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LA DISCIPLINA DELLA CONCORRENZA 1

La disciplina della concorrenza


Forme del mercato:
Modello di mercato ideale (concorrenza perfetta)
a) Monopolio
 Contemporanea presenza di più operatori
b) Oligopolio
 Piena mobilità dei fattori produttivi e della domanda
c) Concorrenza
 Assenza di barriere all’ingresso del mercato
Nella realtà…
• In molti settori, controllo dell’offerta da parte di poche (grandi) imprese (oligopolio)
• Gli imprenditori preferiscono accordarsi rispetto a subire gli incerti effetti della
concorrenza
Il riconoscimento della libertà di iniziativa economica (art. 41 Cost.) non è sufficiente a
garantire la concorrenza
• Disciplina antitrust  tutela della concorrenza nell’ottica del mercato. La concorrenza
qui è intesa come la libera accessibilità e contendibilità del mercato da parte degli
imprenditori
• Disciplina della concorrenza  tutela della concorrenza nei rapporti tra imprenditori
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La disciplina antitrust
Le fonti della disciplina
• Artt. 101 e 102 TFUE
• Regolamenti CE n. 1/2003 e n. 139/2004
• Legge 10.10.1990, n. 287 (oltre a specifiche discipline per particolari settori)
Gli ambiti di applicazione: coordinamento di discipline
Identici sono i fenomeni che limitano la concorrenza contrastati dalla disciplina europea e
da quella nazionale (intese, abusi di posizione dominante, concentrazioni) ma:
• la disciplina europea tutela il mercato europeo
• la disciplina italiana si applica ove sia minacciata la concorrenza a livello del solo
mercato nazionale
Autorità competenti
• A livello italiano: l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) vigila sul
rispetto della normativa, anche mediante l’esercizio di poteri di indagine e ispettivi
• A livello europeo: l’enforcement è guidato dalla Commissione Europea
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La disciplina antitrust nazionale


Normativa primaria: Legge 10.10.1990, n. 287
• La normativa interna ha carattere residuale  si applica soltanto a pratiche che hanno
rilievo esclusivamente nel mercato locale, quindi solo se i fenomeni non ricadono
nell’ambito di applicazione della disciplina europea
• L’Autorità nazionale può applicare anche la normativa europea (cfr. art. 1, c.2, l.
287/1990)
• Ambito soggettivo: si applica a imprese private, imprese pubbliche e a prevalente
partecipazione statale, con esclusione delle imprese in posizione di monopolio legale
e di quelle che gestiscono servizi di interesse economico generale (art. 8, l. 287/1990)
• I principi dell’ordinamento europeo sono destinati a prevalere anche nell’interpretazione
dell’art. 8 della legge n. 287/1990
• Nell’ampia nozione elaborata dalla giurisprudenza europea rientrano anche gli
esercenti professioni intellettuali che per il nostro ordinamento non sono
imprenditori. Più in generale: qualsiasi entità che eserciti un’attività economica
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Le intese
Le intese (o cartelli) sono comportamenti concordati fra imprese che hanno lo scopo di
limitare la libertà di azione sul mercato delle imprese aderenti (es. fissazione di prezzi
uniformi)
Sono considerate intese (sia se verticali sia se orizzontali):
 Gli accordi tra imprese (anche non vincolanti)
 Le deliberazioni di consorzi, associazioni di imprese e di altri organismi similari,
anche se adottate ai sensi di disposizioni statutarie o regolamentari (e pure se
strutturate sotto forma di consigli o raccomandazioni agli associati)
 Le pratiche concordate tra imprese (figura residuale)
• Sono vietate solo le intese che “abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o
falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza” in un mercato o in una sua parte
rilevante; sono lecite le intese minori
• Le intese vietate sono nulle  chiunque può agire in giudizio per far accertare tale nullità,
anche prima che abbia prodotto effetti restrittivi per la concorrenza
• Qualunque soggetto danneggiato può chiedere il risarcimento del danno
• L’Autorità può concedere esenzioni temporanee (individuali o per categorie), adottare
provvedimenti per la rimozione di effetti anticoncorrenziali e irrogare sanzioni pecuniarie
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L’abuso di posizione dominante


Non è vietato l’acquisto in sé di una posizione dominante sul
mercato o in una sua parte rilevante (eccezione: settore dei mezzi di
comunicazione di massa)

Vietato è solamente lo sfruttamento abusivo di tale


posizione dominante

Comportamenti, individuali o collettivi (ad


esempio, nel caso in cui siano posti in
essere da un gruppo di imprese) lesivi dei
concorrenti e capaci di pregiudicare la
concorrenza effettiva
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L’abuso di posizione dominante


Posizione dominante: l’impresa è in grado di esercitare un’influenza preponderante sul
mercato e di agire senza dover tener conto delle reazioni dei concorrenti
Esempi di abuso di posizione dominante:
• imposizione di prezzi o altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose oppure
di condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti
• blocco o limitazione della produzione, degli sbocchi, degli accessi al mercato o dello
sviluppo tecnico a danno dei consumatori
• imposizione di prestazioni supplementari che non hanno alcuna connessione con
l’oggetto del contratto (es. software antivirus nella vendita di pc)
Il divieto non ammette eccezioni: accertato l’abuso l’Autorità ordina la cessazione e adotta
le misure necessarie (es. sanzioni pecuniarie, sospensione dell’attività di impresa fino a 30
gg) – possibilità di risarcimento del danno per i soggetti danneggiati
Nell’ordinamento nazionale è vietato anche l’abuso dello stato di dipendenza
economica nel quale può trovarsi un’impresa, cliente o fornitrice, rispetto ad una o più
altre imprese non necessariamente in posizione dominante (art. 9, l. 192/1998, come
successivamente modificato)
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La definizione del mercato rilevante


