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N°4 Gennaio 2011 d € 5,90 d www.focusstoria.

it

GUERRA
SOLDATI E BATTAGLIE NEI SECOLI DI COREA
Alle origini
DA PASTRENGO A LISSA, delle tensioni
LE VITTORIE E LE fra due Paesi
SCONFITTE DEL NOSTRO gemelli
RISORGIMENTO

LE BATTAGLIE
CHE HANNO FATTO
L’ITALIA UNITA
Sped. in A. P. - D.L. 353/03 art. 1, comma 1 NE/VR
Focus Storia Wars n° 4

GIOVANNA D’ARCO Vera CREMLINI Non solo Mosca: ogni CONFORMISMI Perché oggi
condottiera o usurpatrice di meriti? città russa aveva la sua fortezza la guerra è diventata un tabù
WARS  SOMMARIO
Quegli italiani La presa del fiume
Osone durante la

ancora da fare Battaglia di Curtatone


del 29 maggio 1848.

Che italiani ne sarebbero venuti fuori, una volta fatta


l’Italia, si poteva già intuire da come andò il nostro
Risorgimento. Un misto di atti eroici e comportamenti
codardi, di prove di valore e dimostrazioni di
incapacità, di sforzi titanici e inazioni colpevoli.
Dunque non è un caso che la nostra storia militare sia
stata contrassegnata più da sconfitte che da vittorie.
Se oggi siamo una nazione è perché l’Unità d’Italia
si giocò più nelle segrete stanze della diplomazia
che sui campi di battaglia. Il valore e l’eroismo, la
convinzione e la costanza dei patrioti e dei soldati che DOSSIER UNITÀ D’ITALIA
si sacrificarono per un’Italia libera non sarebbero mai
bastati. Eppure i generali validi non mancarono. Ma
c’era tra loro la stessa rivalità che ritroviamo ancora
24 IL SOGNO INFRANTO
PRIMA GUERRA D’INDIPENDENZA 1848

Carlo Alberto e i patrioti italiani furono a un


oggi tra politici, tra colleghi, tra paesi: l’incapacità di passo dal liberare il Nord dagli austriaci. Ma poi...
fare squadra, di sentirsi un popolo.
 Marco Casareto d direttore
30 CONCENTRATO DI EROI
LA REPUBBLICA ROMANA 1849

Alla coraggiosa difesa di Roma insorta accorsero


6 GIOVANNA
DONNE IN ARMI
D’ARCO,
CONDOTTIERA PER CASO
i più bei nomi del nostro Risorgimento.

La Pulzella d’Orléans combatté e vinse senza


alcuna cognizione bellica: fu il frutto di doti
38 UOMINI AL MACELLO
SOLFERINO E SAN MARTINO 1859

In campo in un sol giorno tre eserciti, tre sovrani


innate o di una strategia disegnata da altri?
e armi dagli effetti più micidiali che mai.

14 LA PAROLA ALL’ESPERTO
MORALITÀ
DELLA GUERRA 44 GARIBALDI SOTTO ESAME
LA BATTAGLIA DEL VOLTURNO 1860

L’Eroe dei due mondi iniziò la campagna dei Mille


Il giornalista Massimo Fini interviene su
da guerrigliero, la concluse da vero generale.
un tema spinoso: esiste la possibilità che

52 L’ONTA FINALE
l’azione militare abbia un valore positivo?
LISSA 1866

20 NELL’ITALIA
UN FATTO D’ARMI A FUMETTI

DEL VI SECOLO
Dopo l’amara sconfitta di Custoza, il neonato
Regno d’Italia invano cercò in mare il suo riscatto.

58 MENO DI MILLE
Durante le guerre greco-gotiche, c’era
VISTI AL CINEMA
chi trovava il modo di eludere le regole di
condotta impartite dal generale Belisario...
Enfatiche o critiche, non sono state però molte
le pellicole dedicate al Risorgimento italiano.
WARS  RUBRICHE
APPUNTAMENTI
L’EVOLUZIONE DI UN’ARMA
PAG. 13
PAG. 19
60 UN SECOLO DI LOTTE
RISORGIMENTO E OLTRE

Fu un percorso lungo e travagliato quello per


LIVING HISTORY PAG. 22 raggiungere i “confini naturali” della Penisola,
RECENSIONI PAG. 80 che si esaurì solo con la Prima guerra mondiale.

www.focusstoria.it S 3
WARS  SOMMARIO

Oltre il 38° parallelo


64 IDELL’ANTICA
MEMORIE
CREMLINI, FORTEZZE
RUSSIA
Due caccia F4U “Corsair” della marina
Usa sorvolano la portaerei Boxer
nel 1951, durante la Guerra di Corea.
Questi forti militari erano l’ultimo baluardo
contro le invasioni, ma racchiudevano
anche gli edifici cardine della vita sociale
e amministrativa della Russia zarista. 72 PROVE
COREA 1950-1953
DI
GUERRA FREDDA
70 GUERRIERI GIAGUARO
UNIFORMOLOGIA

Posti al vertice dell’esercito azteco, per


L’invasione dei nordcoreani ai danni della
Corea del Sud determinò un conflitto che
mise l’uno contro l’altro Paesi un tempo
intimorire il nemico questi soldati scelti alleati. E aprì un’epoca che per decenni
si vestivano ispirandosi agli animali. tenne il mondo con il fiato sospeso.

WARS I NOSTRI ESPERTI


Giorgio Albertini Andrea Frediani Stefano Rossi
Milanese, 42 anni, Romano, 47 anni, Milanese, 51 anni,
laureato in Storia medievista, ha scritto già ufficiale degli
medievale, illustratore vari saggi di storia Alpini paracadutisti
professionista per militare e romanzi e reporter di guerra,
case editrici e riviste storici di successo collabora con
(giorgioalbertini.com). (andreafrediani.it). numerose testate.

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DONNE IN ARMI

Vittoria schiacciante
Giovanna d’Arco (1412-1431)
porta il vessillo bianco
con il motto Gesù-Maria
e il giglio di Francia
nella battaglia di Patay
(in una tela del 1907 al
Museo d’Orsay, Parigi).
Dietro di lei i francesi con
le lance, e qui sotto gli
inglesi con archi lunghi e
pali anticavalleria. Dopo
questa sconfitta (18 giugno
1429) gli inglesi accusarono
di codardia uno dei loro
comandanti, John Falstolf
(il Falstaff di Shakespeare
e dell’opera di Verdi).

GUERRIERA PER
6 S
GIOVANNA D’ARCO, CONTADINA ANALFABETA DI 17 ANNI,
RIUSCÌ A FARSI AFFIDARE UN ESERCITO PER LIBERARE
LA FRANCIA DAGLI INGLESI. COMBATTÉ E VINSE SENZA
CONOSCERE ARMI E CAVALLI, MA FU IL RISULTATO DI DOTI
INNATE O DI UNA STRATEGIA DISEGNATA DA ALTRI?

CONTO DI DIO S 7
I
stinto. Intuito. Convinzione. Ecco tre caratteristiche
dalle quali un comandante, per essere grande , grande
davvero, non può prescindere. A dispetto di scuole mi-
litari e accademie, dell’esperienza, della forza di carat-
tere e di quella fisica, se non possiede la percezione del do-
ve e del come attaccare, difficilmente un condottiero potrà
conseguire successi decisivi, pari a quelli raggiunti da Gio-
vanna d’Arco. La “Pulzella d’Orléans”, così fu soprannomina-
ta, non ha mai ucciso nessuno in battaglia, come dichiarò lei
stessa al processo prima della sua condanna al rogo, ma riu-
scì a rovesciare le sorti di una guerra secolare come pochi al-
tri sono stati in grado di fare nella Storia.
A giudicare dalle numerose vittorie conseguite alla testa
delle truppe francesi nell’anno in cui rivestì un ruolo da pro-
tagonista, Giovanna doveva avere istinto, intuito e convin-
zione in dosi massicce. Proprio il personaggio giusto nel mo-
mento giusto per un popolo, quello francese, depresso dopo
decenni di sconfitte contro gli inglesi, e un regno autonomo
ridotto ormai ai soli territori a sud della Loira.
Incarico ufficiale. La breve carriera della Pulzella fu di
tutto rispetto: roba da fare invidia ai condottieri più afferma-
ti, con un numero impressionante di azioni vincenti, tanto
Testa di più clamoroso se si pensa all’inversione di tendenza che de-
ragazza terminò il suo avvento. Giovanna (chiamata d’Arco perché
Una scultura al processo non seppe fornire un cognome) emerse dall’om-
in terracotta bra all’improvviso, nel 1429, a soli 17 anni. Grazie a uno zio
del XV secolo soldato, riuscì a incontrare il delfino Carlo, erede al trono di
raffigurante forse
Francia, esautorato dalla successione a vantaggio di Enrico
Giovanna d’Arco,
con una ribalda VI d’Inghilterra, e a convincerlo ad affidarle un contingen-
(celata) in capo. te per liberare Orléans, assediata dagli inglesi. Era quella la
chiave di volta della guerra: caduta la città, il nemico avreb-
be dilagato anche nella Francia libera.
Insomma, un compito tra i più delicati, perfino per un con-
LEGGENDA VUOLE CHE dottiero di sperimentata esperienza. Eppure, il principe lo affi-
dò proprio a lei, conferendole il titolo di chef de guerre, coman-
A SOLI 13 ANNI AVESSE dante, pur affiancandole i maggiori generali del regno, come
il duca di Alençon, i marescialli Gilles de Rais e di San Severo,
COMINCIATO A SENTIRE LE l’ammiraglio di Francia Luigi de Culen. Sembra una favola, e
oggi – o in qualsiasi altra epoca forse – sarebbe impensabile.
VOCI CHE LA ESORTAVANO Ma allora, nell’autunno del Medioevo, in una società permea-
ta di religiosità e votata al trascendente, una ragazza che affer-
A SALVARE LA FRANCIA mava risolutamente di essere stata investita da Dio del compi-
to di liberare la nazione poteva anche trovare credito. Almeno
a corte, dove le autorità ecclesiastiche e i teologi che la sotto-

La Guerra dei cent’anni

L
a cosiddetta Guerra dei cen- ghilterra Edoardo I, vantando sanciva il matrimonio tra lo na, Enrico VI, la cui reggenza fu
t’anni, in realtà, non durò pretese sulla corona di Francia, stesso Enrico V e la figlia del re affidata agli zii. Con Giovanna,
un secolo esatto; né fu com- aveva attaccato i territori sul folle Carlo VI, Caterina di Valois, tuttavia, la Francia recuperò
battuta in modo continuativo, continente. ma anche e soprattutto il pas- territori e fiducia, prima di un
succedendo o sovrapponendosi Alti e bassi. Dopo una prima saggio, alla morte di Carlo, della lungo periodo di stasi che prece-
ad altri eventi come guerre in- fase favorevole agli inglesi e una corona di Francia sul capo del re dette l’ultima fase della guerra:
testine e civili, rivolte contadine seconda ai francesi, l’avvento di inglese, escludendo dalla linea quattro anni, dal 1449 al 1453,
e peste nera. Quando Giovanna Enrico V sul trono d’Inghilterra di successione il Delfino. ancora favorevoli alle armi fran-
si presentò al Delfino, però, era aveva determinato una nuova Riscatto. Enrico e Carlo moriro- cesi, che posero fine al conflitto
passato quasi un secolo dal- spinta inglese, che portò alla no solo due anni dopo, a breve per esaurimento delle risorse dei
l’inizio delle ostilità. Era il 1337 vittoria di Azincourt del 1415 e al distanza, ed erede al trono si contendenti e senza una pace
e la Francia del Nord era sotto Trattato di Troyes del quinquen- ritrovò a essere, ad appena nove formale. Agli inglesi, sul conti-
il controllo inglese. Il re d’In- nio successivo. Quest’ultimo mesi, il figlio di Enrico e Cateri- nente, rimase solo Calais.
posero a incessanti interrogatori si convinsero di avere a che
fare con un’inviata del Signore. O, nella peggiore delle ipotesi,
con una sprovveduta visionaria che però poteva risultare uti- Armagnacchi e Borgognoni
le per galvanizzare gli animi sfiduciati della gente.

Q
uando Giovanna, da poco L’omicidio aveva dato il via a
Con i soldati fu più dura. Servivano i fatti per convincerli giunta a Orléans, tentò una guerra civile, con gli inglesi
ad assecondare Giovanna. Le “voci” che diceva di sentire le di parlamentare con gli pronti a sostenere i Borgogno-
suggerivano di raggiungere Orléans da nord, oltre la Loira, inglesi, questi le risposero ni. Dall’altra parte c’erano gli
proprio nel settore meglio presidiato dagli inglesi, che vi ave- sprezzanti definendola “la pro- Armagnacchi, così detti perché
stituta degli Armagnacchi”. Il il loro capo era Bernardo VII
vano costruito ben sette fortini. L’idea sembrò palesemente
riferimento era alla fazione con- conte d’Armagnac, suocero del
assurda, e i comandanti si misero d’accordo, a sua insaputa, trapposta a quella borgognona, figlio di Luigi d’Orléans, Carlo.
con il responsabile della guarnigione, figlio naturale del duca loro alleata. Cruenti. Fu guerra con massa-
e per questo soprannominato “il Bastardo d’Orléans”: cam- Le fazioni. La contrapposizione cri e rivolte, riappacificazioni e
biarono percorso e puntarono a entrare nell’abitato da sud, tra Armagnacchi e Borgognoni nuovi assassini, di cui fu spesso
era nata nel 1407 quando Gio- teatro Parigi e di cui fecero le
dove i capisaldi degli assedianti erano solo quattro.
vanni Senza Paura, duca di Bor- spese sia Bernardo che Giovan-
“In nome di Dio! Il consiglio del Signore è certamente mi- gogna, aveva fatto assassinare ni. La pace sarebbe arrivata solo
gliore del vostro!” si dice abbia replicato Giovanna al Bastar- Luigi, duca d’Orléans e fratello nel 1435 ad Arras, tra Carlo VII,
do. “Avete creduto di ingannare me e invece avete ingannato del re di Francia Carlo VI. I due si re di Francia e capo della fazio-
voi stesso, perché io vi porto il più valido aiuto che la città ab- disputavano da tempo il potere ne degli Armagnacchi, e il figlio
in Francia, approfittando di Giovanni Senza Paura,
bia mai ricevuto, perché il mio è l’aiuto del Re del cielo”. Do-
della demenza del re. Filippo il Buono.
po lunghe discussioni, i comandanti finirono per darle ret-
ta, pur manifestando un grande scetticismo. Ma il forte ven-
to da nord-est non consentiva di far salpare le imbarcazioni
per il trasporto dei soldati sulla riva settentrionale.
Venti di guerra. Fu in quel momento che cambiò tutto. Fu
sufficiente che Giovanna predicasse l’imminente entrata in
città perché il vento cambiasse direzione e le truppe fossero in
grado di attraversare il fiume. Il giorno dopo, 29 aprile, la Pul-
zella, in armatura, in sella al suo cavallo bianco e col suo sten-
dardo, entrò trionfalmente in città alla testa delle truppe, sen-
za essere molestata dagli inglesi. Era avvenuto il miracolo che
serviva per aprirle un credito. Tuttavia, si trattava di un cre-
dito ancora modesto, concessole dalla gente comune e, forse,
dai soldati semplici; i generali, probabilmente, continuavano
a malapena a sopportarla. E comunque un rovescio di fortuna
sarebbe bastato a sgretolare il suo capitale in un istante. Non a
caso, i comandanti condussero la prima sortita contro gli in-
glesi, il 3 maggio, mentre lei stava riposando. Giovanna si sve-
gliò all’improvviso e accorse nel settore dove si combatteva.
I suoi commilitoni avevano attaccato uno dei fortini inglesi, ▸

Caposaldo Punto fortificato di una linea o di uno schieramento difensivo su cui


si appoggia la resistenza.
Sortita Uscita improvvisa da una piazzaforte per attaccare di sorpresa gli asse-
dianti. O di soppiatto per eluderne la sorveglianza e oltrepassare le linee.

Al valore
Al processo Giovanna
negò di avere mai avuto
uno scudo araldico
con le sue insegne, ma
ammise che questo a
destra era stato donato
dal re ai suoi fratelli.
Sullo sfondo, una scena
del film Giovanna d’Arco
del francese Luc Besson.

S 9
FINITA LA GUERRA DEI CENT’ANNI, GIOVANNA FU RIABILITATA
quello di Saint-Loup, ma si trovavano a mal partito; da un’altra
postazione, oltretutto, fuoriuscirono altri nemici, che si accin-
sero a prendere gli assalitori tra due fuochi. La Pulzella se ne
accorse, prese con sé una parte delle truppe e si lanciò contro INGHILTERRA
i nuovi arrivati. E, incredibilmente, riuscì a sbaragliarli. I fran-
cesi ripresero coraggio, espugnarono Saint-Loup e costrinse- Southampton
no gli avversari alla fuga, perdendo solo due uomini.
Un nuovo segno divino? La gente se ne convinse. E tre gior-
ni dopo ne ebbe la conferma: Giovanna, che gli inglesi defi-
nivano ora “la prostituta degli Armagnacchi” (v. riquadro a
pag. 9), arginò la ritirata dei suoi, scoraggiati dopo un falli- Territori sotto il controllo inglese
to attacco a sud della Loira, li indusse a ritentare l’azione e Territori fedeli al delfino Carlo
li portò a un nuovo successo. Ma non le bastava. Nel giorno Domini dei duchi di Borgogna
dell’Ascensione, il 5 maggio, la Pulzella aveva predetto la ri- Battaglie e assedi
tirata degli inglesi entro cinque giorni, e pretese un altro at-
tacco, nonostante i comandanti preferissero attendere l’ar-
rivo dei rinforzi. “Voi avete il vostro consiglio e io ho il mio”
ribatté. “Credetemi, il consiglio di Dio porterà al successo, il
vostro a niente”. Il sostegno della popolazione indusse i ge-
nerali a darle retta, e il 7 maggio i francesi attaccarono la Ba-
stide des Tourelles, la fortificazione a guardia del ponte sul-
la Loira che permetteva l’accesso alla città da sud. Caen
Cronaca di un attacco. Settantuno cannoni, varie colu-
brine e perfino numerose catapulte ne presidiavano gli spal- Normandia
ti. Ma Giovanna, alle 7 del mattino, si fece avanti fin sotto il
fossato e scatenò la battaglia più cruenta dell’assedio. Le cose
sembrarono tuttavia mettersi male per i francesi. Per giunta
la Pulzella venne ferita da una freccia tra il collo e la spalla.
La portarono via dal campo per curarla, mentre i soldati, sco-
raggiati, non riuscirono neanche ad avvicinare il baluardo.
Il Bastardo era dell’idea di rimandare l’attacco al giorno se-
guente; lei, invece, non solo lo convinse a proseguire, ma si ri-
mise in sella e, con il suo inseparabile stendardo, si ripresen-
tò sotto le mura della postazione inglese. La sua apparizione
sgomentò il nemico, infondendo fiducia nei suoi, che attac-
carono con maggiore determinazione e chiusero la giornata Angers
a proprio favore. Il successo fu talmente netto che, il mattino Loira
seguente, gli inglesi tolsero l’assedio. Giovanna aveva mante- Chinon
nuto la parola. Nelle settimane successive, a migliaia ingros- 1
sarono le file delle sue truppe, per combattere con un con-
dottiero la cui strategia era ispirata direttamente da Dio!
E la campagna sembrava proprio godere della protezione
divina. Giovanna convinse il Delfino a farsi incoronare nella
Poitiers
cattedrale di Reims, tradizionale sede per la consacrazione
dei sovrani francesi. Reims, tuttavia, si trovava nel territorio
sotto il controllo dei Borgognoni, alleati degli inglesi (v. ri-
quadro a pag. 9) e bisognava aprirsi la strada combattendo.
Le schiere francesi erano pervase da una nuova esaltazione;
se è vero che il morale conta molto in guerra, il loro era tale
da restituirgli l’antico spirito combattivo, mortificato ripetu-
tamente a Sluys, a Crécy, a Poitiers e ad Azincourt.
Giovanna espugnò Jargeau, Meung-sur-Loire, Beaugency e
poi, con un’armata di 6 mila uomini, il 18 giugno affrontò in
campo aperto gli inglesi a Patay. Non sappiamo quale ruolo Il film
abbia avuto la ragazza nella battaglia; forse si trovava addi- ▸ L’attrice ucraina Milla Jovovich
è una Giovanna muscolare nel
film di Luc Besson del 1999.
Colubrina (diminutivo del latino colŭber, “serpente”): antico pezzo di artiglieria Nel 1948 a interpretarla fu
a canna lunga e sottile, chiamato anche cannone a mano. Ingrid Bergman.

10 S
DA RE CARLO VII E CANONIZZATA DA BENEDETTO XV NEL 1920

LONDRA
1 2
L’incontro Alla volta
al castello di Orléans
1429: parte da Persuasa tutta
Vaucouleurs per la corte, parte
Chinon e comunica con l’esercito per
al Delfino di essere liberare Orléans:
stata inviata da Dio per la prima volta
per salvare la Francia i francesi vincono
e farlo incoronare re un assedio inglese
a Reims. (8 maggio 1429).

3 Cavalieri
Arras
contro arcieri
Saint-Valéry Hainaut 18 giugno: vince
m a Patay, ma forse
So

me Beaurevoir
arriva a battaglia
Harfleur già decisa. Qui
Piccardia la cavalleria
6 Rouen francese ha la
Margny 5
Compiègne meglio sugli archi
Se
nn Beauvais lunghi inglesi.
Mosa

a Soissons
Reims
FRANCIA Marna 4
Saint-Denis La ritirata
di Parigi
PARIGI Champagne Châlons
8 settembre:
Chartres 4
Provins
Lorena attacca gli inglesi
arroccati a Parigi,
a Vaucouleurs viene ferita e il
3 Patay Senn Delfino, ora re
2 Troyes Carlo VII, dà la
Sens Domrémy
Orléans ritirata. Il re non
l’appoggerà più.
Beaugency
Jargeau
Sully 5
Blois
Auxerre
La cattura
Tours Gien a Compiègne
Turenna 23 maggio 1430:
nella sua ultima
La Charité Digione campagna esce
Loches Bourges dalla città per
respingere i
Nevers Borgognoni. Viene
BORGOGNA catturata. Il re
non la riscatta.
Le campagne militari per unire i francesi

J eanne d’Arc (o Darc),


figlia di contadini di
Domrémy, nella Lorena,
analfabeta, cresciuta a
per la sua missione: liberare
la Francia dagli inglesi e re-
stituire il trono al legittimo
erede. Fece voto di castità,
militari consegnando ai
francesi una grande novità:
un nemico esterno. Basta
lotte fratricide, guerre civili,
6
Condannata
a morte
Lasciata al suo
sermoni, cominciò a vedere si tagliò i capelli, indossò fazioni interne in guerra. destino da Carlo
san Michele Arcangelo a 13 abiti maschili e in poco Dietro alla sua bandiera VII, dopo una dura
anni e, seguendo le “voci” meno di 2 anni partecipò bianca nasceva l’embrione prigionia è accusata
che la guidavano, a 17 partì a numerose operazioni della nazione francese. di stregoneria e
messa al rogo a
Verso l’incontro con il Delfino (1429) Campagna di Parigi (1429) Rouen a 19 anni
Liberazione di Orléans Campagne successive (1429-1430) (30 maggio 1431).
Incoronazione di Carlo VII Prigionia (1430-1431)

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LE SUE CENERI FURONO
GETTATE NELLA SENNA PER
EVITARNE LA VENERAZIONE
rittura in retroguardia. Sappiamo solo che i francesi carica-
rono prima che gli inglesi terminassero di schierarsi, e prima
che gli arcieri piantassero i loro pali anticavalleria. E forse fu
proprio di Giovanna l’intuizione che determinò l’attacco an-
ticipato. Alcune fonti parlano di 10 mila morti tra gli inglesi
e di appena 3 tra i francesi: probabilmente esagerano, ma si
trattò comunque di una grande vittoria, se perfino il coman-
dante inglese John Talbot, conte di Shrewsbury, finì tra i pri-
gionieri. Per il popolo i successi delle armate francesi erano
merito della Pulzella, che ormai si era creata un partito di so-
stenitori – tra cui il Bastardo e il duca di Alençon – anche tra
i maggiorenti del regno. I suoi successi le consentirono di en-
trare senza combattere dapprima a Troyes e poi nella stessa
Reims. Una settimana dopo, il 17 luglio, il Delfino, che aveva
fatto ben poco per guadagnarsi la corona, divenne re di Fran-
cia come Carlo VII, in contrapposizione a Enrico VI.
Fosse stato per lei, Giovanna non si sarebbe fermata. La sua
irruzione sul palcoscenico della Storia, d’altronde, aveva tra-
sformato la strategia francese da difensiva in offensiva. A set-
tembre raggiunse Parigi, ma venne ferita a una gamba sotto Ritratto di signora
le mura e Carlo sospese immediatamente la campagna. L’an- Miniatura del XV secolo
no seguente però l’atmosfera cambiò. Il nuovo re pensava a di Giovanna che indossa
una tregua col duca di Borgogna e le concesse solo un nume- l’armatura a piastre e
ro limitato di soldati; la Pulzella ingaggiò personalmente 200 mostra il suo stendardo.
mercenari piemontesi e mosse in soccorso a Compiègne, do-
ve il 23 maggio 1430 fu catturata dai Borgognoni.
La strega. Era la fine della sua avventura: Carlo si rifiutò di
riscattare la prigioniera, lasciando che finisse in mano agli in-
glesi. Ai quali serviva screditarla per togliere legittimità all’in- Processo farsa, finale ardente

G
coronazione del Delfino. Pertanto imbastirono un processo- iovanna fu esaminata e pro- Maria. Aveva frange di seta».
farsa accusandola di stregoneria. Giovanna morì sul rogo il cessata due volte: la prima Giudice: «Questi nomi, Gesù
dai funzionari del Delfino, e Maria, erano scritti in alto,
30 maggio 1431, mentre l’ingrato Carlo VII continuò a colle-
che la scandagliarono nell’animo in basso o di lato?».
zionare successi. Negli anni seguenti, dozzine di bande opera- e persino nelle parti intime; la Giovanna: «Di lato, credo».
rono in nome della Pulzella rendendo la vita impossibile agli seconda dai Borgognoni, che poi Giudice: «A che cosa eri più
invasori inglesi. Più che un condottiero, d’altronde, Giovan- l’arsero viva facendone una mar- affezionata? Al tuo stendardo
na era stata una guida. E una guida, al contrario di un condot- tire. Nessuno riusciva a capire da o alla tua spada?».
chi o da cosa questa bambina-sol- Giovanna: «Al mio stendardo!
tiero, può risultare efficace anche dopo la morte. d dato traesse la forza per battersi Ci tenevo molto, quaranta volte
 Andrea Frediani contro eserciti e sovrani. Ecco più che alla mia spada».
un passo dagli atti del processo Giudice: «Chi ti ha detto di
Pali anticavalleria Paletti accuminati infissi nel terreno per fermare la carica dei a Rouen: far dipingere quelle figure sullo
cavalieri nemici. Talvolta venivano mascherati perché non fossero visibili. Giudice: «Quando andasti a Or- stendardo?».
léans avevi uno stendardo. Di che Giovanna: «Quante volte devo
All’attacco senza errori! colore era?». dire che tutto quello che ho fatto
Giovanna: «Avevo uno stendardo l’ho fatto per la volontà di Dio?
Una sequenza del film di Besson, che però manca tutto disseminato di gigli; sopra Portavo io stessa il mio stendardo
di accuratezza. Fra le innumerevoli pellicole girate c’erano raffigurati il mondo con quando andavo in battaglia,
su Giovanna, la ricostruzione più attendibile l’ha due gigli ai lati; era di tela bianca, perché non volevo uccidere gen-
fatta Jacques Rivette nel film in due parti del 1993. e c’erano scritti i nomi di Gesù e te. Non ho mai ucciso nessuno».

SAPERNE DI PIÙ
Giovanna d’Arco, Franco Cardini (Monda-
dori). Il medievista italiano parte dalle divi-
sioni della Francia per raccontare la breve
“cavalcata” della Pulzella e il suo fascino.

12 S
WARS  APPUNTAMENTI
FIERE E RIEVOCAZIONI
A cura di Giorgio Albertini

FEBBRAIO MARZO 19-20 Uniformexpo


Santa Lucia di
25-27 Festival international Fino al 13 Garibaldi a Palermo Piave (Treviso)
des jeux Viareggio Un weekend
Cannes (Francia) dedicato
principalmente
Nei luoghi dove
al mondo
solitamente
delle uniformi,
si tiene il
durante il
celeberrimo
quale si terrà anche il primo Raduno
Festival
triveneto di automezzi militari.
del cinema
di Cannes Info: tel. 0383 892342 - 348 3542401
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da tavolo è declinato in tutte le sue 26-27 Armi & bagagli
possibili varianti, con un’attenzione Piacenza
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wargame. Oltre a tornei e incontri dell’800: il Centro Matteucci per l’arte armi antiche,
dimostrativi, l’evento clou di quest’anno moderna espone una delle più grandi abiti, cinture,
sarà una ricostruzione della Battaglia opere di Giovanni Fattori, Garibaldi a stoffe e
di Friedland, combattuta nel 1807 tra Palermo (1860). A fianco di questa e altre accessori: ecco
l’esercito di Napoleone e quello russo. tele del Fattori una serie di dipinti di una parte di
Info: tel. 0033 4 92993383 Borrani, Buonamici, Bechi, pittori illustri quanto verrà
www.festivaldesjeux-cannes.com del nostro Risorgimento. esposto in questa mostra, riconosciuta
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battaglia di Taggia migliori artigiani del settore.
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fatti del 1625,
quando Taggia,
coinvolta
nel conflitto
APRILE
tra Ducato 14-17 La Storia in piazza
di Savoia e
Repubblica di Genova, tenne testa Genova
all’esercito savoiardo grazie al valore del Dopo il
suo esercito e a... un voto fatto a san successo della
Benedetto Revelli, vescovo di Albenga. prima edizione,
Info: tel. 0184 475421 ritorna
www.sanbenedettotaggia.com “La Storia
in piazza”:
Fino al 27 Teotihuacán. La festa nazionale proclamata quest’anno
dal presidente della Repubblica in storici, scrittori e filosofi provenienti da
La città degli dèi occasione dei 150 anni dell’Unità tutta Europa discuteranno per quattro
Roma d’Italia inizia il 16 marzo con l’apertura giorni de “L’invenzione della guerra”.
Al Palazzo delle straordinaria dei musei per la “notte Non solo dal punto di vista delle vicende
esposizioni, la bianca, rossa e verde”. Al mattino militari e della trasformazione degli
più importante partono le celebrazioni in tutta Italia armamenti, ma anche dell’influsso che
mostra sul e, a Roma in particolare, si prevedono la guerra ha avuto sulle culture e sulle
periodo classico concerti ed eventi pubblici e una mentalità dei popoli. Nei magnifici
(tra il 100 a. C. e rappresentazione del Nabucco di Verdi. spazi di Palazzo Ducale si succederanno
il 650 d. C.) della Sempre dal 17, nel sacrario delle incontri, dibattiti e tavole rotonde,
civiltà precolombiana di Teotihuacán. bandiere del Museo del Vittoriano di oltre a serate di spettacolo, esposizioni e
In mostra oltre 400 oggetti per Roma, dove ha sede l’Istituto per la mostre fotografiche, rassegne di film
approfondire l’arte e la vita quotidiana storia del Risorgimento italiano, si apre e video, giochi collettivi e laboratori
dei guerrieri e dell’impero che prima degli la mostra permanente sulle battaglie per un totale di oltre 60 eventi.
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www.focusstoria.it S 13
PAROLA ALL’ESPERTO

UN TEMA
DI STORIA
MILITARE
ANALIZZATO
CON L’AIUTO
DI UNO
STUDIOSO

La
moralità
della
guerra
C
ominciamo da una frase del ture che in tempo di pace li inquinano
suo saggio: “La guerra con- e ne limitano l’espressione. In amore,
Massimo Fini, classe 1943, ferisce valore alla vita”. Ci per esempio, quando si è sotto le bom-
giornalista, saggista e autore spiega il paradosso? be non c’è tempo per le manfrine, per i
teatrale, è stato inviato «Intendo semplicemente dire che il ri- contorcimenti intellettuali, per dubbi o
dell’Europeo, editorialista schio incombente della morte contri- ripicche. Se da un momento all’altro si
al Giorno e all’Indipendente. buisce a rendere ogni istante della no- può morire, si tende a badare al sodo.
Attualmente collabora
con Il fatto quotidiano. stra esistenza, anche il più banale, di È in questo senso che la guerra confe-
Non ha avuto paura di un’intensità eccezionale. È forse do- risce valore alla vita».
trattare un argomento loroso da confessare, ma la guerra è
scottante nel saggio Elogio un’occasione per imparare ad apprez- Ogni guerra?
della guerra (Marsilio), cui zare la vita. Di fronte alla possibilità «Prima di tutto dobbiamo metterci
si affiancano altri scritti di
analisi sociale come Il denaro di morire si torna infatti a mirare al- d’accordo su che cosa intendiamo per
“Sterco del demonio” e Il vizio l’essenziale, non c’è tempo per le stupi- “guerra”. La definizione che di solito
oscuro dell’Occidente. daggini. Gli stessi sentimenti vengono propongo è quella di “una violenza col-
“depurati” da tutte quelle sovrastrut- lettiva tra gruppi contrapposti, legit-

14 S www.focusstoria.it
Guerra civile
Irlanda del Nord, 1973: un
soldato inglese si protegge
con uno scudo di plexiglas,
che mostra i segni
dei tanti colpi ricevuti.
A Belfast, in quegli anni,
unionisti e nazionalisti si
combattevano per strada.

