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7_LA SOCIETÀ

DEL BENESSERE
La ricostruzione e il boom economico
Negli anni ’50 e ’60 l’economia capitalista attraversò un periodo di
<b>sviluppo senza precedenti</b>. L’espansione fu
</p><p>caratterizzata da una maggiore continuità. A partire dall’inizio degli
anni ’50 questa espansione coinvolse anche gli Stati
</p><p>dell’Europa ocidentale e il Giappone; nel ventennio successivo questi
paesi si svilupparono a ritmi mediamente superiori
</p><p>a quelli degli Stati Uniti.
</p><p>Lo sviluppo degli anni ’50 e ’60 riguardò in primo luogo
l’<b>industria</b>, soprattutto i settori legati all’uso di tecnologie
</p><p>avanzate e alla produzione di quei beni di consumo durevoli.
L’<b>agricoltura</b> ebbe uno sviluppo più lento, ma il processo di
</p><p>modernizzazione del settore si estese e si consolidò, consentendo
fortissimi aumenti di produttività. Parallelamente si
</p><p>accresceva la quota degli occupati nel settore <b>terziario</b>, che nei
paesi più avanzati, all’inizio degli anni’70, era superiore
</p><p>anche a quella degli addetti all’industria.
</p><p>Il <b>boom</b> del secondo dopoguerra fu il risultato di una serie di
fattori concomitanti. La crescita della popolazione significò
</p><p>un allargamento della domanda di beni di consumo, di abitazione, di
strutture sociali, l’immissione nei processi produttivi
</p><p>di nuova forza-lavoro più giovane e meglio qualificata. Gli apparati
produttivi dei paesi industriali furono in grado di
</p><p>soddisfare le esigenze di un mercato in continua espansione perchè
poterono giovarsi di alcuni fattori favorevoli: il costo
</p><p>relativamente basso delle più importanti materie prime e la
disponibilità di una serie di scoperte scientifiche e di
</p><p>innovazioni tecnologiche.
</p><p>Il rinnovamento tecnologico si accompagnò a un generale processo di
razionalizzazione produttiva e di concentrazione
</p><p>aziendale. Crebbero le grandi <b>multinazionali</b>. Un altro fattore
di sviluppo dell’economia fu rappresentato dalla
</p><p>liberalizzazione degli scambi internazionali che si realizzò nel secondo
dopoguerra. Fra il 1950 e il 1970 il volume
</p><p>complessivo del commercio mondiale aumentò di ben cinque volte,
grazie anche alla migliore efficienza dei trasporti e
</p><p>alla stabilità dei cambi fra le monete, frutto degli accordi di Bretton
Woods. Ciò si dovette agli accordi commerciali fra
</p><p>sngoli Stati o gruppi di Stati, all’azione degli organismi internazioneli,
ma anche all’opera dei governi degli Stati
</p><p>industriali.
</p><p><b><i>I progressi scientifici e tecnologici
</i></b></p><p>Scoperte scietifiche e innovazioni tecnologiche furono
componenti fondamentlai dello sviluppo economico postbellico. Il
</p><p>nesso fra ricerca scientifica e produzione divenne ora strettissimo. I
governi destinarono quote crescenti del reddito
</p><p>nazionale all ricerca. Ciò che mutò rispetto all’anteguerra fu la velocità
della deiffuzione dell’innovazione tecnologia e
</p><p>della sua applicazione ai diversi settori produttivi. Nel giro di pochi
anni, il mondo sviluppoto fu sommerso da un’ondata
</p><p>di nuovi materiali e di prototti d’ogni genere in gran parte sconosciuti
alla generazione precedente.
