Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Kuruş
Il mondo occidentale cristiano, pur percependo il pericolo che l'espansione ottomana poteva rappresentare,
poco o nulla fecero per contrastarla, occupati come erano nelle loro guerre interne. Solo il re d'Ungheria
Sigismondo tentò di fermarli, ma nel 1396 fu sconfitto nella battaglia di Nicopoli, ritenuta l'ultima crociata
su larga scala del Medioevo, anche se non combattuta in Terra santa. Bayezid, ebbro dalla vittoria, arrivò a
minacciare che “avrebbe fatto mangiare i suoi cavalli a Roma, sull'altare di san Pietro”.[15][14][12] Fedele ai
suoi propositi “il Fulmine”, come era stato soprannominato il sultano (in turco yildirim), si spinse fino ai
confini con la Stiria, prendendo nel frattempo Patrasso e il Peloponneso. Le sue truppe vennero fermate
solamente dai valacchi nella battaglia di Rovine del 17 maggio 1395.[14]
Qualche anno più tardi, Bayezid, accarezzò l'idea di prendere la grande città di Costantinopoli, divenuta un
obiettivo cruciale. Quindi Bayezid inviò al basileus Manuele II Paleologo un ultimatum che però non venne
accolto.[14] Le mire sulla capitale dell'Impero Bizantino vennero tuttavia interrotte dai mongoli che, guidati
da Tamerlano, avevano invaso l'Anatolia.[12]
In pochissimo tempo l'impero ottomano collassa: Tamerlano occupa l'Anatolia, la Bitinia, la Frigia
settentrionale, arrivando a saccheggiare Bursa e Smirne. Per motivi sconosciuti, Tamerlano non prosegue
con la campagna ma fa ritorno nella sua capitale, Samarcanda, dove morià il 18 febbraio 1405,
probabilmente mentre preparava una campagna verso la Cina. Con la scomparsa del grande condottiero
anche l'impero Timuride si dissolve; rimangono in vita, invece, i figli di Bayezid I che si ritrovano a
possedere un territorio che per dimensioni è tornato ad essere paragonabile a quello su cui governava il
padre del fondatore della dinastia.[17] Ebbe così inizio il periodo conosciuto come “interregno ottomano” in
cui non vi fu un sultano riconosciuto ma si assistette ad una lunga lotta di potere tra i figli di Bayezid I,
Solimano Çelebi, İsa Çelebi, Mehmet, Musa Celebi e Mustafà.[19][18]
La disputa dinastica ebbe fine solo nel 1413 quando Mehmet I ebbe
la meglio sugli altri fratelli, conquistando il titolo di sultano e
ripristinando il potere ottomano. Nel 1416 un fraintendimento tra
una missione diplomatica della Repubblica di Venezia ed i
comandanti Ottomani portò alla disfatta totale della flotta ottomana
durante la battaglia di Gallipoli. Oltre che di espansione, questo fu
un periodo anche di pace con l'impero bizantino con cui vennero
strette relazioni diplomatiche e intraprese attività commerciali.[20] Fu
però con il successore Murad II, salito al trono sultanale nel 1421
alla morte del padre, che l'impero ritrovò la sua spinta
Il sultano Mehmet I con i suoi espansionistica e i rapporti con Costantinopoli si guastarono. Così,
dignitari nel 1422 dette assedio alla capitale bizantina che però, grazie alle
sue imponenti fortificazioni resistette agli attacchi ottomani; Murad
colse invece il successo nel assedio di Tessalonica in cui conquistò
la città difesa dai veneziani, oltre che dai bizantini; l'evento sarà considerato un antefatto delle Guerre turco-
veneziane che vedranno le due potenze contrapposte per quasi tre secoli.[21][18]
Successivamente, Murad intraprese campagne militare per riconquistare i territori dei Balcani, come
Salonicco, la Macedonia e il Kosovo. Il 10 novembre 1444, nella battaglia di Varna, Murad II sconfisse
un'armata congiunta polacca e ungherese, guidata da Ladislao III di Polonia, re di entrambi gli Stati, e János
Hunyadi. Fu la battaglia finale della crociata di Varna, lanciata da papa Eugenio IV contro gli ottomani
János Hunyadi preparò un'altra armata (composta da forze ungheresi e valacche) per attaccare i Turchi, ma
nel 1448 fu sconfitto di nuovo da Murād II nella seconda battaglia del Kosovo.[22][23][24]
Dopo la presa di Costantinopoli, solo la resistenza degli Ungheresi nell'assedio di Belgrado del 1456 e
quindi la prigionia in Francia e in Italia del principe Cem, fratello di Bayazid II, permise una pausa di circa
70 anni nell'espansione verso i regni d'Europa. Ciò non impedì a Maometto II di annettere la Grecia (1456),
la Morea (1460), la parte di Anatolia non ancora sottomessa (1472), le colonie genovesi del Mar Nero
(1475) e l'Albania (1481).[26] Nel 1480 il sultanato ottomano continuò a provare la sua espansione verso
l'Europa, tuttavia senza successo, prima assediando l'isola di Rodi e successivamente combattendo ad
Otranto.
Maometto II morì il 4 maggio 1481 aprendo così la contesa alla successione da parte dei suoi due figli
Bayezid II e Cem. Cem si alleò con i mammelucchi, preoccupati dell'espansione dell'impero ottomano, per
contestare l'incoronazione del fratello. Dopo aver colto alcune vittorie, riuscì ad occupare Bursa, Cem venne
sconfitto e trovò rifugio in Egitto e da lì si consegnò ai Cavalieri di Rodi. Dopo un'iniziale alleanza, i
cavalieri lo imprigionarono per poi consegnarlo a papa Innocenzo VIII che si servì di lui, e della minaccia di
liberarlo, per contrastare il Bayezid II. Cem morirà a Capua nel 1495.[27] Nel frattempo continuano i
contrasti tra la dinastia burgita dei mammelucchi e gli ottomani. Il sultano mammelucco Qaytbay arrivò ad
entrare in Cilicia costringendo Bayezid ad accettare una pace nel 1491 che consolidava i confini tra le due
potenze a sfavore degli ottomani.[27]
In questa situazione Bayezid II si dimostrò un sultano privo di quell'indole guerriera che aveva
contraddistinto i suoi predecessori e di cui invece si aspettava il suo potente esercito composto all'epoca da
una forza di 10-20 000 giannizzeri. Per perseguire la pace il sultano arrivò anche a trattare con le potenze
cristiane suscitando il malcontento tra u suoi sudditi.[28] La debolezza di Bayezid favorì la guerra civile
ottomana tra i due suoi figli Şehzade Ahmet e Selim. Il risultato fu l'abdicazione del sultano, avvenuta nel 25
aprile 1512, e la salita al potere del figlio cadetto Selim I.[29]
Espansione dell'Impero sotto Selim I
La campagna che iniziò nel 1514 dette inizio alle guerre ottomano-persiane che si protrarono fino al XIX
secolo. Il primo incontro tra i due eserciti avvenne il 23 agosto dello stesso anno nella battaglia di Cialdiran
dove i giannizzeri di Selim, aiutati da un efficiente artiglieria, sconfissero i Safavidi: lo stesso scià Ismāʿīl I
venne ferito e quasi preso prigioniero. Così, il 5 settembre Selim poté fare il suo ingresso trionfale a Tabriz e
da lì, l'anno seguente, arrivò ad impossessarsi di parte dell'Anatolia e dell'attuale Kurdistan.[30]
Grazie a queste vittorie, ora, l'Impero Ottomano è una grande potenza, ben superiore ai suoi vicini
correligionari. Il successivo regno a farne le spesa sarà la dinastia burji a capo dei Mammelucchi che
governava sull'Egitto e su parte della Siria. La battaglia di Marj Dabiq del 24 agosto 1516 fu lo scontro
decisivo che aprì le porte di Aleppo e Damasco a Selim che venne accolto come un liberatore dalla
popolazione prostrata da anni di duro dominio.[30] Nel frattempo il gran visir Hadım Sinan Pasha estendeva
ancora di più i confini dell'impero conquistando Ramallah, Gaza e Gerusalemme.[31]
Il 27 gennaio 1517 la città de Il Cairo viene conquistata, mettendo fine al suo ruolo di capitale e diventando
una semplice provincia di un impero che aveva oramai assunto vastissime dimensioni. Sconfitto il Sultanato
mamelucco Selim poté catturare e deporre il califfo abbaside Al-Mutawakkil III e proclamarsi lui stesso
successore di Maometto alla guida politica e spirituale della comunità islamica universale (al-Umma al-
islāmiyya), protettore dei Luoghi santi di Mecca e Medina.[31]
Morto Selim, gli successe nel 1520 il figlio Solimano I che verrà conosciuto nel mondo occidentale con
l'appellativo de “il Magnifico”; sotto di lui l'impero conoscerà probabilmente la sua stagione migliore. Il
sultanato di Solimano inizia subito con grandi campagne militari che lo vedono conquistare Belgrado nel
1521, strappare l'anno seguente ai Cavalieri Ospitalieri l'isola di Rodi e trionfare nel 1526 nella battaglia di
Mohács in cui sconfisse il re d'Ungheria e Boemia Luigi II, che morì in combattimento. Queste vittorie,
inserite nel contesto più ampio delle guerre ottomano-ungheresi permisero agli ottomani di stabilire il
proprio dominio turco nelle parti meridionali e centrali del Regno di Ungheria, incutendo forti timori nella
cristianità trovatasi divisa al proprio interno e impreparata ad affrontare la minaccia ottomana.[32][33]
Una prima battuta di arresto della politica espansionistica di Solimano
avvenne nel 1529 quando in occasione di una sua campagna contro i
cristiani, proseguì verso Vienna, assediando la città, ma non riuscendo a
prenderla. Nel 1532 Solimano lanciò un altro attacco alla città, ma a causa
delle resistenze incontrate nell'assedio di Güns dovette rinunciare ancora una
volta all'impresa. Nel 1541, dopo lungo e sanguinoso assedio cadde invece
in mano turca Buda, la capitale ungherese. Dopo la caduta delle maggiori
città ungheresi e slave in mano turca (tra cui Belgrado, Pécs, Buda), molti
Stati danubiani patteggiarono la sottomissione formale alla Porta
(impegnandosi al pagamento di una tassa), in cambio di una pressoché
completa libertà di azione. Così fecero, tra gli altri, la Repubblica di Ragusa,
Solimano il Magnifico il Montenegro, il Principato di Transilvania (indipendente dopo la caduta del
regno d'Ungheria), la Moldavia e la Valacchia.[34][35]
Solimano, nelle sue guerre contro il Sacro Romano Impero trovò come
alleato la Francia di Francesco I, uniti dall'opposizione al dominio degli
Asburgo. L'effimera conquista francese di Nizza (1543) e della Corsica
(1553) fu un'impresa comune delle forze di Francesco I e di Solimano, e fu
diretta dagli ammiragli ottomani Khayr al-Din Barbarossa e Dragut. Un
mese prima l'artiglieria francese aveva sostenuto gli Ottomani durante
l'assedio di Esztergom. Dopo la successiva avanzata dei turchi, nel 1547
Ferdinando I d'Asburgo riconobbe ufficialmente il dominio ottomano
dell'Ungheria.[36]
Ormai malato, Solimano morì nella sua tenda nella notte tra
il 5 e il 6 settembre del 1566 mentre i sui giannizzeri
assediavano Szigetvár. A lui successe al sultanato il figlio
Selim II dopo che gli altri figli, avuti dalle due mogli
Hürrem e Mahidevran, erano stati assassinati affinché vi
fosse un solo legittimo successore, una pratica spietata ma
consuetudinaria nella dinastia ottomana. Sebbene Solimano
abbia giocato un ruolo fondamentale nei successi
dell'impero, non si deve comunque dimenticare il contributo
