apertamente invi-
tato di gran fiuto. Maestro nell’impiego dei mezzi corazzati, so, quasi guardato dall’alto in basso, dai suoi colleghi generali
sapeva cogliere al volo le occasioni nei momenti critici di una usciti dalle accademie prussiane.
battaglia. La prova del suo talento l’aveva data nei mesi prece- La sua fama a dire il vero era anche sopravvalutata: se da
denti quando, dopo una ritirata dalla Cirenaica alla Tripolita- una parte, sul campo, confermò le sue doti di ottimo tatti-

36
co, fantasioso e imprevedibile, capace di rompere gli schemi i suoi superiori. Persino con Churchill aveva difficoltà di rap-
tradizionali, dall’altra l’andamento generale delle operazioni porti. Era però popolarissimo tra i soldati per la sua franchezza
contribuì a riequilibrarne la figura, mettendone in evidenza e per le sue bizzarrie: dal vestire in modo informale (il suo so-
difetti e mancanze. Come stratega era decisamente medio- lo segno distintivo era un basco nero dei carristi con il doppio
cre, troppo ancorato alle proprie convinzioni che gli faceva- fregio, di reparto e di grado) al modo di vita spartano che con-
no mancare una visione generale dell’intero campo di batta- duceva: dormiva su una branda da campo, mangiava solo car-
glia. Sfruttava infatti troppo i successi ottenuti nel breve pe- ne in scatola e gallette, non fumava, non beveva latte, non usa-
riodo, senza pianificare a sufficienza le azioni che ne doveva- va zucchero e leggeva la Bibbia tutte le sere.
no seguire. Uno dei suoi più grossi errori strategici fu quello Anche lui però, dopo la vittoria, non fu immune da una so-
di insistere a proseguire nella sua avanzata in Egitto senza pravvalutazione propagandistica: in effetti ottimo stratega e
che prima fosse attuata la conquista di Malta, spina nel fian- logista, contrappose a Rommel il calcolo, la freddezza e la per-
co dei convogli di rifornimento dell’Asse nel Mediterraneo, fetta organizzazione, ma gli fu sempre inferiore come tattico,
nonostante la sua continua carenza di carburante, di mezzi mediocre e senza fantasia. Molti suoi successi furono inoltre
e di munizioni. Era anche un cattivo logista: per sfruttare lo dovuti alle informazioni dell’intelligence, cosa che avrà sempre
slancio delle azioni allungò con troppa disinvoltura e in ma- gran difficoltà ad ammettere.
niera impossibile la linea dei pochi rifornimenti che giunge- La resa dei conti. Lo scontro diretto tra i due ebbe ini-
vano. Il suo voler avanzare a tutti i costi, anche senza il neces- zio a fine agosto: Rommel, pur indebolito militarmente e ma-
sario supporto logistico, gli sarà fatale. Aveva infine troppa lato nel fisico, aveva ancora in mano l’iniziativa. Nella Secon-
sicurezza negli strumenti di codificazione e nella macchina da battaglia di El Alamein, o battaglia di Alam Halfa, tentò un
Enigma, usati dai tedeschi. Questo fatto si rivelerà una del- ultimo disperato tentativo di sfondare le linee verso Alessan-
le armi vincenti degli inglesi, che fin dal 1940 erano riusciti a dria d’Egitto e il Cairo. Il 30 agosto le truppe corazzate italo-te-
decifrarne i codici: nel 1942 decrittarono più di 80mila mes- desche si proiettarono in avanti, con la consueta abilità tattica
saggi al mese, riuscendo a conoscere in anticipo le mosse di del comandante, per aggirare le posizioni inglesi, dilagare nel-
Rommel e soprattutto le date e le rotte dei convogli navali con le retrovie e accerchiare il nemico. Montgomery e le sue trup-
i rifornimenti a lui destinati. pe, trincerate sulla linea di El Alamein, erano ancora imprepa-
A dire la verità, Rommel stesso era perfettamente conscio rati, ma il britannico aveva dalla sua le informazioni di Ultra, il
della potenzialità della guerra di spionaggio: per la sua secon- servizio di decrittazione dei messaggi tedeschi, che gli permi-
da offensiva in Cirenaica, che portò alla conquista di Tobruk, se di conoscere in anticipo il piano nemico. Ebbe così il tempo
aveva infatti potuto servirsi di importanti informazioni sui di organizzare una difesa in profondità, che centrò sulle alture
piani britannici grazie a una pecca nei codici di comunicazio- di Alam Halfa, contro le quali il 4 settembre si arenarono, qua-
ne tra gli inglesi e gli alleati americani. Non si capisce dunque si senza carburante, i carri di Rommel.
perché in Nordafrica avesse così sottovalutato le potenzialità Sulla difensiva. Era l’ultimo tentativo e anche la “Volpe”
inglesi nella decrittazione dei messaggi riservati. Questo fu un lo sapeva. Ormai non era più padrone del suo destino. Non gli
altro dei suoi errori. restava che ritirarsi sulle vecchie posizioni in attesa dell’inevi-
Insomma, furono tutti sbagli, questi, che gli toglieranno col tabile offensiva britannica.
passare del tempo ogni speranza di vittoria. Gli va comunque Questa partì solo due mesi dopo: l’ultima decisiva battaglia
riconosciuto di aver sempre vinto pur avendo a disposizione di El Alamein scattò il 23 ottobre 1942, solo dopo che Monty fu
forze inferiori rispetto all’avversario e soprattutto senza supe- soddisfatto della sua superiorità, ormai schiacciante, in uomi-
riorità aerea, cosa che nessun altro generale, sia dell’Asse sia ni e mezzi. Oltretutto, da Ultra gli inglesi avevano saputo che
alleato, era riuscito mai a fare. Rommel era lontano dal fronte, a farsi curare in patria. Ritor-
L’avversario. “Monty”, com’era familiarmente chiama- nerà in tutta fretta il 25 e opporrà ancora una resistenza formi-
to dalle truppe Montgomery, era completamente diverso: dal dabile, anche in profondità, tanto che la prima azione di Mont-
carattere austero, poco incline all’improvvisazione e con un’e- gomery – l’operazione Lightfoot – praticamente fallì, metten-
norme fiducia in se stesso, prese in mano l’VIII Armata e riuscì do a rischio l’intera offensiva. Il generale inglese studiò allora
a risollevarne le sorti sia militarmente che moralmente. Ave- una nuova mossa, l’operazione Supercharge, concentrando il
va una grande chiarezza del campo di battaglia e soprattutto suo formidabile ariete a nord dello schieramento, dove si se-
una sorprendente visione strategica, che abbracciava anche le gnalavano, ancora una volta grazie a Ultra, meno unità nemi-
operazioni su altri obiettivi, le retrovie, la produzione bellica, che. L’azione ebbe successo e il fronte crollò.
i fronti interni: l’intera macchina da guerra insomma. Non la- Montgomery, col calcolo, la potenza e l’aiuto di Ultra, era ri-
sciava nulla al caso: resistendo a Winston Churchill, che vo- uscito a battere la volpe, segnando a El Alamein un punto di
leva un’immediata offensiva, la scagliò solo dopo essere sicu- svolta nelle sorti degli inglesi durante la Seconda guerra mon-
ro di avere la mano vincente, cioè un sicuro vantaggio di for- diale, che prima di allora non avevano ottenuto nessuna vitto-
ze e un apparato logistico ben oliato ed efficiente. Mentre fa- ria decisiva.
ceva affluire una mole di mezzi, armi, munizioni e carburante, Nonostante l’ordine di Adolf Hitler di resistere a tutti i costi,
riuscì a instillare nei soldati – che addestrava allo stremo del- Rommel riuscì ancora a sganciarsi e ad arretrare, sgusciando
le forze – uno spirito di corpo nuovo, che ruotava attorno alla tra le maglie di Montgomery fino in Tunisia, che però cadrà in
sua persona e alla sua assoluta convinzione di battere il nemi- mano agli Alleati nel gennaio del 1943, infrangendo così defi-
co, e ne risollevò il morale, completamente a terra dopo le re- nitivamente i sogni africani del Terzo Reich. d
centi sconfitte. Aveva un carattere spesso arrogante, anche con Ludovico Gentili

37
1942 MIDWAY USA-GIAPPONE

FUOCO
DAL CIELO
Attorno al piccolo atollo si combatté la più decisiva delle battaglie
aeronavali. Il suo esito cambiò le sorti della guerra nel Pacifico
decretando l’importanza delle portaerei nelle azioni combinate
N
el giugno 1942 Midway, un minuscolo atollo attuato da bombardieri partiti proprio da una di esse, la Hornet.
dell’Oceano Pacifico, divenne il teatro di una bat- Concepito da Yamamoto, il piano era particolarmente com-
taglia navale combattuta esclusivamente da aerei, plesso, si prefiggeva anche la conquista dell’atollo di Midway
senza che le navi delle flotte contrapposte arrivas- e un’azione alle isole Aleutine. Una serie di obiettivi e diversi-
sero a contatto balistico. vi che però finivano con il rendere poco elastica la manovra.
I giapponesi vi giunsero un mese dopo la battaglia del Mar Una forza incredibile. Per l’operazione, prevista nei pri-
dei Coralli che aveva fermato la loro spinta espansionistica. A mi giorni del giugno 1942, venne radunata tutta la marina da
guidarli c’era l’ammiraglio Yamamoto, che nel gennaio 1941 si guerra giapponese: oltre 180 navi guidate da 20 ammiragli, ap-
era rivolto al primo ministro giapponese Dumimaro Konoye poggiate da 590 aeroplani per quasi 100mila uomini imbarca-
con parole profetiche: “Se affermate che è necessario combatte- ti. La flotta comprendeva, fra l’altro, 8 portaerei (ma ne furono
re, allora mi scatenerò nei primi sei mesi di guerra contro gli Sta- realmente impiegate 4), 11 navi da battaglia, 22 incrociatori, 65
ti Uniti e prometto una serie ininterrotta di vittorie”. cacciatorpediniere, 21 sommergibili e numerose navi appog-
Sette mesi dopo l’attacco a Pearl Harbor del 7 dicembre 1941, gio. Di questi, alla fine, solo una minima parte fu direttamen-
i giapponesi avevano conseguito l’obiettivo della cosiddet- te coinvolta. L’ammiraglio statunitense Chester W. Nimitz, co-
ta “sfera di prosperità comune della grande Asia Orientale” mandante in capo della flotta del Pacifico, si opponeva con 76
e volevano impartire agli Stati Uniti una severa lezione mi- unità, un terzo delle quali – destinate a difendere le Aleutine
litare. Bersagli erano, ancora una volta, le portaerei ameri- – non parteciparono alla battaglia. I suoi bracci operativi era-
cane, considerate le unità navali più pericolose, come ave- no la Task Force 16 dell’ammiraglio Spruance con le portaerei
va confermato il raid di Doolittle del 18 aprile 1942 su Tokyo, Enterprise e Hornet e la TF 17 dell’ammiraglio Fletcher con la

OBIETTIVO
CENTRATO
Gli aerei giapponesi
superano il fuoco
della contraerea
e danneggiano la
portaerei americana
Yorktown, che poi viene
mandata a picco (nella
foto) dai siluri di un
sommergibile nipponico.
Alcuni indicano la fine
della battaglia nel 7
RUE DES ARCHIVES/MILESTONE MEDIA

giugno, quando all’alba


la nave si inabissa.

39
portaerei Yorktown. In evidente inferiorità numerica, Nimitz
THE GRANGER COLLECTION/ALINARI

poteva però contare sul radar, presente sulle navi maggiori e a


Midway, su un’efficiente ricognizione aerea e sulle informazio-
ni che gli pervenivano dall’intelligence. Usando le parole del du-
ca di Wellington, egli riusciva a vedere che cosa si nascondeva
dietro il crinale della collina e ciò gli consentiva di riequilibrare
il vantaggio dell’aviazione di marina giapponese, i cui piloti in
questa fase vantavano una media di 800 ore di volo ciascuno ri-
spetto alle 300 ore degli americani. Quanto ai materiali, il cac-
cia Mitsubishi A6M Zero era ancora superiore ai caccia ameri-
cani, inoltre i giapponesi erano più efficienti e veloci nelle ma-
novre aeronavali.
L’armata navale giapponese era così composta: la flotta
dell’ammiraglio Nagumo con 4 portaerei di squadra (Kaga,
Akagi, Soryu e Hiryu), scortate da 2 corazzate, 2 incrociato-
ri pesanti e unità cacciatorpediniere; la flotta dell’ammiraglio
Yamamoto comprendente 3 corazzate, tra le quali la Yamato, e
una portaerei leggera, protette da uno schermo di cacciatorpe-
diniere; la squadra d’invasione di Midway agli ordini dell’am-
miraglio Kondo, appoggiata da 2 corazzate, 8 incrociatori pe-
santi, una portaerei leggera; una formazione di sommergibi-
li destinati a uno sbarramento a ovest delle Hawaii, che pe-
rò venne realizzato in ritardo, quando gli americani erano già
passati; infine, la flotta destinata all’invasione delle Aleutine.
La trappola. Midway era l’esca per attirare le portaerei
americane tra i due fuochi delle flotte di Nagumo e Yamamoto,
ma i giapponesi non immaginavano che il nemico conoscesse i
loro piani grazie alle intercettazioni tradotte da Magic, la mac-
china che gli americani usavano per decifrare gran parte dei
codici giapponesi in uso dal 1939 al 1942. All’ufficio criptoa-
nalisi di Pearl Harbor, infatti, sospettavano che la sigla AF, ri-
corrente in un grande numero di messaggi in cifra intercettati,
fosse riferita a Midway. Per una conferma l’ufficio ricorse a
un vecchio trucco: comunicò a diversi comandi statuni-
tensi che l’isola di Midway necessitava di rifornimenti di
acqua potabile. I giapponesi intercettarono a loro vol-
ta il messaggio e comunicarono tra di loro che AF era a
corto di acqua potabile. Dunque, la sigla AF identifica-
va Midway, ed era lì che i giapponesi avrebbero tentato
CORBIS

40
il colpo. Come scrisse l’ammiraglio Nimitz all’ammiraglio Er- rebbero stati pronti a colpire, invece, questi aerei erano torna-
nest J. King, comandante in capo della Marina statunitense, a ti nelle rimesse per riarmare i bombardieri della seconda on-
pochi giorni dallo scontro: “Ci stiamo preparando per sorpren- data su Midway.
dere i nostri visitatori con il tipo di accoglienza che essi meritano Nagumo commise l’errore di avanzare a tutta forza verso gli
e faremo del nostro meglio con quanto abbiamo a disposizione”. americani anziché raccordarsi con la flotta di Yamamoto, che
Secondo quanto prevedeva il piano operativo, all’alba del 3 lo seguiva e che non entrò mai nel vivo della battaglia. Dalle
giugno la flotta settentrionale giapponese cominciò a bom- portaerei Hornet ed Enterprise decollò tutto ciò che poteva vo-
bardare le Aleutine. Nel pomeriggio, la squadra d’invasione di lare, sui ponti rimasero solo una ventina di caccia a protezio-
Midway venne intercettata da un ricognitore e subito attaccata ne. Altri aerei partirono dalla Yorktown. Almeno 150 apparec-
da aerei decollati dall’atollo, senza successo. All’alba del 4 giu- chi vennero scagliati contro le unità giapponesi.
gno, Nagumo fece decollare 7 idrovolanti da ricognizione ver- Le navi di Nagumo vennero avvistate alle ore 9:30 nel mo-
so est, alla ricerca delle navi nemiche; di questi aerei, uno sareb- mento in cui erano più vulnerabili. Gli americani cominciaro-
be tornato indietro poco dopo, mentre un altro sarebbe partito no l’azione quando le portaerei giapponesi avevano i ponti in-
in ritardo per un’avaria alla catapulta. Contemporaneamente le gombri degli aerei che erano stati riforniti di munizioni e di
4 portaerei di Nagumo lanciarono 108 aerei destinati a neutra- carburante. Un primo attacco di aerosiluranti Devastator eb-
lizzare le difese di Midway. Il bombardamento dell’atollo, vana- be un bilancio negativo per gli americani: ben 35 dei 41 aerei
mente contrastato dagli americani, non risultò comunque deci- vennero abbattuti dalla contraerea e dagli Zero.
sivo: l’aeroporto era ancora agibile, cosa che costrinse il coman- Alle 10:25 attaccarono in picchiata i bombardieri Dauntless,
dante del raid giapponese a sollecitare una seconda incursione. che volando a 6mila metri non vennero scorti dalla contraerea
Intanto, i ricognitori nipponici avevano concluso la loro mis- e tantomeno furono intercettati dai caccia, che erano rimasti
sione senza avvistare le formazioni Usa, per cui Nagumo diede a una quota bassa temendo un nuovo attacco di aerosiluranti.
l’ordine di sostituire i siluri sugli aerei che erano pronti all’azio- La Kaga, la Akagi e la Soryu furono centrate più volte dai bom-
ne contro le portaerei nemiche con le bombe destinate alla se- bardieri in picchiata, la cui azione fu pressoché indisturbata.
conda incursione su Midway. Gli aerei sui ponti vennero colpiti e provocarono incendi pau-
Coincidenze negative. Sfortuna volle che, in queste ore rosi, che si propagarono rapidamente all’interno delle navi at-
concitate, Nagumo fosse privo dei preziosi consigli di due traverso gli squarci provocati dalle bombe americane e dalle
grandi specialisti con i quali aveva collaborato nell’azione di esplosioni delle munizioni giapponesi.
Pearl Harbor: i comandanti Mitsuo Fuchida e Minoru Genda, Il comandante si inabissa. Tra le ore 10:25 e le 10:30, tre
entrambi imbarcati sull’Akagi. Il primo dovette subire un’o- portaerei giapponesi erano praticamente inutilizzabili e ridotte
perazione di appendicite a bordo della portaerei, e fu poi fe- a relitti fiammeggianti. Gli aerei che rientravano dalle missioni,
rito durante l’attacco; mentre il secondo, febbricitante per via non trovando più un posto dove appontare, finivano per am-
di una polmonite, mancò della consueta lucidità. Quando era marare volontariamente o, per mancanza di carburante, ina-
appena a metà della laboriosa operazione di riarmo degli ae- bissarsi. Solo la Hiryu, procedendo distaccata dalle altre, uscì
rei, Nagumo ricevette il rapporto del ricognitore che a causa indenne dall’attacco e poté lanciare i suoi aerei che riuscirono
di un guasto era partito con 45 minuti di ritardo rispetto agli a colpire e a rendere ingovernabile la portaerei Yorktown. Poi,
altri: segnalava la presenza di navi nemiche a circa 300 chilo- nel tardo pomeriggio anche la Hiryu venne danneggiata pesan-
metri dalle unità giapponesi. Questo fu il punto di svolta della temente da bombardieri dell’Enterprise. I marinai sopravvissu-
battaglia. Infatti, se l’idrovolante avesse compiuto la ricogni- ti vennero messi in salvo sulle unità di scorta. Alle ore 17 del 5
zione secondo l’orario stabilito, gli aerosiluranti giapponesi sa- giugno due cacciatorpediniere giapponesi lanciarono contro
la Hiryu alcuni siluri. L’ammiraglio Yamaguchi, in ossequio al-
le regole del bushido (il codice morale dei Samurai), volle rima-
nere al posto di comando della sua unità per inabissarsi con es-
sa, compiendo un gesto estremo che avrebbe privato la Marina
nipponica di uno dei suoi più esperti comandanti.
Bilancio disastroso. Per i giapponesi, che sin dall’ini-
zio fecero l’errore di mostrarsi eccessivamente fiduciosi nel-
L’ATTACCO
ASIATICO la propria forza, fu una sconfitta disastrosa: oltre cento piloti,
VA A SEGNO tra i più esperti e addestrati, erano scomparsi insieme a quat-
Il 4 giugno i bombardieri tro portaerei e a un incrociatore.
americani erano decollati Lo scontro di Midway segnò il più fulmineo rovesciamento
dal ponte della Yorktown di fortuna dell’intera storia navale, sancì la superiorità del ruo-
per un raid senza esito
contro le portaerei lo delle portaerei come base mobile di forze aeree capaci di una
giapponesi. Lo stesso formidabile proiezione strategica e dimostrò l’importanza del
giorno, la nave americana fattore “caso” nelle battaglie combattute a grande distanza da
aveva invece subito un forze aeronavali. L’esito della battaglia avrebbe reso ancora più
pesante attacco: eccone le profetica la frase pronunciata nel 1941 da Yamamoto, che co-
conseguenze nella foto.
A sinistra, l’ammiraglio sì concludeva: “Se le ostilità dovessero prolungarsi per due o tre
americano Chester anni, non avrei alcuna fiducia nella vittoria finale”.d
W. Nimitz. Roberto Iacopini

41
1943-44 BIRMANIA INGHILTERRA-GIAPPONE

CHINDITS
I LEONI DI
WINGATE
Il generale guerrigliero combatté i giapponesi nella giungla
dando vita alla sua leggenda

N
el tardo pomeriggio del 24 marzo 1944 un bimoto-
re B-25 Mitchell si schiantava sul versante di una
collina non lontano dal campo di volo di Sylhet
(India Nord-orientale), dove era diretto. A bor-
do, insieme a due giornalisti statunitensi, c’era Orde Wingate,
il carismatico comandante della Special Force che da una ven-
tina di giorni stava combattendo dietro le linee giapponesi, nel
cuore della Birmania. A soli 41 anni Wingate era il più giova-
ne tenente-generale dell’esercito britannico: anticonformista,
provocatorio, geniale, aveva già alle spalle una carriera piena di
luci e ombre, dalla creazione delle Special Night Squads inca-
ricate di combattere i guerriglieri arabi in Palestina (1938), al-
la spettacolare offensiva condotta alla testa dei reparti sudane-
si e abissini della Gideon Force nell’ovest dell’Etiopia – un’im-
presa audacissima che aveva contribuito ad affrettare la disfat-
ta italiana in Africa Orientale (1941).
Richiamato in servizio in India dopo un crollo nervoso, Orde
Wingate aveva sviluppato in modo originale l’idea dell’incursio-
ne in territorio ostile: la sua Long Range Penetration sfruttava i
mezzi più moderni, dal trasporto aereo alle comunicazioni radio,
per “conficcare un pugnale nelle viscere del nemico”, come amava
dire lui stesso, sorprendendolo con l’audacia della concezione e
dell’esecuzione di un “agguato su scala mai tentata prima”, ca-
pace di gettare nel caos il sistema delle comunicazioni terrestri e
della logistica avversaria. Wingate partì per l’India all’inizio del
1942; in giugno ricevette il comando di un reparto di nuova for-
mazione, la 77a Indian Brigade, da addestrare e impiegare – se-
condo i principi operativi da lui stesso elaborati negli anni pre-
cedenti – per lanciare la prima incursione a largo raggio dietro
SERVIZIO TIME & LIFE PICTURES/GETTY IMAGES

le linee giapponesi. A chi lo criticava per i rischi eccessivi ai quali


avrebbe esposto i propri reparti, Wingate rispondeva seccamen-
te che spesso, in guerra, “le misure più audaci sono le più sicu-
re”. Nel momento più critico della campagna in Estremo Orien-
te, in uno dei teatri più difficili che sia possibile immaginare, gli
uomini ai suoi ordini si apprestavano a dimostrarlo al mondo.
GETTY IMAGES
NELLA GIUNGLA
Il guado di un fiume durante la
campagna birmana in una foto
scattata dalla rivista Life.
A sinistra, Orde Charles Wingate.

Nell’inverno 1941-42 l’offensiva giapponese si era abbattuta sponesse di una compagnia trasporti con un centinaio di mu-
sull’Impero britannico con la furia di una tempesta tropicale. li, la maggior parte degli uomini doveva trasportare sulle spal-
Dopo aver conquistato in poche settimane la Malesia ed espu- le un carico di oltre 30 chili e marciare anche 10 ore al giorno
gnato l’isola-fortezza di Singapore, infatti, l’esercito nipponico nell’umido clima tropicale, aprendosi la strada a colpi di ma-
aveva invaso la Birmania, superando di slancio ogni resistenza chete nella giungla, superando corsi d’acqua impetuosi e ripi-
e guadagnandosi fama di invincibilità nei combattimenti nella de colline coperte di vegetazione.
giungla. Anche la sorte dell’India sembrava segnata, e con es- In teoria i Chindits avrebbero dovuto essere riforniti dal cie-
sa quella del dominio europeo in Oriente: il nuovo comandan- lo, ma alcune colonne ricevettero cibo sufficiente per appe-
te supremo britannico in quel teatro di guerra, sir Archibald na 20 giorni durante tre mesi di permanenza in Birmania, ri-
Wavell, aveva quindi disperato bisogno di una vittoria che po- ducendosi a vivere di radici ed erbe commestibili. Il 24 mar-
tesse risollevare il morale delle sue truppe, dimostrando che la zo Wingate diede ordine di iniziare il ripiegamento: la fame, le
marea montante giapponese poteva essere fermata. Wavell non malattie e la prostrazione fisica, più che gli occasionali scontri
aveva grandi mezzi a disposizione e riuscì a organizzare solo con le truppe giapponesi, decimarono i Chindits lungo la via
un’offensiva limitata nella penisola di Arakan, sul golfo del Ben- del ritorno verso il confine indiano, che venne raggiunto da so-
gala, che nonostante la superiorità numerica locale si conclu- li 2.182 uomini (dei circa 3.000 entrati in Birmania l’8 febbra-
se senza fortuna nel marzo del 1943. Era una nuova delusione: io) ridotti allo stremo delle forze, ormai per la maggior parte
ma proprio in quelle stesse settimane la 77a Brigata di Wingate incapaci di camminare o imbracciare un fucile. La 77a Brigata
stava già combattendo alle spalle del fronte, nella giungla tra i aveva cessato di esistere come unità combattente, ma era nata
fiumi Chindwin e Irrawaddy, dimostrando se non altro corag- la leggenda dei Chindits.
gio e spirito di iniziativa capaci di mettere in difficoltà il nemi- L’Operazione Thursday. Portando a termine la loro in-
co. Wingate aveva organizzato i suoi Chindits (componenti di cursione in territorio nemico, infatti, gli uomini di Wingate
battaglioni scelti della Special Force) in reparti indipendenti avevano ottenuto una grande vittoria morale, che andava ben
di circa 400 uomini, capaci quindi di operare in modo autono- oltre i risultati pratici dell’incursione, comunque non del tut-
mo, ma abbastanza agili da mantenersi in costante movimento to trascurabili.
in territorio ostile senza aver bisogno di continui rifornimenti. I giapponesi erano stati messi in difficoltà proprio sul terreno
L’Operazione Longcloth. La prima operazione dei a loro più congeniale; peggio ancora, la penetrazione di trup-
Chindits, denominata Longcloth, era scattata l’8 febbraio pe britanniche in Birmania aveva convinto il Comando Supre-
1943, quando 7 colonne avevano attraversato il fiume Chin- mo nipponico della necessità di occupare la piana di Imphal,
dwin, puntando a est con l’obiettivo di tagliare la ferrovia che oltre il confine indiano, pianificando una complessa offensiva
da Mandalay raggiungeva la cittadina di Myitkyina, nell’estre- il cui disastroso fallimento avrebbe segnato la svolta del con-
mo nord della Birmania, al confine con la Cina. I reparti del- flitto. Nonostante aspre critiche da parte di molti alti ufficiali,
la 77a Brigata avanzarono rapidamente e riuscirono a gettare per i quali le perdite subite durante Longcloth erano del tutto
nel caos le comunicazioni giapponesi, contando sulla sorpre- ingiustificate, Winston Churchill si era convinto dei vantaggi
sa e l’imprevedibilità dei loro piani. Il terreno e il clima si rive- della Long Range Penetration, e concesse a Orde Wingate una
larono però nemici formidabili: nonostante ogni colonna di- seconda occasione per dimostrare il valore delle proprie idee.

43
RAID CON GLI ALIANTI
Incursioni dei Chindits in Birmania I Marauders di Merrill (unità
Per Ledo di incursori Usa) Il generale
Altre forze alleate attive in Birmania
La 16a Brigata Chindit
americano
Inserimento dei Chindits per via aerea Kachin Levies
parte da Ledo, in India, (irregolari birmani) Stilwell guida
Operazione giapponese U-Go, invasione il 5 febbraio: copre le truppe
dell’est dell’India (dal 6 marzo) 600 miglia a piedi
cinesi sulla
Aree di Kohima Ledo Road
atterraggio XXXIII Corpo indiano verso Kamaing
dei Chindits e Myitkyina.

INDIA 18a divisione


giapponese
Kamaing
31a divisione Myitkyina
giapponese
IV Corpo indiano Mogaung
cutta attacco della 77a
Cal 77a Brigata Chindit (5-11 ma brig. di Calvert Sima
Per Silchar rzo)

IMPHAL Dah Force


(irregolari
Broadway birmani)
Lalaghat Aberdeen CINA
14a e 3a Brigata Chindit (aprile)
Palel Piccadilly
15a divisione White City
BASE DI DECOLLO giapponese
DEI DAKOTA 16 marzo: la 77 Brigata
a Morris Force
11 a Br (distaccamento
CON I CHINDITS igata
Chind Mawlu allestisce la base autonomo Chindit)
it (6-1 di white city
0 marz
o)

Chowringhee BIRMANIA
33a divisione
giapponese

L
a mappa mostra le fasi
principali dell’Operazione
Thursday (dal 5 marzo ’44),
con la quale i Chindits vengono
trasferiti oltre le linee giappo-
nesi tramite decine di alianti
trainati dai Dakota del 1st Air
Commando dell’Usaaf. Tra loro
c’è la 77a Brigata di Mike Calvert,
che stabilisce il caposaldo a
White City, dove respinge gli at-
tacchi nemici prima di muovere
su Mogaung e Myitkyina.
Eccoci! Nella stessa direzione
convergono anche irregolari
birmani, incursori americani e le
truppe cinesi guidate dal gene-
rale americano Stilwell, che par-
tendo da Ledo (India), conduce le
operazioni alleate in Birmania del
nord per tagliare le comunicazio-
ni alla XVIII Div. nipponica. La 16a FANTE GIAPPONESE
Brigata Chindit, che arriva nella Con l’uniforme tropicale type 98
giungla birmana dopo una lunga (1938) in tela cachi, indossa un elmetto
marcia da nord, si attesta invece
G. ALBERTINI (3)

(tetsukabuto) type 92, mimetizzato con


nel caposaldo di Aberdeen. fogliame. L’arma è il lungo fucile Arisaka
38, prodotto fino al 1941.

