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N°19 Dicembre 2015  € 6,90

S A EI
RAID AEREI
T to 19
1940
40
la Pearl Harbor
italiana sotto
i siluri inglesi

TAMERLANO
Grande sfida a
cavallo nelle steppe
dell’Asia centrale

CRIMEA 1855
I reportage di Rog
Roger DA NON
Fenton, il primo
fotografo di guerra
PERDERE

L L I
 DEC
I RALI 
Sped. in A. P. - D.L. 353/03 art. 1, comma 1 NE/VR

LA STORIA COMPLETA DELL’ESERCITO


CHE PER 1.000 ANNI DOMINÒ IL MONDO
CALENDARIO STORICO 2016

DA NON
PERDERE!

Le uniformi e l’equipaggiamento dei legionari di Roma, dalle origini dell’Urbe fino alla caduta dell’impero, in una fedele
e accurata ricostruzione iconografica basata sui reperti archeologici e i documenti storiografici, con la consulenza storica
dell’archeologo Raffaele D’Amato e le illustrazioni di Giorgio Albertini.

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WARS SOMMARIO
La storia delle
legioni di Roma 4 PROTAGONISTI
IN FUGA DA TAMERLANO

È stata forse la maggior artefice della 8 MEMORIE


NASCE LA FOTO DI GUERRA
grandezza di Roma, ma non se ne sa
abbastanza: ricostruire l’evoluzione millenaria, 12 RAID
TARANTO, LA PEARL HARBOR ITALIANA
gli schieramenti, l’equipaggiamento della
Legione resta a tutt’oggi un’impresa. Non
tutte le testimonianze sono attendibili, spesso 20 PRIM MO PIANO O
LE LEGIONI DI ROMA
mancano le fonti storiografiche e neppure i
reperti archeologici aiutano sempre. Ma si 22 VI-IV SECOLO
O A.C.
LA LEGIONE ARCAICA
tratta di un’impresa possibile, e per realizzarla
su Wars abbiamo chiesto aiuto ad alcuni 24 L’EQU UIPAGGIAAMENTO
MILES LEGIONARIUS CLASSIS SECUNDA V SEC. A.C.
tra i maggiori esperti della materia, con lo
straordinario risultato di queste pagine. 26 PREM MI E PUN NIZIONI
DAL TRIONFO AL BASTONE
Jacopo Loredan  direttore
28 IV-II SECOLO A.C.
LA LEGIONE MANIPOLARE
SE NON AVETE
ACQUISTATO IL
CALENDARIO DELLE
30 L’EQU UIPAGGIAAMENTO
PRINCEPS LEGIONIS IIIII SEC. A.C.
LEGIONI DI ROMA
ALLEGATO A WARS,
POTRETE TROVARLO
32 ACCA AMPAMEN NTI E FORTIFICAZIONI
TRA CASTRUM E VALLUM
SUL PROSSIMO
NUMERO DI FOCUS
STORIA IN EDICOLA
38 ASSE EDI
NESSUN MURO CI FERMERÀ
DAL 20 NOVEMBRE
44 IILASECLEGIONE
COLO A.C
C.-II SECOLO
COORTALE
O D.C.

WARS I NOSTRI ESPERTI 46 L’EQU UIPAGGIAAMENTO


LEGIONARIO DELLE GUERRE DACICHE 102 D.C.
GIORGIO ALBERTINI
Milanese, 46 anni, laureato in Storia medievale,
illustratore professionista per case editrici
e riviste (giorgioalbertini.com).
48 VITA QUOTIDIAANA
LA GIORNATA DEL LEGIONARIO

ANDREA FREDIANI
Romano, 52 anni, medievista, ha scritto vari saggi 51 BATT TAGLIE
UNA GUERRA LUNGA MILLE ANNI
di storia militare e romanzi storici di successo

60 III-V SECOLO D.C.


(andreafrediani.it).
LA LEGIONE DEL BASSO E TARDO IMPERO
GASTONE BRECCIA
Livornese, 52 anni, bizantinista e storico militare,
ha pubblicato saggi sull’arte della guerra, sulla
guerriglia e sulla missione ISAF in Afghanistan. 62 L’EQU UIPAGGIAAMENTO
STRATIÔTES, IMPERO ROMANO D’ORIENTE 450 D.C.

Giuseppe Cascarino
57 anni, ingegnere con studi classici, fondatore
64 GRAD DI E SCH
LE GERARCHIE
HIERAMENTI
CONTRIBUTORS

dell’Associazione culturale Decima Legio (decimalegio.


it) e autore di numerosi saggi sull’esercito romano.

Raffaele D’Amato
69 16COND DOTTIERI
GENERALI DELL’URBE,
DALLA REPUBBLICA ALL’IMPERO
Piemontese, 51 anni, studioso di storia militare

78
romana e professore di storia e archeologia antica e TRUP
PPE
medievale alla Fatih University di Istanbul.
SOTTO IL SEGNO DELL’AQUILA
Marco Lucchetti
Romano, 56 anni, ufficiale della riserva, ha scritto
volumi di storia delle armi e uniformologia ed è un
noto scultore di soldatini da collezione. IN COPERTINA: L’aquila romana, l’insegna delle legioni dell’Urbe (Arcangel).

S 3
SCALA

GLI UOMINI DEL KHAN


Arcieri mongoli (inizio del XV sec.).
A destra, una statua di Tamerlano,
Grande Emiro dell’Impero timuride
(Asia Centrale e Medio Oriente).
Il suo avversario Toktamish era
capo dell’Orda d’Oro, installata
nei territori di Russia, Ucraina e
Kazakistan. Entrambi avevano
ereditato o conquistato parte
dell’Impero mongolo creato da
Gengis Khan, suddiviso in khanati
nella prima metà del XIII secolo.
IL CAPO DEII MO
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DIEDERO VIT TA A EPIICI DU
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IN FUGA DA
ell’autunno dell’anno 1390 era festa a Samarcanda, del foraggio. Aveva poi deciso di superare il primo ostacolo, il
si sposava Omar Chaikh Mirza, figlio di Tamerla- Bek-Pak-Dala, la famigerata “steppa della fame”, partendo du-
no, Grande Emiro del regno di Transoxiana . Il pa- rante l’inverno per evitare il caldo torrido dell’estate. Ma il Gran-
dre approfittava dell’occasione per organizzare un de Emiro, che aveva 55 anni, si ammalò e dovette ripiegare sulla
gran quriltaï, una riunione alla maniera mongola di tutti i capi data di partenza, slittata al mese di gennaio del 1391.
militari più importanti e dei grandi funzionari del regno, con lo La spediz zion ne. L’armata risalì verso nord in direzione del-
scopo di organizzare la sua prossima spedizione contro Tokta- la Siberia Meridionale senza trovare tracce dell’esercito nemico.
mish, il khan dell’Orda d’Oro. Tra i due c’era una vecchia rug- Questa marcia alla cieca durò fino a maggio, quando le scorte
gine: l’anno prima Toktamish aveva approfittato dell’assenza di erano ormai finite e la fame cominciava a torturare
Tamerlano, occupato in una campagna militare in Iran, per in- uomini e bestie. Allora Tamerlano fece disporre gli
vadere e depredare il suo regno. Tamerlano era tornato a tappe uomini in un gigantesco circolo per fare il tcherge,
forzate e aveva sconfitto l’invasore, respingendolo nelle step- la tradizionale battuta di caccia dei popoli delle step-
pe dell’attuale Kazakistan. Anche se successivamente il khan
dell’Orda d’Oro aveva inviato a Samarcanda ambasciatori con
un messaggio conciliatorio e munifici regali per riaprire i rap-
porti con il Grande Emiro, questi aveva deciso di avviare contro
di lui continue azioni di rappresaglia sul suo territorio.
Tamerlano aveva riunito l’esercito, messo insieme equipag-
gio e viveri, dato direttive ai funzionari che avrebbero ammi-
nistrato il regno in sua assenza, inviato spie e scout per indivi-
duare la pista e rilevare la posizione del nemico. La rete di spio-
naggio dell’Emiro era costituita da mercanti che percorrevano
l’Asia in ogni direzione portando a Samarcanda merci e infor-
mazioni. D’altro canto, Tamerlano era molto legato agli ordini
sufi, in particolare alla Nashqbandiya, setta religiosa i cui adep-
ti praticavano i loro pellegrinaggi facendo visita agli sceicchi
di terre lontane raccogliendo lungo la strada frammenti
di notizie da farsi pagare bene. Informazioni tanto prezio-
se quanto era grosso il problema: dove si trovava Toktamish?
La tattica abituale dei nomadi dell’Orda d’Oro in caso di inva-
sione era quella di ritirarsi attraverso le steppe desertiche allo
scopo di attirare in quelle lande desolate il nemico, aspettando
che si sfiancasse e che consumasse tutti i viveri e le scorte d’ac-
qua, prima di circondarlo e distruggerlo.
Tamerlano, che da discendente dei Mongoli delle steppe co-
nosceva bene i piani di Toktamish, aveva ammassato un’ar-
mata composta unicamente da cavalieri, ciascuno con due
cavalli, più uno di riserva ogni due uomini, e viveri per un
anno: carne secca, cereali, e per i cavalli il miele al posto
Transoxiana Era la Sogdiana già attraversata da Alessandro, ovvero
l’area dell’Asia Centrale che si estende a est della Persia (oltre, cioè trans,
CONTRASTO

il fiume Oxus, come dice il nome latino), attualmente coincidente con


l’Uzbekistan e le regioni sud-occidentali del Kazakistan.

5
S I B E R

GEOGRAFICA
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pe: ogni cavaliere marciava fino al centro del cerchio, to di

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che stringendosi a mano a mano rastrellava tutta la sel-
vaggina che incontrava sul suo cammino. Le bestie del- Lag

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la steppa cadevano a profusione sotto i colpi dei caccia-
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tori. Il Grande Emiro ne approfittò persino per passare ar
Urganj

in rassegna i suoi uomini prima di riprendere la caccia a z Khiwa kend

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più grande, quella a Toktamish. D
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Samarcanda

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Ma in quale direzione procedere? Le pattuglie di to Za

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scout non scoprivano alcun segno del nemico e intanto ag Bokhara A

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i giorni passavano. Finalmente, raggiunto il fiume To- Teremed
Tus Balkh
bol, gli esploratori di Tamerlano individuarono qual- Khelat
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cosa, le tracce di una pattuglia, a ovest verso i Monti Khoras
san Herat Kabul
Urali, dove si trovava il cuore dell’impero di Toktamish. nde Deser
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Il Grande Emiro lanciò la sua armata in quella dire- Par p

M
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zione, dove il terreno diventava più difficile e la pianura
LA LUNGA CACCIA
si trasformava in palude rallentando la marcia, eppu- Secondo un cronista dell’epoca, percorso coperto dal Grande Emiro
re spinse soldati e cavalli fino al limite delle loro forze, l’armata di Tamerlano, mentre timuride per rincorrere l’orda del
certo di essere sulla pista giusta. Una conferma la ebbe avanzava in schieramento di battaglia, nemico Toktamish, fino alla battaglia
quando i suoi esploratori fecero prigionieri alcuni di- era larga 5 leghe (cioè fino a 10 km). del fiume Kondurcha (1391), nelle
sertori incontrati lungo la strada. I Transoxiani attra- Vero o meno che fosse, ecco il lungo steppe a nord del Mar Caspio.
versarono il fiume Ural a Orsk, tallonando ormai co-
sì da vicino Toktamish che la loro avanguardia raggiunse ben seminando morte e confusione. Era questo il momento: Tamer-
presto la retroguardia nemica. Si ritirarono subito, appena pre- lano ordinò alla sua riserva di attaccare il fianco destro avversa-
so contatto con gli uomini dell’Orda d’Oro, ma Toktamish lan- rio, che la manovra della sua ala destra aveva lasciato scoperto.
ciò suo figlio Omar Sheikh con 20.000 cavalieri a riacciuffare i Fra i cavalieri nemici fu il panico, tanto più che il portainse-
Transoxiani per obbligarli a fermarsi e a dare battaglia. Il corpo gne di Toktamish fece cadere a terra il suo tugh, la lancia ornata
d’armata di Tamerlano raggiunse il suo capo a Kondurcha, nei di crine di cavallo che era l’emblema dell’Orda d’Oro. Ritenen-
pressi di quella che è l’attuale città di Orenburg (Russia). do che il loro khan fosse morto, torme di guerrieri fuggirono.
Dopo sei mesi di marce erranti e 2.800 chilometri percorsi, Il loro capo non poté far nulla per evitare che i suoi uomini in
Tamerlano si trovava davanti al suo avversario: preceduto dai rotta fossero schiacciati dalla cavalleria pesante timuride. Cir-
corrieri, raggiunse con il grosso dell’armata le truppe di suo fi- condato dalla sua guardia, Toktamish lasciò il campo di bat-
glio, che aveva obbligato il khan nemico allo scontro risolutivo. taglia per rifugiarsi nei suoi territori dell’ovest, in pratica nelle
La tattic ca. Toktamish dispose il suo esercito alla maniera steppe dell’attuale Russia.
tradizionale dei Mongoli, centro e due ali, a formare una mez- Il trucco o. Si disse che Tamerlano aveva pagato il porta-in-
zaluna che aveva lo scopo di avvolgere il nemico in una stret- segne del nemico per abbassare il tugh al momento convenuto.
ta mortale. Tamerlano aveva diviso la sua armata in sette cor- Comunque fosse andata, l’armata transoxiana esausta ma vitto-
pi indipendenti l’uno dall’altro, con uno di questi piazzato die- riosa poté fare man bassa di viveri nell’accampamento nemico.
tro in riserva; avendo meno uomini, il suo piano era quello di Questi musulmani devoti mangiarono a sazietà e saccheggia-
cercare il più possibile il corpo a corpo col nemico, che aveva rono tutte le bevande alcoliche con le quali di solito si festeg-
un esercito formato essenzialmente di cavalieri leggeri. Il truc- giavano vittorie e bottino.
co era quello di tormentarlo per smarcarsi poi dal suo assalto. Con l’esercito ormai sazio, il Grande Emiro poté riprendere la
Ma la battaglia doveva ancora aspettare: una tempesta inu- via di Samarcanda, non senza aver nominato niente meno che
suale in estate stava riversando sabbia e pioggia sugli opposti tre diversi khan per rimpiazzare Toktamish. Essi però non eb-
schieramenti, impedendo loro di montare a cavallo. Dopo due bero l’occasione di regnare, perché il loro predecessore fece ap-
giorni di fango, il 19 giugno iniziò la battaglia. pello ai suoi vassalli russi e, con quel che restava della sua arma-
Tamerlano prese l’iniziativa lanciando la sua ala destra contro ta, ristabilì l’autorità su tutti i vassalli dell’Orda d’Oro.
l’ala sinistra di Toktamish, che tentò a sua volta di stringersi in Fino alla morte Tamerlano continuò a lanciare le sue campa-
cerchio attorno all’avversario; ma Miran Sha, figlio del Grande gne contro ogni vicino: l’Iran, l’Iraq, il Caucaso, l’India, la Siria
Emiro, che guidava questo settore lanciò le sue riserve contro gli mamelucca, l’Anatolia ottomana. Morì a Otrar (Kazakistan) nel
uomini dell’Orda d’Oro respingendoli. L’ala sinistra timuride fu 1405, mentre si preparava ad attaccare la Cina dei Ming. 
spezzata dai cavalieri nemici, che si lanciarono contro il centro Pierre David Beauchard (traduzione di Lidia Di Simone)

6
IL MONGOLO
Un cavaliere dell’orda di Toktamish. Quando Un tira e molla
viaggiavano lungo le steppe preferivano

I
rapporti tra i due capi mongoli erano complessi.
indumenti comodi come i lunghi caftani Toktamish apparteneva all’Orda Bianca, i nomadi
e i copricapi conici di pelliccia alle pesanti a nord del lago d’Aral, guidati dal khan Urus. Per
armature e agli elmi. Le armi erano tutte spodestarlo Toktamish aveva chiesto l’aiuto di Ta-
agganciate alla cintura: arco, frecce e spada; merlano, che si era già ritagliato un solido regno in
volendo anche la lunga mazza metallica. Asia Centrale. Grazie a questa alleanza, Toktamish
aveva finalmente messo le mani sull’Orda Bianca.
Chi troppo vuole. Ma la sua sete di potere non
si era arrestata lì: l’ambizioso Toktamish aveva
puntato sull’Orda d’Oro, il khanato che dominava
le steppe della Russia. Ormai padrone anche di
queste terre, nel 1387 aveva attraversato il Caucaso
per attaccare l’Impero timuride di Tamerlano. Così
le due armate si erano affrontate nel Karabakh e
Toktamish aveva battuto l’ex amico e alleato.
Non soddisfatto, aveva mosso di nuovo contro
Tamerlano nel 1389, spingendosi fin nel cuore
della Transoxiana. In questo modo aveva scatenato
l’ira del suo vecchio benefattore e la sua rappresa-
glia, che avrebbe portato alla battaglia del fiume
Kondurcha (a sinistra). Lo attaccò poi nel Caucaso
(1935), e stavolta Tamerlano lo inseguì per batterlo
sul fiume Terek. Fu allora che Toktamish perse il
khanato dell’Orda d’Oro, strappatogli da Temür
Qutlug. Per riprenderselo osò invocare ancora
l’aiuto del Grande Emiro. Si ignora la risposta di Ta-
merlano. Toktamish morì nel 1406, un anno dopo
l’amico-nemico, che nonostante tutto lo gratificò
di una generosità mai mostrata con altri avversari.

L’ESERCITO DI
TAMERLANO
La cavalleria
pesante timuride
aveva standard
di armamento
molto alti che
comprendevano una
lancia, una spada, un
arco composto con
30 frecce, un lasso
(o lazo), un pugnale,
una mazza e uno
scudo ricoperto di
pelle di coccodrillo.
Anche l’armamento
difensivo era curato,
G. ALBERTINI (2)

a cominciare dalle
cavalcature, coperte
di sofisticate
armature lamellari.
MEMORIE

Laboratorio
ambulante
F enton è considerato il
precursore dei fotoreporter di
guerra perché il conflitto in Crimea
da lui immortalato è la prima
guerra fotografata. Nel 1855 si
offrì volontario per una missione
finanziata dal ministero della
Guerra britannico: fotografare
gli aspetti più accettabili del
sanguinoso conflitto (durato dal UN PIONIERE
1853 al 1856) su lastre di vetro Roger Fenton
trattate a collodio. Nella foto, (1829-1869),
Marcus Sparling, l’assistente di avvocato e fotografo,

LIBRARY OF CONGRESS
Fenton, sul carro che venne usato fondatore della
per il reportage. Riuscivano a Royal Photographic
sviluppare i negativi dopo soli Society. Iniziò con i
dieci minuti dallo scatto. ritratti della famiglia
reale inglese.

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NASCE
LA FOTO
DI GUERRA
DURI A MORIRE
Crimea 1855, il
tenente colonnello
Shadforth con il 57th
(West Middlesex)
Regiment of
Foot. Questi
fanti dell’esercito
britannico erano
GETTY IMAGES

soprannominati “the
die hards” (i duri a
morire).

8
GETTY IMAGES

RELAX
Soldati inglesi in un
momento di pausa.
Fenton li seguiva sul
suo carro, con cuoco
al seguito, e scattò
360 foto prima di
ammalarsi di colera e
tornare in patria.

L’ASSEDIO
Batterie di mortai
della Light Division
durante l’assedio di
Sebastopoli. I soldati
GETTY IMAGES

britannici sono
posizionati dietro un
terrapieno fortificato.

9
SOPRAVVISSUTI
Il capitano Edwyn Sherard Burnaby
del 1st (Grenadier) Regiment of Foot
Guards. Nel 1880, da generale, divenne
un parlamentare conservatore.

BALAKLAVA
La “Valle dell’ombra della morte” è il
capolavoro di Fenton: ritrae le palle di
cannone a Balaklava, dove gli inglesi
morirono nella famosa carica della
Light Brigade.

RMN/ALINARI GETTY IMAGES

RMN/ALINARI GETTY IMAGES

I RIFORNIMENTI TUTTI IN POSA


Palle di cannone ammucchiate nel porto di Balaklava. Il comandante della Divisione leggera sir George Brown con i
L’assedio a Sebastopoli durò un anno, durante il quale suoi ufficiali. Dai resoconti di Fenton si scopre che ogni ufficiale
furono necessari continui rifornimenti di munizioni. britannico faceva carte false per farsi immortalare.

10
NELLE FOTTO DI ROGEER FEENT
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RMN/ALINARI

SEBASTOPOLI
Soldati bevono sulla
linea del fronte
prima dell’assalto
finale a Sebastopoli;
la fase conclusiva
dell’assedio durò
dall’aprile al
settembre 1855.

GLI ZUAVI
Un cordiale per lo
zuavo francese ferito.
La vivandiera che
gli porge il bicchiere
era al seguito del
reggimento Zuavi.

11
RMN/ALINARI
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I PROTAGONISTI
Sopra, pattuglia di Swordfish in
volo (1940). Qui a lato, la flotta
della Regia Marina durante le
esercitazioni nel porto di Taranto
AP/ANSA

(1936). A destra, in Gran Bretagna


il Daily Mirror dà notizia del raid.

12
attacco contro una flotta nemica in porto non rappre- tro le basi navali italiane, compresa quella principale: Taranto.
senta una novità per la Royal Navy inglese. Nel 1587 Mentre Mussolini reagiva con l’operazione “oro alla patria” e
Francis Drake aveva compiuto un’audace incursione con una spregiudicata offensiva diplomatica, il progetto ingle-
a Cadice, colpendo le capacità logistiche dell’Invinci- se finì nei cassetti. Nel 1938, la crisi dei Sudeti portò a riconsi-
bile Armada di Filippo II di Spagna. Due secoli più tardi l’ammi- derare l’attacco contro Taranto, per porre fuori combattimen-
raglio Horatio Nelson non aveva esitato a colpire prima la flot- to la flotta italiana, ormai in avanzato stato di potenziamento.
ta francese ad Abukir (1798), poi quella danese a Copenaghen George Lyster, comandante della portaerei inglese Glorious,
nel 1801, mentre entrambe erano all’ancora. uno specialista di tattiche aeronavali che vent’anni prima era
Già durante la Prima guerra mondiale, la nascente arma aerea stato distaccato con una squadriglia di idrovolanti proprio a Ta-
aveva fornito un nuovo strumento per attaccare le flotte nemi- ranto, riprese in mano il progetto, imperniato su un raid di ae-
che al sicuro nei loro porti. Nel settembre 1914 i giapponesi ave- rosiluranti imbarcati. Tuttavia, anche la nuova crisi rientrò gra-
vano lanciato alcuni idrovolanti da una nave appoggio per col- zie alla Conferenza di Monaco, e il piano elaborato da Lyster fu
pire una base navale tedesca in Cina; e due anni più tardi l’allo- accantonato. A farlo tornare di attualità ci pensarono, nell’e-
ra colonnello Giulio Douhet, tra i “profeti” del nascente “potere state 1940, l’entrata in guerra dell’Italia e la resa francese, che
aereo” , ricordava al generale Cadorna che “un nuovo mezzo di sottraevano a Londra la superiorità navale nel Mediterraneo.
guerra si affaccia sul mondo: l’aeroplano potente […] capace di L’ammiraglio Andrew B. Cunningham, comandante della
lanciare a 500 km dalla propria base 500 kg di esplosivo, oltre- Mediterranean Fleet (la flotta del Mediterraneo della Royal
passando qualsiasi ostacolo […] Mille aeroplani potenti posso- Navy), non perse tempo nel rispolverare i piani destinati a in-
no lasciar cadere […] nel porto di Pola una quantità di esplosi- fliggere un duro colpo alla Regia Marina (dimostratasi un’av-
vo pari a quella contenuta in 5.000 siluri, per distruggere con un versaria da non sottovalutare nelle prime settimane di guerra, a
solo volo tutta la flotta austriaca”. All’epoca era una visione tan-
to audace quanto inattuabile; ma anche l’alba di una nuova era. Potere aereo Douhet, autore delle Regole per l’uso degli aeroplani in guerra, formulò la teoria della
superiorità aerea nel libro Il dominio dell’aria (1921) dove propugnava la nascita di una terza forza
I piani di Alb bion ne. Nel 1935, l’attacco italiano contro l’Im- aerea, oltre alle aviazioni di esercito e marina: un’Armata aerea, risolutiva nella difesa del Paese. Se-
pero abissino provocò una grave crisi con Londra. Prima di la- condo lui, dopo la Grande guerra le campagne militari dipendevano ormai dalle forze aeronautiche e
sciare la parola alla Società delle Nazioni e alle sanzioni, la Royal l’esito dei conflitti sarebbe stato deciso dal massiccio impiego di bombardamenti strategici contro le
città nemiche e la popolazione civile, portati a buon fine da vere“fortezze volanti”.
Navy iniziò a progettare raid da lanciare con le portaerei con-
ALAMY
LA TTE D 4

flottanti
antiaeree
orpediniere
ento pallo
ri
rovolanti leggero Ab
ish leggero Ga
ish abbattut pesante Pol
a pesante Tre
isiluro idrovolanti

Taranto Nella rada di 22:25 Postazioni di siluro a sinistra, nella zona con vari danni a navi, aerei martellamento subito sarà
Mar Grande, nella tarda aerofoni individuano aerei prodiera. La nave non e infrastrutture. di nuovo operativa nel
sera dell’11 novembre: in avvicinamento all’altezza tornerà più in servizio. marzo 1941.
sono all’ancora, oltre al di Gallipoli. 24:00 Un siluro colpisce
naviglio di scorta e a 3 23:15 La modernissima in pieno, da dritta, la 24:30 Ultimo attacco
incrociatori pesanti, tutte 22:58 Entrano in azione corazzata Littorio viene zona prodiera della della seconda ondata
e 6 le corazzate della flotta gli aerei lancia-bengala per centrata da 2 siluri, uno corazzata Caio Duilio, partita dalla Illustrious,
italiana. illuminare i bersagli. colpisce a proravia di che resterà fuori servizio con danni sull’incrociatore
dritta, l’altro a sinistra, sino al maggio 1941. Trento, ormeggiato nel Mar
20:35 Dalla portaerei 22:14 Ha inizio l’attacco nella zona poppiera. Piccolo.
Illustrious (170 miglia da degli aerosiluranti, uno 24:01 Un terzo siluro
Taranto) partono i primi dei quali viene subito 23:15 Iniziano gli attacchi colpisce al centro 1:20-2:50 Sulla portaerei
12 Swordfish, seguiti dagli abbattuto dalla Cavour, diversivi sugli obiettivi la corazzata Littorio, inglese rientrano 18 dei 20
altri 8 un’ora più tardi. a sua volta colpita da un individuati nel Mar Piccolo, che nonostante il apparecchi partiti.

Le ali dello Swordfish erano dotate di


cerniere per essere ripiegate, riducendo
In dotazione aveva lo spazio di stivaggio sulla portaerei.
una mitragliatrice.
Raggiungeva i 224 km/h
a 1.450 metri di quota.

Leva di
sgancio
del siluro.

