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O falce di luna calanteche brilli su l’acque deserte,o falce d’argento, qual mèsse
di sogniondeggia al tuo mite chiarore qua giù!
Aneliti brevi di foglie,sospiri di fiori dal bosco
esalano al mare: non canto non gridonon suono pe ’l vasto silenzio va.
Oppresso d’amor, di piacere,il popol de’ vivi s’addorme...
O falce calante, qual mèsse di sogniondeggia al tuo mite chiarore qua giù!
La luna si trova in fase decrescente (v. 1, O falce di luna calante). Tutto intorno
è silenzioso (vv. 7-8, non canto non grido / non suono pe ’l vasto silenzio va),
quasi impercettibile è il fruscio delle foglie; nell’aria si avverte il profumo dei
fiori (vv. 5-6, Aneliti brevi di foglie, / sospiri di fiori dal bosco).
La luna, nel suo ultimo quarto, è simile a una falce, pronta a “mietere” i tanti
sogni (la messe) degli uomini che stanno dormendo profondamente, stanchi delle
fatiche dell’amore e del piacere (vv. 9-10, Oppresso d’amor, di piacere, / il popol
de’ vivi s’addorme…).
Il componimento è breve, ma ben tornito e raffinato. È una cartolina, potremmo
dire, niente di più: ma una bella cartolina.
D’Annunzio procede all’umanizzazione della natura, esaltandone la sensualità
sfoggiando il lato languido e decadente della sua poesia.
PASTORI D’ABRUZZO
Settembre. Andiamo è tempo di migrare.
Ora in terra d’Abruzzo i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare,
vanno verso l’Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.
Han bevuto profondamente ai fonti alpestri
ché sapor d’acqua natia
rimanga nei cuori esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno verga d’avellano.
E vanno pel tratturo antico al piano
quasi per un erbal fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
Oh voce di colui che primamente
conobbe il tremolar della marina!
Ora lungh’esso il litoral
cammina la greggia.
Senza mutamento è l’aria
e il sole imbionda sì la viva lana
che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciacquìo, calpestìo, dolci rumori,
ah perché non son io coi miei pastori?
STRINGITI A ME
L’essenza dell’amore è il contatto fisico che avviene tra due persone che si amano.
A ben interpretare questo valore è Gabriele D’Annunzio nella poesia intitolata
“Stringiti a me“. Una lirica piena di intensità, che celebra l’abbraccio, la
ricerca di protezione e di abbandonarsi al partner per allontanare problemi e
tormenti. In questa poesia, contenuta nel libro “Il fuoco“, D’Annunzio invita la
sua amata ad abbandonarsi, sicura, perché in questo modo “io non ti mancherò e tu
non mi mancherai”. Gabriele D’Annunzio attraverso il contatto fisico vuole evitare
qualsiasi tipo di atteggiamento di chiusura nell’amata. Quest’ultima è invitata a
“non soffrire sola, non nascondermi il tuo tormento!”. L’autore D’annunzio invita
la donna a parlargli “quando il cuore ti si gonfia di pena”, nella speranza che lui
possa consolarla. “Lascia che io ti aiuti, poiché da te mi viene tanto bene!”
UN RICORDO
IL VENTO SCRIVE
Lo sguardo del poeta si concentra su dati concreti della realtà esterna che si
trasfigura subito in chiave analogica.Il vento, paragonato ad un Dio con le ali,
scrive sulla sabbia e i segni lasciati dal vento sulla sabbia sono come le parole
da lui scritte in una sua lingua particolare. Quando il Sole scende verso
l'orizzonte da ognuno dei segni, da ogni piccola ondulazione lasciata dal vento
sulla spiaggia, par di vedere un'ombra lieve, ed il movimento delle ombre ricorda
quello delle ciglia su un viso soave di donna.E sembra che ovunque si riproduca
infinite volte (quante le gocce della pioggia) il sorriso della donna amata.
FIGURE RETORICHE E DI SUONO:
- Sono la personificazione "il vento scrive con le penne dell'ala"-la similitudine
"quasi di ciglia su soave gota" e infinene "s'immilli il to sorriso"
- giochi di rime e assonanze
CANTA LA GIOIA
LA SERA FIESOLANA
Fresche le mie parole ne la serati sien come il fruscìo che fan le fogliedel gelso
ne la man di chi le cogliesilenzioso e ancor s’attarda a l’opra lentasu l’alta
scala che s’anneracontro il fusto che s’inargentacon le sue rame spogliementre la
Luna è prossima a le sogliecerule e par che innanzi a sé distenda un veloove il
nostro sogno si giacee par che la campagna già si sentada lei sommersa nel notturno
geloe da lei beva la sperata pacesenza vederla.
Laudata sii pel tuo viso di perla,o Sera, e pe’ tuoi grandi umidi occhi ove si tace
l’acqua del cielo!