44
GETTY IMAGES
Questa volta avrebbe potuto fare le in India, che segnò la svolta dell’in-
cose in grande, perché gli venne af- tera campagna in Estremo Oriente.
fidata una Special Force di 6 brigate Obiettivo raggiunto. Do-
leggere, 2 delle quali (la ricostituita po la morte di Wingate, il coman-
77a agli ordini di “Mad” Mike Calvert do dei Chindits passò a “Joe” Len-
e la 111a di “Joe” Lentaigne) destina- taigne, un ufficiale esperto, ma che
te a condurre l’assalto aereo nel cuo- non possedeva il carisma dell’idea-
re della Birmania, mentre una ter- tore della Long Range Penetration,
za – la 16a di Sir Bernard Fergusson, né la sua capacità di imporre le idee
come Calvert veterano di Longcloth poco ortodosse legate all’uso della
– le avrebbe precedute entrando nel Special Force presso i più alti co-
Paese via terra, e le altre sarebbero ri- mandi alleati. I Chindits vennero
maste inizialmente di riserva. Dopo I Chindits nella giungla birmana. Nel 1944 posti alle dipendenze del genera-
tornano qui con gli alianti (mappa a sinistra).
un periodo di durissimo addestra- le Stilwell, che comandava il fronte
mento, l’Operazione Thursday scat- nord; esaurito l’effetto sorpresa, il
tò il 5 marzo 1944, soltanto due giorni prima dell’inizio dell’of- nuovo caposaldo Blackpool, stabilito dalla 111a Brigata lungo la
fensiva nipponica verso l’India. Wingate aveva ulteriormen- ferrovia, venne travolto in maggio; nel frattempo alla 77a Briga-
te sviluppato le sue teorie sulla penetrazione a largo raggio: il ta di Mike Calvert, che aveva evacuato il proprio stronghold di
nuovo carattere dominante avrebbe dovuto essere quello dei White City dopo aver respinto tutti gli attacchi nemici, fu ordi-
“capisaldi” (strongholds), vere e proprie fortezze create in lo- nato di investire frontalmente la cittadina di Mogaung, nono-
calità di importanza strategica, che avrebbero avuto non sol- stante i suoi effettivi, già ridotti di un terzo a soli 2.000 uomini,
tanto la funzione di occasionale rifugio per le colonne mobili fossero prossimi all’esaurimento fisico. I Chindits, privi di ar-
dei Chindits e di campi di atterraggio per gli aerei da traspor- mi pesanti, erano poco adatti a un attacco convenzionale, che li
to, ma avrebbero inevitabilmente calamitato la reazione del- avrebbe esposti a perdite inutili: ma non c’era scelta, e Calvert
le forze nemiche, che si sarebbero dissanguate nel tentativo guidò i suoi uomini all’assalto con la consueta determinazione.
di conquistarle. Era un azzardo, perché l’esistenza dei capi- Il 27 giugno 1944 la 77a Brigata riuscì a conquistare Mogaung
saldi avrebbe finito per limitare la libertà di movimen- dopo 20 giorni di combattimenti durissimi, strappandola
to dei Chindits, esponendoli al rischio di dover sostene- a forze nemiche quasi doppie di numero: ma alla fine
re scontri campali: Wingate era però convinto che, della battaglia l’unità poteva schierare non più di 300
grazie al dominio dell’aria garantito dai velivoli del uomini abili. Era la fine della Special Force. La Long
1st Air Commando statunitense, sarebbe stato pos- Range Penetration aveva però raggiunto in gran parte
sibile rifornire e difendere gli strongholds abbastan- i suoi obiettivi, mettendo in crisi la logistica giapponese
za a lungo da sconvolgere l’intero sistema di comu- in Birmania in una fase decisiva del conflitto. Le ulti-
nicazioni nemiche in Birmania, e decise quindi di me parole ufficiali sull’epopea dei “leoni di Winga-
correre il rischio. te” vennero pronunciate da lord Mountbatten, al-
Dentro le sue viscere. Nonostante dif- lora viceré dell’India, al
ficoltà legate alle zone scelte per gli atterraggi, momento di sbanda-
la 77a e la 111a Brigata vennero inserite per via re la Special Force: “È
aerea con successo nella valle dell’Irrawaddy, stato il più duro dei miei
mentre la 16a procedeva la sua avanzata oltre il doveri dare ordine di sciogliere
Chindwin: il 13 marzo Wingate poteva afferma- i Chindits. Ma adesso che l’intero
re, nell’ordine del giorno della Special Force, che esercito ha recepito la loro men-
il primo obiettivo dell’Operazione Thursday era talità, non c’è più bisogno di lo-
stato raggiunto: “Abbiamo completamente sorpre- ro. Siamo tutti Chindits, adesso”.
so il nemico. Tutte le nostre colonne sono dentro Era un modo nobile per rendere
le sue viscere. È tempo di cogliere i frutti di que- omaggio a migliaia di uomini che
sto vantaggio”. Stabiliti i primi capisaldi, le colon- avevano affrontato la giungla birma-
ne dei Chindits cominciarono a operare nelle aree na, subendo perdite terribili ma indi-
circostanti tagliando le comunicazioni nemiche; i cando la strada, con la loro audacia e
giapponesi furono così costretti a combattere du- la loro capacità di combattere in condi-
ramente per riconquistare il controllo della Birma- zioni avverse, ai reparti speciali della no-
nia Centrale proprio mentre il grosso delle loro for- stra epoca. d
ze era impegnato oltre il confine indiano. La loro si- Gastone Breccia
tuazione logistica, già critica per mancanza di mezzi
e difficoltà del terreno, venne complicata dalla pre- IL CHINDIT 1943-44
senza dei Chindits nelle retrovie: per quanto possa es-
Per muoversi nella giungla i Chindits usavano
sere arduo valutare i danni materiali arrecati dalla Spe- un’uniforme semplice e pratica: completo
cial Force di Wingate, l’Operazione Thursday contribuì di tela e cappello in feltro a larghe falde, sul
in maniera rilevante al fallimento dell’offensiva nemica quale a volte ponevano il fregio dell’unità.

45
1943 KURSK SOVIETICI-TEDESCHI

NELLA TELA
DEL RAGNO
La più grande battaglia di carri della Storia vide i Panzer tedeschi
battuti dai T-34 sovietici e dall’uomo che aveva salvato Stalingrado
D
oveva essere la battaglia decisiva. Doveva essere la sero rimpiazzati; soprattutto, aveva deciso di aspettare l’arri-
battaglia della vendetta. I tedeschi avevano prepa- vo al fronte di alcuni battaglioni supplementari dotati dei più
rato minuziosamente la cosiddetta Operation Zi- potenti Panzer V Panther, a detta di molti alti ufficiali tede-
tadelle (“cittadella”) con lo scopo di ricacciare in schi gli unici corazzati in grado di tenere testa ai T-34 sovietici.
gola ai russi tutti i morti dell’assedio di Stalingrado. Per que- Calcoli minuziosi. È così che si è arrivati al giorno previ-
sto avevano deciso di mettere in campo un massiccio schiera- sto per lo sfondamento, il 5 luglio 1943. I due imponenti schie-
mento di corazzati e di giocare la carta della tecnologia avan- ramenti di mezzi, uomini e aerei si fronteggiano nelle campa-
zata con i nuovissimi carri Panther e Ferdinand, appena col- gne attorno a Kursk, tra il verde dei pascoli e il giallo del gra-
laudati nelle officine di San Valentin in Austria. no maturo.
In realtà avrebbero voluto dar fuoco alle polveri già in pri- I feldmarescialli Von Kluge e Von Manstein hanno calcolato
mavera. Seicento chilometri a sud di Mosca, il largo saliente di tutto, fin nei minimi particolari, facendo affidamento su map-
Kursk, secondo i resoconti degli aerei da ricognizione, si pro- pe minuziose e su un monitoraggio maniacale delle condizio-
tendeva entro le linee tedesche per più di un centinaio di chi- ni atmosferiche. Ma per quanto scrupolosa sia stata la prepa-
lometri: lo scenario ideale per una rapida manovra a tenaglia razione, non hanno tenuto conto di due variabili: la tenacia di
da nord e da sud, che tagliasse fuori il milione circa di solda- un esercito che non ha più nulla da perdere e l’estro di uno dei
ti russi che l’occupavano. Ma il Führer aveva voluto attendere più grandi strateghi della Storia, Georgij Konstantinovich Zhu-
che tutti i carri armati perduti durante le ritirate invernali fos- kov, vicecomandante supremo dell’Armata rossa.Grazie all’at-

OPERATION ZITADELLE
Carri e fanteria sovietica
impegnati a contrastare
l’operazione Cittadella, lanciata
da Hitler nel luglio del ’43,
dopo la sconfitta di Stalingrado
dell’inverno precedente, con
la convinzione di riprendere il
controllo del fronte orientale.
A sinistra, Zhukov, lo stratega
che inflisse ai nazisti il maggior
numero di sconfitte decisive:
a Mosca, Leningrado,
Stalingrado, Kursk e Berlino.

GETTY IMMAGES (2)

47
IL “CLOU” DI
PROKHOROVKA D
C

N
B

D. TUROTTI
0

I
l 12 luglio qui
confluirono circa 600 E
carri tedeschi e 900 sovietici,
in una mischia furibonda e feroce.
Al comando del generale tedesco Hausser 5 km
c’erano tre temibili divisioni di Panzergrenadier
delle Ss: la 1a Leibstandarte Ss Adolf Hitler (A), la 2a
Das Reich (B) e la 3a Totenkopf (C).
Al comando del generale russo Zhadov (D) erano invece Unità di fanteria
quattro divisioni della Guardia: due di fanteria (la 5a e la 33a) Unità corazzate
e due corazzate (18a e 31a). Altre tre divisioni corazzate della xxxx Armata
Guardia (2a, 5a, 29a) e la 9a divisione paracadutisti della Guardia xxxxx Gruppo di armate
erano sotto il comando del generaleRotmistrov (E).

xxxx N
xxxxx xxxx
xxxx
A E
Malorkhangelsk
xxxx
Ponyri
xxxx xxxx
1
xxxxx
C
xxxx KURSK

xxxx
xxxx
2
vka
xxxxx
kh oro xxxxx
Russi D Pro
Tedeschi
xxxx xxxx xxxx
F xxxx

xxxxx
G xxxx
B
Belgorod
0  50 Km

ASSALTATORE
Un razvedchik (truppe IL PIANO TEDESCO
d’assalto sovietiche) con I feldmarescialli Von Kluge (A) e Von Manstein (B)
una mimetica a chiazze. avevano previsto una mossa a tenaglia da nord
Imbraccia il mitra PPSh-41 e da sud che tagliasse fuori il milione di soldati
col tipico caricatore a russi che occupava il saliente di Kursk al comando
tamburo da 71 colpi. dei generali Rokossovskij (C) e Vatutin (D).
Sopra, i Panzer, carri All’alba del 5 luglio 1943 l’armata di Model (E)
armati tedeschi, con mosse in direzione di Ponyri (1), ma non riuscirà
protezioni aggiuntive, ad andare oltre. Hoth (F) e Kempf (G), invece,
G. ALBERTINI

si muovono nelle balke, partirono dalla zona di Belgorod (2) fino


ULLSTEIN BILD/ ALINARI

le ondulazioni della ad arrivare, il 12 luglio, alla battaglia


immensa pianura russa. decisiva di Prokhorovka.
tività di ricognizione e spionaggio, il generale sovietico ha le un facile bersaglio per gli artiglieri sovietici. Di lì non si passa:
idee chiare fin da aprile. Ha colto le linee essenziali del piano la 9a Armata rimarrà a 50 chilometri da Kursk.
nazista e informato Stalin che, una volta tanto, lo ha asseconda- Intanto, a sud, la risposta di Zhukov non si è fatta attendere:
to senza remore. I tedeschi si aspettano che i russi lancino una il generale sovietico ha spostato la 5a Armata corazzata dalla ri-
controffensiva per arrestare l’avanzata? Ebbene, i sovietici fa- serva per arginare l’impatto dei Panzerkorps diretti a Oboyan
ranno esattamente il contrario. Che avanzino pure, i nazisti, lo- ma, soprattutto, ha chiesto ai bombardieri di “condire d’esplo-
gorando le loro forze corazzate contro le linee difensive nemi- sivo” i collegamenti tedeschi su rotaia per rallentare il riforni-
che. Quello che conta, per Zhukov, è privare i tedeschi dei lo- mento di munizioni. Nonostante questo, i granatieri scelti del-
ro reparti blindati. Solo allora il contrattacco potrà aver luogo. la divisione Grossdeutschland continuano ad avanzare e il 9 lu-
Gli schieramenti. Per mettere in atto questa strategia di- glio si trovano una ventina di chilometri oltre le linee nemiche.
fensiva servono mezzi e uomini in quantità e il generale ha rice- Il 12 luglio i due schieramenti puntano lo sguardo sulla città di
vuto carta bianca da Stalin: a sua disposizione ci sono 11 arma- Prokhorovka. Entrambi sono consapevoli che la sua conquista
te, per complessivi 1.330.000 uomini, 3.300 carri, 20.200 canno- segnerà le sorti della battaglia.
ni (di cui almeno 6.000 anticarro) e 2.650 aerei, sotto il coman- Faccia a faccia. Di buon mattino, tre divisioni Ss si muo-
do degli esperti Nikolaij Vatutin e Konstantin Rokossovskij, che vono contemporaneamente per conquistare il centro abitato:
avevano già fatto mangiare la polvere alla 6a Armata tedesca di 200 carri in tutto, tra cui molti massicci Panzer VI Tiger, prece-
Friedrich Paulus durante l’assedio di Stalingrado. Approfittando duti da un intenso bombardamento aereo. Ma Zhukov ha pre-
del ritardo imposto all’inizio dell’offensiva, Zhukov ha trasfor- visto tutto e gli 800 carri della 5a Armata, per la maggior parte
mato lo scacchiere, grande quanto metà dell’Inghilterra, in una T-34 e T-70, si affrettano ad andare loro incontro, per vanifica-
giostra di trappole. Ha fatto interrare oltre 40mila mine ai fian- re subito la maggiore gittata dei cannoni tedeschi. La battaglia
chi del saliente e scavare una fittissima rete di fossati anticarro, in si protrae per tutto il giorno, in un clima irreale e allucinante
modo che i Panzer vi restino intrappolati. Ha creato per la fante- di esplosioni e ruggiti, nella coltre di polvere sollevata da cen-
ria un reticolo di trincee, intervallate da altri campi minati dispo- tinaia di cingoli in movimento, tra le colonne di fumo provo-
sti a macchia di leopardo, e distribuito sul terreno una miriade cate dai colpi di cannone, con la fuliggine nera e densa diffusa
di postazioni con artiglieria anticarro. In totale, cinque linee di dai mezzi distrutti che riducono drasticamente la visibilità già
sbarramento, una via crucis che avrebbe fatto arrivare le truppe compromessa sotto il cielo plumbeo e le piogge intermittenti.
tedesche già stremate all’eventuale scontro frontale. Per chiunque sia fuori dalla mischia è impossibile distingue-
I piani di battaglia tedeschi affidano l’offensiva sul lato nord re i bersagli. Ormai è solo uno scontro di carri, come un’antica
del saliente alla 9a Armata del generale Walter Model. L’offen- battaglia navale con arrembaggi, colpi a bruciapelo e sperona-
siva nel settore sud è invece nelle mani del generale Hermann menti, tra le basse colline percorse dal vento che agita le mes-
Hoth, al comando della 4a Armata. In totale, 900.000 uomini, si come le onde di un mare infuocato. Perfino la fanteria deve
2.700 carri, 2.050 aerei e 10.000 bocche da fuoco. rimanere a guardare quella nebbia inquietante se non vuole fi-
L’asso nella manica. Numeri a parte, c’è un altro elemen- nire travolta dai mostri d’acciaio che si agitano, spesso agoniz-
to che farà la differenza. Grazie alle informazioni fornite da zanti, nella spessa coltre di morte.
“Lucy”, una spia dei sovietici con contatti nell’Okw (l’Alto co- Nella mischia serrata, la superiorità tecnologica dei carri te-
mando tedesco), Zhukov è a conoscenza perfino della data d’i- deschi viene meno. Inoltre, il cacciacarro Ferdinand, tanto at-
nizio dell’offensiva, e ordina un bombardamento preventivo di teso da Hitler, rivela tutti i suoi limiti: è poco manovrabile, con
ben quattro ore sulle linee tedesche prima ancora che queste visibilità ridotta e solo frontale; vulnerabile ai fianchi, man-
muovano un cingolo: è il biglietto da visita russo per le Waf- ca di armamento secondario per la difesa vicina. Il rapporto
fen SS, che costituiscono il nerbo dello schieramento nazista. di forze a favore dei russi fa il resto. Le ostilità cessano prima
Sul fronte nord Model attacca avvalendosi di 8 delle sue 15 del tramonto, anche in seguito alla notizia che l’Armata rossa
divisioni di fanteria e di una sola delle sei divisioni corazzate, ha lanciato un’offensiva contro la città di Orel penetrando co-
con l’obiettivo di prendere rapidamente la città di Olkhovatka me il burro le linee tedesche. In una sola giornata 700 carri di
per poi attaccare alle spalle i russi. Ma le postazioni difensive ambo gli schieramenti sono rimasti sul campo. Nel frattem-
allestite da Zhukov tengono e la sera del primo giorno di bat- po, il 10 luglio, gli alleati sono sbarcati in Sicilia, e per i nazisti
taglia i carri tedeschi hanno percorso appena sette chilometri occorre tornare a concentrare le forze sul fronte occidentale.
all’interno del fronte nemico. Tutto studiato. Da grande stratega qual era, Zhukov si era
Sul fronte meridionale, invece, il generale Hoth decide di im- costruito la vittoria ben prima del 12 luglio, grazie a una tattica
piegare subito tutte le forze a sua disposizione per prendere le di attesa-offesa micidiale. Quando i tedeschi riuscivano a con-
cittadine di Oboyan e Korocha. Nonostante i campi minati ri- quistare una postazione, spesso era perché al generale sovietico
escano a immobilizzare centinaia di carri, con l’efficace sup- faceva comodo così. Le sue bocche da fuoco erano già puntate
porto dal cielo della Luftwaffe i tedeschi superano prima del dove i carri nemici si sarebbero fermati per diventare bersaglio
tramonto le linee sovietiche e occupano Cerkasskoye. Il gior- dei fuochi di sbarramento che ne sfoltivano i ranghi in uno stil-
no seguente anche Model, a nord, decide di impiegare la riser- licidio continuo. Così Kursk si rivelò una grande trappola per i
va per tentare uno sfondamento centrale. Gli scontri si concen- tedeschi: Zhukov aveva perso la metà dei suoi carri armati ma,
trano intorno al villaggio di Ponyri, largamente conteso, che in al contrario dei tedeschi, era in grado di rimpiazzarli subito e
seguito sarà definito “piccola Stalingrado”. Dopo altri tre gior- di scatenare la prevista controffensiva che, nel giro di un anno,
ni di inutili tentativi, il generale tedesco deve arrendersi all’evi- avrebbe ricacciato i soldati del Führer oltre i confini russi. d
denza: i carri saltano sulle mine, gli equipaggi e la fanteria sono Roberto Genovesi

49
1944 GUERRA DEL PACIFICO KAMIKAZE

GUERRIERI
A PERDERE
Presero a prestito il codice dei samurai per salvare l’onore
di una nazione che stava perdendo la guerra. Ragazzi che scelsero
di andare a morire con il conforto di un po’ di sakè
T. PORTA
È
una foto in bianco e nero che tutti in Giappone co- Bretagna, Australia, Olanda, cui si sarebbero poi aggiunti Ci-
noscono, scattata il 26 maggio 1945 alla base aerea di na e Urss) aveva mutato il proprio corso. Ed era una risorsa al-
Bansei, nel Sud del Paese. Cinque giovanissimi in uni- la quale era stato dato un nome antico e beneaugurante, per-
forme da pilota, sorridenti: al centro dell’immagine il ché “vento divino” (kami indica la divinità e kaze è il vento) era
caporale Yukio Araki tiene un cucciolo fra le braccia e lo acca- l’appellativo attribuito ai tifoni che, nel 1274 e nel 1281, aveva-
rezza. Il giorno seguente Araki morirà nel corso di un attacco no disperso le flotte mongole mandate da Kublai Khan, nipo-
suicida contro la flotta americana, al largo di Okinawa. Aveva te di Gengis, alla conquista del Giappone retto dagli shogun.
17 anni e apparteneva al 72° squadrone shinpu. A quel tempo l’Impero mongolo era il più grande del mondo
Shinpu è la pronuncia cinese dei kanji – cioè dei caratteri e si estendeva dall’Europa all’India e alla Cina. Le flotte erano
usati anche nella scrittura giapponese – che formano la parola immense (900 navi la prima, 4mila la seconda) e i combattenti
kamikaze, ovvero “vento divino”. E Yukio Araki è stato uno de- giapponesi pochi e male organizzati... Ma per due volte i tifoni
gli oltre 3.900 (secondo le fonti giapponesi, 2.800 secondo le avevano disperso il nemico. Così, pensavano gli Stati maggiori
americane) piloti che negli ultimi mesi della Guerra del Pacifi- nel 1944, un nuovo inatteso tifone avrebbe disperso gli Alleati.
co sacrificarono la propria vita gettandosi contro le navi alle- L’harakiri in volo. La prima unità kamikaze ufficiale
ate, a bordo di aerei carichi di esplosivo. Di fatto rappresenta- – cioè una forza di attacco suicida – venne creata dal viceam-
vano l’ultima risorsa di un Paese ormai in rotta, le cui armate miraglio Takijiro Onishi a Mabalacat, presso Manila (Filippi-
stavano ripiegando da tutti i territori che avevano conquista- ne), nell’ottobre 1944. Stava iniziando la battaglia del Golfo di
to fino al 1942, quando la guerra contro gli Alleati (Usa, Gran Leyte, una delle più cruente e decisive della Guerra del Paci-

IN AZIONE
Un tank inglese
Mark IV in azione
nella Prima guerra
mondiale.

COME EROI
Aspiranti kamikaze in un
dipinto di Tom Porta.
I piloti suicidi giapponesi
ispirarono le opere di
molti artisti.

51
fico, e allo strapotere aereo e navale degli Alleati i giapponesi Era cominciata una guerra diversa, e per undici mesi la flot-
non potevano opporre che una quarantina di aerei. “Ci sarebbe ta alleata avrebbe dovuto fare i conti con una nuova, incredibi-
solo un modo per difendere le Filippine: caricare una bomba da le minaccia. “Choc, paura, sorpresa. Questo provavano i mari-
250 chili su uno Zero (aereo giapponese, ndr) e portarlo dritto nai americani di fronte agli aerei che puntavano dritti su di loro,
su una portaerei”, spiegò Onishi agli ufficiali del suo 201° grup- incuranti di tutto”, ha scritto lo storico Bill Gordon, il maggio-
po di volo. Onishi era un aviatore e un paracadutista leggen- re studioso americano del fenomeno kamikaze. “E si chiedeva-
dario, uno dei pianificatori dell’attacco a Pearl Harbor, con un no, senza potersi rispondere, chi fossero i piloti che sceglievano di
enorme ascendente sulle truppe, che vedevano in lui un samu- darsi la morte in quel modo”.
rai redivivo. Dopo le atomiche di Hiroshima e Nagasaki avreb- Sacrificio volontario. Ragazzini, o poco più. Il 90
be implorato l’imperatore di resistere a tutti i costi: e quando, il per cento dei kamikaze della marina aveva fra i 18 e i 24 an-
15 agosto 1945, Hirohito pronunciò il discorso della resa, Oni- ni. Quasi tutti quelli che provenivano dall’esercito erano fra
shi si uccise praticando il seppuku (cioè il suicidio rituale noto i 17 e i 22. Molti erano studenti universitari, anche di facol-
in Occidente anche come harakiri). tà come ingegneria e scienze naturali, dove pure si godeva
In realtà, già prima dell’ottobre ’44 diversi piloti giappone- del diritto al rinvio della leva per motivi di studio. Alla fine
si avevano perso la vita precipitando con gli aerei sulle navi del conflitto sarebbero stati un migliaio gli studenti-soldato
allea­te: si trattava però di incidenti, o di scelte dei piloti stes- morti negli attacchi suicidi. Un’altra celebre foto, scattata al-
si dopo che il loro velivolo era stato colpito ed era impossibi- la base aerea di Chiran (dal 1975 diventata il principale museo
le il ritorno alla base. La prima vera shinpu tokubetsu kogeki giapponese dedicato ai piloti kamikaze, con 500mila visitatori
tai (cioè “unità speciale di attacco vento divino”), abbrevia- all’anno), inquadra un aereo al decollo, salutato da un gruppo
to in tokkotai, formata da 24 piloti e comandata dal tenente di studentesse di liceo, quasi coetanee del pilota, che sventola-
Yukio Seki, si alzò invece in volo il 25 ottobre. Obiettivo: un no rami di ciliegio in fiore. E proprio il ciliegio in fiore sarebbe
convoglio americano nel Golfo di Leyte. Risultato: l’affonda- diventato il simbolo dei giovani votati al sacrificio.
mento della portaerei St. Lo e il danneggiamento di altre navi. Volontari numerosi (almeno il triplo, rispetto agli aerei di-
Quando, al tramonto del giorno seguente, si tirarono le som- sponibili), istruiti, appartenenti a famiglie di buon reddito, gli
me delle ondate di attacchi kamikaze (55 piloti in tutto), gli aspiranti kamikaze erano il frutto di un contesto culturale an-
americani compresero di trovarsi di fronte a un nuovo pro- tico e moderno insieme. “Da sempre in Giappone si rende ono-
blema: 47 navi erano state colpite (di cui 7 portaerei), 5 affon- re al coraggio. Specie di fronte alle imprese più disperate”, scrive
date, 23 gravemente danneggiate. Bill Gordon. “Figura di riferimento dei piloti suicidi era Kusuno-
ki Masashige, un samurai che combatté per l’imperatore Go-Dai-
go nel 1336, e non essendo riuscito a vincere malgrado il proprio
valore (e a causa di errate disposizioni imperiali) fece comunque
harakiri”. A tutto questo si aggiunga che, a partire dalla restau-
razione Meiji, a metà Ottocento, lo shintoismo era diventato
religione ufficiale del Paese. E shintoismo significava naziona-
lismo, culto dell’imperatore, identificazione totale fra il Paese
e il sovrano, ipotetico discendente di Amaterasu, la dea del So-
le. Divinità scintoiste erano i kami, spiriti di antenati e perso-
ne illustri; ed eirei, spiriti guardiani di eroi morti in battaglia,
sarebbero diventati i kamikaze, una volta portata a termine la
ARRIVI E propria missione. In questo modo, fin dall’età più tenera, veni-
PARTENZE vano indottrinati i giovani giapponesi.
Un aereo suicida Assi? Non esattamente... Le strategie di attacco dei ka-
abbattuto dalla mikaze erano essenzialmente due: una prevedeva il volo ad al-
contraerea. In
ta quota, e l’altra un avvicinamento a volo radente sulla super-
primo piano, un
Grumman F6F- ficie del mare. Il volo ad alta quota avveniva a 6-7mila metri:
5 imbarcato su quando il bersaglio era in vista, l’aereo iniziava la discesa e, a
una portaerei circa mille metri, si tuffava in picchiata. Il volo radente avveni-
americana. va invece a non più di una quindicina di metri dalla superficie
delle onde: all’ultimo momento il velivolo effettuava una bru-
sca cabrata, saliva fino a circa 500 metri, e poi si gettava sull’o-
biettivo con una manovra detta “a candela”. Sarebbe stata que-
sta la tattica più diffusa ed efficace.
Pochi kamikaze erano piloti provetti (di fatto solo quelli pro-
venienti dalle scuole della caccia) e la loro preparazione, pur
accurata, era abbastanza frettolosa a causa del precipitare de-
gli eventi bellici. L’addestramento non durava più di una set-
timana: si imparavano le regole di base del pilotaggio, la tec-
nica del decollo rapido (i velivoli di questi reparti venivano in
GETTY IMAGES

genere tenuti lontano dalla pista, per evitare di essere distrutti

52
dai bombardamenti alleati, ma dovevano esser pronti a parti­ d’acciaio. I marinai morti furono circa 5mila. A rendere vano
re in qualsiasi momento) e della definizione dell’angolo corret­ il tragico impegno dei piloti suicidi furono anche le strategie di
to di picchiata. Si imparavano a memoria i profili delle navi da difesa elaborate dagli Alleati: l’impiego del radar consentiva la
colpire, e il modo di farlo nella maniera più efficace: delle por­ scoperta degli “sciami” di kamikaze quando questi erano anco­
taerei bisognava puntare preferibilmente agli ascensori, e delle ra lontani, e gli aerei da caccia americani – più efficienti e mo­
navi da battaglia alle sovrastrutture che ospitavano i centri di derni – avevano pochi problemi ad abbattere i velivoli giappo­
comando. Anche la ciminiera era un bersaglio privilegiato, se­ nesi (a parte le bombe razzo Ohka). I convogli e le flotte si di­
condo i manuali, che raccomandavano di ricordarsi di toglie­ sponevano poi in modo nuovo: i cacciatorpediniere di scorta
re la sicura alla bomba prima del tuffo finale (diverse missioni navigavano scostati di una ottantina di chilometri rispetto alle
suicide non andarono a buon fine proprio per questa dimenti­ navi maggiori e alle portaerei, in modo da garantire un effica­
canza). La disciplina era rigida, l’ambiente molto severo (non ce intervento di early warning e di intercettazione. E l’artiglie­
si tollerava, per esempio, che un giovane che si era presentato ria di bordo aveva imparato a tirare, con i grossi calibri, pro­
volontario cambiasse idea) e le punizioni corporali frequenti. prio contro la superficie del mare, in maniera da sollevare mu­
Prima del decollo ai giovani venivano offerte una tazza di yoko- ri d’acqua di fronte agli aerei attaccanti.
an, una marmellata di fave dolci, e una di sakè. Poi seguiva la Il 15 agosto 1945, proprio mentre l’imperatore Hirohito an­
vestizione, il cui ultimo atto era il rito dell’hachimaki, la ban­ nunciava la resa alla radio, il contrammiraglio Matome Uga­
dana di seta bianca con l’emblema del sole nascente annodata ki guidò l’ultimo attacco kamikaze contro le navi americane a
intorno al capo, alla guisa degli antichi samurai. Okinawa. Annotò sul diario la sua decisione, specificando di
Sacrificio vano. Malgrado il bilancio delle vite perdute i non aver ricevuto istruzioni da Tokyo, si strappò gradi e deco­
kamikaze, dall’ottobre 1944 all’agosto 1945, incisero molto po­ razioni dall’uniforme e salì a bordo del proprio Yokosuka D4Y,
co sull’andamento della guerra. Le statistiche definitive, anco­ portando con sé solo la spada corta (il tanto) che gli aveva do­
ra una volta, divergono a seconda se siano state elaborate dal­ nato l’ammiraglio Yamamoto e con la quale si compie il seppu-
le autorità giapponesi, dall’Us Navy, da studiosi indipenden­ ku. Decollò, insieme a due aviatori. Non se ne seppe più nulla.
ti. Secondo Gordon la cifra più attendibile è di 47 navi affon­ Il giorno seguente i marines di un mezzo da sbarco america­
date (fra le quali 3 portaerei e 14 cacciatorpediniere). Quelle no, l’Lst-926, trovarono resti di un aereo e tre corpi senza vita
danneggiate furono alcune centinaia. Paradossalmente, a sof­ su una spiaggia di Ishikawajima. Uno indossava un’uniforme
frire di più per questi attacchi furono le portaerei americane, verde, con i gradi strappati. Li seppellirono tutti nella sabbia.d
che avevano il ponte in legno, mentre quelle inglesi lo avevano Remo Guerrini

LA DIFESA
La Uss Hornet
respinge un attacco
kamikaze in acque
giapponesi (1945).

GRANGER/ALINARI
KAMIKAZE AL MICROSCOPIO

L’ATTACCO
Due erano le strategie di attacco dei kamikaze. La prima:
avvicinamento ad alta quota (6-7mila metri), discesa
in vista dell’obiettivo a mille metri e “tuffo” finale sul
bersaglio, con angolo di impatto compreso tra 45° e 55°.
La seconda (la più diffusa) prevedeva un volo radente sul
mare a 15 metri di altezza, seguito da una salita fino a 500
metri e da una picchiata “a candela” con schianto finale.

IN CIFRE
Attacchi Gli attacchi kamikaze furono in totale circa
tentati 3mila (2.800 secondo gli americani, 3.900
secondo i giapponesi). Soltanto nel
Attacchi 14% dei casi gli aerei riuscirono a violare le difese
andati a segno nemiche e a raggiungere l’obiettivo. Di questi, appena
l’8,5% provocò l’affondamento di navi o portaerei alleate. Un
Navi affondate dato su cui convergono le fonti è il numero dei morti causati dai
kamikaze fra le truppe anglo-americane: oltre 5mila.