Il gancio d’arresto (qui retratto)


era fondamentale per operare
dalle portaerei.
WWW.SCALARCHIVES.COM

LO SWORDFISH In alternativa ai siluri,


L’aerosilurante imbarcato britannico Fairey poteva trasportare
Siluro in posizione ventrale, era
Swordfish; robusto seppur antiquato, poteva l’armamento principale dello Swordfish. 680 kg di bombe.
decollare anche da piccole portaerei.
CON POCH HI VELIVO
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IL NEMMICCO STA
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onta delle tante carenze che l’affliggevano), sorprendendola nel
suo porto più protetto. Ad aiutarlo, Cunningham poteva conta-
re su un collaboratore d’eccezione: promosso contrammiraglio
IL BRITANNICO
nel 1939, dall’agosto 1940 proprio Lyster era stato riassegnato L’ammiraglio

SCALA
alla Mediterranean Fleet quale comandante della divisione por- Andrew Browne
taerei, comprendente la Eagle e la Illustrious. A questo esper- Cunningham,
to specialista fu così affidato il compito di aggiornare il proprio comandante in capo
progetto, mentre Cunningham architettava un’ampia manovra della Mediterranean
Fleet della
strategica, intesa a rendere possibile il colpo. Royal Navy.
Taranto fu posta sotto sorveglianza dall’intelligence e dalla ri-
cognizione aerea (a Malta fu attivato un reparto di veloci bimo-
tori da fotoricognizione di costruzione Usa, affettuosamente
chiamati dagli equipaggi inglesi Bob Martin). Queste missio-
ni permisero di fissare con precisione la posizione d’ormeggio
delle navi italiane e gli apprestamenti difensivi, comprenden-
ti reti parasiluri e un efficace sbarramento di palloni frenati .
Un altro problema da affrontare per gli attaccanti era la con-
figurazione stessa del porto: i suoi bassi fondali infatti rappre-
sentavano un ostacolo al normale lancio di siluri da un aereo:
in effetti, dopo il tuffo i siluri si immergevano per parecchi me-
tri, come dimostrato in alcune azioni aeronavali nei porti del-
la Norvegia. Unico antidoto, sganciare l’ordigno volando a pe-
lo d’acqua, operazione già di per sé rischiosa, che comunque la liani – compreso il comandante della flotta Inigo Campioni –
presenza dei cavi d’acciaio fissati ai palloni frenati avrebbe reso erano dell’idea che i proiettori di bordo andassero impiegati co-
praticamente impossibile. A complicare le cose, Lyster avrebbe me ultima risorsa, evitando di fornire punti di riferimento agli
potuto contare solo su una delle sue due portaerei, essendo la attaccanti. C’era invece disaccordo sulle reti parasiluri: Pasetti
Eagle in riparazione. Dalle ultime ricognizioni aeree effettuate era intenzionato ad apprestare solide recinzioni attorno a tut-
nei giorni precedenti l’attacco, fissato per la notte dell’11-12 no- te le unità da battaglia, mentre Campioni non voleva vedere le
vembre, emersero però una serie di interessanti novità. sue navi bloccate, incapaci di prendere il mare alla svelta in ca-
Il nido dei fagiiani. Le foto presentate agli ammiragli in- so di emergenza. Ma si trattava di una disputa accademica, vi-
glesi parlavano chiaro. Non solo alla flotta italiana si era ag- sto che a un attacco aerosilurante in porto si credeva poco. In
giunta anche una sesta corazzata (l’Andrea Doria, appena am- ogni caso le carenze della produzione bellica italiana limitava-
modernata), ma lo sbarramento dei palloni frenati presentava no la disponibilità delle reti: a fronte infatti di un fabbisogno di
una breccia, creata dal maltempo che aveva colpito Taranto, di- quasi 13mila metri, a novembre erano disponibili poco più di
sancorandone i due terzi . Le difese della base erano state po- 7.000 m lineari di recinzione, per il 40% ancora da posare, e con
tenziate dall’energico ammiraglio Antonio Pasetti, comandan- una produzione mensile di 3.600 metri. Analoghi problemi si
te del Dipartimento militare marittimo di Taranto: nel novem- incontravano per sostituire i palloni frenati perduti a causa della
bre 1940, oltre che sui pezzi delle navi in rada (in stato d’aller- carenza di idrogeno, mentre al contrario gli inglesi disponeva-
ta soprattutto di notte), la difesa contraerea poteva contare su no del nuovo innesco DCR (Duplex Coil Rod) per siluro a per-
101 cannoni, 177 postazioni di mitragliatrici pesanti e leggere, cussione e ad accensione magnetica, che in teoria – visto che il
e 13 stazioni d’ascolto aerofoniche collegate a 22 proiettori. Al- sistema presentava diversi difetti – permetteva loro di colpire
tri proiettori, e gli impianti nebbiogeni per il mascheramento, lo scafo nemico passando sotto le reti, profonde circa 10 metri.
erano installati sulle navi da guerra, anche se gli ammiragli ita- A questo punto, le foto che mostravano il varco tra i palloni e
l’arrivo della sesta corazzata in porto indussero a favore del raid
Bob Martin Nome derivato da una popolare marca di vitamine per cani. Gli aerei prescelti erano i Cunningham, secondo il quale ormai “Tutti i fagiani erano nel
Maryland della Glenn Martin Aircraft Company, equipaggiati con speciali macchine fotografiche. nido”. L’Operazione Judgement (“giudizio”) poteva scattare.
Palloni frenati Aerostati senza propulsione vincolati al terreno mediante uno o più cavi, impiegati La notte e de el Giudiz zioo. Il raid su Taranto rappresenta-
nelle due guerre mondiali come sistema di sbarramento contro le incursioni aeree nemiche. va l’atto centrale di una più vasta offensiva strategica, avviata
Due terzi L’11 novembre restavano disponibili appena 27 palloni, riposizionati nei punti più espo- sin dal 6 novembre anche per rifornire Malta e colpire il traffi-
sti, ma senza poter coprire le rotte d’avvicinamento prima difese da una novantina di palloni. co mercantile italiano nel Canale di Otranto, mobilitando sia
Forza H Squadra inglese creata all’indomani della resa francese, che aveva sottratto dalla scena la la Mediterranean Fleet, uscita in mare con la Illustrious e 4 co-
potente flotta di Parigi. Disponeva della portaerei Ark Royal, che durante l’Operazione Judgement razzate, sia la Forza H basata a Gibilterra. Mentre gli aerei in-
lanciò attacchi aerei contro Cagliari. glesi creavano un’efficace cortina difensiva (i comandi italia-

15
ARCHIVIO (3)

DIFESE INUTILI ni sapevano dei movimenti nemici, ma non i loro obiettivi, e


L’ammiraglio italiano si erano limitati ad allertare Campioni), e i convogli per Malta
Inigo Campioni. e Suda (due settimane prima l’Italia aveva attaccato la Grecia)
Sopra, la Cavour
semiaffondata, e
si dirigevano a destinazione, la portaerei britannica si posizio-
in alto a destra, uno nava. Scortata da 4 incrociatori – poi distaccati per una riusci-
dei 22 proiettori della ta incursione nel Canale di Otranto – e altrettante cacciator-
difesa antiaerea di pediniere, l’Illustrious raggiunse alle 20:30 dell’11 novembre il
Taranto. punto previsto per il lancio degli apparecchi, 170 miglia a su-
dest di Taranto. Per prudenza, un ricognitore proveniente da
Malta avrebbe sorvolato il porto pugliese fino a un quarto d’o-
ra prima del lancio dell’attacco, per evitare un’uscita a sorpre-
sa della flotta italiana.
Alle 20:40 dalla portaerei di Sua Maestà si alzarono in volo
i 12 aerei del primo raid, seguiti – un’ora dopo – da 8 velivoli
della seconda ondata. Gli apparecchi che stavano per scatenar-
si contro il nucleo d’acciaio della Regia Marina erano i biplani

LO
O S WO R D F I SH
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FARABOLAFOTO
Taranto e Pearl Harbor a confronto

S
e confrontiamo i due raid, quello volume di fuoco paragonabile a quello Premesse. Vero è che l’Italia era in
su Pearl Harbor del 7 dicembre degli americani a Pearl Harbor. Dei 20 guerra da cinque mesi, mentre la
1941 fu effettuato da ben 6 por- aerei inglesi 2 risultarono abbattuti (e Pacific Fleet americana fu attaccata a
taerei giapponesi, con 353 apparecchi altrettanti danneggiati), con una per- tradimento; ma bisogna aggiungere
lanciati. Eppure le difese approntate dita tra le forze attaccanti pari al 10 per che gli “avvisi di tempesta” non erano
dall’ammiraglio Pasetti appaiono più cento. La contraerea americana abbat- mancati, infatti la tradizione militare
efficaci, tenendo conto che l’attacco té, invece, 22 dei 353 aerei attaccanti nipponica era piena di attacchi a sor-
contro la flotta italiana avvenne di (danneggiandone 74), pari appena al presa, e l’incursione aeronavale contro
notte, mentre quello sulle Hawaii fu 6,2 per cento della forza d’assalto nip- Pearl Harbor era stata prevista con
un assalto diurno, contro una base che ponica. I giapponesi persero poi altri precisione dal profeta dell’air power
sulla carta era ben protetta da ingenti 7 velivoli abbattuti da due caccia P-40 (potere aereo) americano, il generale
forze aeree, sorprese e annientate però levatisi in volo da una pista secondaria. William Mitchell sin dal 1923, e messa
a terra. A Taranto furono sparati 13.489 Questo nel corso di un attacco diurno, nero su bianco in diversi rapporti suc-
colpi dalle sole postazioni a terra, sen- durato a lungo e sviluppatosi contro cessivi, corroborati anche da alcune
za contare il contributo delle navi, un diversi obiettivi su due ondate. esercitazioni pre-belliche.

d’attacco Fairey Swordfish , in servizio dal 1936, in apparenza vour non rientrò mai in servizio. Il raid avrebbe soprattutto in-
goffi e sorpassati, ma capaci di sorprendenti prestazioni: 11 ae- fluenzato l’ammiraglio giapponese Yamamoto e i suoi collabo-
rei erano armati di siluro a doppio innesco, gli altri nove porta- ratori, che grazie alle notizie di prima mano raccolte dall’addet-
vano bombe, spezzoni e bengala illuminanti. to navale Takeshi Naito, giunto a Taranto subito dopo l’attacco,
La prima ondata d’attacco non arrivò inaspettata nel cielo di vi si ispirarono per elaborare il piano contro Pearl Harbor, ba-
Taranto; da ore la contraerea era impegnata per falsi allarmi e se navale dalle caratteristiche molto simili a quelle del porto pu-
per i ricognitori provenienti da Malta, mentre le postazioni ae- gliese (v. riquadro sopra).
rofoniche segnalarono l’avanguardia del raid già a 45 miglia da Nel frattempo, nei comandi italiani si scatenò un feroce rim-
Taranto. Alle 22:52 i primi Swordfish sorvolarono la base italia- pallo di responsabilità, mentre il regime tentava di mascherare
na, illuminata dai bengala. Il destino della squadra da battaglia il disastro dietro la consueta cortina fumogena della propagan-
di Campioni si decise in un pugno di minuti quando, tra le 23:14 da. Anche se le divergenze tra Pasetti e Campioni (di lì a poco
e mezzanotte, gli aerei inglesi misero a segno 5 degli 11 siluri silurato assieme al Capo di Stato maggiore della Marina Cava-
sganciati, centrando le vecchie corazzate Cavour e Caio Dui- gnari e al maresciallo Badoglio) avevano creato incertezze nella
lio (con un colpo ciascuna), e la modernissima nave da batta- difesa, tra i maggiori responsabili del disastro andava annove-
glia Littorio, squarciata da ben 3 ordigni. Salve per un soffio al- rata la carente preparazione italiana alla guerra, frutto proprio
tre 2 corazzate e un incrociatore pesante, mentre gli Swordfish delle sconclusionate e velleitarie decisioni strategiche del regi-
armati di bombe martellavano le unità presenti in Mar Piccolo me fascista. Quando si parla delle carenze della Regia Marina nel
e i depositi di nafta, provocando danni sensibili ma non gravi. 1940-1943 si punta il dito (correttamente) sulla mancanza di ra-
A mezzanotte e mezza, tutto era finito. dar e portaerei, per esempio, ma in realtà allora si faticava anche
L’aerosillura ante! Per la prima volta nella Storia, un attac- a produrre materiale non certo sofisticato, come le reti parasilu-
co partito da una portaerei aveva ottenuto un incisivo risultato ri per le ostruzioni e i palloni frenati ben conosciuti da decenni.
strategico, come sottolineò l’ammiraglio Cunningham. L’uffi- Ai ripari. Il disastro di Taranto mise in luce un’altra para-
ciale scrisse nelle sue memorie:“Il fortunato attacco ha grande- dossale falla nell’apparato militare italiano che, dopo aver stu-
mente aumentato la nostra libertà di movimento nel Mediterra- diato a lungo l’aerosiluramento, e sebbene la ditta Whitehead di
neo […] e rafforzato il controllo sulla zona centrale […] lascian- Fiume producesse un ottimo siluro per aerei, acquistato anche
do libere unità per operazioni in altri teatri […] L’effetto sul mo- dai tedeschi, si era “dimenticato” degli aerosiluranti SM-79 del-
rale degli Italiani deve essere stato notevole”. la Regia Aeronautica (i leggendari “gobbi maledetti”, così chia-
La conseguenza fu che le unità superstiti vennero spostate nel mati dagli inglesi per la loro rustica efficacia), che già avevano
meno attrezzato ma più defilato porto di Napoli, mentre due ottenuto alcuni successi contro la Mediterranean Fleet. Pochi
delle tre corazzate silurate rimasero fuori uso per mesi e la Ca- giorni dopo Taranto, Mussolini si accorse pertanto che anche
in Italia esisteva un’arma non meno efficace di quella impiega-
Fairey Swordfish A questi aerei si devono numerosi successi: i più importanti, nel 1941, quando
danneggiarono la corazzata italiana Vittorio Veneto e immobilizzarono il Pola (evento rivelatosi fata- ta dagli inglesi l’11 novembre. Come scrive Gianni Rocca rie-
le per un’intera divisione di incrociatori italiani, annientata a Capo Matapan). Senza contare il colpo vocando una scena molto consueta fra vertici politici e milita-
inferto alla tedesca Bismarck, che scatenò la leggendaria caccia alla nave da battaglia del Führer a ri del fascismo, dopo un nuovo successo degli SM-79 “quando
opera di tutte le forze dell’Atlantico del Nord, conclusasi con il suo affondamento (maggio 1941).
Pricolo va a portare la bella notizia al Duce, si sente risponde-
Mar Piccolo Il porto di Taranto è diviso in Mar Grande, l’area esterna dove si trovavano le corazza- re: - Molto bene questi aerosiluranti. Quanti ne abbiamo? - Una
te, e Mar Piccolo, area interna raggiungibile attraverso un canale chiuso dal ponte girevole.
decina, duce.- Così pochi? - Infatti sono pochi. Ma dieci mesi or
sono esisteva soltanto un siluro da esercitazione”.
LA FLOTTA La lezione di Taranto avrebbero portato a riconsiderare la
DECIMATA questione aeronavale: per le portaerei era ormai troppo tardi,
A lato, la corazzata ma qualcosa si ottenne per la specialità degli aerosiluranti, che
Caio Duilio colpita.
Era stata varata nel nelle mani di assi leggendari come Buscaglia e Graziani avreb-
1913 e all’epoca bero fatto passare diversi brutti momenti alla Royal Navy. 
era già obsoleta. Giuliano Da Frè

17
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PR
PRIM
MO PI NO

LE LEGIONI
DI ROMA


È utilissima la formazione romana. Ogni soldato romano,
una volta armato e pronto all’occorrenza, si adatta
ugualmente a ogni luogo e tempo e a ogni scontro inatteso.
È pronto e nella stessa condizione sia che debba combattere
schierato con l’intero esercito sia con una parte di esso
sia da solo. Perciò, visto che è di gran lunga superiore la
capacità dei Romani di utilizzare i componenti del proprio
schieramento da parte, va da sé che anche nel complesso la
formazione romana risulterà superiore alle altre.”
Polibio
Polibio, un greco divenuto romano d’adozione, dob-
biamo il giudizio ammirato e gran parte delle notizie
NON SI PUÒ PARLARE più dettagliate sulla legione, che l’abile storico giudi-
cava lo strumento bellico più efficace che avesse mai
DI UN SOLO ESERCITO calcato i campi di battaglia. Da queste poche parole emerge la
sua caratteristica principale, la duttilità. Ogni altra celebre uni-
ROMANO PERCHÉ tà del mondo antico aveva uno o più punti deboli: i cunei degli
NELL’ARCO DI OLTRE eserciti barbarici avanzavano in disordine, i carri da guerra espo-
nevano i cavalli che li trainavano al tiro degli avversari, la caval-
DIECI SECOLI SOTTO LE leria corazzata partica e sassanide aveva scarsa mobilità, la fa-
lange greca e quella macedone avevano bisogno di terreni piat-
INSEGNE DELL’URBE SI ti per mantenere una coesione assoluta.
SONO SUCCEDUTI DIVERSI I legionari romani, invece, potevano combattere in qualunque
situazione e formazione: come arcieri o frombolieri erano capaci
ESERCITI. ECCOLI di sfaldare i ranghi nemici con il lancio dei pila prima ancora di
giungere all’impatto, come una falange sfondavano il fronte ne-
mico coesi di fronte all’urto, e prevalevano sempre nel corpo a
corpo grazie al loro armamento concepito per un utilizzo rapi-
do ed efficace. A seconda dei nemici affrontati e delle necessità,
potevano combattere in aperta pianura, con una legione schiera-
ta in tutti i suoi effettivi, o su terreni frastagliati, con le loro uni-
tà tattiche adattate nell’arco dei secoli.
Avevano fiuto per la guerra, i Romani, e, pur essendo tradizio-
nalisti come pochi altri, facevano presto ad adattarsi alle circo-
stanze, abbandonando con relativa disinvoltura armamenti, tat-
tiche e tipologia di unità quando ritenevano che un cambiamen-
to potesse giovare alla loro resa bellica. Il tratto comune a tutte
le epoche era la capacità di manovra e la disciplina.
Quattro fasi. Non esiste solo un tipo di legione, nell’arco
del millennio e oltre in cui Roma dettò legge sui campi di bat-
taglia, ma almeno quattro. La legione (in origine il termine le-
gio significava “leva”, passando poi a definire unità militari) na-
sce come modalità di combattimento. Di questa sappiamo so-
lo che, dopo i primi scontri con gli Etruschi, si evolse in falange.
Roma tornò a questa formazione mezzo millennio dopo, quando
il contatto con avversari barbarici e cavallerie corazzate e l’im-
missione nell’esercito imperiale di elementi esterni, unitamen-
te alle difficoltà di uniformare l’addestramento di reclute etero-
genee, imposero un cambio di mentalità e l’abbandono dell’e-
quipaggiamento che aveva caratterizzato il legionario classico.
In mezzo al punto di partenza e a quello di arrivo, le altre due
tipologie di legione, quelle più conosciute; dapprima quella ma-
nipolare, e poi quella coortale. Non ci sono momenti precisi in
cui possiamo asserire che si passò dall’una all’altra tipologia di le-
gione, e ogni attribuzione del cambiamento a un personaggio o
a un evento è arbitraria. Quel che possiamo dire, senza timore di
essere smentiti, è che nel periodo delle Guerre sannitiche (IV se-
colo a.C.) l’Urbe abbandonò definitivamente la falange e adottò
le formazioni manipolari, che consentivano alle armate romane
di agire sugli aspri terreni del Sannio; che nell’epoca che va dalle
Guerre macedoniche alle Guerre civili (ultimi due secoli prima
SOLDATI dell’era volgare) le legioni finirono per privilegiare un nuovo ti-
CESARIANI
Legionari della po di unità tattica, la coorte; che nel corso della crisi del III seco-
Legio X Gemina lo e con Diocleziano e Costantino si ebbero profondi mutamenti,
respingono al termine dei quali il legionario non ebbe più il suo armamento
un attacco dei classico e le legioni ebbero una consistenza numerica pari a nep-
Galli durante le pure un terzo di quelle dell’apogeo dell’impero. Ma possiamo di-
campagne di
Giulio Cesare per re che i Romani continuarono a prevalere in ogni circostanza, al-
meno finché ci furono soldati disposti a combattere. 
M. KOZIK

la conquista della
Gallia (58-51 a.C.). Andrea Frediani

21
O .
LA LEGIONE ARCAICA
ome in gran parte delle società arcaiche, an- letari adibiti al servizio del campo), di cui 18 di cava-
che nella Roma monarchica partecipazione lieri: solo le prime 3 classi producevano legionari, ov-
civica e militare erano considerate un tutt’u- vero fanti con armamento pesante.
no. E chi poteva pagarsi le armi doveva ser- Da Romo oloo a Veio.. I dati tradizionali fanno pertan-
vire nell’esercito. La tradizione fa risalire ai tempi di Ro- to ascendere a 40 le centurie di opliti di I classe – dota-
molo un ordinamento militare di 3.000 fanti, quale le- ti di elmo, scudo circolare (clipeus), corazza, schinieri,
gione iniziale, derivato dalle tre tribù primitive in cui sa- lancia e spada, e ad altre 20 le centurie di opliti di II e III
rebbe stata divisa l’Urbe, ciascuna ripartita in 10 curie e classe, sempre armati pesantemente, ma senza corazza
tenuta a fornire 1.000 uomini a piedi e 100 a cavallo, ov- né schinieri, e con uno scudo oblungo (scutum). In tut-
vero una centuria e una decuria per ogni curia. to, quindi, 4.000 clipeati e 2.000 scutati, cui si aggiunge-
Con il re Servio Tullio, e comunque nella seconda vano 2.500 fanti leggeri delle altre due classi, e 600 ca-
metà del VI secolo a.C., si ebbe una riforma timocrati- valieri. Siamo giunti così alla duplicazione della legio-
ca, in base alla quale i cittadini furono ripartiti in classi ne romulea, che probabilmente nella seconda metà del
di censo; il sistema si perfezionò nei primi secoli del- V secolo a.C., per far fronte ai molteplici fronti di guer-
la Repubblica fino a definire 5 classi, ciascuna suddi- ra, fu scissa in due unità, ciascuna di 3.000 fanti pesanti
visa in centurie (ovvero tenute a fornire 100 combat- e 1.200 velites, ovvero fanti leggeri, oltre a 300 cavalie-
tenti). L’ordinamento centuriato che ne scaturì si ba- ri. E tradizionalmente, nel corso della Guerra di Veio, lo
sava dunque su 193 centurie in totale (comprendendo Stato iniziò ad assumersi l’onere della fornitura dell’e-
le 5 centurie di inermes e specialisti, cioè 2 di fabbri e quipaggiamento e a fornire una paga. 
falegnami, 2 di suonatori di tromba e corno, 1 di pro- Andrea Frediani

La legione arcaica schierata in battaglia


secondo la tattica della falange oplitica.

Il grosso della legione


era preceduto da
truppe leggere Lo schieramento era
che disturbavano rettangolare, con la fronte
il nemico prima al nemico. L’unione e la
dell’urto degli opliti. compattezza facevano la forza.

La tattica: la falange oplitica

A
bbiamo già detto che con la costitu- dall’allargarsi della base demografica citta- plicità, era ideale per sfruttare la coesione
zione di Servio Tullio, sesto re dell’Ur- dina e dal maggiore accumulo di ricchezza, del gruppo sociale chiamato alle armi, più
be, i diritti e i doveri civili e militari rispondeva in primo luogo alla necessità di che l’abilità bellica dei suoi singoli membri.
furono commisurati in base alla distinzione difendere un territorio più vasto. Non si duellava uomo contro uomo, ma ci si
di patrizi e plebei in classi censitarie. Ma Muro compatto. Ma erano state soprattutto spingeva frontalmente schiera contro schie-
questo aveva una diretta conseguenza: le le minori capacità belliche dei componenti ra, in massa, su un terreno possibilmente
bande di guerrieri-sodales degli inizi (i Ro- dell’exercitus, formato ormai da uomini abi- piano e sgombro, in una mischia terribile
mani si riunivano in corporazioni, sodales, tuati a passare la gran parte della loro vita senza complicazioni di manovra. In questo
a seconda del culto a una stessa divinità) si in attività pacifiche, a consigliare l’adozione modo la vittoria era decisa dal peso fisico dei
andavano trasformando in una compatta del nuovo schieramento, che con il sostegno rispettivi eserciti e dalla forza morale degli
J. CABRERA

falange di cittadini-soldato ordinata secondo reciproco rendeva efficace anche l’azione di uomini che ne facevano parte, due qualità
la rigida gerarchia timocratica (basata sul guerrieri relativamente inesperti. Infatti, la che finirono per garantire la fortuna di Roma.
censo). Questo cambiamento, reso possibile tattica della falange, nella sua brutale sem- Gastone Breccia

ALLE ORIGINNI DI RO
OM A LO
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CHEM M A DI
BATTAGL LIA ERA
A DI DER
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VAZZ IONEE GR
R EC A ,
NON SI DUELLLAAVA UOMO CO ON TR RO U O M O
MA SCHIE ERA
A CONT TRO
O SC
CHIEERAA
22
Ferentarii del V
secolo a.C., corpo
di legionari giovani
e di basso censo,
e quindi armati
alla leggera.
Erano all’incirca
l’equivalente dei
veliti, la fanteria
leggera che
scomparve tra il
II e il I secolo a.C.
a seguito della
riforma mariana.
ROM
M
GGIAM N O SEC. A.C.

MILES
LEGIONARIUS ILLIRICO
Elmo, detto galea, di
CORINZIO
Elmo (galea) di tipo

CLASSIS tipo illirico con cresta. corinzio con cresta


equina.

SECUNDA FODERA
L’elmo era dotato di
fodera in pelle.
ECCO IL LEG
GIONNARIIO DE EL PE
ERIODO O
OPLIT
TIC A CL ASSSIS SE
CO. LA ECUNDA
ERAA ARM
M AT
TA CO ON SCU U T UM IN BAT TAGLIA
Il miles della Classis
SCUDOO LA
ATIN
NO, SPPADDA GLL ADIUSS Secunda in battaglia
avvolgeva intorno a sé
E LA
ANCIA HH AST
TA M A NON la toga, secondo l’uso
gabino, e proteggeva
INDOSSA AVA
A CO
OR AZZA A METAL LLI C A le gambe con schinieri.
A cura di Raffaele D’Amato In età monarchica,
Illustrazioni di Giorgio Albertini come già detto, la
riforma di Servio
Tullio aveva diviso la
popolazione in 5 (o 6)
classi in base al censo.

LANCIA SCUDO
Hasta oplitica in legno Scutum latino ovale in
dalla punta in ferro o cuoio dipinto e legno.
bronzo.

ARMI
La spada (gladius),
in ferro o bronzo,
poteva avere la
forma di una lama
dritta (a sinistra) o
ricurva a un solo
taglio secondo
il modello greco
(machaira, a destra)
ed era portata in un
fodero di bronzo o
di cuoio.

24
APULO-CORINZIO CALCIDICO A CAMPANA TUNICA
Elmo apulo-corinzio Elmo di tipo calcidico Elmo crestato Tunica militaris
con cresta e geminae con cresta di a campana, attestato di tipo etrusco
pinnae (piume laterali). crini di cavallo. nelle tombe del Palatino. con bordo
di porpora
portata
CENTUM PILOS dall’oplita
Di spugna o feltro, il Copricapo conico della tomba
centum era portato o pilos, era un François.
sotto l’elmo. berretto di feltro.

L’AR
RMAMENTO SUBLIGACULUM
A mano a mano che Ecco come si
si scendeva nella indossava il
scala sociale il miles si subligaculum,
equipaggiava sempre prima allacciandolo
più alla leggera. Qui attorno alla vita e
i colori della crista poi ripiegandolo
sono attestati dalle verso il basso.
terracotte di Preneste,
l’elmo di tipo illirico da
una statua fittile della
dea Minerva.

L’INTIMO
Sempre,
l’indumento CINTURA
intimo, o In cuoio, con
subligaculum, fibbione in bronzo.
ma aperto.

PETTORALE
Corium
ventralis,
protezione
leggera in cuoio
chiusa con lacci
attorno al petto
dell’oplita.

ACCESSORI
Strigile per
igiene personale,
acciarino,
miccia e fibulae
per la toga.

SCHINIERI
Ocreae, o schinieri,
con fodera di spugna.

CALZATURE
Sandali in legno con
rinforzi in bronzo
e calcei repandi,
calzature, di tipo
etrusco.