Per secoli i conflitti hanno fatto


parte naturale della storia
dell’uomo. Poi, con la comparsa
della bomba atomica e lo spettro
dell’olocausto nucleare, la guerra
è diventata un tabù. Ma prima
che ciò avvenisse, quali funzioni
svolgeva nella nostra società?
Quali necessità profonde era in
grado di soddisfare? E il fatto che
oggi “non si possa più fare” che
conseguenze ha sulle nostre vite?
Lo abbiamo chiesto a Massimo
Fini, giornalista e autore di un
provocatorio elogio...

timata da uno status che la fa ritene- assolto a molti bisogni esistenziali e ha A che cosa si riferisce?
re lecita da entrambi e durante la qua- avuto numerose ricadute di segno po- «All’impossibilità di fare la guerra. La
le vigono leggi diverse da quelle usuali”. sitivo per la società». guerra nucleare, paventandosi come
Fuori da tale schema, non si parla più suicidio di massa del genere umano,
di guerra tradizionale, ma di “guerri- Avrebbe dunque dei “lati utili”… ha infatti svuotato di ogni senso il con-
glia” o “terrorismo”. Ebbene, quando «Prima di approfondire l’argomento è cetto stesso di guerra. La minaccia nu-
dico che la guerra favorisce la riscoper- forse utile introdurre una distinzione cleare ne ha fatto il più grande tabù dei
ta della vita mi riferisco senza dubbio a tra i conflitti precedenti e quelli suc- nostri tempi delegittimandola agli oc-
quella tradizionale: se infatti la si ana- cessivi al lancio della bomba atomica chi dell’opinione pubblica. È divenu-
lizza senza preconcetti, si può scoprire sul Giappone nel 1945. Nel momen- ta una cosa negativa a prescindere. Ma
che non solo non è stata un male asso- to in cui si è compreso il mastodonti- non per questo abbiamo smesso di pra-
luto nella storia dell’uomo, ma ha anzi co potenziale distruttivo del nucleare, ticarla. Soltanto che oggi la guerra non
il rapporto tra uomini e guerra è infatti si dichiara più e la si fa fingendo di non
Guerriglia Tattica che evita il confronto in campo mutato in maniera radicale. La minac- farla, ci si vergogna di essa e le si dan-
aperto. Fu definita così la guerrilla contro i francesi cia atomica ha introdotto un elemento no nomi nuovi. In breve, la si combatte
nella Guerra d’indipendenza spagnola (1808-1814). spiazzante e nuovo». con cattiva coscienza». ▸

www.focusstoria.it S 15
Prima dell’atomica si combatteva in- necessario. Quindi, a dirla tutta, siamo
vece con “buona coscienza”? di fronte a una doppia delegittimizza-
«Il più delle volte sì. Almeno fino al se- zione della guerra. Da una parte quel-
condo conflitto mondiale accadeva che la dovuta alla minaccia atomica, e dal-
i soldati, anche se non condividevano l’altra quella dovuta all’ambiguità di
le motivazioni della guerra, accettas- certi interventi che non riguardano in
sero di farla senza vergogna. Così co- maniera diretta il proprio Paese, ma
Compagni me non si vergognavano di uccidere al- interessi legati a Paesi stranieri. Basti
d’armi tri uomini. Molti di noi hanno cono- pensare a quanto avvenne mezzo se-
Due marines nella sciuto persone anziane che in tempo di colo fa in Vietnam. Il conflitto vietna-
periferia di Beirut,
in Libano, nel guerra hanno ucciso qualcuno, ma non mita non ebbe le caratteristiche di una
gennaio 1984. Fra per questo li riteniamo assassini né lo- guerra tradizionale: non fu dichiarata,
commilitoni le ro si considerano tali. Allo stesso mo- si combatté alla stregua di una guerri-
differenze razziali do, la legittimità dell’azione bellica ve- glia (con azioni sporche) e fu indirizza-
si stemperano. niva riconosciuta dall’intera collettivi- ta contro un Paese che non aveva rap-
tà di appartenenza dei soldati. In que- porti diretti con i cittadini americani.
sto senso si può affermare che la guerra Non a caso, a differenza dei vietcong, i
era combattuta con “buona coscien- soldati Usa ebbero enormi difficoltà a
za”. Inoltre, in ogni epoca sono esistite trovare una “giusta causa” che legitti-
norme di condotta (ius belli) che rego- masse quel conflitto. Il quale fu ancor
«OGGI LA GUERRA lavano il campo d’azione dei vari con- meno legittimato dai giovani rimasti
tendenti e legittimavano il loro scon- in patria, pronti a scendere nelle piaz-
NON SI DICHIARA tro. Dopo l’atomica, però, la coscienza ze a protestare. Riassumendo, in Viet-
di tutti si è sporcata». nam per la prima volta si combatté ver-
PIÙ E LA SI FA gognandosi di combattere. Come è av-
Così oggi non si parla più di guerra ma venuto più di recente con l’aggressione
FINGENDO DI di “interventi” o “missioni”? americana all’Afghanistan».
«Non solo. Adesso, in piena globalizza-
NON FARLA: CI zione, si tenta di ridurre l’intero mon- La guerra tradizionale che ruolo ha
do al modello occidentale, e nel far ciò svolto nella Storia? E che tipo di “uti-
SE NE VERGOGNA si ha la pretesa di negare ai Paesi che lità” possiamo riconoscerle?
hanno un’esperienza e un vissuto di- «La prima funzione della guerra, la più
E LA SI CHIAMA versi dai nostri il diritto si farsi da sé la elementare, è stata quella di risolvere i
propria storia, anche con la guerra, se conflitti tra due parti ogni volta che gli
IN ALTRI MODI» strumenti giuridici e diplomatici si ri-
Ius belli È il diritto bellico, che nasce con il diritto velavano inutili. Un metodo crudele,
romano (Cicerone spiega quando un conflitto è ma efficace. Gli stessi Romani, uno dei
iustum). Oggi si chiama “Diritto internazionale dei
conflitti armati” e con esso si studia il peace keeping.
popoli più aggressivi del mondo anti-
co, vedevano la guerra come strumento
per portare la pace. Oltre a ciò, la guer-
ra ha spesso favorito il ricambio del-
le classi dirigenti: se non ci fosse stata,
le gerarchie fasciste e naziste sarebbe-
ro rimaste al potere fino alla morte na-
turale dei loro capi. Ma la guerra è sta-
ta anche una forma di contatto sociale
tra i popoli. In altri casi ha svolto fun-
zioni di “calmiere” demografico limi-
tando pericolosi processi di sovrappo-
polazione. Infine, la guerra è da sem-
pre legata al progresso tecnico, e molte
delle più importanti invenzioni hanno
Contro un’origine bellica. Oltre a svolgere que-
Nel 1972 veterani ste funzioni oggettive, la guerra ha poi
del Vietnam risposto per lungo tempo ad alcuni bi-
manifestano sogni esistenziali dell’essere umano».
contro la guerra:
tornati dal fronte
avevano scoperto Di quali bisogni esistenziali parla?
che l’America se «Nei secoli la guerra ha rappresentato
ne vergognava. per molti individui una specie di eva-

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sione dalla realtà, una fuga verso l’av-
ventura e il rischio, un efficace modo
per mettersi alla prova e per sfogare la
propria aggressività attraverso la soffe-
renza. A tal proposito gli psicologi par-
lano di “valore terapeutico” del dolo-
re. Un’altra attrattiva psicologica della
guerra è quella di costituire un tempo
d’attesa la cui fine non dipende da noi
(un po’ come la scuola e la leva milita-
re). Si può solo attendere che finisca, e L’arma definitiva
questo ci libera da ogni responsabilità 6 agosto 1945: questo è quanto
personale. Avendo qualcosa da aspet- rimane di Hiroshima. Con il
tare (la fine della guerra) sentiamo me- deterrente della bomba atomica
no il peso della vita. Infine, in guerra ci la guerra diventa impraticabile.
si scopre più solidali con il prossimo di
quanto avvenga nella vita civile». e i rancori di un’intera comunità. Che “naturale”, dovuta a malattia o a vec-
l’istituto del capro espiatorio costituis- chiaia. Tale tendenza ha radici profon-
Sta dicendo che in guerra si è più se una vera “terapia dell’aggressività” de, e non si tratta solo del romantico
buoni? ce lo conferma un impressionante ri- mito della “bella morte”, ma di qual-
«No, in guerra si è semplicemente più scontro linguistico: nell’Atene classica cosa di più sottile. I Celti spagnoli, per
legati al prossimo per via del perico- tale rituale era infatti detto pharmakós. esempio, attribuivano un soggiorno di
lo comune. E tale spirito di solidarietà Anche le guerre del Medioevo (che fe- delizie a coloro che si davano la morte
unisce a volte anche i nemici. Nel pri- cero peraltro pochissimi morti) han- e un orrendo sotterraneo a coloro che
mo conflitto mondiale capitava infatti no avuto degli aspetti rituali e “festosi”. morivano di malattia o di vecchiaia. E
che fra trincee opposte ci si accordas- Molti cavalieri in arme vivevano infat- il mito della morte in battaglia ha attra-
se per sparare solo in alcuni frangenti ti la guerra come un’occasione ludica, versato i secoli arricchendosi di nuovi
e consentire così il recupero dei corpi o un gioco sportivo collettivo. Lo storico significati. In guerra si poteva infatti
lo svolgersi dei pasti. La fratellanza del Franco Cardini ha parlato in proposi- morire per la difesa della propria col-
tempo di guerra è anche facilitata dal to di “antica festa crudele”». lettività, per dei valori condivisi, e così
fatto che vengono accantonate quel- la morte del soldato è stata spesso per-
le differenze di classe che spesso so- La morte in guerra è “meno morte” cepita come una morte feconda. Una
no motivo d’attrito. La guerra, per cer- di quella che si verifica in periodo di falsa percezione, chiaro, ma è così. Og-
ti versi, rende uguali, oltre a farsi cari- pace? gi che l’uomo non è più chiamato a con-
co di molte umane frustrazioni. Non a «In realtà è la morte violenta che, nel- frontarsi con la “prova” della guerra,
caso, fin dai tempi più antichi, è stata a l’immaginario collettivo, assume un accumula più che in passato uno stri-
volte ritualizzata e addirittura tramu- valore di altro tipo rispetto a quella sciante senso di frustrazione. Non è ca- ▸
tata in festa, con l’obiettivo di rinsalda-
re i legami di chi vi partecipava e favo-
rire lo sfogo dell’aggressività».

Può farci degli esempi di rituali o feste


come surrogato della guerra?
«Fino a poco tempo fa l’etnia africana
dei Bambara, in determinati periodi
dell’anno, allestiva una piccola guer-
ra detta rotana: gli eserciti di due vil-
laggi contrapposti si schieravano su un
vasto terreno armati di archi e qui si
scambiavano ingiurie e colpi di frec-
ce. Seguendo però una regola: nessu-
no doveva morire. Se ci fosse scappato
il morto, sarebbe scoppiata la diembi,
la guerra vera. Vi è poi l’antico e diffu-
so rito del capro espiatorio, il cui sacri-
ficio costituiva un vero transfert collet- Una lotta “giusta”
tivo ai danni della vittima (una capra Il battaglione repubblicano
Marineros nell’offensiva del
“rivestita” di tutti i mali della società, e Rio Segre (1938). La guerra
in alcuni casi poteva trattarsi di un in- civile spagnola mobilitò giovani
dividuo) risolvendo spesso le tensioni e ideali da tutto il mondo.

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www.focusstoria.it S 17
In trincea
«OGGI LA SOCIETÀ Fanti della Prima
guerra mondiale
VORREBBE PROIBIRE in trincea. Il
pericolo comune
L’AGGRESSIVITÀ. alimenta la
solidarietà verso
il prossimo.
MA QUESTA
RIESPLODE SOTTO
ALTRE FORME»

suale che nell’Occidente di oggi, con- gli anni precedenti di circa 3 mila. Dal scere senza ipocrisia che il vuoto esi-
traddistinto da una duratura pace, vi secondo dopoguerra si assiste invece a stenziale dovuto alla sua scomparsa ha
sia un’esplosione delle malattie men- un loro aumento, così come è aumen- creato nuove forme di rilascio dell’ag-
tali e delle depressioni». tato l’uso di droghe». gressività. Alcune tutto sommato in-
nocue, come il permissivismo sessua-
In guerra ci si ammala anche di meno? Ma questi bisogni esistenziali non le tipico di molte società industrializ-
«Le statistiche dicono che in guerra di- vengono “soddisfatti” anche dai con- zate (il sesso è una delle vie più effica-
minuisce il numero complessivo del- flitti odierni? ci per sfogare l’aggressività latente), e
le malattie, dei suicidi e delle nevrosi. «No, per vari motivi: prima di tutto bi- altre certamente nocive, basti pensa-
Nelle ultime due guerre mondiali sono sogna considerare il fatto che il pro- re all’esplosione della microcriminali-
stati riscontrati poderosi cali di morti gresso tecnologico ha disumanizzato tà. Anche il consumismo muove in ta-
per infarto e cancro. Da ottant’anni il la guerra privandola del suo fascino. le direzione: l’ossessivo consumo di be-
tumore è in costante aumento, e i soli Non vi è nessuno spirito d’avventura ni e di cibo costituisce, infatti, un altro
anni in cui in Italia si è avuta una dimi- nello spingere un pulsante e far esplo- (deleterio) canale di sfogo».
nuzione sono quelli tra il 1943 e il 1944. dere una bomba che a sua volta uccide-
Idem per le malattie cardiocircolato- rà qualcuno lontano da noi. Oltre a ciò, E non vi sono alternative meno inva-
rie, che nel secondo conflitto mondia- quelle moderne non sono guerre tra- denti per lo sfogo di certi impulsi?
le hanno conosciuto il picco più basso. dizionali, ma più che altro episodi di «Certo che vi sono. O meglio, vi sono
Il dato più significativo di questa capa- terrorismo, ovvero una sottospecie di dei surrogati. Penso per esempio allo
cità della guerra di riequilibrare i bio- guerra. Le sottospecie si differenzia- sport, che non a caso a partire dal se-
ritmi del corpo e della mente viene pe- no dalla guerra perché in esse almeno condo dopoguerra si è diffuso a livel-
rò dalle statistiche sui suicidi. Nel 1944 una delle due parti in causa non ritie- lo di massa convogliando molte delle
fu registrata la cifra più bassa del seco- ne legittima la violenza dell’altra, e ciò pulsioni un tempo sfogate sui campi di
lo scorso: 1.761, contro una media de- fa venir meno qualsiasi tipo di ius bel- battaglia. Ciò vale sia per chi lo sport
li. Il nemico non è più un avversario da lo pratica, sia per chi lo segue da tifoso
combattere all’interno di un perime- all’interno degli stadi. Alcuni cercano
tro giuridico e formale, ma un crimi- poi il rischio negli sport estremi, e altri
nale da eliminare con ogni mezzo. Na- trovano invece il giusto sfogo, fisico e
sce così una lotta senza quartiere pri- mentale, nella meditazione e in prati-
va della legittimazione che avevano le che come lo yoga. Più in generale, pos-
guerre tradizionali». siamo dire che ogni attività che met-
te in gioco le nostre pulsioni e dà loro
Paradossalmente siamo condannati sfogo (magari attraverso il lavoro fisi-
a soffrire, almeno interiormente, per co, come nel mondo contadino) costi-
l’assenza delle guerre d’una volta? tuisce un buon deterrente al bisogno di
«Premesso che la guerra è sempre esi- guerra. Il cui vuoto è in ogni caso una
stita e ha costituito un’esperienza fon- realtà anomala – e sconosciuta ai no-
dante per gli esseri umani, oggi si assi- stri avi – con cui fare i conti». d
ste in effetti a un fatto nuovo: la guer- Matteo Liberti
L’amore in guerra ra è sparita dai nostri orizzonti anche
Nel luglio del 1943 il fotografo se la paura della stessa è ancora pre- SAPERNE DI PIÙ
Robert Capa documentò lo sente. Viviamo nell’impossibilità di far-
sbarco in Sicilia: un soldato
La guerra e il mortale, Emanuele Severino
la, ma allo stesso tempo ne sentiamo (Mimesis). Uno dei più grandi filosofi italiani
italiano segue al campo di
prigionia la sua colonna l’ombra. E, naturalmente, abbiamo an- esamina il significato della guerra, analizzata
catturata dagli americani; c’è cora dentro di noi quelle pulsioni che fin dalla sua origine, e guarda a fondo nella
natura umana, tutt’altro che pacifista.
tempo solo per l’ultimo saluto. ci spingevano a farla. Bisogna ricono-

18 S www.focusstoria.it
www.focusstoria.it
IL MITRA
A cura di Stefano Rossi

Il Bergmann
MP18 era lungo
83 cm e pesava
più di 4 kg.
Impiegava
cartucce cal. 9
Parabellum e
poteva sparare
450 colpi al
minuto.

Il britannico
Sten MK II era
essenziale, di
semplice costruzione
e di basso costo.
Fu uno dei
protagonisti del
secondo conflitto Lo Skorpion Evo III
mondiale, su tutti pesa appena 2,1 kg, ha
i fronti. il calciolo allungabile e una
serie di slitte dentate per
il montaggio di ottiche
e accessori.

L
a grande famiglia di armi che va di esemplari – alla fine del conflitto Materiali hi-tech. Dal secon-
sotto il nome di “mitra”, e che e che diede l’impulso allo sviluppo do dopoguerra questo tipo di ar-
comprende anche moschetti delle generazioni successive. ma è stato in parte soppianta-
automatici e pistole mitraglia- Per le brevi distanze. Grande to, a livello militare, dai fucili
trici, è caratterizzata principalmente dal volume di fuoco e dimensioni com- d’assalto, mentre resta anco-
fatto di poter sparare, anche a raffica, gli patte (più dei fucili) sono le caratteri- ra oggi ampiamente utilizza-
stessi proiettili corti delle pistole. Queste stiche che resero queste armi perfette to dalle forze speciali e dai re-
armi fecero il loro esordio all’inizio del- per il combattimento ravvicinato, favo- parti di polizia. I modelli di ultima ge-
la Prima guerra mondiale: a fare da apri- rendone la diffusione al punto che, du- nerazione sono ancora più compatti
pista fu la pistola mitragliatrice Revelli- rante la Seconda guerra mondiale, pres- e vantano soluzioni tecniche all’avan-
Villar Perosa mod. 1915, pesante arma soché tutti gli eserciti le avevano in dota- guardia: è il caso dello Skorpion Evo III,
a due canne sviluppata in Italia, nata in zione come armi automatiche individua- realizzato nel 2009 nella Repubblica
realtà per essere montata sugli aerei, che li. Tra i modelli più noti troviamo lo Sten Ceca con materiali hi-tech (polimeri)
allora erano quasi privi di armamento. Il britannico, il Thompson americano (ar- che ne rendono il peso alquanto conte-
primo vero mitra studiato per uso “terre- ma preferita anche da molti gangster ne- nuto, o del Benelli CB M2, mitra italia-
stre” fu invece l’MP18, fornito in dotazio- gli Stati Uniti degli Anni ’30), l’MP40 te- no sperimentale, che utilizza cartucce
ne ai soldati tedeschi – in poche migliaia desco, il Ppsh russo e il Mab italiano. senza bossolo (caseless).d

www.focusstoria.it S 19
UN FATTO D’ARMI A FUMETTI

DURANTE LE GUERRE GRECO-GOTICHE NELL’ITALIA DEL VI SECOLO...

UN RICCO FARDELLO
I soldati, si sa, sono predoni per
natura. Ma almeno si guadagnano il bottino
col sudore e con il sangue. Vero flagello
sono invece quei tanti che seguono gli
armati per fare man bassa delle spoglie
nemiche. Mentre l’esercito e ancora
impegnato con le armi, questi
ladroni stanno curvi su morti e
feriti spogliandoli delle
loro ricchezze.

E non parlo dell’oro, ma


delle armi, dei calzari, finanche
dei vestiti. Tutto questo distrae
i guerrieri, perche sanno che quando torneranno
sui loro passi a fine battaglia non troveranno nulla.

Sono quindi tentati dal bottino appena uccidono il nemico:


smettono di combattere, pensano al saccheggio e non eseguono piu gli ordini.
Molte battaglie sono state perse per questa ragione.
Come consigliere del generale B elisario
Seguire un esercito nelle sono sicuramente la persona piu adatta per
guerre come cronista raccontare e testimoniare degli accadimenti
non e cosa da nulla; eroici e grandiosi, ma anche turpi e scellerati,
seguire la stirpe romana che queste straordinarie guerre hanno prodotto.
e i suoi valenti generali
tenendo nota delle loro
innumerevoli gesta, dei
luoghi e dei fatti con
esattezza puntuale,
perche niente cada in
oblio, e cosa ancora piu
difficile.

Io l’ho fatto.

L e molte genti che servono l’imperatore bizantino Giustiniano gli sono fedeli
per devozione ma anche per profitto, ed e con il cuore pesante che B elisario,
che e primo tra tutti i generali, ha ordinato di punire con la morte tutti coloro
che si soffermano a spogliare i caduti prima che la battaglia sia finita.

20 S
Nonostante questo, il timore di perdere il bottino induce i
soldati a curiosi espedienti.

Mentre nel 539 l’esercito bizantino assediava la citta di


Osimo, occupata dai Goti, fui testimone di questo episodio.

Un gruppo di Goti fu sorpreso


nei prati fuori le mura. TUM
NG
CLA P

ALL’ATTACCO!

NON TI FERMARE

Durante lo scontro un mauritano si accorse di un


cadavere carico d’oro. Gli girava bramoso attorno
ma non poteva ne indugiare
AVANTI, INSEGUIAMO I ne lasciarselo scappare.
BARBARI!

Giuro che lo vidi con i miei


occhi trascinare via, tirandolo
per i capelli, il ricco nemico...

Rapido prese una decisione.


...e continuare a combattere, per
niente appesantito da quell’originale
bagaglio.
FINE
MEMORIE DI SBARCHI
A cura di Riccardo Tonani

Sul campo
A sinistra e a
destra, i reenactors
di Normandie ’44
ricostruiscono la
Battaglia delle
Ardenne per il
programma Rai
Ulisse. Sopra, a una
manifestazione.

N
ormandie ’44 è un’associazione elementi, come la ricostruzione dell’at- associazioni dedite al modellismo stori-
storico-culturale, nata a Torino tività degli ufficiali fotografi, del funzio- co e collabora alla realizzazione di docu-
nel 2003, che si dedica allo stu- namento degli ospedali da campo e delle mentari e film tv. In particolare, ha preso
dio di alcuni reparti dell’esercito ameri- officine meccaniche. Periodicamente gli parte alle riprese di una docufiction per
cano impegnati sui fronti europei duran- allestimenti vengono aperti al pubblico, il programma Ulisse, il piacere della sco-
te la Seconda guerra mondiale. Gli iscrit- dando la possibilità ai visitatori di effet- perta di Alberto Angela. d
ti operano innanzitutto una rigorosa atti- tuare un viaggio nel tempo.
vità di ricerca – basata sull’esame di fonti L’associazione, che dispone di una col- • Gruppo storico Normandie ’44 •
scritte, fotografiche e cinematografiche – lezione di veicoli a motore (dalle piccole indirizzo: via Caduti sul lavoro, 12
e successivamente ne presentano i risul- jeep ai mezzi corazzati, come il carro ar- 10094 Giaveno (Torino)
telefono: 377.31810115
tati al pubblico: lo fanno in occasione di mato M4 Sherman, fino ai veicoli anfibi
web: www.n44.it
eventi organizzati dall’associazione stes- da sbarco Dukw), fornisce consulenza ad • •
sa o ai quali questa è chiamata a parteci-
pare. Avviene per esempio in Norman-
dia, ogni anno a giugno, dove insieme a
reenactors provenienti da tutto il mondo
gli associati indossano i panni di soldati
tedeschi e alleati per rievocare la celebre
invasione della Francia. O sul litorale la-
ziale, dove contribuiscono a far rivivere lo
sbarco alleato di Anzio e Nettuno.
Non solo armi. Per riprodurre un
quadro storico il più possibile fedele al-
la realtà, Normandie ’44 si dedica anche
allo studio delle armi (dal funzionamen-
to alla manutenzione) e delle divise (che
sono riprodotte usando i tessuti dell’epo-
ca), dei mezzi di trasporto e delle strut- Spiagge laziali
ture da campo. Ma oltre agli aspetti le- Rievocazione dello sbarco
gati strettamente al combattimento e al- degli americani nel gennaio
la tecnica militare, trovano spazio altri 1944 sulla spiaggia di Anzio.

22 S www.focusstoria.it
DOSSIER

VERSO L’UNITÀ
LE BATTAGLIE CHE HANNO
FATTO DELLA NOSTRA
PENISOLA UNO STATO 1848: DA CURTATONE A GOITO
IL SOGNO INFRANTO
UNITARIO NON BRILLARONO
PER STRATEGIA E RISULTATI.
EPPURE, GRAZIE AL
CORAGGIO DEI VOLONTARI,
A UN GUERRIGLIERO DI
NOME GARIBALDI E AL FIUTO
pag. 24
POLITICO DI CAVOUR...
1849: LA REPUBBLICA ROMANA 1859: SOLFERINO E SAN MARTINO
CONDENSATO DI EROI UOMINI AL MACELLO

pag. 30 pag. 38

1860: I MILLE AL VOLTURNO 1866: NELLE ACQUE DI LISSA


GARIBALDI SOTTO ESAME L’ONTA FINALE

pag. 44 pag. 52

S 23
LE BATTAGLIE PER L’UNITÀ
DA CURTATONE A GOITO

IL SOGNO
INFRANTO

NEL 1848 TRUPPE SABAUDE


E PATRIOTI ITALIANI FURONO
A UN PASSO DAL LIBERARE
IL LOMBARDO-VENETO DAGLI
AUSTRIACI. MA LE INDECISIONI
DEL RE COSTARONO LA VITTORIA
L
a sera del 25 marzo 1848 l’avanguar-
dia dell’esercito piemontese, 3.600
soldati e 8 cannoni al comando del
generale Bes, attraversava il Ticino
puntando su Milano, seguita il 26 dal-
Toscani in battaglia la colonna del generale Trotti. Era
Nell’illustrazione, la sottile
quello che tutta l’Italia atten-
linea dei volontari del
Battaglione universitario deva, soprattutto da quan-
toscano, stretta a difesa do, con la concessione dello
delle case di Curtatone, Statuto, il re di Sardegna Carlo
resiste tenacemente Alberto era assurto a paladino
all’attacco degli austriaci
della libertà nazionale.
Truppe
il 29 maggio 1848.
Focolai di rivolta. Nei
dell’est
Fante ungherese
primi mesi di quell’anno, in-
dell’esercito
surrezioni e rivolte erano asburgico nel
esplose dappertutto in Eu- 1848. Il copricapo
ropa. Da Parigi a Berlino, da è uno shako, la
Praga a Budapest, si chiedeva cui foggia risale
al periodo
una cosa sola: la Costituzione.
napoleonico.
Anche Vienna era stata travol-
ta dall’ondata liberale, e i tumulti
sarebbero proseguiti per tutto l’anno,
costringendo alla fine l’imperatore ad abdi-
care in favore del giovane Francesco Giuseppe. In Italia la prima
città a insorgere era stata Palermo, il 12 gennaio. Il 17 marzo fu
la volta di Venezia, seguita il 18 da Milano: dopo 5 giorni le trup-
pe di Radetzky dovettero abbandonare la città lombarda e rifu-
giarsi entro il cosiddetto Quadrilatero, un’area delimitata dalle
fortezze di Mantova, Peschiera, Verona e Legnago.
Al diffondersi di queste notizie Carlo Alberto e il suo gover-
no, sotto la pressione dell’opinione pubblica piemontese, aveva-
no dichiarato guerra all’Austria: “L’ora suprema per la monar-
chia sabauda è suonata [...] e le nostre armi vengono a porgere al-
la Lombardia e alle Venezie quell’aiuto che il fratello aspetta dal
fratello”. Da tutta Italia partirono volontari, senza uniformi e ar-
mati alla meglio. Papa Pio IX, idealmente eletto eroe della rivo-
luzione dopo che nel 1846 aveva concesso un’amnistia ai prigio-
nieri politici e nel marzo 1848 una Costituzione, e il re di Napo-
li Ferdinando II, preoccupato di sedare la rivolta siciliana, per-
misero a una parte delle proprie truppe di partire per il Nord e
partecipare alla guerra a fianco degli “italiani”. Radetzky, rinchiu-
so a Verona con il suo esercito, era circondato: a ovest avanza-
vano i piemontesi, da sud salivano pontifici, napoletani e volon-
tari toscani, a est le province venete in rivolta lo tagliavano fuo-
ri dai rinforzi e dai rifornimenti che avrebbero potuto arrivargli
da Vienna, anch’essa in balia dei rivoluzionari.
In trappola. La vittoria per i piemontesi sembrava una for-
malità, ma è qui che emersero tutti i limiti e i difetti dell’organiz-
zazione sabauda. Il re era solo nominalmente al comando dell’e-
sercito, ma chi decideva era il capo di Stato maggiore, il genera-
le Carlo Canera di Salasco. La rigida disciplina, l’ottusità e la
diffusa incapacità strategica di tutto il corpo ufficiali si ri-
velarono subito un freno alla conduzione delle operazioni.
Inoltre, per questioni di opportunità politica, non si volle
dare agli insorti delle città del Lombardo-Veneto alcun
riconoscimento ufficiale, rinunciando così a sfruttare ▸

Statuto albertino Legge fondamentale del Regno di Sardegna,


promulgata il 4 marzo 1848, che sanciva i diritti dei sudditi.