dei suoi molti funzionari e visir che componevano il dīwān,
fra tutti i suoi gran visir Pargali Ibrahim Pascià, Rüstem Estensione dell’Impero ottomano, dalle origini
Pascià e Sokollu Mehmed Pascià. Alla fine del suo regno fino alla morte di Solimano
l'impero ottomano contava 15 milioni di abitanti, i suoi
confini si estendevano da Vienna a Baghdad e attraverso
l'Africa settentrionale, la flotta rappresentava una notevole potenza navale come non lo era stata mai negli
anni precedenti controllando gran parte del Mar Mediterraneo, e l'impero un attore significativo e soprattutto
accettato dello scacchiere europeo.[41][42][43]
Durante il suo regno, Selim II non riuscì a dimostrare di essere all'altezza del
padre lasciando l'idea di un sultano non particolarmente competente, tanto
che egli stesso soleva evitare di sedersi sullo stesso trono occupato da
Solimano, giudicandosi indegno. Nonostante le difficoltà, l'impero non andò
in crisi anche grazie al gran visir Sokollu Mehmed Pascià, detentore di fatto
del potere e personaggio di grandi capacità.[44][45] La morte di Solimano
aveva comunque messo in fibrillazione le frontiere con i cristiani. A seguito
di scontri a fronti alterni in Rumelia, l'impero ottomano siglò il 17 febbraio
1568, il trattato di pace di Adrianopoli con l'imperatore Massimiliano II
d'Asburgo della durata di otto anni ma che si protrasse per circa 25.[44]
Il gran visir Sokollu Mehmed Negli stessi anni le truppe ottomane erano impegnate nello Yemen e nei
Pascià (a destra), con il confini orientali dove spingeva lo zar Ivan IV di Russia. Proprio nel
funzionario Feridun Ahmed tentativo di riconquistare Astrachan' a Ivan, gli ottomani iniziarono a
Bey (a sinistra) costruire un canale tra Don e Volga per facilitare il movimento dell'esercito,
un'impresa che divenne tuttavia essere abbandonata. Ma la campagna
militare più importante intrapresa sotto il regno di Selim fu la Guerra di
Cipro combattuta tra il 1570 e il 1573. Le ingenti forze messe in campo dagli ottomani gli permisero di
strappare l'isola alla Repubblica di Venezia ma non senza difficoltà, tanto che il generale Lala Kara Mustafa
Pascià dovette impiegare oltre un anno e perdendo circa 80 000 uomini per conquistare, il 1º agosto 1571, la
città di Famagosta, provocando la reazione del mondo cristiano in seguito alle crudeltà effettuate durante
l'assedio della città. Gli ottomani subirono una pesantissima sconfitta da parte di una coalizione di stati
cristiani, nota come Lega Santa, nella celebre battaglia navale di Lepanto, combattuta il 5 ottobre 1571.
Nonostante la completa distruzione della flotta turca, tale fallimento non rappresentò un grave problema per
gli ottomani nel lungo periodo in quanto in poco tempo riuscirono a ripristinare le perdite tanto da
persuadere Venezia a firmare un trattato di pace nel 1573 con cui rinunciavano a Cipro, e a conquistare due
anni più tardi Tunisi ai danni dell'impero spagnolo.[44]
Nel frattempo, nel 1574, Selim era morto e a lui succedette il figlio
Murad II che a sua volta lasciò il titolo di sultano alla sua morte,
avvenuta nel 1595, al primogenito Mehmet III quest'ultimo sul trono
fino al 1603. Entrambi i sultani si occuparono solo marginalmente
del governo dell'impero, delegando gran parte del potere alla cerchia
dei loro favoriti e alle proprie madri (Valide Sultan) e regine-consorti
(haseki), portando l'impero a vivere l'apice di quello che verrà
chiamato il sultanato delle donne. Anche l'autorità del gran visir
venne fortemente limitata: morto Sokollu assassinato nel 1579, i suoi
successori rimasero tutti in carica per pochissimo tempo, in 25 anni
se ne contarono 23 diversi, causando un'instabilità politica che a
La battaglia di Lepanto, nella Galleria
lungo destabilizzò l'impero.[44][46] Nel corso di questo protratto
delle carte geografiche, Musei
periodo di cattivo governo, le strutture burocratiche e militari
Vaticani.
affinate nei decenni precedenti risultarono sotto sforzo.
Gradualmente gli ottomani rimasero indietro rispetto agli europei in
termini di tecnologia militare, mentre l'innovazione, che aveva rinvigorito l'espansione dell'Impero, fu
soffocata da un crescente conservatorismo religioso e intellettuale.
Le provincie si trovarono spesso in uno stato di agitazione, nel 1603 alcune sommosse scoppiarono perfino
nella capitale mentre, tra il 1576 il 1590, venne combattuta una sanguinosa guerra contro l'Iran che
inizialmente vide gli ottomani privilegiare con la conquista della Georgia e dell'Azerbaigian e della messa in
armi di una flotta nel mar Caspio. Tuttavia, una nuova guerra combattuta tra il 1603 e il 1618 vide lo scià
ʿAbbās I il Grande riconquistare i territori riportando i confini con gli ottomani a quelli del 1576.[47]
Alla fine del XVI secolo, anche il confine con l'occidente cristiano
era in subbuglio. In risposta alle continue incursioni delle truppe
akinci irregolari ottomane. L'imperatore Rodolfo II d'Asburgo
ritrattò la pace e dette inizio alla guerra dei Tredici Anni d'Ungheria
(chiamata anche "Lunga Guerra") infliggendo una pesante sconfitta
agli ottomani nella battaglia di Sisak combattuta il 22 giugno
1593.[47] Questi gravi insuccessi iniziali spinsero il sultano Mehmet
III a prendere personalmente il comando dell'esercito, riuscendo a
conquistare rapidamente la rocca di Eger (Ungheria). Nella Battaglia
di Keresztes (24-26 ottobre 1596) le forze combinate dell'Arciduca
La battaglia di Sisak, parte della d'Austria Massimiliano III e di Sigismondo Báthory vennero
Lunga Guerra, miniatura ottomana inaspettatamente stroncate dai turchi guidati dal giovane sultano.
del XVI secolo Nonostante che la guerra volgesse a favore degli ottomani, i lunghi
anni di combattimenti e la sempre maggiore necessità di costose
armi da fuoco avevano prosciugato le finanze imperiali, così il
nuovo sultano Ahmed I, salito al trono dell'impero nel 1603, decise di firmare con gli Asburgo la Pace di
Zsitvatorok.[47] Tuttavia, una volta che le truppe vennero smobilizzate, esse si diedero al brigantaggio,
giungendo infine alla rivolta dei Celali (1595-1610), che provocò diffusi fenomeni anarchici in Anatolia tra
il XVI e il XVII secolo.[46][48] Con la popolazione dell'impero che raggiunse i 30 milioni attorno al 1600, la
mancanza di terre causò ulteriori pressioni sul governo.
Per molti storici la pace di Zsitvatorok firmata l'11 novembre 1606 dal sultano Ahmed I rappresentò un
punto di svolta nei rapporti diplomatici tra i due imperi, in quanto per la prima volta gli ottomani
accettavano di riconoscere una parità di rango e dignità tra i governanti Asburgo ed il sultano di Istanbul
senza esigere tributi come era avvenuto in precedenza. Per il resto, il trattato
prevedeva il ritorno alle frontiere precedenti al conflitto ma segnava anche
la definitiva incapacità ottomana di espandersi ai danni dell'occidente
cristiano.[49]
Nel 1617 il pio sultano Ahmed I, ricordato anche per aver fatto erigere la
celebre Sultanahmet camii (detta "moschea blu"),[50] morì lasciando un
impero in crisi lacerato da una crescente corruzione negli apparati
burocratici statali e dall'indisciplina nelle file dell'esercito. A lui succedette
il fratello Mustafa I che, solamente l'anno successivo, venne venne deposto,
poiché considerato affetto da demenza, in favore del suo giovane nipote
Osman II.[51] Osman si dimostrò un sultano energico, ben diverso dai suoi
più immediati predecessori. Dopo aver guidato personalmente l'esercito
contro i polacchi, iniziò ad introdurre sostanziali riforme
nell'amministrazione, iniziando un processo di “turchizzazione” di queste
mettendo in discussione l'antica pratica del devscirme, limitando il potere
degli ulema e dei giannizzeri. Queste iniziative crearono un forte
malcontento tra molte personalità dell'impero che sfociarono nell'arresto e
assassinio del sultano nel 1622; l'instabile ma innocuo Mustafa I venne
rimesso sul trono dell'impero.[52]
Il sultano Ahmed I
Ma anche questa volta il regno di Mustafa durò poco meno di un anno: nel
1623 venne nuovamente deposto e imprigionato dal fratello di Osman II, che
diverrà il nuovo sultano con il nome di Murad IV. Poiché Murad aveva solamente undici anni, per la prima
parte del suo regno il potere fu esercitato dai suoi diversi tutori e soprattutto da sua madre, la potente Kösem
Sultan, che di fatto governò l'impero. Approfittando di questo periodo di debolezza politica, lo scià ʿAbbās I
tornò ad attaccare gli ottomani scatenando una guerra che si protrasse tra il 1623 e 1639 durante la quale
riuscì, nel gennaio 1624, a prendere Baghdad, facendo strage degli abitanti sunniti e spingendosi fino al
Kurdistan. Nel frattempo, all'interno dell'impero le ribellioni sono all'ordine del giorno: Rumelia, Crimea,
Egitto, Yemen, Libano e Costantinopoli sono teatri di aspre sommosse. Gli insorti chiesero la deposizione
del sultano, arrivando a mettere a repentaglio la sua stessa incolumità e assassinando il gran visir Hafız
Ahmed Pasha.[53]
Da quel momento, il ventiduenne Murad IV cambiò totalmente
atteggiamento, iniziando a governare personalmente l'impero con risolutezza
e le sue riforme portarono in poco tempo ad instaurare l'ordine e a rafforzare
l'impero. Dopo aver combattuto una breve guerra contro la Polonia tra il
1633 e il 1634, Murad partecipa ad una campagna di successo contro i
Safavidi in Armenia e Azerbaigian, anche se i territori conquistati vennero
persi poco dopo. Nel 1638 riconquista Baghdad dopo soli 39 giorni di
assedio, costringendo lo scià Safi di Persia a sottoscrivere il trattato di
Zuhab, concluso il 17 maggio 1639, con il quale venne definito il confine
ottomano-persiano con l'Iraq che passava in maniera permanente agli
ottomani.[54] Murad IV morì a 27 anni, a causa di una cirrosi, nel 1640; il
suo regno non è ricordato solo per i successi militari e per aver ristabilito
l'ordine nell'impero, ma anche per le sue riforme vole a restaurare le
tradizioni religiose e morali legate all'Islam: bandì gli alcolici, tabacco e il
caffè, fece chiudere le taverne considerate un luogo ove si fomentavano le
ribellioni; applicò una giustizia dura, talvolta definita crudele; benché avesse
favorito l'arte e la letteratura, mise dei limiti ben fermi alla libertà di Murad IV sul trono. Il breve
regno di Murad fu
espressione. Assieme ai suoi consiglieri, fu anche in grado di riformare
caratterizzato da diverse
l'economia e la politica per far riguadagnare loro i fasti ormai perduti.[55]
riforme che ristabilirono
l'ordine nell'impero,
A Murad IV succedette Ibrahim I il quale si
rinvigorirono le finanze e
disinteressò completamente del governo,
ripristinarono la tradizione
molti lo ritennero pure affetto da una
islamica.