25
OM
M
NIZ NI

LA CA
ARRIIERA
A MIL LIT
TARE
DI UN
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OLDAATO POTEV VA
ATTRAAVERSAARE O GNI FA A SE ,
DAGLI ONOR RI PIIÙ A MBIT
TI
ALLE PENE PIÙ
Ù DURE, FINNO
ALLA DEECAPPITAZIIONE

Dal trionfo
al bastone
ebbene la carriera del legionario fosse legata soprattut- corazioni militari della storia di Roma: la corona obsidionalis,
to ai suoi anni di leale servizio, il riconoscimento del la corona civica, la corona vallaris, la corona aurea, il torques, le
suo status all’interno della legione era anche basato su armillae, le hastae purae e le phalerae. La più antica, secondo
individuali atti di coraggio. Erano questi che gli procac- Plinio il Vecchio, era la corona obsidionalis, intrecciata con er-
ciavano non solamente le promozioni ai gradi più alti, ma an- be gramigne (chiamata anche corona graminacea): veniva da-
che quelle decorazioni (dona militaria) che pomposamente ta al miles che liberava una città sotto assedio, o a un esercito
egli ostentava durante le parate e le processioni, ma soprattut- romano intrappolato dal nemico, come fece il Tribuno Publio
to sul campo di battaglia, di fronte al nemico. Frutto della gran- Decio Mure durante la Prima guerra sannitica. La corona civi-
de importanza che i Romani davano al valore militare, tali ono- ca, seconda per importanza, spettava a colui che salvava la vita
rificenze erano già retaggio del legionario sin dalla prima epo- di un compagno sul campo di battaglia, e consisteva di un dia-
ca regia, e certamente alcune di esse erano di derivazione etru- dema di foglie di quercia e di ghiande. La corona muralis o val-
sco-italica. Poemi come l’Eneide ci confermano che il valore, in laris, in oro e foggiata come le mura difensive, era concessa al
epoca arcaica, era premiato con cinture preziose decorate con soldato che per primo posava il suo piede in una città nemica
borchie dorate o con braccialetti (armillae) d’oro e d’argento. I sotto assedio. Vari erano invece gli atti di valore che procaccia-
guerrieri sabini portavano già nell’VIII secolo braccialetti d’o- vano la corona aurea, come un duello vittorioso con un cam-
ro sul braccio sinistro. pione nemico.
È tuttavia a partire dal quinto se- C oll lann e e b ra
a ccc i a l i . Ta-
colo a.C. che, secondo quanto ri- li decorazioni, come i torques o le
portano autori come Valerio Massi- armillae, erano di solito monta-
mo e Dionigi di Alicarnasso, abbia- te sopra l’armatura del legionario
mo evidenza delle tradizionali de- tramite cinghie o apposite strut-
ture in cuoio. Possiamo immagi-
narci lo sbigottimento dei Germa-
ni di Arminio alla vista del centu-
L’ONORIFICENZA
La corona muralis era conferita rione Marco Celio, morto lottando
al primo soldato che saliva sulle eroicamente nella foresta di Teuto-
mura di una città sotto assedio. burgo: sulla sua elegante armatura
SCALA

26
OSPREY

J. SHUMATE
I DUE ESTREMI
A sinistra, preceduto dagli
schiavi catturati in battaglia,
il comandante sfila nel
trionfo, cerimonia riservata
al generale vittorioso.
A destra, l’esecuzione di
un soldato romano per
decapitazione.

anatomica portava scintillanti dischi d’argento (phalerae) men- centurioni alle reclute), ma per sentenze più dure si sommini-
tre armillae dalla testa di leone e un torques d’oro brillavano sul- strava la pena capitale. Questa veniva comminata mediante ba-
le sue spalle e intorno al suo collo. stonatura (fustuarium) ai disertori o alle sentinelle che aveva-
Il rituale dei dona militaria era connesso alla vita religiosa del no abbandonato il loro posto: erano gli stessi compagni a som-
legionario. L’equipaggiamento e le armi prese al nemico in bat- ministrare il bastone (fustis) al disgraziato, privato dell’unifor-
taglia potevano avere un profondo significato se erano conside- me e denudato.
rate spolia opima o ricchi trofei. La tradizione romana datava ta- La decimaziione. Quando rea di disobbedienza o codar-
li spolia all’epoca di Romolo e le divideva, sin dai tempi di Numa dia era un’intera unità, la pena non veniva somministrata a tut-
Pompilio, in tre classi: prima, quando le spoglie erano strappate ti; si punivano invece cinque, otto o venti uomini fra i colpevo-
dal comandante in capo da un nemico di pari rango e dedicate a li, di modo che i prescelti rappresentassero almeno un decimo
Juppiter Feretrius (Giove); secunda, quando erano tolte a un ne- dell’unità, e li si metteva a morte tramite il fustuarium. Gli altri
mico di rango inferiore e dedicate a Marte; tertia, quando erano soldati erano considerati in disgrazia e costretti a vivere fuori
conquistate da un soldato semplice e dedicate al dio Quirinus. dal campo, privati delle loro razioni di grano. Occorre tuttavia
Fer rrea disciiplina. Se Roma premiava il valore in batta- ricordare che il termine decimazione non venne mai impiega-
glia, puniva in maniera implacabile la codardia, la disubbidien- to dai Romani, ma è entrato in uso nei moderni eserciti italiani;
za e gli atti di insubordinazione. E la punizione era senza scam- quella che erroneamente si definisce “decimazione” è descrit-
po. La lunga tradizione della ferrea disciplina romana nasceva ta da Polibio come fustuarium. Nel corso del tempo tale prati-
dall’epoca delle Guerre italiche, quando un console non aveva ca si trasformò prevalentemente nella decapitazione dei solda-
esitato a far decapitare il figlio, vincitore di un duello contro il ti insubordinati, come accadde ai milites della Legione Tebea,
comandante nemico, ma reo di aver disobbedito all’ordine del ai quali fu tagliata la testa, nel 300 circa, su ordine dell’augusto
padre di non accettare le provocazioni degli avversari. Era que- Massimiano per essersi rifiutati, a causa della loro fede cristia-
sto codice di comportamento che aveva dato a Roma il domi- na, di venerare con l’incenso la statua imperiale.
nio su un territorio che abbracciava tre continenti. Altre punizioni comprendevano l’espulsione dall’esercito o la
I Romani applicavano tre tipi di pene corporali con bastoni o degradazione, ma per un’unità il più grande disonore era quel-
fruste: la bastonatura (fustigatio); la fustigazione (flagellatio); la lo di venire sciolta, come fece Vespasiano con le legioni germa-
flagellazione (verberatio). La bastonatura era impiegata come niche che avevano sostenuto il rivale Vitellio nel 69 d.C. 
punizione correttiva a sé (come quella che somministravano i Raffaele D’Amato

27
C..
LA LEGIONE
MANIPOLARE
ue secoli d’oro, quelli della legione manipola- Legionario del II-I
secolo a.C. con
re, in grado di affrontare e sgominare i Sanni-
pilum (giavellotto),
ti, Pirro, i Cartaginesi, i Macedoni e i Seleucidi, scutum (scudo) e
in alcune delle guerre più celebri della storia di Roma. gladius (la spada
Tutto ruota intorno al manipolo, unità tattica formata a doppio taglio),
dall’unione di due centurie da 60 uomini ciascuna: una cassis (elmo, del
tipo Montefortino).
formazione più consistente della centuria stessa, ma ab-
bastanza agile da muoversi con dinamismo. Polibio ci
spiega con molta chiarezza che la legione si schierava
su tre linee (triplex acies) da 10 manipoli ciascuna. La
prima linea era costituita da hastati, in numero di 1.200
e dotati di scutum, pilum, gladio e lorica; stesso arma-
mento e stesso numero per i principes, che formavano
la seconda linea; 600 erano invece i triarii, i veterani
della terza linea, a centurie dimezzate, e con la lan-
cia in luogo del pilum, perché schierati compat-
ti, come una falange. A questi 3.000 effettivi bi-
sognava aggiungere 1.200 velites, tratti dalle ulti-
me due classi, e 300 cavalieri (equites) suddivisi in
30 squadroni (turmae). Sul campo, insieme alla
legione, si schieravano anche i contingenti dei
socii, formati da coorti a piedi, e alae a cavallo.
Giovani e ve ecch hi. Si ipotizza che, in origi-
ne, la divisione tra hastati, principes e triarii
fosse determinata dal censo ma, in progres-
so di tempo, andò affermandosi il principio
dell’età: i più giovani in prima linea, i più an-
ziani di riserva, o come ultima risorsa tattica.
Fino alla Seconda guerra sannitica Roma
mantenne in armi due legioni, che passaro-
no poi a quattro, divise in due eserciti consola-
ri, formati anche dai contingenti alleati. Ma nel 212
a.C. durante la crisi legata alla Seconda guerra punica
si arrivò a 25 legioni, pur a effettivi ridotti, con un re-
clutamento ottenuto abbassando drasticamente i limi-
ti censitari e accettando volontari. Lo standard nel pe-
riodo successivo, comunque, fu tra le 10 e le 16 legioni.

Andrea Frediani

SUL CAMMP O DI
BATTAAGLIA FA AN N O
LA LO
OROO APP PARIZ
Z IOON E
UNITÀÀ PIÙ
Ù AGILII, I
MANIIPOOLI, IN
N GR
R AD O
DI CO
OMBA ATTTEREE
J. CABRERA

SU OG
GNI TER RRENNO
28
Nella legione cosiddetta “polibiana”, che lo storico greco descriveva ancora come una milizia temporanea,
l’esercito consolare comprendeva due legioni, due alae (contingenti di soldati alleati) e due unità di
cavalleria. Qui la vediamo schierata in battaglia, con tre linee distinte di fanti.
Legione
Nella posizione più I principes, di età compresa Ognuna delle tre linee della legione
arretrata, i triarii, i soldati tra i 20 e i 30 anni, di solito era divisa in 10 manipoli.
più anziani e con maggior in numero di 1.200.
esperienza. Di solito erano
600 (ovvero, 10 manipoli
di 60 uomini ciascuno).

Tra un manipolo e l’altro


si manteneva sempre
la stessa distanza (si
pensa dell’ampiezza di
un manipolo), che veniva
colmata subito prima
dell’urto con il nemico.
I più giovani erano gli
hastati, nelle prime Il manipolo, l’unità tattica di base
linee, che affrontavano il dell’esercito: era composto da 120
nemico per primi. uomini (principes nell’esempio
qui illustrato). Ogni manipolo era
diviso in due centurie di 60 uomini.
Ogni centuria era comandata da un
centurione, assistito dal suo secondo
(optio) e da un vessillifero (signifer).

La tattica: il manipolo

L’
esercito oplitico fu il protagoni- battere in modo almeno parzialmente vedeva una serie di fasi distinte: gli linea, formata dai più esperti princi-
sta dell’età oscura delle Guerre autonomo: i manipuli (“manciate”, hastati della prima schiera, giunti in pes, i quali ripetevano la stessa se-
laziali, fino al IV secolo a.C. Non dunque “piccoli gruppi”). L’efficienza prossimità della linea avversaria, si quenza offensiva contro i nemici già
è casuale che l’espansione di Roma, della legione repubblicana è il frutto allargavano sul terreno, colmando i logorati dal prolungarsi della mischia.
in questa fase, restasse limitata alla di questa struttura al tempo stesso vuoti tra le singole unità, scagliavano La loro azione doveva decidere la
pianura: la falange era del tutto ina- duttile e complessa, che permetteva i propri giavellotti e quindi impegna- battaglia; solo in casi eccezionali – ed
datta, infatti, a operare in zone chiuse il ricambio in prima linea degli uomini vano il nemico corpo a corpo usando eccezionalmente difficili – entrava
e impervie. Per superare i confini spossati o feriti, e quindi consentiva di le nuove armi (il grande scudo ret- in azione anche la terza schiera, i
della bassa valle del Tevere, la res mantenere e rinnovare la spinta offen- tangolare e il gladio, la spada corta veterani anziani detti appunto triarii:
publica doveva ricorrere a un altro siva contro nemici che, al contrario, adatta a colpire di punta) introdotte l’espressione res redacta est ad triarios
strumento bellico, e adottare armi e cominciavano ad accusare gli effetti tra il III e il II secolo a.C. Qualora la (“la faccenda è arrivata ai triarii”) era
tattiche differenti. La soluzione venne negativi dell’esaurimento psicofisico. loro azione non fosse stata risolutiva, infatti proverbiale, nella Roma repub-
trovata suddividendo l’unica legio Tre fasi diverse. Rispetto alla sem- a un segnale convenuto gli hastati blicana, per indicare una situazione
delle origini in numerose unità minori, plicità dell’urto frontale della falange rompevano il contatto e ripiegavano quasi disperata.
ciascuna capace di manovrare e com- oplitica, la tattica manipolare pre- nei varchi tra i manipoli della seconda Gastone Breccia

29
ROM
M
GGIAM N O IIII SEC. A.C. SULL’ELMO
Polibio menziona
3 piume lunghe un
cubito (45 cm.), di
colore porpora o

PRINCEPS nero.

LEGIONIS
MONTEFORTINO
Elmo di bronzo
(cassis) di
tipologia celtico-
INSIEME E CON ATII E T RI ARII,
N H ASTA italica (del tipo
Montefortino).
IL PRIINC
CEPSS ERA
A UNA DELL LE
TRIPA
ARTIZIOONI DE ELL
L A LEGGIO
ON E
MANIIPOOLA ARE
E DESCCRITT TA
A DALLO LA SECONDA LINEA
DELLL’ESERCITO
STORIICO POL LIB
BIOO Secondo Polibio, i principes
erano armati con una
A cura di Raffaele D’Amato panoplia completa: spada,
Illustrazioni di Giorgio Albertini
pendente sulla coscia
destra, scudo e due
giavellotti.

CARDIOPHYLAX
Corazza pettorale
(cardiophylax).

PILUM
Giavellotti (pila,
al plurale) del
tipo pesante
e leggero,
variavano dai
SCUTUM 135 ai 200 cm.
Spaccato del
grande scudo
(scutum) ovale
in più strati di
legno
sovrapposti e
ricoperti
di pelle.

AI PIEDI GLADIO
Calzature militari di Fodero e varianti della
origine etrusco-italica o letale spada a doppio
greca: calceus chiuso, taglio del miles, il
stivale o embades, e gladius hispaniensis
caliga (sandalo). o hispanicus.

30
TUNICA
Tunica militaris
di lino o lana,
a seconda
delle stagioni,
APULO-CORINZIO CENTUM con varianti
Variante dell’elmo di Copricapo di cromatiche.
tipo apulo-corinzio. feltro, lino o lana
(centum),
portato sotto
l’elmo per
attutirne il peso.
CINGULUM
Il simbolo del
servizio militare,
il cingulum
militiae.

PETTORALE
Variante del cardiophylax
o pettorale di bronzo.
MANTELLO
La paenula,
il mantello da
viaggio del FASCE
legionario. Fasciae cretatae,
utili per
proteggere le
gambe dal gelo.

SOTTOCORAZZA
Subarmalis,
sottocorazza di
cuoio (ex coriis) o
feltro (ex centonis).

CAMPESTRE
Subligaculum, o “campestre”,
la mutanda del legionario.

CALZONI
Tegimenta, pantaloni corti CORAZZA
di origine celtica. Corazza a maglie di ferro
(thorax alusidotos o gallica).

LE PROTEEZIO
ONI
Completavano
l’equipaggiamento un elmo
di bronzo dall’alta cresta,
gli schinieri e un
pettorale di bronzo a
protezione del cuore.
RO
M AME E RTIFICAZIONI

LA LEGIIONE
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TRA CASTRUM
E VALLUM

Alla base di molte delle città romane vi fu quasi sempre un insediamento


militare, che era a sua volta il prodotto di un popolo dalla mentalità pratica
e razionale, il frutto di una organizzazione efficiente, il biglietto da visita
di un esercito disciplinato che aveva inglobato contadini e pastori, uomini
abituati al lavoro duro e sistematico.
Giuseppe Cascarino

32
MOVE!
Il capo centurione
sorveglia l’uscita dei
soldati dal forte di
Vercovicium (ora noto
come Housesteads),
castrum di truppe
ausiliarie sul Vallo
di Adriano, nella
provincia della
Britannia romana. Il
LA MARCIA comando “Avanti si
parte” era “Move!”
e veniva impartito
i norma un legionario romano era in grado di per- al portainsegne
correre 20 miglia (30 km) in cinque ore, al passo (signifer).
ordinario (gradus militaris) e con equipaggiamen-
to completo. Aumentando la cadenza di marcia al
cosiddetto passo veloce (gradus plenus) poteva arrivare a per-
correre nello stesso tempo 24 miglia (35,5 km). Le cinque ore
di marcia giornaliere costituivano in media il tempo necessa-
rio per compiere il cosiddetto iustum iter, ovvero la marcia di
trasferimento ordinaria, senza pressione del nemico o urgen-
ze particolari. Il resto della giornata veniva dedicato alla co-
struzione del campo e al riposo. In casi particolari poteva es-
sere necessario forzare la marcia con una tappa più lunga
(magnum iter) protraendone la durata fino a nove ore con-
secutive. In una giornata di marcia Cesare arrivò a percor-
rere anche 45 km.
La velocità di marcia dipendeva ovviamente anche dal
carico individuale trasportato dai soldati, di solito com-
prensivo delle razioni di cibo, degli oggetti personali e
degli attrezzi. Questo raggiungeva mediamente un pe-
so di 15 kg, che andava ad aggiungersi a quello dell’ar-
mamento individuale (corazza, elmo, scudo, gladio e pi-
lum), per un totale di circa 35 kg.
Lo zaino o. Il bagaglio individuale, detto sarcina, era
costituito da una struttura di sostegno in legno a forma
di croce o di T, detta furca, a cui venivano appesi il baga-
glio e vari altri oggetti, tra i quali in genere una bisaccia
o borsa (loculus) per contenere gli effetti personali, una
sacca di cuoio (saccus scorteus) per proteggere capi di ve-
stiario, e una padella (patera) di bronzo o una pentola (ol-
la o aula) per cucinare e per contenere l’acqua.
Per tradizione e per pratica quotidiana un esercito roma-
no non poteva fermarsi per la notte, o effettuare una sosta di
una certa durata, se prima non aveva costruito un campo for-
tificato in grado di accogliere tutti gli uomini e i bagagli al se-
guito. Questa operazione andava eseguita in ogni caso, perfi-
no sotto attacco nemico, destinando una parte delle forze alla
difesa di quanti lavoravano alla costruzione del campo. La si-
PETER CONNOLLY/AKG/MONDADORI PORTFOLIO

stematicità di questa pratica era tale che le giornate di marcia


impiegate da un esercito venivano espresse anche in termini di
accampamenti costruiti (quartis castris, per esempio, signifi-
ca “dopo quattro giornate di marcia”). Il campo mobile poteva
essere completamente smantellato il giorno dopo, di solito per
impedire al nemico di servirsene, oppure poteva essere man-
tenuto con un piccolo presidio per utilizzarlo in seguito. 
Lo scavo PORTA
DECUMANA
delle difese QUAESTORIA

N
el caso di un semplice campo
di marcia per la notte, la prima
operazione consisteva nello
scavo di un fossato (fossa) lungo il
perimetro prestabilito. Profondo non
meno di 3 piedi (90 centimetri) e largo
almeno 5 piedi (1,5 metri). Nel caso di
un campo con prospettive di più lunga
permanenza, o in prossimità del nemi-
co, il fossato poteva essere ingrandito
anche notevolmente, sia in profondità
che in larghezza, e poteva essere
realizzato secondo due tipi di profilo:
a V, con le pareti convergenti verso il
basso e con un fossetto di drenaggio,
che serviva anche come ulteriore
insidioso ostacolo per gli attaccanti (il
cosiddetto “spezzacaviglie”), oppure
a fossa punica, ovvero con la parete
più esterna perpendicolare al piano
del terreno, e l’altra inclinata in modo
tale da consentire piena visibilità dagli
spalti. Lo scopo era quello di mante-
nere il nemico costantemente esposto
alla traiettoria di lancio di proiettili e
giavellotti, oltre a quello di rendere la
loro ritirata più difficoltosa.
Il fossato. La terra scavata veniva
accumulata sul lato interno del campo
per formare un terrapieno rialzato
(agger) alto almeno 3 piedi, costituito
se possibile dalla sovrapposizione di
PETER CONNOLLY/AKG/MONDADORI PORTFOLIO

zolle intere di terra (caespites) spesse


15 centimetri. L’agger poteva essere
ulteriormente rinforzato e consolidato
con pietre, tronchi e rami d’albero,
e infine spianato per consentire lo
stazionamento e il passaggio delle
sentinelle. Quindi sulla parte esterna
del terrapieno poteva essere eretta
una palizzata (vallum) o un parapetto
(lorica).
Milecastles UN
N CA MPP O RO M A N O
S TRINCCER AT
TO, IN
N ALLAAR ME
ul Vallo di Adriano furono interventi di piccola entità e di
costruiti, incorporandoli fornire il personale di guardia.
nella struttura stessa del
muro, 17 forti ausiliari a circa
Allarme a vista. Tra un for-
tino e il successivo vennero E BEN DIFE
ESO ERR A QUASI
10 chilometri l’uno dall’altro
(l’equivalente di mezza gior-
edificate sistematicamente, a
intervalli regolari, due torrette IM
MPOOSSIBBIL
LE
nata di marcia), ognuno di
essi presidiato da un’unità di
di osservazione, posizionate in
modo da mantenere un age- DA ESSPUGNARE
fanteria o di cavalleria, e circa vole contatto visivo tra loro e
80 fortini intermedi, posti a con il fortino più vicino, e per
distanza di un miglio (1.480 poter segnalare rapidamente
metri) l’uno dall’altro (e per qualsiasi evenienza.
questo denominati dagli ingle-
si “milecastles”), con lo scopo di
costituire presidi per eventuali

IN BRITANNIA
Nel disegno centrale,
il Vallo di Adriano con
la ricostruzione di una
torretta di osservazione,
di cui si vede l’interno
(qui a sinistra). Sopra,
la ricostruzione di un
milecastle, un fortino.

IL VALLO DI ADRIANO

E
ra una struttura imponente: il fos- di spessore variabile. Parallelamente al per ostacolare il rientro di incursori che
sato principale del Vallo di Adriano tracciato del muro, ad alcune decine di fossero riusciti a penetrare la linea di
aveva un’ampiezza media di circa metri dal lato interno, fu realizzata una difesa.
9 metri e una profondità di almeno 2,5. strada militare pavimentata, larga fino a Il Vallo di Antonino. A differenza del
Il muro vero e proprio per le prime 45 6 metri, e un ulteriore fossato profondo Vallo di Adriano, la struttura principale
miglia venne costruito interamente come quello esterno ma più ampio alla del Vallo di Antonino, che di fatto rimase
in blocchi di pietra, con uno spessore base, con le pareti generalmente più ri- in servizio per poco più di 20 anni, fu
complessivo di circa 3 metri e un’altezza pide e fiancheggiato da due argini molto realizzata interamente in terra. I blocchi
stimata di almeno 4; le ultime 31 miglia pronunciati, con lo scopo non solo di de- di terra appoggiavano su una platea in
furono realizzate inizialmente con limitare visivamente una zona militare e pietra larga dai 4 ai 5 metri, e l’altezza
blocchi di tufo e zolle di terra, con uno interdetta all’accesso, ma anche quello della struttura non doveva superare i 3,
spessore medio di 6 metri, e successi- di costituire una linea di difesa contro ai quali doveva aggiungersi un parapet-
vamente rimpiazzate da tratti in pietra eventuali minacce dall’interno, o anche to in tronchi di legno.

MURUS
FOSSA VIA MILITARIS VALLUM

36
LE FORTEZZE
li ingegneri militari romani avevano accumulato una za dalla palizzata o dal muro di protezione furono edificate cir-
lunga e solida esperienza nel campo delle fortifica- ca 1.000 torri di osservazione, le prime in legno, quelle succes-
zioni, maturata attraverso la necessità di intrapren- sive in pietra e muratura.
dere assedi lunghi e complessi durante le guerre di La murag gliaa roomana a. In Britannia, le cui zone settentrio-
conquista, e a volte di fronteggiare situazioni di inferiorità nu- nali nonostante il notevole spiegamento di forze militari erano
merica. Esse potevano classificarsi in: fortificazioni da cam- ancora esposte alle incursioni dei Caledoni, l’imperatore Adria-
pagna, realizzate su scenari limitati con finalità tattiche, come il no ordinò nel 126 d.C. la costruzione di una nuova linea difen-
rafforzamento di un settore debole del fronte di battaglia, arte di siva, il Vallo di Adriano (Vallum Aelium), costituito da un mu-
cui era maestro Cesare, o quello di impedire al nemico di occu- ro continuo lungo circa 120 km che tagliava in due l’Inghilter-
pare posizioni vantaggiose; fortificazioni da assedio (Numan- ra Settentrionale, dalla foce del fiume Tyne sul Mare del Nord
zia, Alesia o Masada), che avevano lo scopo di bloccare ogni sor- fino al Solway Firth nel Mare d’Irlanda. La costruzione del mu-
tita degli assediati e soprattutto di impedire ogni possibilità di ro e delle opere connesse fu intrapresa dalle legioni e dalle uni-
rifornimento; fortificazioni lineari strategiche, consistenti in tà ausiliarie di stanza in Britannia, e assunse il suo aspetto defi-
sistemi di barriere e di protezioni fisiche realizzate per impedi- nitivo nel giro di dieci anni.
re od ostacolare l’invasione di un territorio. Veniva così definita Nel 139, sotto Antonino Pio, fu presa la decisione di avanzare
con il termine generico di limes una più o meno precisa linea di il confine della Britannia settentrionale di altri 70 km a nord del
confine o di demarcazione del territorio da proteggere, o alme- Vallo di Adriano, probabilmente per la necessità dell’imperato-
no di un’area di influenza all’interno della quale era ritenuto le- re di rafforzare la sua leadership e il suo prestigio nei confronti
cito o vantaggioso intervenire. dell’esercito. Fu così realizzata una nuova linea di difesa, il Val-
Il limes e i vallli. Il sistema lineare di fortificazioni del li- lo di Antonino. Iniziata nel 142 d.C., fu portata a termine in po-
mes germanico-retico fu costruito a partire dal periodo flavio chi anni. Il tracciato partiva dall’attuale località di Carriden sul
per proteggere dalle incursioni delle tribù germaniche la fascia Firth of Forth e percorreva poco più di 60 km fino a Old Kirkpa-
di frontiera compresa tra gli alti corsi del Reno e del Danubio, trick, sulla riva settentrionale del fiume Clyde.
con un’estensione di ben 550 km. La barriera fisica era costitu- Questo vallo fu abbandonato definitivamente nel 164, quando
ita da una imponente palizzata di legno, protetta da un fossato il confine settentrionale fu riportato sul Vallo di Adriano, dove
profondo circa 1,5 metri e largo altrettanto. A una certa distan- rimase fino alla fine della presenza romana in Britannia. 

PETER CONNOLLY/AKG/MONDADORI PORTFOLIO (3)


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aestre nell’arte di affrontare una battaglia cam-
pale grazie alla loro disciplina, all’addestramen-
to e all’efficace schieramento, le legioni nel tem-
po si sono dimostrate insuperabili anche nell’ar-
te dell’assedio. Nel corso dei secoli, per portare a buon fine le
loro conquiste i Romani hanno dovuto espugnare baluardi ap-
parentemente insuperabili, dalle roccaforti barbare che, maga-
ri prive di mura possenti, erano però edificate in posti imper-
vi e difficilmente accessibili – come il quartier generale dei Bri- PRESA DI MASADA
tanni durante la campagna di Cesare in Britannia, o alcuni ca- I Romani dovettero costruire
una imponente rampa
pisaldi numidici nel corso della Guerra giugurtina – alle città d’assedio per conquistare
degli imperi e delle civiltà strutturate, come la capitale dei Par- Masada, la fortezza della
ti, Ctesifonte, o quella punica, Cartagine. Giudea. Sopra questa grandiosa
La cadut ta del Tempio. Nella Guerra giudaica , per esem- opera di ingegneria venne
pio, i Romani si trovarono di fronte alle due tipologie di forti- trasportata una torre d’assedio
munita di balliste e catapulte.
lizio: una grande città come Gerusalemme, dalle solide mura
imponenti, e una fortezza letteralmente appollaiata su un’al-
tura dal pendio scosceso e senza vie d’accesso.