UN EFFETTO TRIPLO
Per massimizzare l’effetto distruttivo, Seguiva l’impatto del velivolo, di solito contro Il terzo danno era dovuto all’esplosione
i kamikaze sganciavano una bomba l’ascensore che trasportava gli aerei dall’hangar dei serbatoi, che spargeva grandi quantità di
pochi istanti prima dello schianto. al ponte della portaerei. carburante incendiato sulla nave.
S. RODRIGUES
1 2 3 4 5

1 MITSUBISHI A6M 2 YOKOSUKA D4Y “SUISEI” 3 NAKAJIMA KI-49 4 NAKAJIMA KI-115 5 YOKOSUKA MXY7
“REISEN” (“ZERO”) Un bombardiere “DONRYU” “TSURUGI” “OHKA”
Uno degli aerei-simbolo da picchiata non Nato come bombardiere Uno dei primi progettati Più che di un aereo si
dei kamikaze. Prima di brillantissimo. Adottati dai medio, risultò abbastanza per i kamikaze. Una volta trattava di una bomba
essere usati nelle missioni kamikaze, alcuni Suisei vulnerabile. Fu usato partito sganciava il pilotabile: era un siluro in
suicide, erano impiegati affondarono la portaerei anche per il trasporto di carrello: sarebbe servito legno con ala cortissima,
nelle normali operazioni Uss Princeton nel Mare truppe e, a “fine carriera”, per il decollo dell’aereo e portava una tonnellata
belliche come caccia. delle Filippine. nelle missioni kamikaze. successivo. di esplosivo nel muso.

LA DIFESA
Per intercettare in anticipo gli aerei kamikaze
la Us Navy iniziò a schierare le proprie flotte in un modo
inedito, con i cacciatorpediniere disposti a 80 km dalle
portaerei in modo da garantire un’allerta precoce.
Inoltre l’artiglieria di bordo adottò la tecnica di sparare
contro la superficie del mare, sollevando così una
barriera d’acqua che ostacolava gli aerei nemici.

A B C D

LA CONTRAEREA
L’artiglieria tradizionale non era efficace bisognava fare un calcolo (non facile) della arrivò con i sistemi “di prossimità” (D) che,
per fronteggiare i kamikaze: i sistemi “a velocità del bersaglio, mentre con quelli sfruttando le onde radio, innescavano
percussione” (A) funzionavano solo se si dotati di altimetro (C) occorreva conoscere l’esplosione proprio quando il proiettile era
colpiva l’obiettivo, con quelli “a tempo” (B) la quota di volo del nemico. La soluzione vicino al bersaglio.

55
1944 NORMANDIA ALLEATI-TERZO REICH

IL LATO OSCURO
DEL D-DAY
Lo sbarco in Normandia è ricordato come un
momento epico nella lotta per la liberazione
dell’Europa dal nazismo. Ma uno storico inglese
svela le violenze e gli eccessi compiuti dagli
americani sulla popolazione civile


T
emo l’effetto negativo che potrebbe avere sulla po-
polazione francese il bombardamento che si svol-
gerà nelle prime fasi dello sbarco… La mia pau-
ra è che i liberatori alleati possano lasciarsi al-
le spalle un senso di repulsione e una lunga scia di odio”. Con
queste parole il primo ministro inglese Winston Churchill
metteva in guardia il presidente americano Franklin De-
lano Roosevelt pochi giorni prima del 6 giugno 1944, data
fissata per lo sbarco in Normandia (D-Day). L’interlocuto-
re liquidò la cosa senza darvi molto peso, ma i fatti avrebbe-
ro dimostrato che le paure di Churchill erano più che fonda-
te. I rapporti tra la popolazione e le truppe alleate furono ca-
ratterizzati in più occasioni da tensioni e violenze, e anche
sul piano militare l’operazione rischiò più volte di arenarsi.
«Ancora si tende a sorvolare sugli aspetti negativi legati allo DODICI GIORNI DOPO
18 giugno 1944: sulle spiagge
sbarco in Normandia», afferma il saggista inglese Antony Bee-
della Normandia gli Alleati
vor, autore di D-Day. La battaglia che salvò l’Europa (Rizzoli), scaricano i rifornimenti dalle
«eppure quell’impresa eroica nasconde un lato oscuro». D’al- navi ormeggiate in rada o
tronde, se a un certo punto apparve su alcuni muri francesi la attraccate ai porti artificiali,
scritta Usa go home! (“Americani tornatevene a casa!”), qualco- trasportandoli poi con i mezzi
anfibi Dukw (o “ducks”, anatre).
sa non dovette andare per il verso giusto.
Uno sbarramento di palloni è
Arrivano i nostri. I primi a toccare il suolo francese fu- posto a impedire le incursioni
rono i paracadutisti, lanciati durante la notte dopo una serie aeree tedesche.
di bombardamenti preparatori. I soldati avrebbero dovuto rag-
giungere alcuni punti chiave all’interno dello scacchiere nor-
manno, diviso per l’occasione in cinque zone: da ovest a est vi
erano le spiagge Utah, Omaha, Gold, Juno e Sword, con le pri-
me due assegnate agli Usa e le restanti agli inglesi supportati
dai canadesi. Ma dopo il lancio, per molti iniziò un vero viaggio
verso l’orrore. Decine di paracadutisti furono uccisi in aria dal
fuoco nemico e la maggior parte di chi toccò terra incolume si
trovò il più delle volte nel luogo sbagliato (nel paese di Sainte-
Mère-Eglise vi fu addirittura chi rimase impigliato sul campa-
nile della chiesa). «Dei primi 600 lanci, solo 160 raggiunsero gli
obiettivi prefissati, per via del forte vento e di manovre errate
dei piloti», spiega Beevor, riconosciuto esperto della Seconda
guerra mondiale. A qualcuno capitò poi di ritrovarsi impiglia-

56
AP/LA PRESSE
IWM

IN AZIONE
22 giugno 1944: un
bombardiere Mitchell Mk
II della Raf colpisce l’area
industriale di Colombelles.
Si vedono il fiume Orne e il
canale di Caen: il 6 giugno
le truppe aviotrasportate
britanniche ne avevano preso
i ponti per impedire ai carri
tedeschi di raggiungere le
spiagge dello sbarco.

to tra le fronde degli alberi, dove venne torturato dai tedeschi uccisi dalle bombe). «Interi villaggi erano andati distrutti, come
a colpi di baionetta. «Ma appena la notizia si diffuse», prose- nel caso di Vierville-sur-Mer», aggiunge Beevor. Erano state get-
gue lo storico, «iniziarono le vendette più atroci». Un esem- tate le premesse affinché i timori di Churchill si trasformassero
pio? Con un’iniziativa degna di Bastardi senza gloria (il film di in realtà. «La Normandia sarebbe presto divenuta l’agnello sa-
Quentin Tarantino in cui una squadra di soldati americani va crificale della liberazione francese», scrive lo storico britannico.
a caccia di nazisti) ci fu chi iniziò a far collezione di orecchie Un massacro inutile. Fu a Caen, nel capoluogo del dipar-
mozzate ai nemici, mentre altri si divertirono a fare a pezzi i timento del Calvados, che si ebbe una delle più clamorose stra-
cadaveri tedeschi. La cosa inquietante è però che «di lì a poco gi di civili dell’intera guerra (una carneficina simile c’era stata
tale violenza avrebbe caratterizzato anche il rapporto tra Alle- in Italia con il bombardamento da parte alleata dell’abbazia di
ati e popolazione francese», rivela ancora Beevor, che per que- Montecassino). La conquista di Caen era stata ritardata da una
sto libro ha scovato documenti e prove in archivi finora inac- contro-offensiva tedesca guidata dalla divisione Hitlerjugend,
cessibili o trascurati. ma nel frattempo la Raf aveva iniziato a far piovere bombe sul-
Lo sbarco vero e proprio cominciò all’alba, condotto dal- la città. Molti dei 60mila abitanti si ritrovarono così sepolti tra
la più grande armata marittima della Storia e con il supporto le macerie e a migliaia cercarono rifugio sottoterra, tra i cuni-
di una flotta aerea altrettanto vasta: “Ogni cosa in grado di vo- coli della città medioevale. Qui sarebbero rimasti per un me-
lare fu spedita in aria”, dirà poi un ufficiale della Raf. Le nuvo- se intero, senza cibo e con il boato delle bombe nelle orecchie.
le basse limitarono però la visuale di molti aerei e così “il più “Stanno sventrando la nostra città in maniera feroce e senza pie-
grande bombardamento mai visto” – come lo definì il genera- tà”, disse un testimone a un giornalista. Per poi aggiungere: “Si
le Dwight Eisenhower, capo supremo delle forze alleate – fu tratta di un massacro tanto inutile quanto criminale, anche per-
un mezzo fiasco. I bombardieri iniziarono, infatti, a mancare ché qui di tedeschi ce ne sono sempre stati pochissimi”. Il 9 luglio
gran parte degli obiettivi fissati, colpendo al loro posto i tet- gli alleati ebbero infine la meglio e riuscirono a penetrare in
ti delle abitazioni. quel che rimaneva della città, ormai un obitorio a cielo aper-
Spiagge di sangue. Il flop si ripercosse poi sull’umore delle to, mentre migliaia di profughi vagavano disperati nelle aree
truppe in mare, dove qualcuno commentò sarcastico: “L’unica vicine. «Eppure non tutti si resero conto di ciò che Caen aveva
cosa che stiamo ottenendo è svegliare i tedeschi”. «All’arrivo sul- subìto», commenta Beevor. «Non certo quell’ufficiale canade-
le spiagge i soldati erano già psicologicamente distrutti», pro- se che, appena entrato in città, domandò candidamente a un
segue Beevor, «e a peggiorare le cose arrivò l’alta marea, che ragazzo se sapesse indicargli il nome di un buon ristorante».
rese invisibili le mine e gli ostacoli difensivi». A Omaha (che si Nel frattempo, fin dall’8 giugno il grosso delle truppe allea-
guadagnerà presto il soprannome di bloody Omaha, ovvero in- te era in marcia in direzione del porto di Cherbourg, a nord di
sanguinata) il benvenuto alle divisioni alleate venne dato dal- Utah beach. Qui alcuni generali ordinarono di uccidere qualsi-
le batterie di cannoni piazzate a ridosso della costa. I fortunati asi nazista incontrato lungo la strada senza risparmiare i civili
che riuscirono ad attraversare incolumi la spiaggia si ritrova- sospettati di collaborazionismo. Fu in questo clima che iniziò
rono poi, nell’80% dei casi, con armi e munizioni inutilizzabili a spargersi fra le truppe una voce inquietante: i tedeschi stava-
per via dell’acqua e della sabbia, nonostante le custodie stagne no utilizzando le francesi come cecchini.
in dotazione e l’ingegnoso tentativo di usare i condom (sì, pro- Guerra alle donne. «In effetti, vi furono alcuni casi di
prio i preservativi) a protezione delle canne dei fucili. Le varie stretta collaborazione tra nazisti e donne francesi (spesso co-
truppe riuscirono infine a riunirsi e iniziarono la marcia verso strette)», spiega Beevor, «ma quella che colpì i soldati allea-
le zone interne al grido di shot the bastards, “spara ai bastardi”. ti fu una vera e propria paranoia, e numerose donne subiro-
Sulle altre spiagge le cose andarono meglio, ma in ogni caso la no aggressioni ingiustificate». Oltre a ciò, iniziava a diffonder-
giornata si sarebbe chiusa con quasi 10mila soldati alleati morti, si il saccheggio delle abitazioni private. A darne conferma è lo
di cui oltre 2mila nella sola Omaha (con altrettanti civili francesi storico statunitense William Hitchcock, che nel suo The bitter

58
road to freedom (“L’amara strada verso la libertà”) rivela come fornite dal criminologo statunitense Robert Lilly (ricavate da-
nell’estate del ’44 le ruberie a danno della popolazione france- gli archivi dell’esercito Usa) fanno comunque paura: le violen-
se proseguirono senza freni, tanto che le segnalazioni furono ze sessuali furono oltre 3mila. Numeri tragicamente simili fu-
più numerose che durante l’occupazione tedesca. Come spie- rono riscontrati nell’Italia del Sud, quando le truppe coloniali
ga Beevor, «quel che si andava delineando era un preoccupante del Nordafrica francese si abbandonarono a stupri e saccheggi.
doppio volto dell’impresa di Normandia: eroica liberazione da Liberi a caro prezzo. Intanto, mentre il generale ameri-
una parte, umana violenza dall’altra». E senza dubbio violento cano William Hoge dichiarava sconsolato che alcuni dei suoi
era il trattamento riservato a uomini e donne accusati di col- uomini si stavano comportando “peggio dei tedeschi”, Charles
laborazionismo. Si andava dalle cosiddette “feste del taglio dei De Gaulle, comandante delle forze della Francia Libera e futu-
capelli” – con le vittime che venivano rasate a zero e poi deri- ro presidente della Repubblica, convinse i vertici militari alle-
se o, nel peggiore dei casi, prese a calci e pugni – alla fucilazio- ati a far convergere la manovra verso Parigi, la cui liberazione
ne. In questi casi gli Alleati agivano spesso insieme a membri avrebbe avuto un importante valore simbolico. Il 25 agosto le
della Resistenza francese. Ma la maggior parte dei civili mo- truppe alleate sfilarono per le vie della capitale tra le grida festo-
rì durante gli scontri a fuoco tra le truppe naziste e gli eserciti se dei suoi abitanti. Racconta però Beevor che «qualche ame-
alleati, trovandosi spesso in mezzo a una grandinata di colpi. ricano scambiò Parigi per un parco giochi senza regole e tra i
«In questa situazione molte mamme scrivevano sopra ai vesti- suoi monumenti organizzò feste a base di alcol e prostitute». Il
ti dei figli gli indirizzi dei parenti. In caso fossero morte, chi li quartiere di Pigalle, già luogo di distrazioni, venne ribattezzato
avesse trovati avrebbe saputo dove portarli», racconta Beevor. Pig alley (“vicolo del maiale”). Molti parigini non gradirono il
Il doppio volto del D-Day continuò intanto a esprimersi, ol- generale atteggiamento di superiorità e spocchia mostrato da-
tre che attraverso le violenze, anche con diversi errori milita- gli americani. Beevor racconta che una ragazza rimase perples-
ri. Fu tragicomico quanto accadde ad alcune truppe canade- sa quando si sentì domandare: “Ma voi sapete cos’è il cinema?”.
si. Queste avevano segnalatori di fumo giallo da usare nel caso Conclude: «Questi episodi, insieme ai più gravi eccessi compiu-
di bombardamento, visibili agli aerei alleati che così avrebbe- ti prima, avrebbero prodotto un peggioramento nelle relazio-
ro evitato di colpirli. Per una svista alcune divisioni americane ni franco-americane che si fa sentire ancora oggi. Ma se le cose
adoperarono segnalatori simili per evidenziare invece le aree non andarono come previsto, dando vita a un vero martirio in
da bombardare! Tra quelli scampati al fuoco amico si diffuse Normandia, lo sbarco alleato fu comunque un successo fonda-
così l’abitudine di urlare, al primo rumore di aereo: “Al riparo, mentale per le sorti europee. Impedì che a far la parte del leone
potrebbero essere i nostri!”. fosse la sola Armata rossa sovietica (impegnata sul fronte orien-
Humor nero a parte, nel campionario di atrocità fecero la tale) con le conseguenze geopolitiche che ne sarebbero deriva-
loro comparsa anche gli stupri. A macchiarsi di questi crimi- te». Con buona pace dei civili francesi morti per la causa. d
ni fu solo una piccola percentuale di soldati alleati, ma le cifre Matteo Liberti

CURE SUL CAMPO


6 giugno 1944:
l’84a Field company
dei Royal engineers,
sbarcata a Sword beach,
muove sotto il fuoco
nemico, con un ferito
assistito dai commilitoni
infermieri. ALAMY
IL D-DAY CHE SALVÒ L’EUROPA
Il 6 giugno del 1944 segna il prima e il dopo della guerra anfibia, che trova nell’Operazione
Overlord il suo paradigma. Churchill era contrario, ma gli americani premevano per
l’invasione della Francia, con un attacco massiccio concentrato in un unico punto. Le forze
alleate progettarono nell’arco di due anni un piano che sembrava impraticabile e poteva
rivelarsi il disastro più grande della Seconda guerra mondiale. Ma la superiorità aerea e il
ritardo nella risposta da parte tedesca fecero il resto.
LO SBARCO USA 1A ARMATA
Si sviluppò su una porzione di costa di 96 chilometri divisa, (GENERALE OMAR BRADLEY)
secondo i piani degli Alleati, in 5 spiagge, ciascuna con un no-
me chiave: Utah e Omaha, dove sarebbero sbarcati gli ameri-
cani, Gold, Juno e Sword destinate agli anglo-canadesi. ORE 6:30 ORE 6:35
Sbarca la 4a Divisione Sbarcano la
di fanteria. 1a e 29a Divisione
di fanteria.
QUINÉVILLE
ORE 6:30
Sbarca il 2°
Battaglione Ranger.

POINTE DU HOC OMAHA


DUNE DI VARREVILLE VERVILLE COLLEVILLE
SUR-MER SUR-MER
UTAH ST-LAURENT
SUR-MER
GRANDCAMP-LES-BAINS

82a Divisione
aviotrasportata
(Usa) SAINTE-MÈRE
ÉGLISE
TRÉVIÈRES

N
ne ) 0 Km 10
a Div
isio (Usa
ata ISIGNY
101 sport
tra
avio
TRAPPOLE ANTICARRO
Sulla battigia e sulla spiaggia erano
NAVI DA SBARCO disseminati cavalli di Frisia (traversine di
Diversamente dai mezzi da sbarco, le LST ferro incrociate a forma di riccio) e fossati
I PORTI DI IMBARCO (Landing ship tank) potevano navigare anticarro. A pelo d’acqua c’erano mine su
in mare aperto, ma avendo la chiglia pali, invisibili con l’alta marea, per fortuna
I tedeschi si aspettavano l’invasione della Germania con un attacco spesso distanti tra loro. Alle mine sui pali
piatta erano in grado di approssimarsi o
portato dal Passo di Calais, il braccio di mare con la distanza più breve addirittura arrivare sulla spiaggia aprendo fu dato il nome di asparagi di Rommel.
fra loro e il Regno Unito. Lì avevano concentrato le maggiori difese. i portelloni per scaricare i materiali (fra
questi i carri anfibi, come gli M4 Sherman
DD, in grado di navigare). CARRI E SOLDATI
Londra A ondate successive sbarcarono truppe
GRAN BRETAGNA
d’assalto, carri, mortai e artiglieria, ma
Dover s
ai MEZZI DA SBARCO anche bulldozer e genieri con il compito
al
d iC Gli LCVP (Landing Craft, vehicle, di sminare la spiaggia e rimuovere gli
Southampton Portsmouth so
Shoreham a s Calais personnel) e LCI (Landing craft infantry) ostacoli anticarro.
Portland P
trasportavano i soldati, gli LCT (Landing
Dartmouth craft tank) trasportavano i carri e altri
mezzi pesanti.
CA
NI
MA
Concentrazione CANALE D ELLA
di truppe

Invasione
via mare FRANCIA
Carentan
Invasione aerea Caen
Area all
argata

N
0 Km 100

60
I COMANDANTI DELLE FORZE ALLEATE LE TRUPPE DA
SBARCO
Il generale Dwight Eisenhower Il maresciallo Bernard Montgomery
(1890-1969) venne nominato FANTERIA circa 150.000
(1887-1976) al comando dell’8a
comandante in capo delle Forze Armata britannica dal 1942, aveva PARACADUTISTI circa 20.000
Armate americane in Europa sconfitto Rommel a El Alamein e CARRI circa1.500
nel 1944. Aveva già condotto lo qui se lo ritrovò davanti: il tedesco
sbarco in Africa del 1942 e fu alla era a capo del Gruppo Armate B e AEREI oltre 13.000
guida di quello in Normandia. delle difese nella Francia del Nord. NAVI oltre 5.300
MEZZI ANFIBI circa 12.000
2A ARMATA BRITANNICA (GENERALE MILES DEMPSEY)

avio gno U
ORE 7:25 ORE 7:45 ORE 7:30

6 D port )
a
(R e
CAUBOURG
Sbarcano la Sbarcano la 3a Sbarcano la 3a Divisione

tras nito
3 e acadut

ivis
a
par
50a Divisione di Divisione di fanteria e la 27a Brigata

ione ta
5 B isti
a
fanteria e la 8a Brigata di fanteria canadese corazzata.

riga

a
corazzata. Della prima e 2a Brigata corazzata
ondata faceva parte canadese.

ta
anche il 47° Royal JUNO SWORD
Marines Commando.

GOLD COURSEULLES-SUR-MER LION-SUR-MER


OUISTREHAM

ARROMANCHES-LES-BAINS
BUNKER
Le casematte nascondevano
pezzi d’artiglieria. La feritoria
era progettata per consentire un
fuoco di sbarramento su un’area
da 2 a 3 km.

LEGENDA Nidi mitragliatori, con le MG42.


BAYEUX Truppe imbarcate
Truppe aviotrasportate
Obiettivo degli Alleati a 24 ore
dall’inizio dell’attacco
Territorio occupato dagli Alleati
a 24 ore dall’inizio dell’attacco

Zona di lancio dei paracadutisti


Artiglieria tedesca

LE DIFESE
TEDESCHE
Consistevano nel Vallo
Atlantico, un esteso
sistema di fortificazioni
a difesa dell’Europa
continentale, che Hitler
aveva fatto erigere
dal 1942 per frenare
l’attesa invasione
alleata. Andava dalla
Francia alla Norvegia,
Infografica di Lidia Di Simone e Sol 90

particolarmente
rinforzato tra Dunkerque
e l’estuario della Somme.
La Normandia, affidata
La scogliera era Mine a contatto alla 7a Armata, era la
minata e difesa affisse su rampe costa più sguarnita. I
dal filo spinato. interrate. mezzi da sbarco alleati
affrontarono estesi
campi minati già in
acqua. Molti soldati
morirono affogati.

61
1944 ANZIO ALLEATI-TEDESCHI

POLIZIOTTI
IN GUERRA
Da “Polizei” a unità combattente: la Fallschirm Panzer-Division
“Hermann Göring”, fortemente voluta dal comandante della Luftwaffe,
si distinse, soprattutto in Italia, per la sua combattività

SEMPRE
ALL’ATTACCO
Mezzi della Panzer-
Division “Hermann
Göring”, ufficialmente
istituita nel maggio del
1943. Combatté anche
durante la Campagna
d’Italia.
U
n vanto. Per i massimi vertici del Terzo Reich era Già nel 1933 l’amico e collaboratore di Hitler aveva creato un
motivo di prestigio avere a disposizione una forma- distaccamento di polizia del Partito nazionalsocialista, la Po-
zione d’élite che glorificasse il proprio nome, come lizei Abteilung z.b.V. “Wecke” (dal nome del veterano Walther
nel caso della 1a Waffen-SS Panzer-Division “Leib- Wecke, uno dei primi affiliati), destinata a fronteggiare le som-
standarte Adolf Hitler”, la guardia del corpo del Führer. Non mosse politiche delle sinistre in Germania. A Berlino il batta-
poteva certo esimersi il vanitoso Reichsmarschall Hermann glione divenne noto come braccio armato della Gestapo e nel
Göring, numero due del Reich; questi creò in seno alla sua Luf- giugno 1934 prese parte attiva alla famosa “Notte dei lunghi col-
twaffe una complessa unità combattente terrestre che avrebbe telli”, la soppressione dei vertici delle SA (squadre d’assalto del
presto preso il suo nome. partito nazista, note come “camicie brune”).
La 1a Fallschirm-Panzer-Division “Hermann Göring” si bat- Altre dimostrazioni di fedeltà assoluta si ebbero in occasione
té accanitamente su tutti i fronti anche fino all’estremo sacrifi- dell’Anschluss austriaco e dell’annessione dei Sudeti della Ce-
cio, ma è soprattutto durante la Campagna d’Italia che creò la coslovacchia, mentre il battesimo del fuoco ci fu con l’invasio-
sua fama di determinazione e ferocia. Se da una parte viene an- ne della Polonia. Successivamente gli uomini dell’unità, ormai
che ricordata per aver salvato dalla distruzione le opere d’arte reggimento inquadrato nella Luftwaffe, vennero selezionati per
dell’Abbazia di Montecassino, dall’altra si rese responsabile, nel- la conquista della Norvegia e furono in prima linea nella Cam-
la tragica primavera del 1944, di efferatezze contro civili e parti- pagna di Francia. Nel 1941 il reggimento fu impiegato in Roma-
giani, come avvenne successivamente anche in Polonia durante nia, dove per primo entrò nelle raffinerie di Ploiești. Fu quindi
l’insurrezione di Varsavia dell’estate seguente. richiamato in Germania nel marzo 1942 e qui riorganizzato per
essere trasferito in Francia, dove il 21 luglio ricevette la qualifi-
ca di brigata e, il 17 ottobre, quella di divisione.
In Africa. Dal dicembre 1942 il destino delle truppe dell’As-
se in Nordafrica era ormai segnato. L’armata italo-tedesca era
presa fra due fuochi: da est, in seguito all’attacco cominciato a
El Alamein, avanzavano gli inglesi con la 8a Armata di Montgo-
mery, da ovest le truppe americane affidate all’energico gene-
rale Patton, che le avrebbe condotte alla vittoria. Per cercare di
frenare gli Alleati in Tunisia, nel 1943 alcuni reparti del-
la Divisione Göring furono trasferiti dalla Francia al
fronte del deserto. I nuovi arrivati furo-
no una spiacevole sorpresa per i sol-
dati americani che, buttati allo sbara-
glio, si trovarono contro dei veterani,
esperti soprattutto nel combattimento corpo
a corpo, avvezzi a maneggiare qualsiasi tipo di
arma, dal mitragliatore pesante al pugnale, e
soprattutto decisi a non cedere, forti di un ad-
SZ PHOTO/AGF

destramento altamente specializzato. I soldati


della Göring furono gli ultimi a deporre le ar-
mi in Africa e vennero fatti prigionieri insieme
ad alcune compagnie italiane. Con loro si per-
sero i migliori veterani dell’unità.
In Italia. Con i reparti rimasti in Europa come
base e i vuoti riempiti con nuove reclute fu for-
mata la Panzer-Division “Hermann Göring”,
il cui atto ufficiale di nascita è del maggio
1943. L’unità fu trasferita in Sicilia e, all’av-
vio dell’Operazione Husky (lo sbarco allea-
to sull’isola), schierata a difesa della zona di Cal-
tagirone e Gela, dove si sarebbe combattuta una
drammatica battaglia, in particolare a Piano Lu-
SOLDATO DELLA HG po. La sua azione venne però ostacolata dalla dif-
IN BATTAGLIA ferenza di mobilità e soprattutto dall’enorme po-
Il fante della HG porta sopra tenza aeronavale angloamericana. Divisa in due
l’uniforme un giaccone tre- gruppi, con circa 80 carri armati, la Göring die-
quarti con mimetismo “splinter”; de poi inizio al graduale ripiegamento verso Messi-
sull’elmetto ha una rete per
na, contendendo accanitamente ogni metro di ter-
completare il mimetismo con
vero fogliame. La buffetteria è ritorio, con scontri particolarmente accaniti nella piana
quella standard per l’arma, un dell’Etna. Nel corso dell’Operazione Lehrgang (evacua-
fucile Mauser Kar98k. zione del contingente tedesco) la Göring fu schierata
G. RAVA

63
Anzio BATTAGLIA DI ANZIO

Osteriaccia
Campoleone
Schlemm
I Fallschirmkorps

Herr Mackensen
LXXVI Panzerkorps XIV Armata
Ardea
Massimo
avanzamento
del VI Corpo Cisterna
Aprilia

Carana
Avanzamento Isola
Crocetta
del VI Corpo Bella
dal 20 febbraio
Primo al 23 maggio Padiglione
cavalcavia
Campomorta
Fer
rovi
ai
nd
22 Gennaio 1944 isu
Le Ferriere so
il VI Corpo d’armata Sessano
Conca
sbarca in 3 punti

Canale Mussolini
strategici
Sp
ia
g gi
aP

Borgo Piave
ete

Mar Tirreno
r

RISERVA
Nettuno Littoria
Rocco
Spi
Lucas a

S. STANLEY
g gi
aX
VI Corpo d’armata Anzio Ra
y
LEGENDA

Tedeschi

E
cco i movimenti del fronte di Anzio dal 23 gennaio al Il saliente nord-occidentale. Il contrattacco viene portato Alleati
23 maggio 1944, l’Operazione Shingle: le frecce rosse dalla 29a Divisione Panzer e dalla 245a di fanteria, mentre la Fanteria da montagna
mostrano il contrattacco delle truppe tedesche. 114a di fanteria e un reggimento di istruzione (Lehr) si por- Fanteria meccanizzata
Da ovest verso est. La mappa illustra le manovre della tano verso Velletri. Il 76° Corpo d’Armata del generale Herr, Fanteria
14a Armata del generale von Mackensen con il 1° Fall- che copre il fianco orientale del fronte, lancia un contrattac-
Unità corazzata
schirmkorps del generale Schlemm, comprendente la 4a Di- co con la 362a Divisione di fanteria verso Cisterna di Latina.
visione paracadutisti e la 65a Divisione di fanteria verso Cam- Sempre a copertura del fianco orientale si muove la Divisio- Fanteria aviotrasportata
poleone; alle spalle, la 3a Div. corazzata in avanzamento da ne Göring, a presidio dell’importante Canale Mussolini dove III Reggimento
Albano e Genzano, con il rinforzo della 26a Divisione Panzer. opera anche il Battaglione Barbarigo della Xa MAS, e dove x Brigata
agisce a chiusura delle linee la 16a Divisione SS-Reichsführer, xx Divisione
ai limiti di Borgo Piave e Littoria. xxx Corpo d’armata
xxxx Armata