malattia mentale, che venne tenuto dalla
madre Kösem Sultan e dal gran visir
Kemankeş Kara Mustafa Pascià che tuttavia
verrà successivamente destituito e giustiziato agli inizi del 1644. Con la
morte del gran visir e con un sultano mentalmente instabile l'impero
sprofondò nel caos: nel 1645 scoppiò la guerra di Candia contro Venezia,[56]
le finanze andarono in crisi e non fu possibile pagare regolarmente i membri
dell'esercito. La situazione drammatica portò alla destituzione del sultano e
al suo assassinio; salì dunque sul trono il figlio Mehmed IV di soli sei anni
La potente Kösem Sultan portando ad un nuovo capitolo del “sultanato delle donne”. Il potere venne
infatti detenuto dalla madre, Turhan Hatice Sultan, che era riuscita a fare
uccidere la rivale Kösem Sultan, nonna del sultano.[57] Tuttavia, non fu
possibile instaurare un governo autorevole e stabile, tanto che tra il 1644 e il 1656 si succedono ben 18 gran
visir dei quali quattro vennero giustiziati e 11 destituiti.[57] Il deficit dell'impero raggiunse la ragguardevole
cifra di 150 milioni di aspre, le rivolte tra i giannizzeri e i siphai erano frequenti come quelle che
coinvolsero i cittadini appartenenti a diverse cooperazioni. Ad aggravare la situazione, gli ulema spinsero
verso verso una politica conservatrice, rifiutando qualsiasi apertura verso la modernità e a qualsiasi tentativo
di riforma, aggravando lo stato di arretratezza dell'impero che già iniziava a profilarsi.[58]
Intanto nella guerra in corso contro Venezia l'impero ottomano subisce pesanti sconfitte: vengono perse
Samotracia, Lemno, Tenedo e, nel 1656, la Serenissima arrivò a bloccare lo stretto dei Dardanelli seminando
il panico a Costantinopoli nel timore di un possibile attacco alla città con conseguente impennata dei prezzi.
Il sultano, incapace di fronteggiare la situazione, decise di affidarsi a Mehmet Köprülü nominandolo gran
visir, incarico che accettò solamente dopo aver ottenuto pieni poteri; Mehmet era il capostipite della famiglia
Köprülü che vedrà ben sei suoi appartenenti divenire gran visir dell'impero ottomano nel corso del tempo.[59]
Prima della sua morte, avvenuta nel 1661, Mehmet riuscì a far nominare
come suo successore alla carica di gran visir il figlio Fazıl Ahmed Köprülü;
continuatore della politica paterna, affiancò la rigida gestione del potere ad
un mecenatismo verso scrittori ed artisti, tanto da essere il fondatore della
biblioteca Köprülü, ancora oggi una delle più importanti della Turchia.[62]
Ma fu in politica estera che Fazıl Ahmed ottenne i suoi più limpidi successi:
nel 1664 portò il sultano Maometto IV a firmare la vantaggiosa pace di
Eisenburg con la quale si concluse la quarta guerra austro-turca, mentre Il sultano Mehmed IV.
cinque anni più tardi conquistò l'isola di Creta dopo un lunghissimo Durante il suo regno, il
assedio.[63] Con il trattato di Żurawno dello stesso anno l'impero ottomano potere venne affidato nelle
acqisisce il controllo della Podolia e vengono intrecciate relazioni mani del gran visir Mehmet
diplomatiche con lo zar di Russia, così come si rinnovano le capitolazioni Köprülü
con Francia, Inghilterra e Olanda.[64]
Nel 1676 alla carica di gran visir viene nominato Kara Mustafa Pascià,[65]
descritto dagli storici come “Ambizioso, autoritario, ma anche avido di
denaro e profondamente xenofobo. Colpisce gli ambasciatori e i mercanti
stranieri con soprusi e pesanti ammende, prendendo a pretesto ogni minimo
incedente, per procurar loro difficoltà”.[66] La sua ambizione lo porterà ad
intraprendere campagne militari di scarso successo contro i russi e, nel 1683,
a condurre un'enorme armata di 300 000 uomini al secondo assedio
ottomano di Vienna, nella guerra austro-turca. Prima dell'assalto finale, le
forze ottomane furono spazzate via dagli alleati degli Asburgo nella
battaglia di Vienna, tanto che il sultano Maometto IV verrà convinto a
deporre Kara Mustafa e a nominare al suo posto Kara İbrahim Pascià.[67][66]
Due anni più tardi la carica di gran visir torna nelle mani della famiglia Köprülü con Fazıl Mustafa Pascià il
quale, tuttavia, morirà nel 1691 durante la disastrosa Battaglia di Slankamen ma non prima di aver imposto
Ahmed II come successore di Solimano II. Sultano di scarse capacità, Ahmed muore il 6 febbraio 1693 e
viene sostituito da Mustafa II di indole ben diversa. Il uovo sultano, infatti, governa con fermezza, riduce le
spese pubbliche, contrasta la galoppante inflazione, ristabilisce ordine nell'esercito e rimoderna la flotta con
la quale sconfiggerà i veneziani per ben due volte. Tuttavia, nel 1696 dovette cedere Azov allo zar Pietro il
Grande e venne sconfitto pesantemente nella Battaglia di Zenta dall'esercito asburgico guidato da Eugenio di
Savoia che porto alla firma, il 26 gennaio 1699, alla pace di Carlowitz con cui terminò la guerra austro-
turca[69] con la quale gli ottomani persero vasti territori dimostrando una decadenza oramai conclamata.[70]
Nel frattempo, nell'impero furono realizzate riforme nel campo dell'educazione e nella tecnologia, inclusa la
fondazione di istituti di istruzione superiore come l'Università tecnica di Istanbul. Nel 1734 nacque una
scuola di artiglieria per adeguarsi ai metodi di artiglieria occidentali, ma il "clero" musulmano ne ottenne la
chiusura, presentando inadeguate argomentazioni di teodicea, tanto che nel 1754 la scuola fu riaperta, ma in
segreto. Nel 1726, Ibrahim Muteferrika convinse il gran visir Nevşehirli Damat İbrahim Pascià, il Gran
Mufti e le autorità religiose dell'efficienza della stampa, e più tardi il sultano Ahmed III garantì a
Muteferrika il permesso di pubblicare libri di argomento profano (nonostante l'opposizione di alcuni
calligrafi e leader religiosi). La stampa di Muteferrika pubblicò il primo libro nel 1729 ed entro il 1743
aveva prodotto 17 lavori in 23 volumi, ciascuno tra le 500 e le 1 000 copie.
Negli anni successivi, il governo ottomano poté concentrarsi maggiormente nella riorganizzazioni interna,
favorita dalla pace con i paesi europei impegnati in una serie di conflitti tra di loro (guerra di successione
austriaca e dei sette anni). Nel 1754 Osman III era divenuto il nuovo sultano il cui breve regno venne
caratterizzato da una crescente intolleranza verso i non musulmani Nel 1757 venne sostituito dall'energico
Mustafa III che cercò di modernizzare l'esercito e l'apparato statale dell'impero, per riportarlo ai livelli delle
potenze dell'Europa occidentale.[73] Negli ultimi anni della sua vita non poté comunque evitare una nuova
guerra contro la Russia che costò la perdita della Crimea, conquistata nel 1769 dalle ben più forti truppe
russe di Caterina la Grande. L'anno seguente, inoltre, la flotta ottomana venne distrutta nella battaglia di
Chio.[73] Nel 1772 iniziarono le trattative per mettere fine al conflitto che sfociò nella firma, il 21 luglio
1774, da parte del nuovo sultano Abdül Hamid I del trattato di Küçük Kaynarca con cui l'impero cedette alla
Russia vari territori e gli riconosceva il diritto di protezione sugli abitanti di fede ortodossa.[74] In margine a
ciò va però ricordato che, nel trattato la cancelleria ottomana impiegò senza alcuna obiezione interna e
internazionale la titolatura di califfo per il sultano ottomano, funzione già di fatto espressa comunque fin dal
1517, dopo la vittoria di Selim I a spese del sultanato mamelucco.