</p><p>Nel settore chimico, le maggiori novità furono legate allo sviluppo di
scoprte risalenti al periodo prebellico. Ma solo nel
</p><p>secondo dopoguerra <b>materie plastiche</b> e <b>fibre
sintetiche</b>. Un discorso in parte analogo si può fare per i medicinali. Il
</p><p>caso più noto è quello degli <b>antibiotici</b>. La scoperta della
penicillina avvenne nel 1928. Ma solo dieci anni dipo si
</p><p>poterono isolare i primi antibiotici e solo alla fine degli anni ’50
cominciò la produzione delle penicilline sintetiche. Al
</p><p>periodo fra le due guerra risalgono anche l’isolamento di molte
<b>vitamine</b> e la scoperta di sostanze importantissime come i
</p><p><b>sulfamidici</b> e come gli <b>ormoni</b>. Alla ricerca del
periodo postbelico si deve invece l’introduzione di altri farmaci che si
</p><p>possono considerare in qualche modo tipici della nostra epoca, come
gli <b>psicofarmaci</b> e gli <b>anticoncezionali</b>. Paralleli a
</p><p>quelli della farmacologia furono i progressi della <b>chirurgia</b>,
legati soprattutto all’uso di nuove apparecchiature e di nuovi
</p><p>anestetici. Un nuovo salto qualitativo nella storia della chirurgia si
ebbe negli anni ’60 con la realizzazione dei <b>primi
</b></p><p><b>trapianti di organi</b>: tecnica che ha suscitato non pochi
problemi sia di ordine clinico sia di natura etica.
</p><p>Nel settore dei trasporti, due furono le novità caratteristiche del
periodo postbellico. La prima fu il <b>boom della
</b></p><p><b>motorizzazione privata </b>e in genere del trasporto su
strada. La seconda e ppiù importante novità fu lo <b>sviluppo
</b></p><p><b>dell’aviazione civile</b>. Già cresciuto nei primi anni del
dopoguerra dall’impego della <b>propulsione a reazione</b> sui mezzi
</p><p>civili. L’affermazione dell’aereo sui lunghi percorsi e dell’auto su
quelli medio-brevi ebbe come conseguenza il declino
</p><p>del treno e della nave passeggeri. La navigazione marittima trovò un
nuovo terreno di sviluppo in alcuni trasporti speciali.
</p><p><b><i>La conquista dello spazio e le armi nucleari
</i></b></p><p>Direttamente collegata ai progressi dell’aeronautica fu fu la
<b>conquista dello spazio</b>. Le esplorazioni spazili ebbero la loro
</p><p>principale premessa tecnica negli sviluppi della <b>missilistica</b>.
Impiegati per la prima volta dai tedeschi nell’ultima fuase
</p><p>del secondo conflitto mondiale e perfezionati negli anni successivi
come vettori di ordigni esplosivi. Dal punto di vista
</p><p>politico-economico, i voli spaziali furono resi possibili da
un’eccezionale concentrazione di risorse nel settore, da parte
</p><p>soprattutto delle due superpotenze.
</p><p>Fu l’Unione Sovietica a ottenere il primo, clamoroso successo
mandando in orbita, il 4 ottobre 1957, il primo satellite
</p><p>artificiale, precedendo di pochi mesi gli Stati Uniti, che lanciarono il
loro satellite nel gennaio 1958. Furono ancora i
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</p><p>sovietici a inviare nello spazio il primo astronauta, <b>Yuri
Gagarin</b>. A questi successi gli Stati Uniti replicarono
</p><p>moltiplicando il loro impegno e puntarono sullo <b>sbarco di uomini
sulla Luna</b>. L’obiettivo fu centrato il 21 luglio 1969,
</p><p>quando gli astronauti <b>Nei Armstrong</b> ed <b>Edwin E.
Aldrin</b>, discesi dalla navicella Apollo 11, misero piede sul suolo
</p><p>lunare mentre le loro immagini venivano trasmesse sui teleschermi di
tutto il mondo.
</p><p>Negli anni successivi si concetrarono sulla messa in orbita di satelliti
meteorologici e per telecomunicazioni, inivo di
</p><p>sonde spaziali, costruzione di stazioni orbitanti, lancio di navette
spazili. Le imprese spazili provocarono una fortissima
</p><p><b>ricaduta di tecnologia</b> su tutti i settori produttivi. Satelliti-spia
furono usati da nordamericani e sovietici. Nel ‘900 si ha il
</p><p>dissolvere del confine fra ricera pua e ricerca applicata. Il caso più
tipico è quello della <b>fisica nucleare</b>, che aveva
</p><p>ricevuto un impulso decisivo dalla guerra e che anche in seguito, ebbe
la sua applicazione principale nelle produzione di
</p><p>bombe sempre più potenti.