Guerra giudaica La campagna combattuta contro gli Ebrei a partire dal 66 d.C. che causò la distru-
zione di Gerusalemme nel 70 e si concluse con la caduta di Masada. Venne narrata nell’opera omo-
nima di Flavio Giuseppe. Fu l’imperatore Nerone ad affidarne la conduzione a Vespasiano, allora
proconsole. Alla morte di Nerone, nel giugno del 68, Vespasiano venne acclamato imperatore dalle
truppe proprio durante la campagna di Giudea, ma la sua nomina fu ratificata dal Senato l’anno
seguente, dopo la sua vittoria sui rivali nella Guerra civile.

38
CI FERMERÀ

SOL90

ELEPOLI
Torre semovente costituita da
tralicci di legno, ricoperta di pelli
e materiali ignifughi, spinta da
serventi o trainata da buoi, a più
piani; vi trovavano posto macchine
da lancio, arieti, e soprattutto
armati pronti a varcare le mura e
raggiungere gli spalti tramite una
passerella mobile azionata a mo’
di ponte levatoio all’altezza delle
merlature. Secondo Vitruvio, la sua
altezza andava dai 28 ai 50 m.
EFFICIENZA
Siracusa, 213-212 a.C. Cartagine 149-146 a.C.

I
Romani intimano ai Cartaginesi di demolire la

N
el corso della Seconda guerra punica, una colonna di un migliaio di uomini, che
Claudio Marcello muove alla conquista scalano la torre, irrompono sugli spalti e città e ricostruirla altrove. Gli abitanti reagiscono
di Siracusa, sottoponendo la città a una aprono la porta di Exapilo, mentre altre preparandosi all’assedio (le donne si tagliano i
serie di assalti dal mare con le sue 68 quinque- truppe entrano nel porto maggiore. capelli per farne corde per le catapulte). I Romani
remi, e da terra, con l’esercito agli ordini del Il trucco. Marcello fa suonare le trombe tentano invano di prendere la città d’assalto. In se-
pretore Appio Claudio Pulcro. Ma i suoi tentativi tutt’intorno alle mura, dando agli abitanti guito, riescono ad aprire brecce nelle mura, ma ogni
vengono vanificati dal genio di Archimede, che l’impressione che i Romani siano penetrati tentativo viene respinto; i difensori danneggiano la
con specchi ustori, mani di ferro e altri artifici ovunque; nei difensori subentra lo scoramento, flotta assediante con zattere ricolme di materiali in-
demolisce ogni nave giunta a portata dei e gli assedianti possono impossessarsi cendiari, il campo romano viene preso di mira dalle
difensori. Il condottiero romano si rassegna per- di altri settori della città. Tutta Siracusa è sotto- loro sortite e le legioni subiscono gli attacchi dell’e-
tanto a porre alla città il blocco; poi però nota posta al saccheggio, durante il quale sercito cartaginese al comando di Asdrubale.
un punto debole nelle difese nemiche, presso la Archimede viene ucciso da un soldato che non Il fuoco. Quando tocca al nuovo console, Scipione
torre Galeagra; durante una festività vi manda lo ha riconosciuto. Emiliano, il blocco alla città si fa più serrato. Scipio-
ne si fa guidare da disertori nell’abitato, superando
la triplice cinta muraria lunga 21 km e, dopo 6 gior-
ni di combattimenti casa per casa, giunge ai piedi
della cittadella. Fa appiccare il fuoco alla città, indu-
cendo alla resa chi si è asserragliato nella rocca; ma
900 difensori resistono immolandosi tra le fiamme
del tempio di Esculapio. Asdrubale si getta ai piedi
del vincitore mentre la moglie uccide i propri figli e
si lancia nel rogo. Finisce un conflitto ultrasecolare.

VINAE
Erano le più diffuse tra le
macchine d’approccio alle mura, in
alternativa alle gallerie, ed erano
dette anche muscoli o testuggini.
Erano casematte mobili, dalle
più leggere, di graticci in vimini o
semplici tettoie di legno, a quelle
più robuste, interamente di travi di
legno, e servivano a portare ai piedi
SCALA

delle mura gli armati, spesso per


consentire loro di colmare il fossato
con materiali di risulta.

ALCU
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Vespasiano, futuro imperatore, a partire dal 67 aveva sotto- ri impararono a vederli arrivare e ad avvertire la popolazione,
messo la Giudea ribelle lasciando al figlio Tito il compito di gridando “Bimbo in arrivo!”. Allora i Romani, sempre pronti a
conquistare Gerusalemme. escogitare una nuova soluzione, presero a dipingerli di nero e
Nell’aprile dell’anno 70 d.C. Tito circondò la città con 80.000 la loro efficacia tornò più letale che mai.
uomini, accampando la X legione sul Monte degli Ulivi, la XII, In 24 giorni caddero sia il primo che il secondo muro,
la XV e gli ausiliari sul Monte Scopus. Da allora i Romani sotto- ma il nucleo centrale della città era il più difficile da espu-
posero Gerusalemme a numerosi assalti, ma furono anche co- gnare. Allora Tito lo fece cingere con un vallo di 7 chilo-
stretti a subire varie sortite. Tuttavia, dopo aver tagliato gli al- metri con 13 forti, puntando a prendere i difensori per fa-
beri nei dintorni, furono in grado di bersagliare la cinta mura- me. Chiunque tentasse di approvvigionarsi all’ester-
ria con torri e macchine da lancio. Il bombardamento si fece di no veniva crocifisso, oppure rispedito in città con le ma-
giorno in giorno più costante, con proietti di ogni sorta che de- ni mozze. Carestia e pestilenza affliggevano la popolazione.
molivano edifici e, almeno in un’occasione, descrive il cronista Ai primi di luglio, i Romani si impadronirono della Torre An-
Giuseppe Flavio, arrivarono a squarciare il ventre di una don- tonia, la demolirono e si avvicinarono al Tempio, dove i difen-
na incinta facendone uscire il feto. Ma i massi, tratti dai dintor- sori si erano asserragliati. Il 10 agosto scoppiò un incendio che
ni della città, erano di colori piuttosto vivaci, e presto i difenso- devastò il venerabile edificio. Seguì la caduta della città bassa,
mentre per quella alta Tito dovette attendere fino al 7 settem-
Zeloti Appartenenti al movimento radicale che difendeva l’indipendenza del Regno di Giudea bre, quando i suoi furono in grado di sferrare l’attacco finale.
formatosi dopo la morte del re Salomone (X secolo a.C.) e divenuto provincia romana a partire dal L’attacco o a Massada.. Con la caduta di Gerusalemme, gli
44 (e dal 135 chiamata Siria Palestina). Prima era un distretto della provincia di Siria. zeloti più irriducibili si asserragliarono in tre fortezze, due del-

40
BRIDGEMAN/MONDADORI PORTFOLIO
Numanzia 134-133 a.C.

N
el 134 Scipione Emiliano giunge sotto le mu-
ra della roccaforte celtibera di Numanzia sul
Duero, che i Romani assediano da 12 anni. In
ottobre Scipione pone il blocco costruendo attorno
alla città un vallo con fossato di 12 km, munito di
campi trincerati e torri. Quindi pone sul fiume Due-
ro due torri unite tra loro con funi e travi armate di
punte aguzze. I Numantini, tra i quali i combattenti
non sono più di 8.000, tentano una sortita in forze
per rompere il blocco, e si lanciano all’attacco, ma i
legionari li ricacciano indietro. La sconfitta spinge
gli assediati a offrire la resa in cambio della libertà,
ma Scipione pretende la resa incondizionata.
La fame. I mesi trascorrono e i difensori sono ridotti
alla fame, che li spinge al cannibalismo. Arriva
anche la peste, e solo allora i Numantini decidono
di arrendersi, chiedendo però qualche giorno per
suicidarsi. Poi gli uomini uccidono mogli e figli e
bruciano la città; il loro capo, Retogene, si butta tra
le fiamme. I superstiti si consegnano a Scipione,
e le fonti li descrivono somiglianti a spettri, o ad
animali. Sono solo 4.000.

TUTTA TECNICA
Sopra, assedio di Cartagine nel 146 a.C. I Romani usano le catapulte per
aprire brecce nelle mura della città. A sinistra, Archimede dirige la difesa

ONAGRO
di Siracusa con macchine lanciasassi, simili a enormi catapulte.

Macchina a torsione per il lancio


con tiro arcuato di macigni; il suo
nome deriva dall’asino selvatico,
per via del violento rinculo che il
braccio imponeva alla macchina
quando il suo movimento
arrivava alla fine, simile a quello
dell’animale. La catapulta
medievale è un’evoluzione
dell’onagro. Ogni legione ne
aveva dieci in dotazione.
EFFICIENZA

SOL90
MONDADORI PORTFOLIO AKG/MONDADORI PORTFOLIO
Alesia, 52 a.C.

D
opo il fiasco di Gergovia , Cesare si lanciò
all’inseguimento di Vercingetorige, met-
tendo sotto assedio la nuova roccaforte
nella quale si era attestato l’avversario: la capita-
le dei Mandubi, Alesia (52 a.C. ). Le sue 8 legioni
costruirono intorno all’altura su cui sorgeva la
città, alta 418 metri, un sistema fortificato (sopra
e a lato) per il quale i suoi soldati smossero due
milioni di metri cubi di terra: in tutto, 8 campi
fortificati e 23 minori, un vallo rivolto verso la
città di 16,5 km di circonferenza, un altro verso la
pianura circostante, di 21 km. Le opere comple-
mentari resero il terreno addossato alla collina
di Alesia un vero e proprio campo minato: oltre
il terrapieno, alto 4 metri, dotato di spuntoni a
forma di corna di cervo e preceduto da due fos-
sati riempiti dall’acqua del fiume Oserain, erano
disposte 5 successive linee di sbarramento, con
rami appuntiti infissi a terra (cippi), pali piantati
in buche nascoste (gigli), pioli muniti di uncini in
ferro (stimoli). Il blocco risultava efficace: nulla BALLISTA
riusciva più a passare dentro la città assediata. Macchina a torsione, era utilizzata
Vercingetorige, pertanto, fu co- per il lancio di dardi sfruttando
stretto a liberarsi di tutti gli abi- l’elasticità di una matassa di corda
tanti che non potevano contri- attorcigliata che, rilasciata, lanciava
buire alla difesa, donne, vecchi e il proietto. Era definita ballista
bambini, che morirono di stenti anche una macchina che lanciava
davanti al vallo romano. pietre; cambiava solo il sistema di
La resa. Dopo varie scaramucce, propulsione, a due bracci invece
nell’arco di un mese di assedio un che a uno. Quest’ultima era
esercito di soccorso di 250.000 Galli, piuttosto precisa, ma macchine
condotto da Vercassivellauno, posteriori come trabucchi e
cugino di Vercingetorige, mangani avevano più potenza.
piombò addosso alla cinta
esterna, mentre il comandante EFFICIENZA
gallico mandava contemporane-
amente all’attacco i suoi dalla città; i
Romani si ritrovarono pertanto assediati a
loro volta. Ma nel corso di una notte di accaniti
combattimenti, anche grazie al mancato coordi-
namento tra i due fronti di attacco, Cesare riuscì
a respingere gli assalitori dall’esterno. La sconfit-
ta dello sterminato esercito di soccorso indusse
Vercingetorige alla resa. Così i Galli tornarono al
frazionamento che li aveva sempre caratterizzati.

42
LA CAMPA
AGNA DII CESA
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le quali i capitolini conquistarono in breve tempo. Rimaneva cabile per la sommità della rocca era stato ostruito dagli zeloti
la terza, Masada, su un’altura dalle pendici a strapiombo nei con pesanti macigni. Il procuratore scelse una collinetta accan-
pressi del Mar Morto. Il procuratore Flavio Silva si trasferì alle to all’altopiano, più bassa di 137 metri rispetto a Masada, e vi
pendici del monte nell’autunno del 72 con la Legio X Fretensis fece costruire un terrapieno che unisse le due asperità.
e le unità ausiliarie: 15.000 uomini in tutto, contro i 960 zelo- Vinti ma non n scoonfit ttii. I Romani elevarono il terrapieno
ti della fortezza, in parte donne a un’altezza di 91 metri, con un’inclinazione a salire di 20 gra-
SCORPIONE e bambini, al comando di Elea-
zar ben Ya’ir.
di, e compensarono parte dei 50 metri rimanenti con una piat-
taforma di blocchi di pietra, costruita sotto il bersagliamento
Simile alla ballista, ma più piccolo, Silva fece erigere un muro al- dei difensori dagli spalti.
venne introdotto nell’esercito
romano a partire dalla tarda
to 1,8 metri tutt’intorno all’altu- Restava un dislivello di 17 metri, colmato infine da una torre
repubblica. Leggero, facilmente ra, e ben 11 torri e 8 campi trin- mobile di 27 metri che, accostata alle mura, nell’aprile del 73
trasportabile e manovrabile, era cerati. Ma il solo sentiero prati- vi aprì una breccia. I Romani andarono a dormire sicuri di po-
montato anche su carro e sulle ter espugnare il caposaldo la mattina seguente, e infatti vi pe-
torrette delle navi. I suoi dardi Gergovia Battaglia persa da Cesare contro Vercin- netrarono all’alba senza trovare resistenza; ma solo perché, co-
potevano raggiungere obiettivi getorige nel 52 a.C. nella campagna per la conqui-
fino a 400 m di distanza. Ogni sta della Gallia che il console aveva iniziato dopo la me scoprirono subito dopo, gli zeloti si erano tutti suicidati, a
legione ne aveva 55 in dotazione. nomina a governatore della Gallia Cisalpina e della parte due donne e cinque bambini. 
Richiedeva un paio d’uomini e la Gallia Narbonense (nel 58). Andrea Frediani
sua precisione era micidiale.
EFFICIENZA

ARIETE
Lungo palo di legno con una
testata di metallo, talvolta a
forma di ariete, per aprire brecce
o abbattere i battenti delle porte.
Di preferenza i serventi erano
protetti da una struttura in legno
ricoperta di pelli, dentro la quale
si azionava lo strumento con
movimento pendolare. Vitruvio
ne attribuisce l’invenzione ai
Cartaginesi, ma in realtà se ne
vedono raffigurazioni su lamine e
bassorilievi assiri.
EFFICIENZA
SOL90 (2)

43
II O .C I .C.
A PARTIR RE
LA LEGIONE DAALL A
RIFFOR M A
COORTALE MA ARIA
A NA
on il sempre maggiore afflusso di volontari e ve-
E FIINO A
terani riarruolati, l’esercito romano finì per tra- QUU ELL A DI
sformarsi da milizia cittadina obbligatoria in una
forza quasi professionale. Si ascrive comunemente a Ga- AUUGUSTO SI
io Mario una sorta di riforma in tal senso, ma è proba-
bile che il condottiero abbia solo istituzionalizzato la
PERRFEZZ IO
O NA
pratica di ricorrere ai volontari, anche privi dei re- L’IM
MPIEEG O
quisiti di censo, oltre che alla coscrizione censitaria.
In ogni caso, è a partire dalla sua epoca che le ar- DEL LLE
mate romane divennero sempre più appannag-
gio dei privati che potevano permettersi di pa-
COO ORTI
garle – tanto da potersi definire vere e pro-
prie “clientele militari” –, finendo per esse-
re composte da gente di mestiere, seppur Optio romano
non mercenari, la cui ferma durava 8/10 con prigioniero,
anni, ma poteva arrivare anche a 20. età flavia,
Contestualmente, andò cambiando I secolo d.C.
anche l’ordinamento sul campo. Quel-
lo manipolare aveva rivelato dei limiti,
spingendo qualche comandante ad aggre-
gare i manipoli. Fu così che si arrivò, ai tem-
pi di Mario se non prima, alla coorte, costi-
tuita da tre manipoli, mantenendo le tradi-
zionali divisioni tra hastati, principes e triarii
(almeno nel periodo repubblicano, per poi per-
manere solo come distinzione amministrativa).
La legione di 30 manipoli era così suddivisa in
10 coorti, per un totale di 4.800 soldati (480 per
coorte), schierate in triplex acies come la legione
manipolare, reperendo la fanteria leggera e la ca-
valleria tra gli ausiliari; ma in epoca mariana sono
attestate legioni anche di 6.000 uomini.
Sotto August to. Con la riforma augustea l’or-
ganico della legione fu costituito da 5.500 uomini
circa, comprendendo 120 cavalieri, con la coorte
costituita da sei centurie da 80 soldati ciascuna; la
prima coorte, la più prestigiosa, ebbe un nume-
ro di effettivi doppio rispetto alle altre. Il prin-
ceps (l’imperatore) ridusse il numero di legioni
da oltre 50 a 28, diventate 25 dopo il disastro di
Teutoburgo; in seguito, il parco legioni rima-
se attestato su questo numero o poco più, rag-
giungendo le 32 sotto Settimio Severo. E se all’i-
nizio era chiara la distinzione tra cittadini, che
servivano nelle legioni, e peregrini, nelle auxilia
J. CABRERA

(truppe ausiliarie), presto i secondi videro schiu-


dersi anche le porte delle unità principali. Nel 13
a.C. la ferma fu fissata in 16 anni, ma gli alti co-
sti che ciò presupponeva spinsero
le autorità a portarla a 20,
più 5 anni aggiuntivi
per i veterani. 
Andrea Frediani

44
Schieramento di battaglia della Sullo spazio tra le coorti e tra le linee si possono fare congetture, e
legione postmariana. Secondo comunque veniva adattato alle necessità tattiche contingenti: ogni
alcuni studiosi, Gaio Mario coorte poteva essere schierata in un numero variabile di ranghi, da 2
è responsabile della nascita a 4 o più, con una considerevole variazione nell’ampiezza della fronte.
dell’esercito professionale.

La centuria: era
composta da 80 uomini
schierati usualmente
in 4 ranghi. Essendo di
dimensioni più grandi
del manipolo, poteva
gestire anche operazioni
in autonomia.

La legione è
composta da
10 coorti.

Ogni coorte
comprendeva 6 centurie,
tranne la prima, di forza
Una coorte doppia.

La tattica: la coorte

D
i fronte a nuove sfide – le solo in età augustea, fu una nuova ultimi metri prima dell’urto coperti
masse di guerrieri celti e grande unità costituita da dieci co- a passo sostenuto impugnando i
germanici, disordinate ma orti identiche (a parte la prima, di gladi. La loro disposizione e la loro
difficili da contenere nel loro im- forza doppia), ciascuna suddivisa abilità di manovra consentivano al
peto, che minacciavano di travol- in sei centurie di 80 uomini. comandante, come era avvenuto
gere i piccoli manipuli – la legione In azione. Dal punto di vista con i tre ordines più antichi, di
romana conobbe la sua seconda dell’impiego sul campo di batta- garantire il ricambio delle unità
e più importante trasformazione. glia, si riuscì a non perdere i van- impegnate in prima linea e gestire,
Si trattò, in sostanza, di irrobustire taggi dell’ordinamento manipolare se necessario, una cospicua forza
l’unità tattica fondamentale, pas- aggiungendo però alla legio la ne- di riserva per risolvere situazioni
sando dal manipulus di 120 uomini cessaria solidità strutturale: le coorti di particolare difficoltà. In circo- Il contubernio, l’unità
alla cohors forte di circa 480 effet- si schieravano come in passato su stanze eccezionali, come nel caso di base della legione
tivi, e di uniformare armamento e tre linee, disponendosi a scacchiera di un’ampiezza insolita del fronte romana: era formato da
compiti tattici, abbandonando la (4-3-3) per manovrare, allargandosi nemico, la legione poteva schie- 8 uomini acquartierati
vecchia suddivisione nei tre ordini a chiudere i varchi tra le unità avan- rarsi su due sole linee, rinunciando nella stessa tenda
di hastati, principes e triarii. Il risul- zate solo nell’imminenza del corpo quindi alla riserva d’emergenza ma (contubernium).
tato finale di questa evoluzione, a corpo, ed entravano in battaglia non alla possibilità di portare forze
che conobbe una significativa ac- eseguendo la stessa sequenza di fresche nel cuore della mischia nel
celerazione attorno al 100 a.C. per azioni offensive già ricordate – lan- momento decisivo dello scontro.
merito di Gaio Mario, ma si compì cio dei pila, i giavellotti, e quindi Gastone Breccia

45
ROM
M
GGIAM N O 102 D.C.

LEGIONARIO
DELLE
GUERRE DACICHE
TO MIILESS LEGIO
QUEST ON ARIUUS GR AVIS BRACHE
ARMAATU URA
A, VEX XILLAATIOO LEG
GIOONIS IIII Sotto la pesante armatura

FLAVIA
AE FELLICISS, DI EP
in ferro era portato un
POCCA TRA AIAANEA,, subarmalis di cuoio; corte
bracae in cuoio (femoralia
INDOSSSAA LA CORA AZZZ A EN TRR ATA o feminalia), di origine
celtica, coprivano i lombi.
NELL
L’IM
MM AGIN NARIO O COLLET T TIIVO
A cura di Raffaele D’Amato
Illustrazioni di Giorgio Albertini

IL MIILEES
SCUDO Ha una corazza laminata in ferro,
Scutum convesso riservata alla fanteria pesante, il cui
rettangolare, nome latino è ignoto. L’ elmo
squadrato nella deriva da prototipi celtici; la spada
parte inferiore a doppio taglio e l’asta sono le
e superiore. La principali armi d’offesa del soldato
parte metallica imperiale, lo scutum completa
sporgente al l’equipaggiamento
centro si chiama difensivo. Benché
umbo. in uso solo dalla
fine del I sec. a.C.
alla prima metà
del IV sec. d.C.,
questa corazza
è associata
da sempre al
legionario
dei film.

MARTELLO
Utensili da campo: martello
(malleus), scure (ascia),
cesoie (forfex).

PICCONE
VANGA
Dolabra, ovvero il
Utensili da
piccone del legionario,
lavoro usati dai
in ferro con fodero
milites effigiati
decorativo in bronzo.
sulla Colonna
Traiana: vanga
LANCIA (pala) e falce (falx).
Hasta in legno di
frassino, dotata di TAZZA
punta (cuspis) in ferro. Oggetti d’uso
personale:
tazza (patera)
e borraccia
(lagoena).
TUNICA
ELMO Tunica militaris
Elmo (cassis) di lino o lana a
munito di sbarre seconda delle
incrociate stagioni, e
protettive della sciarpa da collo
calotta. (focale).

GLADIO
Gladius hispaniensis
a doppio taglio, della
lunghezza media di
60 cm, nella variante
chiamata “Pompei”
(termine moderno). CORAZZA
La lorica laminata è
una variante del tipo
SOLD
DATO IM
MPERIA
ALE Newstead, con spallacci
Per Vexillatio Legionis IIII fissati da rivetti.
Flavie Felicis si intende un
distaccamento della Legio IIII
Flavia Felix, assoldata già da
Vespasiano. Sebbene la vecchia
tripartizione di hastati, principes
e triarii sia ancora
conservata, ora la
legione è divisa
in cohortes e
centuriae.
PUGNALE
Cingulum militiae, simbolo del
servizio militare, cui è attaccato
sul lato sinistro del corpo il
pugnale da battaglia (pugio).
Sul davanti pendevano strisce
di cuoio decorate da borchie
d’argento (baltea).

BISACCIA
Il saccus
scorteus, in cui si
conservavano le
razioni per 15 o
20 giorni (trinum FURCA
nundinum). Si chiamava
furca il palo a T
per il trasporto
dei componenti
della sarcina
(il bagaglio,
lo zaino del
legionario).
PENTOLA
La sarcina del
legionario comprendeva
anche una pentola (ollula).
SANDALI GIAVELLOTTO
Le caligae, Pilum da
calzature lancio, munito
intrecciate di di manicotto
cuoio formate di protettivo, corpo
una robusta suola in legno e punta
multistrato. in ferro.

47
OM
M
A IDIA A

Sveglia e colazione
La giornata del legionario cominciava presto. Che si
fosse in tenda o in guarnigione, ci si svegliava prima
dell’alba, dopo una notte passata con i compagni di stanza,
cioè la piccola unità base della legione formata da otto
uomini, il contubernium. Con loro si condivideva tutto, dai
pasti alle ricompense e alle punizioni. Il pasto del mattino,
il prandium, era importante: si macinavano i cereali e si
preparava una zuppa. Il pane in genere era già pronto, per
accompagnarlo si beveva un bicchiere di vino o di birra.

Adunata e appello
Dopo i preparativi personali, il primo momento collettivo era l’adunata. I legionari
venivano riuniti nell’ampio spazio dei principia, cioè nella zona più centrale del
campo, quasi un posto sacro, proprio di fronte al praetorium e alla cappella delle insegne.
Dal podio, i graduati procedevano all’appello e alla distribuzione dei turni di servizio. I
legionari ammalati venivano registrati e, nel caso, mandati nel valetudinarium, l’infermeria.
C. GIANNOPOULOS (8)

FAT
TICCA E RIGOOR E
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GNAVA ANO LE
AT TIIVITÀ
À DELL MIL LESS
ROM ANO O, CH
H E SI
O CCUPA AVA INN PR
RIMA A
Report mattutino
PER
R SONA A DI TU T TO Ancora prima, mentre i legionari finivano il
pasto e preparavano gli equipaggiamenti
A cura di Giorgio Albertini
per la giornata, gli ufficiali (centurioni) facevano il
rendiconto dello stato delle loro centurie al prefetto.

La giornata
Erano note scritte, presentate al comandante della
legione su tavolette di cera dove venivano indicate
le attività della giornata ed eventuali problemi
organizzativi. Era il momento in cui veniva consegnata
la parola d’ordine della giornata per l’accesso al campo.

48
del legionario
Turni di servizio
in guarnigione
Assegnati i ruoli per la giornata, i soldati si
dividevano e raggiungevano i loro incarichhi. I turni di servizio
erano dei più vari, dalla guardia del castrumm alla scorta al
prefetto, da coloro che venivano assegnati all’ospedale ai
malcapitati a cui toccavano i turni ai bagni e alle latrine, dalla
cura degli animali agli infiniti lavori, come la costruzione di
strade e opere civili, fino alle faccende di manutenzione.
m

L’addestramento
Gli uomini della legione che non aavevano servizi
particolari o che li avevano completati si addestravano
con un intenso programma fisico di esercizzi nell’adiacente
Campo di Marte. Si cominciava col ripetere esercizi con armi di
legno su pali, fino a organizzare vere e proprie simulazioni di
battaglie. Non mancavano le manovre per impratichirsi con le
complesse formazioni d’attacco, o le assegnazioni all’artiglieria.

La marcia
Una parte fondamentale
dell’addestramento era la marcia.
Nella legione si marciava, il più possibile
coordinati, fino a coprire 36 chilometri, il
corrispettivo di 24 miglia romane, in meno
di 5 ore. I coscritti cominciavano a marciare
senza affardellamento per poi caricarsi
di tutto l’equipaggiamento, che poteva
raggiungere i 30 chili. La marcia, quando
non si era in missione, era ripetuta almeno
una volta ogni dieci giorni.

49
Costruzione del campo
Quando si era in missione, finita la marcia, ci si dedicava
alla costruzione del campo protetto. Era un’operazione che
richiedeva due o tre ore di tempo, ripetitiva e probabilmente molto
noiosa, ma fondamentale per la sicurezza degli uomini. Si procedeva
scegliendo il terreno migliore, non franoso o con una pendenza non
eccessiva. Si scavavano le trincee esterne, si erigevano le palizzate di
legno e si alzavano le tende secondo un ordine preciso e consolidato.

