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ATTIVITÀ DI APPROFONDIMENTO IN MATERIE LETTERARIE

GABRIELE
D’ANNUNZIO

SCUOLA MEDIA
CLASSE III, SEZ. A/B/C
Gabriele D’annunzio

simbolo del Decadentismo


italiano
Il Decadentismo
Il Decadentismo è una corrente letteraria che si diffonde in Europa agli inizi del
Novecento in opposizione al Positivismo e al Naturalismo ed è caratterizzato
da:
1. SFIDUCIA NELLA RAGIONE
2. ANSIA DI EVADERE DALLA REALTÀ
3. INDIVIDUALISMO
4. NUOVO LINGUAGGIO
Gabriele D’annunzio poeta
decadente
Gabriele D’Annunzio: la vita
Gabriele D'Annunzio nasce nel 1863 a Pescara.
Dopo il liceo si trasferisce a Roma per seguire gli studi di
letteratura, lavora come giornalista e conduce un’intensa vita
mondana.
A vent’anni sposa Maria Hardouin dei Duchi di Gallese, ma presto,
nonostante la nascita di tre figli, si allontana dalla famiglia e
intreccia molte relazioni amorose, tra cui quella più importante con
l'attrice Eleonora Duse.
Cerca di incarnare il mito del "superuomo" elaborato dal filosofo
tedesco Nietzsche, seguendo uno stile di vita raffinato, stravagante,
eccessivo, "inimitabile", influenzando il gusto del tempo e
diventando un modello da seguire.
Nel 1910 è costretto a rifugiarsi in Francia per sfuggire ai creditori.
Nel 1915, torna in Italia, acceso interventista, allo scoppio della
Prima guerra mondiale, si arruola come volontario e compie alcune
azioni eroiche, come il volo su Vienna per lanciare volantini
tricolore.
Nel 1919 protesta contro la "vittoria mutilata" e occupa Fiume.
Inizialmente sembra aderire al fascismo ma poi vi si oppone.
Nel 1922 si ritira a vita privata nella sua villa di Gardone sul Lago di
Garda, "il Vittoriale", dove muore nel 1938.
Gli ultimi
anni di vita

Negli ultimi anni di vita aderisce al


fascismo ma Mussolini lo tiene lontano
dalla politica attiva. Oltre che alle
attività letterarie, si dedica a trasformare
la villa del Vittoriale nel museo della sua
vita e delle sue imprese, che la lascia in
dono allo Stato, dopo la sua morte,
avvenuta nel 1938.
Le opere
Raccolte poetiche
1879 Primo vere
1902-12 Laudi del cielo, del mare,
della terra, degli eroi
1903 Alcyone (La pioggia nel pineto,
I pastori)
Romanzi
1889 Il piacere
1892 L'innocente
1894 Il trionfo della morte
1900 Il fuoco
Tragedie
1899 La città morta
1904 La figlia di Iorio
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D’Annunzio,vita e arte
Eclettismo: opera in diversi campi, come letterato
spazia dalla prosa alla poesia al teatro, inoltre,
eccelle come giornalista, propagandista, politico
ed aviatore.
Estetismo: la vita coincide con l’arte, diventa essa
stessa un'opera d'arte, in cui domina uno stile
raffinato con un linguaggio prezioso e musicale
che coinvolge i sensi.
Superomismo: riesce a tradurre la parola in
azione, si distingue dalle masse e le trascina con
le sue doti oratorie.
Panismo: l’uomo si immerge sensualmente nella
natura, fino a trasformarsi egli stesso in elemento
naturale, mentre la natura si umanizza. La natura
è intesa come un grande forza cosmica da cui
l'uomo trae energia vitale.
Sperimentalismo: nella sua opera sperimenta
molti stili, inventa nuove parole senza rinunciare
all'uso di termini rari e arcaizzanti, che nobilitano
la scrittura.
La pioggia nel pineto
Il poeta e la donna amata sono sorpresi dalla pioggia mentre passeggiano in una
pineta, le gocce di pioggia che cadono sulle piante producono suoni e odori, che
animano la vita segreta del bosco; i due amanti si sentono immersi nella natura a tal
punto che finiscono per confondersi con essa.