S 25
appieno i numerosissimi volontari disposti a combattere per la
causa nazionale. Carlo Alberto, sempre in preda a crisi depres-
sive, decise addirittura di non entrare a Milano fin- Lame di guerra
ché la guerra non si fosse conclusa, alienandosi in Una sciabola da cavalleria
questo modo anche le simpatie dei milanesi. di linea piemontese modello
Flemmatici. Da Pavia l’esercito, composto dai 1834. Sotto: un particolare
corpi d’armata Bava e De Sonnaz, pur senza in- del dipinto La battaglia
di Goito, di Felice Cerruti.
contrare resistenza avanzò lentamente verso il fiu-
me Oglio. Troppo lentamente. Una fortuna inspe-
rata per Radetzky, che aspettava sempre rinforzi 180
dall’Austria. L’8 aprile nel villaggio di Goito, poco I volontari napoletani
armati e inquadrati a spese
a nord di Mantova, quella che sembrava una sca- della principessa Cristina
ramuccia si trasformò in una battaglia: bersaglie- Belgiojoso Trivulzio,
ri e volontari lombardi riuscirono a scacciarvi gli patriota milanese,
austriaci e a prendere il ponte sul Mincio. La stra- durante la Prima guerra
da per Verona era aperta, ma non si colse l’attimo d’indipendenza italiana.
e per più di 20 giorni le operazioni militari stagna-
rono. L’esercito sabaudo si dispose sulla linea del fiume spar-
pagliandosi su un fronte di più di 50 chilometri da Peschiera
a Mantova, di fronte alla quale, fra Curtatone e Montanara, si
schierarono i volontari toscani.
Ormai era fine aprile e finalmente Carlo Alberto decise di
avanzare. Comandava di persona un contingente di 14 mila uo-
mini, che il 30 andarono all’attacco a Pastrengo, 20 km a nord-
ovest di Verona. Dopo tre ore di fuoco senza riuscire a sfondare,
il re stesso guidò la carica di tre squadroni di carabinieri a caval-
lo, decidendo le sorti della battaglia. Anche il contrattacco au-
striaco lungo la linea Verona-Peschiera fu respinto: la sconfitta
di Radetzky appariva completa. Ma non si trasformò in disfatta,
perché Carlo Alberto, ricaduto in depressione, impedì l’insegui-
mento del nemico in rotta.
Voltafaccia. L’avanzata si fermò di nuovo, ma da Torino il
governo sollecitò la necessità di un’importante vittoria sul cam-
po: il giorno prima Pio IX, con un’enciclica, si era disimpegna-
to dal conflitto, e Ferdinando di Borbone ne aveva immediata-
mente seguito l’esempio. Era un brutto colpo per la causa italia-
na, anche se il generale Guglielmo Pepe, con 2 mila napoletani,
raggiunse ugualmente Venezia insorta, e il generale Giovan-
ni Durando, con i soldati pontifici, si chiuse a difesa in Vicenza.
Subentrò la fretta: si decise per l’attacco alle difese davanti a Ve-
rona. Purtroppo la trasmissione degli ordini fu così confusa che
le cinque colonne d’attacco giunsero sui loro obiettivi in tempi
diversi. Lo scontro si concentrò su Santa Lucia, che venne con-
quistata e persa più volte. Alla fine i caduti piemontesi furono
un migliaio, per una vittoria che risultò incompleta: gli austria-
ci, infatti, poterono ritirarsi dentro la città scaligera.
La controffensiva. Altri 20 giorni senza combattere e final-
mente Radetzky venne raggiunto dai rinforzi che, strada facen-
do, avevano anche riconquistato numerose città venete. Ora la
vecchia volpe pensava al contrattacco, non essendo più in infe-
riorità numerica. La notte del 27 maggio 40 mila austriaci e 150
cannoni uscirono dai bastioni veronesi e il pomeriggio dopo rag-
giunsero Mantova: il piano era quello di sfondare la linea nemi-

Bersaglieri Corpo dell’esercito fondato da Alessandro La Marmora, allora capitano


dei granatieri, nel giugno del 1836. Si trattava di fanteria leggera, armata di carabina
a retrocarica, addestrata a “sorprendere, disturbare e sconvolgere i piani nemici”.
Rotta Fuga disordinata di un esercito o di una formazione avversaria.

26 S
ca di fronte alla città e poi prendere alle spalle lo schieramento
Carlo Alberto di Savoia avversario sul Mincio, puntando a nord e liberando Peschiera
dall’accerchiamento.

N
acque a Torino nel 1798. Dopo La mattina del 29, 17 mila austriaci con 52 cannoni calarono
lunghi studi all’estero, nel su Curtatone e Montanara, convinti di fare un sol boccone dei
1821 da reggente del Regno di
Sardegna appoggiò i moti liberali 4.800 volontari toscani del generale De Laugier e dei loro 9 pez-
concedendo la Costituzione, poi scon- zi di artiglieria. Ma a Curtatone gli uomini del colonnello Cam-
fessata da Carlo Felice. Nel 1831 diven- pia respinsero ripetutamente gli attacchi, grazie anche all’aiuto
ne re e fino al 1840 attuò una politica di un reparto di volontari napoletani. A Montanara i difensori
reazionaria e antiliberale. Ma nel cedettero terreno ma tennero, combattendo casa per casa. Al-
marzo del 1848 concesse uno Statuto
e dichiarò guerra all’Austria con l’in- le 4 del pomeriggio De Laugier, per evitare l’accerchiamento, fu
tento di liberare il Lombardo-Veneto. costretto a ordinare la ritirata, che si compì a fatica perché fuori
Dopo la sconfitta di Novara (1849) dagli abitati i toscani trovarono la via sbarrata dal nemico. I su-
abdicò a favore del primogenito, Vit- perstiti raggiunsero Goito, a nord, a notte fonda: avevano perso
torio Emanuele. Morì in esilio a Opor- più di un terzo degli effettivi, ma avevano rallentato gli austriaci
to (Portogallo) nello stesso anno.
e dato il tempo ai piemontesi di riorganizzarsi.
Sulla difensiva. L’indomani, 30 maggio, le truppe di Bava di-
scesero da Volta Mantovana verso Goito, in attesa dell’attacco
Johann Joseph Radetzky nemico. Lo schieramento piemontese era decisamente difensi-
vo: in prima linea, dietro l’artiglieria, erano schierati tre batta-

N
ato a Trebnice (Boemia) nel 1766, glioni della Brigata Cuneo, l’11° reggimento fanteria Casale e il
tra il 1800 e il 1813 combatté i battaglione napoletano Abruzzi; in seconda, due battaglioni del-
francesi, raggiungendo il grado
di maggiore generale e poi di capo di la Brigata Acqui e le intere brigate Aosta e Guardie; in terza linea
Stato maggiore. Nel 1831 fu nominato tre reggimenti di cavalleria e l’artiglieria a cavallo.
governatore militare della Lombardia. Trascorsa la metà giornata, non vedendo ancora apparire il
Nel 1836 riorganizzò l’esercito impe- nemico, si fece largo l’idea che esso avrebbe attaccato il gior-
riale. Abbandonata Milano nel marzo no dopo. In realtà l’esercito austriaco si era mosso in ritardo, il
del 1848, condusse le operazioni con-
tro i piemontesi da Verona, fino alla I corpo d’armata lungo il Mincio e il II verso Rivalta e Ceresara.
vittoria di Novara del 23 marzo 1849. Dall’alto di una collina Carlo Alberto vide finalmente arrivare le
Lo stesso anno, dopo un lungo asse- truppe del I corpo; giunti in prossimità di Goito, i soldati nemi-
dio, riconquistò Venezia. Governatore ci impiegarono molto tempo per schierarsi sul terreno collino-
generale del Lombardo-Veneto fino al so e pieno di coltivazioni. L’attacco iniziò così solo verso le 15:30,
1857, morì l’anno dopo a Milano.
annunciato da un nutrito fuoco d’artiglieria, a cui risposero effi- ▸

ALLO SCOPPIO DELLE OSTILITÀ ACCORSERO A FIANCO DEI


PIEMONTESI VOLONTARI DA OGNI PARTE D’ITALIA

Lo smacco di “re Tentenna” Nuova specialità

D
Il corpo dei bersaglieri ebbe il suo
opo la vittoria di ma i militari non sapevano Poi Carlo Alberto, malgrado battesimo del fuoco l’8 aprile 1848,
Goito e la conquista come ottenerla e rimasero la superba resistenza fin lì nella Battaglia del ponte di Goito.
di Peschiera l’inizia- ancora una volta in attesa. condotta dalle sue truppe,
tiva era completamente Radetzky ne approfittò per ordinò la ritirata generale.
in mano ai piemontesi, ma riconquistare Vicenza, che I piemontesi non avevano
Carlo Alberto e il suo Stato cadde dopo la strenua re- subito grosse perdite, ma
maggiore continuarono sistenza di Durando e della al re, caduto in preda allo
a mostrarsi indecisi. La divisione romana. Poi anche sconforto, la situazione era
lontananza dalle basi di ri- Padova, Treviso, Mestre e sembrata irreparabile. Fuo-
fornimento e l’ordine di non gran parte del Veneto tor- ri Milano si tentò un’ultima
razziare il territorio amico narono in mano austriaca. resistenza, che fallì a causa
misero inoltre l’esercito in L’affondo decisivo. Il 23 dei soliti errori strategici
una grave crisi logistica. luglio iniziò la grande of- dei comandi piemontesi. Il
La mediazione inglese, che fensiva del feldmaresciallo: 9 agosto il generale Salasco
aveva strappato all’Austria 50 mila uomini con 183 firmò con gli austriaci un
l’assenso alla cessione della cannoni si avventarono sui armistizio che prevedeva il
Lombardia al Piemonte, piemontesi tra Sona e Som- ripiegamento dell’esercito
venne tuttavia rifiutata: To- macampagna. L’attacco piemontese oltre il
rino credeva che anche per continuò verso il Mincio e i Ticino.
l’annessione del Veneto fos- combattimenti si protrasse-
se solo questione di tempo. ro fino a tutto il 25 luglio tra
Serviva un’altra vittoria, Custoza e Villafranca.
DOPO LA VITTORIA DI GOITO CARLO ALBERTO ESITÒ
SUL DA FARSI. E RADETZKY PASSÒ AL CONTRATTACCO
cacemente i cannoni piemontesi. Gli austriaci avanzavano mol-
to lentamente lungo il Mincio, anche perché Bava aveva sposta-
to un battaglione e quattro cannoni sulla riva sinistra del fiume
per prenderli d’infilata: cinque assalti consecutivi vennero co-
sì respinti. Più risoluto risultò l’assalto delle brigate austriache
Wohlgemuth e Strassoldo contro l’ala destra dell’esercito sardo:
la prima linea difensiva piemontese vacillò e alcuni battaglioni
della Cuneo cominciarono a ripiegare. Gli austriaci s’impadroni-
rono delle prime case della frazione di Cerlongo, ma la seconda
linea sarda contrattaccò sostenuta efficacemente dall’artiglieria.
Un ulteriore assalto di nuove truppe austriache venne bloccato
dalla Brigata Aosta, in aiuto della quale intervennero il Genova
e il Nizza Cavalleria, interrompendo con una carica il tentativo
di aggiramento di Radetzky.
La spallata. È a quel punto che iniziò il vero contrattacco
piemontese: Vittorio Emanuele, duca di Savoia ed erede al tro-
no, guidò personalmente l’attacco della Brigata Guardie e della
Cuneo, che nel frattempo si era riorganizzata. Investì il cen-
tro e la sinistra dello schieramento austriaco, facendoli in-
dietreggiare, e nello scontro rimase anche leggermente
ferito. Radetzky, non avendo notizie del suo II corpo
d’armata, che avrebbe dovuto compiere una mano-
vra avvolgente sulla sinistra del nemico, ordinò al-
le sue truppe l’arretramento, che due cariche di ca-
valleria piemontese trasformarono in una precipitosa
ritirata. Alle 19 la battaglia era finita: gli austriaci avevano per-
Supporto di fuoco so circa 600 uomini tra morti e feriti, e il piano di Radetzky era
Un pezzo d’artiglieria al traino fallito. Al momento dell’ultimo contrattacco, la notizia che Pe-
in un quadro sulla Battaglia schiera era caduta si sparse sui campi di Goito: la truppa gridò
di Pastrengo (30 aprile 1848). “Viva il re!”, ma qualcuno corresse “Viva il re d’Italia!”. d
Marco Lucchetti

La seconda parte della campagna

L’
armistizio Salasco pro- to napoleonico e combattuto no alla Bicocca, Villa Visconti
vocò in tutta Italia gros- durante l’insurrezione polac- e Cavallotta. I combattimenti
si contraccolpi: in breve ca del 1830. furono durissimi e i soldati
tempo l’ordine costituito Contropiede. Il 12 marzo 1849 piemontesi si batterono
venne ripristinato nel Regno il Piemonte ruppe la tregua valorosamente, nonostante
delle due Sicilie, in Toscana con l’Austria e il 20 ripresero l’incapacità dei propri co-
e in Lombardia. Ma a Torino le ostilità. Ma mentre il co- mandanti (solo il duca di Ge-
si chiedeva invece la ripresa mando piemontese si perde- nova, secondogenito del re,
delle ostilità. Mentre si va in una nebulosa strategia si dimostrò all’altezza). Ma
succedevano senza efficacia difensiva, Radetzky attraver- verso sera iniziò la ritirata
numerosi governi, l’esercito sò subito il Ticino all’altezza seguita dalla richiesta
era impegnato a cercare un di Pavia. Non incontrò alcuna di un armistizio. Carlo
nuovo capo di Stato maggio- resistenza perché il generale Alberto, dopo avere
re che fosse in grado non solo Ramorino e la sua divisione, cercato inutilmente
di supplire alle carenze di nonostante gli ordini ricevu- la morte sul campo
comando del re ma anche di ti, erano dislocati sulla riva di battaglia,
impostare una strategia vin- sbagliata del Po, quella meri- abdicò in favore
cente in vista della prossima dionale (Ramorino fu proces- del figlio Vittorio
guerra. Non trovandolo né in sato e fucilato per questo). Emanuele II e Facevano così
Italia né in Francia, la scelta Il feldmaresciallo, informato partì per l’esilio.
cadde su un ufficiale polacco, che l’esercito piemontese era La guerra era A metà Ottocento i
Wojciech Chrzanowski, co- schierato davanti a Novara, davvero finita: cannoni si caricavano
mandante di poche qualità, il 23 puntò deciso su di esso, resistevano solo dal davanti, spingendo
che aveva servito nell’eserci- assalendo le posizioni intor- Roma e Venezia. poi sul fondo polvere
da sparo e palla.

28 S
Impero Esercito piemontese
1a GUERRA
d’Austria Esercito austriaco Riva del
Lombardo-Veneto Garda D’INDIPENDENZA
Battaglie Rovereto
Regno di
UN’OCCASIONE
Sardegna Ducato Dopo le Cinque giornate
di Parma MANCATA Bergamo di Milano (18-22 marzo
Ducato
Granducato di Modena 1848) l’esercito sabaudo
di Toscana Brescia
La Prima guerra d’indipendenza fu combattuta tra Magenta Milano Pastrengo entrò in Lombardia e
Stato Novara Verona
il Regno di Sardegna e l’Impero austriaco sulla scia Peschiera Sommacampagna
proseguì verso il Mincio,
della Crema
Chiesa delle insurrezioni che nel 1848 incendiarono molte Custoza Villafranca sconfiggendo gli austriaci
Mortara
città della Penisola. La regione contesa e teatro della Goito
a Pastrengo e a Goito. La
Regno delle risposta asburgica arrivò
Due Sicilie guerra stessa fu il Lombardo-Veneto che, nonostante Pavia Montanara Mantova con l’offensiva di Custoza
Cremona Mi
Curtatone ncio
il sacrificio dei patrioti italiani, ritornò nel 1849 Piacenza e la vittoria di Milano.
in mano all’Austria. F Rientrati nei confini
G H B nazionali, l’anno dopo
E C
D i piemontesi dovettero
A subire a loro volta l’inva-
Mortaio piemontese da
sione fino alla sconfitta di
Così appariva l’Italia BAVA 270 mm. I mortai sono
VITTORIO EMANUELE Novara, che ai Savoia co-
prerisorgimentale. 6 pezzi d’artiglieria a canna
stò l’abdicazione di Carlo
Ci vollero 70 anni corta, caratterizzati da una
Alberto a favore del figlio
per chiudere la traiettoria di tiro molto
Vittorio Emanuele II.
partita con curva che consente di far
l’Austria che si 1 cadere le bombe quasi
3 verticalmente sul
aprì nel 1848 con BENEDEK
la Prima guerra Mi bersaglio.
4 nci
o
d’indipendenza.
WOHLGEMUTH

5 1 km
2
RADETZKY 0 

PIEMONTESI LA BATTAGLIA DI GOITO (30/5/1848) AUSTRIACI


19.000 uomini 1 Il generale piemontese Eusebio Bava ha di- 4 L’ala sinistra del generale Wohlgemuth 16.000 uomini
⍟ 56 cannoni ⍟ 42 cannoni
⍟ 296 morti e feriti sposto le sue truppe in posizione difensiva su un giunge invece a ridosso della Brigata Cu- ⍟ 560 morti e feriti
fronte di due chilometri: in prima linea il Batta- neo ( C ). La prima linea piemontese vacilla,
Soldato del Reggi- glione napoletano Abruzzi ( A ), l’11° rgt. Casa- ma subentra la Brigata Aosta ( E ) che ricac- Feldwebel (sergente
mento “Nizza Caval- le ( B ) e la Brigata Cuneo ( C ); in seconda linea cia indietro gli austriaci. maggiore) della fanteria
leria” in tenuta di ungherese. Nell’esercito
marcia. L’elmo di ferro
la Brigata Guardie ( D ), la Brigata Aosta ( E ) e la 5 A quel punto Vittorio Emanuele di Savoia
asburgico erano particolar-
sormontato dal cimiero Brigata Aqui ( F ); in terza linea i reggimenti di parte al contrattacco con la Brigata Guardie mente numerosi i militari
in ottone era uguale cavalleria Genova e Savoia ( G ) e Nizza ( H ). ( D ) investendo il fianco sinistro nemico. Non provenienti da reggimen-
per tutti i reggimenti 2 Intorno alle 15:30 il I corpo d’armata austriaco vedendo sopraggiungere il II corpo d’armata, ti reclutati nei territori
della cavalleria di linea di Radetzky entra a contatto con i piemontesi. che avrebbe dovuto compiere una manovra a del Regno d’Ungheria.
sabauda (Nizza, Piemon- 3 L’ala destra austriaca, condotta dal generale Gli ungheresi erano ri-
te, Savoia e Genova) e tenaglia da ovest, Radetzky ordina di ripiegare. conoscibili dai pantaloni
rimase in uso per tutte le Benedek, avanza a fatica lungo il Mincio, rallen- 6 La cavalleria piemontese ( G , H ) carica e met- aderenti con il tradizionale
guerre d’indipendenza. tata dal tiro dell’artiglieria piemontese. te in fuga le truppe austriache. ricamo giallo-nero.
LE BATTAGLIE PER L’UNITÀ
LA DIFESA DI ROMA

CONDENSATO
DI EROI

L’eroe in sella
Garibaldi (in alto,
a cavallo) guida i
suoi uomini contro
i francesi a Porta
San Pancrazio. Sullo
sfondo, il cupolone
di San Pietro.

30 S
NELLA CORAGGIOSA DIFESA DELLA REPUBBLICA ROMANA
DEL 1849 CONFLUÌ LA GRAN PARTE DEI PROTAGONISTI
DEL LUNGO CAMMINO CHE CONDUSSE ALL’UNITÀ D’ITALIA

T
utto ebbe inizio con l’assassinio Secondi fini. Ufficialmente il comandan-
di Pellegrino Rossi, primo mini- te transalpino affermava di voler solo evita-
stro del governo pontificio. Era il re l’intervento austro-napoletano, ma i ro-
15 novembre 1848. Pochi giorni mani non avevano alcuna intenzione di far-
dopo, papa Pio IX scappava a Gaeta lascian- lo entrare in città. La Repubblica, guidata da
do campo libero ai democratici, che si affret- un triumvirato formato da Giuseppe Mazzi-
tarono a proclamare la repubblica. Ma l’anno ni, Aurelio Saffi e Carlo Armellini, e da un’As-
seguente, il progressivo riflusso delle istanze semblea costituente presieduta dal cugino del
rivoluzionarie e la definitiva sconfitta del Re- presidente francese, Carlo Bonaparte, si pre-
gno di Sardegna nella guerra contro l’Austria parò pertanto allo scontro, mettendo in cam-
(v. articolo a pag. 24) fecero sì che Roma si po un esercito di tutto rispetto: 12 battaglioni
trovasse isolata di fronte alle grandi potenze, di guardia nazionale e uno universitario, a cui
intenzionate a riportare il papa al suo posto. si aggiungevano circa 10 mila regolari ponti-
Dei tre possibili e più immediati avversari – Nicolas Charles Victor Oudinot, fici. Poi c’erano anche i tanti volontari giunti
Austria, Regno di Napoli e Francia – a muo- capo della spedizione francese. in città per contribuire alla sua difesa, perfino
versi per prima, paradossalmente, fu la Re- da Paesi stranieri e dalla stessa Francia. Tra
pubblica francese, presieduta da quel Luigi Napoleone che in tutti spiccavano i 1.200 legionari condotti da Garibaldi e i 600
gioventù era stato tra i protagonisti dei moti democratici scop- bersaglieri al comando di Luciano Manara, giovane eroe delle
piati proprio nella città eterna. Contro la città mosse quindi un Cinque giornate di Milano (v. riquadro a pag. 32).
contingente di 16 mila soldati, denominato “Corpo di spedi- Sottovalutati. Le forze vennero suddivise in 4 brigate con
zione del Mediterraneo”, al comando del generale Nicolas a capo, rispettivamente, Garibaldi, Masi, Savini e Galletti.
Charles Victor Oudinot, ex ufficiale napoleonico. Il ministro della Guerra era il generale Giuseppe Avez-
zana, già protagonista dell’insurrezione di Genova,
Gaeta Città fortificata sulla costa meridionale del Lazio, entro il suo capo di Stato maggiore Carlo Pisacane, ex uf-
i confini del Regno delle Due Sicilie. ficiale dell’esercito borbonico. ▸
Luigi Napoleone Nipote di Napoleone Bonaparte, nel 1848 fu
eletto presidente della Seconda Repubblica francese, alla quale Carlo Pisacane Otto anni dopo i fatti di Roma, sbarcherà a Sapri
pose termine nel 1851 assumendo poteri dittatoriali, fino a essere (Sa) con 300 compagni, sperando di sollevare la popolazione del Sud
proclamato, l’anno dopo, imperatore con il nome di Napoleone III. contro i Borbone. Accolto invece ostilmente, morirà combattendo.

Moderni triumviri
Da sinistra: Carlo Armellini, Giuseppe
Mazzini e Aurelio Saffi, alla guida
della Repubblica romana dal 29 marzo
al 1° luglio 1849.
L’insurrezione palermitana Le Cinque giornate di Milano

I L
l ’48 ebbe inizio nomi come Rosolino inizio la sanguinosa a rivolta di Mi- Sforzesco. Sotto il l’arrivo dei piemon-
a Palermo, il 12 Pilo e Giacinto Carini. riconquista dell’isola lano, iniziata il coordinamento di un tesi, decise infine di
gennaio, quando Il 27 i borbonici, da parte dei Borbone 18 marzo 1848, Consiglio di guerra, ritirarsi la sera del 22,
il popolo si sollevò fallito un tentativo di (v. riquadro su Mes- aprì di fatto la Prima presieduto da Carlo incalzato dagli insor-
reclamando, come compromesso con la sina a pag. 36). Il 15 guerra d’indipen- Cattaneo, le vie di ti e ostacolato dalla
già in occasione concessione parziale maggio 1849 cadde denza. Gli insorti Milano si riempirono pioggia battente.
del fallito moto del dell’autonomia, furo- anche Palermo e, con ottennero subito di barricate. Nei com- Riconquistata. Gli
1820, la Costituzione no costretti a ritirarsi la capitale, il sogno di dal vicegovernatore battimenti si distinse austriaci faranno
e l’autonomia dai dapprima da Paler- uno Stato autonomo. austriaco la costitu- il giovane Luciano ritorno il 4 agosto.
Borbone di Napoli. mo, poi dall’intera Si- Martoriata. Palermo zione di una guardia Manara, protagoni- L’arrendevolezza dei
Tre giorni dopo lo cilia, che si proclamò subirà nella sua civica, ma dovevano sta della conquista di comandi piemontesi
scoppio della rivolta, indipendente sotto il storia risorgimentale ancora fare i conti Porta Tosa (da allora rese infatti vana la
arrivò una squadra governo del patriota altri due assalti e con la determinazio- rinominata Porta volontà di resistenza
navale napoletana, Ruggero Settimo, altrettanti bombar- ne del suo superiore, Vittoria) che permise della popolazione,
ma il contingente da ex ammiraglio della damenti, l’ultimo il feldmaresciallo alla città di ricevere e Radetzky poté
sbarco venne respin- flotta borbonica. dei quali nel 1866, a Radetzky, ben asser- aiuti dall’esterno. rientrare in possesso
to dagli insorti, tra Parentesi. Già in set- opera del piemontese ragliato con le sue Radetzky, timoroso di della città dopo blan-
i quali si distinsero tembre, però, ebbe Raffaele Cadorna. truppe nel Castello essere sorpreso dal- di combattimenti.

SONO MOLTE LE CITTÀ CHE SI SOLLEVARONO NEL 1848-49. MA POI


È Repubblica! Oudinot sbarcò a Civitavecchia, a nord di Ro-
La proclamazione della ma, il 24 aprile 1849 e, forte della convinzione
Repubblica romana che “gli italiani non si battono”, ritenne suffi-
in Campidoglio, ciente mandare contro la città meno della me-
il 9 febbraio 1849. tà del proprio esercito. I francesi attaccarono le
mura il 30 aprile in piena mattinata, sottovalu-
tando ampiamente le difese degli avversa-
ri, che li respinsero con facilità. Garibal-
di, anzi, si sentì talmente incoraggia-
to da condurre i suoi al contrattac-
Pellegrino Rossi,
co, proprio quando i transalpini si
primo ministro del
stavano ritirando. Dopo un primo governo pontificio,
momento di difficoltà, dovuto alla assassinato dai
superiorità numerica del nemico, gli rivoluzionari.
italiani prevalsero, infliggendo ai francesi un
migliaio di perdite tra morti, feriti e prigionieri.
La vittoria provocò grande entusiasmo tra le
file dei repubblicani, e indusse alla cautela i
transalpini, che ripresero gli approcci diplo-
matici tramite Ferdinand de Lesseps, futuro co-
struttore del Canale di Suez. Intanto il resto
dello Stato pontificio era caduto in mano
austriaca, mentre altri volontari con-
tinuavano ad affluire a Roma, come la
legione di Giacomo Medici, composta
da circa 300 studenti e cadetti di fa-
miglie nobili o benestanti lombar-
de. Ma verso la città, dal Meridio-
ne, marciava anche un esercito
borbonico.
Senza freno. Contro i napo-
letani Garibaldi condusse subi-
to una colonna di 2.300 uomini,
ma un primo scontro, il 9 mag-
gio a Palestrina, si rivelò inter-
I soldati del papa
locutorio. La Repubblica de-
Le diverse specialità dell’esercito
pontificio. In alto a sinistra, un
cise allora per un’azione più
fucile di fabbricazione belga in massiccia, mettendo a dispo-
dotazione negli anni 1840-50. sizione di Garibaldi e del suo ▸

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La resistenza di Vicenza

L
a città veneta si (v. riquadro a pag. 27), in
liberò delle truppe giugno Radetzky poté
austriache il 25 destinare contro Vicen-
marzo 1848, e presto za ben 30 mila uomini.
divenne il perno della Sanguinoso. L’attacco
resistenza nella regio- scattò alle 3 del matti-
ne. Entro le sue mura no del 10, e gli 11 mila
confluirono migliaia difensori, al comando
di volontari da tutta la dell’ex generale ponti-
Penisola, giusto in tem- ficio Giovanni Durando,
po per fronteggiare, resistettero fino a sera,
il 20 maggio, il primo quando doverono arren-
assalto austriaco. Fino dersi. In una sola gior-
al 24 la difesa frustrò i nata gli italiani avevano
tentativi nemici ma poi, avuto 293 morti e 1.665
complice l’inazione del feriti: più che in qualsia-
Regno di Sardegna do- si altra battaglia della
po la Battaglia di Goito guerra d’indipendenza.

CAPITOLARONO TUTTE
In difesa del Vascello
Una fase della difesa, all’alba
del 3 giugno, di Villa Givaud,
chiamata “il Vascello” per via
della sua forma, simile alla
prua di una nave.

S 33
LA BATTAGLIA DEL 3 GIUGNO SUL GIANICOLO DURÒ
ININTERROTTAMENTE 16 ORE, CON INGENTI PERDITE

Pistola... affilata
Una particolare rivoltella
con canna quadrata e coltello,
in uso ai garibaldini.

Bologna e la sua
“santa plebaglia”

A
ll’inizio dell’agosto 1848
le incursioni austriache in
territorio pontificio, accen-
tuatesi dopo la vittoria di Custoza
(v. articolo a pag. 24), indussero
le autorità di Bologna, timorose
di rappresaglie, a sgombrare la
città dalle truppe, ordinando che
nessuno si opponesse all’avanzata
del generale Welden. Ma l’8 ago-
sto, quando un ufficiale austriaco
entrò in un caffè e chiese ironica-
mente un “caffè tricolore”, scop-
piarono disordini. Le autorità si
affrettarono a fare ammenda, ma
la popolazione reagì, disponen-
dosi alla resistenza. Dopo quattro
ore di accaniti combattimenti, la
“santa plebaglia”, come la definirà
Carducci, costrinse Welden ad
abbandonare il campo.