LO STIPE
ENDIUUM ERAA
PIU
U TTOSSTO M AGROO, MA
L’ASSEGN
NAZIOONE DI
TERRRE A FINE
E CARRIERA
FACCEVA DI UN
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UN PICCOLO O POSSID
DENTE E

Cena
e riposo
Nel campo provvisorio
o in una stabile fortezza, la
giornata finiva all’imbrunire.
Tra i propri compagni di
contubernium si preparava la
cena, che non era diversa dalla
colazione ma a volte prevedeva
un po’ di carne, solitamente
suina e bovina; a seconda della
latitudine poteva essere anche
ovina, avicola o selvatica, se
qualcuno durante la giornata si
era dedicato alla caccia. Dopo
cena si era liberi di giocare, di
discutere e, con certi limiti, di
andare a trovare “compagnia”. Poi
ci si addormentava nel proprio
giaciglio; sicuramente a terra
quando si era in tenda, forse in
letti a castello nelle guarnigioni.

50
LE MA
L IE

MAI DOMA ANCHE NELLE SITUAZIONI PIÙ


SPINOSE, ROMA HA SEMPRE COMBATTUTO
SECONDO UN PRINCIPIO: LA PERVICACIA
NELL’OTTENERE LA VITTORIA SUI SUOI NEMICI,
ESTERNI O INTERNI CHE FOSSERO

L’ossessione per la vittoria, la pazienza e l’ostinazione nel perseguirla. Questo


contraddistingueva Roma. Ci è stato tramandato un aneddoto di un cronista
dell’antichità che raccontava come, al nemico asserragliato nella sua roccaforte
e pronto a vantarsi di avere viveri per resistere anche dieci anni, il romano
rispondesse che li avrebbero conquistati all’undicesimo. Nello stato permanente
di guerra in cui si è dipanata la sua epopea, Roma ha avuto ragione di una lunga
lista di nemici. Ecco alcune delle sue battaglie più emblematiche combattute nelle
varie fasi del suo dominio, dalla Repubblica al tardo Impero.
Gastone Breccia e Andrea Frediani

51
LA LEGION
NE MA
ANIPOLAR
R E IN AZIIONE
La battaglia di Sentino
u durante la Terza guerra sannitica, nel 295 a.C., che Ro- niti, mandando la cavalleria contro
ma se la vide talmente brutta da andare vicina all’annien- i loro fianchi mentre esercitava una
tamento. Il suo espansionismo, infatti, aveva spinto altri pressione frontale con i legionari.
popoli italici ad affiancare i già tenaci Sanniti, intorno ai qua-
li si formò una coalizione composta anche da Etruschi, Galli e
Contestualmente, inviò 500 cavalie-
ri sul fianco della testuggine gallica,
295 A.C.
In questa battaglia
Umbri, al comando di Gello Egnazio, il più prestigioso gene- che venne disgregata; subito dopo, i Roma rischiò di
rale sannita. I consoli Quinto Fabio Massimo Rulliano e Publio principes della III legione approfitta- perdere il dominio
Decio Mure, al comando di quattro legioni, marciarono contro rono dello scompiglio nelle file cel- dell’Italia Centrale e,
l’armata nemica accampandosi a 4 miglia da Sentino, sull’Aesis tiche per dar loro il colpo di grazia. ancor più, di essere
(o Esino, presso Fabriano nelle Marche), dove studiarono i mo- Fabio, da parte sua, inseguì i Sanniti annientata.
vimenti del nemico. A quel punto, Gellio Egnazio divise il suo fino al loro campo, accendendo una
esercito in due tronconi, prendendo con sé Sanniti e Galli per furiosa mischia ai piedi della paliz-
la battaglia campale, e affidando a Umbri ed Etruschi il compi- zata, dove cadde Gellio Egnazio. La sua morte anticipò di po-
to di assalire il campo romano. Ma Fabio venne a sapere della co la conquista del fortilizio, che sancì la fine dello scontro. La
manovra da alcuni disertori, e ordinò ad altri contingenti ca- vittoria costò alla coalizione 25.000 morti e 8.000 prigionieri,
pitolini di attaccare Chiusi, spingendo così gli Etruschi a ripie- a fronte di 1.700 caduti di Fabio e 7.000 di Decio. 
gare per andare in soccorso della propria città. Andrea Frediani
Per due giorni gli eserciti si fronteggiarono
senza concedersi più di qualche scaramuccia.
Finalmente il terzo giorno si scatenò il com-
I MANIPO
OLII RO
O M A N I SI
battimento, con Decio Mure (a capo di V e VI SCONTTRA
ANO QUI PER R L A PR
RIM
MA
legione) a sinistra contro i Galli e Fabio Mas-
simo (alla guida di I e III legione) a destra con- VOLTA CO
ON I CAARRII DA A GUERR RA
tro i Sanniti. Lo scontro si fece subito cruen-
to, e lo storico Tito Livio, che ci narra l’even-
to, non ha dubbi: se vi avessero partecipato
anche Umbri ed Etruschi, sostiene, i Romani
non avrebbero avuto scampo. Fabio manten-
ne le sue legioni sulla difensiva, convinto che
la foga del nemico si sarebbe affievolita, men-
tre Decio Mure insistette nei suoi assalti allo
schieramento avversario, facendo entrare in
campo anche la cavalleria.
Estrema dev vot
tio. Grazie alla spinta of-
ferta dai cavalieri, gli uomini di Decio Mure
riuscirono a spingersi in profondità facendo
arretrare i Galli, ma poi si trovarono a dover
affrontare i carri da guerra. Era la prima vol-
ta che i Romani avevano a che fare con quei
mezzi bellici: lo scompiglio che si creò tra le
loro file permise ai Galli di mettere in rotta la
cavalleria capitolina che, a sua volta, piombò
addosso alla fanteria scompaginandone i ran-
ghi. Il console si sgolò per richiamare i suoi
all’ordine e infine, tentando il tutto per tutto,
come il padre prima di lui, ricorse al rito della
devotio, cioè si immolò per ottenere la vitto-
ria: spronò dunque il cavallo e si infilò da solo
là dove erano più fitte le file nemiche, per non
riemergerne più.
La sua eroica morte spinse l’ala a resistere;
grazie ai rinforzi pervenuti dalla retroguar-
dia, con un fitto lancio di giavellotti i Roma-
ni riuscirono ad arrestare la testuggine forma-
ta dai Celti nel frattempo. Fabio intanto repu-
tò giunto il momento di contrattaccare i San-

52
GELLIO EGNAZIO CAMPO SANNITA
496 a.C. circa
Carri da guerra Laggo Regillo
o
C Sanniti

D
i fronte alla coalizione di
3 Galli 10 30 città latine, il dittatore
romano Aulo Postumio
marcia con un esercito di 24.000
uomini alla volta del Lago Regillo,
poco a sud-est di Roma, dove si è
2 4 1 6 8 9 spinta l’armata nemica al comando
di Ottavio Mamilio di Tuscolo,
forte di 40.000 effettivi. I Romani
V VI I III si scagliano contro gli avversari e
li costringono ad arretrare. Ma poi
5
DECIO MURE 7 FABIO MASSIMO i Latini rinforzano la prima linea e
riguadagnano terreno.
La provocazione. Postumio ordina
IL SACRIFICIO DEL CONSOLE allora alla sua guardia personale
Fabio Massimo affronta sulla destra i Sanniti, Decio Mure sulla sinistra i Galli. Ma mentre il primo si di cavalleria di chiudere ogni via
limita al contenimento, il secondo si lancia all’attacco (1), anche con la cavalleria (2). Sotto l’urto dei di fuga ai legionari e di uccidere
carri nemici (3) i suoi ranghi si scompaginano (4) e Decio Mure è costretto a immolarsi (5) nell’estremo chiunque tenti di scappare. Inoltre
sacrificio per rinnovare la spinta delle sue legioni. Fabio Massimo manda i rinforzi dalle retrovie (7) afferra un’insegna e la scaglia
e contrattacca (8), inviando la cavalleria sul fianco dei Sanniti (9). Riesce così a mettere in rotta il tra i ranghi nemici, esortando i
nemico su entrambe le ali, inseguendolo poi fino al campo (10). legionari a recuperarla. L’impegno
dei Romani cresce permettendo
loro di travolgere le schiere
nemiche, che si danno alla fuga.

I. DZIS
Solo un quarto dell’armata dei
Latini riesce a scampare alla morte
o alla cattura. Alla battaglia segue
una pace tra Romani e Latini, il
cosiddetto Foedus Cassianum. (a. f.)

275 a.C.
Maleeventu
um

P
irro, il re dell’Epiro, riprende
a combattere per conto dei
Tarantini dopo essere stato a
guerreggiare in Sicilia, e avanza nel
Sannio. I due consoli che operano
nel Meridione, Cornelio Lentulo e
Curio Dentato, cercano di riunire le
forze, ma Pirro si presenta davanti
al campo del primo, nei pressi di
Maleventum, e lo attacca prima
dell’arrivo del collega. Nottetempo,
fa avanzare parte dell’esercito e gli
elefanti in pianura, conducendo
una colonna sulle montagne
per un movimento aggirante.
Ma si perde e giunge a contatto
dei Romani con un contingente
sfilacciato, su cui Dentato si
avventa con facilità.
Elefanti nel caos. Gli Italici
di Pirro fuggono in pianura
scompaginando i ranghi del
grosso dell’armata. Ma gli
elefanti respingono i Romani
verso il loro campo. Lì però il tiro
dagli spalti, anche con frecce
incendiarie, provoca il caos tra i
pachidermi, che causano la rotta
degli stessi Italici. Pirro si sottrae
precipitosamente alla tenaglia
tra Dentato e Lentulo. E il nome
di Maleventum si trasforma in
Beneventum per celebrare il
trionfo. (a. f.)

53
LA LEGION
NE COO
ORTALE SO
OTTO LA R EPUB
BBL
LICA
A
La battaglia di Farsalo
o scontro decisivo della Guerra civile tra Cesare e Pom- Ribaltam ment to. Nel frattempo, vi-
peo si combatté in Tessaglia (Grecia) il 9 agosto del 48 a.C., sti avanzare i cavalieri esaltati dal fa-
nella pianura di Farsalo. Giulio Cesare – sconfitto un me- cile successo iniziale, Cesare “diede il
se prima a Durazzo e in grave crisi per mancanza di rifornimenti
– non aveva altra scelta che tentare la fortuna in battaglia; Pom-
segnale convenuto alla quarta linea
formata da sei coorti, che balzarono
48 A.C.
Con la sconfitta
peo, che disponeva di un esercito molto superiore per numero in avanti d’improvviso, e assalirono i di Pompeo a opera
e trincerato in una posizione inattaccabile, avrebbe potuto tem- pompeiani con tanto impeto che nes- di Giulio Cesare,
poreggiare, lasciando che la fame indebolisse ancora il nemico, suno poté loro far fronte: voltarono le la repubblica cedette
ma spinto dai senatori a lui vicini decise di raccogliere la sfida. spalle in massa, e non solo abbando- il passo al principato.
La sera prima, l’anziano triumviro illustrò ai luogotenenti il pia- narono le posizioni raggiunte, ma fug-
no di battaglia: “Ho convinto i nostri cavalieri ad attaccare l’ala gendo a perdifiato cercarono scampo
destra di Cesare, dove il suo fianco è scoperto; quindi, aggirato al- sui colli più alti” (Bell. Civ. 3.93.5). Il
le spalle lo schieramento, incalzeranno l’esercito già in disordine. contrattacco improvviso della quarta acies fu una delle azioni
[…] In questo modo porremo fine alla guerra senza pericolo per le più rapide e risolutive della storia militare: la fuga precipitosa
legioni, e quasi senza spargimento di sangue” (Bell. Civ. 3.86.3-4). dei cavalieri – che travolsero le truppe leggere amiche schierate
Puntare sulle turmae dei cavalieri era una scelta contraria alla alle loro spalle – decise in pochi minuti le sorti della battaglia e
tradizione romana, dettata dal timore di uno scontro coi veterani dell’intera guerra. Accadde sul campo esattamente ciò che Pom-
di Cesare. Al mattino le 11 legioni pompeiane – 110 coorti a pie- peo aveva previsto, ma a parti rovesciate: le coorti scelte cesaria-
no organico, 45.000 uomini – si dispiegarono nell’usuale triplex ne approfittarono del fianco esposto nemico, prendendo d’in-
acies, riempiendo la pianura tra il fiume e le colline per due mi- filata lo schieramento principale pompeiano, mentre la X legio
glia; Cesare rispose specularmente, disponendo le sue 80 coor- si univa al loro assalto. Allora “Cesare diede ordine di avanza-
ti (9 legioni provate dalle sconfitte, circa 22.000 effettivi) su 3 li- re anche alla terza schiera, che fino a quel momento era rima-
nee parallele a quelle avversarie, col fianco sinistro appoggiato al sta inattiva sulle sue posizioni iniziali. Così, poiché sulla fronte
fiume. Mentre la fanteria prendeva posizione, la cavalleria pom- reparti freschi e intatti avevano dato il cambio a uomini esau-
peiana si ammassò per l’attacco sull’ala nord; Cesare, “temendo
che la destra venisse accerchiata […] distaccò dalla terza linea
singole coorti, creandone così una quarta da opporre alla caval-
leria. Spiegò poi ai soldati cosa si aspettava da loro, e li avvertì
che la vittoria sarebbe stata decisa dal valore di quelle coorti” .
Cesare passò dunque da una formazione su tre linee (rispetti-
vamente di 32, 24 e 24 coorti) a una su quattro linee (32, 24, 18 e
6 coorti), creando un’insolita quarta acies dietro l’ala destra, di-
sposta ad angolo rispetto al grosso dell’esercito. La duttile strut-
tura delle legioni repubblicane gli consentì di creare in pochi mi-
nuti una riserva capace di sventare la minaccia della cavalleria
pompeiana senza indebolire troppo lo schieramento principale,
limitando così gli effetti della superiorità numerica avversaria.
In posizio onee. Dati i nuovi ordini, Cesare si piazzò alle spal-
le della propria ala destra, dietro le coorti della X legio. Fiducio- LA STORIA A
so nella maggior esperienza delle proprie truppe, decise di at-
taccare per primo al centro; in quel momento, secondo i piani
DI ROM A È
di Pompeo, i 7.000 cavalieri della sua ala davano inizio all’assal- SEGGNATA
to, disperdendo senza difficoltà la cavalleria nemica. Vennero in-
gaggiate allora due mischie distinte: la maggiore per numero di DAALLE
uomini impegnati fu quella tra le coorti delle prime linee di fan-
teria, che si protrasse a lungo in equilibrio, com’era logico aspet-
LOTT TE
tarsi da uno scontro tra uomini armati e addestrati allo stesso INTT E ST I N E ,
modo; nella seconda, all’estremità settentrionale del campo di
battaglia, si affrontarono invece i cavalieri pompeiani e le coorti COOM E
scelte della quarta linea cesariana, ben consapevoli dell’impor-
tanza della loro azione per la salvezza dell’intero esercito.
QUU ELL A
Al centro i pompeiani furono all’altezza della situazione: non FRAA C E SA R E
si scompaginarono sotto la pioggia di giavellotti, ressero all’ur-
to dei veterani di Cesare, misero mano a loro volta ai gladi e co- E PO
OMPEO
minciarono a combattere col valore consueto dei professionisti
arruolati nelle legioni di Roma.

54
CAMPO DI POMPEO POMPEO
OMP
MPE

202 a.C.
ma
Zam

S
i affrontano i due protagonisti
Fiume Enipeo

1 della Seconda guerra punica,


Scipione l’Africano e Annibale,
45.000 uomini per il primo, 50.000
per il secondo, che dispone anche di
2 elefanti. Il comandante romano crea
IX VIII XI XII X nel proprio schieramento corridoi
nei quali far confluire la carica dei
6 co pachidermi, poi priva di copertura
orti 3
i fianchi della fanteria nemica,
Fanteria sgominandone la cavalleria.
CAMPO DI CESARE C valleria Carthago sconfitta. Da quel
CESARE
ESA
SARR momento inizia il corpo a corpo tra
Fanteria leggera
le prime schiere di fanteria dei due
eserciti, e Scipione non ha che da
RESA DEI CONTI attendere il ritorno sul campo di
sti, mentre altri li attaccavano dalle retrovie, i pompeiani non I due eserciti si schierano battaglia dei suoi cavalieri, reduci
sulla sponda settentrionale dall’inseguimento degli avversari,
riuscirono più a opporre resistenza, e tutti assieme voltarono le
del fiume Enipeo. La per circondare i Punici. Dopo aver
spalle” (Bell. Civ. 3.94). cavalleria pompeiana sgominato le prime due schiere
Pompeo non seppe o non poté reagire al disastro che si pro- (1), come previsto, nemiche, infatti, il comandante
filava. Della sua riserva (le coorti della terza linea) non sappia- assale il fianco nemico romano utilizza anche la sua
mo nulla: o era già stata imprudentemente impegnata in com- non protetto dal fiume; terza schiera per costituire uno
ma dopo aver disperso schieramento il più largo possibile
battimento, o non riuscì a intervenire con efficacia nel disordine
la fanteria leggera e le e investire anche sui fianchi l’ultima
che ormai regnava tra le file. A quel punto cominciò la strage: la deboli turmae cesariane linea cartaginese. Poi la sua cavalleria
guerra civile mostrò il suo volto peggiore, “e padri e figli si scam- (2), viene contrattaccata e è in grado di attaccare le truppe
biavano colpi mortali”. Quando calò il sole sulla piana di Farsalo sbaragliata dalle 6 coorti di Annibale da tergo. Il generale
la res publica era nelle mani del più grande generale di Roma.  scelte (3) disposte da punico lascia sul campo 20.000
Cesare come quarta acies. morti e 15.000 prigionieri, Scipione
Gastone Breccia
Queste ultime proseguono 1.500 caduti. Cartagine è costretta a
la loro azione (4) chiedere la pace. (a. f.)
piombando sull’ala sinistra
avversaria.
197 a.C.
Cin
noceffalee
OSPREY

G
li eserciti del re macedone
Filippo V e del console Tito
Quinzio Flaminino, ciascuno
di 25.000 uomini, si accampano l’uno
all’insaputa dell’altro sui due versanti
delle alture di Cinocefale.
Il giorno dopo, in mezzo alla nebbia, i
due comandanti inviano delle colonne
in ricognizione, che si incontrano e
iniziano a combattere, richiamando i
loro rinforzi. I Romani sono più rapidi
a confluire sul luogo dello scontro e
ricacciano indietro i nemici. Ma poi
arriva Filippo, che schiera l’ala destra
della falange e la lancia all’attacco
prima ancora di disporre della sinistra.
Piomba addosso alle due unità
romane già schierate e ne scompagina
i ranghi. Ma con le altre due legioni
e gli elefanti Flaminino sorprende il
resto della falange ancora in marcia.
Quindi va a sostegno del fianco in
difficoltà.
Carneficina. I ranghi della falange
si scompaginano e i combattenti
alzano le sarisse in segno di resa, ma
i Romani non capiscono il gesto e
continuano ad affondare i loro gladi;
alla fine i caduti macedoni saranno
8.000, oltre a 5.000 prigionieri, a
fronte di un migliaio di morti romani.
(a. f.)

55
GLI AUSILIAR
RI DELLA
A LEGIONE IM
MPERIALE
La battaglia del Monte Graupio
ell’estate dell’anno 83, l’esercito guidato dal legatus Giu- to di vista militare che lo storico si di-
lio Agricola era giunto nell’estremo nord della Britan- mentica di fare qualsiasi altro cenno a
nia, per imporre la pax romana anche ai selvaggi abi- una loro azione offensiva. Agricola in-
tanti di quelle regioni, i Caledoni e i loro alleati, che compivano viò alcuni reparti di cavalleria a ripuli-
scorrerie nella parte dell’isola ormai sottomessa da sette anni di re il terreno tra le coorti ausiliarie che 83
guerra. Agricola, per quel che riguarda la fanteria, poteva conta- cominciavano ad avanzare e il grosso La vittoria di Agricola
re su circa 8.000 ausiliari, il cui nerbo era costituito da sei coorti dello schieramento nemico. Colorati, mise la definitiva
ipoteca sulla conquista
di veterani batavi e tungri – popolazioni del delta del Reno, no- rumorosi e inutili, i carri e i loro pas- romana della
te per le loro qualità belliche– e di altrettanti effettivi tratti dal- seggeri svanirono dalla scena. Britannia.
le legioni di guarnigione in Britannia; in più aveva con sé alcune In inferio orit tà numeriica a . Una
migliaia di cavalieri. Il legatus decise di tenere in riserva i legio- scena che a quel punto doveva moz-
nari, schierando in prima linea le coorti germaniche fiancheg- zare il fiato. I guerrieri britannici ave-
giate dalla cavalleria. L’unico motivo che poteva averlo indotto a vano preso posizione “per far mostra di sé e incutere terrore”,
una simile cautela doveva essere la relativa debolezza delle for- scaglionati lungo il pendio. Agricola, impressionato dal loro nu-
ze avversarie visibili sul campo: Agricola non era sicuro di ave- mero, diede ordine di ampliare il fronte dello schieramento per
re di fronte l’intero esercito raccolto dai Caledoni e ritenne più sventare un’eventuale manovra avvolgente sulle ali. Tacito sotto-
saggio iniziare la battaglia senza impiegare la fanteria romana, linea che il generale preferì distanziare tra loro i soldati già man-
nel caso un altro contingente nemico fosse in avvicinamento, o dati all’attacco piuttosto che sostenerli con le legioni, come mol-
addirittura nascosto nei paraggi, pronto a intervenire nel mo- ti lo sollecitavano a fare: così lontano dal territorio amico vole-
mento critico dello scontro. va mantenere una riserva numerosa, in caso lo scontro avesse
Il primo contatto tra i due eserciti avvenne ai piedi del Graupio preso una brutta piega.
(un’altura scozzese mai identificata con certezza). Qui stavano Attaccare sul terreno scelto dal nemico era un’imprudenza: ma il
caracollando alcune decine di carri da guerra britannici, riem- legatus era sicuro della superiorità tattica delle sue truppe. I fanti
piendo la pianura, dice Tacito, con i loro strepiti e le loro corse germanici avanzarono al passo, mantenendo un muro compat-
disordinate. Splendido spettacolo, ma così inefficace dal pun- to di scudi; quando furono a tiro, i Caledoni scagliarono le loro
OSPREY

A SOST
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MONTE GRAUPIO

9
uto
Teu obu
urggo

Q
uintilio Varo smantella gli
C C C C C C accampamenti sul Weser per
3 3
tornare ai quartieri inver-
ni nali sul Reno con le sue tre legioni.
4 4
Consigliato dal capo degli ausiliari
1 1 1 1 Arminio, Varo passa attraverso la
2 Selva di Teutoburgo, uno scacchiere
boscoso e accidentato, con 15.000
soldati e 10.000 civili. Ma Arminio,
C che sta per tradire gli alleati romani,
si stacca dal convoglio e guida egli
Carri
stesso gli assalti alle formazioni di
da guerra
Varo. Le legioni riescono ad allestire
un campo di marcia per la notte in
una radura. L’indomani il governa-
tore fa bruciare i carri per procedere
MONS GRAUPIUS lance; ma gli ausiliari erano ben protetti, e solo un colpo fortuna- più velocemente, ma gli attacchi
Nelle fasi iniziali della to poteva raggiungere una zona del corpo indifesa. Batavi e Tun- nemici si intensificano. Al termine
battaglia, la cavalleria della giornata i legionari si attestano
gri accelerarono il passo, sguainando le spade, mentre i migliori
romana (1) disperde ancora in un campo improvvisato,
combattenti britannici, schierati nelle primissime file, sfruttaro- ma il giorno seguente non possono
facilmente i carri da
guerra britannici; no a loro volta la pendenza favorevole per fare qualche passo di evitare lo scontro definitivo sotto
subito dopo Agricola corsa verso la massa compatta che avanzava contro di loro. Sia una pioggia torrenziale.
invia i suoi ausiliari da una parte che dall’altra c’erano combattenti coraggiosi e robu- La disfatta peggiore. Ben pochi si
all’attacco verso il sottraggono alla massa di Germani
sti, ma armati e addestrati in modo diverso: gli ausiliari germani-
Monte Graupio (2). che emerge tra gli alberi. Varo si
ci si battevano corpo a corpo come i legionari, con la stessa abi- uccide, e subito dopo pochi veterani
La superiorità tattica
dei fanti germanici lità e disciplina, utilizzando una spatha adatta a colpire di pun- si trincerano su un’altura, resistendo
dell’esercito romano ta, micidiale in mischia; i Caledoni erano invece poco abituati a fino al mattino seguente. Chi si ar-
ha facilmente ragione combattere in formazioni serrate e lo facevano utilizzando spa- rende viene sacrificato agli dèi. Due
della resistenza nemica. aquile legionarie su tre sono cattu-
de troppo lunghe e poco maneggevoli, mentre per proteggersi
Un estremo tentativo rate, mentre una terza affonda nella
si affidavano quasi tutti al piccolo scudo rotondo, visto che solo palude col suo aquilifero. (a. f.)
di aggiramento
sulle ali da parte dei i più ricchi potevano permettersi elmi e cotte di maglia di ferro.
guerrieri britannici (3) Di scudo o e di sppada.. I guerrieri britannici si lanciarono
viene intercettato e dunque nella mischia urlando e sollevando alte sopra la testa 357
Straasburgo
sbaragliato dalle unità le loro grandi spade; le quattro coorti di Batavi e le due di Tun-
a cavallo di Agricola (4).
gri sostennero l’urto senza difficoltà cominciando a lavorare di

I
scudo e di spada da professionisti, colpendo con gli umboni (la l cesare Giuliano, rimasto con soli
13.000 uomini, deve affrontare
sporgenza dello scudo) e tirando di punta al corpo dei nemici,
una coalizione alemanna all’altez-
abbattendoli uno dopo l’altro quando si scoprivano per cercare za di Argentorarum (l’odierna Stra-
di menare i loro inutili fendenti. Dopo pochi minuti l’esito della sburgo), con un esercito di 35.000
lotta doveva apparire già deciso: dal basso si distingueva chia- uomini. Giuliano schiera gli ausiliari
ramente la linea degli ausiliari che avanzava su per il pendio, la- in prima linea e le legioni in secon-
da, ammassando la cavalleria sull’ala
sciandosi dietro una scia di cadaveri e di feriti.
destra, ma all’ala sinistra subisce
Restava ai Caledoni un’ultima possibilità per rovesciare le sor- un’imboscata. Con il fianco ancora
ti dello scontro: circondare i fanti germanici. Impresa possibile, scompaginato, l’esercito imperiale
perché le sei coorti in formazione d’attacco non dovevano occu- deve affrontare l’attacco del resto
pare uno spazio troppo esteso; ma per metterla in atto, una parte dell’esercito alemanno. La cavalleria
pesante dei catafratti viene messa
dei guerrieri britannici dovette allargarsi e scendere verso la pia-
in rotta ed è lo stesso Giuliano ad
nura. Agricola, che aveva messo in conto una simile eventuali- arrestarne la fuga. Sul fianco sinistro,
tà, fece intervenire le quattro alae rimaste in posizione arretra- i Romani sono investiti anche dalla
ta, e il risultato fu addirittura superiore alle sue aspettative: presi cavalleria nemica.
sul fianco mentre stavano dispiegandosi, i Caledoni vennero tra- In fuga. Subentrano le riserve im-
periali: i Batavi a destra, la legione I
volti e messi in fuga dalla cavalleria ausiliaria. Allora, scrive Taci-
Giulia a sinistra, arginando una pe-
to, “lo spettacolo del combattimento in campo aperto fu al tempo netrazione alemanna in profondità
stesso grandioso e tremendo: inseguire, ferire, catturare – e truci- al centro e sospingendo indietro i
dare quelli già presi, mentre altri ne venivano portati” (Agr. 37.3). barbari. Gli Alemanni fuggono verso
Alla fine si contarono 10.000 morti tra i Caledoni, 360 tra i vinci- il Reno, lasciando sul campo 6.000
caduti, mentre un numero ancora
tori. Agricola aveva trionfato, dimostrando una volta di più che
superiore annega nelle acque del
le armi romane non avevano molto da temere in uno scontro in fiume. Il re barbaro Cnodomaro vie-
campo aperto – nemmeno “ai confini del mondo”.  ne fatto prigioniero. I Romani hanno
Gastone Breccia perso solo 243 uomini. (a. f.)