UOMINI E MEZZI
Trasferimento per la
Penisola di un Panzer
III Ausf. L (dove Ausf.
è l’abbreviazione di
Ausführung, “versione”
in tedesco). A sinistra,
Wilhelm Schmalz,
a capo della Göring.
in retroguardia e, anche stavolta, fu l’ultima a lasciare la Sicilia. varsela in uno scontro diretto se di fronte a loro erano schiera-
Quando fu diffuso l’annuncio dell’armistizio (8 settembre ti i veterani della Göring.
1943), la Divisione era in Campania e fu impiegata per contra- Con la liberazione di Roma, il 4 giugno 1944, la Divisione fu tra-
stare l’Operazione Avalanche (lo sbarco a Salerno). Altri Gruppi sferita sul fronte orientale, dove si sarebbe svolto l’epilogo della
d’attacco, come il Kampfgruppe Becker, vennero inviati a osta- sua storia e dove gli ultimi fedelissimi veterani combatterono con
colare le manovre della 8a Armata inglese in Puglia. la forza della disperazione fino all’ultimo, sapendo che le trup-
Con il cedimento del fronte, la Göring risalì la Penisola, com- pe sovietiche avevano il preciso ordine di non fare prigionieri.
battendo sui diversi schieramenti difensivi come la Linea Barba- Nella zona di Varsavia la Göring e la Divisione SS-Viking con-
ra e la Linea Bernhard, proteggendo il ripiegamento delle trup- tribuirono in modo determinante all’accerchiamento di un in-
pe tedesche sul fiume Rapido fino ad aprile, quando il coman- tero Corpo d’armata sovietico. Il fronte orientale fu un teatro di
do passò da Paul Conrath al tenente generale Wilhelm Schmalz. guerra dove le parti in causa non avevano il concetto di econo-
Gli uomini della Göring si dimostrarono, in ogni occasione, mia di vite: i sovietici perché avevano una riserva praticamen-
soldati senza paura. D’altra parte, la selezione per entrare a far te inesauribile di materiale umano, i tedeschi perché avevano in
parte di questo reparto era estremamente rigida: principale re- prima linea reparti legati al giuramento di assoluta fedeltà fino
quisito era infatti, a parte la totale fedeltà, la speciale richiesta all’estremo sacrificio. Gli scontri furono atroci e anche qui i sol-
come volontario. L’addestramento era realmente massacrante dati della Göring non si risparmiarono. Al comando di ufficiali
e differiva appena da una vera battaglia in quanto non esiste- e sottufficiali energici ed esperti, sempre alla testa di ogni attac-
vano simulazioni. Non pochi uomini rimasero uccisi durante co, gli uomini avevano un esempio da seguire, anche se tali ini-
questa fase. Quando ricevevano le mostrine e l’uniforme mi- ziative spesso erano destinate a concludersi con la morte certa.
metica erano già “macchine per uccidere”; avevano ricevuto L’impegno assunto faceva anche superare l’idea che, al punto in
un’educazione di tipo spartano per cui l’estremo sacrificio in cui era ormai la guerra, una, cento, mille morti non avreb-
battaglia era semmai motivo di orgoglio. Per eseguire un bero cambiato il destino del Terzo Reich.
ordine o difendere una posizione, non era concepita la re- L’epilogo. Nell’ottobre 1944, il Corpo d’armata pa-
sa, perché anche dopo avere sparato l’ultima cartuccia lo racadutisti corazzati “Hermann Göring”, di nuova for-
scontro non era terminato. Uccidere anche un solo nemi- mazione, venne trasferito a est e schierato nel Kurland
co, attaccando con bombe a ma- contro l’Armata Rossa. Si trovò praticamente circonda-
no e pugnale fra i denti, se non a to insieme ai resti della 4a Armata, fra l’Oder e la Vi-
mani nude, significava elimina- stola. I combattimenti nella sacca del Kurland
re comunque una minaccia. Ogni sono ricordati fra i più sanguinosi dell’inte-
uomo della Divisione usava questo me- ro conflitto. I tedeschi attaccavano in pic-
tro di ragionamento, e perciò i coman- coli gruppi o anche singolarmente, in-
di superiori sapevano di poter guadagnare tem- filtrandosi fra i T-34 sovietici arma-
po utile se la prima linea era tenuta anche da una so- ti solo di una mina anticarro, spesso
la compagnia della Göring. spalmata con il grasso dei cannoni
Anzio: un massacro. Una delle più drammatiche perché aderisse alle corazze prima
dimostrazioni dell’accanimento di questi soldati scelti di esplodere. Poco importava se non
fu in occasione dell’Operazione Shingle, lo sbarco alle- si faceva in tempo ad allontanarsi. Op-
ato ad Anzio. I Panzergrenadieren si lanciavano all’at- pure cercavano di salire sul carro nemico e
tacco sbucando da cespugli, da ruderi di case demoli- aprire il portello per lasciarsi cadere all’interno,
te dalle artiglierie, da buche nel terreno, di giorno, di con una bomba a mano innescata nella cintura.
notte, con il sole o con la pioggia, sempre in prima li- Quando anche gli ultimi tentativi fallirono,
nea. Nell’area di Cisterna di Latina e Littoria il re- venne organizzata un’evacuazione via mare. Gli
parto fu praticamente decimato proprio perché i effettivi, ormai ridotti a un quarto, furono sbar-
ripetuti attacchi, portati con il fanatismo della di- cati sulla costa della Pomerania e nuovamente
sperazione, si scontravano con la manifesta supe- impiegati sul fronte Oder-Neisse, insieme alla
riorità di uomini e mezzi del nemico. I giovani Panzergrenadier-Division Brandenburg (unità
soldati americani, molti dei quali al battesimo speciale poi utilizzata come normale fanteria)
del fuoco, non avevano grandi speranze di ca- nella zona di Lodz.
Nell’aprile 1945 i pochi sopravvissuti diedero
inizio al ripiegamento verso la Sassonia, pur
senza mai smettere di combattere, per tentare
1A WAFFEN-SS PANZER-DIVISION di raggiungere l’Elba e arrendersi agli america-
“LEIBSTANDARTE A. HITLER” ni. Vi riuscirono in pochi, mentre il grosso
Nato nel 1933 con i primi 120 elementi della dell’unità fu circondato e costretto alla resa l’8
guardia del corpo di Hitler, oltre che reparto
maggio. Ma i sovietici non erano gli americani e
destinato alla scorta personale del Führer,
divenne un’unità specializzata temutissima. solo pochi, grazie agli accordi internazionali per
la liberazione dei prigionieri, riuscirono a torna-
G. RAVA

“Il mio onore si chiama fedeltà”, era questo


il giuramento che i giovani militi delle SS re dai gulag della Siberia dopo la guerra. d
pronunciavano nei confronti di Adolf Hitler. Roberto Roggero

65
INSEGUIMENTO
1944, un camion
americano attraversa il
Rio Maggiore
vicino a Porretta
(Bologna). Nella pagina
a fianco, il generale
britannico Oliver Leese
(a sinistra).
GETTY IMAGES
1944 RIMINI ALLEATI-III REICH

ATTACCO
ALLA LINEA
GOTICA
I tedeschi in fuga verso Nord, ma sempre micidiali, resero
la risalita dello Stivale una guerra infinita

RUE DES ARCHIVES/TALLANDIER/MONDADORI PORTFOLIO

N
ell’estate 1944 il XV gruppo di armate allea- si e polacchi, in azione lungo la costa protetti sul fianco sini-
to schierava la 5a Armata americana, agli ordini stro dai corpi britannici, sul finire di agosto superarono il fiu-
del generale Mark Clark, dal Tirreno all’Appen- me Metauro, occupando Pesaro e Urbino. Il 30 agosto, a Ta-
nino tosco-emiliano, e l’8a Armata britannica del vullia, i canadesi della 5a Divisione corazzata superarono con
generale Oliver Leese nel settore adriatico. Nei piani del ver- un’azione di sorpresa la prima linea difensiva tedesca (Linea
tice politico-militare britannico la valenza strategica di uno verde), ma il successo non venne sfruttato adeguatamente e nel
sfondamento nell’Italia Settentrionale era basata sulla possibi- loro incerto avanzare gli anglo-canadesi dovettero fermarsi di
le penetrazione lungo la direttrice strategica passante per il var- fronte alla Linea verde n. 2, sull’allineamento Coriano-S. Savi-
co di Lubiana, in modo da raggiungere prima possibile i ter- no-Croce. Soltanto dopo quasi due settimane di feroci com-
ritori dell’Europa Orientale. Dal canto loro, gli americani era- battimenti in questa zona collinare, gli Alleati riuscirono a su-
no molto riluttanti all’idea di impiegare altre risorse in Italia. perare queste difese, ma il LXXVI Corpo tedesco, dopo aver
Sulla riviera romagnola. Il piano alleato per l’offensiva effettuato un’azione di contrasto e ritardo, ripiegò su una ulte-
contro la Linea gotica venne completato alla fine del giugno 1944: riore linea a difesa di Rimini: la Linea gialla, o Rimini-Stellung.
consisteva inizialmente in un massiccio attacco principale sugli Anche stavolta l’attacco iniziato il 18 settembre contro queste
Appennini a nord di Firenze, in direzione di Bologna e degli acces- posizioni si tradusse in una serie di violente battaglie e Rimi-
si alla Pianura Padana. Ma su insistenza del generale Leese questa ni fu alla fine occupata il 21 settembre. A quel punto, l’inizio
pianificazione subì una radicale modifica all’inizio di agosto, pre- di intense piogge e il protrarsi dell’accanita difesa tedesca por-
vedendo un attacco di equivalente importanza lungo la direttri- tarono a un arresto dell’offensiva in direzione di Ravenna, che
ce adriatica, avente l’obiettivo di raggiungere Rimini e Ravenna. venne conquistata solo nei primi giorni di dicembre. d
Assunse così il nome in codice di Operazione Olive. Canade- Fabio Riggi

67
BATTAGLIA SULLA LINEA GOTICA I BRITANNICI
Fanteria britannica in procinto di

I
superare il margine di un fossato.
l XV Gruppo d’armate alleato (5a Armata americana e 8a Nella prima metà del settembre
Armata britannica), agli ordini del generale inglese Harold 1944 gli assalti contro le difese
Alexander, si trovava sugli Appennini settentrionali, sulla tedesche in Romagna furono condotti
Linea gotica, predisposta dai tedeschi lungo l’allineamento al prezzo di pesanti perdite.
La Spezia-passo della Futa-Pesaro a difesa degli accessi meri-
dionali alla Pianura Padana. L’8a Armata inquadrava il II Corpo
d’armata polacco, il I Corpo canadese, e i corpi britannici V e
X, fronteggiati dalla 10a Armata tedesca composta dal LXXVI
Corpo corazzato e dal LI Corpo da montagna.
Ravenna Battuta d’arresto. All’inizio del settembre 1944 l’8a Armata
xx non mise a frutto la situazione favorevole creata dai successi
94 iniziali di fine agosto. Il LXXVI Corpo corazzato tedesco riuscì
così a riorganizzarsi e a imporre ai britannici una battuta d’ar-
resto sulla Linea verde n. 2, tra la costa e la zona collinare di
Coriano. In questa zona due divisioni germaniche si distinsero
xx per la loro tenace difesa: la 29a Divisione Panzergrenadier e la
162 1a Divisione Fallschirmjäger (paracadutisti). IL CONTRATTACCO
IMPOSSIBILE
Forlì Il 14 settembre 1944 un
Cesenatico improvvisato reparto d’assalto
tedesco della 29a Divisione
Panzergrenadier, costituito
M a r e
o
Ronc

da 2 carri e 8 uomini con 2


mitragliatrici MG 42, eseguì
Meldola Cesena A d r i a t i c o il leggendario “contrattacco
Predappio impossibile”. Sul colle di
xx Rimini Petrarola (Coriano, Rimini),
26 questo distaccamento si lanciò
contro un’intera compagnia
Riccione avversaria appoggiata da
mezzi corazzati, riconquistò
ia

S ogliano Coriano Cattolica


ch

la posizione e la difese fino a


ec

sera, conducendo un’azione


ar

io xx xx
Sav
M

tanto temeraria da apparire


SAN M ARINO 29 1 Pesaro incredibile.
a
nc
Co Fano
x A r z il l a
xx
LI Mon x LXXVI Pz
x 278
xx
l ia o
F og ta u r 3Carp
xx
Me
Urbino xx 5Kres S enigallia
xx n o
71
sa
1Cdn
Ce
x Fossombrone
xx X BR x V BR ANCONA
x
isa

114 xx
M

5 Mtn xx
xx
46ar
5Cdn
Sansepolcro

xxxII Pol
xx
4 Ind
I Cdn
x xxxI Cdn
9e V BR
Fanterie
LINEA GOTICA
Corazzati
Linea verde
Granatieri corazzati Linea verde 2
Linea gialla xx
Paracadutisti Linea del fiume Arno
Fabriano 4BR
P. GHISALBERTI

xx
xxxx xx
xx 1BR
10 20 Km OTTAVA BR 56BR
0 2NZ

68
SSPL/GETTY IMAGES (2)
La carica di Montecieco

L
a mattina del 20 settembre 1944, da un fuoco micidiale: nel giro di pochi
durante l’attacco britannico minuti, su 27 carri che attaccavano, 24
alla Linea gialla, i carri Sherman vennero colpiti. Quando arrivò l’ordine
(sopra, un M4 Sherman Usa) del Reg- di lanciare un nuovo attacco, il tenente
gimento Queen’s Bays (2nd Dragoons colonnello Asquith, comandante dei
Guard) ricevettero l’ordine di avanzare Bays, comunicò: “Fra mezz’ora l’Inghil-
sul crinale di Montecieco, situato 8 km terra avrà perso un altro battaglione
a sud-ovest di Rimini. Già dal giorno corazzato”. In questo modo ottenne
prima si erano svolti duri combatti- che si sospendesse l’azione.
menti per il possesso dell’area, e in Come a Balaklava. La carica di Mon-
quel momento la situazione tattica e il tecieco venne così ricordata anche
terreno erano sfavorevoli a un’azione come la “seconda Balaklava” (dalla
con un reparto corazzato, ma i coman- leggendaria carica della Light Brigade
di inglesi si ostinarono a ordinarla. nella Guerra di Crimea).
Poco prima delle 11:00 i Bays mossero
verso le posizioni tedesche, tenute dal
Kampfgruppe Stollbrock della 90a Divi-
sione Panzergrenadier. Vennero accolti

PANZERGRENADIER
Il termine Panzergrenadier
(granatieri corazzati) venne
introdotto nel 1942. Indicava
le formazioni di fanteria
inquadrate nelle divisioni
corazzate (Panzer-divisionen).

FANTERIA INDIANA
Il British Indian Army risale
alla metà dell’800, quando
all’indomani della Rivolta
dei Sepoy (1857) la corona
britannica assunse il controllo
diretto delle forze militari
reclutate localmente.
G. ALBERTINI (2)
1944 BASTOGNE USA-TERZO REICH

PATTON:
SVOLTA A 90°
In cinque giorni, nelle Ardenne, il generale d’acciaio riuscì a far cambiare
di fronte un’intera armata. Poteva diventare un incubo logistico
o un’incauta avanzata, ma si risolse in una brillante operazione militare

L
a rapidità dell’azione della 3a Armata di Patton, volta a do per dare ordini e incitare i suoi uomini. Persino il cappella-
liberare l’assediata guarnigione di Bastogne, continua no fu messo a pregare per invocare l’arrivo del bel tempo, che
ancora oggi a impressionare gli studiosi. Il 16 dicem- era funzionale al decollo e all’appoggio tattico dell’aviazione.
bre 1944 i tedeschi avevano lanciato una vasta offen- Il 21 dicembre “il vecchio sangue e budella” (uno dei tanti so-
siva nelle Ardenne, travolgendo le impreparate unità della 1a prannomi del leggendario comandante della 3a Armata) ispe-
Armata americana e sorprendendo i comandi alleati. zionò i soldati e i mezzi della 4a Divisione corazzata, la punta
Il 19 dicembre Patton ottenne il comando della controffen- di lancia del III Corpo. La giudicò pronta, sebbene sotto orga-
siva: per liberare i parà della 101a Divisione Usa, circondati nico, e diede ordini semplici: “Guidate il più velocemente pos-
dall’intera 5a Panzerarmee tedesca, doveva inviare a nord pri- sibile verso nord, schiacciando ogni resistenza tedesca, ferma-
ma possibile almeno due dei suoi corpi d’armata. Il fattore tem- tevi solo quando vedrete il cartello Bastogne, o quello Berlino”.
po era essenziale: i tedeschi non si aspettavano contrattacchi Mago della logistica. Più che l’aspetto tattico, è da sot-
prima del 27, 28 dicembre. La velocità divenne così il fattore tolineare l’incredibile capacità logistica di far muovere così tan-
tattico decisivo. ti mezzi e uomini in poco tempo, con un clima pessimo e su
Ritornato da Verdun a tarda strade bloccate da macerie e mine. Patton diede prova di essere
notte, invece di riposare Patton anche un grande motivatore: cambiare radicalmente la direzio-
organizzò subito l’invio verso ne di marcia di due interi corpi d’armata, il III e il XII (due divi-
Bastogne del III Corpo d’ar- sioni corazzate, quattro divisioni di fanteria, un totale di circa
mata (4a Divisione corazza- 130mila veicoli di ogni tipo), nel giro di pochi giorni, ha dell’in-
ta, 26a e 80a di Fanteria), il più credibile. Soprattutto con neve e freddo polare, su un terreno
vicino all’area di operazioni. boscoso che impediva l’avanzare di mezzi ruotati e corazzati.
Era un azzardo attaccare con tre Patton ci riu­scì. Gli americani, che fino ad allora procedevano
sole divisioni, ma Patton mira- verso ovest, piegarono quasi di 90° verso nord.
va al fattore sorpresa: meglio Nelle prime ore del 22 dicembre i tre Combat command
fare in fretta con quello che (gruppi tattici interarma, similari ai Kampfgruppen tedeschi)
aveva, piuttosto che aspet- della 4a Divisione corazzata cominciavano ad avanzare. I tede-
tare il XII Corpo e incontrare schi furono presi di sorpresa da sud; anche se reagirono pron-
poi un nemico preparato ad tamente, non poterono che rallentare l’avanzata dei carri di
accoglierli. Patton. Fermarono per due giorni i Combat command A e B,
Soprannome. Il 20 ma alla fine cedettero.
Patton mise in moto la Nonostante i guasti a molti mezzi e la forte resistenza nemi-
macchina: nei suoi piani ca, il 26 dicembre un battaglione corazzato del Combat com-
il III Corpo d’armata do- mand R riuscì infine a raggiungere Bastogne, dove i parà della
veva già iniziare le ope- 101a Divisione avevano brillantemente resistito all’assedio te-
razioni offensive alle ore desco. Come previsto dalla tabella di marcia, il 24 anche il XII
4:00 del 22 dicembre. Corpo era entrato in azione sul fianco destro alleato, con pun-
Quel giorno il generale tualità quasi svizzera nonostante il lungo tragitto coperto. Mis-
BETTMANN/CORBIS

corse infaticabilmente sione compiuta, generale Patton.  d


di comando in coman- Andrea Santangelo

70
MARCIA FORZATA 3 Intanto
Pochi giorni bastarono al generale l’artiglieria
da campo tedesca
Patton per girare la sua 3a Armata in
direzione nord e andare in soccorso
1 Bastogne è assediata dai TEDESCHI circonda la città
tedeschi: il 18 dicembre vengono
di Bastogne, assediata dai tedeschi.
inviati a sua difesa i parà della 101a
La scelta tattica e l’impresa logistica
Aviotrasportata, con postazioni
diedero una svolta anche alla guerra.
anticarro e bazooka

5 Il 24 dicembre
fuori da Bastogne
si ammassa la 5a
Armata tedesca (qui
indicata con carri
mimetici bianchi),
il 25 inizia la
battaglia finale

7 Il 26 i carri
americani rompono
l’accerchiamento 6 La 3a Armata Usa
tedesco e si fanno è ormai alle porte. Il 25
strada fra i relitti inizia la battaglia finale.
il bombardamento
americano si avvale di
artiglieria da campo e
semoventi

PATTON

4 Il contrattacco
americano condotto
da carri Sherman, Half
Track e dalla fanteria,
raggiunge la sacca di
Bastogne

2 La 3a Armata di Patton
cambia fronte e a partire dal
22 dicembre dirige a tappe
forzate verso nord, su
Bastogne; qui vediamo
G. RAVA / G. TACCONI

la fase finale di questa marcia


1944 MONTECASSINO ALLEATI-TEDESCHI

LA CAMPAGNA
D’ITALIA
Gli Appennini e le linee difensive come la Gustav costrinsero
gli Alleati a rivedere le loro tattiche soprattutto nella
guerra in montagna, che portarono a tragici bagni di sangue

P
oco dopo la resa delle truppe dell’Asse in Nordafri-
ca, gli Alleati si rivolsero alla Sicilia, da dove aveva-
no stabilito di invadere l’Italia. E così avvenne. L’isola
era difesa dal feldmaresciallo Albert Kesselring, che
di fronte all’avanzata dell’VIII Armata inglese di Montgome-
ry riuscì a superare lo Stretto di Messina con un contingente
di 100mila soldati. L’invasione dell’Italia continentale, comin-
ciata nel settembre 1943, fu seguita dall’avanzata alleata ver-
so nord, trovando una risoluta opposizione tedesca, con duri
combattimenti lungo tutta la penisola.
L’Italia, per la sua conformazione e l’estensione delle coste,
era considerata da Mussolini una portaerei naturale all’inter-
A PASSO
no del Mare Nostrum; tanto è vero che il Duce ritenne inutile DI MULO
schierare anche vere portaerei per il combattimento aeronava- Alpini italiani
le. Ma il nostro Paese è anche pieno di montagne e rilievi che conducenti di muli
da sempre rappresentano un ottimo appiglio per difendersi da inquadrati con la 5a
un’eventuale invasione e che costituiscono un ostacolo logisti- Armata americana.
In questo caso
co per qualsiasi esercito. erano addetti ai
Truppe da montagna. La storia militare dell’Italia è per- rifornimenti tattici.
ciò sempre stata influenzata non soltanto dalle Alpi, ma an-
che dagli Appennini, che dividono da nord a sud il territorio.
E poi ci sono tanti fiumi – spesso in piena – che scendono dal-
le cime tagliando le strette pianure costiere. Barriere natura-
li che rendono difficili i movimenti su larga scala e di conse-
guenza le operazioni militari condotte da sud a nord diventa-
no lentissime.
Per queste ragioni, durante la Campagna d’Italia del ’43-’45,
sia da parte dell’Asse sia da parte degli Alleati si fece grande uso
di truppe da montagna, uniche forze abituate a operare in ter-
reni simili. Ma non fu così fin dall’inizio, almeno da parte alle-
ata; lo studio delle operazioni militari sul suolo italiano met-
te infatti in evidenza molti aspetti errati della condotta delle
operazioni, derivati da pregiudizi e ignoranza della storia, ma
soprattutto della geografia: furono spesso trascurate la natura
del terreno, le condizioni atmosferiche e e l’eccezionale abilità
tedesca di sfruttare questi fattori.
Gli anglo-americani si buttarono, in occasione della caduta
di Mussolini del luglio 1943, sul “ventre molle d’Europa” sen-

72
MONDADORI PORTFOLIO
za alcuna precauzione. Ma furono presto disillusi: si accorsero tense “Buffalo” o il 5° Salmerie (poi diventato Monte Cassino).
che da noi la pioggia è ostinata, il freddo pungente e che duran- A febbraio 1944 , nel frattempo, sul fronte della Gustav era
te i mesi estivi, soprattutto al sud, la polvere penetra ovunque. entrata in linea a sud di Cassino, verso i monti Aurunci, la 4ème
Per gli Alleati ci fu sempre un’altra montagna da attaccare ed Div. Marocaine de Montagne inquadrata nel CEF (Corps Ex-
espugnare (e per i tedeschi da difendere), un fiume da attraver- péditionnaire Français, in italiano CSF “Corpo di spedizio-
sare, una valle da percorrere; entrambe le parti si scontrarono col ne francese”) al comando del generale Alphonse Juin. Queste
duro compito di salire ripidi sentieri trasportando rifornimenti truppe coloniali nordafricane erano efficientissime nei com-
e munizioni in posizioni praticamente inaccessibili, spesso sot- battimenti montani, dove si muovevano in silenzio e con agi-
to tiro del nemico o con la pioggia scrosciante, e poi di scender- lità; contribuiranno fortemente allo sfondamento del fronte,
li portando con sé i feriti. lasciando però il crudele ricordo di barbare violenze sulla po-
Tra i primi reparti di montagna ad arrivare ci furono quelli te- polazione civile.
deschi della 136a Brigata da Montagna (in Alto Adige) seguiti da In Valle d’Aosta. Sullo stesso fronte erano tornati anche
unità alpine delle Ss (poi 24a Gebirgs-division der Waffen SS) gli Alpini italiani, ora con gli Alleati: il battaglione Piemon-
e dalla 5a Gebirgsjäger-division della Werhmacht, che arrivava te, che a marzo ’44 prenderà Monte Marrone, sulle Mainarde.
dalla Russia e fu subito mandata alla difesa della Linea Gustav, Anche al nord risorgevano gli Alpini, inquadrati nella Repub-
a presidiare una linea montana tra Cassino e la valle del Liri. I blica sociale italiana: i primi furono i battaglioni Aosta, Mor-
tedeschi poi faranno affluire sul suolo italiano altre due divi- begno, Tirano e Bassano, che formeranno la divisione alpina
sioni alpine, oltre a reparti minori. Monterosa. Altri reparti di Alpini furono mobilitati nella RSI
In montagna sugli sci. Nella Penisola, a fine ’43, erano e combatteranno al nord, come il 4° Rgt. Alpini della divisione
già presenti i reparti alpini italiani, ma presi nel turbinio dei fat- Littorio che – nell’inverno ’44-’45 – si batterà contro gli Chas-
ti seguenti l’armistizio dell’8 settembre, questi ebbero sorti di- seurs Alpins della ricostituita 27a divisione Alpina francese per
verse e non poterono essere mandati subito in campo. il possesso della Valle d’Aosta (che la Francia voleva annettere);
La prima unità alleata classificata “da montagna” presente in o ancora il reggimento Tagliamento, che contrasterà l’espan-
Italia (dal novembre ’43) era in realtà un reparto speciale mi- sione jugoslava in Friuli-Venezia Giulia.
sto Stati Uniti-Canada, la Special Service Force, addestrato per Gli americani nei primi mesi del ’44 avevano messo in campo
operazioni di commando e aviolanci anche in montagna o su- anche alcuni reparti di artiglieria, ma per vedere apparire una
gli sci. Già da dicembre conquistò importanti caposaldi e poi intera divisione da montagna Usa si dovrà aspettare il genna-
fu impiegato a Cassino e Anzio; entrerà a Roma, tra le prime io 1945, quando arriverà la neonata 10th Mountain Division.
truppe, il 4 giugno 1944. Gli Alleati intanto, dopo i primi arre- Sulla Linea Gotica attaccò il settore di Monte Belvedere-Monte
sti dovuti alla natura del terreno, iniziarono a organizzarsi per della Torraccia, presi dopo diversi giorni di duri combattimen-
più vaste operazioni in montagna, mettendo in campo ciò che ti. All’inizio di marzo la 10a arrivò a 24 chilometri da Bologna
avevano al momento, come la Mule Transport Company del- e fu la prima unità alleata a raggiungere il Po, che attraversò il
la 1a divisione canadese, le Mules Companies del Cyprus Re- 23 aprile 1945, per poi dirigersi verso Verona.
giment (l’isola di Cipro era famosa per i suoi bardotti, incroci Anche i britannici avevano fatto affluire in Italia truppe da
tra una cavalla e un asino) o il 26° Indian Mules Group dell’8a montagna. I “mountaneers”, attaccarono di sorpresa i tedeschi
Armata inglese. Si erano finalmente accorti che in montagna sulle alture verso Firenze e aprirono la strada verso la città al-
era indispensabile il trasporto animale per eccellenza: il mulo. le truppe indiane. In agosto giunse anche, in seno all’8a Arma-
Cominciarono così anche a chiedere reparti salmerie alle neo- ta inglese, la 3a brigata greca di montagna che libererà Rimi-
ricostituite truppe italiane del Regno del Sud. Un raggruppa- ni a ottobre. Ultimo ad arrivare, ancora da parte inglese, sarà,
mento salmerie italiano fu dunque inquadrato con la 5a Arma- all’inizio del 1945, il 2nd Higland Light Infantry Mountain Bat-
ta americana e tre gruppi con i britannici. Seguirono altre uni- talion scozzese. d
tà, come il Mule Pack Bn. inserito nella 92a divisione statuni- Viviano Terzini

LE BATTAGLIE DI CASSINO
1a battaglia, 12 gennaio-12 febbraio 1944 2a battaglia, dal 15 al 18 febbraio 1944
Gli Stati Uniti attaccano lungo i fiumi Gariglia- Dopo un poderoso bombardamento aereo
no e Rapido, mentre le truppe francesi ten- (vengono impiegati ben 225 velivoli) per neu-
tano di passare le difese nemiche sui monti. tralizzare le difese tedesche sul Monte Cassino
Dopo pochi risultati, gli attacchi sono respinti. e attorno all’abbazia – fino a quel momento
Il 22 gennaio gli Alleati sbarcano ad Anzio, a considerata neutrale e perciò non presidiata
nord della Linea Gustav, ma vengono bloccati da soldati – gli Alleati sferrano l’attacco.
prima di potersi inoltrare nell’entroterra. Il 2 L’abbazia è distrutta e i tedeschi ora possono
febbraio un reggimento Usa arriva alla peri- utilizzarla. Reparti inglesi attaccano il Monte
feria di Cassino, ma non riesce a penetrare. Calvario, ma non passano. Il 17 febbraio, neo-
Inglesi, neozelandesi e indiani, inquadrati nel zelandesi e indiani riescono a passare il Rapi-
Corpo d’armata neozelandese, sferrano un do e un battaglione Maori occupa la stazione
ultimo attacco al Monte, ma avanzano solo di di Cassino. I Gurkha attaccano il monte del
SZ PHOTO/AGF

alcune centinaia di metri e sono respinti. monastero. Poi tutti sono respinti.
x

S. GRAZIOLI A. RICAGNO
Atina xx 1 RGPT
ITA (MOT)

5 x
M. Bianco

xxx 24 SA
Belmonte
Arce Castello xx
xxx

LI M. Cifalco
xx
2 NZ X GB
xx
M. Belvedere
Roccasecca 44
xx
90
M. Cairo Terelle
Ceprano Sant’Elia
5 POL
x

xx xx xx xxx Viticuso
2 POL
xxxx
26 1 3 POL II POL

xxxx San Giovanni


Aquino 8 GB
Piedimonte Cassino
xxx
Montecassino xx
10 xx
I CAN
xx xx 4 GB xx
6 GB
Pontecorvo M. Trocchio
305 xx
15 xxx 6 A SUDAFRICANA
Pico
Sant‘Angelo 78 GB
S. P. Infine
M. Pola Pignataro XIII GB
xx

xxx
8 A INDIANA
Mignano
XIV
San Giorgio Sant’Apollinare M. Maggiore

Sant’Ambrogio Rocca d’Evandro


xx
Castelnuovo xx
M. Camino
Parano Sant’Andrea
71
1 A FRANCESE
M. Faggeto xx
Ausonia M. Maio
M. Juca 2 A MAROCCHINA

xxx
MONTI AURUNCI
xx xx
M. Petrella CSF

15 xx 4 A MAROCCHINA
Castelforte
xx
94
xxxx
xx 3 A ALGERINA

5 STATI UNITI
xx 88 STATI UNITI
Linea del fronte, 12 maggio 1944
0 5 Km Minturno
Linea Hitler-Von Senger
85 STATI UNITI

4a battaglia, dall’11 al 19 maggio 1944 Dopo aver dato il via


all’Operazione Strangle, per colpire con bombardamenti aerei
le linee di rifornimento e le retrovie tedesche, gli Alleati rinfor- Fanteria da montagna
3a battaglia, dal 15 al 23 marzo 1944 zano il fronte fino ad avere tre corpi d’armata per un totale di Fanteria meccanizzata
Dopo un altro massiccio bombardamento ae- 21 divisioni in contrapposizione alle 14 tedesche. L’11 di mag- Fanteria
reo – che rade al suolo la cittadina di Cassino gio è varata l’Operazione Diadem: dopo un bombardamento Unità corazzata
– e di artiglieria, indiani e neozelandesi scat- di artiglieria con 2.000 cannoni, il 13° Corpo britannico attacca.
Fanteria aviotrasportata
tano all’attacco dell’abitato; i Gurkha nepalesi il Corpo d’armata polacco, il Corpo di spedizione francese
x Brigata
attaccano le colline attorno. Si combatte casa (CSF) e il 2° Corpo d’armata statunitense fanno lo stesso il 12,
xx Divisione
per casa, rudere per rudere. Ma entrano in appoggiati da bombardamenti aerei. Nonostante i tedeschi si
difendano anche contrattaccando, il 17 maggio inizia il ripie- xxx Corpo d’armata
campo i Diavoli Verdi, i paracadutisti tedeschi,
che respingono duramente tutti i tentativi di gamento delle truppe dell’Asse. Dopo gravissime perdite, il 18 xxxx Armata

sfondamento. Gli attacchi proseguono fino al maggio i polacchi del II Korpus al comando del generale An-
22 marzo, ma i tedeschi non cedono terreno. ders raggiungono la sommità della collina di Monte Cassino.
In meno di 9 giorni le truppe del Common- In una settimana le truppe alleate sulla Gustav, superata anche
wealth devono contare quasi 2.500 uomini di la seconda linea difensiva, la Hitler-Senger, si riuniscono con
perdite e sono costrette a fermarsi. quelle della testa di ponte di Anzio, sulla via per Roma.