</p><p><b><i>La nuova cultura di massa: televisione e musica leggera
</i></b></p><p>La radio conobbe un nuovo boom all fine degli anni ’50 e
rimase il più diffuso fra i mezzi di comunicazione. Ma la
</p><p>protagonista fu la <b>televisione</b>. Le prime trasmissioni
sperimentali di immagini furono effettuate in Gran Bretagna negli
</p><p>anni ’30. Ma le trasmissioni regolari per il grande pubblico
cominicarono subito dopo la guerra negli Stati Uniti. Nel
</p><p>corso degli anni ’50 la televisione si impose anche in Europa
occidentale e si diffuse nelle aree meno industrializzate.
</p><p>All’inizo degli anni’60, l’uso dei satelliti per telecomunicazioni
consentì la trasmissione dei segnali televisi in tutto il
</p><p>mondo.
</p><p>L’avvento della televisione trasformò il mondo dell’informazione,
offrendo la possibilità di mostrare le immagine di un
</p><p>evento nel momento stesso in cui si svolgeva. Portò lo spettacolo
dentro le case, creando nuove abitudini familiari, nuove
</p><p>forme di intrattanimento collettivo e un diverso uso del tempo libero.
Ma creò un <b>nuova cultura di massa</b>.
</p><p>Un’altra componente fondamentale di questo universo culturale fu
costituita della <b>musica leggera</b>. L’ulteriore boom
</p><p>commerciale degli anni postbellici si spiega con la diffusione della
canzone americana durante e dopo il conflitto
</p><p>mondiale. In questo campo si assistè a un continuo affinamento delle
tecnologie e a un contemporanea rapido allrgamento
</p><p>del mercato. I progressi della tecnologia elettronica e l’egemonia
commerciale e culturale dei pesi anglosassoni
</p><p>contribuirono a imporre un pò ovuqnue nuove mode e nuovi modelli di
comportamento, con una forza di penetrazione
</p><p>sconosciuta a tutti i fenomeni analoghi.
</p><p><b><i>L’esplosione demografica degli anni ’50 e ‘60
</i></b></p><p>In vent’anni, tra 1950 e 1970 gli abitanti della Terra
aumentarono del 50%. Nello stesso periodo la vita media dell’uomo
</p><p>salì da 65 a oltre 70 anni nelle zone più sviluppate e da 40 e 50 nei
paesi più poveri. ... Il boom della popolazione
</p><p>mondiale non si ditribuì in modo omogeneo fra le diverse aree del
pianeta. Negli Stati del Terzo Mondo il regime
</p><p>demografico tipico delle società arretrate fu modificato solo per quanto
riguarda la mortalità, che cadde rapidamente
</p><p>inseguito alla diffusione della pratiche mediche e igieniche, mentre i
ritardi nel processo di modernizzazione continuarono
</p><p>a impedire che si affermasse l’abitudine al controllo delle nascite.
</p><p>Invece i paesi industrializzati conobbero una fase di slancio
demografico solo nel decennio successivo alla guerra. Dopo
</p><p>la metà degli anni ’50, riprese il sopravvento la tendenza al calo della
natalità. Questo fenomeno, che ha come cause
</p><p>immediate la minor durata dei matrimoni e soprattutto l’abitudine al
<b>controllo delle nascite</b>, è un fenomeno che si
</p><p>accompagna sempre ai processi di modernizzazione e si collega alla
mentalità e ai modi di vita delle società urbanizzate e
</p><p>industrializzate.
</p><p>La tendenza alla <b>pianificazione familiare</b> fu favorita dalla
diffusione delel nuove pratiche anticoncezionali, in particolare
</p><p>dei contraccettivi orali, la cosiddetta <b>pillola</b>. La rapida
<b>liberalizzazione dei comportamenti sessuali</b> che le società
</p><p>sviluppate conobbero a partire soprattutto dalal fine degli anni ’60 si
deve non solo alle caratteristiche generali di quelle
</p><p>società, ma anche alla drastica riduzione del rischio di gravidanze
indesiderate.