Le ville assediate
L’assalto italiano a Villa Corsini,
una delle ville gianicolensi
perse e riprese più volte
durante gli scontri del 3 giugno.
Sotto, i combattimenti dell’11
giugno presso l’acquedotto
di fronte a Villa Pamphili.
diretto superiore, Pietro Roselli, ben 11 mila uomini. Lo scon-
tro di Velletri, che l’Eroe dei due mondi (promosso ora gene-
rale di divisione) condusse a dispetto delle disposizioni di Ro-
selli, fu anch’esso tutt’altro che risolutivo, ma se non altro pro-
vocò la definitiva ritirata dell’esercito nemico, condotto dal re
Ferdinando II in persona.
Giusto in tempo. I francesi avevano di nuovo rotto indugi e
trattative e Oudinot, forte ormai di 30 mila uomini e 75 bocche
da fuoco, si preparava a un nuovo attacco. Il generale francese,
anzi, annunciò l’azione per il 4 giugno, ma poi iniziò ad avan-
zare contro le mura gianicolensi la notte tra il 2 e il 3. Il suo as-
salto sorprese i difensori di Villa Pamphili, che sgombrarono le ra e, oltretutto, controllando il Tevere a nord e a sud poneva-
posizioni cadendo in parte prigionieri. Al termine della gior- no di fatto un blocco alla città. Tra i 110 caduti italiani figura-
nata, i francesi erano saldamente insediati a ridosso delle mu- vano i nomi di Enrico Dandolo, compagno di Manara, France-
sco Daverio, garibaldino della prima ora, e Goffredo Mameli,
Mura gianicolensi Opera muraria fatta erigere nel 1643 da papa Urbano VIII a autore delle parole di quello che sarà l’inno italiano, morto di
maggior protezione del settore occidentale di Roma, dov’era il colle Gianicolo. cancrena due giorni dopo per una ferita alla gamba. ▸

34 S www.focusstoria.it
DUCATO Venezia Trieste
DI PARMA L’ASSEDIO DI
Parma
Milano Brescia DUCATO Bologna
Torino DI MODENA Modena
Vicenza
FIAMMATE DI LIBERTÀ ROMA DEL 1849
Parma Venezia GRANDUCATO Genova Ravenna
Genova DI TOSCANA I primi tentativi controrivo-
Modena Bologna Tra le molte città che insorsero nel 1848, le esperienze
STATO DELLA Nizza luzionari furono fermati dai
Firenze CHIESA di autogoverno più longeve furono quelle di Venezia
Livorno REGNO DI Firenze repubblicani al comando
SARDEGNA e di Roma. Nonostante l’entusiasmo dei partecipanti, Francesi di Garibaldi, che sconfisse
REGNO DELLE Austriaci
DUE SICILIE nel 1849 il vento cambiò e i francesi abbatterono la i francesi davanti a Roma
INSURREZIONI
Borbonici
Roma Repubblica romana, mentre gli austriaci presero Fuga di
e i borbonici a Palestrina.
Venezia per fame. Garibaldi Ma alla fine Roma dovette
Napoli Roma capitolare, e Garibaldi con
4 mila volontari tentò di
E raggiungere Venezia, che
B ancora resisteva. Braccato,
Messina
Palermo Reggio si consegnò ai Savoia.
A

2
Il 12 gennaio 1848 F
DIFESA DELLA REPUBBLICA ROMANA
insorse Palermo,
il 29 Ferdinando II 3 7 1 I francesi attaccano nella zona delle ville del
D
dovette promulga- 1 6
Gianicolo alle 3 del mattino del 3 giugno 1849.
re la Costituzione; C 2 I superstiti dell’attacco francese al presidio
il 15 febbraio fu la avanzato di Villa Pamphili si asserragliano al
Toscana a concedere BENEDEK Vascello ( A ), edificio a tre piani cinto da mura.
uno Statuto, seguita il 3 Garibaldi ferma l’avanzata dei francesi a Por-
4 marzo dal Regno di
Sardegna; il 22 marzo WOHLGEMUTH ta San Pancrazio ( B ).
a Venezia si instaurò la 5 4 Comincia l’assedio duro. I francesi con-
Repubblica di San Mar- solidano le loro posizioni a ridosso delle mu-
co e lo stesso giorno i
ra gianicolensi ( C ) posizionando l’artiglieria,
milanesi cacciarono gli
austriaci. Il 24 novembre che in pochi giorni apre otto brecce intorno
il papa fuggì a Gaeta 4 m alla porta.
200
e il 9 febbraio del 5 La notte tra 21 e 22 giugno i francesi var-
1849 nacque la Re- cano le brecce e costringono i difensori
pubblica romana. 0 
ad arretrare dietro le mura aureliane ( D ).
6 Il 30 scatta l’attacco generale dal bastione
Cannoniere del sinistro di Porta San Pancrazio.
corpo di arti- 7 I difensori sono costretti ad arretrare ulte-
glieria a cavallo Soldato volontario del riormente su Villa Spada ( E ) e al Pino ( F ) do-
pontificia in gran Battaglione universitario ve tentano una resistenza disperata fino alla ca-
tenuta. Questo romano. I moltissimi pitolazione del 1° luglio.
reggimento pon- giovani che da tutta
tificio passò agli Italia accorsero a Roma
ordini della Re- per difendere la repub- REPUBBLICANI FRANCESI
pubblica romana Barricate. Erano l’elemento difensivo per ec- blica erano variamente In tutto circa 19.000 uomini, Corpo di spedizione del
conservando la cellenza nelle rivolte ottocentesche: costruite armati ed equipag- tra cui: ⍟ 12 battaglioni di Mediterraneo, composto
divisa papalina con materiali di fortuna, servivano per chiu- giati. La foggia guardia nazionale da: ⍟ 30.000 fanti
nella sua inte- dere spazi esigui, come le strette vie urbane. delle divise era ⍟ 1 battaglione universitario ⍟ 4.000 cavalieri
rezza, a eccezione Materiale vario veniva gettato dalle finestre spesso eccentrica ⍟ 10.000 soldati dell’ex ⍟ 75 cannoni
della coccarda sul e accatastato. Mobili, materassi di paglia, e personale, come esercito pontificio ⍟ 1.200
kepì, che divenne carrozze e botti, da cui deriva il termine stesso il copricapo da cac- legionari garibaldini ⍟ 600
tricolore. (dal francese barriques, botti). ciatore del disegno. bersaglieri di Manara
I TRIUMVIRI SI DIMISERO APPENA PRIMA CHE LA REPUBBLICA
La Repubblica di Venezia Lotta senza quartiere a Messina

L
a città lagunare
si liberò degli oc-
cupanti in modo
incruento il 22 marzo
affidato al prestigio-
so generale napole-
tano Guglielmo Pepe.
Sotto le bombe. Il
si spostò sul ponte
retrostante, dove la
determinazione degli
insorti rese celebre la
Q uando i Borbo-
ne, incoraggia-
ti dai successi
austriaci, decisero
letani si concentrò
lungo il settore meri-
dionale, e l’avanzata
fu condotta dai mer-
azione di sfondamen-
to, e i messinesi che
non caddero sotto il
fuoco nemico prefe-
1848, eleggendo un blocco austriaco si “batteria di Sant’An- di riconquistare la cenari svizzeri, che si rirono suicidarsi che
governo provvisorio trasformò in duro tonio”. Malgrado ciò, Sicilia, partirono da resero responsabili arrendersi. La sera
con a capo l’avvocato assedio solo dopo la il costante bombar- Messina, della cui cit- di devastazioni e vio- del 7 Messina era un
Daniele Manin. Gli rotta piemontese di damento sulla città tadella avevano con- lenze di ogni sorta. immenso rogo. Gli
austriaci ricomincia- Novara del 23 marzo (effettuato perfino servato il possesso. Ma la difesa tenne, stessi inglesi, che
rono a interessarsi 1849 e la conclusione con bombe appese a Ai 4 mila uomini della obbligando il nemico assistettero al mas-
di Venezia solo dopo della guerra. Dalla palloni aerostatici), guarnigione si ag- alla ritirata. sacro, dichiararono
aver recuperato Vi- fine di aprile vi ven- la fame e la diffusione giunsero i 20 mila del A ferro e fuoco. La che non era possibile
cenza, in giugno, ma nero destinati 30 mila del colera fiaccarono corpo di spedizione vittoria fu però mo- conoscere il numero
nel frattempo nella uomini, che sotto- progressivamente la al comando del gene- mentanea. A partire di persone arse vive
città erano affluiti posero a cannoneg- resistenza dei vene- rale Carlo Filangieri, dal 4, Filangieri bom- o fucilate dai regi.
ben 21 mila uomini giamento la difesa ziani: dopo aver visto che un’ingente flotta bardò ininterrotta- Un bombardamento
e la flotta sarda ne avanzata del forte di cadere sull’abitato 23 aveva trasportato mente la città, prima cruento che valse
presidiava il fronte Marghera. Caduto mila palle di cannone, davanti alla città il di lanciare, due giorni a re Ferdinando II
marittimo, mentre il caposaldo a fine il 22 agosto Manin fir- 2 settembre 1848. dopo, l’attacco finale. il nomignolo di “re
quello terrestre era maggio, la resistenza mò la capitolazione. L’assalto dei napo- La sua fu una brutale Bomba”.

Adesso i francesi avevano i cannoni ben piazzati. Il loro bom-


Assalto finale bardamento ebbe inizio il 13 giugno, provocando ingenti dan-
Gli scontri del 30 giugno ni alle mura gianicolensi e costringendo i difensori ad arretra-
a Villa Spada. Tra i caduti re dietro le meno robuste mura aureliane. Gli assedianti taglia-
anche Luciano Manara
ed Emilio Morosini. rono anche gli acquedotti, ma la popolazione, pur ridotta alla
fame e alla sete, non si arrendeva e, anzi, nuove forze affluiva-
no nelle cosiddette Squadre dei sette colli. Ma non c’era modo
di resistere al nuovo attacco generale scatenato da Oudinot alle
2 del mattino del 30 giugno. I francesi irruppero dal Gianicolo
mettendo in fuga i resti della Legione Medici e spazzando via
qualunque opposizione. A mezzogiorno, quando si stabilì una
tregua per raccogliere i morti, tra i 400
caduti italiani c’era anche Luciano Ma-
nara. All’Assemblea non restò che deli-
berare la capitolazione, lasciando che i
francesi occupassero la città il 3 luglio.
Lasciati liberi. I transalpini, tutta-
Tra i primi caduti via, permisero ai protagonisti della dife-
Il patriota e scrittore Goffredo sa di Roma di partire indisturbati: Maz- 120.000.000
Mameli (sotto): morì di cancrena zini poté perfino permettersi di rima- È il valore, in scudi
per una ferita a una gamba. nere entro le mura fino al 12. Molti però d’argento, dei beni
ecclesiastici nazionalizzati
erano ricercati dagli austriaci, a comin- dalla Repubblica romana
ciare dallo stesso Garibaldi, che riuscì a per sostenere le spese
mettersi in salvo dopo molte peripezie militari, pari a 645 milioni
e dopo aver perso la moglie Anita pres- di lire al cambio del 1866.
so Ravenna. Non così il cappellano del-
le truppe pontificie, Ugo Bassi, e Angelo Brunetti, detto Cice-
ruacchio, con il figlioletto tredicenne, tutti catturati e fucilati.
Per loro non sarebbero più valse le parole dell’ultimo procla-
ma emesso dall’Assemblea costituente, subito dopo la caduta
della città: “D’ora innanzi non potranno più calunniarvi altri
popoli e non potranno dire che Roma non conserva più dell’an-
tico fuorché i monumenti e le rovine; voi risponderete additan-
Catturato in fuga do, con altera fierezza, le nuove rovine”. d
Andrea Frediani
Angelo Brunetti (sopra), detto
Ciceruacchio, fuggito da Roma
fu ucciso dagli austriaci. Mura aureliane Cinta difensiva risalente all’imperatore Aureliano, 270-275 d. C.

36 S www.focusstoria.it
CADESSE, PER NON DOVER FIRMARE LA RESA
Le Dieci giornate di Brescia

L
a mattina del contro la guarnigione tata da false notizie
23 marzo 1849, del castello. Al suo di una resistenza
poco prima che esterno un prete piemontese al fronte,
l’esercito piemontese patriota, don Pietro ma intanto le truppe
fosse sbaragliato a Boifava, sosteneva austriache continua-
Novara, la popolazio- l’insurrezione con i vano ad aumentare.
ne bresciana rispose suoi uomini, e allora Il feldmaresciallo
alla richiesta austria- gli austriaci presero Haynau minacciò un
ca di pagamento di a bombardare la saccheggio indiscri-
una multa insorgen- città. Dal 26, una minato se la città non
do al grido di “Non consistente colonna si fosse arresa; cio-
oro ma piombo!”. di soccorso tentò di nonostante, dovette
I ribelli si munirono di aprirsi un varco nelle combattere casa per
randelli prelevando difese per riunirsi al casa fino al 1° aprile
legna da ardere dai presidio, ma gli insor- per avere ragione
carretti, sottrassero ti contrattaccarono degli insorti. Manter-
l’equipaggiamento più volte, guidati dal- rà la sua promessa,
ai soldati feriti nel- l’irruento Tito Speri. guadagnandosi il
l’Ospedale maggiore, Saccheggiata. La re- soprannome di “iena
ma nulla poterono sistenza era alimen- di Brescia”.

L’amaro epilogo
L’assalto finale dei
fanti francesi a
Roma, che capitolerà
il 1° luglio 1849.
LE BATTAGLIE PER L’UNITÀ
SOLFERINO E SAN MARTINO

LO SCONTRO DECISIVO DELLA SECONDA GUERRA


D’INDIPENDENZA ITALIANA (1859) FU UNA CARNEFICINA.
DOVUTA ANCHE ALL’USO DI ARMI DI NUOVA CONCEZIONE

UOMINI
AL MACELLO
E
ra piovuto in abbondanza, la sera del 24 giugno 1859, Vittorio Emanuele II), circa 250 mila soldati in tutto, ben 39 mi-
sulle campagne fra il Lago di Garda e Mantova, ma la la dei quali sarebbero morti, feriti gravemente o dispersi.
mattina seguente, umida e afosa, nelle pozze e nei ri- Le premesse. E dire che la battaglia era iniziata quasi per sba-
gagnoli scorreva più sangue che acqua. I raggi del pri- glio. In quei giorni, infatti, gli eserciti erano in pieno movimen-
mo sole scioglievano i vapori e illuminavano il massacro: morti to. Quello austriaco, per volere del suo comandante, il feld-
ovunque, a migliaia, feriti sventrati dalle baionette e dalla mi- maresciallo Ferencz Gyulai, dopo una serie di sconfitte subite
traglia o con gli arti spezzati dal passaggio delle ruote dei pez- fra maggio e giugno – Montebel-
zi d’artiglieria, corpi spogliati e depredati dagli sciacalli. L’aria lo, Vinzaglio, Palestro, Confien-
era irrespirabile a causa dei cadaveri che cominciavano a de- za, Magenta – e dopo che i fran-
comporsi e per le piaghe infette dei moribondi. Dialetti e lin- co-piemontesi erano entrati a Mi-
gue si sovrapponevano in lamenti e grida: italiano, piemonte- lano l’8 giugno, si era ritirato ol-
se, algerino, croato, austriaco, ungherese, francese... Intorno, tre il fiume Mincio, emissario del
come fantasmi, altre migliaia di uomini e donne, nobili e con- Lago di Garda. Una sorta di con-
tadini, militari e suore, si muovevano smarriti, per prestare in fine naturale: lì, all’interno del ce- 15
qualche modo soccorso. Ogni veicolo che avesse ruote era sta- lebre quadrilatero di fortezze au- Sono le persone che si
riteneva potesse trapassare
to trasformato in ambulanza. Nelle città vicine tutti gli ospe- stroungariche (Peschiera, Man- una pallottola Minié
dali si erano riempiti già durante la notte, e i sopravvissuti ve- tova, Legnago, Verona) avrebbe sparata a corta distanza. Il
nivano adesso portati in case private, castelli, conventi. A quel atteso il nemico. Ma la strategia suo impatto era molto più
tempo Brescia aveva 40 mila abitanti, ma in poche ore erano di Gyulai aveva i giorni contati; a devastante delle pallottole
già diventati più di 60 mila, se si contavano i feriti arrivati dal- Vienna l’indignazione per il nega- full metal jacket del ’900.
le campagne: solo all’interno del duomo ne erano stati ricove- tivo andamento del conflitto era
rati più di mille. altissima, e il malcontento popolare avrebbe presto spinto il
Il giorno precedente, 24 giugno, dall’alba al tramonto, sen- giovane imperatore Francesco Giuseppe ad assumere diretta-
za un attimo di tregua, a Castiglione delle Stiviere, Cavriana, mente il comando delle operazioni. Primo ordine: attraversare
Desenzano, Guidizzolo, Lonato, Medole, Pozzolengo, Volta nuovamente il Mincio e tornare a ovest, fino a occupare le colli-
Mantovana... ma soprattutto a Solferino e a San Martino, si era ne moreniche a sud del Lago di Garda, e attendere lì l’eserci-
combattuta una delle più spietate battaglie dell’intero Ottocen- to avversario. ▸
to, quella che avrebbe di fatto concluso la Seconda guerra d’in-
dipendenza italiana: tre eserciti (francese, piemontese, austria- Colline moreniche Rilievi formatisi in tempi geologici dall’accumulo dei detriti
co), tre sovrani (Napoleone III, Francesco Giuseppe d’Austria, di un ghiacciaio nel suo scorrimento verso valle.

L’arte si fa cronaca
L’ingresso a Solferino dei
volteggiatori della Guardia
imperiale e della fanteria
francese in una litografia di
Carlo Bossoli. L’illustratore
italiano pubblicò nel 1859
The war in Italy per l’editore
londinese Day & Son,
raccontando agli inglesi
la battaglia di Solferino
anche per... immagini!

S 39
QUESTA FU L’ULTIMA BATTAGLIA DOVE, NEL RAGGIO DI POCHI
Nel frattempo, però, francesi e piemontesi stavano avanzando tesi si trattava delle retroguardie austriache, per gli austriaci
a tappe forzate: la straordinaria efficienza del genio francese ave- delle prime avanguardie franco-piemontesi. Invece le armate
va ripristinato i ponti fatti saltare dagli austriaci in ritirata, e le erano già lì, praticamente una di fronte all’altra. Gli studiosi le
truppe marciavano in colonne parallele verso il Mincio. A nord chiamano “battaglie d’incontro”, e sono le più terribili, perché
procedevano le quattro divisioni dei piemontesi (35 mila uomi- bisogna affrontarsi all’improvviso, in modo caotico e violentis-
ni, 1.400 cavalli, 80 cannoni), più a sud i quattro corpi d’armata simo, senza che ci sia stata alcuna preparazione. Così nel giro
francesi (79 mila uomini, 9 mila cavalli, 240 cannoni). di poche ore, dalle 4 alle 7 del mattino del 24 giugno, i france-
Paradossale però era soprattutto il fatto che franco-piemon- si si trovarono di fronte alla collina di Solferino occupata dal V
tesi e austriaci si stessero muovendo gli uni all’insaputa degli Corpo d’armata austriaco del maresciallo Franz von Stadion, e
altri: nessuno si trovava dunque in ordine di battaglia, non i piemontesi, 6 chilometri più a nord, scoprirono che San Mar-
c’erano particolari schieramenti e gli stati maggiori non ave- tino era presidiato dall’VIII Corpo d’armata del feldmarescial-
vano ancora previsto tattiche specifiche. In più, i francesi ave- lo Ludwig von Benedek. Contemporaneamente gli austriaci
vano fretta perché dispacci giunti a Napoleone III da Parigi, si rendevano conto che di fronte a loro c’erano ben di più che
e spediti dall’imperatrice Eugenia stessa, invitavano a una ra- semplici avanguardie. Restava da vedere chi, per primo, aves-
pida conclusione del conflitto in quanto di quelle truppe c’era se saputo organizzarsi.
bisogno sul fronte del Reno, dove i prussiani avevano comin- Gli schieramenti. Ma qual era il valore delle forze in cam-
ciato a fare pressione. po? L’esercito piemontese era il più piccolo e, malgrado le for-
Così fino alla notte del 23 giugno gli eserciti si contrappose- ti motivazioni, il meno attrezzato. Certo non era più quello del-
ro quasi senza rendersene conto, ignari, lungo un fronte che si la disfatta del 1849 (v. articolo a pag. 24): per dieci anni il gene-
allargava fino a 20 chilometri. Le rispettive pattuglie a caval- rale Alfonso La Marmora aveva lavorato alla sua ristrutturazio-
lo mandate in ricognizione si erano scontrate spesso, ma i co- ne su modello francese, all’ammodernamento degli armamenti
mandi non avevano cambiato opinione: per i franco-piemon- e all’istruzione degli ufficiali. Era stato riformato il reclutamento,
Genio Negli eserciti moderni il genio è l’arma specializzata nel supporto al Prussiani Con l’avvicinarsi dell’esercito sardo-francese al Mincio, la Prussia,
combattimento tramite le attività ingegneristiche. Realizza ponti, strade, membro della Confederazione germanica capeggiata dall’Austria, decise l’11
demolizioni e opere difensive, ripristina le linee di comunicazione, apre giugno di mobilitare sei corpi d’armata da schierare lungo il Reno, al confine con
varchi nella difesa nemica, crea le strutture logistiche necessarie alle unità la Francia. Il pericolo che il conflitto si allargasse all’Europa Centrale avrebbe
combattenti e alle altre armi. indotto Napoleone III a concludere l’armistizio di Villafranca (11 luglio 1859).

Soldati oltreché sovrani

A
Solferino e San Martino dires- ▪ NAPOLEONE III
sero le operazioni, e si con- All’età di 51 anni aveva alle spalle
frontarono in pochi chilometri una vita tumultuosa e intensa,
quadrati, tre sovrani. Ecco i loro trascorsa spesso all’estero (giovi-
“ritratti”: nezza a Roma, attività di carbonaro
▪ FRANCESCO GIUSEPPE a Bologna) prima di essere eletto
L’imperatore d’Austria e re d’Unghe- presidente della Repubblica nel 1848
ria aveva appena 29 anni, anche se e diventare imperatore dei francesi
era salito al trono imperiale già da nel 1852. Artefice di un profondo (e
undici. Era stato avviato alla carrie- spesso sottovalutato) rinnovamento
ra militare appena tredicenne, con dello Stato, era studioso di questioni
il grado di colonnello, indossando militari, ma non aveva mai fatto il
la divisa grigio-azzurra che avrebbe soldato. Seguì gli eventi da vicino,
poi portato tutta la vita, anche nei dal Monte Fienile, quasi sulla linea
ritratti ufficiali. Seguì gli eventi del fuoco.
(insieme con il luogotenente ▪ VITTORIO EMANUELE II
Heinrich Hermann von Hess) Il re di Sardegna aveva 39 anni ed
prima da Volta Mantovana e poi era salito al trono dieci anni prima.
da Cavriana, a qualche chilo- Pratico, sbrigativo, assolutamente
metro da Solferino, ma non estraneo alla cultura e alle lettere,
ebbe mai un contatto diret- gran cacciatore, era diventato ge-
to con i combattimenti. nerale all’età di 22 anni. A soli 28,
durante la Prima guerra d’indipen-
denza, il Savoia aveva comandato
I tre regnanti brillantemente una divisione a Pa-
Da sinistra, in senso strengo, Goito e Custoza. Nel 1859
orario: Napoleone III, avrebbe poi assunto personalmente
Vittorio Emanuele II e il comando dell’esercito e partecipa-
Francesco Giuseppe d’Austria. to a tutte le operazioni.

40 S www.focusstoria.it
CHILOMETRI, SI TROVARONO SUL CAMPO TRE TESTE CORONATE
potenziato l’addestramento (che ormai durava un anno) e raffor- Anche i soldati austriaci avevano un’arma “moderna”, il fucile
zati in particolare il genio e i bersaglieri. Punti deboli erano però Lorenz modello 1854, a canna rigata e ad avancarica anch’esso.
la pesante dipendenza dai volontari che si arruolavano per l’oc- Di fatto il Minié e il Lorenz rappresentavano il massimo sviluppo
casione (e che erano male equipaggiati e digiuni del mestiere di della tecnologia ad avancarica, ma nel giro di pochi anni sareb-
soldato) e la scarsa collaborazione fra molti alti ufficiali. bero stati tutti sostituiti dalle nuove armi a retrocarica: un fucile
L’esercito francese era invece il meglio organizzato d’Euro- ad avancarica esponeva il tiratore a gravi rischi (si poteva carica-
pa. Composto da veterani, espertissimo, con ufficiali selezio- re solo stando in piedi o in ginocchio) e consentiva al massimo 3
nati soprattutto in base alle competenze tecnico-professionali, colpi al minuto, mentre con l’arma a retrocarica si sparava e rica-
aperto a fulminee carriere basate sul merito (“Ogni mio solda- ricava anche da sdraiati, arrivando a 9-10 colpi al minuto.
to ha nello zaino il bastone da maresciallo” era stata una cele- L’esercito austriaco era efficiente e disciplinatissimo, con
bre frase di Napoleone Bonaparte), era anche dotato di arma- buoni armamenti. Il suo tallone d’Achille era però rappresen-
menti assai avanzati per l’epoca: il fucile Minié, ad avancarica tato dalla struttura antiquata, quasi medioevale: molti reparti
ma a canna rigata, e il cannone La Hitte (anch’esso a canna ri- erano di fatto milizie personali dei nobili, loro comandanti, e
gata, capace di una gittata di 3 chilometri) che debuttò proprio questi erano spesso divisi da rivalità personali, e talvolta mili-
durante la Campagna d’Italia. tarmente incompetenti. In tutto, comunque, lo schieramento
di Francesco Giuseppe comprendeva 119 mila uomini, 6 mila
Minié Dopo l’invenzione della balle Minié, la pallottola di piombo estremamente
dirompente ideata dal capitano francese Claude Étienne Minié, molti eserciti cavalli e 417 cannoni.
adattarono i modelli correnti dei loro fucili al nuovo sistema. Il proiettile, di Assalto al castello. Dal punto di vista puramente tattico
forma cilindrico-conica, aveva nell’estremità posteriore una cavità chiusa da le battaglie di Solferino e San Martino non furono particolar-
un piccolo tappo di ferro. Sparando, il tappo veniva spinto nella cavità facendo mente memorabili. A Solferino due brigate austriache e quat-
espandere la pallottola, che aderiva così alle scanalature della canna.
tro battaglioni di kaiserjäger avevano occupato la cima della
Avancarica Originario collina, asserragliandosi nelle case del paese, nel cimitero e nel
sistema di caricamento vecchio castello. Era il centro di tutto lo schieramento e Napo-
delle armi da fuoco dove leone III decise che era lì che bisognava sfondare. Dall’alba fino
cartuccia e proiettile sono a mezzogiorno, gli austriaci riuscirono a respingere ben quat-
inseriti nella canna dalla
parte della volata e calcati
tro assalti francesi alla baionetta, senza poter però contrattac-
sul fondo con un’asta. care per mancanza di uomini. A mezzogiorno Napoleone gettò
nella battaglia la guardia imperiale, cioè i 5 mila migliori soldati
Ritmo di morte dell’esercito francese, che aveva fino ad allora tenuto di riserva,
Bersaglieri e fanti piemontesi rinforzata da altre due brigate. Alle 13:30 le truppe austriache
combattono fianco a fianco cominciarono a cedere, anche se la loro artiglieria continua-
a Solferino. Al centro, il va a martellare il nemico. Alle 17 Solferino era definitivamen-
tamburino incita i te presa e sgomberata, mentre a sud il generale Mac-Mahon
compagni all’azione.
conquistava San Cassiano, il maresciallo Canrobert mar- ▸
Canna rigata Canna la cui anima presenta una
scanalatura spiraliforme che imprime al proiettile una
rotazione sul suo asse, stabilizzandone la traiettoria e
rendendo il tiro più preciso.

Kaiserjäger Letteralmente “Cacciatori dell’imperatore”,


cioè soldati con armamento leggero e veloci nei
movimenti, analogamente ai bersaglieri italiani.

S 41
DOPO SOLFERINO FU
SIGLATA LA 1A CONVENZIONE
DI GINEVRA, CHE REGOLA
Primo soccorso IL TRATTAMENTO DEI FERITI
Modello di furgone
usato dall’esercito
piemontese per il
E DEI CADUTI IN BATTAGLIA
trasporto di medicinali.

ciava su Medole e il generale Niel occupava Guidizzolo. Alle Qui nacque la Croce Rossa. “Meglio perdere una provin-
17:30 tutto l’esercito austriaco cominciò a ritirarsi, anche se in cia che vedere un’altra volta una carneficina del genere”. Si dice
buon ordine, riparando oltre il Mincio. che lo abbia detto, alla vista del macello di Solferino, l’imperato-
Intorno all’altura di San Martino, circondata da scarpate e da re Francesco Giuseppe. Lo stesso tragico pensiero lo ebbe il viag-
casolari dove era facile per gli austriaci organizzare la difesa, le giatore e filantropo svizzero Henry Dunant, che aveva assistito
cose andarono più per le lunghe. La battaglia infatti si sviluppò alla battaglia e partecipato ai soccorsi, durante i giorni seguenti.
gradualmente, a mano a mano che le truppe piemontesi (più Nel 1862 Dunant scrisse e pubblicò a proprie spese un libro che
numerose ma meno organizzate) arrivavano sul posto. A par- avrebbe fatto scalpore in Europa: Un souvenir de Solferino, nel
tire dalle 7 del mattino, in successione, ci provarono le avan- quale raccontava sia la brutalità del combattimento, sia l’attività
guardie della Divisione Cucchiari, poi la Brigata Cuneo, quin- di soccorso che, successivamente, medici e popolazione aveva-
di di nuovo le brigate Casale e Acqui (Divisione Cucchiari) e a no spontaneamente prestato a tutti i feriti italiani, francesi e au-
chiudere, verso le 5 del pomeriggio, le brigate Pinerolo e Aosta. striaci, nessuno escluso. L’anno dopo fondò a Ginevra la Croce
Il terreno veniva conquistato, poi perduto, quindi riconquista- Rossa (e la Mezzaluna Rossa). Per questo, e molto altro, avrebbe
to. Il feldmaresciallo Ludwig von Benedek, forse il miglior uffi- ricevuto nel 1901 il primo premio Nobel per la Pace.  d
ciale presente sul campo di battaglia, tentò (invano) anche una Remo Guerrini
manovra di aggiramento. In tutto, gli assalti condotti dai pie-
montesi furono, nel corso della giornata, sette. I Cacciatori delle Alpi
Nel pomeriggio in prima linea si presentò lo stesso Vitto-

A
rio Emanuele II. Diede un ordine che calpestava il regolamen- lle divisioni re- pri uomini, tendendo si trasformò in una
to (i soldati dovevano liberarsi del peso degli zaini – 15 chili – golari del Regno agguati improvvisi, campagna regolare,
per poter combattere meglio) e pronunciò in piemontese una di Sardegna si colpendo e fuggendo. per liberare la fascia
frase destinata a restare famosa: “O prendiamo San Martino aggiungevano i cosid- Così occupò Sesto prealpina lombarda.
detti Cacciatori delle Calende (23 maggio), I Cacciatori entrarono
o facciamo San Martino”, alludendo all’usanza piemontese di Alpi, 3.200 volontari prese Varese (26 a Bergamo l’8 giugno
traslocare in occasione della festa del santo. Le cariche si suc- giunti da ogni parte maggio) e due volte e a Brescia il 14 giugno.
cedevano, con estremo coraggio ma in modo disorganizzato d’Italia e guidati da Como, sconfisse gli Non riuscirono invece
(come avrebbe poi ammesso lo stesso Stato maggiore). Alle 19 Giuseppe Garibaldi: austriaci a San Fermo a bloccare la ritirata
– quando la battaglia di Solferino era già terminata da un pez- una brigata leggera, in (27 maggio). Non austriaca a Treponti,
uniforme dell’esercito aveva però forze suffi- dove furono respinti.
zo – sotto un improvviso temporale, l’ultimo assalto in massa, piemontese, senza cienti a tenere le città Giunta al Lago di Gar-
appoggiato dall’artiglieria. Un’ora più tardi i piemontesi arriva- cannoni e con i cavalli conquistate, e doveva da, cioè al limite del
vano finalmente in cima al colle, ma anche perché gli austriaci limitati solo agli esplo- limitarsi a praticare fronte orientale,
avevano cominciato ad abbandonare le posizioni e a ripiegare, ratori, ma animata una specie di guerra la brigata fu dirottata
dopo aver ricevuto la notizia della caduta di Solferino. da fortissimo spirito di còrsa, tenendo in Valtellina, dove Ga-
combattivo e condotta continuamente impe- ribaldi liberò Bormio e
da ufficiali esperti. gnata la divisione di il versante occidentale
All’inizio della guerra Karl von Urban (che 18 del Passo dello Stelvio.
i Cacciatori vennero anni dopo si sarebbe L’11 luglio, con l’armi-
Sollievo per i colpiti dapprima schierati suicidato proprio per stizio di Villafranca,
Il dipinto L’artiglieria toscana nell’Alta Lombardia. l’onta degli smacchi anche l’attività dei
salutata dai francesi feriti a Garibaldi, grande subiti da Garibaldi). Cacciatori terminò e la
Solferino del pittore garibaldino guerrigliero, da Cambio di tattica. brigata fu sciolta. Mol-
Telemaco Signorini, che prese principio organizzò Le cose cambiarono ti suoi uomini avrebbe-
parte alla campagna del 1859. una serie di azioni di quando, dopo la ro partecipato, l’anno
disturbo, muovendo battaglia di Magenta dopo, all’impresa dei
continuamente i pro- (4 giugno) la guerriglia Mille.