75
1944 DEBRECEN GERMANIA-UNIONE SOVIETICA

L’ULTIMO COLPO
DEI PANZER
Nella steppa ungherese i tedeschi vinsero, senza poter mutare il corso
della guerra. Nonostante il valore delle loro Panzerdivisionen,
il “rullo compressore” sovietico venne arrestato solo poche settimane
HAMANN/BUNDESARCHIVE
L
a sera del 16 ottobre 1944 il generale Hermann Breith, nistro i Panzergrenadieren della Divisione Feldherrnhalle, che
comandante del 3º Panzerkorps, si curvò per l’enne- stavano spostandosi proprio dalle parti di Kaba. Ma come po-
sima volta a osservare la grande mappa dispiegata sul teva fermarle? La Feldherrnhalle, secondo i suoi stessi ordini,
tavolo del comando tattico del corpo d’armata, in una puntava a nord-ovest per prendere contatto con la 13a Panzer
villa ai sobborghi della città ungherese di Debrecen. Accanto a nella zona di Nadudvar, e accerchiare così le forze del generale
lui, inquieto, il suo capo di Stato Maggiore continuava a rior- Pliev, ancora all’offensiva tra Hadjuszoboszlo e Debrecen, con-
dinare i dispacci ricevuti nelle ultime ore dalle unità a contatto trastate a fatica dalla 109a Brigata corazzata e dai resti della 23a
col nemico. Breith fissò lo sguardo sul settore meridionale del- Panzerdivision (v. mappa).
la zona d’operazioni. «Cosa ne è della 1a Divisione corazzata?». Nella nebbia della guerra. Aveva un senso? Stava-
L’ufficiale al suo fianco diede un’occhiata ai fogli che teneva in no chiudendo una trappola, o stavano andando incontro loro
mano. L’ultima comunicazione, ricevuta attorno alle 17:30 dal- stessi alla distruzione? Breith era un veterano e ne aveva pas-
la zona dei combattimenti a nord di Foldes, diceva soltanto che sate di peggiori, sfuggendo per due volte alla morsa dei sovie-
i reparti del colonnello Thunert – un bravo soldato, che però tici in Ucraina; ma dieci giorni di combattimenti ininterrotti
aveva preso il comando della 1a Panzerdivision soltanto da una avevano messo a dura prova la sua lucidità e la sua resistenza
decina di giorni – avevano respinto una puntata di forze co- fisica. Non riusciva più a ricostruire un’immagine coerente di
razzate sovietiche in direzione nord-est, ma segnalavano altri quel che stava accadendo sul campo di battaglia: se si sforzava
nuclei nemici in movimento nei pressi della cittadina di Kaba. di tracciare sulla carta geografica i movimenti dei reparti del
Non era una cosa buona, pensò Breith: se non fossero state fer- suo Panzerkorps, e delle unità nemiche con cui erano a contat-
mate, quelle unità sovietiche avrebbero investito sul fianco si- to, l’intera regione tra Debrecen, il Tibisco e la frontiera rume-

TIGRI REALI
Il panzer tedesco Tiger II,
protagonista della battaglia di
Debrecen contro i tank
sovietici, tra le più cruente della
Seconda guerra mondiale.

77
P. GHISALBERTI
BATTAGLIA DI DEBRECEN
Carri contro Nella cartina,
uno dei momenti culminanti
di una tra le ultime e più vio-
lente battaglie di carri della
Seconda guerra mondiale. xxx
Circondati Il 16 ottobre 1944 3a Panzer
x
i reparti corazzati germanici 109 Panzer
a
Debrecen
del generale Breith circon- xxx
darono le unità avanzate xx 6o Guardie
13 Panzer (-)
del 2° Fronte ucraino del xxx xx xxx
xx
27o 13a Panzer (-) 4o Guardie
generale Malinovskij che 23a Panzer (-)

tentavano di raggiungere la xx
Feldherrnhalle
città ungherese di Debrecen. Panzergrenadier
La 1a e la 13a Divisione pan- xxx
18o xxx
xxx
7o (-)
zer e la Divisione di grana- 49o
xx xx
tieri corazzati Feldherrnhalle 375a 1a Panzer xx
xxx
xxx 72o
riuscirono a isolare il IV e il 7 o xx 46a
76 a

VI Corpo di cavalleria delle


xxx
Guardie che dovettero ria- 7o Guardie
xxx
prirsi la strada combattendo 23o Carri
xxx
per sfuggire alla distruzione. 5 Guardie Carri
o

Tattiche A Debrecen i xxxx


6a Guardie Carri
tedeschi coordinarono al Russi Tedeschi
meglio i carri con la fanteria
X XX XXX XXXX (-)
meccanizzata. I sovietici, Cavalleria Fanteria Mezzi Fanteria Brigata Divisione Corpo Armata Contingente
invece, trasportavano i fanti corazzati meccanizzata d’armata incompleto
direttamente sui tank.

T-34/85
Il tank medio sovietico T-34/85
è la versione migliorata
del T-34, spina dorsale dei
corazzati sovietici. Dotato di un
cannone da 85 mm ZIS-S-53, di
derivazione contraerea, efficace
contro la corazza del tedesco
Tiger I, il T-34/85 è un esempio
della strategia sovietica basata
su continui miglioramenti
TIGER II incrementali dei mezzi, che
(KÖNIGSTIGER) permettevano di produrre grandi
Il Panzerkampfwagen VI Ausf. numeri di carri (addirittura 1.200
B, detto Tigre reale, entrò in al mese nel 1944).
linea nel 1944. Fortemente
corazzato e armato con un
cannone da 8.8 cm KwK
43 e due mitragliatrici cal.
7.92, aveva 5 uomini di
equipaggio e pesava
una settantina di
tonnellate. Proprio
il peso (e il motore
sottodimensionato) e la
lentezza furono, con la
fragilità dei componenti, i
maggiori difetti di questo
D. TUROTTI (2)

mezzo, per il resto quasi


invincibile.

78
na si trasformava in un inestricabile groviglio di frecce colora- mi di ottobre il Gruppo di armate Sud, che poteva contare su
te e punti interrogativi. Il generale Breith conosceva bene Carl 31 divisioni con circa 400mila uomini e 293 carri armati, si pre-
von Clausewitz, che aveva definito la guerra “il regno dell’in- parava dunque a lanciare l’Operazione Zigeuner Baron (“ba-
certezza, avvolto per tre quarti dalla nebbia”: in quel momen- rone zingaro”, dal titolo di un’operetta di Johann Strauss), al-
to non poteva che essere d’accordo con il teorico prussiano, vi- lo scopo di accerchiare le forze nemiche penetrate in Unghe-
sto che decine di migliaia di uomini e centinaia di carri arma- ria e ricostituire una linea difensiva vantaggiosa sui Carpazi.
ti si stavano affrontando in una lotta mortale appena oltre l’o- Era un compito poco realistico; anche perché negli stessi gior-
rizzonte, ma lui, che era uno dei responsabili di quello scontro ni e nella stessa zona, all’insaputa dei comandi germanici, il 2º
titanico, si sentiva come lo spettatore impotente di un dram- Fronte ucraino del generale Malinovskij (59 divisioni, 685mi-
ma oscuro, dall’esito imprevedibile. la uomini, oltre 800 mezzi corazzati) era ormai pronto a lan-
Lotta per l’Ungheria Orientale. Ancora oggi non è ciare la nuova offensiva pianificata personalmente da Stalin,
semplice ricostruire le operazioni che ebbero come obiettivo che aveva come obiettivo finale la conquista di Budapest. Sta-
la conquista della pianura ungherese nell’autunno del 1944. va per verificarsi un evento bellico piuttosto raro, perché soli-
Nell’immenso scacchiere orientale le sorti della guerra volge- tamente la situazione strategica di un conflitto impone a una
vano ormai decisamente al peggio per il Terzo Reich: dopo la delle parti in lotta di mantenersi sulla difensiva: in questo ca-
disfatta subita in Bielorussia nel luglio precedente nell’Opera- so, invece, due gruppi di armate si sarebbero scontrati mentre
zione Bagration, quando il Gruppo d’armate Centro aveva per- entrambi tentavano di eseguire un piano d’attacco, e ciò avve-
so circa la metà dei suoi 800mila effettivi e un migliaio di mezzi niva in un’area geografica relativamente priva di ostacoli, che
corazzati, anche le forze schierate nel settore meridionale del permetteva quindi movimenti rapidi ad ampio raggio. Per ol-
fronte correvano il rischio di essere travolte. La crisi venne im- tre tre settimane, dal 6 al 29 ottobre 1944, la pianura unghere-
provvisamente aggravata dalla defezione della Romania: il 23 se a est del Tibisco sarebbe stata la scena di una delle più mas-
agosto, infatti, un colpo di Stato capeggiato dal re Michele ro- sicce, violente e confuse battaglie di mezzi coraz-
vesciò il regime filo-nazista del conducator Ion Antonescu, e zati che la storia militare ricordi.
il voltafaccia del governo di Bucarest aprì I migliori carri del mondo. La
un varco enorme nel dispositivo difen- Panzerwaffe germanica era uscita du-
sivo germanico. Il Gruppo d’armate ramente provata dalle sconfitte subite a
dell’Ucraina Meridionale del generale Kursk nel 1943, e poi in Ucraina e Bie-
Johannes Friessner, ribattezzato He- lorussia nel 1944, ma poteva con-
eresgruppe Süd (Gruppo di armate tare ancora su un certo margi-
Sud) dal 23 settembre, fu co- ne di vantaggio per quel che ri-
stretto a ritirarsi precipito- guardava il livello di addestra-
samente per ricostitui- mento e le capacità tattiche
re un fronte allo sboc- dei propri equipaggi; negli
co dei passi che at- ultimi mesi si era anche col-
traversano la catena mato il divario tecnico tra
dei Carpazi e danno i mezzi in campo, perché
accesso alla puszta, i PzKfw. V Panther della
la grande pianura un- versione G (entrati in li-
gherese; la manovra riuscì nea nel febbraio del 1944)
solo in parte, perché le trup- erano in grado di tene-
pe rumene e sovietiche si atte- re testa ai T-34/85, i mi-
starono oltre la catena montuo- gliori carri medi sovieti-
sa, pronte a una nuova offensiva ci. In più stavano arrivan-
verso Budapest. do al fronte le prime unità
Per motivi sia economici che
politici – l’Ungheria era ricca di
materie prime, ed era l’ultimo
alleato rimasto fedele al Terzo PROTAGONISTI
Reich – Hitler decise di non ab- A sinistra, carrista
sovietico, con la tuta
bandonare la partita: invece di ri- intera sopra alla
tirare le malridotte armate di Fri- normale uniforme e
essner a ovest del Danubio, come il caratteristico casco
sarebbe stato logico, il Führer or- imbottito indossato
dagli equipaggi dei
dinò un contrattacco a sorpresa per
mezzi corazzati. A lato,
ristabilire la situazione prima dell’in- carrista tedesco nella
verno. Il comando supremo germa- tipica divisa nera delle
nico riuscì a racimolare alcune uni- Panzertruppen. Al
tà corazzate, che vennero inviate colletto le mostrine con
G. ALBERTINI (2)

la testa di morto.
in tutta fretta a Friessner: ai pri-

79
di carri pesanti Königstiger (PzKfw. VI-B) che, pur con tutti i dizioni meno sfavorevoli. Questo era possibile solo per le unità
loro limiti – il raggio d’azione di questi mezzi da 70 tonnella- motorizzate: i reparti di fanteria, quando erano privi di mezzi
te era condizionato dall’elevatissimo consumo di carburante, di trasporto, se tentavano di resistere sul posto erano destina-
oltre che dallo stato delle strade e del terreno, visto che la lo- ti a essere travolti, o a disperdersi.
ro mole li metteva continuamente a rischio di restare bloccati Fino all’esaurimento. I sovietici andarono all’assalto
nel fango – si sarebbero rivelati spesso in grado di sconfigge- per primi all’alba del 6 ottobre 1944. Il 2º Fronte ucraino attac-
re forze di gran lunga superiori. Dopo l’amara esperienza del- cò dalle posizioni sulla frontiera rumena lungo due direttrici:
l’Operazione Zitadelle, durante la quale la mancanza di appog- l’ala sinistra doveva avanzare dalla zona di Arad verso nord-
gio ravvicinato da parte della fanteria aveva più volte messo in ovest, fino a stabilire delle teste di ponte oltre il Tibisco, men-
grave difficoltà le colonne corazzate tedesche, la Panzerwaffe tre sulla destra la 6a Armata corazzata delle guardie del gene-
aveva adottato tattiche più flessibili, basate sulla strettissima rale Kravčenko, dopo aver conquistato Oradea (Nagyvarad per
cooperazione tra le varie armi; di contro, i comandanti dei re- gli ungheresi) doveva puntare sul nodo stradale di Debrecen
parti sovietici continuavano ad affidarsi alla propria superio- da sud-est: in questo modo i sovietici sarebbero riusciti a iso-
rità numerica per travolgere le difese nemiche, accettando di lare l’8a Armata tedesca del generale Otto Wöhler, ancora in ri-
subire perdite severe nella fase iniziale dei combattimenti, ma piegamento dall’Ucraina Occidentale, prima di convergere co-
contando di rovesciare la situazione una volta penetrati all’in- me previsto verso Budapest. Il successo fu travolgente sulla si-
terno del dispositivo avversario. Per i tedeschi era di vitale im- nistra, dove il gruppo di cavalleria meccanizzata del generale
portanza riuscire a sfruttare al massimo la maggiore abilità de- Pliev (7º Corpo meccanizzato, 4º e 6º Corpo di cavalleria del-
gli equipaggi: nei duelli a distanza il vantaggio era quasi sempre la guardia, con circa 300 mezzi corazzati) avanzò di 60 km in
dalla loro parte, così come in situazioni tatticamente comples- 24 ore, spazzando via le difese della 3a Armata ungherese; sul-
se, quando poteva rivelarsi decisivo lo spirito d’iniziativa dei la destra, invece, i sovietici andarono a cozzare contro le divi-
comandanti di compagnia e di plotone, o addirittura dei singo- sioni del 3º Panzerkorps che si stava preparando a sua volta a
li capi-carro, e le migliori comunicazioni radio aumentavano lanciare la prevista offensiva di Zigeuner Baron verso i Car-
non di poco l’efficienza dei reparti impegnati in combattimen- pazi, e vennero quindi bloccati di fronte a Nagyvarad. Mali-
to. La quantità era però a volte inarrestabile: quando i sovietici novskij ordinò allora al gruppo Pliev di convergere verso De-
riuscivano a scatenare la loro “tempesta d’acciaio”, impiegan- brecen per prendere alle spalle le forze che si opponevano alla
do le unità corazzate in massa e sostenendole con un adegua- 6a Armata corazzata delle guardie: tre giorni dopo la cavalleria
to fuoco d’artiglieria, non restava altro da fare che cedere ter- di Pliev era a una manciata di chilometri dalla città, e sembra-
reno e aspettare l’occasione propizia per contrattaccare in con- va delinearsi una completa disfatta per le forze tedesche e un-

A BUDAPEST!
Dopo Debrecen,
fanteria sovietica
trasportata dai
carri attacca presso
Budapest. La capitale
SOVFOTO/GETTY IMAGES

ungherese cadrà
il 13 febbraio 1945.

80
gheresi. Ma il 10 ottobre scattò l’operazione Zigeuner Baron, sovietiche. Questa volta il 3º Panzerkorps di Breith, che si era
anche se ridisegnata con l’obiettivo più limitato di accerchia- ritirato oltre il Tibisco, avrebbe attaccato in massa da ovest a
re e annientare le forze corazzate nemiche nella zona a sud di est, appoggiato dai possenti carri Königstiger della 503a s.Pz.
Debrecen: il 3º Panzerkorps del generale Breith tentò una ma- Abt. appena giunti al fronte; da est avrebbero attaccato inve-
novra a tenaglia, con la 1a Panzerdivision in movimento da est ce proprio le divisioni dell’8a Armata di Wöhler, in ripiega-
a ovest, mentre la 13a avanzava in direzione opposta per chiu- mento dall’Ucraina. I rischi erano enormi, ma la sorpresa ri-
dere la sacca. Le colonne corazzate tedesche riuscirono a con- uscì. Alle 2:00 del 24 ottobre la 23a Panzerdivision prese con-
giungersi a Puspokladany la sera dell’11 ottobre, dopo circa 24 tatto con elementi della 3a Divisione da montagna dell’8a Ar-
ore di assalti continui in cui avevano sorpreso e decimato uni- mata: il gruppo Pliev era stato nuovamente accerchiato, e
tà nemiche di seconda linea; erano adesso i tre corpi d’armata questa volta a nulla sarebbero serviti i contrattacchi ordina-
del generale Pliev a trovarsi in seria difficoltà, isolati dalle pro- ti da Malinovskij per liberarlo, perché la 6a Armata corazzata
prie retrovie. Malinovskij si rese conto del pericolo e diede or- delle guardie era ormai logorata, e le forze tedesche resistet-
dine a Kravčenko di intensificare gli attacchi per liberare le for- tero tenacemente a tutti gli attacchi lanciati per sbloccare le
ze di Pliev: seguirono giorni di combattimenti furiosi, ma alla unità in trappola. Il 29 ottobre, a corto di carburante e mu-
fine la 6a Armata corazzata delle guardie riuscì a conquistare nizioni, il generale Pliev ordinò ai suoi uomini di distrugge-
Nagyvarad e a proseguire verso nord fino a ricongiungersi con re l’equipaggiamento pesante e ritirarsi alla spicciolata verso
il gruppo Pliev, che nel frattempo aveva mantenuto la pressio- sud, fino a raggiungere le linee sovietiche. Indietro, sulla ter-
ne offensiva verso Debrecen. ra nera della puszta, restavano centinaia di relitti di carri ar-
Sangue freddo tedesco. Malinovskij poteva riprende- mati, cannoni d’assalto e cingolati delle divisioni sovietiche e
re il suo piano originale, sperando ancora di isolare l’8a Arma- germaniche. Hermann Breith venne decorato; la battaglia di
ta di Wöhler: durante la notte tra il 19 e il 20 le avanguardie Debrecen esaltata in Germania per sollevare il morale di un
corazzate sovietiche entravano a Debrecen, sgombrata dalle popolo ormai consapevole di trovarsi sull’orlo della disfatta.
forze di Breith, e proseguivano verso settentrione. Sembrava Ma il significato strategico di quella che sarebbe passata al-
nuovamente profilarsi un grave rovescio germanico, visto che la storia come l’ultima vittoria della Panzerwaffe fu in realtà
un’intera armata rischiava di restare intrappolata a est della minimo: le perdite tedesche erano ormai impossibili da rim-
pianura ungherese; ma i comandanti dell’Heeresgruppe Süd piazzare, mentre i sovietici, dopo una brevissima pausa, sa-
non persero il loro sangue freddo e organizzarono un nuovo rebbero stati di nuovo in grado di mettere in movimento il lo-
contrattacco in grado di tagliare alla base il saliente formato ro “rullo compressore” verso Budapest e il trionfo finale. d
dall’avanzata del gruppo Pliev e delle altre unità meccanizzate Gastone Breccia

VITTORIA
Dopo la cattura di
Debrecen, l’equipaggio
di un Panzer IV tedesco
pranza a bordo. È il 7
novembre del 1944:
SÜDDEUTSCHE ZEITUNG/TIPSIMAGES

il trionfo germanico
durerà molto poco,
perché i sovietici
muoveranno presto
contro Budapest.
1945 IWO JIMA STATI UNITI-GIAPPONE

PACIFICO DI SANGUE
Il 19 febbraio 1945 con l’invasione dell’isola giapponese fu lanciata l’Operazione
Detachment, uno degli scontri più feroci della Seconda guerra mondiale. Gli americani
avevano bisogno di Iwo Jima come base intermedia per i bombardieri B-29 diretti
su Tokyo e sulle altre città del Sol Levante, ma i giapponesi erano pronti a difenderla fino
alla morte dalle loro posizioni in caverna.
US MARINE FANTE GIAPPONESE
Gli americani usarono metodi poco tradi- Era la prima isola del Paese minacciata dal ne-
zionali. Le ridotte dei giapponesi furono mico. I nipponici sapevano di non uscirne vivi,
messe a tacere con lanciafiamme, cariche ma potevano infliggere un numero enorme di APPOGGIO AEREO
da demolizione o usando i bulldozer per perdite e prefigurare quanto sarebbe costata L’aviazione americana neutralizza le
seppellire vivi i nemici. l’occupazione del Giappone. difese contraeree e bombarda inces-
santemente le posizioni
Elmetto M1 Elmetto d’acciaio del nemico. Ma prima
dell’invasione l’isola era
stata già bombardata
Carabina M1 Pala per 74 giorni.

Sacca maschera Zaino


antigas M5

5 IL 25 FEBBRAIO
Cinturone
salvagente
Giberna
portamunizioni
4 CONQUISTA DEL SECONDO Ci vuole una settimana per
raggiungere la Collina 382
CAMPO D’ATTERRAGGIO
e prendere la posizione più
Dopo il bombardamento navale fortificata di Iwo Jima,
Pinze Borraccia delle posizioni di artiglieria a difesa dal fuoco di
nord del primo aeroporto, i sbarramento dei mortai.
Marines avanzano su un fronte L’operazione viene
Baionetta di 370 metri sotto un diluvio di battezzata “ Tritacarne “.
fuoco di mortai e mitragliatrici.
Lo conquistano alle 13:30 dopo
un intenso bombardamento
Pistola Fucile Arisaka navale seguito da un attacco di
semiautomatica tipo 38 da 6,5 mm mezzi corazzati.
Colt M1911 A1

Calzoni della 2 IL 20 FEBBRAIO, ORE 8:30, CADE IL


divisa di tela PRIMO CAMPO DI ATTERRAGGIO
I Marines sono diretti al primo
aeroporto sotto una pioggia di granate.
Dalle loro posizioni ai bordi della pista, Campo
i giapponesi aprono un pesante fuoco d’atterraggio n. 2
di mitragliatrici. Ma vengono sopraffatti
dagli americani.

3 LA CONQUISTA DEL Campo


MONTE SURIBACHI d’atterraggio n. 1
Il 21 febbraio inizia l’attacco al 19 febbraio
2 4
Soldati e veicoli
monte con mortai, artiglieria e sprofondano nella
lanciafiamme. Nulla di fatto fino al 23, cenere vulcanica
quando i Marines, dopo una battaglia
estenuante, riescono a collocare la
bandiera sulla cima (166 metri slm).
Difese
principali
1 INIZIA LA BATTAGLIA
19 febbraio: dopo un 3 25° Reggimento
bombardamento aereo, le navi
d’appoggio lanciarazzi si avvicinano 23° Reggimento
alla costa e martellano qualche
centinaio di metri di spiaggia con 27° Reggimento
20.000 razzi. Alle 9:00 i primi mezzi
Infografica di Carlos Aguilera e Fabio Riggi

28° Reggimento
da sbarco approdano senza essere 19 febbraio
attaccati dall’artiglieria. Quando i
9.000 soldati sbarcano, su di loro
viene aperto un intenso fuoco di ESI AMER
1 ON ICA
artiglieria dal monte Suribachi. PP
L’unico grande errore commesso dai 5.800
NI
GIA

giapponesi è quello di non attaccare Stazione CADUTI


il nemico durante lo sbarco. radar 17.200
FERITI
20.000
CADUTI
Avanzata Limite Linee di difesa Artiglieria Linea di difesa
americana dell’avanzata giapponesi giapponese secondaria

82
Posizione strategica
Il più grande ostacolo al bombardamento di tutto l’arcipelago
ARMAMENTO IMPIEGATO giapponese era Iwo Jima. Situata a metà strada tra il Giappone
e le isole Marianne, aveva due aeroporti in attività e un terzo
in costruzione. I B-29 che facevano rotta verso nord erano
sotto costante minaccia di attacco da parte dei caccia di stanza
LANCIAFIAMME M2-2 sull’isola. Inoltre, la stazione radar del monte Suribachi pote-
Capacità: 18 litri va allertare sull’arrivo dei bombardieri in Giappone con un
Carburante: napalm - benzina preavviso di due ore.
MITRAGLIATRICE PESANTE TYPE 92 Propellente: azoto
Calibro: 7,7 mm Lunghezza: 1,155 m Accensione: elettrica
Peso: 55 kg Cadenza di tiro: 450-500 colpi/minuto Raggio d’azione: 36 metri
Quando partirono le missioni dei kamikaze, i soldati Permetteva agli americani di avvicinarsi ASIA
nipponici eseguirono il piano del generale Kuribayashi di alle postazioni nemiche per bruciare
difendere fino alla morte la loro posizione usando mitra- vivi gli occupanti dei bunker con il getto Raggio
gliatrici, granate, mortai e artiglieria. Per ogni giapponese fiammeggiante. Operazione che veniva fatta d’azione 42°N
morto dovevano cadere 10 americani. spesso sotto il fuoco dei cecchini giapponesi. dei B-29
Mar del
Giappone
APPOGGIO NAVALE
Il bombardamento comincia tre giorni prima Tokyo
dello sbarco, viene effettuato da squadriglie che si Hiroshima
levano dalle portaerei in zona. Inoltre, i sottomarini
americani impediscono il rifornimento dell’isola.
6 SUL TERZO AEROPORTO Nagasaki AREA DI
OPERAZIONI 1.080 Km
Dopo 30 minuti di fuoco di
artiglieria, i Marines conquistano DEI B-29
l’ultimo campo, ancora in
2.960 Km
495 11 7 costruzione.
NAVI PORTAEREI CORAZZATE
Okinawa
4 PUNTA 7 IL 7 MARZO Iwo Jima
KITANO
INCROCIATORI PESANTI La resistenza nipponica è
selvaggia. Dopo un pesante
8 bombardamento navale, alle
14:00 la base cade.
Base dei caccia
giapponesi
Ultime sacche
di difensori
8 L’11 MARZO Raggio d’azione dei
KITA Fucilieri e guastatori con caccia giapponesi
lanciafiamme e cariche Saipan
da demolizione devono Isole Marianne
NISHI misurarsi con un nemico
disperato. L’azione
Collina dell’artiglieria si riduce Guam
Campo Collina parecchio per il timore di
362-a d’atterraggio n. 3 7 362-C
9 marzo
colpire le proprie truppe. Base dei bombardieri
Usa B-29
6
MOTOYAMA
Riserva 9 IL 24 MARZO
Ultimi tentativi di resistenza: Dalla conquista dell’isola fino alla
i Marines sostenuti dai fine della guerra atterrarono a
mezzi corazzati premono Iwo Jima più di 2.200 B-29 con
24-26 marzo inesorabilmente. Il 24 marzo i problemi tecnici. Se non l’avessero
5 giapponesi sono asserragliati in
Collina
9 un’area ristretta. Le truppe Usa conquistata, sarebbero morti
382
catturano 1.083 prigionieri. oltre 22.000 piloti in incidenti o
Ultime sacche atterraggi di emergenza.
di difensori

PUNTA
Posizione
TACHIIWA
UN INFERNO DI TUNNEL mitragliatrice
MINAMI Quasi tutto il suolo era di roccia vulcanica, Posizione
24 febbraio 1 marzo facile da scavare. I giapponesi costruirono una mortaio
straordinaria rete di gallerie, con postazioni Sacchi di
di artiglieria e bunker, alcuni a più di 24 metri sabbia
di profondità.
FORZE IN CAMPO
LE GALLERIE Posizione
STATI UNITI D’AMERICA In gergo si chiamano “posizioni in caverna”. di tiro
Collegavano fra loro le postazioni di tiro:
Comando: ammiraglio Raymond Forze navali: quando i Marines ne distruggevano una, i
Spruance, tenente generale Holland Smith oltre 500 navi giapponesi si spostavano in un’altra.
Forza aerea: Scalini
Forze terrestri: V Corpo anfibio
(3a, 4a e 5a Div. marines) con oltre circa 1.170 Strato di cenere
75.000 soldati velivoli vulcanica
Botola
nascosta

GIAPPONE
Comando: generale Kuribayashi Forza aerea:
Forze terrestri: circa 21.000 uno stormo di
uomini, 109a Div. fanteria, 2a caccia Roccia
Brigata mista, 145° Rgt. misto, 1 vulcanica
battaglione di carri Trappola

83
UNIFORMI DELLA
Come andarono al fronte i soldati che presero parte al conflitto?

FANTE DELLA 4A PARÀ DELLA 101A DIVISIONE PILOTA DI CACCIA F4 FANTE DELLA 92A DIVISIONE DI MARINE DELLA 1A
DIVISIONE DI AVIOTRASPORTATA WILDCAT FANTERIA “BUFFALO” DIVISIONE MARINE
FANTERIA “IVY” “SCREAMING EAGLE” “BLUE DIAMOND”
UNITED STATES ARMY

PILOTA DI CACCIA FANTE FUCILIERE DELLA PILOTA IN TENUTA MARINAIO DEL 154°
HURRICANE DEI CHINDITS 32A DIVISIONE DI INVERNALE 1943 REGGIMENTO DI
FANTERIA SIBERIANA FANTERIA DI MARINA
BRITISH ARMY VOORUZHONNYYE SILY SSSR

84
II GUERRA MONDIALE
Le uniformi dei grandi eserciti che combatterono fra il 1939 e il 1945

DISEGNI DI G. ALBERTINI
CARRISTA DELLA 1A FANTE DEL REGGIMENTO NAVIGATORE DI PARÀ DELLA 1A DIVISIONE SERGENTE DELLA 51A
DIVISIONE CORAZZATA DUCA DI WELLINGTON BOMBARDIERE AVIOTRASPORTATA DIVISIONE DI FANTERIA
“OLD IRONSIDES” DELLA 1A DIV. DI FANTERIA WELLINGTON “RED DEVILS” “GORDON HIGHLANDERS”
BRITISH ARMY

EFREITOR, INFERMIERA FUCILIERE DELLA CARRISTA DELLA CARRISTA DELLA 3A PANZER- PARÀ DELLA 2A
DELLA 34A DIVISIONE DI 9A DIVISIONE ALPINA 12A DIVISIONE CARRI DIVISION “BERLINER FALLSCHIRMJÄGER-
FUCILIERI DELLA GUARDIA DELLA GUARDIA BÄREN-DIVISION” DIVISION
(FORZE ARMATE SOVIETICHE) WEHRMACHT

85
UNIFORMI DELLA

NAVIGATORE GRANATIERE GRANATIERE DELLA 17A SS UFFICIALE DELLA 76A PILOTA DI


JU 88 P-1 PANZERGRENADIER-DIVISION PANZERGRENADIER-DIVISION DIVISIONE DI FANTERIA “PICCHIATELLO”
BRANDENBURG GÖTZ VON BERLICHINGEN “POTSDAMER” (“STUKA” JUNKERS JU87)
WEHRMACHT

FANTE DELLA 49A UFFICIALE DELLA PILOTA KAMIKAZE PARÀ MARINE DELLA 3A
DIVISIONE DI FANTERIA 22A DIVISIONE DI GIRETSU KUTEITAI YOKOSUKA SPECIAL
BURMA FANTERIA SHANGHAI NAVAL LANDING FORCE
DAI-NIPPON TEIKOKU RIKUGUN (ESERCITO IMPERIALE GIAPPONESE)

86
II GUERRA MONDIALE

ALPINO DELLA PARÀ DELLA 185A DIVISIONE CAVALIERE DEL MARINAIO DELLA
3A DIVISIONE PARACADUTISTI 3° REGGIMENTO X FLOTTIGLIA MAS
ALPINA “JULIA” “FOLGORE” “SAVOIA CAVALLERIA”
REGIO ESERCITO

FANTE DELL’85° REGGIMENTO CACCIATORE DEL 47° BATTAGLIONE DI LEGIONARIO DELLA 13A DEMI- CARRISTA DELLA 1A
DI FANTERIA, 45A DIVISIONE CHASSEURS ALPINS DELLA 28A BRIGADE LEGIONE STRANIERA DIVISIONE
DI FANTERIA DIVISIONE DI FANTERIA ALPINA “PHALANGE MAGNIFIQUE” “FRANCE LIBRE”
FORCES ARMÉES FRANÇAISES

87
UNIFORMI DELLA

FANTE DELLA BRIGATA FANTE DEL REGGIMENTO GURKHA DEL 5° FUCILIERI FANTE DEL 28° FANTE DELLA 5A BRIGATA
EBRAICA DELL’8A ROYAL CANADIAN, 1A DIV. REALI, 8A DIVISIONE BATTAGLIONE MAORI, DI FANTERIA, 2A DIV.
ARMATA BRITANNICA FANTERIA CANADESE FANTERIA INDIANA 2A DIV. NEOZELANDESE NEOZELANDESE
GLI ALTRI ESERCITI

SCIUMBASCI GOUMIER DEL 2° FUCILIERE DELLA 7A MAGGIORE, 3A BRIGATA ARTIGLIERE DEL 21E
(MARESCIALLO) DEL XIV GROUPEMENT DE DIV. DELL’ESERCITO DI MONTAGNA GRECA GROUPE ANTILLAIS
BATTAGLIONE ERITREO TABORS MAROCAINS AUSTRALIANO DE DCA

88
II GUERRA MONDIALE

FANTE DEL TENENTE DEL 2/11° CARRISTA, 6A DIVISIONE ALPINO AUSTRIACO, COSACCO DEL XV
REGGIMENTO REGGIMENTO SIKH, 4A DIV. CORAZZATA SUDAFRICANA 3A GEBIRGS-DIVISION SS-KOSAKEN KAVALLERIE
RHODESIANO FANTERIA INDIANA KORPS

FUCILIERE DEL 2° FUCILIERI FANTE, 3A DIVISIONE FANTE 13A WAFFEN- CAPORALE DEL IV FANTE DELLA NUOVA 4A ARMATA
DI MONTAGNA UNGHERESI FUCILIERI DEI CARPAZI GEBIRGS-DIVISION DER BTG. DI FANTERIA DELL’ESERCITO RIVOLUZIONARIO
SS “HANDSCHAR” “MERGHEB” (LIBIA) NAZIONALE (CINA)
GLI ALTRI ESERCITI

89
1944-75 INDOCINA GIAPPONESI, FRANCESI, USA-VIETNAMITI

NELLA GIUNGLA
DEL VIETNAM Giapponesi, francesi e americani...
Così un’armata di guerriglieri contadini sconfisse
i più formidabili eserciti regolari

TROVA E
DISTRUGGI
A metà degli Anni ’60,
nel nord della località di
Qui Nhon, Vietnam del
Sud: pattuglia della 1ª
divisione di cavalleria
americana in missione
“Search and destroy”.