</p><p><b><i>La civiltà dei consumi e i suoi critici
</i></b></p><p>L’aumento del reddito pro-capite si tradusse in una fortissima
espansione dei consumi privati. Per questo si è parlato di
</p><p><b>società del benessere</b> o di <b>civiltà dei consumi</b>. Il
tratto distintivo di quest’epoca sta non solo nella crescita globale dei
</p><p>consumi, ma anche nella loro composizione. Fra il ’50 e il ’70 il
consumo essenziale per eccellenza, quello di prodotti
</p><p>alimentari, scese pur essendo aumentato in quantità e qualità. Crebbe,
in compenso, la quota destinata all’abbigliamento,
</p><p>alla asa e soprattutto ai beni e servizi considerati comunemente non
essenziali e in gran parte riservati fino ad allora alle
</p><p>sole classi agiate.
</p><p>Questo boom dei consumi superflui fu favorito anche
dall’ampliamento e dalla razionalizazione della rete commerciale e
</p><p>dalla moltiplicazione dei <b>messaggi pubblicitari</b>. Questo
provocò una <b>standardizzazione</b> dei consumi nelle aree
</p><p>industrializzate. La civiltà dei consumi presentava alcuni tratti
specifici: il rapido invecchiamento tecnologico di molti
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</p><p>prodotti industriali, la spinta alla frequente sostituzione dei beni di uso
corrente molto al dilà delle necessità imposte
</p><p>dall’usura materiale, il massiccio condizionamento esercitato da
un’onnipresente pubblicità, tendenza allo spreco.
</p><p>Gli sviluppi della civiltà dei consumi posero una serie di problemi
nuovi alal cultura occidentale e contribuirono a mutare
</p><p>il ruolo e la psizione degli intellettuali. Da un lato, le trasformazioni
della società e del costume favorirono l’affermazione
</p><p>delle scienze umane. Dall’altro si assistè a una sorta di rifiuto
ideologico nei confronti di una società accusata di sostituire
</p><p>allo sfruttamento economico di tipo tradizionale una forma più subdola
e raffinata di dominio, di sottoporre gli individui a
</p><p>una nuova tirannia tecnologica, di sopire i conflitti sociali con la
diffusione di un benessere che si giudicava illlusorio.
</p><p><b><i>La contestazione giovanile
</i></b></p><p>L’opposizione alla civiltà consumistica si espresse dapprima
in forma di rifiuto delle convenzioni, di vera e propria fuga
</p><p>dalla società industrializzata e quindi nella creazione di una <b>cultura
alternativa</b>, in cui confluivano pratica della non
</p><p>violenza e religiosità orientale, consumo di droghe leggere e messaggi
della nuova musica. In seguito la rivolta giovanile
</p><p>assunse forme più politicizate e trovò i suoi centri propulsori nelle
università.
</p><p>Anche in questo caso il fenomeno prese l’avvio dagli Stati Uniti, dove
la mobilitazione, iniziata nel 1964, si intrecciò con
</p><p>la protesta contro la guerra del Vietnam e col movimento contro la
segregazione razziale. Mentre la protesta studentesca
</p><p>ebbe un carattere prevalentemente pacifico la mobilitazione dei neri, in
un primo tempo egemonizzata da leader non
</p><p>violenti come <b>Martin Luther King</b>, esplose fra il ’65 e il ’67 in
una serie di rivolte dei ghetti delle grandi metropoli,
</p><p>ispirate all’ideologia rivoluzionari e separatista del <b>Black
Power</b>. A partire dal ’66, la rivolta giovanile si estese ai
</p><p>maggiori paesi dell’Europa occidentale, dove prese forme più radicali
e avvicianandosi ai modelli terzomondisti e
</p><p>all’esempio della Cina di Mao Tse-tung. Principali elementi unificatori
del movimento furono la lotta contro
</p><p>l’autoritarismo e la mobilitazione contro l’imperialismo americano.