42 S
Bormio Franco-
piemontesi
2ª GUERRA
Veneto Impero
Regno di d’Austria CON L’AIUTO Austriaci D’INDIPENDENZA
Sardegna Cacciatori
Ducato
delle Alpi
Dopo l’intervento dei francesi a
di Parma Como fianco dei piemontesi, gli austriaci
Varese Battaglie
Ducato
DE LES FRANÇAIS San Fermo
Granducato di Modena Bergamo furono battuti a Montebello e
Sesto Calende
di Toscana L’alleanza militare franco-piemontese permise nel 1859 a Palestro e respinti al di là del
Stato

Tic
Ticino. Varcato il fiume, gli alleati

i
della
ai Savoia la ripresa del conflitto con l’Impero austriaco, no Milano Pastrengo
Chiesa che una rapida successione di sconfitte costrinse Brescia Peschiera Verona
vinsero a Magenta. Un altro fronte
Magenta Crema venne aperto da Garibaldi, che
alla resa. Il ritiro di Napoleone III prima del previsto Palestro San Martino Villafranca
Regno delle entrò in territorio austriaco con i
Melegnano
Due Sicilie Mortara Solferino Goito
limitò alla sola Lombardia il territorio annesso
Cremona Legnago Cacciatori delle Alpi. Gli austriaci

Mi
n
al Regno di Sardegna. Alessandria
cio si ritirarono sul Mincio e furono
VII Mantova
I Montebello definitivamente sconfitti nelle bat-
V taglie di Solferino e San Martino.
I II 6

Solferino
LA BATTAGLIA DI SOLFERINO (24/6/1859)
Quando il 29 aprile 4 San
del 1859 gli austriaci Cassiano 1 Gli austriaci sono attestati a ovest del Mincio con
attraversarono il 5
l’VIII corpo di von Benedek a nord, intorno a San
Ticino e puntarono Cavriana
Martino, il V , il I e il VII tra Solferino e Cavriana, il
su Torino, scoppiò la
1 IX , il III e l’ XI a sud, tra Medole e Guidizzolo.
Seconda guerra d’indi-
pendenza. Alla fine della 2
2 I franco-piemontesi procedono verso est: a destra
campagna del ’59 Guidizzolo i francesi del IV e del III corpo, al centro quelli del II
il Regno di Sardegna e del I corpo, a sinistra le 4 divisioni piemontesi.
annesse la Lombardia. 3 Primi scontri a Medole: i francesi conquistano il
paese, resistono ai contrattacchi austriaci e nel po-
III
3 meriggio respingono il nemico verso Guidizzolo.
Medole
4 I francesi attaccano con l’intento di sfondare le
XI linee austriache a Solferino, ma la resistenza del V
III
corpo d’armata è accanita. Napoleone III è costret-
IX to a far intervenire la guardia imperiale, e solo nel
2 km
IV primo pomeriggio ha ragione del nemico.
0 
Zuavo francese del 5 I francesi muovono su Cavriana, ma riescono a
1° reggimento zuavi. vincere la resistenza nemica solo al sopraggiungere
Originariamente ar- delle truppe fresche del III corpo d’armata.
Bersagliere del 1° battaglione ruolati tra soldati 6 Verso le 17 un violento temporale mette fine agli
bersaglieri. Costituito nel algerini, dal 1842
1836 da Alessandro La Mar- divennero un scontri nella zona di Solferino, ma non a nord intor-
mora, il corpo dei bersaglieri corpo composto no a San Martino, dove si combatte fino a sera.
divenne uno dei cardini dell’eser- Il principio Minié. Intorno al 1850 unicamente da
cito sardo. Precursori delle mo- rivoluzionò le armi portatili ren- francesi. Famosi FRANCESI PIEMONTESI AUSTRIACI
derne fanterie d’assalto, i bersa- dendo il tiro più preciso. Il proiet- per la loro audacia, gli 4 corpi d’armata 4 divisioni 7 corpi d’armata
glieri erano addestrati al tiro da tile Minié è più piccolo del calibro zuavi erano spesso (79.000 fanti, (35.600 fanti, (119.800 fanti, 6.070
lunga distanza e nell’operare in del fucile e ha una coppa di ferro utilizzati per spietati 9.160 cavalieri e 1.470 cavalieri, cavalieri, 417 canno-
completa autonomia. Il pennac- inserita alla base; è quindi più attacchi all’arma 240 cannoni) 80 cannoni) ni, 160 lanciarazzi)
chio di penne di gallo cedrone veloce caricarlo e, quando la bianca. Indossavano ⍟ 1.600 morti ⍟ 870 morti ⍟ 2.200 morti
era usato come protezione dal polvere esplode, la coppa di ferro una divisa esotica con am- ⍟ 8.500 feriti ⍟ 4.000 feriti ⍟ 10.800 feriti
sole dell’occhio destro quando allarga la pallottola che aderisce pi pantaloni a sbuffo detti ⍟ 1.500 dispersi ⍟ 780 dispersi ⍟ 8.600 dispersi
si prendeva la mira. meglio alla rigatura della canna. appunto “alla zuava”. o prigionieri o prigionieri o prigionieri
LE BATTAGLIE PER L’UNITÀ
IL VOLTURNO

GARIBALDI
ALL’ESAME DA
GENERALE
CON I SUOI MILLE PARTÌ COME SAPEVA FARE, DA GRANDE
GUERRIGLIERO. MA POI ABBANDONÒ QUEI PANNI PER
GUIDARE L’AZIONE DA VERO GENERALE. ECCO COME L’EROE
DEI DUE MONDI DIVENNE ANCHE UNO STRATEGA,
UN CAPO MILITARE CAPACE DI BATTERE UN ESERCITO

“O
bbligo di re e di soldato mi che aveva mandato l’esercito piemontese in-
impone di rammentarvi che contro ai garibaldini, la giustificazione poli-
il coraggio e il valore degene- tica dell’intervento nello Stato Pontificio e in
rano in brutalità e in ferocia quel che restava del Regno delle Due Sicilie.
quando non siano accompagnati dalla virtù Il primo ministro del Regno di Sardegna ave-
e dal sentimento religioso. Siate dunque ge- va infatti dato inizio all’invasione, senza nem-
nerosi dopo la vittoria; rispettate i prigionie- meno uno straccio di dichiarazione di guerra,
ri che non combattono e i feriti e prodigate lo- sventolando sotto il naso delle cancellerie eu-
ro [...] quegli aiuti che è in vostro potere di ap- ropee il pericolo di una deriva “mazziniana e
prestare”. Povero, ingenuo Francesco II, viene rivoluzionaria” della spedizione delle Cami-
da dire leggendo queste parole, belle e gene- cie rosse (nonostante le attestazioni di fedeltà
rose ma certo non proprio piene di furia guer- Francesco II (1836-1894), alla corona sabauda che Garibaldi pronuncia-
riera e tali da infondere ai soldati quella fero- ultimo re di Napoli. va in continuazione). Se però il Borbone aves-
ce determinazione che spesso aiuta a combat- se sconfitto il Generale e rafforzato con la vit-
tere e vincere. Malgrado ciò il re di Napoli le inserì nel pro- toria la propria legittimità a sedere sul trono, sarebbe stato
clama che venne letto ai soldati napoletani il 30 settembre difficile continuare a sostenere una tesi del genere.
1860, alla vigilia di quella Battaglia del Volturno in cui il gio- Ma quel proclama, così moscio, proprio non dava l’idea
vane sovrano si giocava tutto. Doveva sconfiggere Garibal- della posta in gioco ai soldati napoletani che, nelle prime ore
di, che impegnato nell’assedio di Capua lo fronteggiava sul- del 1° ottobre 1860, aspettavano ansiosi il momento di en-
la riva sinistra del fiume. Solo così avrebbe tolto a Cavour, trare in battaglia. E non è un caso che oggi gli storici di ispi-

Francesco II di Borbone Re delle Due Sicilie dal 1859, non seppe impedire lo sbarco Regno delle Due Sicilie Nato nel 1816, dopo il Congresso di Vienna, dall’unificazione del
dei Mille. Sposato con Maria Sofia di Baviera, sorella dell’imperatrice Sissi, si inimicò Regno di Napoli con quello di Sicilia, allo scoppiare della Seconda guerra d’indipendenza
l’Austria tentando di salvare il regno con una Costituzione e l’alleanza con il Piemonte. si mantenne neutrale (proclama di Ferdinando II, mantenuto dal figlio Francesco II).

44 S
In prima persona
Garibaldi sulle alture
di Sant’Angelo a
Capua, dalle quali
si vede il Volturno
(in una tela di
Domenico Induno del
1861,oggi al Museo
del Risorgimento di
Milano). Scrisse un
garibaldino che
durante la battaglia
il Generale, al quale
ammazzarono il
cocchiere della
carrozza, avanzò
verso Sant’Angelo
“con in mano la sua
rivoltella a sei colpi”
per incitare i suoi.

razione neo-borbonica ravvisino nel messaggio alle truppe


il primo dei molti errori di quel giorno cruciale. Ne sareb-
bero seguiti altri, ben più gravi.
Inizio promettente. Eppure la Campagna del Volturno
non era cominciata male, nonostante l’altro errore, anche
questo non da poco, commesso dal generale Giosuè Rituc-
ci, comandante in capo dell’esercito napoletano, che con la
propria inerzia aveva concesso a Garibaldi il tempo di raf-
forzarsi di fronte e intorno a Capua. Il 21 settembre, comun-
que, i borbonici, sfruttando un’imprudenza del generale Ste-
fano Türr (uno dei tanti ungheresi che combattevano in ca-
micia rossa), avevano strappato al nemico l’importante abi-
tato di Caiazzo, punto di appoggio garibaldino sulla riva
destra del fiume. Controllando l’intero corso del Volturno,
i generali napoletani potevano spostare con tranquillità le
proprie forze in modo da minacciare l’intero schieramento
avversario, tenendolo nell’incertezza su dove sarebbe cadu-
to l’attacco principale. Questo, unito alla superiorità in arti-
glieria (tra cui alcuni eccellenti cannoni rigati) e in uomini
(più o meno 40 mila soldati contro i circa 21 mila dell’Eser-
cito meridionale, com’erano stati ribattezzati i Mille), dava
ottime chance di vittoria.
Ma anche Garibaldi e i suoi uomini avevano qualche ele-
mento di vantaggio dalla loro, essenzialmente la possibilità ▸
Ponte di fortuna VITTORIO EMANUELE SCRISSE DI
Piemontesi guadano il Volturno su un
ponte di botti. Il 25 ottobre Garibaldi micerchio, da dove avrebbe potuto spostarle con una certa fa-
aveva passato il fiume su un ponte di
barche lanciato dai volontari inglesi. cilità da un capo all’altro dello schieramento.
Spinti dalle prediche. Erano le tre e mezzo del 1° otto-
bre, un lunedì, quando i primi soldati borbonici cominciarono
a uscire da Capua per investire le difese avversarie. I garibaldi-
ni, scrive Pier Giusto Jaeger nel suo libro dedicato a Francesco
II, scherzavano dicendo che i napoletani preferivano attaccar
battaglia di lunedì perché galvanizzati dalle prediche domeni-
cali dei cappellani. Forse era solo una battuta. O forse qualcu-
no, come sostengono gli storici filoborbonici, aveva tradito e li
aveva avvertiti dell’attacco imminente. Attesi o no che fossero, i
di manovrare per linee interne. I due schieramenti, che si fron- soldati napoletani alle 5, lanciando il loro grido di guerra “Viva
teggiavano su un terreno collinoso e montuoso, avevano infatti o’ rre”, si gettarono sulle posizioni garibaldine di San Tammaro
più o meno forma semicircolare, con la convessità verso nord. e Santa Maria. Sono essenzialmente reggimenti di cacciatori,
Quello garibaldino, con fronte a nord, lungo una ventina di chi- truppe leggere e ben armate, le migliori a disposizione dei gene-
lometri, si appoggiava a ovest agli abitati di Santa Maria Capua rali borbonici. I garibaldini sono respinti, nonostante l’appoggio
Vetere e San Tammaro (di fronte a Capua), a nord-ovest a San- di alcuni artiglieri di marina britannici convinti a prendere par-
t’Angelo (che era il punto focale dello schieramento), a nord-est te alla battaglia dall’incitamento di Jessie White Mario, la pasio-
a Castel Morrone (presidiato con circa 300 uomini dal maggio- naria garibaldina, anche lei inglese (v. riquadro sotto). Ancora
re Pilade Bronzetti) e a est si imperniava su Maddaloni, altro meglio per i borbonici va a Sant’Angelo, dove i soldati di Medi-
punto delicato, non per nulla affidato a Nino Bixio. “Ricorda- ci, ben schierati, ben comandati e ben trincerati, sono tuttavia
tevi che io considero Maddaloni come punto di estrema impor- scacciati dal paese. Alle 10 del mattino la giornata sembra vinta
tanza: voi lo difenderete, e occorrendo, eccovi il punto dove si per i napoletani: le strade di Santa Maria sono vuote e spalanca-
muore gloriosamente, conto su voi” aveva detto Garibaldi al suo te, a Sant’Angelo i soldati di Medici, esausti, si aggrappano alle
generale preferito. Se i borbonici avessero conquistato Madda- creste delle colline, superate le quali i soldati di Francesco II po-
loni, avrebbero preso sul rovescio le forze principali che asse- trebbero calare su Caserta e da lì puntare su Napoli.
diavano Capua. Il Generale aveva infine dislocato le sue riser- Garibaldi si rende conto che tutto è in bilico e fa quello che, da
ve a Caserta, più o meno in posizione centrale rispetto al se- vecchio guerrigliero sudamericano, sa fare meglio: si precipita
in carrozza in mezzo ai suoi, raduna i fuggiaschi, li rimanda in
Manovra per linee interne Lo spostamento di truppe da un punto all’altro dello linea, gli urla “Avanti che stiamo vincendo!” anche se non è vero,
schieramento restando nel proprio terreno, cioè potendo seguire linee più brevi li esorta a fare uso della baionetta perché è convinto che nel cor-
dell’avversario per concentrare le forze in un punto e coglierlo impreparato. po a corpo il morale dei suoi soldati, che ritiene superiore a quel-

La pasionaria garibaldina

“U
na carrozza da Santa erano passati appena 25 giorni, d’Italia fu accolta con difficoltà
Maria, una donna dentro, ma Garibaldi si era trasformato da e solo parzialmente. Ancora non
viso di fuoco, capelli di vincitore in sconfitto. Il 21 ottobre molto tempo e in Aspromonte,
fuoco, gesti di fuoco, è un angelo, è i plebisciti avevano ratificato il 29 agosto 1862, quell’esercito
una Furia, che cos’è?”. Così Giuseppe l’unione del Sud al Regno d’Italia. piemontese che aveva ricevuto in
Cesare Abba descriveva, durante Garibaldi fu ferito. Forte di questa dono l’Italia Meridionale avrebbe
la battaglia del Volturno, Jessie sicurezza e pressato dal primo aperto il fuoco sul donatore,
White Mario (foto), la pasionaria ministro Cavour e dagli alti comandi ferendolo, per impedirgli di
garibaldina moglie del patriota del suo esercito, il re, incontrando raggiungere Roma. E sempre in
mazziniano Alberto Mario, amica, a cavallo il Generale, gli aveva nome della ragion di Stato.
confidente e forse anche amante, appena detto che la guerra sarebbe
a un certo punto della sua vita, di stata condotta, da quel momento
Garibaldi. Fu a lei che il Generale, in poi, dall’esercito piemontese. Per
mentre mangiava pane e cacio i garibaldini non c’era più posto, la
sul fondo di un barile capovolto, ragion di Stato rappresentata da
disse: “Jessie, ci hanno messi alla Cavour lo esigeva. Anzi, i volontari
coda”. Era il 26 ottobre, il giorno davano fastidio, tanto che la
dell’incontro di Teano con re richiesta del Generale di arruolare i
Vittorio Emanuele. Dal Volturno suoi soldati nell’armata del Regno

46 S
GARIBALDI: “IL SUO TALENTO MILITARE È MOLTO MODESTO”
lo degli avversari, sarà la carta vincente. Rischia anche: “Esposto dro a pag. 48) ma non si presenta all’appuntamento con
sempre a un fuoco tremendo” scriverà nelle sue memorie Giu- von Mechel. Il quale, dal canto suo, mette Bixio alle corde,
seppe Ansiglioni, ufficiale della Divisione Türr “a poca distanza lo costringe a ripiegare e a chiedere l’intervento delle riserve (a
della sinistra del centro (di Sant’Angelo, ndr) gli veniva ucciso un soccorrerlo, con una brigata della Divisione Türr, andrà anche
cocchiere, morto un cavallo e l’altro ferito, la vettura rovesciata; Giuseppe Cesare Abba, l’autore di Da Quarto al Volturno).
rimaneva ancora ferito un suo aiutante di campo e altri del suo I garibaldini a Maddaloni resistono con le unghie e con i denti.
seguito; uno di essi era prima ferito dai contadini insorti, poi fat- Il combattimento è duro (vi muore anche il figlio di von Mechel,
to prigioniero dai regii”. Intanto muove le riserve da Caserta – il tenente Emil, poco più che ventenne), Bixio a un certo pun-
qui una compagnia di carabinieri genovesi, là la Brigata Milano to ordina una carica alla baionetta urlando “Chi è italiano e ha
– che contrattaccano. Sant’Angelo e Santa Maria passano di ma- cuore mi segua”, ributta indietro i napoletani. Von Mechel si fer-
no più volte; su Santa Maria un assalto di 200 cavalieri ungheresi ma, aspetta che dietro le spalle di Bixio compaia Ruiz (che inve-
e 600 fanti milanesi è guidato da Garibaldi in persona. ce non arriverà) e alla fine è costretto a ripiegare.
Un errore imperdonabile. Anche sul fronte est, davan- Pure sul fronte ovest, davanti a Sant’Angelo e Santa Maria, i
ti a Maddaloni e alle posizioni di Bixio, si è scatenato l’attacco borbonici si fermano, esausti. Ma hanno ancora riserve, han-
nemico alle 8 del mattino, con tre ore di ritardo rispetto a San- no impegnato circa metà delle loro forze, mentre i garibaldini
t’Angelo. Il piano generale dei borbonici è evidente: poiché lo hanno raschiato il fondo del barile. Ritentano con i granatie-
schieramento di Garibaldi è, a tutti gli effetti, un grande saliente, ri della Guardia reale, che però si sfalda: sono soldati da parata
attaccando a est e a ovest si vuole realizzare un doppio accer- e da corte, giovanotti raccomandati che non hanno la tempra
chiamento su Caserta che reciderà il saliente alla base e taglie- dei cacciatori. Alle 5 del pomeriggio, il generale Ritucci ordina
rà Garibaldi fuori dalle sue linee di rifornimento e dalle comu- la ritirata. Il giorno dopo, il 2 ottobre, il re cercherà di convin-
nicazioni con Napoli. A comandare i borbonici sul fronte est è cerlo ad attaccare di nuovo. Ma il comandante in capo ha per-
il colonnello svizzero Giovan Luca von Mechel, che guida 8 mi- so la fiducia, farà tali e tante difficoltà che alla fine Francesco
la mercenari svizzeri, austriaci e bavaresi. È un soldato testar- II sarà costretto a rinunciare.
do, che ha già dato filo da torcere ai “garibaldesi”. Ma commette Una coda di battaglia il 2 ottobre in realtà c’è, ma è poco più di
un errore: divide le sue forze e affida 5 mila uomini al colonnello un rastrellamento di una parte dei 5 mila soldati di Ruiz ancora
Ruiz de Ballestreros con l’ordine di muovere da Caiazzo su Ca- fermi a Caserta Vecchia: vi partecipano anche 400 bersaglieri
serta Vecchia, per prendere Bixio alle spalle davanti a Maddalo- piemontesi, che il giorno prima erano rimasti a guardare.
ni. Ma Ruiz è lento, perde tempo a contrastare i circa 300 bersa- Il punto nodale. La battaglia del Volturno finiva così con
glieri di Pilade Bronzetti a Castel Morrone, li sconfigge (v. riqua- una vittoria – ancorché solo difensiva – dei garibaldini (che
avevano riportato circa 2 mila perdite tra morti e feriti, a
Saliente Una parte del teatro di battaglia che si protende nel territorio nemico, fronte di un migliaio di caduti e di oltre 2 mila prigionieri
rimanendo quindi circondato su due o tre lati dalle armate avversarie. dei napoletani). A determinarla fu l’abilità di Garibaldi,

Intorno a Capua
I combattimenti nei
pressi dell’Arco di Adriano
a Santa Maria Capua
Vetere. Sopra, sciabola
da cacciatori a cavallo
usata dal 1845 al 1870
dall’esercito sabaudo e
dai garibaldini.
che nella sua prima grande battaglia da generale, e non da guer-
La resistenza di Bronzetti rigliero, aveva dimostrato capacità di individuare i momenti e
i punti cruciali dello scontro, intervenendo personalmente ma

S
e la Battaglia del Volturno soprattutto muovendo bene e al momento giusto le sue scarse
ebbe un eroe, questo fu cer- riserve. Tutti i sottoposti, da Medici a Bixio, erano stati all’al-
tamente il maggiore Pilade
tezza del loro comandante: valorosi, accorti e tenaci. E i soldati,
Bronzetti (foto), un mantovano
di 28 anni che con 280 uomini nonostante qualche episodio di panico soprattutto di fronte agli
presidiava Castel Morrone, un attacchi iniziali dei napoletani, avevano retto bene.
vecchio fortilizio medioevale Dall’altra parte, i borbonici avevano combattuto con valo-
situato su un colle a nord-est re, dimostrando di non essere affatto un esercito di cartape-
dello schieramento garibaldi-
sta. Ma i loro comandanti non erano stati capaci di individua-
no che fu investito dai 5 mila
uomini condotti dal colonnello re quello che i tedeschi chiamano schwerpunkt, il punto noda-
borbonico Ruiz de Ballestreros. le della battaglia, il quando e il dove esercitare lo sforzo decisi-
La resistenza del gruppetto di salvato la giornata delle Camicie vo. Avevano attaccato dove gli avversari
bersaglieri durò per oltre 4 ore, rosse: se Ruiz non avesse perso erano più forti e su tutto l’arco del fron-
prima sparando, poi con le baio- inutilmente tempo con loro (un
piccolo presidio, che avrebbe
te, sprecando quel supplemento di for-
nette e quindi tirando sassi sui
borbonici che avanzavano. Alla potuto con tranquillità essere za che avrebbe deciso la giornata a loro
fine, senza munizioni, in gran aggirato e lasciato indietro), favore. E alla fine si erano scoraggiati,
parte feriti, si arresero. Ma Bron- forse sarebbe arrivato in tempo rinunciando a impiegare le truppe che
zetti fu ucciso mentre offriva la al rendez-vous con von Mechel pure ancora avevano.
resa dei suoi, secondo alcune a Maddaloni e per Bixio la situa-
Destini infelici. Ancora qualche
fonti perché la sua proposta di zione si sarebbe fatta difficile.
deporre le armi non fu sentita, Di famiglia. Quasi tutte le città mese e i due protagonisti della battaglia,
secondo altre perché si era mes- italiane hanno una via dedicata Francesco II e Garibaldi, sarebbero anda-
so a tirare sciabolate una volta a Bronzetti, ma non solo a lui. ti incontro a destini diversi, ma entrambi
constatata la difficoltà, nella Pilade infatti aveva un fratello, poco felici. Il primo, rinchiuso nella for-
confusione, di mettere fine al Narciso, di 11 anni più vecchio,
tezza di Gaeta e assediato dai piemonte-
combattimento. che aveva partecipato alla
Episodio cruciale. Sul terreno Prima guerra d’indipendenza si, avrebbe definitivamente perso il regno
restarono 16 caduti garibaldini e (1848-49) per poi morire alla Bat- con la resa della piazzaforte nel febbraio
quattro napoletani, i prigionieri taglia di Treponti (Brescia) nel 1861. Il Generale, emarginato da Cavour Gerolamo Bixio
furono 220, quasi tutti feriti. È 1859 durante la Seconda guerra e dai suoi, tornerà a Caprera dopo aver detto Nino (1821-
probabile che la resistenza di d’indipendenza. Una famiglia 1873) in uno
Bronzetti e dei suoi abbia patriottica e sfortunata.
regalato un regno a casa Savoia. d scatto del 1860.
Paolo Rastelli

IL CONSOLE INGLESE RIFERÌ CHE IL SOVRANO SABAUDO


CI MISE POCO A DIVENTARE “ANTIPATICO” AI NAPOLETANI

Morto un re...
Garibaldi era entrato
a Napoli il 7 settembre
1860 con un manipolo
dei suoi, ricevendo
un’accoglienza trionfale.
Ci tornò il 7 novembre
accompagnando
Vittorio Emanuele II a
prendere possesso del
trono dei Borbone.

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Itinerario
LA SPEDIZIONE dei Mille
Veneto Impero
d’Austria
LA CAVALCATA DEI MILLE Milano Discesa
Torino delle truppe
Il 5 maggio 1860 Garibaldi Venezia piemontesi
DEL GUERRIGLIERO salpò dallo scoglio di Quarto, Genova Bologna Fuga dei
Regno presso Genova, con poco più Nizza Borbone
d’Italia Firenze da Napoli
Tra il 1859 e il 1860 l’Emilia, la Romagna e la Toscana si sollevarono e di un migliaio di volontari.
Battaglie
aderirono con un plebiscito al nuovo Stato unitario. Nel maggio del 1860 Sbarcato a Marsala, il Gene-
Stato Garibaldi sbarcò in Sicilia con i suoi volontari a sostegno dei patrioti rale conquistò, dopo alcuni Talamone
della Chiesa
dell’isola, portando presto alla dissoluzione scontri vittoriosi, l’intera isola
del regno borbonico. in meno di venti giorni. Le Roma
Camicie rosse risalirono quindi Teano
Volturno
lo stivale raggiungendo Napoli Napoli
Caiazzo RUIZ il 7 settembre. La sconfitta Salerno
definitiva fu inflitta all’esercito Cagliari
4 borbonico nei pressi del Cosenza
Volturno fiume Volturno.
BRONZETTI Milazzo
Monte Tifata Castel Morrone Palermo Messina
Alla vigilia della
SACCHI Marsala Reggio
spedizione garibal-
dina, in Italia c’erano Calatafimi Catania
VON MECHEL
Sant’Angelo 3
tre soli Stati: il Regno 5 MEDICI
Caserta
di Sardegna, lo Stato della AFAN
Chiesa e il Regno delle Due DE RIVERA San Prisco BIXIO Maddaloni Volontario garibaldino dei
Sicilie. Alla fine del 1860 il Sud 1 TÜRR Mille. All’inizio della spedi-
2
e parte dello Stato Pontificio fu- zione del 1860 i seguaci di
Santa Maria Capua Vetere
rono annessi al Regno d’Italia. TABACCHI Garibaldi non avevano un
MILBITZ
Baionetta a incastro. A cavallo
tra Sette e Ottocento si diffuse il abbigliamento uniforme.
tipo di baionetta detta “a inca- Solo alcuni portavano una
San Tammaro stro”. Prima era “a spina”, ossia camicia rossa, che era stata il
inserita nella canna del fucile, segno distintivo dei volontari
5 km a cui inibiva il fuoco. Il nuovo garibaldini nelle sue imprese
sistema prevedeva invece che sudamericane (a Montevideo
0  per difendere la Repubblica
Primo sergente del una boccola d’incastro cingesse
la canna, lasciandola libera di uruguayana nel 1843-48).
battaglione tiragliatori Sul Volturno, la ca-
della Guardia reale bor- essere caricata e sparare.
micia rossa era
bonica. Vestiti nell’u- entrata a far
niforme da campagna LA BATTAGLIA DEL VOLTURNO (1/10/1860)
parte della
estiva, i tiragliatori della I garibaldini sono schierati su un fronte che va da 1 All’alba i due eserciti entrano in contat- divisa ufficia-
Guardia erano diventati, in- le di tutti i
sieme ai battaglioni di caccia- San Tammaro a Maddaloni. All’ala sinistra i 3.000 to sull’ala sinistra, provocando un arretra-
volontari.
tori a piedi, il fulcro operativo uomini di Milbitz intorno a Santa Maria e i 4.000 di mento dei garibaldini.
dell’esercito napoletano, Medici a Sant’Angelo, ai piedi del Monte Tifata. Al 2 Garibaldi fa intervenire 2.500 uomini
grazie alla qualità del reclu- centro i 1.800 uomini di Sacchi e i 300 di Bronzetti a dalla riserva e riequilibra il fronte sinistro.
tamento, alla validità dei Castel Morrone. A destra i 5.650 di Bixio a Maddalo- 3 Alle 8 le truppe di von Mechel si scontrano a Mad-
metodi addestrativi e a un
armamento moderno. ni. E poi la riserva di Türr (5.600 uomini) a Caserta. daloni con quelle di Bixio, che resistono.
I borbonici cominciano a muovere alle 3:30 del 4 Ruiz, che avrebbe dovuto prendere alle spalle
1° ottobre: da Capua escono i 13.000 uomini di Ta- Bixio, si attarda a debellare l’eroica resistenza del
BORBONICI bacchi e Afan De Rivera per investire Santa Maria e battaglione Bronzetti a Castel Morrone.
40.000 uomini, ma ne Sant’Angelo, mentre da est i 5.000 uomini di Ruiz e 5 Nel pomeriggio fallisce anche una seconda offen- GARIBALDINI
vennero impegnati i 3/4 i 3.000 mercenari bavaresi e svizzeri di von Mechel siva napoletana nel settore di Santa Maria e alle 17 il 20.350 uomini
⍟ 308 morti ⍟ 820 feriti puntano a convergere su Caserta. comandante in capo Ritucci ordina il ripiegamento. ⍟ 306 morti ⍟ 1.328 feriti
⍟ 2.160 prigionieri ⍟ 389 dispersi
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LE BATTAGLIE PER L’UNITÀ
LISSA

DOPO L’AMARA SCONFITTA DI CUSTOZA, IL NEONATO REGNO


L’ONTA

I
o stava sulla cima del colle [...] e la terra sentivasi tre- (oggi Vis) perché l’obiettivo strategico consisteva nel con-
mare sotto i piedi. In breve, su tutta la linea, le navi quistare quell’isola, ma il combattimento navale avvenne
furono avvolte da un fumo densissimo che ci avreb- in effetti nel canale di Lésina, ovvero il braccio di mare tra
be tolto la possibilità di distinguere i movimenti del- le due. E l’esito non fu di quelli da lasciar dubbi: gli italiani
le flotte, se il vento non lo avesse diradato. Lo scontro fu ani- persero due navi (Re d’Italia e Palestro) ed ebbero 643 mor-
mato, rapido, violento, e perciò in un’ora e mezzo si decise del ti, gli austriaci nessuna nave affondata (solo il Kaiser fu gra-
più vasto combattimento navale dopo l’invenzione delle navi vemente danneggiato) e 34 morti; gli italiani rinunciarono
corazzate. [...] La popolazione di Lésina era tutta uscita sui alla conquista e rientrarono ad Ancona, mentre gli austria-
colli, per osservare la battaglia, non senza molta angoscia e ci rimasero padroni dell’Adriatico Orientale. Ciononostan-
molte preghiere per la vittoria della flotta imperiale, in cui te, i giornali italici parlarono di vittoria (v. riquadro a pag.
trovavansi centinaia de’ nostri isolani. Veduto l’esito, grida 54) e per svariati decenni la storiografia nazionale si rifiutò
di giubilo si levarono al cielo; tutte le chiese sonarono a festa e di ammettere la sconfitta.
s’inalberò il vessillo austriaco sullo stendardo in piazza, fra il Lotta fratricida. Sono molti i punti da chiarire e i miti
suono della nostra banda e le acclamazioni del popolo”. da sfatare su questa che fu la seconda battaglia perduta dagli
Questa è la cronaca della battaglia navale di Lissa come italiani nella Terza guerra d’indipendenza (l’altra fu Custoza,
riferita da un testimone oculare e riportata da un gior- v. riquadro a pag. 55). Intanto, per alcuni aspet-
nale “austriaco”, ovvero la Gazzetta uffiziale di ti, si trattò di uno scontro fratricida: c’erano
Venezia del 31 luglio 1866: dai colli del- italiani a bordo di entrambe le flotte, e non so-
l’isola dalmata di Lésina (oggi Hvar, in lo istriani e dalmati, che resteranno sudditi au-
Croazia) la popolazione assistette al- striaci fino al 1918, ma anche veneziani, veneti
l’epico scontro tra le due flotte che in- e friulani (tra i decorati austriaci 48 erano re-
tendevano dominare l’Adriatico, quella sidenti nella provincia di Venezia, 8 in quel-
austriaca di Wilhelm von Tegetthoff e la di Udine e 4 di Rovigo) i cui territori furo-
quella italiana di Carlo Pellion di Per- no annessi all’Italia solo all’indomani di que-
sano. Lo scontro prese il nome di Lissa sta guerra, in virtù del Trattato di Vienna.
FINALE
D’ITALIA CERCÒ INVANO IN MARE IL SUO RISCATTO
Il timone della fregata
Regina Maria Pia,
presente alla Battaglia
di Lissa (20 luglio 1866).