90
N
el Sud-est asiatico la guerriglia ha origini lontane. prese ebbero ragione delle potenti truppe statunitensi. Co-
Si può dire che sia nata nel XV secolo, quando il me quando, nella tarda primavera del 1966, una divisione di
comandante ribelle e poi imperatore vietnamita fanteria americana era stata dislocata in Vietnam, a presidio
Le Loi (1385-1433) combatteva gli occupanti ci- della strada verso Saigon. L’area, conosciuta come “il trian-
nesi nascondendosi con i suoi soldati in lunghe gallerie scava- golo di ferro”, era considerata una zona calda per la mas-
te per chilometri sotto i villaggi, dalle quali usciva per colpir- siccia presenza di attività del Fronte nazionale di liberazio-
li di sorpresa. Una storia che ha attraversato i secoli e che è ar- ne del Vietnam del Sud. Si trovava in un’immensa foresta di
rivata fino all’epoca moderna. Fino alla Seconda guerra mon- 150 chilometri quadrati poco popolata, vicina al confine con
diale e oltre. Gli esempi sono numerosi, le tecniche sono via via la Cambogia dove arrivava il “sentiero di Ho Chi Minh”, una
cambiate, le azioni si sono infittite, ma la guerriglia in Estre- straordinaria opera logistica fatta di strade carrozzabili e sen-
mo Oriente è quasi sempre riuscita ad avere ragione di eserciti tieri che per oltre 20mila chilometri portava uomini, riforni-
estremamente organizzati e ricchi di uomini e materiali tecno- menti e armi ai vietcong, i guerriglieri comunisti.
logicamente avanzati. Dalla cosiddetta Guerra d’Indocina con- Trappole micidiali. Gli uomini della divisione, accom-
tro gli occupanti francesi, che si concluse con l’abbandono del- pagnati da un grande spiegamento di forze, mezzi corazzati e
la Francia dei territori orientali dopo cent’anni di occupazione, dagli elicotteri, erano di continuo impegnati in operazioni “se-
fino alla Guerra del Vietnam contro gli Stati Uniti, che dopo un arch and destroy” (cerca e distruggi) volte a snidare il nemico
ventennio furono costretti a ritirarsi sconfitti. con una potenza di fuoco che pochi eserciti al mondo poteva-
Una sconfitta, quella degli Usa, determinata ancora una no mettere in campo. Ma il più delle volte i guerriglieri non si
volta dall’impegno dei guerriglieri vietnamiti, che a più ri- trovavano. Qualche combattimento c’era anche stato ma poi

© BETTMANN/CORBIS
i vietcong si erano dileguati, spesso non lasciando sul campo te dai guerriglieri vietminh e ora dai vietcong. Gallerie e trap-
nemmeno i propri caduti. I soldati americani, al contratrio, era- pole erano parte fondamentale delle tattiche della guerriglia.
no colpiti da uno stillicidio di perdite e feriti dovuti soprattut- C’è da dire che i vietnamiti, per natura, non sono particolar-
to alle “booby traps”, ingegnose trappole costruite con bombe a mente bellicosi, ma intere generazioni si sono dovute confron-
mano, esplosivo o semplici pali di bambù acuminati, che i viet- tare con la battaglia, soprattutto a cavallo tra la Seconda guer-
cong avevano sparso sui sentieri, nei torrenti e in tutte le zone ra mondiale e gli Anni ’70 del secolo scorso. Intere popolazioni
di passaggio obbligato. che si sono sempre dovute difendere seguendo le proprie tra-
Questi congegni avevano un grande impatto psicologico sui dizioni di lotte popolari, condotte sempre in condizioni di in-
giovani americani, e creavano grande insicurezza durante le feriorità, contro un nemico molto più forte.
operazioni. Una delle più micidiali era una palla di fango es- I primi nuclei di contadini avevano incominciato già nel 1944
siccato contenente punte di bambù: legata a una liana, era col- a organizzarsi per opporsi alle requisizioni di riso o al lavoro
legata a un meccanismo a scatto attraverso il sentiero; quando forzato imposto dagli invasori giapponesi che si erano sostitu-
un soldato vi inciampava, la palla scattava infliggendogli gra- iti per un breve periodo ai francesi. Due anni dopo, il Comitato
vi ferite. I bambù erano anche spesso spalmati di escrementi, nazionale di liberazione guidato dal Vietminh (la lega di ma-
per infettare le ferite. trice comunista) controllava buona parte del Nord del Paese e
Le trappole erano costruite più per ferire che per uccidere, voleva l’indipendenza anche dagli antichi occupanti, i francesi.
creando problemi ulteriori ai soldati americani: per ogni feri- La lunga marcia di Mao. Ho Chi Minh, futuro premier
to da evacuare e curare era necessario l’intervento di almeno e presidente vietnamita, insieme a grandi comandanti come
una quindicina di altri uomini. Nguyen Giap, organizzò la lotta seguendo la dottrina della
Guerrieri per forza. Nella zona era presente, già dal- “guerra popolare” messa in pratica da Mao Zedong nella vici-
la guerra contro i francesi, una piccola ma efficiente strut- na Cina, combattendo contro Ciang Kai-shek e contro i giap-
tura sotterranea fatta di gallerie, dormitori, cucine, depositi. ponesi. Le tattiche predilette da Mao per il suo esercito popo-
Inizialmente scavate dalla popolazione per nascondersi dal- lare erano quelle del mordi e fuggi: attaccare il nemico quando
le rappresaglie francesi, in seguito le gallerie erano state usa- più era debole, ritirarsi quando era forte, molestarlo quando si
riposava e non dargli tregua quando era in ritirata.
Nel 1934 le truppe di Mao, circondate dagli uomini del Kuo-
CON I DENTI mintang (il partito nazionalista cinese), con queste tattiche era-
E I FUCILI no riuscite in un’epica impresa: sganciarsi e ritirarsi, combat-
Guerriglieri vietcong
tendo in una “lunga marcia” durata più di un anno attraver-
in combattimento
nella zona del Quang so regioni impervie e diciotto catene di montagne, nella quale
Tri-Thua Thien sconfissero decine di volte il nemico.
durante la Guerra del Anche Ho Chi Minh avrebbe messo in pratica gli insegna-
Vietnam (1968). menti di Mao con una lotta di movimento, frazionata, ma
costante. È in questo modo che avrebbero operato i suoi
vietminh. I guerriglieri si spostavano in continuazione
nella giungla con tappe di 40-50 chilometri, anche di
notte, portando con sé tutto l’equipaggiamento, l’ac-
qua, i viveri e parti delle armi pesanti; colpivano il
nemico dove meno se lo aspettava, indebolendolo
anche nel morale. Nel luglio del 1954, grandemente
rafforzato, il Vietminh batté definitivamente i fran-
cesi in una vera battaglia campale, a Dien Bien Phu.
La palla passa ai vietcong. Questa espe-
rienza quasi trentennale nella guerra non conven-
zionale venne poi utilizzata anche dai vietcong,
durante il successivo conflitto degli Anni ’60 e ’70
per liberare il Vietnam del Sud, alleato dei potenti
Stati Uniti. I vietcong sapevano bene che una guer-
ra tradizionale era impossibile contro la schiac-
ciante superiorità del nemico, se non con armi ade-
guate e un altissimo numero di perdite, perciò sfruttarono fino
in fondo il loro addestramento al combattimento individuale.
Pur essendo organizzati secondo canoni militari tradizionali,
con unità organiche più che con una serie di bande irregolari
autonome, i guerriglieri agivano in piccoli gruppi agendo con
azioni di sorpresa in uno stillicidio continuo e prolungato nel
tempo. Così facendo riuscivano a indebolire moralmente ma
anche militarmente i soldati americani e sudvietnamiti crean-
GETTY IMAGES

do loro un numero altissimo di perdite.

92
La lotta popolare dei vietcong, sempre seguendo la dottri- dini e poi nascoste vicino alle basi da attaccare, dove le recu-
na di Mao, era accompagnata anche da una capillare azione peravano i combattenti, anch’essi arrivati nella zona in piccoli
di propaganda politica e di informazione verso la popolazio- gruppi senza armi, mescolati alla gente del posto.
ne, sua principale fonte di reclutamento, di rifornimenti e di Spostandosi di villaggio in villaggio, i guerriglieri allargava-
aiuti per i cosiddetti “combattenti dell’ombra”. In pochi anni i no la loro zona di influenza, di reclutamento, di rifornimento e
vietcong, dai circa 5mila che erano all’inizio, passarono a ol- si impossessavano gradualmente di buona parte del Paese cre-
tre 40mila uomini. ando zone per loro sempre più sicure. Americani e sudvietna-
Vincere, prima o poi. Oltre alle considerazioni pretta- miti non riuscivano ad avere il completo controllo del territo-
mente militari, agivano anche altre motivazioni nell’esercito rio, se non nei grandi centri urbani; la giungla, le montagne, i
di liberazione: per un vietnamita la fretta era poco importan- villaggi erano – soprattutto di notte – il regno di Charlie, come
te, convinto com’era che se non fosse stato lui a vincere, l’avreb- gli americani chiamavano i vietcong. In una guerra in cui il ne-
bero fatto i suoi figli o i suoi nipoti. Perciò guardava al futuro mico aveva una enorme potenza ed era capace di radere al suo-
con sicurezza e determinazione, la vittoria sarebbe comunque lo intere zone, le basi dei vietcong avrebbero potuto sopravvi-
arrivata, magari ad anni di distanza. Intanto lavorava e com- vere solo all’interno della giungla. Per questo i nordvietnamiti
batteva per costruire tutte le premesse per portare a buon fine crearono in tutto il Paese una miriade di postazioni sotterra-
i suoi sforzi, creando infrastrutture necessarie alla guerriglia, nee collegate da un dedalo di tunnel: vere città nelle quali na-
organizzare una rete di spie e di simpatizzanti per promuove- scondersi e dalle quali uscire per sferrare l’attacco.
re tutto quello che serviva alla causa. Con queste tecniche, battuti i francesi, i piccoli guerriglieri
I vietcong inoltre potevano disporre di un territorio che co- che vivevano sottoterra, e campavano con poche manciate di
noscevano, in cui spostarsi velocemente per colpire a più ri- riso, avrebbero avuto ragione anche dello strapotere militare
prese il nemico; lo spazio era l’elemento nel quale si muoveva- Usa e nel 1975 sarebbero entrati a Saigon, unificando il Paese
no come fantasmi, senza essere distinti dalla popolazione lo- e infliggendo al morale degli Stati Uniti un colpo che ancora, a
cale che li aiutava, nascondendoli e rifornendoli. Le armi erano distanza di oltre quarant’anni, stenta a essere dimenticato. d
spesso trasportate da insospettabili ragazzini, donne o conta- Arnaldo Tandini

LE ARMI
DEL NEMICO
M113 della 25ma
Divisione di Fanteria
Usa a Cholon (un
sobborgo di Saigon),
BETTMANN/CORBIS

durante l’offensiva del


Tet (1968).
1948 LATRUN ARABI-ISRAELIANI

L’ÉLITE
DEL DESERTO
La Legione araba fu il corpo scelto di Abdullah di Giordania
e riuscì a segnare la prima grande sconfitta di Israele

GETTY IMAGES

TERRA DI
CONQUISTA
Pattuglia del Camel
Corps della Legione
araba nel deserto
(1952). A destra, i
Legionari con la loro
kefiah. Solitamente
erano dotati di
fucili britannici Lee-
MAGNUM / CONTRASTO

Enfield.

94
D
a novembre 1947 non cessavano gli scontri. Era- mente ed era chiara anche a loro l’importanza dello snodo di
no soprattutto azioni di guerriglia che, secondo i Latrun e dei villaggi circostanti, fulcro dell’imminente batta-
palestinesi, avevano uno scopo ben preciso: im- glia. È a questo punto che, dopo aver fatto ritirare le forze rac-
pedire la nascita dello Stato di Israele. Causa sca- cogliticce di Fawzi al-Qawuqji, entrò in campo nell’area un’u-
tenante degli scontri più duri fu la Risoluzione di novembre nità transgiordana di tutto rispetto, addestrata e comandata da
dell’Onu che, per risolvere l’annoso conflitto, decise di divi- ufficiali inglesi; l’unico reparto davvero in grado di contrastare
dere il mandato britannico sulla Palestina in due Stati, uno efficacemente le forze dell’Haganah: la Legione araba.
arabo e uno ebraico. Fu così che le azioni militari si intensifi- La nascita della Legione risale al tempo della Grande guer-
carono, fino a sfociare in una guerra vera e propria, la Guer- ra, quando T.E. Lawrence, più noto come Lawrence d’Arabia,
ra arabo-israeliana del 1948. aveva formato una prima armata beduina autonoma, che sot-
Gerusalemme si trovò a un certo punto completamen- to il suo comando contrastava i turchi con tecniche di guerri-
te isolata, nel cuore del territorio sotto controllo arabo. L’u- glia. Nel 1918 Lawrence e i suoi “legionari” entrarono tra i pri-
nica via di comunicazione per la città, distante circa 15 chi- mi a Damasco, ma con i patti di Parigi e Sanremo, che aveva-
lometri, passava per Latrun e dunque era uno snodo fonda- no definito nuovi assetti in quell’area, i sogni arabi si spensero
mentale per il suo rifornimento. La cittadina domina dall’alto e i reparti si sbandarono. Alcuni però sopravvissero militar-
la valle di Ayalon e controlla il passaggio verso Gerusalem- mente con l’emiro ascemita Abdullah, al quale gli inglesi ave-
me. Già i crociati avevano capito la sua grande importanza vano assegnato la Transgiordania, emirato a est della Palestina.
strategica, ma la sua posizione divenne cruciale durante la Il primo nucleo. Qui, negli anni ’20, alcune cose cam-
Guerra arabo-israeliana: Latrun si trovava nella zona asse- biarono. I patti stipulati da Abdullah con Londra prevede-
gnata allo Stato arabo dal Piano di partizione deciso dalle Na- vano infatti che per assicurare l’ordine nella regione, di fatto
zioni Unite. senza controllo, fosse costituto un piccolo ma efficiente eser-
All’inizio delle ostilità i comandanti israeliani non cito di beduini al comando di ufficiali britannici. Come con-
avevano dato a questa cittadina grande impor- sigliere militare di Abdullah venne inviato sul posto il capita-
tanza strategica; se ne resero conto solo più no Frederick Gerard Peake, già ufficiale dell’Egyptian Ca-
tardi, nel maggio 1948 quando, nella più to- mel Corps, che aveva combattuto anche con Lawrence. Pe-
tale indifferenza dei soldati inglesi che sta- ake doveva formare le
vano completando il ritiro dalla Palestina, forze trangiordane
le forze dell’Esercito arabo di liberazio- che sarebbero poi
ne (o Esercito arabo di salvezza, cre- diventate famose
ato in Siria dalla Lega araba e che appunto come Legione araba.
comprendeva, oltre a soldati arabi, I veterani di Lawrence ne costi-
anche alcune centinaia di diserto- tuirono l’ossatura e dal primo centi-
ri britannici) avevano preso il con- naio di uomini si arrivò presto al mi-
trollo della zona e colpivano rego- gliaio. Per pattugliare lo sterminato confi-
larmente i convogli dei rifornimenti ne con l’Arabia Saudita furono creati reparti
diretti a Gerusalemme Ovest. a cavallo e cammellati, copia esatta di quelli utilizza-
Reparto speciale. Gli israelia- ti da Lawrence anni prima.
ni inviarono alcuni battaglioni del- Già da subito la Legione fu impegnata a stroncare
le Brigate Harel e Givati per libera- una ribellione interna e a difendere Amman da un’in-
re l’area ma, dopo alcune iniziali pe- vasione di arabi sauditi. Ma l’impiego regolare della
netrazioni nelle posizioni nemiche, Legione arrivò nei primi anni Trenta, quando le fu asse-
si dovettero ritirare per schierarsi gnato, come vice di Peake, il giovane maggiore John
più a sud e nei dintorni di Gerusa- Bagot Glubb, che a soli 33 anni era già un esperto
lemme, a causa dell’invasione delle ufficiale e un veterano di guerra. Egli applicò alla
forze arabe in Israele dopo il ritiro Legione le tattiche della guerriglia e della “guer-
degli inglesi. ra lampo” e, dopo averne preso il comando nel
La presenza nella zona degli ara- 1939 col nome di Glubb Pascià, fece in mo-
bi si stava rafforzando continua- do di motorizzarla e dotarla di armi all’avan-
guardia, come mitragliatrici, artiglieria e un
reparto del Genio.
IL LEGIONARIO La Legione era armata ed equipaggiata
Nel 1948 gli uomini di Glubb all’inglese, ma portava come copricapo la
Pascià erano equipaggiati con tradizionale kefiah beduina bianca e rossa.
materiale inglese risalente alla Divenne un’élite nell’intero panorama mi-
Seconda guerra mondiale. Il litare dell’area: rifornita con i materiali e i
sergente qui a lato indossa un
cavalli migliori del Paese, era composta – ol-
Battle Dress mod. 40 in panno
e imbraccia un mitragliatore tre agli ufficiali inglesi – da uomini sceltis-
americano Thompson, fornito simi, non solo come soldati, ma anche
G. RAVA

ai britannici durante la guerra. per estrazione sociale.

95
BATTAGLIA DI LATRUN
Strada per Lydda/ Tel-Aviv
Confini del territorio controllato
da Israele a maggio 1948
Territorio controllato
da Israele a luglio 1948
Territorio controllato
dalla Legione araba (4°
Reggimento) a maggio 1948
Territorio controllato dalla
Legione araba a luglio 1948
Roccaforte
Monastero
Latrun

Strada per
Gerusalemme
Burma Road

S. STANLEY
Primi di maggio 1948: dopo mesi di direttrici, ma sono di nuovo costretti permette ai convogli di rifornire Geru- 18 luglio/15 ottobre: seconda tregua
guerriglia fra arabi ed ebrei, l’Esercito a ritirarsi. salemme Ovest. Onu, ma a settembre proseguono
arabo di liberazione occupa la zona 8/9 giugno: con un continuo tiro 11 giugno/8 luglio: l’Onu stabili- scaramucce attorno a Latrun.
attorno a Latrun. d’artiglieria parte l’Operazione sce una prima tregua nel conflitto 26 settembre: il governo d’Israele
8 maggio/15 maggio: l’Haganah Yoram. L’attacco è al centro dello arabo-israeliano. decide di sospendere gli attacchi a
lancia l’Operazione Maccabei: schieramento, con manovre diversive 15/18 luglio: nella seconda fase Latrun, che rimane in mano giordana;
l’intenzione è quella di riprendersi al nord. Due contrattacchi giordani dell’Operazione Dani, sono lanciati al- sarà occupata dall’Israel Defence
l’area. Le forze israeliane in un primo rendono vana l’operazione. tri due impegnativi attacchi a Latrun Forces solo anni dopo, nel 1967.
momento ci riescono, ma poco dopo 10 giugno: viene completata la (uno un’ora prima della tregua), ma Febbraio/luglio 1949: vengono firma-
l’abbandonano. Burma Road tra le montagne, che senza esito. no armistizi separati tra i belligeranti.
14 maggio: viene dichiarata unila-
teralmente la nascita dello Stato di
Israele.
15 maggio: gli inglesi ritirano le trup-
pe dalla zona, in concomitanza della
scadenza del mandato britannico sul-
la Palestina. L’Onu sancisce la nascita
di Israele e lo stesso giorno i Paesi
arabi entrano in guerra.
23 maggio: scatta l’Operazione isra-
eliana Ben Nun-Alef verso Latrun che
però si risolve in un fallimento.
30/31 maggio: gli israeliani, che ora
controllano uno stretto corridoio tra il
mare e Gerusalemme, fanno scattare
l’Operazione Ben Nun-Bet, su due

AUTOBLINDO
Truppe meccanizzate della Legione
araba, montate su autoblindo
GETTY IMAGES

Marmon-Herrington Mk IV.

96
Durante la Seconda guerra mondiale Glubb poté dimostra- 1945 aveva lasciato l’esercito britannico e comandava la Le-
re pienamente l’importanza militare di quella che praticamen- gione araba da semplice civile. In poco tempo, grazie anche a
te era la sua creatura. Affiancando i britannici, nel 1941 repar- un reclutamento nel Regno Unito, dove la Legione aveva aper-
ti della Legione araba conquistarono la città di Baghdad in un to un ufficio, la situazione si ristabilì. Ai ranghi si aggiunsero
Iraq nazionalista filo-germanico e poi ancora, nella Battaglia di altri soldati e ufficiali inglesi che, già rimpatriati, vi rientrava-
Palmyra (1941), in Siria, sconfissero le truppe francesi di Vichy no per vie traverse.
lì stanziate, catturandone tutta la guarnigione. attacchi a vuoto. Quando l’Haganah tentò una seconda
Alla fine della guerra la Legione contava circa 8.000 uomi- offensiva a fine maggio, la Legione era pronta: anche stavolta la
ni. Grazie anche a queste prove dei suoi soldati, nel 1946 la difesa fu accanita e la sconfitta israeliana inevitabile. Le truppe
Transgiordania ottenne la completa indipendenza e da emi- d’Israele, sempre più rafforzate, ci riprovarono altre tre volte,
ro Abdullah ne divenne il sovrano. La Legione era il suo fio- spesso con sanguinosi attacchi frontali. Inutilmente. Le posi-
re all’occhiello. Ma la risoluzione dell’Onu che divideva in due zioni attorno a Latrun, difese dai legionari, erano imprendibi-
la Palestina contesa da arabi ed ebrei, nonché la prossima sca- li. Gli israeliani, dopo cinque attacchi senza successo nel giro
denza del mandato inglese, addensavano sulla regione fosche di pochi mesi, desistettero da ulteriori sforzi preferendo aggi-
nubi di guerra. rare l’ostacolo e rifornire Gerusalemme tramite una strada co-
La Legione si trovava in una posizione anomala: da un la- struita appositamente e con enormi sforzi più a sud, attraver-
to era da sempre un repar- so le montagne, chiamata
to ausiliario degli stessi in- IL MEZZO “Burma Road”.
glesi; dall’altro era la punta di 1941, un membro della Legione Nella guerra del 1948
diamante delle forze armate araba sul suo dromedario, mezzo la Legione fu la sola forza
della Transgiordania, che fa- ideale per spostarsi nel deserto. araba a sconfiggere l’eser-
ceva parte della Lega araba cito israeliano, nei cui qua-
apertamente anti-israeliana. dri combattevano anche
Questa posizione permette- molti reduci della Shoah.
va però alcune scappatoie e Latrun, considerata da al-
la Legione, con Glubb Pa- cuni la più grande sconfit-
scià in testa, faceva un po’ da ta isreaeliana di sempre, ri-
ago della bilancia consenten- mase sotto controllo gior-
do anche una certa media- dano per quasi vent’an-
zione politica tra i vari con- ni, fino alla Guerra dei sei
tendenti, per tentare di evi- giorni del 1967.
tare un conflitto. Ma ormai Nel 1951, con l’assassi-
i giochi erano fatti e la guer- nio di re Abdullah e l’asce-
ra non si poteva fermare. A sa al trono del figlio Talal,
questo punto era chiaro che non completamente sano
con la fine del mandato bri- di mente, anche la Legio-
tannico la Legione avrebbe ne araba iniziò la sua de-
potuto solo schierarsi in fun- cadenza. Il Paese era sem-
zione anti-israeliana. pre più disgregato quando
Cuscinetto. Rinforza- nel 1953 salì al potere il di-
ti da armamenti recupera- ciassettenne Hussein. In-
HULTON-DEUTSCH COLLECTION

ti a opera di Glubb dai suoi fluenzato dal vento nazio-


amici inglesi in smobilitazio- nalista proveniente dall’E-
ne, i legionari attraversano gitto di Nasser, nel 1956 il
il Giordano e si schierano a nuovo re allontanò il vec-
Latrun tra il 15 e il 17 mag- chio Glubb Pascià e tut-
gio del 1948. In teoria avreb- ti gli ufficiali inglesi, unì la
bero dovuto fare solo da cuscinetto e “attaccare solo se attac- Legione alla Guardia nazionale e diede vita all’Esercito giorda-
cati”; in pratica le cose andarono diversamente. Glubb inviò no. La Legione araba, di fatto, non esisteva più, anche se il no-
anche a Gerusalemme un battaglione, che cacciò gli israeliani me avrebbe indicato ancora per anni l’intero esercito di Hus-
dai quartieri arabi e da quello ebraico della Città Vecchia. In- sein. Non così la sua leggenda: durante la battaglia di Amman
tanto rafforzò l’area con un’intera brigata e quando il 23 mag- del 1970 contro i guerriglieri palestinesi dell’Organizzazione
gio gli israeliani, che non avevano ben chiara l’entità delle for- per la liberazione della Palestina (OLP), sui calci dei fucili di
ze nemiche, lanciarono l’Operazione Ben Nun verso la punta molti veterani addestrati dagli inglesi si vedeva la foto del re. E
avanzata di Latrun, furono rapidamente sconfitti. ancora ai giorni nostri si possono incontrare uniformi e tradi-
Il 27 maggio però, con un’inversione di tendenza legata agli zioni della Legione araba: sopravvivono in un piccolo reparto
equilibri che si stavano delineando nell’area, il governo di Sua di beduini (la cosiddetta Beduin Police) che pattuglia la zona
Maestà ritirò gli ufficiali inglesi dalla Legione. Questa rima- tra Amman e il confine con Iraq e Arabia Saudita.  d
se senza quadri di comando, a parte lo stesso Glubb che dal Federico Nascimbene

97
1950-53 COREA NORD-SUD

PROVE DI
GUERRA FREDDA
L’invasione dei nordcoreani ai danni della Corea del Sud determinò
un conflitto che mise l’uno contro l’altro Paesi un tempo alleati. E aprì
un’epoca che tenne il mondo col fiato sospeso

FORZE IN CAMPO
A sinistra, soldati
nordcoreani
all’offensiva in una
foto di propaganda.
A destra, truppe delle
Nazioni Unite (in
particolare marines
americani) per le vie di
Seoul, capitale del Sud.
PHOTOSER

N
el giugno del 1950 Kim Il-sung aveva da poco com- fanteria e una divisione corazzata attraversarono la frontiera di-
piuto 38 anni. Era nato nel 1912 da una famiglia rette a sud. Ancora oggi a Seoul la guerra iniziata a quel modo è
di modeste condizioni, in un villaggio vicino a detta “6·25” (cioè 25 giugno). Per tutto il resto del mondo, fu la
Pyongyang. I suoi erano ferventi presbiteriani, e il Guerra di Corea.
piccolo Kim aveva imparato presto a suonare l’organo in chiesa. Il prologo. All’invasione Kim Il-
Era però cresciuto in Cina, dove la famiglia si era rifugiata: qui sung si stava preparando da tempo. Fra
aveva aderito al Partito comunista, aveva partecipato alla guerri- il 1946 e il 1949 oltre 10mila giovani ufficiali coreani
glia contro i giapponesi che avevano invaso la Cina Settentriona- erano stati mandati in Urss a studiare nelle scuole militari.
le, e quindi si era trasferito in Urss, dove sarebbe diventato capi- Era stata istituita la leva obbligatoria e, nello stesso 1949, due
tano dell’Armata Rossa. Dal 1948 era – proprio su “nomina” so- divisioni di volontari che avevano combattuto in Cina a fianco
vietica – primo ministro della Corea del Nord, formalmente la di Mao Tse-tung, contro i nazionalisti di Chiang Kai-shek, era-
Repubblica democratica popolare di Corea, una delle due parti no rientrate in patria: 40mila uomini perfettamente addestrati.
in cui il Paese era stato diviso alla fine della Seconda guerra mon- All’inizio dell’anno il fiore delle forze armate nordcoreane era
diale. Alle 4:00 del mattino del 25 giugno, all’alba di una dome- già concentrato a ridosso del confine: circa 150mila uomini, 280
nica piovosa, Kim Il-sung ordinò alle batterie poste lungo il 38° carri armati e 210 aerei da combattimento. Che cosa aspettava-
parallelo di aprire il fuoco. Pochi minuti dopo, dieci divisioni di no? Benché la decisione fosse ormai presa, condivisa da Mao e

98
CORBIS
IL CONFLITTO IN QUATTRO ATTI
I PARTECIPANTI
Nel corso della guerra si affron- Corea del Nord
CINA 1. L’INVASIONE
tarono le truppe accorse a difesa Kanggye Chogjin
Giugno 1950. Le forze armate della Corea del Nord dilagano al
della Corea del Sud, su richiesta Sud. La capitale Seoul, a una cinquantina di chilometri dal 38°
Territori Sinuiju parallelo, resiste tre giorni. Dal Giappone cominciano ad arrivare
dell’Onu, e quelle di Corea del occupati dai Hungnam
Nord, Cina e – in misura ridotta nordcoreani le prime truppe americane, che però serviranno solo a gestire una
PYONGYANG Mar del ritirata organizzata. Malgrado la loro superiorità aerea, gli alleati
– Unione Sovietica. Ecco alcune Wonsan Giappone
stime, a conflitto terminato: non riescono a fermare l’avanzata nordcoreana. Alla fine, tuttavia,
Corea del Sud 38° N
Forze Onu Circa 1.180.000 ef- dopo una durissima battaglia sul fiume Naktong, gli invasori sono
Inchon bloccati. Ad americani e sudcoreani resta il controllo del cosiddet-
fettivi: Corea del Sud (591mila), SEOUL Kangnung
Stati Uniti (480mila), Regno Unito Offensiva to “perimetro di Pusan” nel Sud-Est del Paese: un ritaglio di terra
nordcoreana Mar Taejon lungo 140 chilometri e largo 90, affacciato sullo stretto che divide
(63mila), Canada (27mila), Austra- Giallo Taegu
lia (17mila) oltre a contingenti più la Corea dal Giappone. Tutti gli attacchi comunisti si infrangono su
Risposta forze Kwangju questo ultimo fronte, mentre cominciano ad arrivare i rinforzi, via
piccoli di Filippine, Turchia (sotto, Pusan
Nazioni Unite mare e via cielo.
artiglieri turchi issano la bandiera (Onu)
del loro Paese), Francia, Grecia, GIAPPONE
Belgio, Paesi Bassi, Lussembur-
go, Nuova Zelanda, Sudafrica,
Thailandia, Colombia ed Etiopia. Corea del Nord
CINA 2. LA RICONQUISTA
Il Giappone garantì supporto na- Kanggye Chogjin
Settembre 1950. Il generale MacArthur pianifica il contrattacco:
vale. Inviarono aiuti sanitari India, uno sbarco in grande stile presso Inchon, nel Mar Giallo, a ridosso
Danimarca, Norvegia e Svezia. Corea del Sud Sinuiju del 38° parallelo. Lo scopo? Prendere alle spalle le armate nordco-
L’Italia, pur non essendo ancora Hungnam
reane, che sono 200 chilometri più a sud, intrappolarle e tagliare
Paese membro dell’Onu (lo sareb- Territori con- PYONGYANG Mar del loro le linee di rifornimento, ormai allungate. L’operazione riesce,
trollati da forze Wonsan Giappone
be stato solo dal 1955), inviò un mentre contemporaneamente, da Pusan, si avvia la controffen-
Onu 38° N
ospedale da campo. Inchon siva (tra le battaglie più sanguinose del conflitto). La ritirata dei
Paesi comunisti Circa 1.570.000 Kangnung nordcoreani è rovinosa e caotica. In due settimane tutta la Corea
Controffensiva SEOUL
effettivi: Corea del Nord (750mila), del Sud è liberata e iniziano i bombardamenti sul Nord. Il 9 ottobre
forze Onu Mar Taejon
Cina (780mila), Urss (26mila). Giallo gli alleati passano il 38° parallelo, il 19 ottobre si impadroniscono
Taegu della capitale nordcoreana Pyongyang e il 26 ottobre raggiungo-
Preparativi Kwangju no il fiume Yalu, quasi al confine con la Cina. Guerra finita? Tutt’al-
cinesi Pusan
tro: da tempo i cinesi stanno concentrando truppe al confine.
GIAPPONE