57
L’E
ESERC
CITO DEL TA
ARDO IMPE
ERO
La battaglia di Mursa
oche battaglie possono essere definite sciagurate per la
supremazia di Roma quanto quella di Mursa, sebbene
LA TAT TIC CA
non sia stata una disfatta a opera di un popolo nemico, DI ROM A
ma uno scontro tra truppe romane. Lasciò sul campo 54.000 ca-
duti, tutte forze che sarebbero potute risultare utili per argina- CAMMBIIA: A 351
re lungo i confini le successive invasioni barbariche, causa del- Il figlio di Costantino,
la caduta dell’Impero romano d’occidente.
VIN
NCER R E OR A che regnava
sull’Oriente, con
Protagonisti dell’ennesimo scontro intestino furono l’impera- SONN O A RC I E R I questa vittoria si aprì
tore d’Oriente Costanzo II, figlio di Costantino il Grande, e Ma- la strada per Roma.
gnenzio, un alto ufficiale franco-britanno che aveva assassina- E CA
AVALIERI,
to il fratello del sovrano, Costante, imperatore d’Occidente, ri-
vendicandone il ruolo. Costanzo, pressato sulla frontiera orien-
NOON PIÙÙ LA
tale dai Persiani, non poté reagire subito. Ma non appena ebbe FANN TERIAA
mano libera avanzò verso le Alpi. Gran parte della campagna
trascorse in infruttuosi approcci diplomatici e scaramucce, fin-
ché l’imperatore, cui pervenivano costanti rinforzi dall’Oriente,
non raggiunse una netta superiorità numerica, che lo convinse
ad affrontare uno scontro in campo aperto, scegliendo la pianu-
ra antistante la città di Mursa (Pannonia, odierna Croazia). Di-
sponeva di 80.000 uomini, con una grande abbondanza di cava-
lieri, sia catafratti che arcieri, contro i 36.000 dell’usurpatore, in
gran parte Franchi e mercenari ultrarenani.
Magnenzio tentò di sorprendere l’avversario appostando un
contingente nascosto appena fuori le mura, ma un ufficiale di ca-
valleria franco disertò e andò a riferirlo all’imperatore, portan-
dogli in dote ulteriori effettivi. Costanzo dispose quindi i suoi
con il fianco destro protetto dal fiume Drava, arcieri a cavallo
su entrambe le ali, fanteria al centro con i catafratti davanti e ar-
cieri e frombolieri dietro, rimanendo a pregare nelle retrovie. I
due schieramenti si fronteggiarono per buona parte della gior-
nata (il 28 settembre 351), poi gli imperia-
li avanzarono nel pomeriggio, concentran-
do l’attacco contro l’ala destra nemica. I catafratti effettuarono
lo sfondamento e la cavalleria leggera scardinò i
ranghi ancora in linea. Ma la resistenza fu tena-
ce e, nonostante l’inferiorità numerica, i legionari galli e
i mercenari germani di Magnenzio resistettero perfino al buio.
Tappeto di corpi. Il combattimento andò avanti tutta la
notte e gli arcieri di Costanzo furono decisivi, poiché all’al-
ba la Drava era piena di corpi trafitti o affogati nella fu-
ga. Molto probabilmente, gli arcieri agirono all’inizio e
alla fine dello scontro: all’inizio, anticipando o seguen-
do la carica dei catafratti; alla fine, quando gli uomini di
Magnenzio iniziarono a ripiegare, solo per esporsi al tiro
nemico. Fu allora che il massacro si intensificò, con i fuggi-
tivi che, rinunciando a combattere, offrivano le spalle agli inse-
guitori. Magnenzio si salvò e sopravvisse ancora due anni, pri-
ma di suicidarsi. Aveva lasciato sul campo (secondo alcuni) due
terzi del suo esercito, 24.000 uomini. A Costanzo la vittoria era
costata 30.000 soldati. In tutto, cadde il 50% degli effettivi impe-
gnati nel combattimento, dove erano stati decisivi cavalieri e ar-
cieri: nulla a che vedere con un classico scontro legionario delle
epoche precedenti, dove era stato sempre il fante pesante a far-
la da padrone. 
Andrea Frediani

58
MAGNENZIO
4
378
Adrriaanopolii

I
Visigoti ribelli di Fritigerno, migrati

Fiume Drava
in territorio romano due anni
prima, si attestano nei pressi di
2 Adrianopoli con 50.000 fanti e 20.000
3 cavalieri, oltre a tutta la popolazione,
Catafratti mentre l’imperatore Valente marcia
verso di loro con 40.000 fanti e
1
20.000 cavalieri. Pur avendo richiesto
rinforzi al collega e nipote Graziano,
l’imperatore decide di affrontare
da solo i ribelli. Sotto una calura
Arcieri e Frombolieri estiva che ha stremato gli imperiali,
COSTANZO la cavalleria ostrogota piomba sul
fianco destro romano ancora
in fase di schieramento; i cavalieri
SCONTRO TRA ROMANI D’ORIENTE E D’OCCIDENTE di Valente tentano di reagire,
Gli imperiali lanciano l’attacco contro l’ala destra nemica aprendo con gli arcieri ma sono messi in rotta.
(1) la strada ai cavalieri catafratti (2), che sfondano la linea nemica. Pioggia di frecce. In breve i cavalieri

I. DZIS
Ma i mercenari di Magnenzio resistono sul resto della fronte all’assalto della fanteria, goti circondano i legionari, costretti a
trasformando progressivamente lo scontro in una mischia che si protrae tutta la combattere in una nube di polvere e
notte, finché gli uomini dell’usurpatore non finiscono nel fiume Drava o in fuga (4). in uno spazio ristretto, senza neppure
la possibilità di estrarre le spade dal
fodero. Una pioggia di frecce investe
i Romani, aggrediti poi dalla fanteria
di Fritigerno e messi in fuga. Valente
si trova con la riserva e, investito dagli
inseguitori, ripara ferito in un casolare,
che viene bruciato dai Goti ignari
della sua presenza. I Romani perdono
almeno metà dell’esercito e i Goti non
usciranno più dall’impero. (a. f.)

451
Cam
mpi Catallaunici

A
ttila si dirige nelle pianure
della Champagne (Francia)
per dare battaglia al
comandante romano Ezio. L’impatto
tra le due armate avviene tra Troyes
e Chalons. L’armata di Ezio vede
schierati gli Alani al centro, i Visigoti
a sinistra, i soldati del comandante in
capo a destra. Dall’altra parte, Attila
con gli Unni è al centro, col fianco
destro occupato dagli Ostrogoti
e il sinistro dai Gepidi. Ezio si
impadronisce di un’altura sul fianco
sinistro nemico; l’attacco di Gepidi
e Unni non riesce a sfondare le linee
di Romani e Alani con la cavalleria, e
il corpo a corpo è a tutto vantaggio
degli imperiali. Lo scontro fratricida
tra Visigoti e Ostrogoti, intanto, vede
prevalere i primi, nonostante
la caduta del loro re Teodorico.
Occasione mancata. Attila si vede
così minacciato sulla destra e,
con l’ala sinistra ancora intatta,
preferisce ripiegare verso il proprio
campo; i Goti vi si accalcano
nel loro ultimo sforzo, prima di
ritirarsi per la notte e, poi
definitivamente, privando Ezio della
possibilità di stringere d’assedio
Attila, che può così svincolarsi. (a. f.)

59
C.
LA LEGIONE DEL BASSO
E TARDO IMPERO
ue le date fondamentali che lan-
ciano l’esercito romano dell’epo-
ca tarda: 197, i legionari sono auto-
rizzati a sposarsi, e 212, la cittadinanza viene conces-
sa a tutti gli abitanti dell’impero. Questi provvedimenti
accentuarono la stanzialità dei legionari di guarnigio-
ne nelle province, spesso reclutati in loco anche in epo-
ca precedente. La legione si trasformò in una milizia
provinciale, composta da soldati-coloni e posta a dife-
sa delle stesse famiglie e dei possedimenti dei soldati
lungo le frontiere. Poi le autorità iniziarono a senti-
re l’esigenza di unità di riserva, in posizione più cen-
trale e pronte al bisogno a intervenire per linee interne.
Sulle prime, la soluzione individuata furono le vexil-
lationes, distaccamenti tratti dai presidi e inviate
nei settori critici; in seguito, con Gallieno, si affer-
mò l’idea di una riserva strategica (con un esercito
di campagna), sebbene la cavalleria andasse assu-
mendo sempre maggiore importanza.
Il processo giunse a compimento con Dioclezia-
no e Costantino, con i quali si venne a creare una
netta distinzione tra truppe ripenses, poi di limita-
nei, ovvero stanziali e di confine, e comitatenses, di
manovra, per la difesa in profondità, che Costantino
rinforzò, probabilmente traendo effettivi dai limita-
nei, e costituendone alcune d’élite, le legioni palatine.
A ranghi ridottii. Alle legioni, ormai di organi-
co ridotto, furono affiancati molti altri tipi di unità.
E la fanteria in generale passò definitivamente in se-
condo piano rispetto alle formazioni di cavalleria: di-
venne meno importante, tanto che si risparmiò per-
sino sulla produzione di corazze.
La Notitia dignitatum, un documento che elenca
tutte le unità dell’impero in un periodo a cavallo tra
IV e V secolo, fa ascendere il numero delle legioni a
circa 150 tra comitatensi, palatine, pseudocomita-
tensi (limitanei trasferiti nell’esercito da campo, solo
in parte unità legionarie). È finito il tempo dei mani-
poli e delle coorti, era subentrata la divisione in ordi-
nes, che aggregavano a due a due le 12 centurie di cui
si componeva una legione. 
Andrea Frediani

L’ESERC
CITOO CAA MBIAA,
DIVENN TA
A PIÙÙ SIMILLE
A UNAA MIL LIZIA
A
PROVINC CIALE E E POII
VIENE RIIFOORMM ATO DA
DIOCL LEZ
Z IA
ANOO E COSTAAN T I N O
60
Sotto la copertura
di una testudo Schieramento da battaglia La legione tardo-
(testuggine) dell’esercito del tardo impero. antica torna alla
agiscono legionari falange, combinata
di epoca antonina, con la cavalleria. Nei
La legione era composta
seconda metà primi due ranghi dello
al massimo da 20 centurie,
del II secolo d.C. schieramento i legionari
ognuna di 100 uomini.
A destra, nello sono armati di lunghe
schema tattico i lance da urto.
legionari del tardo
impero, illustrati a
pag. 62.

La tattica: la acies di Arriano

U
n frammento di Arriano di che servivano a rendere più duttile
Nicomedia, il cosiddetto Schie- ed efficace l’azione difensiva delle
ramento contro gli Alani (Acies legioni: artiglieria da campo (balestre
contra Alanos), è tra le principali e catapulte), unità autonome di armati
testimonianze di un’ulteriore trasfor- alla leggera, arcieri, frombolieri e coor-
mazione della tattica della fanteria ti montate ausiliarie trovavano posto
romana databile a partire dal II seco- al riparo o accanto alla massa dei fanti,
lo d.C. Gli Alani, come i Sarmati e altri pronte a dare il loro contributo sia alla
popoli indoeuropei provenienti dalle resistenza del grosso delle truppe, sia a
steppe dell’Asia Centrale, ponevano sfruttare lo sbandamento del nemico,
una nuova sfida alle legioni: opporsi una volta che fosse stato fermato dalla
a un attacco di cavalleria pesante falange, uscendo dallo schieramento e
corazzata che poteva rivelarsi disa- contrattaccando sulle ali.
strosamente efficace se trovava dei Il ritorno a una più rigida tattica
varchi – o riusciva ad aprirli – in una d’impiego della fanteria, che rimase
linea difensiva di uomini appiedati. comunque fino al IV secolo la vera
Per contrastare nemici di questo regina delle battaglie, sembra essere
genere si tornò ad adottare una for- stato causato anche dal progressivo
mazione più simile all’antica falange deteriorarsi della qualità delle truppe,
oplitica, ovvero un ininterrotto muro prive dell’esperienza necessaria a
di scudi e lance, capace di assorbire a compiere sul terreno manovre com-
pie’ fermo l’urto dei cavalieri avversa- plesse; deterioramento che fu tra le
ri spezzandone l’impeto. cause della graduale riduzione del
Azione combinata. Il livello raggiun- numero degli effettivi di ogni singola
to dall’arte della guerra romana in legione, che nel tardo impero non su-
questa fase è testimoniato dalla pre- perava i 2.000 uomini, e probabilmen-
J. CABRERA

senza, accanto al “muro di scudi”, di te ne contava spesso solo un migliaio.


una serie di altre unità e di altre armi Gastone Breccia

61
ROM
M
GGIAM N O 450 D.C.
ELMO
L’elmetto di

STRATIÔTES
metallo (kassìs)
era dotato di
cresta fissata con
resina e gesso.

IMPERO
ROMANO
IN TESTA
Il berretto sotto
l’elmo (centum)
poteva essere
COOMBATT TE NE ELLL’E
EGIITT
TO avvolto dal
phakeolida, una
specie di turbante.
DIVENNUTTO PRO
OVIN NCIIA DEL LL’UURBE E
QUESSTOO MILEE S DEE L N O U M E RO S
DEI M AC
CEDON NI,, APPPARTEN N EN T E
ALLL A LE
EGIO
O V M AC CE D ON IC A
A cura di Raffaele D’Amato
Illustrazioni di Giorgio Albertini

SPADA
Lunga 90 cm,
questa spada
(spatha o
spathìon) aveva
ormai sostituito
l’antico gladio.

SCUDO
Skoutarion in
legno di cedro,
poteva essere
ovale o circolare
(aspis). AI PIEDI
Le calze (udones o
sikkoi) proteggevano
il piede dallo spesso
cuoio della scarpa e
dalle spine.
CINTURA
Il cingulum militiae
del tardo impero
era formato da
placche di bronzo
decorate a incisione
(kerbschnitt).

LEGIO
O COM
MITTATENSES
Lo stratiôtes indossa una corazza
a maglia di ferro (lorikion o tzàba)
CALZATURE sopra una base in cuoio.
Erano veri e propri L’insegna impressa sul suo
stivali (zancae), scudo è quella dei Macedones di
ora comunemente Antaiopolis, unità di comitatenses
usati dai soldati, che operava nella Tebaide
specialmente dalla (provincia romana
cavalleria. corrispondente a parte
dell’Egitto).

62
COTTA
La cotta di maglia
(lorikion) poteva
avere da uno a
tre strati di anelli
intrecciati (tzàba
trìmiton).

CORAZZA
SOTTO In alternativa alla
Il peristithidion di cotta di maglia
feltro, spesso un poteva essere
centimetro, era portato il thorax
portato sotto la hêroikon, in
pesante armatura. metallo o cuoio.

VESTE
La tunica
militaris di lino
era decorata da
applicazioni in
seta e lana (tablia
e segmenta).

IL MIILES
DEL KATA ALOGO
OS
Conformemente ai manuali
tattici e alle fonti letterarie
dell’epoca, quest’uomo porta
una lancia (kontàrion) e una
spada (spathìon) come parte del PANTACALZE
suo equipaggiamento offensivo. Molto spesso i
L’unità di base della fanteria soldati portavano
a quest’epoca era il noumeros pantaloni
o katalogos, variabile fra AL COLLO (anaxyrides) con
i 200 e i 300 uomini (stratiôtai Il maphorion o calze incorporate.
o milites gregarii). maphortès era
ancora portato
come un
fazzoletto da collo.

63
RA
ADII HI R M NT
TI

LE
GERARCHIE
64
io o mo arc i o 753-509 a.C.
n epoca regia l’esercito era sotto il comando diretto del re
in persona. Ai suoi ordini sottostavano tre tribuni militum,
che, se delegati dal sovrano, a turno comandavano la legio
(l’unica legione), nome con cui si identificava l’intero esercito.
Questo era composto da 3.000 fanti e 300 cavalieri, provenienti
dalle tre tribù originarie che avevano fondato Roma (1.000 fan-
ti e 100 cavalieri ciascuna). A capo di ognuno dei contingen-
ti di fanteria vi era un tribunus militum e a capo di ogni centu-
ria di cavalleria un tribunus celerum, per un numero totale di
3 (più 3). La legione era ulteriormente suddivisa in centuriae
(100 uomini l’una) di soldati a piedi, comandate da un centu-
rione (centurio), e da decuriae (10 uomini) di soldati a cavallo,
alla guida di un decurione (decurio).
Riform se na. Con la riforma centuriata di Servio
Tullio del 570 a.C. e l’aumento delle legioni a due (una per di-
fendere la città e l’altra per svolgere le campagne militari), fu-
rono organizzate 188 centurie tra fanti e cavalieri: il numero
dei tribuni venne fissato a 6 per ogni legione, in modo che, a
turni di due, sorvegliassero l’andamento della guerra ed eser-
citassero l’effettivo comando senza soluzione di continuità. I
tribuni dovevano provenire dai ranghi senatorio ed equestre e
dovevano essere forniti delle necessarie conoscenze militari.

Dal 753 al 570 a.C.


E
Al comando dell’unica legione

300 uomini 3.000 uomini

D L
AL O , Un tribuno comanda Un tribuno comanda

CO E SI I
L’ESE I ’ , Un decurione comanda Un centurione comanda

TR I ,
TRI I, I Composta da 10 cavalieri l’una Composta da 100 fanti l’una

R I
A cura di Marco Lucchetti
Dal 570 al 509 a.C.
E
Al comando di due legioni

IL CENTURIO
Stele raffigurante un
centurione con la corazza
muscolare coperta da 85 85
falere (in latino phalerae) e9 e9
presumibilmente in Ogni centuria è comandata Ogni centuria è comandata
SCALA

argento, decorazioni da un centurione da un centurione


conferitegli per per il suo
valore militare.

65
io o rep bbli no 509-31 a.C.
n età repubblicana l’imperium (il potere decisionale) in cam- assunsero sempre più importanza i centurioni, che formavano
po militare fu affidato ai due consoli, supremi magistrati del- i quadri intermedi della gerarchia militare. Venivano nominati
lo Stato, che lo esercitavano collegialmente, coadiuvati o so- dai tribuni ognuno al comando di una centuria. Erano addetti
stituiti in alcune circostanze da tribuni militum, provenienti dal- a molti compiti fondamentali, come l’addestramento e il man-
la classe senatoria, con poteri consolari. In particolari situazioni tenimento della disciplina. Al vertice della loro carriera c’era
il comando militare veniva demandato a un’unica persona, il dic- il centurio primus pilus, comandante della prima centuria del-
tator, affiancato per la cavalleria dal magister equitum. Il dicta- la prima coorte: finito l’incarico, il centurione poteva svolgere
tor esercitava il suo imperium con l’aiuto del consilium, una sor- una mansione superiore, come il praefectus castrorum, respon-
ta di stato maggiore composto dai tribuni, dai centurioni di più sabile dell’accampamento e vice-legatus legionis.
alto grado, da esperti e persone di fiducia. Con l’aumento della Tra i graduati di truppa e gli specialisti vi erano l’aquilifer, uno
durata delle campagne in luoghi sempre più lontani dall’Urbe, per legione, che aveva in consegna l’aquila legionaria e la cassa
il comando fu concesso a coloro che dimostravano di averne le della legione, i signiferes, che portavano il vessillo e le insegne
doti pur non avendone diritto giuridico. delle coorti e delle centurie, gli optiones, vice comandanti del-
Riform ri a. Tra il 107 e il 104 a.C. con la riforma le centurie e delle decurie, gli immunes, esentati dai servizi or-
mariana dell’esercito venne creata la figura del legatus, alto uf- dinari per svolgere incarichi particolari, i beneficiarii, promossi
ficiale scelto dal potere politico, che affiancava il comandante dai tribuni, i musicanti (tubicines, cornicines e buccinatores), ol-
in capo e poteva reggere il comando di una o più legioni. I tri- tre a tutti i tecnici, come geometri, medici, veterinari e contabili.
buni persero potere, ma ne rimasero 6 in ogni legione. Subito Giulio Cesare introdusse il cursus honorum per il centuriona-
sotto il legatus vi era il tribunus laticlavius, giovane che pre- to, basato su meriti e atti d’eroismo del singolo individuo. Alcu-
stava un servizio di breve durata per poi entrare a far parte del ni legionari erano promossi ai primi ordines, attraverso i quali si
Senato, e cinque tribuni angusticlavii, di rango inferiore e pro- poteva diventare primus pilus e poi tribunus militum, con con-
venienti dal ceto equestre. Nell’esercito professionale romano seguente accesso all’ordine equestre.

Dal 509 al 350 a.C. Dal 350 al 107 a.C. Dal 107 al 31 a.C.
N U N U L G T
Entrambi si alternano al comando Entrambi si alternano al comando Ogni legione è comandata da un legatus
dell’esercito, composto da due legioni dell’esercito, composto da più legioni

e 1 5
Ogni legione è comandata Ogni legione è comandata da un consul Hanno sotto di loro 60 centurie (raggruppate in coorti) guidate da:
da uno dei due consoli

59
mi mi
Sotto i tribuni ci sono 60 centurioni e 30 decurioni; Sotto i tribuni ci sono 60 centurioni e 30 decurioni; Al comando della
ognuno di loro comanda una centuria o una decuria ognuno di loro comanda una centuria o una decuria I centuria della I coorte
È comandata da un
centurione e composta
da 80 fanti al cui interno
vi sono
composta composta composta composta Colui che ha in consegna
da 100 fanti da 10 cavalieri da 60 o 80 fanti da 10 cavalieri l’aquila legionaria
e la cassa
* Insostituiti
casi eccezionali i due consoli vengono
dal dictator. 2 centurie formano 1 manipolo

La digni de ur : la l
La I coorte
Primus pilus a capo della I centuria della I coorte PRINCIPALES
Princeps prior a capo della II centuria della I coorte
Hastatus prior a capo della III centuria della I coorte
Princeps posterior a capo della IV centuria della I coorte
Hastatus posterior a capo della V centuria della I coorte

Dalla II alla co te IMMUNES


Pilus prior a capo della I centuria della II, della III o della IV coorte, ecc...) Senza servizi
Princeps prior a capo della II centuria della II, della III o della IV coorte, ecc...)
Hastatus prior a capo della III centuria della II, della III o della IV coorte, ecc...) MUNIFICES
Il munifex è il fante tenuto
Pilus posterior a capo della IV centuria della II, della III o della IV coorte, ecc...) a espletare anche i servizi
Princeps posterior a capo della V centuria della II, della III o della IV coorte, ecc...)
Hastatus posterior a capo della VI centuria della II, III, IV coorte, ecc...) Ogni coorte è formata da 6 centurie per un numero medio di 480 uomini.

66
t i er 31 a.C.-284 d.C. do i pe 284-476 d.C.

a Augusto in poi il comando supremo dell’esercito pas- allieno, durante il III secolo dopo Cristo, apportò
sò all’imperatore stesso. I tribuni continuavano a man- modifiche all’esercito per adeguarlo alle esigenze dei
tenere il loro ruolo tradizionale, anche se il comando tempi: il comando militare venne tolto agli apparte-
effettivo era affidato a un legato di nomina imperiale apparte- nenti all’ordine senatorio per affidarlo a militari di carriera.
nente al rango senatorio. La legione non differiva molto da quel- Nel secolo seguente, con l’indebolirsi della legione come unità
la del periodo cesariano, tranne che per la prima coorte che era base dell’esercito romano, fu cambiata anche la sua gerarchia.
di numero doppio rispetto alle altre nove, il tutto per un totale Sotto Costantino le unità confinarie vennero affidate a un dux
di circa 5.500 legionari e 120 cavalieri su quattro turmae di tre e quelle mobili a un comes. I praefectii divennero gli ufficia-
decuriae ciascuna. li delle unità di limitanei, mentre ai tribuni furono assegnate
Per ogni legione gli ufficiali di grado superiore in ordine di di- le unità palatinae e comitatenses. Anche la tradizionale figu-
gnità erano: 1 legato imperiale propretore di rango senatoria- ra del centurione scomparve, sostituita dai centenarii e duce-
le; 1 tribuno laticlavio di rango senatoriale; 1 prefetto del cam- narii. Vennero inoltre creati dei comandi generali per le forze
po; 5 tribuni angusticlavi di rango equestre; 1 tribuno sexme- mobili di fanteria e di cavalleria, magister peditum e magister
stris, che svolgeva un servizio di sei mesi, forse come coman- equitum. In seguito tali comandi si moltiplicarono per copri-
dante della cavalleria. re le singole zone dell’impero e in alcune circostanze, e in cer-
Gli ufficiali di grado inferiore erano costituiti da 1 centurione te zone geografiche, le due cariche potevano essere riunite in
primus pilus; 4 centurioni della I coorte; 54 centurioni delle cen- un unico magister utriusque militiae o magister militum. 
turie delle altre 9 coorti; 30 decurioni per la cavalleria.
I principales, una specie di sottufficiali, venivano subito sotto
i centurioni ed erano l’aquilifer, il campidoctor, un veterano con Dal 284 al 476 d.C.
l’incarico di istruttore durante le esercitazioni, il cornicularius,
responsabile dell’amministrazione e degli archivi, il signifer o ve- 2 I PERI
Al comando dell’esercito di ognuno dei due imperi c’è sempre la persona
xillifer, l’optio, il medicus, il beneficiarius, assistente del legatus dell’imperatore (sia che si tratti di una tetrarchia, di una diarchia o di una
legionis o del tribunus militum con compiti di polizia, e il tesse- monarchia). Nel caso di una tetrarchia, a guidare le Legiones sono
due imperatori (l’augusto e il cesare)
rarius, il cui compito era quello di distribuire la parola d’ordine
giornaliera. I principales ricevevano paga doppia o tripla rispet- IMPERO IMPERO
to ai semplici milites (“miles” al singolare). D’OCCIDENTE D’ORIENTE
Gli immunes erano soldati specializzati esentati da lavori di
corvée e servizi: solo dopo anni di servizio come milites, diven- Ogni armata è guidata Ogni armata è guidata
tavano ingegneri, artiglieri, istruttori d’armi, poliziotti militari, dall’augusto o dal cesare dall’augusto o dal cesare
falegnami, cacciatori, armaioli e scrivani. Ricevevano la stessa
paga dei soldati semplici, ma erano immuni dai servizi.
I soldati semplici, i munifex, costituivano la massa della legione,
svolgendo i turni di guardia, i lavori manuali e i compiti più umili.
1P e/o 1P e/o
Dal 31 a.C. al 284 d.C.
LEG TUS P P
Ogni legione è comandata da un legatus, che ha sotto di lui:
ufficiali ufficiali ufficiali ufficiali

In servizio 1 Pr D D
per 6 mesi Capo accampamento
e logistica

1 5 fanteria cavalleria fanteria cavalleria

portainsegne sottufficiale portainsegne sottufficiale


Al comando della Ognuno al comando
I centuria della I coorte di I centuria
sottufficiale i cavalieri sottufficiale i cavalieri

La I coorte, rispetto alle altre, Le centurie seguono lo


è composta dal doppio di effettivi schema precedente fanti fanti
e ha solo 5 centurie invece di 6 (dal 107 al 31 a.C.)