Dolci le mie parole ne la serati sien come la pioggia che bruivatepida e fuggitiva,
commiato lacrimoso de la primavera,su i gelsi e su gli olmi e su le vitie su i pini
dai novelli rosei ditiche giocano con l’aura che si perde,e su ’l grano che non è
biondo ancórae non è verde,e su ’l fieno che già patì la falcee trascolora,e su gli
olivi, su i fratelli oliviche fan di santità pallidi i clivie sorridenti.
Laudata sii per le tue vesti aulenti,o Sera, e pel cinto che ti cinge come il salce
il fien che odora!
Io ti dirò verso quali reamid’amor ci chiami il fiume, le cui fontieterne a l’ombra
de gli antichi ramiparlano nel mistero sacro dei monti;e ti dirò per qual segretole
colline su i limpidi orizzontis’incùrvino come labbra che un divietochiuda, e
perché la volontà di direle faccia belleoltre ogni uman desiree nel silenzio lor
sempre novelleconsolatrici, sì che pareche ogni sera l’anima le possa amared’amor
più forte.
Laudata sii per la tua pura morte,o Sera, e per l’attesa che in te fa palpitarele
prime stelle!
I versi che compongono “La sera fiesolana” sono pervasi da una strana atmosfera
mistica dovuta allo stretto legame tra la natura e l’uomo, che finisce con
l’intrecciarsi inevitabilmente in più punti sia tramite antropomorfizzazione e sia
tramite naturalizzazione.
Queste trasformazioni sono presenti sia nelle strofe principali e sia nelle
terzine: la personificazione della Luna, la personificazione della Sera ricorrente
per tre volte, la personificazione del fieno e infine la personificazione delle
colline.
Non c’è da stupirsi se D’Annunzio fa un uso cosi cospicuo di tali figure dato che
ciò è perfettamente in linea con il tema centrale della raccolta Alcyone, dove
perdono valore le critiche e le discussioni politiche a vantaggio del panteismo
naturalistico, la totale immersione e fusione del poeta protagonista delle liriche
con tutto ciò che lo circonda, alla ricerca di emozioni, sensazioni e passioni che
la natura cela al suo interno.
TEMI: Una caratteristica curiosa della poesia è il richiamo continuo alla sfera
tematica sacro-religiosa, tramite l’utilizzo di riprese esplicite al componimento
“Cantico delle creature” di San Francesco scritto diversi secoli prima, come le tre
terzine che ne condividono la struttura della lode oppure come il richiamo
contenutistico dell’espressione “fratelli olivi” del verso 29.
Il motivo per cui D’Annunzio arricchisce la sua lirica con questo valore spirituale
è il medesimo che lo spinse nel momento in cui stese “Il Piacere” e i suoi
personaggi femminili, cioè unire sacro e profano mescolandosi tra loro in modo
quasi sacrilego provocando il pubblico lettore, in particolare quello credente, e
anche per soddisfare la sua particolare fantasia di rendere una visione della
religione cattolica sotto una luce esteta.
FERRARA
L'espressione "La chiara sfera d'aere e d'acque", sta ad indicare che la città di
Ferrara è racchiusa in una sfera dove, al proprio interno, la città è illuminata da
un cielo limpido che si specchia nelle acque del fiume Po; mentre l'altra
espressione "le tue vie piane grandi come fiumane che conducono all'infinito",
indica che le vie presenti a Ferrara sono larghe come i letti dei fiumi e che
queste si perdono all'orizzonte, cioè non sembrano avere fine.La parola presente
alla fine della prima strofa, "musicalmente", sta a significare quello che il poeta
vuole attribuire alla poesia, cioè cerca di dare vita a tutti i paesaggi con l'uso
di parole tenere, e dando alla città un'atmosfera più armonica.
Le parole che hanno un significato pacato sono "consolo" (v.13), "placide" (v.17) e
"silenzio" (v.23) perché danno un senso di calma all'interno della poesia e una
serenità interiore nel poeta; le parole con ritmo ascendente sono "felicità" (v.4),
"malinconia" (v.8), "tenue" (v.12), "dolore" (v.16) e "furente" (v.18); mentre le
parole il cui suono delle vocali da un ardore cupo "ascolto" (v.23) e "occulto"
(v.25).
Il punto della poesia dove è presente l'anima del poeta, è: "E loderò quella che
più mi piacque delle tue donne morte e il tenue riso ond'ella mi delude e l'alta
imagine ond'io mi consolo nella mia mente". Ho scelto questi versi poiché il poeta,
interviene nella poesia, rievocando un fatto che non potrà mai dimenticare per la
sua importanza e quindi lo elogia.
All'espressione "sogno di voluttà", possiamo dare l'interpretazione del ricordo di
una vita spensierata e allegra che c'era ai tempi della corte dei duchi d'Este.