Corea del Nord


CINA
3. L’INTERVENTO CINESE
Kanggye Chogjin Novembre 1950. Sono oltre 850 mila i “volontari” dell’Esercito
Territori
popolare cinese ammassati a ridosso del fiume Yalu. Il generale
Sinuiju MacArthur non crede a un loro intervento massiccio, e invece
controllati dai Hungnam
nordcoreani Mar del
la notte del 25 novembre l’attacco è devastante: 300mila cinesi
PYONGYANG
Giappone si abbattono – con la tattica della “valanga umana”, irresistibile
GETTY IMAGES

Wonsan
Corea del Sud 38° N anche se comporta perdite enormi – sulle linee alleate. L’esercito
Inchon
sudcoreano è subito in rotta, mentre quello americano riesce
SEOUL Kangnung a organizzare efficacemente la ritirata: sarà la più grande della
LE PERDITE Offensiva
nordcoreana Mar Taejon propria storia, con circa 100mila soldati e 17.500 veicoli evacua-
Forze Onu Circa 370mila, fra morti e cinese Giallo
Taegu ti da 109 navi. Il 5 dicembre cinesi e nordcoreani riprendono
e feriti. Pyongyang. Il 4 gennaio 1951 sono nuovamente a Seoul. L’avan-
Kwangju zata è però lenta, perché la scarsa struttura logistica cinese non
Paesi comunisti Da 1.100.000 a Evacuazione Pusan
1.400.000 morti e feriti, a seconda forze Onu consente operazioni fulminee.
delle stime. GIAPPONE
Civili Circa 2 milioni di morti e fe-
riti, tra Sud e Nord del Paese.
Corea del Nord
CINA 4. STABILIZZAZIONE E FINE
Kanggye Chogjin Gli alleati si riorganizzano e nel marzo 1951 riconquistano Seoul.
Inizia una lunga guerra di posizione sul 38° parallelo: per due anni
Corea del Sud Sinuiju il conflitto si trascina fra attacchi e contrattacchi e ricorda la guer-
Hungnam
ra di trincea del ’15-’18. In aprile il presidente americano Truman
Linea di PYONGYANG Mar del
frontiera esonera il generale MacArthur (che chiedeva di poter usare le armi
Wonsan Giappone atomiche contro la Cina) temendo un allargamento del conflitto. Il
sancita
dall’armistizio Panmunjom 38° N
dominio dei cieli da parte degli alleati è comunque assoluto: tutti
del 27 luglio Inchon gli aeroporti nordcoreani sono cancellati, e anche quelli cinesi
1953 SEOUL Kangnung
Mar vengono rasi al suolo, mentre iniziano i negoziati per l’armistizio.
Giallo Taejon Dopo una tale operazione di “ammorbidimento” (a fine conflitto si
Taegu conteranno 177mila tonnellate di bombe sganciate sul Nord) il 27
Kwangju luglio 1953, a Panmunjom, i comandanti militari dei Paesi coinvol-
Pusan
ti firmano l’armistizio.
GIAPPONE
100
con un “appoggio esterno” – come si direbbe oggi – di Stalin (che Capovolgimenti di fronte. Gli storici dividono la Guer-
però tenne l’Urss fuori dal conflitto diretto, tanto che alla fine, ra di Corea, dal 25 giugno 1950 al 27 luglio 1953, giorno dell’ar-
in quel bagno di sangue, i russi uccisi sarebbero stati solo 282) mistizio, in quattro fasi (v. schema nella pagina a fianco). Nel-
Kim Il-sung stava ancora alla finestra: nella Corea del Sud era- le prime tre il conflitto fu rapido e pieno di rovesciamenti di
no infatti in corso azioni di guerriglia organizzate dal partito co- fronte: nel giro di 12 mesi i nordcoreani conquistarono prati-
munista locale con il supporto di almeno 5mila “partigiani” in- camente tutto il Sud, poi furono ricacciati e perdettero anche
filtrati dal Nord. Era dunque necessario attenderne l’esito. Solo quasi tutto il Nord, quindi intervenne l’esercito cinese e buona
quando, nella tarda primavera, ci si rese conto che la rivolta non parte del Sud venne ripreso dai comunisti, destinati però a es-
avrebbe mai avuto successo, fu sferrato l’attacco. sere nuovamente respinti al di sopra del 38° parallelo. Pratica-
Impreparati. In confronto l’esercito del Sud era, almeno in mente, dopo un anno si era tornati al punto di partenza. E an-
principio, davvero poca cosa: neppure 100mila uomini che fi- cora oggi il confine è più o meno quello di allora.
no ad allora avevano essenzialmente svolto una funzione anti- Ma come, e con quali armi, venne combattuta una guerra che
guerriglia, niente artiglieria pesante, pochi carri armati e po- non avrebbe mai avuto un chiaro vincitore? Le più varie, consi-
chi aerei. Al massimo si potevano buttare sul campo di batta- derato anche l’elevato numero di Paesi partecipanti al conflit-
glia altri 50mila poliziotti! to, l’andamento di quest’ultimo (chi si ritirava, di volta in volta,
Così l’inizio del conflitto fu fulmineo. Alle 11:00 del matti- abbandonava spesso il proprio materiale al nemico) e lo stato
no la Corea del Nord – mentre le sue truppe erano già pene- degli arsenali. Alcuni reparti cinesi, per esempio, erano ancora
trate profondamente in territorio nemico – dichiarò ufficial- dotati dell’Hanyang 88, un fucile con baionetta entrato in servi-
mente guerra. L’occasione? Un presunto attacco del Sud presso zio nel 1895, e molti soldati nordcoreani avevano il Karabiner
Haeju, lungo il confine. Era un pretesto, ma intanto le armate 98k, un vecchio fucile di fabbricazione tedesca con otturatore
dilagarono. Qualche ora più tardi si riunì il Consiglio di sicu- manuale. A livello individuale, comunque, le armi più diffuse
rezza dell’Onu, la cui risoluzione chiese un immediato cessate furono il fucile semiautomatico americano M1 Garand, l’in-
il fuoco, con ripristino dello status quo. Ovviamente le truppe glese a ripetizione manuale Lee-Enfield e il fucile automatico
di Kim Il-sung tirarono dritto. Il 27 giugno l’Onu decretò san- americano BAR. Di fatto la maggior parte dei sistemi d’arma
zioni contro la Corea del Nord e il giorno seguente votò la ge- era la stessa impiegata nel corso della Seconda guerra mondia-
nerale chiamata alle armi per liberare il Paese occupato. Per gli le. Con una differenza: mentre nel mondo comunista l’ammo-
americani non ce ne fu bisogno: le loro truppe (per poche che dernamento era continuato, nel mondo occidentale esso – al-
fossero) erano già sul posto. Ma ancora oggi negli Usa si parla meno per quanto riguarda le armi convenzionali – si era qua-
di Korean conflict e non di guerra: perché se fosse stata guer- si fermato, data l’enorme fiducia riposta nell’arma atomica co-
ra ci sarebbe voluto un voto del Congresso, che non ci fu mai. me elemento risolutore dei conflitti.

IN DISCUSSIONE
Il presidente Usa Harry
Truman a colloquio con
il generale MacArthur,
comandante in capo delle
truppe americane.
SELVA/LEEMAGE

101
Di novità, comunque, ce ne furono. Visto il ruolo ormai pre- glas F3D-2N “Skynight” (in servizio dal 1951, era dotato di spe-
valente sul campo di battaglia dei mezzi corazzati, gli america- ciali radar per il combattimento notturno), il Grumman F9F-2
ni introdussero la granata M28: lanciabile da fucile, apparve co- “Panther” e il Lockheed F-80C “Shooting Star”. Due aerei furo-
me l’unico efficiente mezzo di contrapposizione, da parte del- no però protagonisti più degli altri: il Republic F-84E “Thun-
la fanteria, ai carri armati T-34 di produzione sovietica. D’altra derjet” e il North American F-86A “Sabre”. Il primo sarebbe
parte, sempre in Corea, debuttò anche l’Rpg-2 (ruchnoy protivo- stato il principale velivolo di attacco al suolo degli alleati, con
tankovy granatomyot, “lanciagranate anticarro operato manual- un’importante caratteristica: l’aereo era infatti stato progetta-
mente”), sostanzialmente il primo bazooka progettato in Urss. to per lanciare la Mark 7, prima bomba atomica tattica ame-
Sul terreno si affrontavano i “vecchi” Sherman, Chaffee, Per- ricana. Il “Sabre” era invece un jet-fighter puro: fu uno dei pri-
shing, Centurion (inglese) da una parte e, appunto, il T-34 mi velivoli con ala a freccia e il primo aereo di serie a supera-
dall’altra. Non potentissimo, ma affidabile e perfettamente re il muro del suono.
equilibrato in tutti i suoi componenti (mobilità, capacità di fuo- La differenza? nel pilota. A questi nuovi velivoli, le for-
co, semplicità di esercizio, protezione), è stato uno dei carri più ze aeree comuniste opponevano vecchi aerei a pistoni, un jet
diffusi in assoluto fino agli Anni ’90. Proprio contro il T-34 gli dalle prestazioni ancora non soddisfacenti (il MiG-9) ma an-
americani fecero debuttare in Corea l’M46 Patton, che era su- che un caccia che, invece, stava dimostrando una grande effi-
periore all’avversario in molti sensi: una blindatura di 102 mil- cienza: il MiG-15, entrato in produzione solo nel 1947. Di fat-
limetri contro 45, un cannone da 90 mm contro uno da 76 o da to, nei musei aeronautici di tutto il mondo, ancora oggi “Sabre”
85. Alla fine della guerra, però, l’M46 fu di fatto liquidato per- e MiG-15 sono messi in mostra uno accanto all’altro, tanto essi
ché era già pronta la sostituzione con il suo successore, l’M47. hanno inaugurato proprio in Corea l’epoca dei duelli jet-to-jet.
Superiorità aerea. Grandi novità, invece, nei cieli. Qui gli Le loro caratteristiche erano diverse. Il MiG-15 riusciva a
americani imposero immediatamente il proprio dominio gra- salire quasi mille metri più in alto dell’avversario, aveva una
zie soprattutto a velivoli di nuovissima concezione, i jet. Esordi- maggiore accelerazione, una maggiore velocità ascensionale e
rono infatti nel conflitto il caccia McDonnel F2H-2 “Banshee” armi più potenti: tre cannoncini (uno da 37 mm e due da 23)
(che aveva le semiali ripiegabili per poter essere meglio imbar- contro le sei mitragliatrici da 12,7 mm del “Sabre”. Questo era
cato sulle navi), il Grumman AF-2W “Guardian” (primo veli- però molto più veloce e i suoi sistemi d’arma avevano un tiro
volo studiato apposta per la guerra antisommergibile), il Dou- molto più preciso. Spesso, comunque, nei duelli aerei a essere

SOSTEGNO
ALLE TRUPPE
Il cannone semovente
M40 da 155 mm:
forniva sostegno
d’artiglieria a lungo
raggio alle truppe Onu.
CORBIS

102
determinante era la qualità del pilota. E quando alla cloche di alla fine del 1950 si erano presentate per la prima volta la “va-
un MiG-15 c’era un veterano russo, piuttosto che un nordco- langa umana cinese” e una tattica inedita.
reano o un cinese, la differenza si vedeva. Mentre il conflitto I cinesi attaccavano infatti di notte, perché in questa maniera
era in corso i sovietici negarono sempre di aver “prestato” pi- sfruttavano i loro punti forti (resistenza, capacità di mimetiz-
loti alla Corea del Nord. In seguito si seppe invece che erano zarsi, enorme numero di combattenti) e mascheravano i pro-
in gran numero, volavano con la divisa coreana (o addirittura pri punti deboli (mancanza di artiglieria, di supporto logistico
in abiti civili) e portavano con sé una specie di tabella con le e impossibilità di difesa dagli attacchi aerei). Sarebbe diventata
più frequenti frasi in coreano, da adoperare nelle comunica- famosa una lettera, inviata dal soldato James Cardinal ai propri
zioni via radio. genitori, nel gennaio 1951, e poi pubblicata più volte dai me-
Infine, gli elicotteri. Erano comparsi per la prima volta sui dia: “I cinesi ci stanno letteralmente prendendo a calci. È impos-
campi di battaglia nel 1944, soprattutto in Birmania, ma il lo- sibile fermare queste orde, ce ne sono semplicemente troppi per-
ro uso era stato limitato. In Corea ebbero largo impiego: an- ché sia possibile per noi combatterli. Se dobbiamo opporci al co-
zitutto per l’osservazione e la ricognizione, poi per interventi munismo facciamolo in Europa, che è la culla della nostra civil-
di rifornimento, di recupero di piloti precipitati oltre le linee tà occidentale. A me pare che sia più giusto battersi per quella,
nemiche, di evacuazione dei feriti. In combattimento vennero che non in uno squallido deserto orientale, contro innumerevoli
anche impiegati spesso dalla Us Navy per operazioni di gunfire orde di guerrieri selvaggi”.
spotting: gli elicotteri seguivano il tiro delle batterie delle navi, E invece l’orda fu fermata, anche se ci fu, in effetti, un mo-
lo correggevano e lo indirizzavano. Nei cieli della Corea esor- mento in cui il mondo occidentale tremò. Di fatto, la Guerra di
dirono i Sikorsky H-5 e H-19 e il piccolo Bell H-13, ribattezza- Corea avrebbe segnato il debutto della Cina comunista come
to “Sioux”, inconfondibile per la sua cabina a bolla. potenza militare, anche se per il momento solo nello scacchie-
Una tattica inedita. Nuove tecnologie, jet, radar... eppu- re orientale, dove si sostituì a una Unione Sovietica che aveva
re ci fu anche altro. Se vogliamo, qualcosa di primitivo. Per la preferito non rischiare un conflitto con gli Usa che – allora sì
prima volta, in Corea, gli eserciti occidentali si trovarono in- – avrebbe potuto diventare nucleare. Ma la ferita nei rapporti
fatti davanti a qualcosa che avrebbe indotto il generale MacAr- fra i due partiti comunisti che reggevano i Paesi, un tempo ge-
thur, comandante in capo americano, a scrivere a Washington: melli, sarebbe rimasta aperta per decine d’anni. d
“Questa è una guerra del tutto nuova!”. Di fronte a lui, infatti, Remo Guerrini

PONTE
IMBIANCATO
L’equipaggio della
portaerei Uss Essex pulisce
il ponte di volo dalla neve.
Questa nave fu impiegata
in Corea solo in una
seconda fase, a partire
dall’agosto 1951.

© BETTMANN/CORBIS
1954 DIEN BIEN PHU FRANCIA-VIETNAM

DISFATTA
TRA LE RISAIE
La battaglia costò alla Francia il declino come potenza coloniale.
A vincere fu un semplice figlio di contadini: Vo Nguyen Giap

RINFORZI
DA OGNI DOVE
Sulla strada che
porta a Dien Bien
Phu procede il
convoglio di rinforzi
per i vietminh.
GETTY IMAGES (2)

F
rancesi: 8.000 morti e almeno 10mila fatti prigionieri. te francese, generale Henri Navarre, decide di distruggere defi-
Vietminh: 20mila morti. È la fine del dominio france- nitivamente le forze di Ho Chi Minh. Il suo intento è quello di
se in Vietnam e nel resto dell’Indocina. Tutto questo occupare una zona vietminh, attirarvi il nemico e costringere i
in meno di due mesi, dal 13 marzo al 7 maggio 1954, guerriglieri a una battaglia in campo aperto, alle cui tattiche tra-
e grazie all’abilità tattica e alle risorse umane e territoriali del dizionali non sono abituati. Lo strapotere dell’apparato militare
generale Vo Nguyen Giap. Non solo: questa sconfitta segnò an- francese, secondo Navarre, avrebbero fatto il resto, sbaraglian-
che l’inizio dell’inesorabile declino della Francia come grande do le unità indipendentiste, piccole e insufficientemente armate.
potenza coloniale. Dentro la trappola. Il posto scelto per la trappola è un
Ma dobbiamo partire da lontano. Nel 1945 il Vietnam si era piccolo villaggio in una vallata di risaie circondata da monta-
liberato dall’invasore giapponese cacciandolo da Hanoi, e il Pa- gne verso nord, quasi al confine con il Laos. Il suo nome, vista
ese – retto dal governo fantoccio di Bao Dai – era tornato sot- anche la sua posizione geografica, significa “grande centro am-
to l’influenza francese. Subito prese vita un movimento clan- ministrativo di frontiera”: Dien Bien Phu. Un nome destinato a
destino di liberazione, di fede comunista, che combatteva per rimanere nella Storia, e non solo quella militare.
l’indipendenza. È il Vietminh, che fa capo alla Lega per l’indi- Il 20 novembre 1953 parte l’Operazione Castor: tre batta-
pendenza del Vietnam, fondata nel 1941 da Ho Chi Minh, il ri- glioni di paracadutisti vengono lanciati sul villaggio e se ne im-
voluzionario che dal settembre 1945 diventerà presidente del- padroniscono. Seguiti da rinforzi via terra, fortificano la zona
la neonata Repubblica democratica. con una base trincerata centrale e tutto intorno dei capisaldi
Scontri destabilizzanti. I francesi, intanto, dopo la cac- che prenderanno nomi femminili: Beatrice, Claudine, Eliane,
ciata dei Giapponesi, con l’appoggio americano tentano di man- Gabrielle, Huguette, Dominique, Françoise, Isabelle. Bunker,
tenere una forte presenza, anche militare, nel Paese, ma l’eser- trincee, postazioni d’artiglieria; arrivano anche una decina di
cito vietminh dà loro filo da torcere, e per sette anni si assiste a carri leggeri M24; e vengono costruite due piste per gli aerei,
uno stillicidio di scontri che destabilizzano l’intera nazione. Non mentre il circostante terreno pianeggiante ben si adatta al lan-
resta che intervenire in forze. Nel maggio 1953, il comandan- cio di altri paracadutisti in rinforzo. L’aviazione è pronta a in-

104
FARABOLA
FRONTI
OPPOSTI
Due soldati francesi
in corsa tra un
avamposto e l’altro
della base assediata.
A sinistra, soldati
vietminh in trincea. I
guerriglieri avevano
scavato una rete
di camminamenti
per avvicinarsi alle
postazioni francesi.

tervenire dalla base di Gia Lam, a 300 chilometri di distanza, no si battono come disperati, ma poi i Vietminh, nonostante
non più di un’ora e mezza di volo. le gravi perdite, li sopraffanno. Il 15 il colonnello De Castries
Nella base di Dien Bien Phu, al comando del colonnello Chri- contrattacca per riprendere il caposaldo Gabrielle, ma inutil-
stian De la Croix De Castries, verranno concentrati circa 11mi- mente. La situazione diventa presto drammatica; né servono a
la uomini (arriveranno fino a 15mila) selezionati tra i migliori molto i lanci di altri battaglioni di parà, in rinforzo. Incomin-
reparti francesi, quali paracadutisti coloniali, parà e fanti del- cia una lenta agonia: a uno a uno tutti i punti di difesa verran-
la Legione Straniera. Tutto è pronto, si aspetta solo l’arrivo del no attaccati, dopo un duro tiro d’artiglieria che letteralmente
nemico per imporgli una facile sconfitta. Ma è subito chiaro li sconquasserà. L’artiglieria francese invece è del tutto ineffi-
che Navarre ha fatto male la sua scelta: la vicinanza con il La- cace: il comandante, il colonnello Piroth, non sa dove sparare;
os, poco controllato, permette ai guerriglieri di affluire, anche sconvolto, si suiciderà poco dopo.
con automezzi, senza grandi problemi; le montagne che cir- La base è in scacco. Giorno dopo giorno i guerriglieri
condano Dien Bien Phu sono ideali poi per dominare la zona, stringono il cappio, scavando trincee per avvicinarsi sempre
muoversi al coperto e disporvi l’artiglieria. Il comandante dei più ai francesi. Il 24 marzo De Castries, considerato poco re-
vietminh, generale Vo Nguyen Giap, schiera tutto attorno al- attivo, viene messo in disparte da ufficiali dei parà e della Le-
la base ben 200 pezzi d’artiglieria di vario calibro e con i circa gione e si riaccende lo spirito combattivo. Ma non basta: Dien
51mila uomini delle sue quattro divisioni, nascosti tra gli albe- Bien Phu è isolata, difficile da rifornire e buona parte dei lanci
ri delle alture vicine, blocca in una morsa la cittadina, che di- di rifornimenti finisce ai nemici.
venta subito impossibile da rifornire, se non attraverso gli aerei. Dopo una pausa per riassestarsi, i guerriglieri attaccano an-
Le difese francesi si rivelano insufficienti a ripararsi dal tiro cora a fine marzo e i rimanenti presidi francesi cadono uno do-
di artiglieria di grosso calibro, che non era stato previsto; an- po l’altro: Dominique ed Eliane sono perse e riprese, ma poi ce-
che i campi di aviazione sono presto resi impraticabili. Il 13 dono, come Huguette, Claudine e Françoise. Il mese dopo la
marzo Giap prende l’iniziativa e la sua fanteria investe Beatri- pioggia trasforma tutto in un pantano e le condizioni meteo-
ce e Gabrielle, due capisaldi a nord. I legionari che li difendo- rologiche non permettono più neppure l’utilizzo dei mezzi ae-

105
rei. Nella base ci sono più di 600 feriti gravi ma il generale Giap Un’altra guerra. Nei due mesi scarsi della battaglia i
rifiuta la richiesta francese di consegnarli. Vietminh perdono, secondo dati mai confermati, quasi 20mi-
Ai primi di maggio la guerriglia sferra l’offensiva finale contro la uomini. I francesi lasciano sul posto circa 8mila morti e di-
gli stremati difensori di Dien Bien Phu, ormai arroccati solo in spersi (dei quali la metà erano legionari) e 10 mila prigionie-
una parte del settore centrale e nel lontano e isolato caposaldo ri. Per la Francia, oltre che una perdita di vite umane, sarà so-
sud: Isabelle. È una divisione di veterani vietminh a dare il col- prattutto una sconfitta morale, che toglierà all’ormai ex poten-
po di grazia. Alle 17:30 del 7 maggio la base trincerata si arren- za coloniale qualunque velleità di continuare la guerra. Dopo
de; gli uomini di Isabelle, dopo un’inutile sortita in cui soltanto accordi presi in una conferenza internazionale a Ginevra, ra-
in 12 riusciranno ad allontanarsi, si arrenderanno a mezzanot- tificati nel luglio 1954, la Francia lascia per sempre l’Indocina.
te. Più di 8.000 uomini, alcuni in condizioni disperate, verran- Il Vietnam sarà diviso in due all’altezza del diciassettesimo pa-
no avviati ai campi di prigionia attraverso marce forzate nella rallelo, con un governo comunista al nord e una repubblica fi-
giungla. Alla fine delle ostilità, solo una piccolissima parte dei lo-occidentale al sud. Ci vorranno ancora poco più di 30 anni
soldati francesi fatti prigionieri a Dien Bien Phu rivedranno la e un’altra sanguinosa guerra, questa stavolta contro gli ameri-
patria. Della sorte dei soldati vietnamiti che combattevano dal- cani, per la riunificazione del Paese. d
la parte francese non si saprà più nulla. Valerio Stringhini

106
GETTY IMAGES (2)
IL GRAN
FINALE
Sotto, fanteria
vietminh all’assalto
nella fase finale
dell’assedio alla
città. A destra, sulla
base ormai arresa
sventola la bandiera
dei Vietminh. È il 7
maggio 1954.
1967 GUERRA DEI SEI GIORNI ISRAELE-ARABI

SEI GIORNI
PER VINCERE
Un attacco a sorpresa contro tre eserciti su tre fronti: con
l’uso innovativo di carri armati e aerei,
gli israeliani si presero Gerusalemme, il Sinai e il Golan
GETTY IMAGES (2)

TRIONFO STRATEGICO
10 giugno 1967: carristi israeliani festeggiano a
Tiberiade la vittoria nella Guerra dei sei giorni. Al
termine dei combattimenti, Israele controllava
l’intero Sinai, tutta la Giordania a ovest del fiume
Giordano e i monti Golan in Siria. Qui a sinistra,
Gamal Abd el-Nasser (1918-70), premier egiziano,
e il generale Abdel Hakim Amer, suo vice. Sotto, da
sinistra, i generali israeliani Israel Tal (1924-2010),
Ariel Sharon (1928-2014) e Abraham Joffe (1913-83).
L
a Guerra dei sei giorni, che tra il 5 e il 10 giugno 1967 muscolare degli ebrei. La parata militare per l’indipendenza,
cambiò la geopolitica del Medio Oriente, scoppiò per svoltasi senza carri armati a Gerusalemme, fece inoltre pen-
una serie di incomprensioni e di decisioni avventate. sare agli egiziani che i tank israeliani potessero già essere stati
Alla volontà egiziana di vendicarsi delle sconfitte mi- dislocati ai confini per un’operazione offensiva.
litari del 1948 e del 1956 si aggiunsero la diplomazia sovietica, Benché l’Egitto fosse già impegnato militarmente nello Ye-
che arrivò a dare false informazioni ai siriani su un imminen- men, Nasser mobilitò le riserve, inviò truppe nella penisola del
te attacco israeliano (dopo uno scontro di confine più violen- Sinai, pur smilitarizzata, ottenendo il ritiro del contingente di
to del solito), le incursioni da Gaza dei fedayyin della neonata interposizione dell’Onu, e chiuse alla navigazione gli Stret-
Olp (Organizzazione per la liberazione della Palestina) e le ti di Tiran, isolando così dal mondo il porto israeliano di Eilat.
mire ebraiche sulle acque del fiume Giordano. In Israele si formò un governo di unità nazionale, con Moshe
I combattimenti di confine ormai quotidiani, tra gli israelia- Dayan al cruciale ministero della Difesa, e si autorizzò un at-
ni e le forze giordane e siriane nei mesi di aprile e maggio del tacco contro le forze egiziane, sperando che Giordania e Siria
1967, convinsero Nasser che per l’Egitto era giunta l’ora di porsi non intervenissero nel conflitto. Nel nord le truppe di Dama-
sulla scena mediorientale come la potenza protettrice del mon- sco si limitarono a bombardare la Galilea dalle loro posizioni
do arabo e che si doveva fermare in qualche modo l’arroganza sulle alture del Golan, mentre re Hussein di Giordania, ingan-

CORBIS

109
DISASTROSI ALLEATI
Re Hussein di Giordania e Nasser
dopo la firma di un accordo di
mutua difesa nel giugno 1967,
alla vigilia della guerra.

QUATTRO VOLTE PIÙ GRANDI


Siria, 7 giugno 1967. Soldati israeliani in
trincea. Tre giorni dopo, alla fine
del conflitto, Israele avrebbe ottenuto un
territorio quattro volte più vasto
di quello che aveva nel 1948. A sinistra,
un convoglio militare israeliano.

nato dagli egiziani, che gli assicurarono di aver distrutto l’a- dinamica che fosse. Non potendo contare sui velivoli della Iaf
viazione israeliana, diede ordine di attaccare. La rapida vitto- (Israeli Air Force) perché impegnati altrove, e mancando an-
ria ottenuta contro egiziani e giordani fece decidere gli israe- che di un adeguato numero di artiglierie semoventi, il mattino
liani per un attacco anche contro i siriani. Nel giro di sei gior- del 5 giugno i carri armati dovettero lanciarsi più velocemente
ni il Medio Oriente cambiò volto e si crearono i presupposti possibile verso le linee nemiche, così da prenderle di sorpresa.
per tutte le guerre che seguirono. I combattimenti sui tre fron- Dal punto di vista tattico si cercò il clausewitziano Schwer-
ti della guerra furono molto diversi per intensità e tipologia di punkt (cioè il punto focale, o centro di gravità, della linea av-
terreno, nonché per le differenti tattiche utilizzate dai soldati versaria in cui colpire violentemente): le colonne dei batta-
agli ordini di Yitzhak Rabin, capo di Stato Maggiore delle Idf glioni corazzati spingevano per aprire un varco nelle posizio-
(Israel Defense Forces, dette anche Tsahal). ni nemiche e poi proseguivano velocemente verso le retrovie.
Fronte del Sinai. Qui l’opzione militare principale fu l’uti- La fanteria ebbe un ruolo secondario, di raccolta prigionieri,
lizzo del mezzo corazzato. Tre ugdah (divisione) corazzate, do- tranne che in un paio di scontri nel settore della ugdah Sharon.
tate dei migliori carri (i Centurion e i Patton) furono utilizza- Per Lenzuolo Rosso furono scelti i tre generali più adatti: Isra-
te per l’operazione Lenzuolo Rosso. Il concetto tattico prima- el Tal (il Guderian israeliano), il vulcanico Ariel Sharon e l’e-
rio era che il carro armato, grazie al binomio fuoco/movimen- sperto Avraham Joffe. Contro un nemico che basava la propria
to, fosse in grado di superare ogni tipo di resistenza, statica o condotta operativa sulle rigide direttive della scuola sovietica

110
CORBIS (3)
(la difesa “Spada e Scudo”: quattro divisioni di fanteria, l’arti- re centrale ebbero luogo per lo più combattimenti di fante-
glieria e i campi minati per fermare il nemico e due divisioni ria. Gli israeliani temevano molto l’esercito giordano, perché
corazzate, più l’aviazione, per colpirlo), l’eccellente addestra- era l’unico che li aveva battuti nel 1948. La Legione Araba,
mento al tiro dei carristi israeliani, le loro doti di manovrabili- che ne costituiva il nucleo, era stata ottimamente addestrata
tà volte ad aggredire sempre il fianco del nemico, il loro spirito e armata dagli inglesi. Negli anni era molto cresciuta di nu-
combattivo e una leadership ispirata furono il grimaldello tat- mero, ma aveva perso i suoi istruttori britannici ed era sta-
tico delle battaglie nel Sinai. ta incautamente dislocata lungo tutto il confine con Israele,
Fronte di Gerusalemme e Cisgiordania. La riprova frazionata in piccoli reparti; nel ’67 era comunque una consi-
del superbo addestramento dei carristi israeliani venne dallo derevole forza militare che il comando delle Idf avrebbe fat-
scontro con i Centurion e i Patton giordani. Non si trattò di to volentieri a meno di affrontare. L’arma vincente in questo
uno scontro ad armi pari, dal momento che su questo fron- teatro operativo si rivelò essere la fanteria leggera, in parti-
te gli unici carri a disposizione delle Idf erano degli Sherman colare i paracadutisti. La 55ma brigata paracadutisti, coman-
modificati (mezzi veterani della Seconda guerra mondiale). data dal colonnello Motta Gur, ebbe il compito di prendere
Ciononostante le tattiche di fuoco e movimento di Tsahal eb- la città vecchia di Gerusalemme, strappandola alla 3a brigata
bero la meglio sui carristi giordani. Una volta che i carri del- di fanteria Talal. Nella Città Santa per eccellenza non si po-
le Idf circondarono l’area di Gerusalemme, in tutto il setto- tevano certo usare i mezzi pesanti e l’artiglieria: armi legge-

111
LA GUERRA DEI SEI GIORNI Tel Aviv • CISGIORDANIA

Gerusalemme •
• Betlemme
Gaza • • Hebron
xx

TAL
• Port Said El Arish xx
ISRAELIANI ARABI
El Mansoura JOFFE
xx
Fanteria
SHARON
Ismailia Truppe
aviotrasportate
Abu Sueir
Belbes • Hasna Mezzi corazzati
Fayed
Artiglieria
Cairo west Kabrit
Mortaio
Cairo Kuntilla •
• Suez • XXX
Helwan Nakhl
Corpo d’armata
XX
Divisione
• Sudor •
EGITTO Eilat II
Battaglione
I
SINAI Compagnia
Beni Suef •••
• Abu Senima Plotone

Raid aereo
5 giugno
6-7 giugno
8 giugno
• El Tur

BATTAGLIA A
GERUSALEMME
muro e mine antiuomo

I Ammunition Hill
Trincee e Collina
Fortificazioni
I Mivtar
Monte
Artiglieria Scopus

II Università e
Biblioteca
66
I
I
••• Mortaio 81 mm
Ospedale
Augusta
II Collina Victoria
Gerusalemme Sinai, prigionieri egiziani incrociano una colonna israeliana.
••• 71 Orientale
(controllo arabo)
Hotel
Palace
Augusta
Victoria
?
Museo Rockefeller
II
28
Sotto pesante
fuoco di mortai I
durante l’attesa Porta del Leone

CITTÀ Monte
VECCHIA del
Tempio Hotel
Muro International
GETTY IMAGES (2)

Gerusalemme occidentale Moschea Monte degli Ulivi


Ovest al-Aqsa ?
(controllo
israeliano)
N. JERAN

5 giugno 1967: aerei egiziani distrutti sulla pista.