D’altronde, fino ai fatti del 1848 (v. articolo a pag. 24) la de- combattere gli uni contro gli altri».
nominazione ufficiale delle forze navali asburgiche fu Ma- La presenza, a bordo della flotta ita-
rina militare austro-veneta (Österreichisch-venetianische liana, di ufficiali ex asburgici fu tuttavia sotto-
kriegsmarine), la lingua ufficiale di bordo era il veneto e l’Ac- valutata dai comandi, che pur dovendo affrontare il
cademia navale era ospitata a Venezia, a ridosso dell’Arse- combattimento senza neppure una carta dell’isola non si de-
nale dell’ex Serenissima. Fu lì che dal 1840 al 1845 studiò un gnarono di chiedere loro un parere, nonostante conoscesse-
cadetto arrivato da Marburg, tra le montagne della Carnio- ro benissimo Lissa e le sue acque.
la (oggi Maribor, in Slovenia), che si chiamava Wilhelm von Strategica. Ma torniamo indietro per un attimo al Sette-
Tegetthoff e che da allora in poi si rivolgerà ai suoi marinai cento. Una volta che i vascelli ebbero sostituito le galee e la
sempre in veneto. E lì studiarono anche numerosi venezia- navigazione da costiera divenne d’alto mare, Lissa venne ad
ni che poi nel 1848 si schiereranno con la repubblica di Da- assumere il ruolo che per secoli era stato di Zara: quello di
niele Manin (v. riquadro a pag. 36) e, dopo il ritorno degli sentinella dell’Adriatico. Basta guardare una carta geografica
austriaci, prenderanno la via dell’esilio in Italia. Proprio per per rendersi conto della sua rilevanza strategica: sta nel mez-
questo motivo lo scontro di Lissa vanta anche un’altra parti- zo, più o meno equidistante tra nord e sud, tra est e ovest. Dai
colarità, come ha sottolineato Lawrence Sondhaus, docen- 587 metri del suo Monte Hum, nelle giornate limpide, si ve-
te all’Università di Indianapolis e tra i maggiori studiosi di dono sia la costa dalmata sia quella italiana: non c’è nave che
marineria asburgica: «Assieme a Gettysburg, questa fu l’u- possa entrare in Adriatico senza essere individuata.
nica battaglia in cui ex colleghi di accademia si ritrovarono a Dopo secoli di sonnacchioso dominio veneziano (Lissa era
un importante centro per la pesca delle sardine), durante il
Trattato di Vienna Accordo conclusivo della cosiddetta Terza guerra periodo napoleonico se ne impossessarono i britannici, tan-
d’indipendenza italiana, firmato il 3 ottobre 1866, con il quale l’Austria cedeva
il Veneto alla Francia (che l’avrebbe poi trasferito all’Italia).
to che già nel 1811 nelle sue acque si svolse una sanguinosa ▸
Arsenale Denominazione degli estesi cantieri navali veneziani.
Galea Nave da guerra in uso dal Medioevo al
Gettysburg Città della Pennsylvania (Usa) nei cui pressi fu combattuta nel luglio Seicento: lunga e stretta, si muoveva a forza di
1863 una sanguinosa e decisiva battaglia della Guerra civile americana. remi e con l’aiuto di una o due vele latine.

Il comandante perde la nave


La corazzata Re d’Italia, già
ammiraglia della flotta comandata
da Carlo Pellion di Persano
(a sinistra), affonda dopo essere
stata speronata dall’ammiraglia
austriaca Erzherzog Ferdinand Max.

S 53
LA FLOTTA ITALIANA ERA SUPERIORE PER TECNOLOGIA E
La flotta italiana era forte di 12 corazzate (tra cui il moder-
nissimo Affondatore, appena arrivato dall’Inghilterra e do-
tato – novità per l’epoca – di cannoni montati su torrette gi-
revoli anziché lungo le fiancate) ma era minata dall’insana-
bile contrasto che divideva gli ufficiali dell’ex marina sarda
da quelli ex borbonici, ai quali andava aggiunto un nucleo
L’ammiraglia
proveniente dall’ex marina pontificia più il gruppetto di ve-
L’Erzherzog Ferdinand Max, nave corazzata
e ammiraglia della flotta austriaca a Lissa. neziani di cui s’è detto. Le artiglierie navali italiane presero
a battere le difese costiere di Lissa, comandate da un colon-
nello in pensione, Urso de Margina, romeno d’Ungheria, e
battaglia navale, in cui la squadra inglese di William Hoste le misero fuori uso quasi tutte, tanto che la sera del 19 luglio
ebbe la meglio su quella franco-veneta comandata da Ber- Persano telegrafò ad Ancona: “La Gibilterra dell’Adriatico è
nard Dubourdieu, che perse la vita in combattimento. stata presa”. Peccato però che nessuno dei 600 fanti di ma-
Sfida sul mare. Il neonato Regno d’Italia aveva dunque rina avesse ancora messo piede sull’isola. Le operazioni di
ben chiara l’importanza di Lissa, e il 16 luglio 1866 mandò sbarco vennero avviate la mattina del 20, ed erano ancora in
a conquistarla la flotta al comando dell’ammiraglio Persa- pieno svolgimento quando, alle 7:30, l’Esploratore segnalò:
no, un torinese che non doveva essere un gran marinaio se “Navi sospette in vista”. Era la squadra di Tegetthoff. Ne fa-
tredici anni prima s’era incagliato con la corvetta Governolo cevano parte solo 7 fregate corazzate (cioè vascelli di legno
mentre a bordo c’era il re. Invece Tegetthoff, a dispetto del- ricoperti di metallo, non costruiti in ferro come quelli ita-
le sue origini alpine, aveva già dalla sua una vittoria nava- liani) e alcune vecchie unità come la fregata Novara, reduce
le, nel 1864, al comando della squadra austriaca mandata in dalla circumnavigazione del globo del 1857-59, e il Kaiser,
supporto ai tedeschi impegnati nella guerra contro la Dani- che nemmeno si sapeva se fosse stato dav-
marca per il possesso dello Schleswig-Holstein. vero in grado di navigare e che Teget-
thoff aveva fatto rinforzare fissando
Schleswig-Holstein Regione della Germania Settentrionale a lungo contesa.

E sui giornali proseguì la guerra delle notizie

È
interessante osservare il diverso l’Osservatore il 23 luglio, mentre il 24 sofferse molto; avrebbe perduti non
atteggiamento assunto dai gior- la Gazzetta riportava la notizia – evi- meno di otto bastimenti fra grandi
nali di fronte opposto dentemente di qualche giorno prima e piccoli, fra questi si crede vi sia
sull’esito dello scontro di Lissa. – dell’arrivo a Lissa di 20 naufraghi il vascello Kaiser”. In effetti la
I primi a riferirne furono quelli au- del Re d’Italia, che avevano nuotato voce dell’affondamento del
striaci. Sabato 21 luglio l’Osservatore ben 15 ore per mettersi in salvo. Kaiser fu così dura a morire che
triestino scriveva: “Col cuore ripieno Travisamenti. Davvero incredibile Tegetthoff dovette invitare a
del più valido conforto annunciamo è quanto scrissero invece i giornali cena a bordo dell’unità i corri-
oggi la vittoria riportata nelle acque italiani. La Perseveranza del 23 luglio, spondenti stranieri per convin-
dell’Adriatico dalla nostra flotta”, sotto il titolo La vittoria di Lissa, cerli del contrario.
quindi riportava il telegramma di riportava: “Basta una lettura attenta Pervicaci. Anche la Gazzetta di
Origini alpine
Tegetthoff all’imperatore (“Dopo due del dispaccio per convincersi che la no- Milano del 22 luglio non aveva L’ammiraglio
ore di combattimento il nemico fu re- stra flotta ha ottenuto una splendida dubbi: “Ciò che risulta evidente von Tegetthoff,
spinto e Lissa liberata”) e la risposta vittoria. […] Non crediamo di arrischiar è che la squadra italiana mise comandante
di Francesco Giuseppe: “Io la nomino troppo affermando che difficilmente le in fuga la squadra austriaca”. austriaco.
a viceammiraglio; i miei ringrazia- navi austriache potranno riavvicinarsi E se il 25 luglio Il Sole sembrò Era nato tra
menti agli ufficiali e alla truppa della alle coste istriane”. Più cauto nel dare prendere atto che le cose non le montagne
mia valorosa flotta”. notizia della battaglia era stato il 22 Il stavano proprio come prece- della Carniola
Cronaca a rilento. La Gazzetta uffi- Sole (“Fu una vittoria o una sconfitta? dentemente descritto (“La bat- (Slovenia).
ziale di Venezia diede la notizia della Il dispaccio è abbastanza sibillino per taglia di Lissa ha cessato di essere
vittoria solo il 22, con un’edizione lasciarcene quasi dubitare”) ma già il una vittoria”), la Perseveranza
straordinaria, ma i due quotidiani giorno successivo appariva più sicuro insistette (“La spavalderia austria-
continuarono a seguire la vicenda di sé: “I particolari, che cominciano a ca passa ogni limite e giunge fino
anche nei giorni successivi; “I prigio- trapelare, sul memorabile urto delle a cambiar la sconfitta in vittoria”)
nieri italiani arrivati questa mattina squadre, parlano altamente in nostro e la Gazzetta proseguì nell’inganno
raccontano che il contrammiraglio favore”. E in una corrispondenza ancora il 27, una settimana dopo lo
Tegetthoff quasi fulmine di guerra da Ancona, dov’erano rientrate tre scontro: “La flotta di Tegetthoff, che
comparve improvviso tra i legni nemi- unità cariche di feriti, riportava: “Da invece non è nemmeno in istato di
ci e con abilissimi movimenti [...] rup- quanto vien riferito dagli ufficiali riprendere il mare […] pretende ora
pe la linea poderosissima” scriveva dell’equipaggio, la flotta austriaca l’esclusivo dominio dell’Adriatico”.

54 S
NUMERI. MA NON BASTÒ Il brutto precedente di Custoza

D
isporre di 20 divisioni e to. Fu il classico caso del nemico
sulla prua e alle fiancate catene d’àncora e binari ferroviari mandarne in battaglia so- che non si comporta come si
(accorgimento utilissimo perché consentirà di neutralizza- lo 5 è una tattica suicida. vorrebbe: gli austriaci passa-
re i colpi dell’Affondatore). Quando Persano li vide profilar- E infatti la Battaglia di Custoza rono invece l’Adige e andarono
si all’orizzonte esclamò sarcastico: “Arrivano i pescatori!”. del 24 giugno 1866, il primo incontro agli italiani, che nel
importante fatto d’armi a cui frattempo si erano portati in
Speronati. In effetti i 252 pezzi d’artiglieria italiani po- prese parte il giovane esercito mezzo alle fortezze del quadri-
tevano sparare granate pesanti fino a un quintale e mezzo italiano (nato il 4 maggio 1861 latero pensando di interrompere
a mille metri di distanza, i 176 cannoni austriaci avevano dalla fusione degli eserciti sardo i collegamenti tra Verona, Man-
proiettili che al massimo arrivavano a trenta chili. L’unica e borbonico e delle forze gari- tova, Peschiera e Legnago.
possibilità, per Tegetthoff, era quella di stringere le distan- baldine), fu segnata già prima Confusione. Quando, il mattino
di cominciare. del 24, le truppe entrarono in
ze e cercare di speronare le navi nemiche usando il rostro. Separati. Gli alti comandi contatto si accese una serie di
Il tempo perso dagli italiani per recuperare a bordo le lance stabilirono di dividere in due combattimenti isolati che furo-
da sbarco cariche di uomini gli facilitò in questo il compito. l’esercito: il troncone principale, no scambiati da La Marmora per
L’altro errore fatale di Persano fu la decisione di trasferirsi condotto da Alfonso La Marmo- scaramucce tra avanguardie.
dal Re d’Italia all’Affondatore: una parte della squadra do- ra, forte di 12 divisioni, doveva I vari comandanti di divisione
attaccare il Veneto da ovest; non comunicarono fra loro e si
vette rallentare, nella linea di battaglia si aprì un varco e l’u- le 8 divisioni di Enrico Cialdini mossero indipendentemente
nico risultato fu che nel corso dell’azione i comandanti ita- dovevano passare il Po per l’uno dall’altro. La Marmora
liani non fecero caso agli ordini che provenivano da un’unità prendere gli austriaci alle spalle non assunse mai la direzione
priva delle insegne dell’ammira- (cosa che subito non fecero). della battaglia e si perse via a
glio (la radio non esisteva ancora Gli italiani, almeno in teoria, cavalcare dietro le linee per assi-
disponevano di 230 mila uomini, curare la ritirata in uno scontro
e si comunicava tramite bandieri- mentre le truppe dell’arciduca che ancora non era perso. Alle
ne). Le nere navi austriache ebbe- ▸ Alberto assommavano a 140 17:45 ordinò di ripiegare, con gli
mila combattenti. La Marmo- austriaci che, colpiti da perdite
Rostro Sperone metallico (dal latino ra, pensando che gli austriaci quasi doppie rispetto agli italia-
rostrum, “becco”) infisso nella prua sarebbero rimasti a difendersi ni (1.170 morti contro 714), non
118.584 delle navi da guerra allo scopo di forare
o danneggiare i vascelli nemici.
dietro l’Adige, il 23 giugno attra-
versò il Mincio ed entrò in Vene-
riuscivano a credere di essere
rimasti padroni del campo.
È il dislocamento di tutte
le navi corazzate e delle Linea di battaglia (o di fila) Formazione da
navi a vapore in legno combattimento per eccellenza delle marine A colpi di rostro
(senza contare i navigli militari a vela e fino alla Seconda guerra
mondiale. I vascelli procedevano uno dietro
La vecchia nave austriaca
minori) presenti a Lissa, Kaiser (al centro) tenta un
ossia il loro peso totale l’altro a ranghi serrati, allo scopo di evitare
di esporre alle bordate degli avversari il
controsperonamento ai danni
espresso in tonnellate. della corazzata italiana
punto più debole: la poppa.
Re di Portogallo (a sinistra)
ma nell’impatto danneggia
prua e albero di bompresso.
DOPO LA VITTORIA DI LISSA, A TEGETTHOFF FU CONFERITA
DAL COMUNE DI TRIESTE LA CITTADINANZA ONORARIA
ro così successo nel farsi sotto alle grigie unità italiane, che mezzo, videsi abbassare. Il momento era solenne e angoscio-
peraltro entrarono in battaglia solo in parte: i 10 vascelli in so, molti della ciurma nemica dimandavano pietà e mise-
legno al comando del contrammiraglio Giovan Battista Al- ricordia e gridavano: ‘Salvateci, siamo cristiani anche noi’.
bini rimasero a guardare, sottraendosi al combattimento. Due marinai corsero ad ammainare la bandiera di guerra,
La battaglia vera e propria iniziò alle 10:30, con Tegetthoff ma un ufficiale italiano a lor vicino la mantenne in alto e in
che impartì l’ordine: “Corazzate, colpite il nemico e affonda- due minuti di tempo si sprofondò in mare col bastimento e
telo”. Un’ora più tardi, l’ammiraglia austriaca Erzherzog Fer- con tutto l’equipaggio. Fra i colanti a fondo sarebbero state
dinand Max speronò l’ex ammiraglia nemica, il Re d’Italia, udite delle voci: Viva l’Italia!”.
peraltro impossibilitata a monovrare a causa di un colpo che Nel frattempo von Sterneck aveva diretto l’Erzherzog Fer-
aveva danneggiato la timoneria. Alla barra della prima c’e- dinand Max anche contro il Palestro, strisciandolo solo ma
ra un marinaio di Chioggia, Tommaso Penzo, detto “Ociai”. causando un incendio sul ponte, mentre da parte italiana
Fu a lui che il comandante austriaco Maximilian von Ster- un’analoga manovra del Re di Portogallo contro il Kaiser l’a-
neck urlò in perfetto veneziano dell’epoca: “Daghe drento, veva danneggiato gravemente senza però riuscire ad affon-
òstrega, daghe drento drito!” (Penzo sarà decorato per que- darlo. Alle 14:30 i combattimenti s’erano ormai affievoliti
sto con la medaglia d’oro al valor militare). quando si udirono alcune esplosioni a bordo del Palestro in
A picco. Il Re d’Italia affondò in due minuti e mezzo, tra- fiamme: poco dopo saltò in aria la santabarbara. Il coman-
scinando con sé 371 dei circa 600 membri dell’equipaggio, dante Alfredo Cappellini, veterano della Guerra di Crimea e
tra cui il comandante Emilio Faà di Bruno, il pittore Ippoli- dell’assedio di Gaeta, colò a picco con la sua nave e altri 225
to Caffi, che intendeva dipingere le fasi della battaglia, e il uomini. Si salvarono solo un guardiamarina e 23 marinai.
deputato Pier Carlo Boggio. La Gazzetta uffiziale di Vene- Con due corazzate affondate, gl’italiani abbandonarono il
zia del 31 luglio riporterà il racconto di un testimone ocula- campo. La Battaglia di Lissa era finita. Il 31 luglio Persano sa-
re: “L’urto fu formidabile; non un solo uomo rimase in piedi rà allontanato con disonore dal comando, e lo stesso avverrà
sulla nostra nave ammiraglia, e la nave nemica, spaccata a per Albini. Alla fin fine, il miglior epitaffio fu quello pronun-
ciato dal comandante austriaco: “Uomini di ferro su navi di
legno hanno battuto uomini di legno su navi di ferro”.d
Alessandro Marzo Magno

Santabarbara Il deposito delle polveri da sparo per i cannoni.


Guardiamarina Ufficiale di grado inferiore della Marina, corrispondente al
sottotenente dell’Esercito.

Pronti al fuoco
Il sottoponte con la
batteria di cannoni e (a
destra) alcuni marinai
del Principessa Clotilde.
Sotto, un proiettile
sparato a Lissa dalla
pirocorvetta italiana
Formidabile.

56 S
Vezza d’Oglio Corpo
Bezzecca Armistizio volontari
3ª GUERRA
Impero d’Italia di
d’Austria di Cormons D’INDIPENDENZA
Garibaldi
UN INFELICE BATTESIMO Levico
Brescia Verona Vicenza Generale Approfittando del conflitto
Padova La Marmora
DEL MARE PER L’ITALIA Peschiera tra Austria e Prussia, il Re-
Regno Custoza Trieste Generale
Venezia Cialdini gno d’Italia dichiarò guerra
d’Italia Nel 1866 un’altra alleanza, questa volta con la Prussia, Legnago
Mantova Flotta al suo nemico storico. Il ge-
austriaca
permise al nuovo Regno d’Italia la ripresa delle ostilità Pola nerale La Marmora entrò in
Stato Bologna Flotta
della Chiesa
con l’Impero austriaco. Nonostante due gravi sconfitte, italiana Veneto con le sue truppe dal
Custoza e Lissa, lo Stato sabaudo ottenne comunque Battaglie Mincio, Cialdini dal Basso
l’annessione del Veneto grazie alle Po e Garibaldi, con il Corpo
Ancona volontari d’Italia, attaccò
Firenze
vittorie prussiane. il Trentino. La sconfitta di
Lésina Ancona Custoza e della battaglia
F E D Lissa navale di Lissa portarono ra-
pidamente a un armistizio.
A Garibaldi, vittorioso a Bez-
Alla proclamazione Lissa zecca, fu chiesto di ritirarsi
5 dal Trentino. E lui obbedì.
del Regno d’Italia 2
il Veneto era
ancora in mano agli
austriaci e Roma, con 4 C
A Navi corazzate italiane
parte del Lazio, sotto 6 B Navi in legno italiane
il potere temporale della B
C Naviglio minore italiano
Chiesa. Dopo la campagna del D Navi corazzate austriache
1866 il Veneto venne annesso. 3 1 E Navi in legno austriache
F Naviglio minore austriaco

Lissa
A
Affondatore. Era una corazzata 10 km
della Regia marina, di fabbricazione
britannica, classificata come “ariete
corazzato a torri di 1° ordine”. Aveva 0 
due pezzi da 254/30 Armstrong e
due cannoni da sbarco da 80 mm.
Era la sola nave italiana con i can- LA BATTAGLIA DI LISSA (20/7/1866)
noni montati in torretta invece che 1 La mattina del 20 luglio lo sbarco italiano a 5 L’ammiraglia di Tegetthoff,
lungo la fiancata. A Lissa fu scelta
all’ultimo come nave ammiraglia, Lissa è interrotto dall’arrivo degli austriaci. l’Erzherzog Ferdinand Max,
ma non fu mai usata secondo le sue 2 La flotta austriaca, in formazione a V, avan- sperona il Re d’Italia, che af-
potenzialità di speronamento. za con in testa le navi di ferro. fonda; in seguito sperona anche il
3 L’ammiraglio italiano Persano trasborda dal Palestro, che incendiato esplode. La battaglia SMS Drache. Insieme alla gemella Sala-
mander, fu la prima corazzata a vapore
Re d’Italia all’Affondatore, costringendo le na- è ormai diventata una mischia in cui ogni nave costruita per l’Imperial regia marina da
vi al centro a rallentare e aprendo così un tenta di speronare l’altra. guerra (la marina militare dell’Impero
varco nella linea di battaglia. 6 Persino il Kaiser (in legno) ingaggia quat- asburgico) nei cantieri navali di Trieste.
4 Lo spazio vuoto è sfruttato dagli au- tro navi (in ferro) della retroguardia italiana Con il loro rivestimento in placche di fer-
striaci, che vi irrompono facilmente. e cerca di speronare il Re di Portogallo. ro e acciaio che raggiungeva i 114 mm, le
navi di questa classe rappresentarono la
prima evoluzione delle navi da guerra di
PIEMONTESI AUSTRIACI legno verso le moderne corazzate. Erano
12 corazzate ⍟ 10 navi di legno a vapore 7 navi corazzate ⍟ 7 navi di legno a vapore armate con 10 cannoni principali da 180
⍟ 68 mila tonnellate di stazza complessiva ⍟ 50 mila tonnellate di stazza complessiva mm e 18 cannoni secondari da 150 mm.
⍟ 2 corazzate perse ⍟ 643 morti ⍟ nessuna nave persa ⍟ 38 morti
UNA GUERRA AL CINEMA

PRIMA L’ENFASI E POI LA RIFLESSIONE:

MENO
P
er quanto possa sembrare sorprendente, non sono poi molti i film
sul nostro Risorgimento. Abbondante e ampiamente celebrativa la
produzione nell’epoca del muto, modesta e relegata all’ambito del-
la commedia, con gli avvenimenti storici sullo sfondo, in quella fascista.
In seguito, il tema ha interessato quasi esclusivamente grandi registi o

VILLAFRANCA TERESA
(1933) CONFALONIERI
Giovacchino Forzano tra- (1934)
sforma in film il suo dramma Con le vicende della moglie del
teatrale scritto con Benito patriota Federico Confalonieri,
Mussolini, e narra con tono incarcerato allo Spielberg nel
enfatico le vicende della Se- 1821, Guido Brignone vince la
conda guerra d’indipendenza, Coppa Mussolini alla Mostra
dai preliminari del conflitto fi- del cinema di Venezia. Merito
no all’armistizio di Villafranca anche della protagonista Mar-
dell’11 luglio 1859. ta Abba, musa di Pirandello.

LA PATTUGLIA SENSO (1954) VIVA L’ITALIA


SPERDUTA (1954) Luchino Visconti si ispira a una (1961)
Realizzato da Piero Nelli con novella di Camillo Boito per la Nel centenario dell’Unità
pochi mezzi e interpreti non storia di irredentisti e occu- (1861) Roberto Rossellini narra
professionisti. Senza retorica panti austriaci nella Venezia l’impresa dei Mille, dallo sbarco
raffigura le drammatiche del 1866. Vorrebbe intitolarlo a Marsala all’esilio di Garibaldi.
vicende di un’immaginaria Custoza, ma deve evitare i Il suo intento era dare ai
pattuglia perdutasi tra le riferimenti antipatriottici. personaggi una dimensione
linee nemiche lungo le rive Gira però una celebre scena umana senza mitizzazioni, ma
del Ticino, dopo la rotta della battaglia ispirata ai l’alto numero di sceneggiatori
di Novara del 1849. quadri di Giovanni Fattori. “Qui si fa l’Italia compromise il progetto.
o si muore”

IN NOME DEL ARRIVANO I ’O RE (1989)


PAPA RE (1977) BERSAGLIERI Il ritratto ironico di France-
Luigi Magni racconta la con- (1980) schiello, l’ultimo re di Napoli
danna a morte (l’ultima com- Sempre Magni ricostruisce Francesco II, in esilio a Roma
minata dallo Stato pontificio) la situazione a Roma dopo la dopo aver perso il regno a ope-
di Monti e Tognetti per l’at- breccia di Porta Pia. Mentre ra di Garibaldi, in un altro film
tentato alla caserma Serristori dilaga il trasformismo, un ari- del pungente Magni. Giancarlo
che nel 1867 provocò 23 morti stocratico ostile ai conquista- Giannini interpreta un sovrano
tra gli zuavi del papa. Nino tori ospita in casa uno zuavo placido e rassegnato, Ornella
Manfredi è il giudice ecclesia- pontificio, senza sapere che ha Muti è la determinata regina
stico che prova a salvarli. ucciso suo figlio bersagliere. Maria Sofia che trama ancora.
ECCO IL RISORGIMENTO VISTO DAI REGISTI ITALIANI

DI MILLE
è stato riesumato solo in occasione delle celebrazioni del centenario del-
l’Unità d’Italia. Da segnalare infine, in televisione, le miniserie Il generale,
di Luigi Magni, con Franco Nero nei panni di Garibaldi, e I viceré di Ro-
berto Faenza, passato anche al cinema. d
Andrea Frediani

1860 (1934) UN GARIBALDINO CAVALCATA CAMICIE ROSSE


Storia di un picciotto incarica- AL CONVENTO D’EROI (1949) (1952)
to di sollecitare l’intervento (1942) Realizzato nel centenario Le vicende di Garibaldi (Raf
dei Mille in Sicilia. Scarno e Terza regia di Vittorio De Sica. della Repubblica romana Vallone) dalla Repubblica
asciutto, tanto da essere con- Un garibaldino ferito si rifugia (1849), il film del regista Mario romana fino alla morte della
siderato anticipatore del neo- in un convento per scampare Costa ha intenti puramente moglie Anita, interpretata da
realismo, il film di Alessandro ai borbonici. Curato da due celebrativi, con una ricca serie Anna Magnani. Iniziato da
Blasetti cede comunque alla donne trova l’amore e riesce a di scene di battaglia nella Goffredo Alessandrini, il film
propaganda fascista inseren- salvarsi grazie all’arrivo di Nino zona gianicolense della Città viene finito da Francesco Rosi.
do una sfilata di camicie nere Bixio (De Sica stesso). Uno dei eterna, realizzate con insolito Fra gli sceneggiatori c’era
davanti ai reduci garibaldini. primi esempi di flashback. realismo per l’epoca. anche Enzo Biagi.