Le numerose sconfitte convinsero il
sultano Abdül Hamid dell'esigenza
di riformare l'impero e pertanto
scelse gran visi che condividessero
questa urgenza. Il governo ottomano,
inoltre, accusava una sostanziale
perdita di autorità nelle provincie
dell'impero dove notabili locali
gestivano il potere in maniera quasi
indipendente.[75] Il sultano scelse di L'ambasciatore olandese Frederik
non utilizzare la forza ma di operare Gijsbert van Dedem viene ricevuto
compromessi per riformare il suo dal sultano Abdül Hamid I
impero. Tentò di rimodernare
l'esercito, creando una artiglieria più
Il sultano Mustafa III, detto evoluta e conferendo a Cezayirli Gazi Hasan Pasha l'incarico di
l'"innovatore" riorganizzare la flotta. Vengono inoltre chiamati diversi tecnici
dall'occidente, in particolare francesi, nell'auspicio di colmare il divario
tecnologico con l'Europa, ma suscitando critiche dalle frange più
tradizionaliste dell'impero.[76] Per rilanciare l'economia e la cultura viene favorito l'artigiano locale e la
pubblicazione di libri, quest'ultima una attività in passato spesso osteggiata dagli ulema.[77]
Selim III fu un sultano che dimostrò “una volontà di rinnovamento dello stato ottomano che fa di lui il vero
precursore dei sultani e dei gran riformatori del XIX secolo”, tanto da essere annoverato da taluni tra i
monarchi illuminati.[80] Tra le sue prime riforme vi fu quella dei giannizzeri, a cui si impose una nuova
gerarchia, un addestramento obbligatorio e un reclutamento e uno stipendio maggiormente basati sulla
meritocrazia. Anche ai Sipahi vennero imposte delle riforme.[81] Tuttavia, il conservatorismo di questi
potenti corpi militari frenò l'introduzione di queste novità, spingendo il risoluto sultano ad istituire un nuovo
corpo armato, i Nizam-ı Jedid, addestrati all'europea da ufficiali europei, con l'intento di sostituire i
giannizzeri. In ambito civile, Selim, interviene marginalmente ma favorisce la diplomazia con le potenze
europee; dimostra di apprezzare le idee illuministiche e della rivoluzione francese, interruppe, tuttavia, i
rapporti diplomatici con la Francia quando Napoleone Bonaparte invase l'Egitto nel 1798.[82]
Il regno di Selim fu, tuttavia, segnato dalle rivolte interne nelle
province, come quella dei Wahhabiti in Arabia che volevano imporre
una visione religiosa ultraconservatrice, e quelle in Anatolia, Siria,
Palestina, Bulgaria, Serbia e Albania che miravano
all'indipendenza.[83] Nel 1807 Selim decise di negoziare con i
giannizzeri in rivolta ma una fatwā emessa l'anno successivo dallo
Sheikh-ul-Islam portò alla sua cattura e all'insediamento del cugino
Mustafa IV, dando inizio ai colpi di stato ottomani del 1807-
1808.[84] Selim, non si arrese e un suo sostenitore, Alemdar Mustafa
Pascià radunò un'armata di 40 000 uomini e marciò sulla capitale.
L'azione non ebbe il successo sperato e si concluse con l'esecuzione
del deposto Selim e dello stesso Alemdar Mustafa.[85] Le riforme
volute da Selim vennero abolite dal suo successore, il debole Ritratto del sultano Selim III
Mustafà IV, il cui regno durò assai poco, essendo deposto e
rimpiazzato nel 1808 dal fratello Mahmud II per poi essere messo a
morte il 15 novembre.[86]
Tutto l'impero venne presto investito dal nuovo corso di modernizzazione ed europeizzazione: a partire dal
1826 venne imposto all'esercito e agli impiegati statali di abbandonare il tradizionale turbante e di adottare il
fez di lana rossa; i palazzi delle principali città assunsero un aspetto sempre più europeo; nel 1831 iniziarono
le pubblicazioni del Takvim-i Vekayi, il primo giornale ottomano; nel 1836 vennero istituiti i ministeri
dell'interno, della giustizia e del tesoro; nello stesso anno fu istituito un sistema di quarantena per prevenire
le frequenti epidemie di peste; tra il 1830 e il 1850 a Costantinopoli iniziarono a lavorare fabbriche statali
dotate di macchine a vapore; i frequenti contatti con Parigi comportano la sostituzione del persiano con il
francese come lingua delle classi più elevate.[90] Tutte queste riforme furono solo l'antefatto di un progetto
ben più ampio, che Mahmud II poté solo inaugurare, noto con il nome di tanzimat che, iniziato ufficialmente
nel 1839 si concluderà nel 1876.[91]
Nel 1839, il viceré d'Egitto, insoddisfatto per il suo parziale controllo della
Siria, dichiarò guerra nuovamente agli ottomani. Mahmud II ordinò di
avanzare verso la frontiera siriana ma vennero fermati nella battaglia di
Nezib. Mahmud II morì di tubercolosi pochi giorni dopo la disastrosa
sconfitta delle sue truppe. A lui succedette il figlio sedicenne, Abdülmecid I,
subito costretto ad allacciare contatti diplomatici con la Gran Bretagna per
salvare il trono. La necessaria apertura verso la Gran Bretagna si rivelò
tuttavia negativa per l'autonomia dell'impero che si ritroverà sempre di più a
dipendere dalle potenze straniere, sia in campo militare che economico, fino
alla sua completa disgregazione. Ad esempio, un accordo commerciale con
la Gran Bretagna, stipulato nel 1838, causò una crisi senza precedenti per gli
artigiani locali non in grado di competere con le merci occidentali.[92]
La popolazione cristiana dell'impero, per via della sua istruzione superiore, iniziò a crescere di importanza
rispetto alla maggioranza musulmana, portando a risentimenti da parte di quest'ultimi. Nel 1861 c'erano 571
scuole primarie e 94 secondarie dedicate ai cristiani ottomani, a cui partecipavano un totale di 140 000
alunni, un numero di molto superiore rispetto ai bambini musulmani che frequentavano la scuola nello
stesso periodo, i quali era ulteriormente ostacolati dal tempo che erano costretti ad impiegare per studiare
l'arabo e la teologia islamica. A loro volta, i livelli di istruzione superiore permisero ai cristiani di ricoprire
ruoli più importanti nell'economia e nella dirigenza dell'impero, contribuendo a influenzare i cambiamenti in
atto. Nel 1911, delle 654 compagnie all'ingrosso operanti a Istanbul, 528 erano di proprietà di greci.[98]
A partire dal 1871, il sultano Abdul Aziz impresse al paese una svolta
reazionaria, rifiutando formalmente la concessione di una costituzione, una
linea politica largamente contestata dal movimento dei Giovani ottomani.
Nello stesso periodo, l'impero conobbe una profonda crisi dovuta anche alla
fortissima penetrazione economica delle potenze europee. A causa di tutto
ciò. Il 28 maggio 1876 Abdul Aziz venne deposto e pochi giorni dopo fu
trovato morto, ufficialmente per suicidio. A lui succedette il nipote Murad
V, il cui regno durò solo 93 giorni prima di essere anch'egli deposto a causa
di una presunta malattia mentale.[106]
A questo punto, il governo dei Giovani Turchi poteva dirsi consolidato e iniziò ad essere messo in pratica
quel programma di modernizzazione che aveva ispirato il movimento. Nel 1909 fu vietata la schiavitù
(tuttavia rimase praticata per almeno un altro ventennio); nel 1910 abolite le corporazioni; vennero aperte
fabbriche, cementifici, mulini e cantieri marittimi; nel 1911 a Costantinopoli arrivò la distribuzione
dell'energia elettrica e venne fondata la prima società telefonica.[120] Tra il 1910 e il 1912 sorsero i primi
sindacati e vi furono i primi scioperi che portarono all'aumento dei salari.[121] Nonostante alcune resistenze,
la progressiva occidentalizzazione continuò, tanto si iniziò a proporre di sostituire l'alfabeto arabo con
quello latino.[122] La condizione delle donne, ancora soggette a forme di segregazione. andò incontro ad un
inizio di emancipazione: nel 1911 venne inaugurato il primo liceo femminile, nel 1913 nacquero le prime
organizzazioni femminili.[123]
Nel 1914, alla vigilia della Grande Guerra, l'Impero ottomano controllava ancora la Siria, il Libano, la
Palestina e i territori comprendenti la Giordania, l'Iraq e la penisola arabica; l'Egitto continuava a far parte
dell'impero come stato autonomo, anche se di fatto era un protettorato dei britannici.
La "Grande Guerra" e la fine
Il 19 febbraio 1915
Dichiarazione di guerra degli
l'Inghilterra dette avvio alla
ottomani.
Campagna di Gallipoli con
l'intenzione di forzare lo
stretto dei Dardanelli.
Nonostante una superiorità numerica e un inizio delle operazioni
favorevole agli inglesi, il tentativo non ebbe successo grazie
all'insipienza alleata e alle grandi capacità dei due comandanti
ottomani, Otto Liman von Sanders e Mustafa Kemal Atatürk, allora
comandante della 19ª divisione della Quinta armata ottomana, oltre
che “dalla volontà inflessibile, dall'ostinata dedizione e 7 gennaio 1916: fasi finali
dall'incrollabile fedeltà delle truppe ottomane al loro sultano e dell'evacuazione delle truppe
califfo”, come ebbe a dire l'ufficiale tedesco Hans Kannengiesser. britanniche dopo la sconfitta nella
Dopo che entrambi gli schieramenti ebbero subito ingenti perdite, gli campagna dei Dardanelli.
