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Giovanni Pascoli
Il linguaggio poetico fatto di echi, risonanze melodiche, rime particolari, suoni o parole
onomatopeiche, espressioni cantilenanti arricchite con rapide note impressionistiche. Lo
studio comparato tra poesia e speculazione estetico-musicale, che mette in luce i rapporti
segreti tra Suono e Parola, è caratteristica del poeta romagnolo Giovanni Pascoli.
Pascoli è da sempre definito il “poeta fanciullo” per eccellenza, colui che riesce a percepire ciò
che gli adulti non vedono più, colui che osserva la realtà senza alcun filtro e che usa la
fantasia. Questa poetica comportava novità profonde ad una società indirizzata sull’idea di
poeta vate (gli autori cercavano di interpretare e guidare i sentimenti delle masse), ora il poeta
è un uomo umile che gioisce nello scoprire le cose più modeste e genuine e il suo ruolo è
quello di fornire degli stimoli, spunti di riflessione sulla realtà, in modo tale che il lettore li
percepisca in modo soggettivo.
Per poter realizzare la poetica del “fanciullino” Pascoli dovette creare delle innovazioni anche
nello stile e nelle tecniche espressive:
Sul piano fonico il poeta fa un largo uso dell’onomatopea (figura retorica di tipo
fotosimbolico che vuole riprodurre suoni o rumori, naturali e artificiali, tramite gli
strumenti della lingua) per creare nuove suggestioni ed evocazioni, richiamando al
lettore realtà indeterminate, spesso percepite come minacciose e inquietanti.
attua una rivisitazione dei sistemi metrici e ritmici tradizionali con accenti e ritmi del
tutto inediti.
Introduce novità di sintassi utilizzando periodi brevi, prevalenza della coordinazione,
discorso spezzettato.
L’assiuolo