IL GATTOPARDO BRONTE (1972) QUANTO È BELLO


(1963) Con il sottotitolo Cronaca di LU MURIRE
Dal romanzo di Giuseppe un massacro che i libri di storia ACCISO (1975)
Tomasi di Lampedusa, è un non hanno raccontato, il film Il film diretto da Ennio Loren-
affresco della Sicilia del 1860- di Florestano Vancini descrive zini narra il tentativo (fallito)
61, con la sua classe dirigente la repressione attuata da Nino di Carlo Pisacane di organiz-
(Burt Lancaster e Alain Delon) Bixio a Bronte, con uno sguardo zare la rivoluzione contadina
che deve fare i conti con alle aspettative deluse del Sud. contro i Borbone in Calabria.
Garibaldi. Palma d’oro a Tratto dalla novella di Verga Il Pisacane del film è stato
Cannes, accurato negli scontri “Se vogliamo che tutto Libertà. Alla sceneggiatura accostato da qualche critico
fra borbonici e garibaldini. rimanga com’è, bisogna collaborò Leonardo Sciascia. al Che Guevara in Bolivia.
che tutto cambi”

IN NOME NOI CREDEVAMO


DEL POPOLO (2010)
SOVRANO (1990) Mario Martone rilegge il
Ed ecco la Repubblica romana Risorgimento e le sue pagine
del 1849 secondo Magni, oscure attraverso gli occhi di
attraverso le vicende di una tre ragazzi, due aristocratici
famiglia aristocratica: l’amore e un popolano, che nel 1828
per un garibaldino da parte reagiscono alla repressione
della marchesina spinge il borbonica aderendo alla
marito di lei a combattere “E tu ricorda: il servo che Giovine Italia di Mazzini,
“E se l’avessimo fatta contro i francesi.
non si ribella è peggio fra slanci e disillusione.

noi l’Italia?” del padrone che lo comanda”


S 59
LE BATTAGLIE
PER L’UNITÀ

Trento
Milano
Torino Verona
Venezia Trieste
Parma
Genova Modena
Bologna
Nizza Ravenna
Firenze

Roma

Napoli

Cagliari

Le fasi della
riunificazione Palermo
Regno di Sardegna
Annessione del 1859
Cessioni alla Francia
del 1860 (aprile) Le cucitrici di camicie rosse
Annessioni per plebiscito Nel quadro del 1863 di Odoardo Borrani
dell’11-12 marzo 1860 Annessione del (1833-1905) è palpabile la delusione per la
Annessioni per plebiscito 3 ottobre 1866 fallita impresa di prendere Roma, dopo il
del 21 ottobre 1860 Annessione del ferimento di Garibaldi sull’Aspromonte.
Annessioni per plebiscito 2 ottobre 1870
del 4 novembre 1860 Annessioni del 1920

N
el 1815 il re di Napoli e anti-
IL RAGGIUNGIMENTO DEI “CONFINI co compagno d’armi di Na-
poleone, Gioacchino Murat,
NATURALI” DELLA PENISOLA FU tentò di unire sotto il proprio
scettro gli Stati italici emersi dalla caduta
UN PERCORSO LUNGO E TRAVAGLIATO dell’imperatore; da allora, e fino alla Gran-

OLTRE
de guerra del 1915-18, il lungo cammino
verso il raggiungimento dei “confini natu-
rali” italiani è stato costellato di innume-
revoli atti eroici e prove di valore, di sforzi

UN SECOLO
titanici e pervicaci dedizioni agli ideali di
libertà, ma anche di ambiguità e contrad-
dizioni, di incapacità e codardie.
Se Murat non fosse stato sconfitto da-
gli austriaci a Tolentino – e se la situazio-

DI LOTTE
ne internazionale gli fosse stata più favo-
revole – forse l’Italia sarebbe nata sotto il
segno di una dinastia diversa da quella dei
Savoia. Da allora, comunque, ci volle al-
meno un trentennio perché le diverse am-

60 S
La partenza dei coscritti
L’Italia è ormai fatta, e la coscrizione è
obbligatoria in tutto il regno. Gerolamo
Induno (1825-1890) dipinge la chiamata
alle armi per la 3a guerra d’indipendenza.

bizioni democratiche, costituzionali, indi- l’Italia, ovvero l’esercito regolare, le for- li, in verità – e nell’impresa del 1860, per
pendentiste confluissero nel sogno unita- mazioni di volontari e la popolazione civi- non compromettere il re, venne lasciato
rio: alla Prima guerra d’indipendenza, in- le, provarono a coordinarsi, pur con risul- campo libero agli irregolari.
fatti, si arrivò solo dopo i moti carbonari tati ancora modesti: a dispetto delle gran- Fu quasi una guerra-lampo, quella di
del 1820-21, miranti a ottenere regimi più di prove offerte, non si raccolse nulla, ri- Garibaldi alla testa dei suoi Mille. Ma pri-
liberali, quelli del 1831 nell’Italia Centra- spettivamente, dai regolari a Goito, dagli ma che le Camicie rosse arrivassero a Ro-
le, volti a rovesciare duchi e papa e ambi- irregolari a Curtatone e Montanara, dai ma, minacciando di provocare una rivo-
guamente sostenuti dal giovane principe civili a Milano e a Brescia. luzione e una reazione di ben altra portata
piemontese Carlo Alberto, e la sfortuna- I Savoia ci riprovano. Fu necessario rispetto a quella nel Meridione, la dinastia
ta impresa dei fratelli Bandiera, convinti attendere la Seconda guerra d’indipen- sabauda e l’esercito regolare ripresero in
di poter sollevare la popolazione calabre- denza, e la collaborazione della Francia, mano il testimone, impossessandosi con
se contro il regime borbonico. per la prima acquisizione territoriale: la una breve campagna degli Stati pontifici.
Ma fu solo nel 1848 che uno Stato con Lombardia, che nel 1859 entrò a far par- Nel frattempo, l’azione popolare ne-
un esercito ben organizzato, il Regno di te del Regno di Sardegna. Fallita l’annes- gli Stati dell’Italia Centrale aveva porta-
Sardegna, si pose con decisione alla te- sione del Veneto, il nuovo obiettivo degli to alla fuga di duchi e granduchi filoau-
sta di un vasto movimento popolare or- unitari divenne a quel punto il Meridio- striaci. L’unità venne sancita da plebisciti
mai insofferente al governo austriaco, e ne, ovvero quel Regno delle Due Sicilie da e nel 1861 fu cosa fatta, almeno sulla car-
desideroso tanto di indipendenza quanto tempo squassato da sedizioni e rivolte in- ta. Ma mancavano ancora Roma, il Ve-
di un regime costituzionale. Fu allora che terne. I Borbone godevano di ampie pro- neto, il Trentino e il Friuli: sarebbero sta-
le tre forze combattenti che hanno fatto tezioni in Europa – più nominali che rea- ti necessari ancora mezzo secolo, favore- ▸

S 61
L’annuncio della pace
L’armistizio di Villafranca, l’11
luglio 1859, sancisce la fine della
L’EPOPEA RISORGIMENTALE NON
Seconda guerra d’indipendenza.
E Domenico Induno (1815-1878) MANCÒ DI COINVOLGERE ANCHE I
ritrae le reazioni alla notizia.
PITTORI, ALCUNI DEI QUALI PRESERO
PARTE ATTIVA AI COMBATTIMENTI
voli congiunture internazionali e milioni gorante guerra di trincea. Ma alla fine del II, quando era solo duca, hanno mostrato
di morti, per completare l’opera. devastante conflitto, i risultati furono ben in ripetute occasioni coraggio e freddez-
Alleanze vincenti. Per il Veneto si più modesti rispetto agli obiettivi; se non za. Ma c’era grande rivalità tra loro, e que-
dovette aspettare che nel 1866 la Prussia altro, però, il Paese inglobò i residui terri- sto ha compromesso più volte le strategie
sconfiggesse l’Austria: solo così, malgrado tori di etnia a maggioranza italiana, eccet- di guerra. E ancor più decisive si sono ri-
le batoste subite da parte nostra sui cam- tuata Fiume, recuperata temporaneamen- velate le carenze del comando supremo.
pi di battaglia, la Terza guerra d’indipen- te dal regime fascista in seguito. Se nella Seconda guerra d’indipendenza
denza ottenne il suo scopo. Generali inadeguati. Valore ed eroi- al vertice c’era Napoleone III, nella prima
Per Roma, dopo i tentativi degli irrego- smo, convinzione e costanza, distribuiti Carlo Alberto diede ampia prova dei suoi
lari frustrati dai francesi, il nuovo Stato in modo trasversale tra regolari, irrego- enormi limiti come comandante, e nel-
poté muoversi solo dopo che la Prussia lari e civili, hanno fatto l’Italia. Eppure, la la terza Alfonso La Marmora si rivelò del
aveva spazzato via anche la Francia di Na- nostra storia militare è contrassegnata più tutto incapace di gestire l’ampio fronte di
poleone III, protettore del papato. da sconfitte che da vittorie. Le sconfitte battaglia di Custoza; per non parlare del-
Restavano Trento e Trieste, ma i due degli irregolari, dei volontari, sono spesso l’ammiraglio Persano, artefice a Lissa di
obiettivi finirono col confondersi con le giustificabili: in fin dei conti affrontavano una disfatta marittima che neanche i più
mire imperialistiche del governo italiano un nemico meglio organizzato, superiore pessimisti avrebbero potuto prevedere.
di inizio ’900, che entrò nella Prima guer- in armamento e spesso anche nel numero. Fuori dagli schemi. Ben altra statura
ra mondiale con ben altre ambizioni di Ma come spiegare gli insuccessi o i suc- troviamo tra gli irregolari. Garibaldi non
conquista. Stavolta non ci furono civili e cessi solo parziali dell’esercito dapprima è stato solo un grande guerrigliero, ma
irregolari a combattere a fianco dei solda- piemontese, poi italiano, se non con le ca- anche un generale di straordinaria statu-
ti: c’era un esercito omogeneo e finalmen- renze dell’alto comando? I generali validi ra, tanto che gli americani vennero a of-
te italiano, capace di affrontare per tre an- non sono mancati: Cialdini, Fanti, Raffae- frirgli un comando nella Guerra di seces-
ni, con eguale spirito di sacrificio, una lo- le Cadorna e lo stesso Vittorio Emanuele sione. Il Volturno ne offre ampia testimo-

62 S www.focusstoria.it
SAPERNE DI PIÙ
Storia militare del Risorgimento, Piero
Pieri (Einaudi). Testo fondamentale sul
periodo, scritto da uno dei più importanti
storici militari del Risorgimento, che
esplora vie poco battute nelle ricerche
sull’argomento (fuori catalogo).
101 battaglie che hanno
fatto l’Italia unita, Andrea
Frediani (Newton Compton).
Dalle guerre di indipendenza
alle battaglie per la conquista
del Sud. Il racconto di
nientemeno che 101 di quei
sanguinosi scontri.
La prima guerra d’indipendenza
La presa di Roma italiana: 1848-1849, Massimo Zanca
Nel celebre quadro di Michele (Sometti). Da Gravellona a Milano, da
Cammarano (1835-1920) l’ingresso Goito a Peschiera, da Novara alla Bicocca
dei bersaglieri dalla breccia di i combattimenti illustrati dal capitano (e
Porta Pia il 20 settembre 1870. abile disegnatore) Stanislao Grimaldi.
Tanto infausta sì, ma pur tanto
Soldati gloriosa. La battaglia di Curtatone e
al bivacco Montanara, C. Cipolla e F. Tarozzi (Franco
Dopo aver Angeli). Lo scontro, le conseguenze e la
partecipato alle memoria di quel 29 maggio 1848.
battaglie per Il crinale dei crinali. La
l’Unità d’Italia, i Battaglia di Solferino e San
soggetti militari Martino, a cura di Costantino
divennero tra Cipolla (Franco Angeli). Una
i preferiti del raccolta di saggi che esplorano
macchiaiolo la battaglia del 24 giugno 1859
Giovanni Fattori in tutti i suoi aspetti, anche
(1825-1908). quelli apparentemente minori.
Solferino. Storia di un campo di
battaglia, Ulrich Ladurner (il Mulino).
Diario di guerra di un soldato austriaco,
riletto dal bis-nipote, sulla Battaglia di
Solferino del 1859.
Da Quarto al Volturno,
Giuseppe Cesare Abba (Sellerio).
nianza, così come tutte le battaglie vinte mento a compensare i limiti dell’esercito, Il racconto di un professore
ligure che partecipò allo
dapprima alla testa dei suoi legionari, poi dei volontari e delle insurrezioni popolari: sbarco dei Mille a Marsala.
dei Cacciatori delle Alpi, infine dei Mil- la diplomazia. Difficile negare che Cavour Un libro che sarebbe rimasto
le. E pensare che quando il futuro “Eroe conti, per l’unità d’Italia, quanto Garibal- inedito se Giosuè Carducci
dei due mondi”, reduce dalle campagne di: basti ricordare che il nuovo Stato con- non se ne fosse interessato
in Sud America, si presentò a Carlo Al- seguì la sua prima annessione, la Lombar- in prima persona.
berto offrendosi come generale, il re lo ri- dia, grazie agli accordi contratti dal pri- Il romanzo dei Mille, Claudio Fracassi
mandò al ministro della Guerra scriven- mo ministro piemontese con Napoleone (Mursia). Le vicende dei 1.089 volontari che
nel 1860 sbarcarono a Marsala con vecchi
do a quest’ultimo che sarebbe stato “diso- III alla vigilia della Seconda guerra d’indi- fucili, poche munizioni
norevole affidare il grado di generale a un pendenza, destinata altrimenti a risolver- e pochissimi soldi.
simile elemento”. si, senza l’alleato francese, in un insucces- Custoza 1866. La via
Ma non c’è stato solo Garibaldi: uomi- so pari a quello della prima. italiana alla sconfitta,
ni come Giuseppe Sercognani, Giacomo Ma non solo. Gli stessi successi di Gari- M. Gioannini e G. Massobrio
Medici, Giuseppe Avezzana, Giovanni baldi nel Meridione furono in pari misu- (Rizzoli). La cocente sconfitta
Durando, Guglielmo Pepe, Carlo Pisaca- ra frutto della politica cavouriana – da an- di Custoza e quello che ha
significato per il nostro Paese.
ne, pur non avendo brillato quanto lui e a ni indirizzata a guadagnare al nuovo Stato
dispetto dei loro frequenti insuccessi, so- un consenso internazionale – quanto della Gioventù ribelle. L’Italia del
Risorgimento, E. Martinez e M. Pizzo
no stati comunque capaci di convogliare dissoluzione degli eserciti papalino e bor-
(Gangemi). Dopo la Rivoluzione francese
dietro di sé, di organizzare e guidare lar- bonico. Senza l’azione della diplomazia, e il riformismo napoleonico ci fu la
ghe schiere di volontari, spesso semplici difficilmente gli altri Stati sarebbero rima- Restaurazione, che negò molti dei principi
civili privi di esperienza militare. sti a guardare le profonde modifiche negli di quel periodo. Storia di una generazione
Giochi diplomatici. E poi, per for- equilibri politici della Penisola prodotte dal di passaggio.
tuna, spesso è subentrato un quarto ele- dirompente espansionismo sabaudo. d

www.focusstoria.it S 63S 63
Mosca

MOSCA ■ È il Cremlino per antonomasia, la fortezza che ospita la residenza del presidente russo. Nel 1812, dopo la battaglia di Borodino, vi si

PSKOV ■ Per la vicinanza al Mar Baltico è stato per secoli il bastione contro gli invasori che arrivavano da occidente.

Pskov
installò Napoleone, che però fu subito costretto a lasciare Mosca in preda alle fiamme. Diede ordine di minarlo, ma i danni non furono ingenti.

Nel 1581 la guarnigione locale respinse per sei mesi gli assalti condotti dall’esercito polacco; nel 1615 fu posto sotto feroce assedio dagli svedesi.

I CREMLINI IL PIÙ CELEBRE È A MOSCA, MA OGNI


ANTICA CITTÀ RUSSA AVEVA IL SUO.
QUESTE FORTEZZE ERANO IL CUORE
DEL POTERE MILITARE, AMMINISTRATIVO
E RELIGIOSO

S 65
IN RUSSO KREML SIGNIFICA FORTEZZA. I LORO BASTIONI
RACCHIUDEVANO VERE CITTÀ CON ABITAZIONI, UFFICI E CHIESE

NIZHNIJ NOVGOROD ■ Completato nel XVI secolo, è il tipico cremlino “guerriero”, spoglio di fronzoli, ma nato esclusivamente come sistema

TOBOLSK ■ Avamposto nella conquista della Siberia, fu l’unico costruito al di là degli Urali. Era una cittadella più di rappresentanza che

66 S
Nizhnij Novgorod

difensivo contro le invasioni dei vicini popoli tartari. È formato da 13 torri alte da 18 a 30 metri, collegate da mura perimetrali dello spessore di 5 metri.

di difesa, visto che la regione era disabitata. Vi trascorsero parte dell’esilio Nicola II, l’ultimo zar, e la sua famiglia prima di essere uccisi dai bolscevichi.

Tobolsk

www.focusstoria.it S 67
QUANDO IL NEMICO ENTRAVA IN CITTÀ, GLI ABITANTI SI
RIFUGIAVANO DIETRO LE LORO MURA PER RESISTERE ALL’ASSEDIO

SMOLENSK ■ È il più grande, sorto in una città che per secoli fu l’unico baluardo contro le invasioni dall’ovest. Cadde per mano dei polacchi nel

ASTRACHAN ■ Fu costruito alla fine del ’500 su ordine del futuro zar Boris Godunov, e la posizione della città, sbocco della Russia sul Mar

68 S www.focusstoria.it
Smolensk

1611, dopo un quinto assalto; si rivelò ancora un grosso ostacolo durante la campagna di Russia di Napoleone e fu quasi raso al suolo dai nazisti.

Caspio, ne fece una roccaforte strategica. Formidabile la sua difesa: 38 torri, 6 km di cinta muraria alta 12 metri e con una doppia fascia di feritoie.

Astrachan
ERANO AL VERTICE DELL’ESERCITO AZTECO. PER INTIMORIRE

I guerrieri 18
7

A
vevano un aspetto che oggi evocherebbe atmo-
A B
sfere carnevalesche – indossavano infatti piume
sgargianti e pelli maculate – ma con loro c’era ben
poco da scherzare. Erano i guerrieri Giaguaro e i
guerrieri Aquila, l’élite dell’esercito azteco, temutissimi soprat-
13
tutto per la loro specialità: catturare i nemici vivi per sacrificar-
li sugli altari delle piramidi-tempio.
Gli Aztechi controllarono il Messico per
due secoli, dalla prima metà del Trecento al-
la conquista spagnola (intorno al 1520). Il lo-
ro impero, tra i più ricchi dell’America preco-
lombiana, si reggeva sulla potenza militare del-
le caste. I maschi adulti erano tutti guerrieri, la società
tribale non distingueva tra cariche civili e militari, gli
eserciti permanenti non esistevano: tutti era-
no chiamati a partecipare alle attività
belliche. A 15 anni i ragazzi entravano no
nei telpuchcalli (le “case dei giovani”)
dove imparavano l’uso delle armi,
anche se il tirocinio vero e proprio
avveniva in battaglia. Qui si impe-
gnavano al massimo, perché dimo-
strando coraggio e capacità anche i
giovani più umili potevano scalare la ge-
rarchia militare e raggiungere la ricchezza.
Un finale già scritto. Tra le tante società
guerriere, la più numerosa era quella dei Giaguari
(ocelomeh) nella quale si poteva entrare solo cat-
turando vivi in battaglia quattro o più prigionieri. 5
Chi possedeva ulteriori capacità (non è chiaro quali
fossero) poteva accedere al grado superiore, le Aqui-
6
le (quaquauhtin). Queste comunità religioso-militari
erano riconoscibili a colpo d’occhio per i loro costumi ispi-
rati ai rispettivi animali totemici e venivano armati, equi-
paggiati, mantenuti e alloggiati a spese dello Stato. L’aspet-
to maestoso e spettacolare era un elemento determinan-
te in battaglia, dove l’essere immediatamente riconoscibili
dai nemici funzionava come deterrente psicologico. Chi fi-
niva nelle loro mani non si faceva troppe illusioni sul pro-
prio destino, che consisteva nella morte in uno dei riti sa-
crificali imposti dalla religione azteca: i prigionieri cattura- 4
ti venivano portati nella capitale Tenochtitlán e qui aspettava-
no di essere sacrificati agli dèi.
A decretare la fine di questi guerrieri tanto coraggiosi e temi-
bili furono le armi e la tecnologia dei primi conquistatori euro- 1
pei. I colpi di cannone non infransero però del tutto la cultura
degli Aztechi, tanto che la loro lingua, il náhuatl, è ancora og-
gi parlata in Messico da più di un milione di persone. d
Giorgio Albertini

70 S
I NEMICI SI VESTIVANO ISPIRANDOSI AGLI ANIMALI

Giaguaro e Aquila
9
14
16

15
18

14
3

C 2

C
ome per tutti i popoli antichi, mazza di legno piatta e larga più o meno
anche per gli Aztechi non si quanto una mano, dalla quale su entrambi
può parlare di vere uniformi. i bordi spuntavano affilate lame
Si può certamente dire che gli prismatiche di ossidiana (11). Molte di
ordini militari si distinguevano queste armi erano incise nella parte
però dagli altri per alcune costanti centrale con motivi tradizionali (12).
nel modo di vestire. Nel disegno, Pur essendo molto più fragili delle spade
un guerriero Giaguaro (A) indossa metalliche europee, le macuahuitl erano
un abito confezionato con pelli ugualmente devastanti: secondo Bernal
dell’animale (1) per ricordare Díaz del Castillo, un soldato al seguito di
l’aspetto di Tezcatlipoca, il Hernán Cortés, una mazza azteca poteva
potente dio della notte, della decapitare un cavallo. Quest’arma veniva
bellezza e della guerra. Tali prodotta in dimensioni diverse, poteva
abiti potevano avere diversi avere anche l’impugnatura a due mani
colori: gialli, rossi, bianchi, ma (13) ed essere, sempre secondo il cronista,
soprattutto blu (2) con maculatura nera; “alta e pesante come un uomo”. Gli scudi
erano aperti sulla schiena e venivano chiusi (14), in vimini intrecciato ricoperto di
con vistosi fiocchi (3). I guerrieri Giaguaro cuoio, spesso erano riccamente decorati
portavano elmi di legno intagliato con dipinti, piume e placche d’oro. Per
(4), più decorativi che funzionali, che riparare ulteriormente il corpo erano
riproducevano la testa dell’animale e, applicate allo scudo delle spesse frange in
11
a seconda del valore e del grado del soldato, cuoio (15). Completava l’equipaggiamento
potevano essere decorati con piume (5). dei guerrieri aztechi un giacco di cotone
Il guerriero Aquila (B) ha un costume trapuntato (16) indurito con bagni nel
confezionato come un’armatura imbottita sale. Queste armature erano così leggere
12
12 ricoperta da un complesso tappeto di piume e fresche, pur rimanendo efficaci contro
8 (6) e, come il Giaguaro, porta un elmo i colpi di mazza e le frecce, che anche i
17 aperto in legno scolpito (7). Accovacciato, conquistadores spagnoli le adottarono.
un giovane scudiero (C) accompagna Chi non andava a piedi scalzi indossava
il veterano a cui è affidato portandogli i sandali (17) in fibre vegetali intrecciate.
bagagli e le armi. Non ha un’armatura, ma Gli ufficiali e i grandi capi portavano sulle
indossa un semplice perizoma (8) intorno spalle telai rivestiti di stoffe, frange in
10 alla vita. Tra le braccia tiene una lancia cuoio e soprattutto piume (18). Queste
di legno a cui sono applicate lamelle in impalcature potevano essere di così
ossidiana (9). La tipica arma offensiva delle complessa architettura da rendere quasi
élite azteche era la macuahuitl (10), una impossibili i movimenti.

S 71
PROVE
COREA 1950-1953

DI GUERRA
FREDDA
N
el giugno del 1950 Kim Il-sung aveva da poco com- te la Repubblica democratica popolare di Corea, una delle due
piuto 38 anni. Era nato nel 1912 da una famiglia parti in cui il Paese era stato diviso alla fine della Seconda guer-
di modeste condizioni, in un villaggio vicino a ra mondiale. Alle 4 del mattino del 25 giugno, all’alba di una do-
Pyongyang. I suoi erano ferventi presbiteriani, e il menica piovosa, Kim Il-sung ordinò alle batterie poste lungo il
piccolo Kim aveva imparato presto a suonare l’organo in chiesa. 38° parallelo di aprire il fuoco. Pochi minuti dopo, dieci divisio-
Era però cresciuto in Cina, dove la famiglia si era rifugiata: qui ni di fanteria e una divisione corazzata attraversarono la fron-
aveva aderito al Partito comunista, aveva partecipato alla guer- tiera dirette a sud. Ancora oggi a Seoul la guerra iniziata a quel
riglia contro i giapponesi che avevano invaso la Cina Settentrio- modo è detta “6·25” (cioè 25 giugno). Per tutto il resto del mon-
nale, e quindi si era trasferito in Urss, dove sarebbe diventato ca- do, fu la Guerra di Corea. ▸
pitano dell’Armata Rossa. Dal 1948 era – proprio su “nomina” Batteria Unità fondamentale dell’artiglieria, formata da quattro o più bocche da
sovietica – primo ministro della Corea del Nord, formalmen- fuoco dello stesso calibro, dal personale per azionarle e – qualora non semoventi
– dai mezzi necessari per il loro traino.
Presbiteriani Fedeli del presbiterianesimo: dottrina protestante, il cui governo è
affidato a consigli di “presbiteri” (pastori e anziani laici), diffusa principalmente Divisione corazzata Unità militare costituita da battaglioni di carri armati e
nel mondo anglosassone ma presente anche in molti altri Paesi. dalle relative unità motorizzate di fanteria, artiglieria e unità di supporto.

Forze in campo
A sinistra, soldati nordcoreani
all’offensiva in una foto di
propaganda. A destra, truppe
delle Nazioni Unite (in particolare
marines americani) per le vie di
Seoul, capitale del Sud.
Linea di confine
Mezzi dell’Onu
L’INVASIONE DEI NORDCOREANI attraversano il 38°
parallelo, confine
AI DANNI DELLA COREA DEL SUD tra le due Coree.

DETERMINÒ UN CONFLITTO CHE MISE


L’UNO CONTRO L’ALTRO PAESI UN
TEMPO ALLEATI. E APRÌ UN’EPOCA CHE
TENNE IL MONDO COL FIATO SOSPESO

S 73
Il cannone semovente M40 da 155
mm: forniva sostegno d’artiglieria
a lungo raggio alle truppe Onu. NEL ’92 FU RESO PUBBLICO UN
Il prologo. All’invasione Kim Il-sung si stava preparando da
tempo. Fra il 1946 e il 1949 oltre 10 mila giovani ufficiali coreani
erano stati mandati in Urss a studiare nelle scuole militari. Era
stata istituita la leva obbligatoria e, nello stesso 1949, due divi-
sioni di volontari che avevano combattuto in Cina a fianco di
Mao Tse-tung, contro i nazionalisti di Chiang Kai-shek, erano
rientrate in patria: 40 mila uomini perfettamente addestrati.
All’inizio dell’anno il fiore delle forze armate nordcoreane era
già concentrato a ridosso del confine: circa 150 mila uomini, 280
carri armati e 210 aerei da combattimento. Che cosa aspetta-
vano? Benché la decisione fosse ormai presa, condivisa da Mao
e con un “appoggio esterno” – come si direbbe oggi – di Stalin
Un ospedale chirurgico mobile
avanzato (Mash) americano (che però tenne l’Urss fuori dal conflitto diretto, tanto che alla
durante un’operazione. fine, in quel bagno di sangue, i russi uccisi sarebbero stati solo
282) Kim Il-sung stava ancora alla finestra: nella Corea del Sud
erano infatti in corso azioni di guerriglia organizzate dal parti-
to comunista locale con il supporto di almeno 5 mila “partigia-
ni” infiltrati dal Nord. Era dunque necessario attenderne l’esito.
Solo quando, nella tarda primavera, ci si rese conto che la rivol-
ta non avrebbe mai avuto successo, fu sferrato l’attacco.
Impreparati. In confronto l’esercito del Sud era, almeno in
principio, davvero poca cosa: neppure 100 mila uomini che fi-
no ad allora avevano essenzialmente svolto una funzione anti-
guerriglia, niente artiglieria pesante, pochi carri armati e pochi
aerei. Al massimo si potevano buttare sul campo di battaglia al-
tri 50 mila poliziotti!
Così l’inizio del conflitto fu fulmineo. Alle 11 del mattino la
Corea del Nord – mentre le sue truppe erano già penetrate pro-
fondamente in territorio nemico – dichiarò ufficialmente guer-
Ponte imbiancato Chiang Kai-shek Fu prima un militare, poi un politico cinese. Alla guida del Partito
L’equipaggio della nazionalista cinese, governò su gran parte del Paese dal 1928 al 1949, quando dopo
portaerei Uss Essex la sconfitta contro le truppe comuniste di Mao si ritirò a Taiwan.
pulisce il ponte di volo
dalla neve. Questa
nave fu impiegata
in Corea solo in una
seconda fase, a partire
dall’agosto 1951.
TELEGRAMMA CON CUI MAO CHIEDEVA ARMI E AIUTI A STALIN
ra. L’occasione? Un presunto attacco del Sud presso Haeju, lun- dotati dell’Hanyang 88, un fucile con baionetta entrato in ser-
go il confine. Era un pretesto, ma intanto le armate dilagarono. vizio nel 1895, e molti soldati nordcoreani avevano il Karabiner
Qualche ora più tardi si riunì il Consiglio di sicurezza dell’Onu, 98k, un vecchio fucile di fabbricazione tedesca con otturatore
la cui risoluzione chiese un immediato cessate il fuoco, con ri- manuale. A livello individuale, comunque, le armi più diffu-
pristino dello status quo. Ovviamente le truppe di Kim Il-sung se furono il fucile semiautomatico americano M1 Garand, l’in-
tirarono dritto. Il 27 giugno l’Onu decretò sanzioni contro la glese a ripetizione manuale Lee-Enfield e il fucile automatico
Corea del Nord e il giorno seguente votò la generale chiamata americano BAR. Di fatto la maggior parte dei sistemi d’arma
alle armi per liberare il Paese occupato. Per gli americani non era la stessa impiegata nel corso della Seconda guerra mondia-
ce ne fu bisogno: le loro truppe (per poche che fossero) erano le. Con una differenza: mentre nel mondo comunista l’ammo-
già sul posto. Ma ancora oggi negli Usa si parla di Korean con- dernamento era continuato, nel mondo occidentale esso – al-
flict e non di guerra: perché se fosse stata guerra ci sarebbe vo- meno per quanto riguarda le armi convenzionali – si era quasi
luto un voto del Congresso, che non ci fu mai. fermato, data l’enorme fiducia riposta nell’arma atomica come
Capovolgimenti di fronte. Gli storici dividono la Guer- elemento risolutore dei conflitti.
ra di Corea, dal 25 giugno 1950 al 27 luglio 1953, giorno dell’ar- “facce” vecchie e nuove. Di novità, comunque, ce ne fu-
mistizio, in quattro fasi (v. schema a pag. 77). Nelle prime tre rono. Visto il ruolo ormai prevalente sul campo di battaglia dei
il conflitto fu rapido e pieno di rovesciamenti di fronte: nel gi- mezzi corazzati, gli americani introdussero la granata M28: lan-
ro di 12 mesi i nordcoreani conquistarono praticamente tut- ciabile da fucile, apparve come l’unico efficiente mezzo di con-
to il Sud, poi furono ricacciati e perdettero anche quasi tutto il trapposizione, da parte della fanteria, ai carri armati T-34 di ▸
Nord, quindi intervenne l’esercito cinese e buona parte del Sud
Otturatore Nell’arma da fuoco a retrocarica è la parte che chiude e blocca la
venne ripreso dai comunisti, destinati però a essere nuovamen-
culatta (la parte posteriore della canna, dove viene posta la carica).
te respinti al di sopra del 38° parallelo. Praticamente, dopo un
anno si era tornati al punto di partenza. E ancora oggi il confi-
ne è più o meno quello di allora. Invisibili fino alla fine
Ma come, e con quali armi, venne combattuta una guerra che Soldati cinesi al riparo in
non avrebbe mai avuto un chiaro vincitore? Le più varie, consi- un cunicolo: attaccavano
derato anche l’elevato numero di Paesi partecipanti al conflit- col favore delle tenebre.
to, l’andamento di quest’ultimo (chi si ritirava, di volta in volta,
abbandonava spesso il proprio materiale al nemico) e lo stato
degli arsenali. Alcuni reparti cinesi, per esempio, erano ancora
Congresso È il parlamento degli Stati Uniti d’America. Si compone del Senato e
della Camera dei rappresentanti e ha sede a Washington.