inglesi capirono di non poter sfondare le linee ottomane e si
ritirarono nei primi giorni di gennaio 1916.[135]
Nel frattempo nell'impero la popolazione pativa le ristrettezze causate dalla guerra: in quattro anni il pane
arrivò a costare 38 volte di più, lo zucchero non si trovava, nella capitale gli acquedotti funzionavano a
regime ridotto e due società del gas cessarono la fornitura.[134] Le frustrazioni degli ottomani si riversarono
sugli Armeni accusati di collaborazionismo con le truppe nemiche russe e di cospirare per l'indipendenza
dell'Armenia. Così il governo dei Tre Pascià, esponenti dei Giovani Turchi, organizzò una deportazione di
questo popolo con il chiaro intento di sterminarlo, causando la morte di 6-800 000 persone; tali fatti
passeranno alla storia come il "genocidio armeno".[136][N 2]
La responsabilità della guerra non era mai stata attribuita al sultano ma era
ricaduta sui Giovani Turchi, così la famiglia regnante era uscita quasi
indenne dalla sconfitta e poté, seppur ancora per poco, mantenere le sue
prerogative.[141] Il 3 luglio Mehmet V era morto e gli successe, come
trentaseiesimo sultano ottomano il fratello minore Mehmet VI; questi cercò
Mustafà Kemal Pascià, detto
di scalzare i Giovani Turchi rimasti al governo e assorbire in sé il potere che
in seguito Atatürk (padre dei il predecessore aveva parzialmente dovuto cedere. Così, tra le varie
turchi), nel 1918 iniziative, il 22 dicembre Mehmet sciolse il Parlamento e cercò di perseguire
una politica conciliante verso la Gran Bretagna.[142]
Il 15 maggio 1919 truppe della Grecia, nella speranza di cogliere un impero ottomano in decadenza,
occuparono la zona di Smirne, suscitando un'immediata reazione da parte dei nazionalisti turchi.[143] La
risposta militare fu guidata dal generale Mustafà Kemal Pascià, detto in seguito Atatürk (padre dei turchi),
che si era messo in mostra nella vittoriosa campagna di Gallipoli.[144] Kemal era anche alla guida del
movimento di indipendenza nazionale ed era diventato primo ministro della Turchia dal maggio 1920 al
gennaio 1921 e, dall'aprile 1920, presidente della Grande Assemblea Nazionale Turca di Ankara.[145] Nel
corso della Guerra greco-turca britannici, italiani e francesi preferirono lasciare il campo e sgomberare le
loro forze armate dalla regione, e i greci dovettero affrontare da soli la riscossa turca, così come da soli
avevano proceduto a occupare ampie aree turche. Così nel 1921, dopo due anni di sanguinosi combattimenti,
Kemal riuscì a sconfiggere i greci e, il 9 settembre, poté fare il proprio ingresso a Smirne.[146] I nazionalisti
furono galvanizzati dalla vittoria riportata e iniziarono a mostrare il malcontento per l'occupazione del paese
da parte delle truppe anglo-franco-italiane; si arrivò molto vicino ad una nuova guerra che tuttavia fu
scongiurata solamente grazie all'attività diplomatica dei comandanti turchi e britannici.[147]
Dopo aver sconfitto anche l'esercito del Califfo, Kemal fece sì che il
sultano venisse esautorato dal proprio ruolo ma gli concesse di
mantenere la carica di califfo, guida politica e spirituale della
comunità islamica universale. Così il 1º novembre 1922 venne
abolito definitivamente il sultanato sancendo la fine ufficiale
dell'Impero Ottomano. Il 17 novembre, il deposto Mehmet, lasciò
Istanbul a bordo di una nave da guerra britannica.[148] La carica di
califfo passò a Abdülmecid II che manterrà tuttavia solo fino al 1924
quando al Grande Assemblea Nazionale dichiarò conclusa tale Mehmed VI, ultimo sultano
esperienza, almeno nella linea dinastica del casato ottomano. Nel dell'impero ottomano si appresta a
frattempo, il 29 ottobre 1923, Mustafa Kemal Atatürk era divento il lasciare il paese dopo l'abolizione del
primo presidente della Turchia.[149] sultanato ottomano, 17 novembre
1922
Sebbene essi fossero considerati schiavi del sultano, a questi ragazzi provenienti esclusivamente da famiglie
cristiane (la legge islamica proibiva la schiavitù dei musulmano) talvolta molto povere, veniva data
un'opportunità unica di crescere di prestigio ed economicamente, al costo dell'abbandono delle loro famiglie
di origine. Inoltre, questa schiavitù non gli negava la possibilità di competere con gli altri musulmani di
nascita in qualsiasi aspetto della vita civile e militare. Non deve perciò sorprendere che, talvolta, fossero i
loro stessi genitori a spingere i funzionari affinché scegliessero i loro figli.[156][157]
Diritto
Il sistema legale ottomano adottò, per i suoi sudditi, la legge religiosa ma allo stesso tempo il Qanun (o
Kanun), un sistema legale secolare (laico), poté coesistere con la Sharia. L'Impero ottomano fu sempre
organizzato attorno a un sistema di giurisprudenza locale facente però parte di un più ampio schema di
bilanciamento tra autorità centrale e regionale. Il potere ottomano ruotava in modo cruciale attorno
all'amministrazione dei diritti alla terra, il che dava spazio all'autorità locale per sviluppare le esigenze del
Millet (una confessione religiosa locale). Pertanto, la complessità giurisdizionale mirava a consentire
l'integrazione di gruppi culturalmente e religiosamente diversi. Il sistema ottomano era caratterizzato da tre
sistemi giudiziari distinti: uno per i musulmani, uno per i non musulmani (con ebrei e cristiani che potevano
nominare un governante per le rispettive comunità) e il "tribunale commerciale". L'intero sistema era
regolato dall'alto per mezzo del Qanun, un sistema che ebbe origine fin nell'era pre-islamica.
Questi sistemi giudiziari non erano tuttavia del tutto esclusive: ad esempio, i tribunali islamici, che erano i
tribunali primari dell'Impero, potevano anche essere utilizzati per risolvere un conflitto commerciale o
controversie tra parti in causa di religioni diverse e spesso ebrei e cristiani si rivolgevano a loro per ottenere
una decisione più autorevole su una controversa. Lo stato ottomano tendeva a non interferire con i sistemi di
diritto religioso non musulmano, nonostante legalmente avesse il potere di intervenire attraverso i
governatori locali. Il sistema legislativo della Sharia islamica venne sviluppato da una combinazione tra il
Corano; tra l'Hadīth, o parole del profeta Maometto; tra il ijmā', o consenso dei membri della comunità
musulmana; tra il qiyas, un sistema di ragionamento analogico dei
precedenti giurisprudenziali; e tra i costumi locali. Tutti i sistemi vennero
insegnati nelle scuole di legge dell'Impero, che si trovavano a Istanbul e a
Bursa.
Queste riforme erano fortemente basate su modelli francesi, come dimostrato dall'adozione di un sistema
giudiziario a tre livelli. Denominato Nizamiye, questo sistema venne esteso al livello del magistrato locale
con la promulgazione finale del Mecelle, un codice civile che regolava il matrimonio, il divorzio, gli
alimenti, la volontà e altre questioni relative allo status personale. Nel tentativo di chiarire la divisione delle
competenze giudiziarie, un consiglio amministrativo stabilì che le questioni religiose dovevano essere
gestite dai tribunali religiosi e le questioni statutarie dovevano essere gestite dai tribunali di Nizamiye.
Organizzazione militare
La prima unità militare dello stato ottomano fu un esercito organizzato dallo stesso Osman I e composto da
appartenenti alle tribù che abitavano le colline dell'Anatolia occidentale nel tardo XIII secolo. Con la
progressione dell'impero il sistema militare divenne un'organizzazione sempre più complessa con un preciso
e rigido sistema di reclutamento dei soldati. Il corpo principale dell'esercito ottomano comprendeva la
fanteria (con i celebri giannizzeri), la cavalleria, i reparti di artiglieria, la marina e le unità speciali.[158]
La fanteria (piyade) era costituita da diversi reparti i cui componenti provenivano soprattutto dalla frontiera
ed, oltre al combattimento, svolgevano ulteriori compiti come la ricognizione, gli scavi, il presidio di
fortezze o, talvolta, venivano impiegati a bordo della navi. Tra di essi vi era il famoso corpo dei giannizzeri
(Yeniçeri), reclutati tramite il devscirme erano di diritto schiavi del sultano (e lui stesso ne faceva,
formalmente, parte) e costituivano un corpo di élite. Il loro numero crebbe nel corso dei secoli, dai circa
6 000 ai tempi di Maometto II ai 35 000 del 1598; così come il loro potere che sfociò talvolta in rivolte.
Considerati un peso, sia per le finanze statali che per l'autorità del sultano, i giannizzeri finirono per essere
sterminati in quello che viene chiamato incidente di buon auspicio. Ai giannizzeri, inoltre, era affidata la
tutela dell'ordine pubblico e dello spegnimento degli incendi a
Costantinopoli; non fu raro che ai migliori di essi vennero offerti timar e
cariche governative, fino ad arrivare a diventare, in alcuni casi, gran
visir.[159][160]
La marina ottomana venne sviluppata tra il XV e il XVI secolo, quando l'impero si trovò a fronteggiare
Venezia, Genova, Spagna e i pirati. Grazie alla sua flotta che arrivò a contare tra le 100 e le 150 unità navali,
perlopiù costruite negli imponenti arsenali di Gallipoli e Galata, ben presto divenne padrona assoluta del
Mediterraneo dove perse la sua invincibilità rimase intatta dalla battaglia di Prevesa del 1538 alla battaglia
di Lepanto del 1571. A capo della flotta vi era il kapudan paşa il più famoso dei quali fu senza dubbio
Khayr al-Din Barbarossa.[161][162]
Benché l'artiglieria fosse stata sviluppata piuttosto precocemente, all'interno dell'impero scarseggiarono
spesso le capacità tecniche perché evolvesse e, pertanto, fin dal XV si procedette nel far arrivare nella
capitale tecnici stranieri, soprattutto tedeschi e francesi.[163] La prima fonderia destinata alla produzione di
armi da fuoco nella capitale fu voluta dal sultano Maometto II e sorse dove oggi si trova la Moschea di Kılıç
Ali Pascià, ma fu sotto Solimano il Magnifico che vi fu uno degli incrementi maggiori del reparto che passò
dai 695 cannonieri del 1527 ai 1 204 del 1567.[164]
Successivamente alla perdita della Grecia, avvenuta nel 1821, e dell'Algeria, nel 1830, il potere navale
ottomano andò incontro a un inesorabile declino che si tradusse in un'incapacità di controllare i propri
lontani territori d'oltremare. Il sultano Abdülaziz (regnante dal 1861 al 1876) tentò di ristabilire la propria
marina militare progettando di costruire la più grande flotta dopo quella di Gran Bretagna e Francia. Nel
1866 il primo sottomarino in forza all'Impero ottomano venne realizzato nel cantiere navale di Barrow, in
Inghilterra. Tuttavia, la debole economia ottomana non permise di sostenere tale flotta per lungo tempo,
tanto che sotto il sultano Abdul Hamid II la maggior parte delle navi venne abbandonata all'interno del
corno d'oro dove rimasero inattive per una trentina d'anni.
Economia
Il governo ottomano perseguì una politica economica basata sullo sviluppo di grandi centri commerciali e
industriali, come Bursa, Edirne e Istanbul.[167] Considerando indispensabile la presenza di eccellenti
artigiani e commercianti per la crescita di una metropoli, il sultano Maometto II e il suo successore Bayezid
II, accolsero con favore e incoraggiarono l'arrivo di molti ebrei provenienti da diverse parti d'Europa,
invitandoli a stabilirsi a Istanbul e in altre città portuali come Salonicco. A quel tempo, in gran parte
dell'Europa gli ebrei erano vittime di persecuzioni da parte dei cristiani, come avvenne ad esempio in
Spagna con la loro espulsione al termine della Reconquista.