</p><p><b><i>Il femminismo degli anni ’60 e ‘70
</i></b></p><p>Fra la seconda metà degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70 si
assistè a un rilancio della questione femminile, che ebbe
</p><p>origine negli Stati Uniti. Questa corrente segnò una svolta netta, sia per
la radicalità degli obiettivi, sia per la novità dei
</p><p>metodi di lotta: la contestazione di tutti i modelli culturali legati al
<b>maschilismo</b>, l’adozione del <b>collettivo femminista
</b></p><p>come principale forma di aggregazione e di militanza. Le lotte
erano tese per ottenere il miglioramento delle condizioni
</p><p>delle donne e critica del modello femminile proposto dai mass media.
Nel corso degli anni ’70 il movimento delle donne
</p><p>si ampliò ma nacquero fratture interne. Da una parte c’era la ricerca
della <b>parità con l’uomo</b>, dall’altra c’era la
</p><p>rivalutazione dei tratti tipici della donna. A partire dalla fine degli anni
’70 l’ondata di ribellione femminista entrò in una
</p><p>fase di ripiegamento.
</p><p><b><i>Nuovi orientamenti nel mondo cattolico: il Concilio Vaticano
II
</i></b></p><p>La società consumista trovò un critico seero e un avversario
tenace nella Chiesa di Roma. I cattolici costiuivano ancora,
</p><p>negli anni ’60, la più numerosa fra le comunità religiose. Ma non
potevano non guardare con preoccupazione al progresso
</p><p>declino delle pratiche religiose tradizionali nelle aree industrializzate,
all’affermarsi di mentalità e valori tipicamente
</p><p>materialisti. Questa volta però la reazione sfociò in un tentativo di
rinnovamento interno, accompagnato da una maggiore
</p><p>attenzione alla mutata realtà sociale e internazionale. Il nuovo corso
ebbe inizio col ponificato di <b>Giovanni XXIII</b>, che
</p><p>cercò di rilanciare il <b>ruolo ecumenico della Chiesa</b> e di
instaurare un dialogo con le realtà esterne. In questo fu favorito
</p><p>anche dalla congiuntura internazionale di quegli anni: gli anni di
Kruscev e Kennedy. La svolta si ebbe con due
</p><p>encicliche. Nella prima, la Mater et Magistra, il papa condanna
l’egoismo dei ceti privilegiati e incoraggia il riformismo
</p><p>economico. La seconda enciclica, la Pacem in Terris, era dedicata ai
rapporti internazionali e un proposta di dialogo con
</p><p>le religioni non cattoliche e con gli stessi non credenti. Ma la’tto più
importante del pontificato giovanneo fu la
</p><p>convocazione di un concilio ecumenico, il <b>Vaticano II</b>.
Apertosi nell’ottobre 1962, pochi mesi prima della morte di
</p><p>Giovanni XXIII, il concilio si prolungò per oltre tre anni sotto il
pontificato di <b>Paolo VI</b>, che continutò e consolidò la
</p><p>svolta avviata dal suo predecessore. Dal concilio la Chiesa uscì
riformata si anell’organizzazione interna, sia nella liturgia.
</p><p>Sul piano dottrinario, non vi furono novità di grande rilievo. Ma ribadì
l’importanza delle Sacre Scritture. I nuovi fermenti
</p><p>introdotti nella Chiesa dal concilio suscitarono in molti paesi nuove
correnti e nuovi movimenti che cercarono di
</p><p>coniugare il messaggio cattolico con un più accentuato impegno nelle
lotte sociali. Gruppi di <b>cattolici del dissenso</b> si
</p><p>formarono in Italia e in Francia alla fine degli anni ’60. In America
Latina la partecipazione di sacerdoti e gruppi cattolici
</p><p>alla lotta contro le dittature e le oligarchie conservatrici fu addirittura
all’origine di una nuova <b>teologia della liberazione</b>.
</p><p>La quale fu condannata dalla Chiesa, ma influenzò parte del clero.
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