Per valutare l’esistenza di una posizione dominante occorre individuare il mercato
rilevante
• il mercato rilevante «comprende tutti i prodotti e/o i servizi che sono considerati
intercambiabili o sostituibili dal consumatore, in ragione delle caratteristiche dei
prodotti, dei loro prezzi e dell’uso al quale sono destinati» (Comunicazione
Commissione CE n. 372/03 del 9 dicembre 1997)
• il mercato rilevante copre l’area geografica in cui le imprese si pongono in rapporto di
concorrenza
• Esempio: Coca Cola è un operatore dominante nel mercato…
 … delle cole? Le sole cole “di marca” o tutte?
 … delle bibite gasate? Tutte o solo alcune (chinotto, aranciata, etc.)?
 … delle bibite analcoliche? Inclusi succhi di frutta e simili?
 … delle bibite, incluse birre, aperitivi moderatamente alcolici e simili?
 … dei liquidi atti a saziare la sete?
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Le concentrazioni
Disciplina: art. 5-7, L. 287/1990 e Reg. CE 20 gennaio 2004 n. 139
Definizione: ampliamento della quota di mercato detenuta da una singola impresa,
realizzato con operazioni che comportano la stabile riduzione del numero delle imprese
indipendenti operanti nel settore
Tre possibili tipi di concentrazioni:
• Concentrazione giuridica: due o più imprese si fondono in un’unica entità
• Concentrazione economica: due o più imprese sono sottoposte ad un controllo
comune (diretto o indiretto, esclusivo o congiunto) che può influenzarne l’attività
produttiva
• Due o più imprese costituiscono un’impresa societaria comune (joint venture)
Diversi sono gli strumenti giuridici che possono dar luogo a una concentrazione, ad
esempio: acquisto di (ramo di) azienda, fusione, scissione, acquisto di una
partecipazione di controllo
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Le concentrazioni
Sono vietate solamente le concentrazioni che possono determinare gravi alterazioni
della concorrenza
Le concentrazioni che superano talune soglie di fatturato (a livello nazionale od europeo)
devono essere preventivamente comunicate all’Autorità competente
L’Autorità valuta se la concentrazione costituisce o rafforza una posizione dominante,
che elimina o riduce sostanzialmente e durevolmente la concorrenza
L’Autorità può:
• vietare la concentrazione
• autorizzarla previa adozione di misure correttive (es. fusione Intesa/SanPaolo)
• sanzionare per un importo fino al 10% del fatturato le concentrazioni realizzate con
parere contrario o senza l’adozione delle misure correttive
• disporre l’adozione di misure necessarie al ripristino della concorrenza
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Limiti legali alla concorrenza


• art. 41, comma 3, Cost. e art. 2595 c.c.: le libertà di iniziativa economica privata e di
concorrenza possono essere compresse e limitate dai pubblici poteri
 controlli sull’accesso al mercato di nuovi imprenditori, mediante obbligo di
concessione o autorizzazione amministrativa (art. 2084 c.c.); es.
autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria
 poteri di indirizzo e di controllo dell’attività riconosciuti alla PA rispetto a settori
di particolare rilievo economico e sociale
 sistema di controllo pubblico dei prezzi di vendita
• art. 43 Cost.: possibilità di creare monopoli pubblici mediante legge ordinaria in soli
casi di utilità generale, nei soli settori predeterminati (in via tassativa)
 Problema: come si coordina l’art. 43 Cost. con l’art. 106 TFUE e con la
legislazione antimonopolistica nazionale?
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I monopoli legali e altri limiti legali


I monopoli legali sono forme di limitazione della libertà di concorrenza di fonte legale
Il legislatore si preoccupa però di tutelare gli utenti contro possibili comportamenti
arbitrari del monopolista  art. 2597 c.c.:
• obbligo di contrarre con chiunque richieda le prestazioni che formano oggetto
dell’impresa
• obbligo di rispettare la parità di trattamento tra i diversi richiedenti
La disciplina del monopolio legale non si applica al monopolio di fatto
Altri limiti legali alla concorrenza, posti a tutela di interessi patrimoniali privati (non
pubblici):
• obbligo di fedeltà del lavoratore (art. 2105 c.c.); divieto di concorrenza dei soci (artt.
2301, 2318, 2390 e 2519 c.c.); diritto di esclusiva reciproca nel contratto di agenzia
(art. 1743 c.c.); divieto di concorrenza in capo all’alienante di azienda (art. 2557
c.c.)
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Limiti convenzionali alla concorrenza


• Art. 2596 c.c.:
«Il patto che limita la concorrenza deve essere provato per iscritto. Esso è valido se
circoscritto ad una determinata zona o ad una determinata attività, e non può
eccedere la durata di cinque anni. Se la durata del patto non è determinata o è
stabilita per un periodo superiore a cinque anni, il patto è valido per la durata di un
quinquennio»
• Prova per iscritto  esigenze di certezza giuridica
• Limitazione a un determinato ambito territoriale o a un determinato tipo di attività
• Durata massima 5 anni
• Il c.c. prevede alcuni patti nominati limitativi della concorrenza (es. artt. 1567 e 1568,
1566, 2125, 1751-bis) (ossia patti che formano oggetto di specifica disciplina)
• Non tutti i patti accessori limitativi ricadono nell’ambito dell’art. 2596 c.c.: questo è
applicabile in via di principio solamente ai patti innominati

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