Le conoscenze economiche ottomane intorno al XVI secolo si basavano sui semplici concetti di Stato e
Società secondo la tradizione del Medio Oriente in cui l'obiettivo finale di un'entità politica era il suo
consolidamento e l'estensione del potere del sovrano, in modo da ottenere risorse rendere prosperose le
classi produttive.[168] L'intento era quello di aumentare le entrate statali senza danneggiare i soggetti, per
prevenire disordini sociali e mantenere intatta l'organizzazione tradizionale della società. Nella prima età
moderna, l'economia ottomana si espanse notevolmente, con tassi di crescita particolarmente elevati nella
prima metà del XVIII secolo. Il reddito annuo, adeguato all'inflazione, dell'impero quadruplicò tra il 1523 e
il 1748.[169]
Nell'impero ottomano, l'organizzazione dei funzionari del tesoro e della cancelleria venne sviluppata più che
durante ogni altro governo islamico e, fino al XVII secolo, fu tra le migliori tra tutti i modelli
contemporanei.[170] Questa organizzazione portò allo sviluppo di una burocrazia scribale (conosciuta come
"uomini della penna") come un gruppo distinto, in parte formato da ulama altamente addestrati che dettero
vita a un corpo professionale. L'efficacia di questi furono alla base del successo di molti grandi statisti
ottomani.[171]
Demografia
Una stima della popolazione residente tra il 1520 e il 1535, pari a
11 692 480 abitanti, venne effettuata contando le famiglie nei registri
delle decime ottomane e moltiplicando questo numero per 5. Per
ragioni poco chiare, la popolazione nel XVIII secolo era inferiore a
quella stimata per il XVI secolo. Nel 1831 venne effettuato il primo
censimento che determinò il numero di 7 230 660 abitanti, un valore
tuttavia considerato sottostimato in quanto tale censimento aveva
l'obiettivo di registrare possibili coscritti.
Smirne sotto la dominazione
ottomana nel 1900
I censimenti dei territori ottomani iniziarono solo all'inizio del XIX
secolo e sono disponibili dati ufficiali dal 1831 in poi, ma questi non
coprivano l'intera popolazione. Ad esempio, il censimento del 1831
contava solo uomini e non era riuscito a comprendere l'intero impero. Per periodi precedenti le stime sul
numero e sulla distribuzione della popolazione si basano su modelli demografici.
Tuttavia, sembra che la popolazione abbia iniziato a risalire alla fine del XVIII secolo fino a raggiungere i
25–32 milioni prima del 1800, con circa 10 milioni di residenti nelle sole province europee (principalmente
nei Balcani), 11 milioni nelle province asiatiche e circa 3 milioni in quelle africane. La densità della
popolazione era più alta nelle province europee, il doppio di quelle nell'Anatolia, che a loro volta
triplicavano la densità osservabile nell'Iraq e nella Siria, e cinque volte quella dell'Arabia.
Verso la fine dell'esistenza dell'impero, l'aspettativa di vita era di 49 anni, tuttavia le malattie epidemiche e le
carestie causarono gravi cambiamenti demografici. Nel 1785 circa un sesto della popolazione egiziana morì
di peste e Aleppo vide la sua popolazione ridotta del 20%. Sei carestie colpirono l'Egitto tra il 1687 e il 1731
e l'ultima che colpì l'Anatolia accadde quattro decenni più tardi.
Religione
Secondo lo storico Halil İnalcık, nell'epoca dei Selgiuchidi e nei primi anni di formazione dell'impero
ottomano, i popoli turchi che dettero vita a tali imperi furono prevalentemente aleviti bektashi, mentre le
popolazioni precedenti furono essenzialmente cristiane, ortodosse o monofisite. Le turkmene arrivate in
Anatolia vennero influenzate spiritualmente da grandi personalità sufi e dell'Islam eterodosso, come Ahmed
Yesevi, Yunus Emre, Hajji Bektash Veli, Mevlana, Ibn Arabi, Abdal Musa e Kaygusuz. Molte prove
suggeriscono che i fondatori dell'Impero appartenessero a confraternite islamiche eterodosse vicine al
bektashismo. La prima madrasa (università teologica) venne fondata da Davud el-Kayserî che insegnò il
concetto della metafisica Sufi. Per Levent Kayapinar, fino al XIV-XV secolo, gli aleviti bektashi furono in
maggioranza tra gli appartenenti all'impero di lingua turca.
Prima del 1517, l'Impero ottomano non possedeva una religione ufficiale e non era basato su un sistema
religioso. Nell'anno precedente, gli ottomani misero fine al califfato dei Mamelucchi e Selim I si nominò
califfo deponendo l'ultimo califfo abbaside del Cairo Al-Mutawakkil III, segnando una svolta epocale nella
storia religiosa dell'Impero: Selim scelse, infatti, il sunnismo come religione ufficiale per il suo popolo.[31] In
tal modo, il sultano ottomano si distinse dal suo grande rivale lo Scià Isma'il I, capostipite della dinastia
Safavide e seguace dello sciismo e di Ahl al-Bayt. Circa duemila ulema vennero fatti arrivare dall'Università
al-Azhar del Cairo con lo scopo di "sunnizzare" l'Impero. Da quel momento, i capi religiosi aleviti, bektashi
e mevlevi, all'origine dell'islamizzazione dell'Anatolia e dei Balcani, vennero giustiziati o deportati.
L'alevismo venne considerato eretico dal governo ottomano oramai sunnita e Selim avviò una politica di
denigrazione, repressione e assimilazione o conversione degli aleviti che durò fino all'era repubblicana.
Nonostante che l'Islam fosse divenuta la religione ufficiale, all'interno dell'impero e per tutta la sua storia
convissero diverse confessioni. I cristiani e gli ebrei vennero considerati "dhimmi" e organizzati in "millet"
(comunità): quella dei Rum ("romani") riunì i cristiani ortodossi, ex cittadini dell'impero romano d'oriente,
mentre quella degli Ermeni raggruppò i miafiti della chiesa apostolica armena. Queste comunità non
musulmane vennero esentate dal servizio militare, ma d'altra parte, soggette ad una maggiore tassazione,
chiamata haraç, e al devscirme, due imposizioni che incoraggiarono molti a convertirsi all'Islam sunnita.
Sebbene fosse possibile per i cristiani erigere le proprie chiese nel territorio dell'Impero, ad essi venne
vietato di suonare le campane.[172] Nonostante questa sorta di “tolleranza religiosa” presente nell'impero, le
conquiste degli eserciti ottomani vennero accompagnate dalla distruzione di numerosi edifici religiosi: si
pensi che delle 1 300 chiese e monumenti religiosi presenti in Serbia prima dell'arrivo dei turchi, nel XVI
secolo si contavano solamente 14 chiese ortodosse attive. Inoltre, il peso della repressione contro i cristiani
provocò vari esodi, tra cui quello del 1690 in cui 37 000 famiglie serbe dovettero lasciare le proprie case per
trovare rifugio nell'impero asburgico o quelli che videro molti bulgari e arumeni abbandonare, tra il XVI e il
XIX secolo, i loro territori per stabilirsi nelle più autonome Romania e Moldavia.
Cultura
Istruzione
Letteratura
Architettura
Arti decorative
La tradizione delle miniature ottomane, realizzate per illustrare
manoscritti o utilizzate in pubblicazioni dedicate, fu fortemente
influenzata dall'arte persiana, sebbene includesse anche elementi
della tradizione bizantina dei manoscritti miniati. Un'accademia
greca di pittori, il Nakkashane-i-Rum, venne fondata nel Palazzo
Topkapi nel XV secolo, mentre all'inizio del secolo successivo venne
aggiunta anche una simile accademia persiana, la Nakkashane-i-
Irani.
Cucina
Quando si parla di “cucina ottomana” ci si riferisce a quella in uso nella capitale Costantinopoli e nelle
principali città, dove l'aggregarsi di diverse culture dette origine a piatti caratteristici comunui alla maggior
parte della popolazione, indipendentemente dall'etnia e dal paese di provenienza. Questa cucina variegata
venne poi affinata nelle cucine del Palazzo Imperiale da cuochi arrivati dalle diverse parti dell'impero per
poi diffondersi nella popolazione. In essa convissero diverse influenze provenienti dalla cucina turca,
armena, mediorientale greca e balcanica.[175] Molti piatti oggi comuni nella
regione discendono dai gusti del tempo, come lo yogurt, il döner kebab/
gyros/shawarma, il cacık/tzatziki, l'ayran, il pane pita, il formaggio feta, la
baklava, lo lahmacun, la moussaka, il kufta, il börek, il rakı/rakia/tsipouro, il
meze, il dolma, le sarmale, il riso pilaf, il caffè turco, il suciuk, il kishk, il
manti, il lavash, il kanafeh e altro ancora.
Scienza e tecnologia
Nel corso di tutta la storia
Donne dell'harem bevono dell'impero ottomano, la scienza ha
caffè turco continuato a svilupparsi
costantemente e gli scienziati
godettero di prestigio e protezione.
Nei primi anni dell'impero gli studiosi di scienze provenivano dai
più grandi centri culturali del mondo musulmano, come l'Egitto, la
Siria, l'Iraq e il Turkestan, ma con le espansioni territoriali del XIV e
XV secolo alcune tra le più importanti città ottomane divennero
luoghi di formazione di intellettuali, come Bursa, Edirne Skopje e
Costantinopoli. Se agli inizi le discipline studiate riguardarono Illustrazione dal trattato di chirurgia di
soprattutto la teologia, la filosofia, la mistica e la religione, a partire Sabuncuoğlu Şerafeddin
dal XV secolo iniziarono ad emergere la matematica, la geografia, le
scienze naturali e l'astronomia.[176]
E fu proprio l'astronomia uno dei campi di ricerca più seguiti dagli ottomani; tanto che la prima opera
scientifica tradotta in lingua turca fu il lavoro di Nasir al-Din al-Tusi riguardante l'astronomia e la
compilazione dei calendari. L'astronomo Qadi-zade-i Rumi, dotato di grande influenza, contribuì
enormemente all'evoluzione della letteratura scientifica ottomana e i suoi commentati formarono
generazioni di studiosi anche al di fuori dell'impero. Tra i suoi discepoli 'Ali al-Qushji, originario di
Samarcanda ma poi invitato a Costantinopoli dal sultano Maometto II, che fondò nella capitale la Sahn-ı
Seman Medrese dove si studiavano diverse discipline scientifiche.[176]
A causa di un rallentamento nell'innovazione tecnologica rispetto all'occidente, a partire dagli inizi del
XVIII secolo i governi ottomani premettero affinché si studiasse la tecnologia Europea e venissero tradotti
in turco le opere fondamentali. Durante il cosiddetto periodo dei tulipani, grazie anche all'influenza
occidentale, vi fu un sostanziale sviluppo della tecnica e della scienza. Ma fu solo grazie al progresso della
stampa, prima osteggiata dagli integralisti religiosi, avvenuto nel XIX secolo che si poté accelerare
l'evoluzione tecnologia. Tra i più importanti scienziati degli ultimi tre secoli dell'impero ottomano si
ricordano: l'astronomo e architetto Bahāʾ al-dīn al-ʿĀmilī, il matematico Gelenbewī Ismā῾īl Efendī e gli
astronomi Ġāzī Aḥmad Muḫtār Pāšā e Mehmed Fatin Gökmen, quest'ultimo fondatore dell'osservatorio di
Kandilli a Istanbul e promotore di una rinascita, tre secoli dopo Taqī al-Dīn, degli studi astronomici in
turco.[176]
Lingua
Il turco ottomano era la lingua ufficiale dell'impero, fortemente influenzata
dal persiano e dall'arabo, faceva parte delle lingue oghuz a loro volta un
ramo delle lingue turche. Inoltre, gli ottomani utilizzavano altre lingue: il
turco veniva parlato dalla maggior parte della popolazione in Anatolia e
dalla maggioranza dei musulmani dei Balcani tranne che in Albania e
Bosnia; il persiano era utilizzato solo da una minoranza di persone molto
colte;[177] l'arabo era parlato principalmente in Arabia, Iraq, Kuwait, nel
Levante e in alcune parti del Corno d'Africa; la lingua berbera era diffusa nel
Maghreb. Negli ultimi due secoli, l'uso di queste lingue divenne più limitato,
tuttavia specifico: il persiano serviva principalmente come lingua letteraria
per i colti,[177] mentre l'arabo veniva utilizzato nelle preghiere islamiche. Il
turco, nella sua variante ottomana, era un linguaggio militare e
amministrativo fin dai tempi nascenti degli Ottomani. La costituzione
ottomana del 1876 sancì ufficialmente lo status imperiale ufficiale del
turco.[178]
A causa di un basso tasso di alfabetizzazione tra la popolazione (circa il 2- Calendario ottomano del
1911 scritto in diverse lingue
3% fino all'inizio del XIX secolo e circa il 15% verso la fine), la gente
comune doveva assumere degli scribi come "scrittori di richieste speciali"
(arzuhâlcis) per essere in grado di comunicare con il governo.[179][180] I
gruppi etnici continuarono a parlare nelle loro famiglie e nei propri quartieri (mahalles) per mezzo delle loro
lingue (come avvenne, ad esempio, per i sefarditi, gli armeni, i greci, ecc.). Nei villaggi in cui due o più
popolazioni vivevano insieme, gli abitanti parlavano spesso la lingua l'uno dell'altro. Nelle città
cosmopolite, spesso le persone parlavano le proprie lingue di origine; molti coloro che non appartenevano al
gruppo etnico dei turchi parlavano il turco come seconda lingua.