Forma metrica: Quattro strofe lunghe


di 32 versi liberi di misura varia
(trisillabo, novenario con prevalenza
del senario). L’ultimo verso di ogni
strofa è costituito dal nome della
donna a cui il poeta si rivolge:
Ermione. Rime, assonanze e
consonanze si alternano senza uno
schema fisso. Dal punto di vista
stilistico la sintassi è lineare con
periodi brevi oppure lunghi ma
spezzati; sono spesso presenti
ripetizioni di termini.
 
Taci. Su le soglie Odi? La pioggia cade Ascolta, ascolta. L'accordo Piove su le tue ciglia nere
del bosco non odo su la solitaria delle aeree cicale sì che par tu pianga
parole che dici verdura a poco a poco ma di piacere; non bianca
umane; ma odo con un crepitio che dura più sordo ma quasi fatta virente,
parole più nuove e varia nell'aria si fa sotto il pianto par da scorza tu esca.
che parlano gocciole e foglie secondo le fronde che cresce; E tutta la vita è in noi fresca
lontane. più rade, men rade. ma un canto vi si mesce aulente,
Ascolta. Piove Ascolta. Risponde più roco il cuor nel petto è come pesca

PAROLE
dalle nuvole sparse. al pianto il canto che di laggiù sale, intatta,

CHIAVE
Piove su le tamerici delle cicale dall'umida ombra remota. tra le palpebre gli occhi
salmastre ed arse, che il pianto australe Più sordo e più fioco son come polle tra l'erbe,
piove su i pini non impaura, s'allenta, si spegne. i denti negli alvèoli
scagliosi ed irti, né il ciel cinerino. Sola una nota con come mandorle acerbe.
piove su i mirti E il pino ancor trema, si spegne, E andiam di fratta in fratta,
divini, ha un suono, e il mirto risorge, trema, si spegne. or congiunti or disciolti
su le ginestre fulgenti altro suono, e il ginepro Non s'ode voce del mare. (e il verde vigor rude
di fiori accolti, altro ancóra, stromenti Or s'ode su tutta la fronda ci allaccia i mallèoli
su i ginepri folti diversi crosciare c'intrica i ginocchi)
di coccole aulenti, sotto innumerevoli dita. l'argentea pioggia chi sa dove, chi sa dove!
piove su i nostri volti E immersi che monda, E piove su i nostri volti
silvani, noi siam nello spirto il croscio che varia silvani,
piove su le nostre mani silvestre, secondo la fronda piove su le nostre mani
ignude, d'arborea vita viventi; più folta, men folta. ignude,
su i nostri vestimenti e il tuo volto ebro Ascolta. su i nostri vestimenti
leggieri, è molle di pioggia La figlia dell'aria leggieri,
su i freschi pensieri come una foglia, è muta; ma la figlia su i freschi pensieri
che l'anima schiude e le tue chiome del limo lontana, che l'anima schiude
novella, auliscono come la rana, novella,
su la favola bella le chiare ginestre, canta nell'ombra più fonda, su la favola bella
che ieri o creatura terrestre chi sa dove, chi sa dove! che ieri
t'illuse, che oggi m'illude, che hai nome E piove su le tue ciglia, m'illuse, che oggi t'illude,
o Ermione. Ermione. Ermione. o Ermione.
   
I pastori
L’arrivo dell’autunno riporta alla memoria del poeta
le immagini della sua terra d’Abruzzo, dove a settembre,
ogni anno, i pastori scendono dalla montagna a valle.
Il ricordo dei pastori riempie di nostalgia l’animo del poeta,
che sente con dolore di non far più parte di quel mondo,
che appartiene alla sua infanzia.

Settembre, andiamo. E' tempo di migrare. E vanno pel tratturo antico al piano,
Ora in terra d'Abruzzi i miei pastori quasi per un erbal fiume silente,
lascian gli stazzi e vanno verso il mare: su le vestigia degli antichi padri.
scendono all'Adriatico selvaggio O voce di colui che primamente
che verde è come i pascoli dei monti. conosce il tremolar della marina!

Han bevuto profondamente ai fonti Ora lungh'esso il litoral cammina


alpestri, che sapor d'acqua natía la greggia. Senza mutamento è l'aria.
rimanga ne' cuori esuli a conforto, il sole imbionda sì la viva lana
che lungo illuda la lor sete in via. che quasi dalla sabbia non divaria.
Rinnovato hanno verga d'avellano. Isciacquìo, calpestìo, dolci rumori.
Ah perché non son io co’ miei pastori?
FINE

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