All’inizio del periodo imperiale la I coorte scende a 5 centurie. reclute reclute

67
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I MA
TT RI

IN DIECI SECOLI DI BATTAGLIE ROMA VIDE IN CAMPO


MILITARI D’ALTO RANGO E TAGLIAGOLE, STRATEGHI
RAFFINATI E VELLEITARI CORAGGIOSI, UOMINI IN GRADO
DI CONQUISTARE IL MONDO E SCANNARSI TRA LORO
CON INTUITO GENIALE ED EFFICIENZA ESTREMA

Dalla Repubblica all’Impero, i grandi generali dell’Urbe hanno lasciato


testimonianze memorabili del loro valore scrivendo la storia militare dell’antichità.
Eppure, mentre all’inizio i condottieri si distinguevano per l’attaccamento alle
istituzioni e la difesa della gloria patria, alla fine del periodo repubblicano e
durante l’impero a segnare la loro azione era spesso l’ambizione personale, che li
portava al vertice dell’esercito e del governo. Comunque sia, la grande espansione di
Roma si deve anche alla sete di potere e ai sogni di conquista di questi uomini,
che hanno condiviso con i loro legionari le lunghe campagne militari.
A cura di Andrea Frediani

69
FURIO CAMILLO
IV SECOL
LO 36
65 A.C
C.
ifficile discernere in Marco Furio Camillo la
realtà dalla leggenda, a partire dalla data di
nascita e dalle presunte vittorie che gli vengono
attribuite da alcuni cronisti. Non apparteneva a una
famiglia di rilievo, ma a oltre quarant’anni divenne tribuno
consolare, affrontando Falisci e Capenati. La sua grande
occasione arrivò quando gli fu assegnata la carica di
dittatore per risolvere la decennale guerra contro la città
etrusca di Veio, che nel 396 conquistò con un espediente.
Espugnò anche Falerii un paio d’anni più tardi, ma poi fu
processato e si autoesiliò ad Ardea.
Il secondo fon ndato ore di Romma. Tornò a Roma in
occasione del sacco dei Galli di Brenno, sebbene non si
possa dire quanto sia stato decisivo il suo intervento.
Di certo ebbe un ruolo fondamentale nella ricostruzione
della città, meritandosi l’appellativo di “secondo
fondatore di Roma”.
L’anno seguente fu dittatore vincente contro Etruschi,
Volsci ed Equi, tribuno militare in due occasioni – contro
i Volsci a Satrico – e ancora tribuno nel 367, addirittura
ottantenne, quando ottenne e celebrò il suo quarto
trionfo, per poi morire due anni dopo.

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N DELL
LA TERZA SCHIERA I TRIARII

CLAUDIO MARCELLO
270 CA..208 A.C
C.
irruente e bellicoso Marco Claudio Marcello fu
considerato la “spada” di Roma operando di concerto
con Quinto Fabio Massimo, reputato lo “scudo”
per la sua strategia attendista (era detto Cunctator,
il “Temporeggiatore”). I due ressero le sorti dell’Urbe
nel suo periodo più difficile, dopo le sconfitte inflitte
da Annibale. Da console nel 222 a.C. aveva vinto i Boi e gli
Insubri a Casteggio, uccidendo in duello il capo nemico e
guadagnandosi, oltre al trionfo, le spolia opima (il trofeo più
ambito, ovvero le armi del generale nemico ucciso
in singolar tenzone), onorificenza concessa solo ad altri
due condottieri Romani.
Prese Sir racuusa. Ormai ultracinquantenne, fu sempre
sulla breccia come pretore, console o proconsole tra il 216,
dopo il disastro di Canne, e il 208, quando morì subendo
un agguato nel corso di una banale ricognizione. In mezzo,
nel 212, rifulge l’altra sua impresa più nota, la conquista
di Siracusa, dopo un lungo e duro assedio che lo aveva
costretto ad avere a che fare con le macchine belliche
inventate da Archimede. Ricevette una ovatio (l’ovazione)
per la sua vittoria, un trionfo in tono minore. Meno celebre
ma altrettanto rilevante, un suo successo – il solo di un
comandante romano prima di Scipione l’Africano – in uno
scontro minore con Annibale, nel 210 in Lucania.
SCIPIONE L’AFRICANO
235183
3 A.C.
imase imbattuto sul campo di battaglia, ma
soprattutto difese la crescente potenza di Roma e
diresse le sue mire espansionistiche nel bacino del
Mediterraneo. Sull’onda dell’emozione per la morte del
padre (Publio Cornelio Scipione) e dello zio (Gneo Cornelio
Scipione Calvo) in Spagna a opera dei Cartaginesi, a soli
26 anni Publio Cornelio Scipione ricevette un comando
proconsolare straordinario per la Penisola iberica. Nell’arco
di un triennio espugnò Cartagena (206) e sconfisse i Punici
a Becula e Ilipa, restituendo la Spagna al controllo di Roma.
Tornato nell’Urbe, sostenne con tenacia la strategia di
portare la guerra direttamente in Africa, per costringere
Annibale ad abbandonare la Penisola italica. Il senato lo
assecondò con scarso entusiasmo, lesinandogli gli effettivi.
Sconfissse An nnibale. Sbarcato sulle coste africane,
mise sotto pressione i Cartaginesi e i loro alleati vincendo
ai Campi Magni (203) e costringendo Annibale a venire in
soccorso alla sua capitale. Sconfisse il grande condottiero
punico a Zama nel 202 a.C., obbligando Cartagine alla
pace. Nel 189, partecipò come legato alla campagna asiatica
contro Antioco III di Siria, guidata dal fratello Scipione, poi
detto l’Asiatico. Messo sotto accusa dai suoi nemici politici,
si ritirò a vita privata e morì a Literno nel 183 a.C.

N LONN
NE AVVO
OLGEN
N TI

MARIO
15786 A.C.
i estrazione non nobile, ma di famiglia ricca,
Gaio Mario si appoggiò ai Metelli per fare carriera
e, dai bassi ranghi occupati durante l’assedio di
Numanzia, sotto Scipione Emiliano nel 133 a.C., giunse
a essere legato (comandante in seconda dopo il console)
durante la Guerra giugurtina in Africa nel 109-108, e console
per la prima volta l’anno seguente. Mantenne il comando
del conflitto fino alla sua conclusione, nel 105, celebrando il
trionfo, poi combatté i Galli e, soprattutto, arginò le invasioni
dei Teutoni ad Aquae Sextiae (102) e dei Cimbri ai Campi
Raudii (101 a.C.), celebrando un nuovo trionfo, in coppia con
il collega Lutazio Catulo.
Fra guer rre civvili e congiu ure. Oltre dieci anni dopo
fu legato durante la Guerra sociale. Subito dopo ebbe inizio
la sanguinosa Guerra civile (dall’83 all’82 a.C.) che lo vide
opposto a Silla, al quale cercò di soffiare il comando della
Guerra mitridatica.
Costretto dal rivale a fuggire da Roma, vi ritornò con
un esercito insieme a Cinna e vi entrò dopo un assedio,
compiendo una serie di stragi. Conseguì così, all’età di 70
anni, il suo settimo consolato. Durò in carica giusto pochi
giorni, prima di venire a morte. I poteri passarono quindi al
console Cinna, che morì per mano di una congiura interna.

71
SILLA
13878 A..C..
ato da famiglia nobile ma decaduta, Lucio
Cornelio Silla esordì nella carriera militare
come questore (magistrato minore dello Stato,
la cui carica – quaestura – costituiva il primo grado del
cursus honorum) di Gaio Mario nella Guerra giugurtina
(106-105). Fu lui a risolvere il conflitto, attirando in un
tranello il re numida; da allora la questione fu oggetto di
disputa con il suo comandante, inaugurando la stagione
d’odio che li avrebbe resi inesorabili nemici. Negli anni
seguenti combatté come legato e come tribuno militare
(ufficiale) in Gallia, partecipando alla battaglia dei Campi
Raudii contro i Cimbri; quindi fu propretore contro i
Cappadoci e, durante la Guerra sociale, legato contro
Marsi, Sanniti e Irpini.
Sempre con ntro o Maariio. Raggiunto il consolato,
contese a Mario il comando della Guerra mitridatica, poi
partì per la Grecia dove colse importanti vittorie ad Atene,
Cheronea e Orcomeno (e nell’85 costrinse Mitridate
alla pace di Dardano). Condusse anche una campagna
in Macedonia contro gli Illiri, prima di tornare in Italia
e sgominare il partito mariano nella battaglia di Porta
Collina (82 a.C.), che gli permise di conseguire il potere

GETTY IMAGES (4)


assoluto come dittatore. Si dimise dopo circa un biennio,
per morire un paio d’anni dopo.

BATTA
AGLIA, CESARE DISSE CHE

POMPEO MAGNO
10648 A.C.
a carriera militare di Gneo Pompeo, poi detto
Magno, iniziò in modo anomalo a 23 anni, nell’83
a.C., arruolando un esercito privato con il quale si
unì a Silla. Combatté contro i mariani in Italia, Gallia e
Africa, infine il dittatore gli concesse il trionfo.
Nel 78 supportò il console Catulo contro il ribelle Lepido,
spingendo poi il senato ad assegnargli un comando in
Spagna contro l’altro ribelle Sertorio e i Celtiberi. Dopo tre
anni Sertorio fu ucciso da sicari e Pompeo poté tornare in
Italia, dove debellò i residui dell’esercito di schiavi ribelli di
Spartaco, sconfitti da Crasso, celebrando un nuovo trionfo.
Nel 67 ebbe il comando delle operazioni contro i pirati
nel Mediterraneo, e in sei mesi debellò il flagello. Rilevò
poi Lucullo nella Guerra contro Mitridate, portandola a
compimento, impose la sovranità romana ad Albani e Iberi,
quindi riorganizzò le province orientali, celebrando un
altro trionfo. Quando Cesare passò il Rubicone, fu costretto
a sgombrare l’Italia e ad attenderlo in Epiro, dove andò
vicino a sconfiggere il rivale a Durazzo (o Dyrrhachium, nel
48), ma subendo una sconfitta definitiva a Farsalo, prima di
finire assassinato in Egitto.
GIULIO CESARE
101 CIR
RCA44 A.C
C.
a straordinaria carriera militare di Gaio Giulio
Cesare iniziò, dopo un periodo da tribuno a
Mitilene, come questore e poi propretore in Spagna,
dove combatté Lusitani e Calaici. Dopo il consolato, si
procurò il proconsolato in Gallia, dove stazionò dal 58 al 50
a.C., sottomettendo tutte le tribù e debellando numerose
ribellioni, tra cui quella del 52, condotta da Vercingetorige,
che sconfisse ad Alesia. In mezzo, due puntate in Britannia,
e un paio di volte oltre il Reno nel territorio dei Germani.
Nel 49 entrò in armi in territorio italico (passaggio
del Rubicone) per affrontare i suoi avversari politici,
si impossessò di Roma e della carica di dittatore,
quindi procedette verso la Spagna, dove a Ilerda vinse i
luogotenenti di Pompeo Magno. Si spostò poi in Epiro,
dove affrontò l’antagonista a Durazzo, rischiando la
sconfitta, ma si rifece a Farsalo.
Le Idi di mar rzo o. Tolto di mezzo Pompeo, impose
Cleopatra in Egitto e cancellò le velleità di Farnace del
Ponto, poi dovette condurre una dura campagna in Africa
per sgominare i pompeiani, che sconfisse a Tapso (46),
e un’altra in Spagna, debellandone gli ultimi irriducibili
condotti da Pompeo il Giovane a Munda. Sei mesi dopo
fu ucciso durante una seduta del senato: stava preparando
una campagna contro i Parti.

S TA E NON PER LA VITTORIA

AGRIPPA
63 CIRC
CA12 A.C
C.
mico d’infanzia di Ottaviano Augusto, Marco
Vipsanio Agrippa crebbe al suo fianco e fu la
mano armata del futuro imperatore, vincendo per
lui tutte le battaglie. A 23 anni era legato nella Guerra di
Perugia (41-40) contro Lucio Antonio (il fratello minore
di Marco Antonio), e subito dopo proconsole in Gallia
contro Ubii e Aquitani. Ma le vere sfide ebbero luogo
in seguito: contro Sesto Pompeo, prima di tutto, in una
feroce e dura guerra navale e anfibia nella quale Agrippa
finì per prevalere, dapprima a Milazzo e poi nello scontro
decisivo di Nauloco (36). Accompagnò e sostenne l’amico
anche nelle campagne contro Illiri e Dalmati, negli anni
35 e 34, prima di rivestire un ruolo da protagonista nello
scontro finale tra Ottaviano da una parte, Marco Antonio e
Cleopatra dall’altra.
Tramont ta l’Egitto.. In effetti, Agrippa fu il principale
artefice della vittoria navale di Azio (31) e sconfiggendo
la flotta di Cleopatra e Marco Antonio consegnò il potere
assoluto all’amico e futuro imperatore Augusto. In seguito,
combatté da proconsole in Gallia e in Spagna, soffocando
una serie di rivolte, poi sul Bosforo e nel 12 a.C. in Pannonia;
dovette interrompere quest’ultima campagna per problemi
di salute, che lo portarono a una morte precoce di lì a poco.
A lui si deve la costruzione del Pantheon.
73
TIBERIO
42 A.C..37 D.C..
igliastro dell’imperatore Augusto, Tiberio gli
succedette al potere grazie alla morte di tutti gli
eredi designati e diretti. Ma non si può dire che
non se lo fosse guadagnato: da comandante degli eserciti
romani sotto il principato del patrigno, si rivelò uno
dei migliori generali di Roma. Dopo un’esperienza a
diciassette anni come tribuno militare contro i Cantabri
in Spagna (25 a.C.) e svariate compagne sotto l’insegna
imperiale, nel 15 a.C. Tiberio condusse un braccio
dell’operazione a tenaglia che sottomise a Roma le
popolazioni alpine, di concerto con il fratello minore
Druso. Quattro anni dopo si guadagnò gli ornamenti
trionfali contro i Pannoni, ripetendosi l’anno seguente.
Dall’8 a.C. passò in Germania, ma poi la rottura col
patrigno lo mise fuori gioco per un pezzo.
L’erede di Augu usto.. Riprese a guerreggiare dove
aveva lasciato, in Germania, nel 4 d.C. per poi combattere
Marcomanni, Pannoni e Dalmati per un quinquennio –
celebrando un trionfo – l’anno prima che le legioni fossero
massacrate a Teutoburgo. Fu rinviato in Germania, dove
in un biennio puntellò la situazione, guadagnandosi un
nuovo trionfo nell’11. Tre anni dopo sarebbe asceso al

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trono imperiale (14 d.C.), il secondo dopo Augusto.

NELLE
E SU
UE CAM
MPAGN
NE TIBERIO
O TEND
DEVA AD ALZARE IL GOMITO,

GERMANICO
15 A.C.19
9 D.C.
iglio maggiore di Druso, il figliastro di Augusto,
Germanico (nato col nome di Druso Claudio Nerone)
rientrò nella linea di successione quando, nel 4 d.C.,
l’imperatore adottò Tiberio, e questi fu costretto ad adottare
a sua volta il nipote (che entrando a far parte della gens
Iulia prese il nome di Germanico Giulio Cesare). Da allora,
sebbene avesse mostrato una più spiccata propensione
per la cultura rispetto alle armi, dovette trasformarsi in
un generale; in questo fu favorito dal grande affetto che gli
mostrarono sempre i soldati, molto legati a suo padre. Iniziò
come questore tre anni dopo contro Dalmati e Pannoni, e nel
9 si guadagnò gli ornamenti trionfali come legato.
Al nord.. Dopo la disfatta di Teutoburgo, passò in
Germania per riconquistare i territori perduti e si guadagnò
un trionfo per i suoi successi contro Marsi e Bructeri.
Alla morte di Augusto, nel 14, dovette sedare delle
ribellioni e sottolineare la sua fedeltà a Tiberio, quindi
diede inizio a una serie di campagne offensive contro
Catti, Cheruschi e Marsi, che lo spinsero sempre più a
est, procurandogli la prestigiosa vittoria di Idistaviso (la
rivincita di Roma contro i Germani).
Dopo aver celebrato un nuovo trionfo, Germanico svolse
servizio in Oriente, dove venne a morte nel 19, forse per
avvelenamento.
AGRICOLA
4093 D.C
C.
neo Giulio Agricola ha conseguito vasta
fama presso i posteri non tanto per le sue pur
lusinghiere gesta, ma soprattutto perché, come
suocero di Tacito, ha avuto largo spazio nelle sue opere,
essendo oggetto addirittura di una biografia.
Intanto, non era un patrizio romano ma un uomo delle
colonie, nato e cresciuto in Gallia. Fece carriera sotto
Vespasiano, per il quale fu legato in Aquitania tra il 74
e il 76; nel 78 divenne governatore della Britannia, dove
aveva servito da tribuno nel 60, giovanissimo. Condusse
numerose campagne a nord contro i Caledoni, e fu
nell’ultima che colse la sua più celebre vittoria, nella
battaglia del Monte Graupio (83), sconfiggendo il nemico
con il solo uso delle truppe ausiliarie e tenendo di riserva
le legioni romane.
Un rivalle pericolo oso
o. La sua alacre attività
procurò a Roma la sottomissione di numerose tribù,
ma l’imperatore Domiziano gli impedì di completare
l’opera richiamandolo a Roma anzitempo e, dopo avergli
concesso gli ornamenti trionfali, inducendolo a ritirarsi
a vita privata. Sopravvisse ancora otto anni, prima di
venire a morte, forse per avvelenamento dietro ordine
dell’imperatore.

A IND RRE S LDATI C IA


AMARLO “BIBERIUS”

TRAIANO
53117 D.C
C.
oco si sa di Marco Ulpio Traiano prima che
salisse al trono. Era figlio di un pubblico ufficiale
della provincia Betica (l’attuale regione spagnola
dell’Andalusia) salito fino al rango senatoriale. Servì sotto
Domiziano nell’89 quando, al comando di una legione
in Spagna, fu inviato contro il ribelle Antonio Saturnino.
L’imperatore Nerva lo nominò governatore della Germania
Superiore, poi lo adottò come erede.
Con lui la massssima a esp pansio one delll’IImp
pero.
Divenuto sovrano nel 98, Traiano preparò con cura una
campagna contro il regno dei Daci, che intraprese nel 101,
penetrando nel cuore del territorio nemico; l’anno seguente
la guerra si concluse con una pace di compromesso, che
non evitò una nuova guerra di lì a un triennio. Nella nuova
campagna l’imperatore avanzò fino alla capitale nemica,
Sarmizegetusa, espugnandola dopo un duro assedio,
costringendo al suicidio il re Decebalo e celebrando, una
volta tornato a Roma, un trionfo memorabile. Poi, col
desiderio di emulare Alessandro Magno, rivolse la sua
attenzione alle terre dei Parti, verso le quali mosse nel 114.
L’anno seguente si spinse fino alla capitale partica,
Ctesifonte, che espugnò portando l’Impero romano alla sua
massima espansione. Negli ultimi due anni della sua vita
dovette, però, sedare una ribellione dietro l’altra.
75
SETTIMIO SEVERO
146211
1 D.C
C.
on lui le legioni divennero il vero motore
dell’impero tramite l’investitura militare
dell’imperatore: questi non era più un princeps che
governava grazie al senato e alle istituzioni repubblicane,
ma un dominus, il signore, che comandava senza più
limiti. Nato in Africa (a Leptis Magna), Lucio Settimio
Severo giunse quindicenne a Roma, dove fu eletto questore
9 anni dopo, per poi prestare servizio in Sardegna nel
171. Trascorso un biennio, tornò in Africa, dove prestò
servizio come luogotenente di un suo parente governatore.
Raggiunse il comando di una legione nel 180, in Siria, poi
ricoprì una serie di governatorati, nella Gallia Lugdunense,
in Sicilia e in Pannonia, dove le truppe lo elessero
imperatore alla morte di Pertinace (192).
Senza rivalli. Ma c’erano da superare vari contendenti
al trono imperiale, i militari appoggiati dalle loro legioni;
si sbarazzò del primo marciando alla volta dell’Italia e
provocando il crollo del rivale in Oriente, sottomettendo
Osroeni, Adiabeni e Arabi Sceniti. Gli restava un solo
contendente, Clodio Albino, che deteneva la Gallia.
Lo affrontò a Lione (196) vincendo e costringendolo al
suicidio. Rimasto padrone dell’impero, guerreggiò contro i

GETTY IMAGES (4)


Parti, in Africa, infine in Britannia, dove morì dopo 4 anni
di campagne al nord contro Scoti, Pitti e Meati.

ONIFAC
CIO FU LA PRIMA GUERRA

AURELIANO
214 CIR
RCA
A275 D.C.
gli esordi della sua carriera, Lucio Domizio Aureliano
fu tribuno militare contro Sarmati, Franchi e Goti,
guadagnandosi la fama di duro, tanto da essere
soprannominato manu ad ferrum, “mano alla spada”.
Raggiunse il grado di magister militum nel 268,
combattendo contro Eruli e Goti. Una volta imperatore,
fu costretto a fronteggiare subito un’invasione della Penisola
italica da parte degli Iutungi. Quindi mosse verso la Pannonia,
dove respinse i Vandali, per poi tornare in Italia ad arginare
una nuova invasione.
Nel frattempo, in Oriente la regina di Palmira, Zenobia,
aveva defezionato dall’impero; Aureliano condusse contro di
lei la più celebre delle sue campagne, vincendo i Palmireni a
Immae. In seguito si spostò sul Danubio sconfiggendo i Carpi.
La cinta a dellle Mura a aurellian ne. Senza un attimo
di respiro, se non per cingere Roma delle mura che portano
il suo nome, l’imperatore si trasferì all’altro capo
dell’impero, in Gallia, sconfiggendo ai Campi Catalaunici
(nel 274, nella Battaglia di Chalons) Tetrico, che
aveva dato vita a un regno indipendente. Spostatosi
di nuovo in Oriente, cadde vittima di un complotto di corte.
COSTANTINO
280 CIR
RCA337
7 D.C..
ra figlio del tetrarca Costanzo I Cloro, ovvero uno
dei 4 imperatori (gli altri erano Diocleziano, Galerio
e Massimiano) che si erano spartiti il governo
dell’impero, suddiviso in diocesi.
Ponte Milviio. Da giovane Costantino partecipò alle
campagne contro i Blemmi in Egitto e poi contro i Persiani.
Deluso nell’aspettativa di entrare nel collegio imperiale,
raggiunse il padre e combatté con lui in Britannia contro gli
Scoti, conquistandosi la considerazione dell’esercito che,
alla morte di Costanzo (305), lo elesse imperatore. Galerio,
che allora presiedeva la tetrarchia, dovette accettare il fatto
compiuto, lasciando a Costantino mano libera nella difesa
dei confini gallici, lungo i quali il nuovo sovrano inflisse
numerose sconfitte a Franchi e Alemanni. Nel 312, con
una campagna lampo di tre mesi in Italia, il condottiero
sconfisse l’usurpatore Massenzio a Ponte Milvio (a Roma),
spartendosi poi l’impero con Licinio. Presto i due entrarono
in conflitto; una prima campagna terminò con la vittoria di
Costantino a Cibalis (Pannonia, l’attuale Ungheria) nel 316,
ma lo scontro decisivo avvenne nel 323, quando l’imperatore
occidentale prevalse ad Adrianopoli e Crisopoli, rimanendo
sovrano unico. Da allora, Costantino avrebbe condotto altre
campagne contro Goti e Sarmati sul Danubio.

CIVILE TRA DUE GENERALI CHE NON


NON RECLA
A M AVAN
NO L’IM
MPE
ERO
O

EZIO
390 CIR
RCA 454 D.C
C.
ultimo dei Romani, come è stato definito dai suoi
contemporanei, proveniva dalla Silistria, una
regione danubiana, e da giovane era stato ostaggio
degli Unni, di cui si valse come alleati e mercenari nelle
prime fasi della sua carriera. Furono loro a evitargli la
forca dopo che ebbe sostenuto un colpo di Stato nel
425, e ancora i barbari ad aiutarlo, cinque anni dopo,
nel conflitto che lo oppose a Bonifacio, il rivale che gli
disputava la carica di generale supremo dell’Occidente.
Sconfisse l’antagonista in duello, pur in modo sleale,
costringendo la reggente Galla Placidia, che governava
per conto del figlio, l’imperatore Valentiniano III, a
confermarlo come magister militum (grado del tardo
impero, l’equivalente di un generale supremo).
Il grand de cond dottiero o ellimiinaato. Negli anni
seguenti, Flavio Ezio guerreggiò in Gallia per sedare
le continue ribellioni di Visigoti e Burgundi, valendosi
ancora per qualche anno degli Unni. Nel 451 dovette
allestire una coalizione di popoli federati (dagli stessi
Visigoti agli Alani) per fronteggiare l’invasione gallica
di Attila, che sconfisse ai Campi Catalaunici (nel 451);
una volta scomparso il re unno, la dinastia regnante
non ritenne più di valersi dei suoi servigi e fu lo stesso
imperatore Valentiniano ad assassinarlo.
77
O
MI E SI B
I COR
RPII DEL
LL A
TARDDA RE EPU
UBBLIICA E
DELL’IIMPEROO COON LA A
LOROO STOORIAA E I VESSSIL
LLI
A cura di Andrea Frediani

SOTTO IL SEGNO
Legio I Geerm
manicca Legio I Parth
hicca Legio III Auggusta
a
SIMBOLO: forse capricorno o leone con una spada SIMBOLO: Centauro. SIMBOLO: Pegaso o capricorno.
nella zampa (ma potrebbe essere anche il toro, Settimio Severo la costituisce nel 197, guidandola Creata da Ottaviano durante le guerre civili, si
come per tutte le legioni cesariane). contro i Parti. Le sue basi sono prima Singara, ribella sotto Tiberio, poi segue Germanico nelle
Probabilmente trae origine dalla più celebre poi Nibisis. Nel 360 è impegnata nella difesa di campagne in Germania. Sotto Claudio, opera in
unità di Pompeo, che combatté contro Cesare a Bezadbe contro i Persiani; molti dei suoi effettivi Britannia al comando di Vespasiano, che un quarto
Farsalo, Tapso e Munda, o forse viene costituita sono massacrati, gli altri vengono condotti via in di secolo dopo appoggerà quando si proclamerà
direttamente da Augusto. Di stanza in Germania, catene, ma l’unità è ancora esistente alla fine del imperatore. Dopo la conquista dell’isola, si stanzia
in seguito certamente a Bonna (Bonn), partecipa secolo. nel Galles, a Isca Silurum (Caerleon). Rimarrà
alle campagne di Germanico oltre il Reno. Durante sull’isola fino al termine dell’occupazione romana,
le guerre civili seguite alla morte di Nerone si Legio I Mineervia
a all’inizio del V secolo.
schiera in parte con Aulo Vitellio, in parte aderisce SIMBOLO: forse Gorgone o Minerva.
alla ribellione di Civile nelle Gallie. Viene sciolta da Il suo fondatore è Domiziano, nell’83. Impiegata Legio III Ittaliica
Vespasiano nel 71. contro i Catti, si stanzia a Bonna e si guadagna SIMBOLO: lupa con gemelli.
l’appellativo di pia fidelis per non aver appoggiato Marco Aurelio la istituisce con elementi italici
Legio I Adiu
utrixx una sollevazione. Partecipa alle campagne per combattere i Marcomanni, denominandola
SIMBOLO: Pegaso o capricorno. traianee contro i Daci, poi a quelle in Africa sotto pia. Viene trasferita nel Norico, a Lauriacum,
Gloriosa e longeva unità costituita da Nerone Antonino Pio. Guerreggia con Marco Aurelio sul rimanendovi fino alla fine dell’impero. Settimio
con i marinai della flotta di Miseno. Subito Danubio e si schiera subito con Settimio Severo. Severo aggiunge la denominazione fidelis, dopo
dopo si schiera con Otone, ma viene sconfitta Sotto Diocleziano aderisce all’usurpazione di aver goduto del suo appoggio. L’unità combatte
da Vitellio a Bedriaco. Quindi passa in Spagna Carausio in Britannia, poi dà origine a una legione con Massimino il Trace e con Gallieno, distacca
sostenendo Vespasiano, poi si stabilisce sulla di comitatensi. Tra i suoi comandanti, il futuro parte dei suoi effettivi sul basso Reno e infine
frontiera renana, e infine su quella danubiana. imperatore Adriano. appoggia Costantino, che la premia facendola
Combatte contro i Daci sotto Domiziano e Traiano, entrare tra le legioni palatine.
guadagnandosi l’appellativo di pia fidelis (“devota Legio III Adiu
utrix
e leale”, riconoscimento conferito dagli imperatori SIMBOLO: Pegaso o capricorno. Legio III Partthica
a
alle legioni a loro fedeli), quindi passa sul fronte Formata nel 70 con i marinai della flotta di Ravenna SIMBOLO: Centauro o toro.
partico. Adriano la trasferisce in Pannonia, a fedeli a Vespasiano, viene subito denominata È la prima legione con una base in Italia dai
Brigetio. Sotto Marco Aurelio guerreggia con pia fidelis. Dopo aver represso la ribellione di tempi di Augusto. Viene istituita intorno al 196
Parti, Quadi e Marcomanni, poi appoggia Settimio Civile nelle Gallie, viene trasferita in Britannia, da Settimio Severo, che la stanzia nei dintorni di
Severo e con i successivi imperatori agisce in poi partecipa alle Guerre daciche di Domiziano Roma, ai Castra Albana (Albano). Partecipa alle
Oriente. Diocleziano la scinde in una legione e Traiano, per essere stanziata in seguito in campagne di Caracalla contro i Parti, poi proclama
comitatense (ovvero, l’esercito di manovra) e Pannonia, ad Aquincum (Budapest). Agisce in imperatore Eliogabalo, combatte per Alessandro
una di limitanei (le truppe di confine). Tra i suoi Africa sotto Antonino Pio e in Partia e sul Danubio Severo in varie campagne. Sotto Massimino il
comandanti, il futuro imperatore Pertinace. con Marco Aurelio. In seguito, nelle sue missioni Trace si schiera con il senato e i suoi candidati,
spazia dagli Alemanni ai Persiani, dislocando parte Pupieno e Balbino. Al più tardi dopo un secolo
Legio I Ita
alicca delle sue truppe in Dalmazia. Con Diocleziano darà lascia la sua base di Albano e, all’inizio del V, un suo
SIMBOLO: cinghiale e talvolta il toro. origine a due legioni comitatensi, una in Pannonia, distaccamento è in Mesopotamia.
Costituita da Nerone nel 67 e stanziata in Gallia, l’altra in Britannia.
con base a Lungdunum (Lione), dapprima Legio III Traiiana
a
per reprimere la rivolta di Vindice. Ricalca nel SIMBOLO: Ercole, o il suo martello, e fulmini.
suo percorso le vicende della I Adiutrix, con Come attesta il nome, è una creazione di Traiano, e
la differenza che la sua base, fin dai tempi di partecipa a tutte le sue guerre. Adriano la stanzia
Vespasiano, diventa Novae in Mesia (Svištov in di guarnigione in Egitto, a Nicopolis. In seguito
Bulgaria). Anch’essa verrà scissa da Diocleziano, l’unità combatte contro i Germani sotto Caracalla,
con l’unità di limitanei sempre di base a Novae. ricevendo l’appellativo di “Germanica”. Partecipa
alle operazioni condotte lungo la frontiera
settentrionale da Massimino il Trace, ed è ancora in
Egitto nel V secolo.

