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Giovanni Pascoli

Il linguaggio poetico fatto di echi, risonanze melodiche, rime particolari, suoni o parole
onomatopeiche, espressioni cantilenanti arricchite con rapide note impressionistiche.  Lo
studio comparato tra poesia e speculazione estetico-musicale, che mette in luce i rapporti
segreti tra Suono e Parola, è caratteristica del poeta romagnolo Giovanni Pascoli.

Pascoli è da sempre definito il “poeta fanciullo” per eccellenza, colui che riesce a percepire ciò
che gli adulti non vedono più, colui che osserva la realtà senza alcun filtro e che usa la
fantasia. Questa poetica comportava novità profonde ad una società indirizzata sull’idea di
poeta vate (gli autori cercavano di interpretare e guidare i sentimenti delle masse), ora il poeta
è un uomo umile che gioisce nello scoprire le cose più modeste e genuine e il suo ruolo è
quello di fornire degli stimoli, spunti di riflessione sulla realtà, in modo tale che il lettore li
percepisca in modo soggettivo.

Per poter realizzare la poetica del “fanciullino” Pascoli dovette creare delle innovazioni anche
nello stile e nelle tecniche espressive:

 Sul piano fonico il poeta fa un largo uso dell’onomatopea (figura retorica di tipo
fotosimbolico che vuole riprodurre suoni o rumori, naturali e artificiali, tramite gli
strumenti della lingua) per creare nuove suggestioni ed evocazioni, richiamando al
lettore realtà indeterminate, spesso percepite come minacciose e inquietanti.
 attua una rivisitazione dei sistemi metrici e ritmici tradizionali con accenti e ritmi del
tutto inediti.
 Introduce novità di sintassi utilizzando periodi brevi, prevalenza della coordinazione,
discorso spezzettato.
L’assiuolo

Dov'era la luna? ché il cielo


L'assiuolo è una poesia di Giovanni
notava in un'alba di perla,
Pascoli compresa nella
ed ergersi il mandorlo e il melo
raccolta Myricae composta nel 1897. La
parevano a meglio vederla.
poesia è formata da tre strofe di sette
Venivano soffi di lampi da un nero di nubi laggiù;
novenari seguiti dal verso dell’assiuolo
veniva una voce dai campi:
descritto dall’onomatopea “chiù”. In
chiù . . .
questo componimento poetico troviamo
diverse figure timbriche come
Le stelle lucevano rare
l’allitterazione (in fr quando dice “fru fru
tra mezzo alla nebbia di latte:
tra le fratte”), l’anafora (“chiù” viene
sentivo il cullare del mare,
infatti ripetuto alla fine di ogni strofa),
sentivo un fru fru tra le fratte;
l’onomatopa (“finissimi sistri d’argento”,
sentivo nel cuore un sussulto,
perché riproduce il suono stridulo delle
com'eco d'un grido che fu.
cavallette che assomiglia ai sistri, ovvero
Sonava lontano il singulto:
strumenti musicali utilizzati dagli egiziani
chiù . . .
nelle cerimonie sacre. La parola chiave
di questo componimento è “chiù”, il
Su tutte le lucide vette
verso dell’uccello rapace, perché questo
tremava un sospiro di vento:
è il suono con cui Pascoli evoca i suoi
squassavano le cavallette
sentimenti.
finissimi sistri d'argento
(tintinni a invisibili porte
che forse non s'aprono più? . . .);
e c'era quel pianto di morte. . .
chiù . . .

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