Note
Esplicative
1. ^ Le autorità italiane infatti - denunciando la propria grossolana ignoranza circa le
caratteristiche del "califfo" malgrado gli oltre 13 secoli di storia comune - pensarono di
autorizzare la khuṭba in nome del sultano ottomano nelle moschee tripolitane e cirenaiche,
senza accorgersi che il "califfo ottomano" nulla aveva a che fare con un inesistente "papa" dei
musulmani, contribuendo così, loro malgrado, a mantenere vivo uno spirito irredentista che
causerà gravi danni a Roma e alla sua politica colonialistica nelle regioni nordafricane
conquistate. In merito si veda C. A. Nallino, "Appunti sulla natura del «Califfato» in genere e sul
presunto «Califfato ottomano»", in: (a cura di M. Nallino), Scritti editi e inediti, 6 voll., Roma,
Istituto per l'Oriente, III, pp. 234-569.
2. ^ Ancora oggi, 2020, le autorità turche stentano a riconoscere esplicitamente nei termini
proposti dalla maggioranza degli storici il genocidio armeno. Una vistosa eccezione è costituita
dallo storico islamista e ottomanista Bernard Lewis, che parlò di "stermini" e "massacri",
rifiutandosi però di qualificarli come "genocidio", alla luce del fatto che la comunità armena di
Istanbul non era stata coinvolta nelle stragi.
Bibliografiche
27. Kalisky, 1972, p. 301.
1. ^ Peter Turchin, Jonathan M. Adams e
Thomas D Hall, East-West Orientation of 28. ^ Kalisky, 1972, pp. 301-302.
Historical Empires, in Journal of world- 29. Kalisky, 1972, p. 302.
systems research, vol. 12, n. 2, dicembre 30. Kalisky, 1972, p. 303.
2006, p. 223, ISSN 1076-156X. URL consultato
31. Kalisky, 1972, p. 304.
il 12 settembre 2016 (archiviato il 20 maggio 2019).
32. ^ Clot, 1986, pp. 39-40, 53-57, 73.
2. ^ (EN) Rein Taagepera, Expansion and
Contraction Patterns of Large Polities: 33. ^ Vercellini, 1997, p. 13.
Context for Russia, in International Studies 34. ^ Clot, 1986, p. 80-82, 101-107.
Quarterly, vol. 41, n. 3, settembre 1997, 35. Barbero, 2011, p. 63.
p. 498, DOI:10.1111/0020-8833.00053, 36. ^ Clot, 1986, pp. 121-128, 148.
JSTOR 2600793.
37. ^ Clot, 1986, pp. 113, 152-154, 161-162.
3. ^ Erickson, 2003, p. 59.
38. ^ Vercellini, 1997, p. 14.
4. ^ Herm, 1985, pp. 274-275.
39. ^ Barbero, 2011, pp. 71-75.
5. Riley-Smith, 2017, p. 393.
40. ^ Clot, 1986, pp. 307-308.
6. Herm, 1985, p. 275.
41. ^ Clot, 1986, pp. 64, 84, 154-155, 309, 331.
7. Kalisky, 1972, p. 294.
42. ^ Mansel, 1997, pp. 82-83.
8. Herm, 1985, p. 276.
43. ^ Barbero, 2011, pp. 68, 100-101.
9. Herm, 1985, p. 277.
44. Mantran, 1999, p. 175.
10. ^ Kalisky, 1972, pp. 294-295.
45. Barbero, 2011, pp. 96-97.
11. ^ Barbero, 2011, pp. 25-27.
46. Mantran, 1999, p. 257.
12. Kalisky, 1972, p. 295.
47. Mantran, 1999, p. 176.
13. ^ Barbero, 2011, p. 26.
48. ^ (EN) Enciclopedia Britannica, Jelālī
14. Herm, 1985, p. 278. Revolts, su britannica.com. URL consultato il 24
15. ^ Barbero, 2011, p. 27. maggio 2020 (archiviato l'8 novembre 2018).
16. ^ Kalisky, 1972, pp. 296-297. 49. Mantran, 1999, p. 255.
17. Kalisky, 1972, p. 299. 50. ^ Mantran, 1999, p. 258.
18. Barbero, 2011, p. 30. 51. ^ Mantran, 1999, p. 256.
19. ^ Sfranze, 2008, cap. III. 52. ^ Mantran, 1999, pp. 256, 259.
20. ^ Herm, 1985, p. 280. 53. ^ Mantran, 1999, pp. 256, 260.
21. ^ Herm, 1985, p. 281. 54. ^ Mantran, 1999, p. 256.
22. ^ Barbero, 2011, p. 31. 55. ^ Mantran, 1999, pp. 256-257, 261-262.
23. ^ Kalisky, 1972, p. 300. 56. ^ Mantran, 1999, p. 262.
24. ^ Riley-Smith, pp. 400-401. 57. Mantran, 1999, p. 263.
25. ^ Riley-Smith, 2017, p. 394. 58. ^ Mantran, 1999, p. 264.
26. ^ Grande Enciclopedia DeAgostini vol. 16.
59. ^ Mantran, 1999, p. 265. 102. ^ (EN) Bryan Glynn Williams, Hijra and
60. ^ Mantran, 1999, pp. 267-268. forced migration from nineteenth-century
Russia to the Ottoman Empire, in Cahiers du
61. ^ Mantran, 1999, pp. 268-269.
Monde Russe, vol. 41, n. 1, 2000, pp. 79–
62. ^ Mantran, 1999, p. 269. 108, DOI:10.4000/monderusse.39.
63. ^ Mantran, 1999, pp. 270-271. 103. ^ Mansel, 1997, pp. 256-259.
64. ^ Mantran, 1999, pp. 271-272. 104. ^ Rogan, 2011, p. 105.
65. ^ Mantran, 1999, p. 272. 105. Rogan, 2011, p. 106.
66. Mantran, 1999, p. 273. 106. ^ Mansel, 1997, pp. 285-287.
67. ^ Ago e Vidotto, 2009, p. 166. 107. ^ Mansel, 1997, pp. 287-288.
68. Mantran, 1999, pp. 274. 108. ^ Jelavich e Jelavich, 1986, p. 139.
69. ^ Mantran, 1999, pp. 275-276. 109. ^ Mansel, 1997, pp. 289-292.
70. ^ Mantran, 1999, p. 276. 110. ^ Mansel, 1997, p. 294.
71. ^ Mantran, 1999, p. 295. 111. ^ Akmese, 2005, p. 24.
72. Mantran, 1999, pp. 296. 112. ^ Akçam, 2006, p. 42.
73. Mantran, 1999, pp. 297. 113. ^ Mansel, 1997, pp. 326-327.
74. ^ Mantran, 1999, p. 298. 114. ^ Mansel, 1997, p. 329.
75. ^ Mantran, 1999, p. 456. 115. ^ Mansel, 1997, p. 330.
76. ^ Mantran, 1999, p. 457. 116. ^ Mansel, 1997, p. 331.
77. ^ Mantran, 1999, p. 458. 117. ^ Mansel, 1997, p. 332.
78. ^ Mantran, 1999, pp. 458-469. 118. ^ Mansel, 1997, p. 333.
79. ^ Mantran, 1999, p. 459. 119. ^ Mansel, 1997, pp. 328, 333.
80. ^ Mantran, 1999, p. 460. 120. ^ Mansel, 1997, p. 334.
81. ^ Mantran, 1999, pp. 460-461. 121. ^ Mansel, 1997, p. 335.
82. Mantran, 1999, pp. 461-462. 122. ^ Mansel, 1997, p. 341.
83. ^ Mantran, 1999, pp. 464-465. 123. ^ Mansel, 1997, p. 336.
84. ^ Mantran, 1999, p. 467. 124. ^ Mansel, 1997, p. 345.
85. ^ Mantran, 1999, pp. 467-468. 125. ^ Mansel, 1997, p. 343.
86. ^ Mantran, 1999, pp. 466-467. 126. Mansel, 1997, p. 344.
87. ^ Mansel, 1997, p. 224. 127. ^ Mansel, 1997, p. 348.
88. ^ Barbero, 2011, pp. 188-189. 128. ^ Mansel, 1997, pp. 348-349.
89. ^ Mansel, 1997, pp. 225-227. 129. Willmott, 2006, p. 74.
90. ^ Mansel, 1997, pp. 235, 238-239, 242, 244. 130. ^ Mansel, 1997, p. 349.
91. ^ Mansel, 1997, p. 248. 131. ^ Mansel, 1997, p. 350.
92. ^ Mansel, 1997, pp. 237, 246. 132. ^ Gilbert, 2010, p. 136.
93. ^ Mansel, 1997, p. 253. 133. ^ Mansel, 1997, p. 351-352.
94. ^ Barbero, 2011, pp. 190-191. 134. Mansel, 1997, p. 352.
95. ^ Mansel, 1997, p. 254. 135. ^ Mansel, 1997, po. 353-354.