78
L’IMPERO
Nell’illustrazione: una
cartina dell’Impero
romano nel II secolo
e l’aquila, introdotta
dalla riforma mariana
come insegna delle
legioni. I diversi

DELL’AQUILA
simboli attribuiti alle
singole legioni sono in
molti casi controversi,
come divergenti sono
i resoconti degli storici.

Legio IIII Galllica


a Legio IIII Italiica Legio V Alau
udae
SIMBOLO: tre tori. SIMBOLO: cicogna. SIMBOLO: elefante.
Riformata da Cesare sugli effettivi della Legio III di Creata da Marco Aurelio nel 165 in occasione È un’invenzione di Cesare, che la costituisce con
Pompeo, segue Marco Antonio nella campagna delle guerre contro i Marcomanni e reclutando elementi gallici. Le alaudae sono le allodole,
partica, e agisce di nuovo su quel fronte con componenti in Italia (perfino tra schiavi e rappresentate dal pennacchio sull’elmo dei
Corbulone sotto Nerone. Dal 68 è di stanza in gladiatori), ha immediatamente occasione di legionari. Si distingue a Tapso con Cesare, a Filippi
Mesia. Si schiera con Vespasiano, poi si immola mettersi alla prova al fronte e sul campo di con Ottaviano e Antonio, ad Azio con Antonio. Il
per arginare un’invasione dei Roxolani, quindi battaglia. Staziona dapprima ad Aquileia, infine vincitore Ottaviano la stanzia in Spagna, poi lungo
è dislocata in Siria, a Raphaneae. Sotto Adriano nei Castra Regina (Regensburg). Alla fine del IV il Reno, nei Castra Vetera (Xanten). Partecipa alle
reprime la rivolta giudaica e durante l’imperio di secolo i suoi effettivi confluiscono in una legione campagne di Germanico dopo essersi ammutinata
Marco Aurelio combatte i Parti, però appoggiando comitatense. e, nel 69, segue Vitellio in Italia, ma una parte
spesso gli usurpatori. Sciolta da Eliogabalo, viene dell’unità viene annientata nella rivolta di Civile.
ricostituita da Alessandro Severo e stanziata Legio IV
V Fla
avia** Con Vespasiano è in Mesia. Poi, al comando di
vicino Damasco, partecipando con Aureliano alla SIMBOLO: leone. Cornelio Fusco, viene massacrata dai Daci in
campagna contro Palmira. È ancora nella Syria Nata su iniziativa di Vespasiano con elementi italici un’imboscata.
Phoenice nel V secolo. e gallici, ha sede a Burnum in Dalmazia, poi, con
Domiziano, a Singidunum (Belgrado), in Mesia. Legio V Maccedoniica
Legio IIII Cyrrenaicca Appellata felix, opera in Mauretania sotto Antonino SIMBOLO: toro e aquila.
SIMBOLO: leone o forse Ammon (Giove). Pio e contro i Marcomanni con Marco Aurelio, e Si ritiene sia stata costituita da Bruto, che la utilizzò
Già in forza a Lepido, passa agli ordini di Ottaviano da Settimio Severo è trasferita ad Aquincum in a Filippi. Successivamente, con Augusto è di
e viene stanziata a Nicopolis in Egitto all’indomani Pannonia. Di nuovo a Singidunum, con Diocleziano stanza in Mesia, a Oescus; sotto Nerone combatte
della sua conquista. Opera in Oriente, contro i soffoca la rivolta egiziana e rimane in Mesia fino al contro i Parti, con Vespasiano e Tito è impiegata
Giudei sotto Traiano e Adriano, contro i Parti sotto V secolo. per sedare la rivolta giudaica. Protagonista delle
Marco Aurelio e Caracalla. Dall’inizio del II al V Guerre daciche di Domiziano e Traiano, e di
secolo è dislocata nell’Arabia Nabatea, a Bostra. Legio IV
V Macedon
nica
a* quelle partiche di Marco Aurelio, viene trasferita
SIMBOLO: toro o capricorno. a Potaissa, in Dacia, ricevendo l’appellativo di
Legio IIII Parrthicca Istituita forse da Pompeo Magno, è con Ottaviano pia fidelis. Vi rimane fino a quando Aureliano non
SIMBOLO: toro o Centauro. durante la Guerra di Modena, poi in Spagna, quindi sgombera la provincia, dopodiché torna a Oescus.
Creata da Settimio Severo, agisce in Mesopotamia, a Moguntiacum (Magonza). Nel 68 si schiera Nel V secolo dà origine a una legione comitatense
ma scompare dai resoconti degli storici a metà del con Vitellio e una parte dell’unità lo segue in e a una legione di ugual nome stanziata in Egitto.
III secolo. Italia, un’altra soccombe alla ribellione di Civile.
Vespasiano ne decreta lo scioglimento. Legio VI Ferrrata
a
Legio IIII Auggustta SIMBOLO: toro o lupa capitolina.
SIMBOLO: testa di leone, capricorno o Pegaso. Legio IV
V Scyythicca** Creata da Pompeo Magno, passa a Cesare e si
Nata in epoca augustea, è di stanza in Africa, SIMBOLO: capricorno o toro. stanzia in Egitto vincendo a Zela, contro Farnace,
dapprima ad Ammaedara, poi a Theveste, infine a Di epoca cesariana, probabilmente su iniziativa agli ordini del dittatore e a Munda, in Spagna,
Lambaesis. Opera sempre nelle province africane, di Pompeo, è stanziata dapprima in Mesia e poi, contro i pompeiani. In seguito è alle dipendenze
tranne sotto Marco Aurelio e i Severi, quando sotto Nerone, in Siria, combattendo con Corbulone di Antonio nella Guerra civile. Combatte per
invece agisce sul Danubio e in Oriente. Settimio contro i Parti. Durante la crisi del 193, si schiera Corbulone contro i Parti all’epoca di Nerone. In
Severo la soprannomina pia vindex (“vendicatrice con Pescennio Nigro invece che con il suo ex seguito opera in Siria, finendo di guarnigione a
fedele”). Di base in Numidia, viene sciolta da comandante Settimio Severo. Rimane in Siria fino Petra e Bostra. Impiegata da Adriano in Palestina
Gordiano III, ma è ricostituita da Valeriano, al V secolo. per soffocare la rivolta giudaica, combatte per
tornando alla sua sede di Lambaesis fino all’inizio Marco Aurelio contro i Parti e aderisce al partito
del IV secolo. Tra i suoi comandanti, il futuro di Settimio Severo fin dal primo momento,
imperatore Probo. guadagnandosi l’appellativo di pia constans.
Scompare dalla scena a metà del III secolo.

* Per comodità di lettura abbiamo scritto IV, ma i latini scrivevano il numero 4 in questo modo: IIII.

79
Legio VI Vicctrixx Legio VIIII Augustta Legio X Frettensiis
SIMBOLO: forse toro. SIMBOLO: toro. SIMBOLO: toro, trireme e delfini.
Risalente al periodo cesariano, viene stanziata in Combatte con Cesare fin dal suo primo anno in Cesare la predilesse, la punì, ne fu salvato; dopo
Spagna sotto Augusto e, alla morte di Nerone, Gallia, poi affianca Ottaviano a Modena. È dislocata lunga disputa, sembra essere la Fretensis l’unità
parteggia per il governatore Galba. Trasferita sul da Augusto in Pannonia, a Poetovo (Pettau), poi derivata dalla celeberrima Legio X del dittatore
Reno, reprime la sommossa di Civile, poi le viene si ammutina alla morte dell’imperatore. Partecipa (che la chiamò anche Equestris, perché una parte
assegnata la sede di Novaesium (Neuss). Per alla conquista della Britannia sotto Claudio e di essa costituiva la sua guardia a cavallo), e non
non aver appoggiato la ribellione di Saturnino nel 45 viene trasferita a Novae, in Mesia. Dopo la Gemina. Il nome significa “che appartiene allo
si guadagna il titolo di pia fidelis e nel 103 è aver appoggiato Vespasiano, reprime la rivolta stretto di mare”, forse il Canale di Otranto, dove
trasferita nei Castra Vetera. Passa poi in Britannia, di Civile nelle Gallie e in seguito è di stanza ad l’unità si distinse contro i pompeiani durante
provvedendo alla costruzione del Vallo di Adriano Argentoratum (Strasburgo). Combatte contro i il trasferimento in Epiro. Dal 6 d.C è dislocata a
e insediandosi a Eburacum (York). Si schiera con Catti sotto Domiziano e per Marco Aurelio lungo i Cyrrhus, in Siria, e sotto Nerone combatte i Parti
Clodio Albino contro Settimio Severo, finendo confini, e Commodo la denomina pia fidelis constans agli ordini di Corbulone. Dal 66 agisce in Giudea
sconfitta a Lione. Tornerà in Britannia, dove rimane commoda. Stanziata in parte a Lugdunum in Gallia, agli ordini di Traiano ed è protagonista della
fino al V secolo. si dimostra fedele a Settimio Severo prima, a conquista di Gerusalemme. Partecipa alla Guerra
Gallieno poi. Nel IV secolo confluisce in parte in partica di Traiano, poi torna in Giudea a soffocare le
Legio VIII Cllaudia
a una legione palatina. nuove ribellioni. Sotto Marco Aurelio è sul Danubio
SIMBOLO: leone e toro. contro i Marcomanni, mentre Settimio Severo la
Con Cesare fin dal primo anno in Gallia, contro Legio IX
X Hisspana utilizza per le spedizioni in Scozia. Alla fine del
Elvezi e Germani, e protagonista di entrambe SIMBOLO: forse toro. III secolo è dislocata ad Aila, sul Mar Rosso; poco
le sue campagne in Britannia. Sposa la causa Creata da Cesare e con lui fin dal primo anno dopo se ne perdono le tracce.
di Ottaviano, combattendo per lui a Modena in Gallia, combatte contro i cesaricidi a Filippi,
e Perugia. Dislocata in Dalmazia, si guadagna ricevendo l’appellativo di Macedonica. Stanziata Legio XI Cla
audiia
l’appellativo di fidelis rifiutandosi di appoggiare dapprima in Spagna, poi in Illiria, sotto Tiberio è SIMBOLO: tridente di Nettuno e fulmini.
l’insurrezione del governatore Scriboniano. Nerone utilizzata per reprimere la ribellione di Tacfarinas in Creata da Cesare, con lui fin dal primo anno in
la trasferisce in Mesia, dove appoggia Vespasiano, Africa. Partecipa alla conquista della Britannia sotto Gallia e poi anche in Britannia, combatte per
che la sposta a Viminacium (Kostolatz). Partecipa Claudio, con sede a Lindum (Lincoln), finendo Ottaviano a Perugia e Azio, finendo stanziata
alle campagne daciche e a quella partica di decimata durante la ribellione di Budicca del 61. a Burnum, in Dalmazia. Sotto Claudio viene
Traiano. Continua ad agire in Oriente con Marco Nell’anno dei quattro imperatori appoggia Vitellio denominata Claudia pia fidelis, e nel 70 viene
Aurelio e Caracalla, e si ha ancora notizia della sua e poi, sotto Vespasiano, viene stanziata a Eburacum impiegata per sedare la ribellione di Civile in Gallia,
presenza in Mesia all’epoca di Costantino. Tra i suoi (York). Agisce contro i Giudei sotto Adriano e, di per essere poi stanziata dapprima a Vindonissa
comandanti, lo storico Velleio Patercolo. nuovo decimata, non viene più ricostituita. (Windisch), e poi a Durostorum, nella Mesia
inferiore. Partecipa alle campagne di Diocleziano
Legio VIII Geemin
na Legio X Gem
mina in Egitto e di Massimiano in Africa, facendo parte
SIMBOLO: toro o dioscuri. SIMBOLO: toro. del trionfo celebrato dal secondo a Cartagine. In
Galba la crea nel 68 con elementi iberici, da cui il A lungo ritenuta una derivazione della X di Cesare, seguito dà origine a una legione comitatense e una
nome alternativo Galbiana. Divenuto imperatore, si è orientati ora a considerarla una creazione di palatina.
la conduce in Italia. Dopo la caduta di Galba la Augusto, che la stanzia in Spagna, mentre Nerone
ritroviamo in Pannonia; da qui cala di nuovo la trasferisce a Carnuntum, in Pannonia. Con Galba Legio XIII Fu
ulmina
ata
nella Penisola al comando di Antonio Primo, è di nuovo nella Penisola iberica, poi partecipa SIMBOLO: fulmini.
sconfiggendo Vitellio per conto di Vespasiano. In alla repressione della rivolta di Civile, rimanendo Ancora una legione cesariana, reclutata fin dal
seguito passa dalla Pannonia all’alto Reno e infine in Gallia, a Noviomagus Batavodurum (Nymegen). primo anno del futuro dittatore in Gallia e con lui
di nuovo in Spagna, con sede a León. Agli ordini Traiano se ne avvale nelle Guerre daciche e la anche in Britannia, poi al fianco di Ottaviano nella
del padre di Traiano, seda la ribellione di Saturnino stabilisce a Vindobona (Vienna), quindi l’unità guerra di Perugia. Stanziata in Siria, combatte
contro Domiziano, poi agisce in Britannia sotto agisce in Giudea sotto Adriano e nelle guerre di contro i Parti sotto Nerone. Nella Guerra giudaica
Adriano e in Africa sotto Antonino Pio. Settimio Marco Aurelio. Da essa scaturisce una legione subisce una sconfitta e perde l’aquila, poi è
Severo la denomina pia fidelis. Esiste ancora nel V comitatense. Tra i suoi comandanti, il futuro trasferita in Cappadocia, a Melitene, dove è ancora
secolo. imperatore Probo. nel V secolo. Combatte per Marco Aurelio contro
i Marcomanni. La denominazione di Fulminata
risale all’epoca augustea, ma una forte tradizione
la attribuisce al tempo di Marco Aurelio quando,
grazie a fulmini e piogge invocati con preghiere dai
legionari, avrebbe ribaltato l’esito di uno scontro
sfavorevole. Lo stesso imperatore, tuttavia, per
premiarla di non aver appoggiato un usurpatore, la
denomina certa constans (”sempre affidabile”).

IL TERMINE LEGGIO DERIVA


A DA LEGGO,
CHE SIGNIFIICA RACCCOGLLIE
ERE, SC
CEGLLIER
RE. UNAA SE
ELEZ ION
NE
DI UOMINI ADA ATTI AL ME
ESTIIERE DELLLE ARMMI
80
Legio XIIII Gemina Legio XVI Gallica
a Legio X XI Rapax
SIMBOLO: leone. SIMBOLO: leone o forse cinghiale. SIMBOLO: carpricorno o forse cinghiale.
Trae origine dalla XIII che attraversò il Rubicone Di stanza a Magonza nel periodo augusteo, nel 43 Nata sotto Augusto, passa dalla Vindelicia al basso
con Cesare, con lui dal secondo anno in Gallia, si trasferisce a Novaesium (Neuss), in Germania Reno, dove si ammutina alla morte dell’imperatore,
e nella seconda spedizione in Britannia. Sotto Inferiore, da dove appoggia Vitellio nella sua per poi seguire Germanico nelle sue campagne in
Augusto è stanziata a Vindonissa (Windisch), sotto spedizione in Italia. Gli effettivi rimasti in Germania Germania. Sotto Claudio si trasferisce a Vindonissa
Claudio a Poetovio, in Pannonia. Combatte per sono coinvolti nella grande ribellione e finiscono e, alla morte di Nerone, fa parte dell’esercito di
Otone, ma è sconfitta a Betriaco da Vitellio, poi prigionieri degli insorti. Ceriale li libera dopo la Vitellio. Vespasiano la spedisce contro Civile, per
passa a Vespasiano e viene inviata in Gallia per vittoria ai Castra Vetera, ma Vespasiano scioglie la poi stanziarla a Bonna e infine a Moguntiacum.
reprimere la rivolta di Civile. Di nuovo a Poetovio, legione. Combatte i Catti sotto Domiziano, poi i Suebi
cambia per Vindobona (Vienna) e combatte in e i Sarmati, che la annientano. I reparti residui
Dacia con Domiziano e poi Traiano, per essere Legio XVI Fla
avia sopravvivono allo scioglimento ancora per qualche
infine stanziata nella nuova provincia, ad Apulum. SIMBOLO: leone rampante. anno in Mesia inferiore. I suoi componenti erano
Dopo l’abbandono della Dacia a opera di Istituita da Vespasiano nel 70 per sostituire la XVI definiti rapaces, “irresistibili”.
Aureliano, passa a sud del Danubio, a Ratiaria nella Gallica sciolta per ignominia, è insediata a Satala
Dacia Ripensis, dando vita in seguito a una legione in Armenia Minore, e poi, dall’epoca di Traiano, Legio X XII Prim
miggenia
a
di comitatensi. impegnata nelle campagne partiche, in Siria, SIMBOLO: aquila, o capricorno ed Ercole (fino al
dapprima a Samosata, quindi a Sura, dove rimarrà III secolo).
Legio XIV
V Gemina
a* fino al V secolo. Nasce con Caligola per la sua campagna contro i
SIMBOLO: capricorno, o ali di aquila e fulmini. Caninefati, con sede a Moguntiacum. Alla morte
Esordisce con Cesare contro i Belgi, nel suo Legion
nes XVII, XVIIII* e XIX di Nerone parte dell’unità segue Vitellio in Italia,
secondo anno in Gallia; sotto Augusto ha sede SIMBOLO: attualmente sconosciuto, l’altra finisce massacrata dai ribelli di Civile. I resti
dapprima in Illirico, poi sul Reno a Moguntiacum, o forse cinghiale. della legione prendono stanza in Pannonia. Nel 96
e da Claudio in poi in Britannia, dove fronteggia Istituite da Cesare nel 49 a.C. e due anni dopo il contingente torna a Moguntiacum, dove rimarrà
con valore la ribellione di Budicca, guadagnandosi impiegate in Africa con Scribonio Curione, servono in pianta stabile. Partecipa alle Guerre daciche di
l’appellativo di martia victrix (“vittoriosa, benedetta sotto Tiberio e Druso nelle campagne in Germania. Traiano e agisce in Britannia sotto Adriano, è con
da Marte”). Impegnata da Vespasiano in Gallia Lasciate al comando di Varo, vengono distrutte a Marco Aurelio contro i Parti e con Settimio Severo
per soffocare la rivolta di Civile, poi da Domiziano Teutoburgo dai Cherusci di Arminio nel 9 d.C. e mai contro Clodio Albino a Lione, con Alessandro
contro i Catti, asseconda l’usurpazione di Saturnino più ricostituite, tranne la XVIII, sotto Nerone; ma si Severo contro i Persiani e, infine, con Carausio nella
e viene trasferita a Carnuntum in Pannonia, dove comportò talmente male da essere subito sciolta sua insurrezione.
combatte contro Sarmati e Suebi. Partecipa da Vespasiano.
alle Guerre daciche di Traiano, è in Africa sotto Legio X XII Deioota
aria
ana
Antonino Pio e lungo il Danubio con Marco Aurelio, Legio X X Va
aleriia SIMBOLO: per ora sconosciuto, o forse aquila.
inaugura la sollevazione di Settimio Severo. Darà Nasce per iniziativa del re di Galazia Deiotaro,
luogo a una legione comitatense. SIMBOLO: cinghiale.
La storia dell’unità verte in gran parte sulla che forma un’unità a somiglianza di una legione
Britannia, dopo un primo periodo, seguito alla sua romana. Quando nel 25 d.C. il suo regno viene
Legio XV Ap
polliina
ariss istituzione sotto Augusto, in Illirico e Germania, incorporato all’impero, la XXII entra a far parte
SIMBOLO: forse Apollo o uno dei suoi animali sacri, dove segue Germanico nelle sue campagne dell’esercito romano, prendendo sede ad
specie il grifone; dal III secolo ramo di palma. oltre il Reno. Stanziata nei Castra Vetera e poi a Alessandria e venendo impiegata da Corbulone
Creata da Augusto, è la legione favorita Novaesium, sotto Claudio partecipa alla conquista contro i Parti e da Vespasiano nella Guerra
dell’imperatore, che le attribuisce il nome del suo della Britannia prendendo stanza a Viroconium giudaica. Scompare durante il regno di Adriano.
dio tutelare. Cambia spesso sede: Carnuntum, Cornoviorum (Wroxeter), per spostarsi a Deva
Alessandria, di nuovo Carnuntum, infine Satala (Chester) con Vespasiano; forse in questo periodo Legion
nes X XIII--X XIX
in Cappadocia, dai tempi di Adriano fino al V acquisisce il titolo di victrix. Agli ordini di Agricola SIMBOLO: forse toro, in quanto legioni cesariane.
secolo. Sotto Nerone combatte i Parti, poi viene vince gli Ordovici e i Briganti, occupando Mona Le 7 legioni tra la XXIII e la XXIX furono
impiegata nella Guerra giudaica. Marco Aurelio la (Anglesey), poi partecipa alla campagna di probabilmente costituite da Cesare o dai suoi
soprannomina pia fidelis per premiarla di non aver Domiziano contro i Catti. Le è affidata la difesa nemici all’inizio della Guerra civile e disciolte da
sostenuto Avidio Cassio. dei confini settentrionali dell’isola, cui deroga Ottaviano all’indomani della vittoria di Azio.
unendosi a Clodio Albino contro Settimio Severo
Legio XV Prrim
miggeniia nella battaglia di Lione. Torna in Britannia e Legio X X X Ulpia
SIMBOLO: forse ruota della fortuna. accompagna l’imperatore nella guerra contro i SIMBOLO: tridente di Nettuno, fulmini e
Istituita da Caligola per combattere i Caninefati, Caledoni; poi, prima di scomparire nel corso del capricorno.
ha sede ai Castra Vetera. Alla morte di Nerone una IV secolo, appoggia gli usurpatori Vittorino e Istituita da Traiano, viene collocata a Brigetio, in
parte dell’unità segue Vitellio in Italia, l’altra viene Carausio. Pannonia, partecipando alle Guerre daciche e
massacrata da Civile perdendo l’aquila. Vespasiano guadagnandosi l’appellativo di victrix. Adriano la
la scioglie. sposta nei Castra Vetera, poi l’unità agisce in Africa
sotto Antonino Pio, lungo tutti i confini con Marco
Aurelio, forse in Britannia con Settimio Severo,
contro i Persiani con Alessandro Severo. Si unisce
all’usurpazione di Carausio contro Diocleziano,
prima di scomparire. Il suo nome riappare nel V
* Per comodità di lettura abbiamo scritto XIV (14), che però i latini scrivevano XIIII, e XVIII (18), che i latini scrivevano XIIX. secolo in una legione pseudo-comitatense.

81
WARS RECENSIONI

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romano in italiano. L’autore HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO
ricostruisce la storia delle legioni ro l’accampamento (il castrum),
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dell’impero. A completare i volu- marce e un controllo militare del territorio. Raffaele D’Amato, Giuliano Da Frè, Andrea Frediani,
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Questa edizione rivisitata contiene la prefazione di L’esercito romano da Augusto – Via Mondadori, 1 – 20090 Segrate (Mi).
Adrian Goldsworthty. alla fine del III secolo e-mail: abbonamenti@mondadori.it
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Il guerriero, l’oplita, il legionario trattato completo dell’esercito Garanzia di riservatezza per gli abbonati. L’editore garantisce la massima
di Giovanni Brizzi riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne
imperiale sintetizzando le innu- gratuitamente la rettifica o la cancellazione ai sensi dell’art. 7 D. leg.
Professore di Storia romana all’Università di Bologna merevoli ricerche archeologiche. 196/2003 scrivendo a: Press-di Srl Ufficio Privacy – Via Mondadori, 1 – 20090
e grande esperto di Annibale, Brizzi ci dà un bre- Per comprendere come ancora Segrate (Mi); e-mail: abbonamenti@mondadori.it
viario di arte militare romana, coprendo il periodo oggi si possa dire tutto e il suo
che va dalla riforma di Servio Tullio alle campagne contrario sulle legioni romane,
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sulle Guerre puniche. definitivo sull’argomento è ancora da scrivere. che non sia stato possibile rintracciare.

Il Mulino Carocci Periodico associato alla FIEG (Fede- Codice ISSN:


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