112
CARRI TRIONFALI
Il 7 giugno un carro Super Sherman israeliano
(versione locale del tank Usa) entra a

BETTMANN/CORBIS
Gerusalemme attraverso la porta di Mandelbaum,
che separava i settori ebreo e arabo della città.

re e bombe a mano furono gli ingredienti base degli scontri. te e minate. I piani per un attacco c’erano, ma prevedevano un
In un simile contesto a fare la differenza furono il morale, la ben congegnato attacco notturno, invece venne dato il via li-
coesione e l’addestramento dei parà; nonostante sanguino- bera per un attacco quasi suicida nella mattinata del 9 giugno.
se perdite, essi continuarono ad attaccare: quando cadeva un Per due ore la Iaf bombardò le posizioni siriane, per dar modo
ufficiale c’era pronto un sottufficiale a prenderne il posto e a ai genieri di bonificare i tratti stradali dalle mine e alle 11:00 le
guidare all’assalto i superstiti. Come insegnavano al corso uf- unità di fanteria meccanizzata, su vecchi semicingolati blinda-
ficiali di Tsahal, infatti, gli uomini si comandavano dando l’e- ti Half-track M3, si lanciarono in avanti.
sempio e conducendoli all’attacco con il grido “Aharai” (se- Decisivi furono i grossi bulldozer alla testa delle colonne
guitemi!). Si rivelò determinante la capacità dei parà di com- attaccanti. Usati inizialmente solo per spianare ai mezzi co-
battere a livello di squadra e di plotone. razzati la scarpata del Golan, divennero l’ariete delle Idf tra-
Lo spirito di corpo di un’unità d’élite, come i paracadutisti, e volgendo filo spinato, mine e postazioni. Quando uno veniva
armi assai valide per i combattimenti ravvicinati, come le pi- colpito un altro bulldozer lo sostituiva, stessa cosa per gli au-
stole mitragliatrici Uzi, fecero meraviglie sia contro le trincee tisti dei mezzi: solo 3 su 8, seppur danneggiati, arrivarono in
giordane sia nel combattimento casa per casa. In soli due gior- cima, bersagliati dai cannoni e dai carri armati siriani. I com-
ni la città vecchia venne presa e Moshe Dayan poté farsi foto- battimenti furono violentissimi, molti bunker siriani lottaro-
grafare con l’elmetto al Muro del Pianto. no fino all’ultimo uomo. A sera però molti ufficiali siriani ab-
Fronte del Golan. L’attacco alle strategiche alture del Go- bandonarono i loro uomini, creando crisi di panico e un fug-
lan fu una decisione dell’ultimo momento, dettata dall’euforia gi fuggi generale. Il giorno dopo gli israeliani prendevano la
per le vittorie contro egiziani e giordani, ma anche e soprattut- città di Quneitra appena prima che entrasse in vigore il ces-
to dalle lamentele dei contadini della Galilea Settentrionale che sate il fuoco dell’Onu. Il colonnello Benny Inbar della brigata
subivano da anni i bombardamenti siriani. Le alture erano pe- Golani affermò: “Avremmo potuto proseguire fino a Damasco.
santemente fortificate e presidiate da otto brigate siriane e per La strada era spianata davanti a noi. Loro erano scappati”. d
raggiungerle vi erano solo poche strade obbligate, già interrot- Andrea Santangelo

113
1973 YOM KIPPUR EGITTO E SIRIA-ISRAELE

SHARON
CONTRATTACCA
Tutto il mondo arabo era alleato contro Israele. Ma il genio tattico del
futuro premier ebbe la meglio sulle migliaia di tank egiziani e siriani

N
essuno, in Israele, si aspettava azioni militari, tanto- ra si ribaltarono, tanto che in Medio Oriente Nickel Grass è ri-
meno di guerra. Era imminente l’inizio del Ramadan cordata come “il ponte aereo che salvò Israele”. .
musulmano e tutti pensavano a un periodo di tran- L’attacco congiunto egiziano-siriano, dunque, arrivò alle 14:00,
quillità. Istituzioni e popolazione comprese, con- quattro ore prima delle previsioni degli osservatori israeliani. La
siderando che tutte le attività nel mondo islamico, soprattutto cosiddetta Operazione Badr lasciò parecchi punti scoperti nello
quelle militari, sarebbero state ridotte al minimo. In Israele, poi, schieramento difensivo. Tutta la nazione, con le radio e le tv spen-
erano in corso i preparativi per la ricorrenza dello Yom Kippur, te per la festività, non poté nemmeno essere informata dell’inva-
il “giorno dell’espiazione”, della penitenza e dell’espiazione dei sione. Le poche migliaia di soldati israeliani in servizio di vigilan-
peccati. Un giorno considerato santo dagli ebrei di tutto il mon- za fecero l’impossibile per contrastare le forze arabe.
do. Insomma, un giorno di pace e di meditazione. Ma non per In un paio di giorni i commandos e i carri armati egiziani oltre-
l’Egitto e la Siria, che nei giorni precedenti avevano comincia- passarono il Canale di Suez superando parte della Bar-Lev, la li-
to ad ammassare truppe nei pressi del Canale di Suez. Il primo nea di difesa fortificata costituita da 30 fortini interrati presidiati
ministro Golda Meir assieme al suo governo e ai servizi segreti ciascuno da un plotone. Le forze corazzate siriane, contempora-
pensarono a esercitazioni militari di routine: un errore di valu- neamente, attaccavano sulle alture del Golan.
tazione, nonostante il parere contrario del Mossad, l’istituto di La Guerra dei sei giorni del 1967 aveva fatto occupare da Isra-
intelligence preposto alla sicurezza dello Stato, che aveva richia- ele importanti territori, sui quali stavano adesso scorrazzando
mato l’attenzione su quelle manovre. forze nemiche imponenti: Egitto e Siria avevano in campo un
All’alba del 6 ottobre, comunque, gli israeliani erano venuti a co- numero di uomini quasi pari alle forze della Nato nell’Europa
noscenza di un imminente attacco e, anche se impreparati, avreb- dell’Ovest a fronteggiare il blocco sovietico; nella zona del Ca-
bero potuto entro poche ore far decollare i propri bombardie- nale di Suez vi erano più di 80.000 egiziani (contro i meno di mil-
ri per colpire, in modo preventivo, le basi egiziane, ponendo fine le israeliani), mentre sul Golan 150 tank con la Stella di Davide
all’avanzata delle truppe nemiche. Ma Israele non poteva attac- fronteggiavano quasi 1.300 carri armati siriani.
care per primo. Aveva bisogno di aiuti economici e supporto po- In poco tempo, le forze egiziane e siriane strinsero in una mor-
litico da parte degli Stati Uniti, e per ottenerli Golda Meir dove- sa quelle israeliane, avanzando per molti chilometri sui due fron-
va far apparire l’azione egiziana come un’aggressione vera e pro- ti. Per contenere l’avanzata e permettere alle unità di mobilitarsi
pria contro il suo Paese. e arrivare in rinforzo, sia nella zona del Canale sia sul Golan i po-
Con un occhio al petrolio. Molti Stati arabi, infatti, si chi reparti corazzati operativi subirono gravi perdite.
erano coalizzati per muovere guerra allo Stato ebraico: dall’Iraq, In Sinai, tra gli egiziani e Tel Aviv, era operativa solo la 252a Di-
con 18mila soldati, alla Giordania, con due brigate corazzate e visione corazzata. Due divisioni corazzate della riserva furono in-
unità di artiglieria, dall’Arabia Saudita al Kuwait; Marocco, Tu- viate in rinforzo: la 162a e la 143a, questa al comando di Ariel “Arik”
nisia, Sudan e Libia avevano fornito consistenti appoggi econo- Sharon, da poco richiamato in servizio attivo dopo che, a giugno,
mici e militari. Solo un caso di attacco proditorio contro Israe- si era ritirato per fare carriera politica. Senza neppure attendere
le avrebbe convinto gli Usa, che a differenza dell’Europa non di- la mobilitazione completa, le prime compagnie corazzate di Sha-
pendevano dal petrolio mediorientale, a intervenire. E quella ron puntarono verso sud e in poco tempo raggiunsero il Sinai.
del non intervento preventivo di Golda Meir fu una mossa vin- Lo scontro più grande. Per respingere l’attacco i coman-
cente: l’aggressione allo Stato ebraico diede il via all’Operazione danti israeliani contavano molto sui mezzi corazzati. Dopo gli
Nickel Grass, cioè il ponte aereo di aiuti americani, che si rive- insegnamenti della Guerra dei sei giorni, l’Arma corazzata del-
lò determinante. In poco più di un mese l’aviazione statuniten- le IDF , le forze di difesa di Israele, era diventata uno strumento
se riuscì a consegnare a Israele oltre 22mila tonnellate fra merci, ben oliato, ottimamente addestrato e discretamente equipaggia-
carri armati, pezzi d’artiglieria e munizioni. E le sorti della guer- to. Già il 10 ottobre i tank israeliani con appoggio aereo distrus-

114
D.RUBINGER/CORBIS
SUL GOLAN
Una brigata corazzata
israeliana si avvia
dopo l’alba verso il
Golan il 7 ottobre 1973
per sostenere le forze
sotto l’attacco siriano.
Sotto, Moshe Dayan
e Ariel Sharon, due
dei protagonisti della
vittoria di Israele.

MAGNUM/CONTRASTO
SUL FRONTE DEL SINAI

N. JERAN
Egiziani Israeliani Mezzi Fanteria
Port Said corazzati meccanizzata
X XX XXXX (-)
SIRIA Brigata Divisione Armata Contingente
incompleto

CANALE DI SUEZ
Mar Mediterraneo
Saham Al Golan
Tel Aviv •
• Amman
Gerusalemme • Rumani
Canale di Suez Gaza •
Port Said •
ISRAELE GIORDANIA

Quantara xx
Suez • xx Adan
Sassoon (-)
Eilat •
Gol

Deserto 6
fo d

EGITTO del Sinai


i Su
ez

x
Ismailia 21
xx x
xx 21 (-) Tasa
16 xx
5 Sharon
6 ottobre Alle 14:00 sano il Canale di Suez xx
egiziani e siriani (frecce (mappa qui a destra): Sharon
Bir Gifgafa
rosse) attaccano Israele, Sharon getta una testa x
che reagisce pronta- di ponte, con il suppor- xx
mente (frecce blu). to di Adan e Magan. Magan (-)
x
7-8-9 ottobre Gli israe- 18 ottobre Gli israeliani 25
liani subiscono notevoli attraversano il Canale e DA 7
ON
SECx x x x Bir Gidy
perdite, soprattutto di avanzano verso sud. TER
ZA
xx
mezzi corazzati. 22 ottobre Viene ap- Magan (-)
10 ottobre La reazione provata la risoluzione xx
di Israele, che arriva Onu 338 per il cessate il Adan xx
Meron (-)
a qualche vittoria sul fuoco entro 12 ore.
campo e poi gli con- 23 ottobre La tregua
sente di spingersi fino è violata e gli israeliani
in territorio siriano. riprendono l’offensiva
14 ottobre Gli arabi contro la 3a Armata Suez
lanciano una grande egiziana.
offensiva corazzata. Gli 11 novembre Dopo va-
israeliani, al comando ri negoziati, il cessate il
di Sharon, ottengono fuoco diventa effettivo.
un’importante vittoria. 18 gennaio 1974 Isra- x
16-17 ottobre Le trup- ele si ritira dal territorio Govish
pe israeliane attraver- egiziano.

sero un’intera brigata corazzata egiziana avanzata troppo oltre Fu Ariel Sharon a individuare un piccolo varco tra due arma-
l’ombrello protettivo dei propri missili terra-aria. Domenica te nemiche che lasciava libero l’accesso verso il Canale di Suez.
14 ottobre gli egiziani, che intanto avevano ammassato il gros- Immediatamente lanciò i suoi carri in quella direzione, ma gli fu
so delle divisioni sulla sponda est del Canale di Suez lasciando ordinato a più riprese di fermarsi e attendere gli ordini superiori
le posizioni a ovest sguarnite, lanciarono una seconda massic- per preparare un’offensiva coordinata di tutte le forze in campo.
cia offensiva corazzata verso il Sinai. Uno dei più grandi scontri “Arik” non rispettò le disposizioni, c’era poco tempo, quel varco
di carri della Storia. L’attacco iniziò la mattina presto con fuo- poteva essere chiuso in poche ore se il nemico si fosse accorto di
co d’artiglieria e attacchi aerei. Sul fronte diviso in tre settori (a quella falla. Sharon insomma si ribellò, non era uomo da com-
nord la 162a Divisione, al centro la 143a Divisione di Sharon e a battere i manuali di guerra alla mano, e riteneva che se le rego-
sud la 252a), gli M 48 e gli M 60 Magach israeliani, i Centurion le erano sbagliate non andavano seguite, ma bisognava concen-
Sho’t e perfino i superati Sherman modificati che erano stati te- trarsi sull’obiettivo e agire di conseguenza, il più presto possibile.
nuti come riserva strategica erano impegnati contro i potenti E infatti all’alba del 16 ottobre gli israeliani capovolsero la si-
T-55 e T-62 di fabbricazione sovietica. tuazione: con gli elicotteri distrussero le difese aeree egiziane
Pochi contro molti. Nel giro delle prime due ore di assal- permettendo al generale di insinuarsi tra due formazioni nemi-
ti i carristi della 162a distrussero più di 40 carri nemici. Gli egi- che e di raggiungere la riva occidentale del Canale di Suez. Il pri-
ziani, che avevano impegnato quasi duemila carri, persero ol- mo carro della sua 421a Brigata attraversò il Canale su un grosso
tre 250 mezzi contro una ventina di tank israeliani messi fuori pontone, seguito da altri 27 e da 10 trasporto truppe M-113. Do-
uso. La vittoria fu lampante, la guerra però non era ancora finita. po il passaggio la task force, organizzata come un gruppo di ri-

116
CENTURION/SHO’T,
LA FRUSTA D’ISRAELE
Uno dei carri più importanti utilizzati
da Israele nelle guerre dei Sei giorni
(1967) e dello Yom Kippur fu lo Sho’t
(in ebraico “frusta”), versione locale del
Centurion britannico. Equipaggiato con
D. TUROTTI (2)

un cannone da 105 mm L7A2, era un


carro molto versatile, efficiente, ben
corazzato e con grande autonomia (oltre
500 km nella versione Sho’t Kal-Alef).
Pur derivato da un progetto risalente
alla Seconda guerra mondiale, si rivelò
in grado di contrastare efficacemente i
T-55 sovietici e i suoi derivati. Durante la
guerra dello Yom Kippur gli israeliani ne
avevano a disposizione circa un migliaio.

T-62, IL RIVALE
MADE IN URSS
Questo tank di fabbricazione sovietica
sfruttava un cannone da 115 mm e
costituiva il nerbo delle forze corazzate
arabe. Efficiente e preciso nel tiro
quando carro e bersaglio erano fermi,
era meno efficace con obiettivi in
movimento. Fu avversario temibile per i
Patton e i Centurion di Israele, tant’è che
gli israeliani riutilizzarono i T-62 da loro
catturati ai siriani nel 1973.

cognizione corazzato, penetrò per decine di chilometri in Egitto


distruggendo basi missilistiche, carri, veicoli ed equipaggiamen- Un gruppo di carristi
israeliani si riposa in un
to nemici. Si stabiliva una testa di ponte in territorio egiziano: il quartiere conquistato
punto di svolta della guerra che trasformò gli israeliani in attac- al nemico durante la
canti e fece di Sharon un mito, nonostante l’insubordinazione. Guerra del Yom Kippur.
Il giorno dopo, il resto della brigata raggiunse la task force; al-
tre brigate corazzate e la Brigata paracadutisti attraversavano il
Canale con l’Operazione Abirey Lev, allargando la testa di pon-
te e chiudendo la 3a Armata egiziana in una sacca, mentre sul
Golan, dove i siriani avevano attaccato, i soldati dell’IDF riusci-
rono a mettere fuori uso più di 900 carri nemici.
Altolà. Le truppe israeliane in Egitto, con aspri scontri e for-
ti perdite da ambo le parti, si spinsero verso la città di Ismailia.
Sharon avrebbe voluto occuparla per isolare la 2a Armata nemica
dal Cairo, ma Moshe Dayan, ministro della Difesa, lo fermò. Sta-
volta “Arik” obbedì. Fino a quel momento i carri israeliani erano
avanzati più di 100 chilometri in territorio nemico. Il 22 ottobre
il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite varò la Risoluzione
338 che imponeva il cessate il fuoco entro 12 ore, ma la tregua
durò poco: si dovette attendere l’11 novembre perché l’Onu, ma
TIME & LIFE PICTURES/GETTY IMAGE

soprattutto la Russia e gli Stati Uniti, riuscissero a imporre la fi-


ne dei combattimenti. Israele si ritirerà dal territorio egiziano al
di là del Canale poco tempo dopo, il 18 gennaio 1974; dal Sinai
nove anni dopo, nel 1982. d
Francesco Giuliani

117
1990-91 IRAQ SADDAM-USA

DESERT STORM
Contro il dittatore iracheno Saddam Hussein gli Stati Uniti
e i loro alleati riversano nel Golfo Persico tutto il potenziale distruttivo
della loro macchina bellica

118
S
ono passati sette mesi da quando l’esercito iracheno di della sua consistente industria petrolifera. A più riprese l’Onu
Saddam Hussein ha invaso il Kuwait. La guerra contro impose varie sanzioni per costringere Saddam a ritirare le sue
l’Iran del 1980-1988 aveva procurato un forte indebi- truppe, ma rimase inascoltato. Gli Stati Uniti allora riescono a
tamento dell’Iraq e uno dei suoi maggiori creditori era costituire una coalizione internazionale di 29 nazioni per libe-
appunto il Kuwait, perché la sua elevata produzione di petrolio rare il Kuwait, ma dopo settimane di raid aerei la situazione non
contribuiva a mantenere piuttosto basso il prezzo del greggio. cambia. Si decide dunque per l’intervento massiccio.
A danno delle esportazioni petrolifere irachene. Considerata Sono le ore 1:00 del 24 febbraio quando scatta la fase terrestre
da tempo come una loro provincia, gli iracheni decisero di in- dell’Operazione Desert Storm (“tempesta del deserto”). Del-
vaderlo. Praticamente senza incontrare resistenza, il 2 agosto le forze fanno parte Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Egit-
1990 Saddam penetrò nello Stato confinante impossessandosi to, Arabia Saudita, Kuwait e Siria. Molti altri Paesi oltre a que-

BELVA DI
GUERRA
Un carro AMX30
francese del 4° rgt
Dragoni (divisione
Daguet), pronto per
l’attacco di terra del
GETTY IMAGES

24 febbraio 1991.
GEOGRAFICA
0 25 miglia

Tig ri
E u fr a te
0 50 km As Samawah
x
IRAN
3
H ig h
way Al Qurnah
101
8 Nassiria
Tallil

Haw
r a
Ash Shabakah l H
am
ma
r

As Salman IRAQ Basra


Jalibah
Cobra
xx Brown xxx
Red
xx Abadan
Collins e
Rochambeau
101
Gray idg
xx h R Safwan
6 ina
FRANCIA III
Al Busayah ad
M
xx
24 DEATH
3
HIGHWAY
82 xx
III
Al Fàw
XVIII CORPO 2
1A xx

3
ZONA xx Al’ Abfiiyah
xxx

KUWAIT
Divisione di fanteria Al Jahra
Divisione corazzata NEUTRALE 1
Kuwait City
xx

Divisione meccanizzata
xx
Golfo
x
1 UK xx 3EG
xx xx
xx
Persico
Divisione di cavalleria xx x
VII CORPO x x TIGER
4EG 2MC
Divisione d’assalto aereo Ash Shu’bah 1CD 1MC
Ar Ruq’i xx TF KHA
JFC-N II
FLOTTA IN
Divisione aerotrasportata APPOGGIO
tin

9SY x QAT
1 MEF
Ba

xxx Settori di intervento dei corpi x


Al
i

TFOMAR
ad

x
JOINT FORCE COMMAND NORTH
U

ARABIA
Prima linea irachena US MARINES 2SA
(EGITTO, ARABIA SAUDITA, KUWAIT E SIRIA)
EXPEDITIONARY FORCE TFOTH
Strada di ritirata irachena

Obiettivo SAUDITA Hafar al Bafiin JOINT FORCE COMMAND EAST


(UNITA’ USA, ARABE E FORZE SPECIALI)
JFC-E

Base operativa

IN SETTE MESI
2 AGOSTO 1990: il Kuwait è invaso dalle truppe
irachene forti di 100.000 soldati e 2.000 carri
armati. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu, riunito
con urgenza, vara la risoluzione 660 con cui
condanna l’invasione.
7 AGOSTO: scatta la cosiddetta Operazione ERUZIONE
Desert Shield e truppe statunitensi e di altri DI SABBIA
Paesi si insediano in Arabia Saudita. Unità del Genio
29 NOVEMBRE: l’Onu fissa al 15 gennaio 1991 inglese fa esplodere
il termine ultimo in cui le truppe irachene un campo minato
dovranno lasciare il Kuwait. davanti alle
17 GENNAIO 1991: alle 3:00 (ora locale) scatta posizioni irachene.
l’Operazione Desert Storm, che nelle prime tre
fasi prevede solo impiego di unità aeree.
18 GENNAIO: alcuni missili balistici iracheni
Scud colpiscono il suolo israeliano.
29 GENNAIO: si hanno iprimi scontri terrestri
ad Al Khafji.
24 FEBBRAIO: iniziano le operazioni di terra
della coalizione contro le truppe irachene in
Kuwait.
25 FEBBRAIO: gli iracheni sono in ritirata.
27 FEBBRAIO: battaglia al ponte di Medinah.
28 FEBBRAIO: cessazione delle operazioni.
Le perdite irachene sono 22.000, quelle
della coalizione 1.378. I soldati iracheni fatti
prigionieri sono circa 60.000.
2 MARZO: l’Onu stabilisce, con la risoluzione
686, la fine delle ostilità.
3 MARZO: in un aeroporto nel deserto, a Sawfan,
AFP/GETTY IMAGES

tra i generali rappresentanti delle due parti sono


concordati i dettagli del cessate il fuoco.

120
FANTE USA, PRONTO PER IL DESERTO E PER LA GUERRA NBC

5
7

3
6

AFP/GETTY IMAGES
I
l sergente Duane Clemons, mitragliere di una squa- prendeva anche il vestiario e il kit per la guerra nucle- (guerra Nucleare, Batteriologica, Chimica).
dra di fanteria dell’Us Army, fotografato a Dharan are, batteriologica e chimica. 5 Uniforme con mimetismo per azioni nel deserto.
(Arabia Saudita) pochi giorni prima dell’attacco. È 1-2 Giubbotto antischegge ed elmetto in kevlar. 6 Mitragliatrice leggera M60, calibro 7,62.
contornato da tutto l’equipaggiamento in dotazione 3 Armi ed equipaggiamento individuali. 7 Zaino, con bastino di supporto.
alla fanteria americana per quell’esigenza, che com- 4 Vestiario ed equipaggiamento completo per NBC 8 Parka, con mimetismo notturno.

sti, tra cui Canada, Emirati Arabi e Italia, hanno inviato con- a soli due persi dagli Usa, di cui uno colpito dal fuoco amico), la
sistenti forze aeree. strada per Kuwait City è sgombra. L’indomani, dopo solo 5 gior-
Le divisioni aviotrasportate statunitensi e una divisione fran- ni dall’attacco di terra, cessa ogni ostilità; la risoluzione Onu 686
cese iniziano l’attacco; il compito è penetrare in Iraq per quasi del 2 marzo fisserà i termini del cessate il fuoco.
300 chilometri e bloccare gli eventuali rinforzi iracheni. In bre- Un successo logistico. La guerra scatenata dal dittatore
ve gli obiettivi sono raggiunti e i prigionieri sono già migliaia. iracheno per impossessarsi del petrolio kuwaitiano è conclusa.
Alle 15:00 del 24, in anticipo sui tempi, il VII corpo corazzato Per gli Stati Uniti, che di fatto guidano la coalizione internazio-
pesante, forte di più di 150.000 uomini e centinaia di carri ar- nale, questa è la prima guerra fuori dai confini nazionali dopo
mati, viene lanciato attraverso il confine ovest del Kuwait, con la Guerra del Vietnam. Il comandante, Norman Schwarzkopf,
il compito di imbrigliare le forze nemiche nel Paese e distrug- “Stormin’ Norman” (Norman il Tempestoso), un reduce di quel
gere la Guardia repubblicana irachena. L’attacco principale è conflitto, liberando in pochi giorni e con poche perdite il Ku-
preceduto dal tiro dell’artiglieria che scatena sul nemico più di wait, ha riscattato le forze armate del suo Paese, sia a livello in-
10.000 colpi e 500.000 razzi: una reale e devastante “tempe- ternazionale che interno.
sta del deserto” nella quale molti soldati iracheni bruciano vi- Con i moderni mezzi adatti anche alla guerra nel deserto, in
vi nelle linee di difesa. particolare i missili cruise capaci di colpire un bersaglio con
Manovra a gancio. L’avanzata delle forze è impressio- precisione millimetrica e i bombardieri F-117 Stealth invisibi-
nante, soprattutto più a sud-est, dove i marines raggiungono gli li ai radar, e con truppe, come le divisioni aviotrasportate Usa,
obiettivi già durante il primo giorno di scontri. Nei giorni suc- addestrate a combattere in qualunque area del mondo, le tatti-
cessivi le forze della coalizione si muovono come un rullo com- che degli eserciti occidentali hanno funzionato anche qui. Ma
pressore in territorio kuwaitiano, mentre le truppe irachene so- soprattutto la preparazione e l’enorme dispiegamento di for-
no già in ritirata. Con una manovra a gancio chiudono l’attacco ze delle operazioni Desert Storm e Desert Shield (cioè la fase
contro le divisioni della Guardia repubblicana su cui riversano precedente, che aveva consentito lo stanziamento delle trup-
una potenza di fuoco mai vista. Il 27, dopo una dura battaglia ad pe attorno al Kuwait), hanno fatto la differenza.  d
Al Medinah, in cui 300 mezzi iracheni sono distrutti (di fronte Federico Solani

121
Mondadori Scienza S.p.A.
via Battistotti Sassi 11/a - 20133 Milano
Società con unico azionista, soggetta ad attività di direzione
e coordinamento da parte di Arnoldo Mondadori S.p.A.

Direttore responsabile
Jacopo Loredan
Coordinamento
Lidia Di Simone (caporedattore)
Art director
Massimo Rivola (caporedattore)
Ufficio centrale Aldo Carioli (caporedattore centrale),
Marco Casali (photo editor, vicecaporedattore)
Redazione Federica Ceccherini,
Irene Merli (caposervizio), Paola Panigas, Anita Rubini
Photo editor
Rossana Caccini
Redazione grafica
Katia Belli, Mariangela Corrias (vicecaporedattore),
Barbara Larese, Vittorio Sacchi (caposervizio)
Segretaria di redazione Marzia Vertua
Hanno collaborato a questo numero
G. Albertini, G. Breccia, G. Da Frè, G. L. Fiani,
R. Genovesi, L. Gentili, F. Giuliani, G. Gotti, R. Guerrini,
R. Iacopini, M. Lucchetti, F. Mazzoldi, F. Nascimbene,
F. Riggi, R. Roggero, A. Santangelo, F. Solani,
V. Stringhini, A. Tandini, V. Terzini

Focus Storia Wars: Pubblicazione mensile registrata presso il Tribunale


di Milano, n. 753 del 3/11/2004. Tutti i diritti di proprietà letteraria e
artistica sono riservati. Il materiale ricevuto e non richiesto (testi e
fotografie), anche se non pubblicato, non sarà restituito.
Direzione, redazione, amministrazione: via Battistotti Sassi 11/a,
20133 Milano. Tel. 02/762101; e-mail: redazione@focusstoria.it; e-mail
amministrazione: servizio.gujm@fisspa.it
Stampa: L.E.G.O. S.p.A., Viale dell’Industria 2 , Vicenza.
Distribuzione: Press-di Distribuzione stampa & Multimedia s.r.l.,
Segrate (Mi).
Pubblicità: Emotional Pubblicità Srl, Via F. Melzi d’Eril, 29
20154 Milano - Tel: 02/76318838 - info@emotionalsrl.com
Abbonamenti: 4 numeri € 19,90 + spese di spedizione. Non inviare
denaro. Per informazioni o per comunicare il cambio di indirizzo
telefonare esclusivamente ai numeri: dall’Italia 199 111 999 costo da
telefono fisso € 0,12 + Iva al minuto senza scatto alla risposta, costo da
cellulare in funzione dell’operatore; dall’estero +39 041.5099049; fax
030/7772387. Il servizio abbonamenti è in funzione da lunedì a venerdì
dalle 9.00 alle 19.00. Oppure scrivere a Press-di Srl Servizio Abbonamenti
– Via Mondadori, 1 – 20090 Segrate (Mi); e-mail:
abbonamenti@mondadori.it
Servizio collezionisti: i numeri arretrati possono essere richiesti
direttamente alla propria edicola al doppio del prezzo di copertina,
salvo esaurimento scorte. Per informazioni: tel. 199/162171 (il costo della
telefonata è di 14,25 centesimi al minuto Iva inclusa);
fax: 02/95970342; e-mail: collez@mondadori.it
Garanzia di riservatezza per gli abbonati. L’editore garantisce la massima
riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne
AFP/GETTY IMAGES

gratuitamente la rettifica o la cancellazione ai sensi dell’art. 7 D. leg. 196/2003


scrivendo a: Press-di srl Ufficio Privacy – Via Mondadori, 1 – 20090 Segrate
(Mi); e-mail: abbonamenti@mondadori.it

LEGIONARI NEL DESERTO L’editore è a disposizione degli eventuali detentori di diritti


Soldati della Legione Straniera francese in che non sia stato possibile rintracciare.
addestramento, nel deserto dell’Arabia Saudita.
La foto è stata scattata nell’ottobre del 1990, Periodico associato alla FIEG Codice ISSN:
durante la Prima Guerra del Golfo. (Federaz. Ital. Editori Giornali) 2038-7202

122
NON VENDIBILE SEPARATAMENTE DAL NUMERO DI FOCUS STORIA IN EDICOLA * PREZZO RIVISTA ESCLUSA
GLI SPECIALI DI FOCUS STORIA WARS N. 13

1940-1990 DAL NAZISMO A SADDAM


III

Potrebbero piacerti anche