96. ^ Barbero, 2011, p. 192. 136. ^ Mansel, 1997, pp. 354-355.
97. ^ History of the Turkish Postal Service, 137. Mansel, 1997, p. 355.
Ptt.gov.tr. URL consultato il 6 novembre 2011
138. Mansel, 1997, p. 356.
(archiviato dall'url originale il 7 agosto 2011).
139. ^ Mansel, 1997, p. 357.
98. ^ Stone, 2005, p. 95.
140. ^ Mansel, 1997, p. 358-359.
99. ^ Geyikdagi, 2011, p. 32.
00. ^ Howard, 2013, p.71. 141. ^ Mansel, 1997, p. 364.
01. ^ Barbero, 2011, pp. 192-193. 142. ^ Mansel, 1997, pp. 364-365.
143. ^ Mansel, 1997, p. 366.
44. ^ Mansel, 1997, p. 367. 1560–1660., E.J. Brill, 1996, pp. 238–39,
45. ^ Mansel, 1997, p. 368. ISBN 978-90-04-10289-7.
46. ^ Mansel, 1997, p. 379. 170. ^ (EN) Antony Black, The History of Islamic
Political Thought: From the Prophet to the
47. ^ Mansel, 1997, p. 380. Present, Psychology Press, 2001, p. 197,
48. ^ Mansel, 1997, p. 382. ISBN 978-0-415-93243-1. URL consultato l'11
49. ^ Mansel, 1997, pp. 388-389. febbraio 2013 (archiviato il 26 maggio 2013).
50. ^ Barbero, 2011, pp. 90-91. 171. ^ Halil İnalcık e Donald Quataert, An
51. ^ Vercellini, 1997, p. 28. Economic and Social History of the Ottoman
52. ^ Barbero, 2011, p. 92. Empire, 1300–1914, 1971, p. 120.
53. ^ Barbero, 2011, pp. 92-93. 172. ^ Barbero, 2011, pp. 118-119.
54. ^ Barbero, 2011, p. 93. 173. ^ (EN) Eli Shah, The Ottoman Artistic
Legacy, Israel Ministry of Foreign Affairs.
55. ^ Vercellini, 1997, p. 30. URL consultato il 26 agosto 2010 (archiviato dall'url
56. ^ Vercellini, 1997, p. 29. originale il 13 febbraio 2009).
57. ^ Barbero, 2011, pp. 95. 174. ^ Bainbridge, 2009, p. 309.
58. ^ Mantran, 1999, p. 147. 175. ^ Bert Fragner, "From the Caucasus to the
59. ^ Mantran, 1999, pp. 148, 215-216. Roof of the World: a culinary adventure", in
60. ^ Barbero, 2011, pp. 108-116. Sami Zubaida and Richard Tapper, A Taste
of Thyme: Culinary Cultures of the Middle
61. ^ Mantran, 1999, pp. 149, 227-228.
East, Londra, Praga e New York, p. 52
62. ^ Barbero, 2010, pp. 57-68.
176. Ekmeleddin İhsanoğlu, Civiltà islamica:
63. ^ Mantran, 1999, p. 148. osservazioni, calcolo e modelli in
64. ^ Mantran, 1999, pp. 148, 218. astronomia. L'astronomia e la tradizione
65. ^ Mantran, 1999, p. 306. classica della scienza ottomana, in Storia
della scienza, Istituto dell'Enciclopedia
66. ^ Barbero, 2011, pp. 190-191.
Italiana, 2001-2004..
67. ^ Halil İnalcık, The Ottoman Economic Mind
177. (EN) Bertold Spuler, Persian Historiography
and Aspects of the Ottoman Economy, in M.
And Geography, Pustaka Nasional Pte Ltd,
A. Cook (a cura di), Studies in the Economic
2003, p. 69, ISBN 978-9971-77-488-2. URL
History of the Middle East: from the Rise of
consultato l'11 febbraio 2013 (archiviato il 26 maggio
Islam to the Present Day, Oxford University
2013).
Press, 1970, p. 209, ISBN 978-0-19-
713561-7. 178. ^ (EN) The Ottoman Constitution,
68. ^ (EN) Halil İnalcık, The Ottoman Economic promulgated the 7th Zilbridge, 1293 (11/23
Mind and Aspects of the Ottoman Economy, December, 1876), in The American Journal
in M. A. Cook (a cura di), Studies in the of International Law, vol. 2, n. 4, 1908,
Economic History of the Middle East: from p. 376, JSTOR 2212668.
the Rise of Islam to the Present Day, Oxford 179. ^ Kemal H. Karpat, Studies on Ottoman
University Press, 1970, p. 217, ISBN 978-0- Social and Political History: Selected Articles
19-713561-7. and Essays, Brill, 2002, p. 266, ISBN 978-
69. ^ (EN) Linda Darling, Revenue-Raising and 90-04-12101-0. URL consultato l'11 febbraio 2013
(archiviato il 2 gennaio 2014).
Legitimacy: Tax Collection and Finance
Administration in the Ottoman Empire, 180. ^ (EN) Ottoman Empire (PDF), su saylor.org
(archiviato il 4 agosto 2014).
Bibliografia
Renata Ago e Vittorio Vidotto, Storia moderna, Roma, Editori Laterza, 2009, ISBN 978-88-420-
7243-0, SBN IT\ICCU\RMS\2190641.
(EN) Taner Akçam, A Shameful Act: The Armenian Genocide and the Question of Turkish
Responsibility, New York, Metropolitan Books, 2006, ISBN 978-0-8050-7932-6.
(EN) Handan Nezir Akmese, The Birth Of Modern Turkey: The Ottoman Military And The March
To World War I, Tauris Academic Studies, 2005, ISBN 978-1-85043-797-0.
Robert Mantran (a cura di), Storia dell'impero ottomano, Lecce, Argo, 1999, ISBN 88-8234-
019-8, SBN IT\ICCU\RAV\0649657.
James Bainbridge, Turchia, in Lonely Planet, Torino, EDT srl, 2009, ISBN 9788860404619,
SBN IT\ICCU\LO1\1265936.
Alessandro Barbero, Lepanto. La battaglia dei tre imperi, Bari, Laterza, 2010, ISBN 88-420-
8893-5, SBN IT\ICCU\CFI\0767070.
Alessandro Barbero, Il divano di Istanbul, Palermo, Sellerio, 2011, ISBN 88-389-2538-0,
SBN IT\ICCU\TO0\1810069.
Fairfax Downey, Solimano il Magnifico, Milano, Dall'Oglio, 1961, ISBN non esistente,
SBN IT\ICCU\LIA\0093022.
(EN) Edward Erickson, Defeat in Detail: The Ottoman Army in the Balkans, 1912–1913,
Greenwood Publishing Group, 2003, ISBN 978-0-275-97888-4.
Martin Gilbert, La grande storia della prima guerra mondiale, Milano, Mondadori, 2010 [1994],
ISBN 978-88-04-48470-7.
Gerhard Herm, I bizantini, Garzanti, 1985, ISBN non esistente, SBN IT\ICCU\CFI\0090569.
(EN) Douglas Arthur Howard, The History of Turkey, Greenwood Publishing Group, 2001,
ISBN 978-0-313-30708-9.
(EN) Charles Jelavich e Barbara Jelavich, The Establishment of the Balkan National States,
1804–1920, 1986, ISBN 978-0-295-80360-9.
René Kalisky, Storia del mondo arabo, volume 1°, Verona, Bertani ediore, 1972 [1968], ISBN
non esistente, SBN IT\ICCU\RAV\0184853.
Philip Mansel, Costantinopoli: splendore e declino della capitale dell'Impero ottomano: 1453-
1924, Milano, Mondadori, 1997, ISBN 88-04-41795-1, SBN IT\ICCU\LO1\0441336.
(EN) V. Necla Geyikdagi, Foreign Investment in the Ottoman Empire: International Trade and
Relations 1854–1914, I.B.Tauris, 2011, ISBN 978-1-84885-461-1.
Maria Pia Pedani, La grande cucina ottomana : una storia di gusto e di cultura, Bologna, Il
mulino, 2012, ISBN 978-88-15-24041-5, SBN IT\ICCU\RAV\1971423.
Jonathan Riley-Smith, Storia delle crociate: dalla predicazione di papa Urbano II alla caduta di
Costantinopoli, Milano, Mondadori, 2017, ISBN 978-88-04-67811-3,
SBN IT\ICCU\CFI\0966240.
(EN) Eugene Rogan, The Arabs: A History, Penguin, 2011.
Giorgio Sfranze, Paleologo. Grandezza e caduta di Bisanzio, Palermo, Sellerio, 2008,
ISBN 88-389-2226-8, SBN IT\ICCU\PAL\0213448.
(EN) Norman Stone, Turkey in the Russian Mirror, in Russia War, Peace And Diplomacy:
Essays in Honour of John Erickson, Weidenfeld & Nicolson, 2005, p. 95, ISBN 978-0-297-
84913-1.
Giorgio Vercellini, Solimano il Magnifico, Firenze, Giunti, 1997, ISBN 88-09-76236-3.
Hedley Paul Willmott, La prima guerra mondiale, Milano, Mondadori, 2006, ISBN 978-88-370-
2781-0, SBN IT\ICCU\RAV\1253868.
Voci correlate
Abolizione del sultanato ottomano
Califfato ottomano
Caduta dell'Impero ottomano
Dinastia ottomana
Ertugrul Osman V
Grande Guerra
Guerre turco-veneziane
Guerre ottomano-asburgiche
Guerra d'indipendenza turca
Inno imperiale ottomano
Linea di successione al trono dell'Impero ottomano
Osman I
Sheikh-ul-Islam dell'Impero Ottomano
Sublime porta
Trattato di Sèvres
Altri progetti
Wikimedia Commons (https://commons.wikimedia.org/wiki/?uselang=it) contiene immagini
o altri file su Impero ottomano (https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Ottoman_E
mpire?uselang=it)
Collegamenti esterni
Impero ottomano, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Impero ottomano, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010.
VIAF (EN) 305102586 (https://viaf.org/viaf/305102586) · LCCN (EN) sh85138802 (http://i
d.loc.gov/authorities/subjects/sh85138802) · GND (DE) 4075720-1 (https://d-nb.info/gnd/
Controllo di autorità 4075720-1) · NDL (EN, JA) 00573333 (https://id.ndl.go.jp/auth/ndlna/00573333) ·
WorldCat Identities (EN) viaf-305102586 (https://www.worldcat.org/identities/viaf-305102
586)
Estratto da "https://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Impero_ottomano&oldid=113997739"
Questa pagina è stata modificata per l'ultima volta il 29 giu 2020 alle 00:56.
Il testo è disponibile secondo la licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo; possono applicarsi
condizioni ulteriori. Vedi le condizioni d'uso per i dettagli.