Il premier
Kim Il-sung, primo
ministro della Corea
del Nord, nel 1953.

In discussione
Il presidente Usa Harry
Truman a colloquio con
il generale MacArthur,
comandante in capo
delle truppe americane.

S 75
Il carro dei “rossi”
TRA LE NOVITÀ INTRODOTTE, Il carro armato T-34, di
produzione sovietica,
UN GIUBBOTTO ANTISCHEGGE usato dalle forze
comuniste.
CHE RIDUSSE LE FERITE AL TRONCO
produzione sovietica. D’altra parte, sempre in Corea, debuttò
anche l’Rpg-2 (ruchnoy protivotankovy granatomyot, “lancia-
granate anticarro operato manualmente”), sostanzialmente il
primo bazooka progettato in Urss.
Sul terreno si affrontavano i “vecchi” Sherman, Chaffee, Per-
shing, Centurion (inglese) da una parte e, appunto, il T-34 dal-
l’altra. Non potentissimo, ma affidabile e perfettamente equi- lo studiato apposta per la guerra antisom), il Douglas F3D-2N
librato in tutti i suoi componenti (mobilità, capacità di fuoco, “Skynight” (in servizio dal 1951, era dotato di speciali radar per
semplicità di esercizio, protezione), è stato uno dei carri più dif- il combattimento notturno), il Grumman F9F-2 “Panther” e il
fusi in assoluto fino agli Anni ’90. Proprio contro il T-34 gli ame- Lockheed F-80C “Shooting Star”. Due aerei furono però prota-
ricani fecero debuttare in Corea l’M46 Patton, che era superio- gonisti più degli altri: il Republic F-84E “Thunderjet” e il North
re all’avversario in molti sensi: una blindatura di 102 millimetri American F-86A “Sabre”. Il primo sarebbe stato il principale ve-
contro 45, un cannone da 90 mm contro uno da 76 o da 85. Alla livolo di attacco al suolo degli alleati, con un’importante carat-
fine della guerra, però, l’M46 fu di fatto liquidato perché era già teristica: l’aereo era infatti stato progettato per lanciare la Mark
pronta la sostituzione con il suo successore, l’M47. 7, prima bomba atomica tattica americana. Il “Sabre” era invece
Superiorità aerea. Grandi novità, invece, nei cieli. Qui gli un jet-fighter puro: fu uno dei primi velivoli con ala a freccia e il
americani imposero immediatamente il proprio dominio gra- primo aereo di serie a superare il muro del suono.
zie soprattutto a velivoli di nuovissima concezione, i jet. Esor- La differenza? nel pilota. A questi nuovi velivoli, le forze
dirono infatti nel conflitto il caccia McDonnel F2H-2 “Banshee” aeree comuniste opponevano vecchi aerei a pistoni, un jet dalle ▸
(che aveva le semiali ripiegabili per poter essere meglio imbar-
Attacco al suolo Azione aerea volta a distruggere caserme, fortificazioni,
cato sulle navi), il Grumman AF-2W “Guardian” (primo velivo- depositi e naviglio leggero. O a fornire fuoco di appoggio alle unità di fanteria.

Bazooka Arma portatile che consiste in un tubo da cui viene lanciato un razzo Bomba atomica tattica Rispetto a quella di tipo strategico (che colpisce intere
anticarro. Il primo esemplare fu l’M1 americano (1942). popolazioni) ha potenza ridotta e causa danni circoscritti al campo di battaglia.
Guerra antisom Guerra antisommergibile, ovvero quella parte della guerra Muro del suono Espressione usata per indicare la velocità alla quale si infrange
navale che impiega aerei e mezzi navali per attaccare i sommergibili nemici. l’onda di propagazione del suono nell’aria (pari a circa 1.200 km/h).

Il debuttante Anticarro
Lo sbarco di un M46 portatile
Patton, carro armato Usa Un sergente
che esordì in Corea. americano
mostra il razzo
di un bazooka
ai suoi uomini.

Un involontario

G
li ecologi la considerano l’ha-
bitat di tipo temperato meglio
conservato al mondo. È la Dmz
(demilitarized zone, “zona demilitariz-
zata”) coreana, cioè la striscia di terra
disabitata che da più di cinquant’anni
separa i due Stati: un migliaio di chilo-
▸ metri quadrati (è lunga 250 km e larga
4) protetti da inferriate, mura e fortifi-
cazioni da una parte e dall’altra e che
attraversa territori diversi: montagne,
foreste, praterie, laghi, paludi...

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IL CONFLITTO IN QUATTRO ATTI
I PARTECIPANTI
Nel corso della guerra si affrontarono da una
CINA 1. L’INVASIONE
Corea del Nord
parte le truppe accorse a difesa della Corea Kanggye Chogjin
Giugno 1950. Le forze armate della Corea del Nord dilagano
del Sud, su richiesta dell’Onu, dall’altra al Sud. La capitale Seoul, a una cinquantina di chilometri
Territori Sinuiju dal 38° parallelo, resiste tre giorni. Dal Giappone comincia-
quelle di Corea del Nord, Cina e – in misura occupati dai Hungnam
ridotta – Unione Sovietica. Ecco alcune nordcoreani no ad arrivare le prime truppe americane, che però servi-
PYONGYANG Mar del ranno solo a gestire una ritirata organizzata. Malgrado la
stime, a conflitto terminato: Wonsan Giappone
FORZE ONU Circa 1.180.000 effettivi: loro superiorità aerea, gli alleati non riescono a fermare l’a-
Corea del Sud 38° N
Corea del Sud (591 mila), Stati Uniti (480 vanzata nordcoreana. Alla fine, tuttavia, dopo una durissi-
Inchon ma battaglia sul fiume Naktong, gli invasori sono bloccati.
mila), Regno Unito (63 mila), Canada (27 SEOUL Kangnung
mila), Australia (17 mila) oltre a contingenti Offensiva Ad americani e sudcoreani resta il controllo del cosiddetto
nordcoreana Mar Taejon “perimetro di Pusan” nel Sud-Est del Paese: un ritaglio
più piccoli di Filippine, Turchia, Francia, Giallo Taegu
Grecia, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, di terra lungo 140 chilometri e largo 90, affacciato sullo
Nuova Zelanda, Sudafrica, Thailandia, Risposta forze Kwangju stretto che divide la Corea dal Giappone. Tutti gli attacchi
Nazioni Unite Pusan
Colombia ed Etiopia. Il Giappone garantì comunisti si infrangono su questo ultimo fronte, mentre
(Onu)
supporto navale. Inviarono aiuti sanitari GIAPPONE cominciano ad arrivare i rinforzi, via mare e via cielo.
India, Danimarca, Norvegia e Svezia.
L’Italia, pur non essendo ancora Paese
membro dell’Onu (lo sarebbe stato solo CINA 2. LA RICONQUISTA
Corea del Nord
dal 1955), inviò un ospedale da campo. Settembre 1950. Il generale MacArthur pianifica il contrat-
Kanggye Chogjin
PAESI COMUNISTI Circa 1.570.000 effettivi: tacco: uno sbarco in grande stile presso Inchon, nel Mar Gial-
Corea del Nord (750 mila), Cina (780 mila), Corea del Sud Sinuiju lo, a ridosso del 38° parallelo. Lo scopo? Prendere alle spalle
Urss (26 mila). Hungnam
le armate nordcoreane, che sono 200 km più a sud, intrappo-
Territori PYONGYANG Mar del larle e tagliare loro le linee di rifornimento, ormai allungate.
controllati da Wonsan Giappone
Le forze Onu L’operazione riesce, mentre contemporaneamente, da Pusan,
forze Onu 38° N
non erano solo Inchon si avvia la controffensiva (tra le battaglie più sanguinose del
americane: Kangnung conflitto). La ritirata dei nordcoreani è rovinosa e caotica.
Controffensiva SEOUL
qui artiglieri In due settimane tutta la Corea del Sud è liberata e iniziano
forze Onu Mar Taejon
turchi issano Giallo i bombardamenti sul Nord. Il 9 ottobre gli alleati passano il
Taegu 38° parallelo, il 19 ottobre si impadroniscono della capitale
la bandiera del
Preparativi Kwangju nordcoreana Pyongyang e il 26 ottobre raggiungono il fiume
loro Paese. cinesi Pusan
Yalu, quasi al confine con la Cina. Guerra finita? Tutt’altro:
GIAPPONE da tempo i cinesi stanno concentrando truppe al confine.

CINA 3. L’INTERVENTO CINESE


Corea del Nord
Kanggye Chogjin Novembre 1950. Sono oltre 850 mila i “volontari” dell’E-
sercito popolare cinese ammassati a ridosso del fiume
Territori Sinuiju Yalu. Il generale MacArthur non crede a un loro intervento
controllati dai Hungnam
nordcoreani massiccio, e invece la notte del 25 novembre l’attacco è de-
PYONGYANG Mar del vastante: 300 mila cinesi si abbattono – con la tattica della
Wonsan Giappone
“valanga umana”, irresistibile anche se comporta perdite
Corea del Sud 38° N
enormi – sulle linee alleate. L’esercito sudcoreano è subito
Inchon in rotta, mentre quello americano riesce a organizzare
Offensiva SEOUL Kangnung
efficacemente la ritirata: sarà la più grande della propria
LE PERDITE nordcoreana
e cinese
Mar Taejon
Giallo storia, con circa 100 mila soldati e 17.500 veicoli evacuati
FORZE ONU Circa 370 mila, fra morti e feriti. Taegu da 109 navi. Il 5 dicembre cinesi e nordcoreani riprendono
PAESI COMUNISTI Da 1.100.000 a 1.400.000 Kwangju
Pusan
Pyongyang. Il 4 gennaio 1951 sono nuovamente a Seoul.
morti e feriti, a seconda delle stime. Evacuazione L’avanzata è però lenta, perché la scarsa struttura logistica
forze Onu
CIVILI Circa 2 milioni di morti e feriti, tra Sud GIAPPONE cinese non consente operazioni fulminee.
e Nord del Paese.

CINA 4. STABILIZZAZIONE E FINE


Corea del Nord
Chogjin Gli alleati si riorganizzano e nel marzo 1951 riconquistano
parco naturale
Kanggye
Seoul. Inizia una lunga guerra di posizione sul 38° parallelo:
Corea del Sud Sinuiju per due anni il conflitto si trascina fra attacchi e contrat-
Biodiversità. I naturalisti vi hanno Hungnam
tacchi e ricorda la guerra di trincea del ’15-’18. In aprile il
censito 2.900 specie vegetali, 320 tipi di Linea di PYONGYANG Mar del
frontiera presidente americano Truman esonera il generale MacAr-
uccelli e 70 di mammiferi. Alcuni animali Wonsan Giappone thur (che chiedeva di poter usare le armi atomiche contro
sancita
sono ormai quasi introvabili altrove: la Panmunjom 38° N
dall’armistizio la Cina) temendo un allargamento del conflitto. Il dominio
gru della Manciuria (Grus japonensis), la del 27 luglio Inchon dei cieli da parte degli alleati è comunque assoluto: tutti gli
gru dal collo bianco (Grus vipis), l’orso 1953 SEOUL Kangnung
Mar aeroporti nordcoreani sono cancellati, e anche quelli cinesi
tibetano (Ursus thibetanus), la tigre Giallo Taejon vengono rasi al suolo, mentre iniziano i negoziati per l’ar-
siberiana (Panthera tigris altaica). Qui è Taegu mistizio. Dopo una tale operazione di “ammorbidimento”
stato avvistato anche il leopardo dell’A- Kwangju (a fine conflitto si conteranno 177 mila tonnellate di bombe
mur (Panthera pardus orientalis), il più Pusan
sganciate sul Nord) il 27 luglio 1953, a Panmunjom, i coman-
raro felino al mondo, di cui restano solo danti militari dei Paesi coinvolti firmano l’armistizio.
poche decine di esemplari. GIAPPONE

www.focusstoria.it S 77
La bolla volante
ANCHE PER GLI ELICOTTERI FU IL Il Bell H-13 con la celebre
cabina a bolla. Il suo
VERO DEBUTTO. ALL’INIZIO PERÒ NON impiego principale fu in
operazioni di soccorso.
ERANO USATI IN COMBATTIMENTO

prestazioni ancora non soddisfacenti (il MiG-9) ma anche un


caccia che, invece, stava dimostrando una grande efficienza: il
MiG-15, entrato in produzione solo nel 1947. Di fatto, nei mu-
sei aeronautici di tutto il mondo, ancora oggi “Sabre” e MiG-
15 sono messi in mostra uno accanto all’altro, tanto essi hanno
inaugurato proprio in Corea l’epoca dei duelli jet-to-jet.
Le loro caratteristiche erano diverse. Il MiG-15 riusciva a sa-
lire quasi mille metri più in alto dell’avversario, aveva una mag-
giore accelerazione, una maggiore velocità ascensionale e armi
più potenti: tre cannoncini (uno da 37 mm e due da 23) contro le
sei mitragliatrici da 12,7 mm del “Sabre”. Questo era però molto
più veloce e i suoi sistemi d’arma avevano un tiro molto più pre-
ciso. Spesso, comunque, nei duelli aerei a essere determinante
era la qualità del pilota. E quando alla cloche di un MiG-15 c’era
un veterano russo, piuttosto che un nordcoreano o un cinese,
la differenza si vedeva. Mentre il conflitto era in corso i sovieti-
ci negarono sempre di aver “prestato” piloti alla Corea del Nord.
In seguito si seppe invece che erano in gran numero, volavano
con la divisa coreana (o addirittura in abiti civili) e portavano
con sé una specie di tabella con le più frequenti frasi in corea-
no, da adoperare nelle comunicazioni via radio.
In formazione Infine, gli elicotteri. Erano comparsi per la prima volta sui
Due Sikorsky H-5 (sopra) campi di battaglia nel 1944, soprattutto in Birmania, ma il loro
e un H-19 (a sinistra),
elicotteri di soccorso e da uso era stato limitato. In Corea ebbero largo impiego: anzitutto
trasporto impiegati dalle per l’osservazione e la ricognizione, poi per interventi di rifor-
truppe Onu in Corea. nimento, di recupero di piloti precipitati oltre le linee nemiche,
di evacuazione dei feriti. In combattimen-
to vennero anche impiegati spesso dalla Us
5.720.000 Navy per operazioni di gunfire spotting: gli
elicotteri seguivano il tiro delle batterie delle
È il numero totale
dei militari navi, lo correggevano e lo indirizzavano. Nei
statunitensi inviati cieli della Corea esordirono i Sikorsky H-5 e
in Corea del Sud,
a vario titolo, nel periodo Velocità ascensionale È il valore della componente
compreso tra il 1950 verticale della velocità. Molto elevato nei caccia
e i giorni nostri. intercettori, aerei in grado di raggiungere rapidamente
la quota di volo dei velivoli da intercettare.

Bazooka formato maxi


Soldati Usa sparano con l’M20,
noto come “superbazooka”, arma
anticarro da 75 mm senza rinculo.
Verso un’altra guerra?

26
marzo 2010: un siluro il proprio riarmo e la corsa alla
lanciato da un sotto- bomba atomica» spiega Fabrizio
marino nordcoreano Maronta, docente di Geografia
affonda la corvetta sudcoreana politica ed economica all’Univer-
Cheonan (46 morti); 23 novem- sità Roma Tre.
bre: improvviso bombarda- Il Sud non è più militarmente
mento nordcoreano dell’isola inferiore al Nord. A Yongsan ha
sudcoreana di Yeonpyeong (4 inoltre sede l’8a armata america-
morti); 23 dicembre: imponen- na: oltre 20 mila uomini con ar-
ti esercitazioni militari sudco- mamenti d’avanguardia. Le varie
reane, con contemporanee opzioni di risposta a un attacco
esercitazioni di protezione civile, sono già state accuratamente
il Paese si ferma e pianificate. E questo a Pyong-
la gente scende nei yang lo sanno benissimo.
rifugi. Si va incontro a Realismo. La posizione di Russia
una nuova Guerra di Corea? Diffi- e Cina verso la Corea del Nord
cile dirlo, poiché gli elementi da non è più quella del 1950. Se for-
considerare sono molteplici. malmente Pechino è il primo al-
L’aggressività nordcoreana non leato di Pyongyang, «un conflitto
Oltre il muro è mai venuta meno negli ultimi coreano giocherebbe a sfavore
Quattro F-86A “Sabre” in formazione. decenni: di fatto, il confronto- del tentativo in corso di instaura-
Il “Sabre” fu il primo aereo di serie scontro con il Sud continua a rap- re una pax cinese in tutta l’area»
a superare il muro del suono. presentare la “ragione di vita” spiega Maronta «e porterebbe al-
del regime di un Paese affamato, l’instabilità, con il rafforzamento
dove l’aspettativa di vita è scesa della presenza americana invece
H-19 e il piccolo Bell H-13, ribattezzato “Sioux”, inconfondibile a 63 anni (contro i 78 del Sud). del suo ridimensionamento».
per la sua cabina a bolla. Consapevolezza. Al contrario, Al governo del Nord non manca
Una tattica inedita. Nuove tecnologie, jet, radar... eppu- pur armando fino ai denti il il realismo: oggi l’unica risorsa
proprio esercito, la Corea del economica del Paese è rappre-
re ci fu anche altro. Se vogliamo, qualcosa di primitivo. Per la
Sud ha scelto in passato la via sentata dal polo industriale di
prima volta, in Corea, gli eserciti occidentali si trovarono in- del disgelo: dal 1998 al 2008 la Kaesong, a ridosso del confine,
fatti davanti a qualcosa che avrebbe indotto il generale MacAr- cosiddetta sunshine policy dell’al- una zona franca dove 120 imprese
thur, comandante in capo americano, a scrivere a Washington: lora presidente Kim Dae-jung ha del Sud (Hyundai compresa)
“Questa è una guerra del tutto nuova!”. Di fronte a lui, infatti, al- inviato miliardi di dollari al Nord danno lavoro a 40 mila operai del
per aiuti umanitari. «Peccato che Nord. Ebbene, anche nei giorni
la fine del 1950 si erano presentate per la prima volta la “valan-
con quel denaro il regime nordco- più caldi, qui la produzione non è
ga umana cinese” e una tattica inedita. I cinesi attaccavano in- reano abbia invece finanziato mai stata sospesa.
fatti di notte, perché in questa maniera sfruttavano i loro punti
forti (resistenza, capacità di mimetizzarsi, enorme numero di
combattenti) e mascheravano i propri punti deboli (mancanza rea avrebbe segnato il debutto della Cina comunista come po-
di artiglieria, di supporto logistico e impossibilità di difesa da- tenza militare, anche se per il momento solo nello scacchie-
gli attacchi aerei). Sarebbe diventata famosa una lettera, inviata re orientale, dove si sostituì a una Unione Sovietica che aveva
dal soldato James Cardinal ai propri genitori, nel gennaio 1951, preferito non rischiare un conflitto con gli Usa che – allora sì –
e poi pubblicata più volte dai media: “I cinesi ci stanno letteral- avrebbe potuto diventare nucleare. Ma la ferita nei rapporti fra
mente prendendo a calci. È impossibile fermare queste orde, ce i due partiti comunisti che reggevano i Paesi, un tempo gemel-
ne sono semplicemente troppi perché sia possibile per noi com- li, sarebbe rimasta aperta per decine d’anni.d
batterli. Se dobbiamo opporci al comunismo facciamolo in Euro- Remo Guerrini
pa, che è la culla della nostra civiltà occidentale. A me pare che
sia più giusto battersi per quella, che non in uno squallido deser- SAPERNE DI PIÙ
to orientale, contro innumerevoli orde di guerrieri selvaggi”. Storia della Corea, Maurizio Riotto La Guerra di Corea, Steven H. Lee (Il
E invece l’orda fu fermata, anche se ci fu, in effetti, un momen- (Bompiani). Le vicende di una nazione Mulino). Il grande scontro tra il mondo
di grande importanza geopolitica. occidentale e quello comunista.
to in cui il mondo occidentale tremò. Di fatto, la Guerra di Co-

Piloti in prestito
I MiG-15, gli efficientissimi caccia
delle forze comuniste, videro
spesso alla cloche piloti sovietici.

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WARS  RECENSIONI

DA ROMA ALL’UNITÀ
Europa, con, a margine, gli interessi
SAGGISTICA economici dei mercanti italiani. ROMANZI
A cura della Libreria Militare Pagine 768, Laterza, € 24 A cura di Roberto Graziosi
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Guardie e ladri La croce perduta. Il teutone
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a cura di Massimo Lunardelli
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Nelle attuali Un monaco guerriero
appartenente
Castra. Campi e fortezze celebrazioni per
l’Unità d’Italia è all’Ordine dei
dell’Esercito romano doveroso ricordare cavalieri teutonici
di Giuseppe Cascarino non solo l’epopea attraversa, alla
Coronamento delle guerre guida di un manipolo
della precedente d’indipendenza o di uomini, le terre
opera in tre volumi l’impresa dei Mille, dell’Est europeo
sull’Esercito romano, ma anche quella devastate dai Tartari.
questo dotto e tragica e sanguinosa Sta scortando un
tecnico volume guerra che fu la lotta al brigantaggio: mercante veneziano che ha un preciso
affronta, con la un capitolo che vide contrapposto per incarico: recapitare una lettera del
tipica chiarezza e anni l’intero esercito regolare sabaudo Doge di Venezia per il Gran maestro
capacità evocativa a bande di ribelli borbonici, predoni, dell’Ordine di Prussia e una reliquia
del suo autore, malfattori comuni, villici disperati. di valore inestimabile, una croce
un particolare aspetto dell’epopea L’autore ricostruisce, dalla viva voce degli tempestata di gemme, appartenuta
militare romana: la capacità – che estensori di oltre cento verbali dei Reali a sant’Elena, madre dell’imperatore
tanto sorprendeva i nemici – di far carabinieri e dell’esercito, piccole storie Costantino. Dopo circa vent’anni di
nascere a ogni sosta dell’esercito in sconosciute, restituendo con vividezza battaglie in Terrasanta quest’uomo,
marcia una sorta di piccola città. motivazioni, sensazioni ed emozioni armato soltanto della sua spada e
Finalmente spiegate nei minimi dettagli di chi stava combattendo questa della propria fede incrollabile, si trova
le regole di disposizione e le tecniche guerra non dichiarata: storie dalle quali a misurarsi con altri infedeli, che si
di allestimento dei campi fortificati, appaiono anche le ragioni del “nemico”. riveleranno ancora più temibili di
l’evoluzione degli stessi prima in Turchi e Saraceni...
Pagine 200, Blu Edizioni, € 14
fortezze permanenti e poi in città, Pagine 274, Piemme, € 18,50
il loro ruolo nella difesa del limes e
nell’espansione dell’impero. Perché se è
XX Battaglione eritreo
vero che dove c’era l’aquila della legione di Indro Montanelli 476 a. D. L’ultimo imperatore
c’era Roma, è anche vero che dove c’era (a cura di Angelo Del Boca) di Giulio Castelli
l’aquila c’era anche un castrum. Tenuto celato da Va in scena l’ultimo
Pagine 262, Il Cerchio, € 24 anni per motivi atto della storia
di opportunità, dell’Impero romano
Lepanto. viene finalmente (e, al tempo stesso,
ristampato il il terzo capitolo della
La battaglia dei tre imperi primo romanzo trilogia dell’autore).
di Alessandro Barbero di Montanelli, Il senatore Flavio
Con la consueta con il viatico del Ascanio ha vendicato
capacità del raffinato noto storico del l’imperatore Antemio
storico e del grande colonialismo (che era stato
divulgatore, Barbero Angelo Del Boca, per oltre trent’anni assassinato nel corso della guerra
non solo fornisce ferocemente irriso e contestato dallo civile appena terminata) e, braccato
una accurata stesso giornalista, che poi ne riconobbe dai seguaci del barbaro Ricimero, lotta
e dettagliata le ragioni e le capacità. Stampato a sua con tutte le sue forze per salvare se
narrazione di una insaputa nel 1936 dagli amici rimasti stesso e quel che resta dell’Impero
delle battaglie più in patria, il volume ebbe vastissimo e, romano d’Occidente. Sulle orme del
celebrate della Storia: per l’autore, inspiegabile successo. protagonista, il romanzo guida il
ricostruisce minuziosamente lo scenario Vi si ritrovano la chiarezza e la forza lettore nel corso di un viaggio virtuale
geopolitico e diplomatico antecedente della prosa montanelliana, la capacità e avvincente che, partendo da Roma,
e, soprattutto, la straordinaria fortuna di tratteggiare – con pochi cenni – tocca Costantinopoli, passando per
della mitizzazione della battaglia per atmosfere, emozioni e caratteri l’Illiria e la Gallia, fino ad arrivare alla
motivi politici, religiosi e ideologici. dei personaggi citati. Una perfetta lontana Britannia. Qui Flavio Ascanio
La tesi, originale e fuori dal coro, è che in ricostruzione delle motivazioni e delle sarà chiamato a combattere la sua
realtà, al di là delle dichiarate intenzioni sensazioni di una generazione illusa battaglia decisiva al fianco dell’ultimo
e interpretazioni, si trattò di uno scontro (ma sulla via d’una rapida disillusione). discendente della nobiltà romana.
di potenza tra imperi per il dominio in Pagine 237, Rizzoli, € 19,50 Pagine 508, Newton Compton, € 12,90

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GIOCHI DA TAVOLO VIDEOGAME
A cura di Spartaco Albertarelli A cura di Paolo Paglianti

Magnifico
L’idea: immaginare come
sarebbe andata la storia
militare del Cinquecento se
i potenti dell’epoca avessero
dato credito all’apparente follia
creativa di Leonardo e ne avessero
finanziato la realizzazione dei
progetti. Forse avremmo avuto, già a
quell’epoca, campi di battaglia solcati Leonardo, sono
da carri armati, “aerei” in volo sulle raffigurati su carte che
a ogni turno vengono messe
fortificazioni e sottomarini a difesa
all’asta, mentre le principali armi Call of Duty: Black Ops
dei porti. E poi: bombarde, automi,
mitragliatrici e super cannoni in grado sono rappresentate da segnalini in Lo sparatutto militare più
di demolire qualsiasi difesa... È questo plastica, che i giocatori muovono su cinematografico ed entusiasmante torna
lo scenario sul quale si basa Magnifico, una plancia suddivisa in territori. Per con un capitolo dedicato alla Guerra
un gioco di conquista e strategia dove vincere bisogna essere capaci di gestire fredda. La trama, sviluppata anche
ogni partecipante svolge il ruolo di un le proprie finanze, trovando il giusto basandosi su informazioni storiche e
nobile dell’epoca. Finanziando il Genio equilibrio tra le spese di carattere testimonianze rese pubbliche solo dopo
vinciano si ottengono in cambio i piani militare e gli investimenti nel campo la fine della contrapposizione tra Usa e
per la realizzazione di carri armati, scientifico. E ovviamente bisogna Urss, si dipana con stile hollywoodiano e
aerei e altre diavolerie da utilizzare sperare che le invenzioni di Leonardo ci fa combattere con i nemici del mondo
per conquistare l’Europa. I progetti, diano i loro risultati... libero in Afghanistan, Laos e Urali e altri
ispirati a quelli realmente ideati da Editrice Giochi, € 30 scenari. Stupefacente da un punto di
vista grafico, l’avventura dura 8-10 ore,
più le sessioni di gioco on-line.
DVD FUMETTI Produttore: Treyarch/Activision
Distributore: Activision, € 59,90
A cura di Roberto Graziosi A cura di Giorgio Albertini
Piattaforme: Pc, Ps3, Xbox 360, Wii;
Hardware Pc: Cpu Dual Core 2.4 GHz, 2 GB
Vietnam Rats 150° - Storie d’Italia di Ram, scheda video 3D con Shader 3
Arriva l’edizione in dvd del film diretto di autori vari
dal regista tedesco Uwe Boll. La Il percorso dell’unità d’Italia,
guerra del Vietnam sta vivendo una dalle Guerre puniche a oggi,
Battlefield Academy
fase di stallo. Il conflitto non sembra raccontato da matite e testi inediti di Un gioco di strategia completo
avvicinarsi a una conclusione e importanti autori del nostro fumetto. e profondo, che – a differenza di
l’opinione pubblica americana inizia Protagonisti, come recita l’introduzione, molti altri titoli concorrenti – risulta
a manifestare in modo sempre più sono “uomini, donne e giovani, pronti comprensibile e divertente anche per
plateale contro il governo. L’unica a testimoniare e difendere il valore di chi non ha frequentato una scuola
soluzione sembra l’invio in Vietnam di quell’unità su cui si fonda un Paese militare. Ambientato
una unità speciale, formata dai Rats moderno”. Un viaggio avventuroso con durante la Seconda
(topi), soldati addestrati a strisciare episodi pensati appositamente per guerra mondiale (Nord
nei tunnel della giungla vietnamita i bambini, ma adatto anche ai grandi. Africa, Normandia e
e a muoversi silenziosamente tra Ardenne) e sviluppato
cunicoli sotterranei disseminati di Due volumi, in edicola con Il Giornalino insieme alla Bbc con la
trappole e di nemici ben appostati. e con Famiglia Cristiana: dal 27 gennaio consulenza di docenti
L’obiettivo è stanare i vietcong e il 1° volume (Il lungo cammino) e dal universitari di Storia,
affrontarli in combattimenti 3 febbraio il 2° volume (Una comune ha un taglio quasi da
corpo a corpo. La guerra- avventura), € 9,90 fumetto e il pregio di
incubo degli americani, spiegare le tattiche militari in modo
che ha ispirato decine abbastanza semplice. Disponibile in
e decine di famose diverse lingue, ma non in italiano.
pellicole, vista stavolta Produttore: Slitherine/Matrix
dalla prospettiva di un Acquistabile on-line su:
film outsider. www.slitherine.com, € 29,99
One Movie Dvd Piattaforma: Pc; Hardware: Intel P4 o
in vendita dal 2 marzo, Amd Athlon Xp (o superiori), 1 GB di Ram,
€ 13 scheda video 3D 128 MB

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Coordinamento Lidia Di Simone (caporedattore) addestrata ai primi
Progetto grafico Massimo Rivola (caposervizio) attacchi suicidi.
Photo editor Marco Casali (vicecaporedattore),
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Una ricostruzione accurata, con documenti storici e Nel febbraio 2008 a Cuba si chiude di fatto l’epopea
testimonianze di chi ha vissuto da protagonista la rivo- di Fidel Castro. Vengono così alla luce tutte le verità
luzione d’ottobre, il vero e proprio punto di partenza nascoste, la vera natura di un regime che per 49 anni
di uno stravolgimento epocale che dal tramonto degli ha dominato incontrastato, sorretto dall’amore dei
zar porta alla formazione dell’Unione Sovietica. suoi sostenitori e dalla repressione dei suoi detrattori.

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